insegnareducando. n ° 15 - 1/2012
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Una voce diversa nel mondo della scuola. La proposta di chi si impegna in prima linea per creare una comunità educante.TRANSCRIPT
Sommario
1. La scuola che voglio essere
2/3. Le scarpe bianche di Lorenzo...... che sognava di andare a scuola.
4.L’immensa ricchezza della diversità.
5. Avigliana sul lago: un’eperienza unica!
6. La scuola ci riguarda tutti
7. Florian del cassonetto
Cari colleghi, si, abbiamo ripreso...e siamo
di nuovo con l’acqua alla gola. Aria, vacanze, non ce le ricordiamo più.
Ritagliamo le foto del depliant dell’agenzia viaggi, vi rendete conto? Fare
scuola è più faticoso che andar in fabbrica (almeno lì si può sperare nella
cassa integrazione, ma noi...). Anno nuovo e solite scocciature:
genitori invadenti, pesanti e pressanti,inopportuni; e allievi maleducati,
ignoranti; non parliamo poi di quelli che se ne arrivano adesso
(a questo punto dell’anno!) da chissà dove, trasferiti o mai
frequentanti da Paesi impronunciabili oanche solo pluriripetenti di altri istituti.
Qualcuno mi spieghi come posso portareavanti il programma in queste condizioni?Almeno studiassero gli allievi più bravi, manon va proprio più di moda approfondire
ed è già tanto se non s’addormentano suibanchi mentre spiego. Se solo potessi
gettare la spugna... Anche perchè, poi,quale riconoscimento?
Il preside non sa neppure cosa sto fa-cendo. I colleghi sono così indaffarati neiloro registri. Meno male che c’è la mac-chinetta del caffè: almeno ci vediamo!
(Atto primo - Monologo di un insegnante di una scuola seconda-
ria di 1° e 2° grado, nell’atrio della scuola)
Cari colleghi, si, abbiamo ripreso...e siamoproprio contenti! Queste vacanze cihanno rigenerato e possiamo ripartirecon più entusiasmo. D’altronde siamoben consapevoli della grande oppor-tunità che abbiamo: incontrare chi siaffaccia alle esperienze dalla vita peraccompagnarlo nel percorso della co-noscenza. Esiste forse mestiere migliore? Gli allievi si fidano di noi e noi di loro. Insieme proviamo ad essere unabuona scuola.E non accompagnamo solo i ragazzi,ma anche il loro mondo e ci intrec-ciamo con i loro riferimenti. Il nostro isti-tuto sta facendo nascere un comitatogenitori perchè molti di loro ci stannodando una mano: da quando ab-biamo spiegato che cammiamo in-sieme perchè i loro figli possano vivereesperienze e apprendere meglio, nonsiamo mai stati lasciati soli. E’ un aiutocostante: chi aggiusta, chi dipinge, chifa volontariato negli intervalli e nellamensa, chi accoglie, chi ascolta a se-conda delle competenze e delle di-sponibilità. In vacanza si sta benissimo,ma...avevo voglia di tornare.
(Atto secondo - monologo a più voci: 1 insegnante, 1genitore, 1volontario, dirigente di scuola secondaria 1°grado)
News 15
Gennaio 2012
... La scuola che voglio essere... La scuola che voglio essere
Vi sono momenti in cui uno si
Vi sono momenti in cui uno sitrova nella necessità di
trova nella necessità di scegliere fra il vivere la pro
scegliere fra il vivere la pro--pria vita piena, intera, com
pria vita piena, intera, com--pleta, o trascinare una falsa,
pleta, o trascinare una falsa, vergognosa, degradante
vergognosa, degradante esistenza quale il mondo,
esistenza quale il mondo,nella sua grande ipocrisia, gli
nella sua grande ipocrisia, glidomanda.domanda.
Oscar WildeOscar Wilde
Immaginate un palco:
entra in scena 1 attore e recita il
primo testo. Esce.
Ne entrano altri 4 che recitano il
secondo brano. Escono.
Entri tu...
Eccovi 2 testimonianze ascoltate
davvero in due scuole d’Italia.
La stessa Italia...
Ma è così: scegliamo noi cosa
vogliamo essere a partire proprio
dai nostri pensieri e dalle parole
con cui ci circondiamo.
1
Carlos, è nato nel 1999. In famiglia lo chiamano Danielma lui a se stesso ha dato il nomedi Lorenzo. Si è battezzato così.Ha fatto fino alla terza elemen-tare nel suo paese, poi ha pas-sato tre anni per strada nelnostro. Non va a scuola da anni,ma lui a scuola ci vuole andare.Così la sua mamma, che è unapovera donna che chiede l’ele-mosina davanti al panificioCrippa, chiede aiuto… La suamamma , di cui nessuno sa ilnome e forse non lo sa più nem-meno lei, va alla scuola mediadel centro della bella cittadinadel nord, ma è una stracciona equindi non la fanno entrare dallapreside. La chiameremo Ferma,perché è una che per la nostrabella società è meglio che non simuova, perché nessuno desiderache si muova. Il suo posto è lì,come arredamento del marcia-piede davanti al panificio. Osaandare alla scuola a chiedere
l’elemosina di un posto per il suo Lo-renzo. Le sgherre della preside hannol’ordine di non far passare gli scoccia-tori, che sono i genitori poveri o stranierio vestiti male o che hanno la fatica e ladisillusione stampata addosso. Possonopassare solo quelli con la faccia da stu-diati e con i vestiti stirati, perché quelloè il genere di visitatore che non dà fasti-dio. Resta lì, Ferma, fuori dalla presi-denza, con una specie di penososacchetto all’interno del quale stannoaccartocciati i documenti suoi e di suofiglio. Passa un anno veloce o lento, mail tempo scorre per vie e modi parallelial normale per uno che è abituato a vi-vere davanti a una vetrina. Il pane ognigiorno è uguale, per chi non ce l’ha..Un giorno Nonno Francesco e MariaCarmen vedono il bambino, chiedonoalla madre perché non sia a scuola edecidono di andare a parlare con lapreside della scuola media del centro.Qualcuno dirà “Come mai non se nesono accorti prima?” oppure “Era il mi-nimo che potessero fare”. Però il fatto èche sono stati gli unici a vedere quel
bambino e a pensare di chiedere spiega-zioni a Ferma. Nonno Francesco e MariaCarmen si presentano per parlamentaree vengono fatti passare, perché hanno lecaratteristiche che rendono una personaatta a varcare la soglia dell’ufficio dellaresponsabile dell’istituto. Con loro c’è Lo-renzo, tutto pulito e ordinato, con ai piedile scarpe da ginnastica più bianche chesi siano mai viste ai piedi di un ragazzo diquell’età. Vuole fare bella impressioneperché così magari lo prendono. Per luisarebbe un privilegio, non sa che da noi èun obbligo.La preside ascolta Maria Carmen e diceche non ha posto per il bambino nellascuola del centro, ma è persona disponi-bile. Allora chiama la scuola media di pe-riferia, che è più adatta a un bambinorom che lei è sicura che fino al giornoprima chiedeva l’elemosina. Invece no:Ferma non ha mai voluto che suo figliochiedesse la carità, perché è una cosatroppo umiliante. All’altra scuola rispondela vicepreside (il preside non c’è, perchési vede che in certe zone basta il vice)che lo accetta tra i suoi alunni.
News insegnanti Gruppo Abele
Questa storia è vera, verissima
e Lorenzo esiste, eccome se esiste. Studia, Lorenzo,
perché, per chi deve
salvare se stesso da una situazione
schifosa, ogni giorno passato
a imparare è un nuovo inizio,
è la speranza.
Di Clementina Coppini
Le scarpe bianche di Lorenzo...Le scarpe bianche di Lorenzo...
2
. . . che sognava di andare a scuola .. . . che sognava di andare a scuola .Ferma, il pomeriggio stesso, va in se-greteria con il suo scartoccio di do-cumenti, ma è una straccionaanche per la scuola del quartierepopolare e non le danno retta. Nonpuò ritirare il modulo d’iscrizione per-ché non sa fare la sua firma, cosìtorna alla roulotte pensando chenon si può fare niente. Maria Car-men lo viene a sapere la mattinadopo, chiama la vicepreside, chenon c’è. Richiama più volte, lascia ilsuo numero. Niente, non viene ri-chiamata. Presidi e vicepresidi sonomolto occupati, non hanno tempoda perdere al telefono. Maria Car-men aspetta, Daniel aspetta. I giornipassano e la scuola non chiama perdire quando il ragazzo potrà iniziare.Alcune anime pie intanto gli procu-rano del materiale. Quando vedequella che sarà la sua cartella – uno
zaino usato che non sembra nem-meno usato, ma l’ex proprietario è unbambino che ne ha uno nuovo ognianno, perché noi siamo una civiltàche insegna ai propri figli a buttare, eda noi la misurazione dell’usatezza èquantomai soggettiva – non riesce acredere che sia per lui, perché glisembra troppo bella. Ora che ha ilsuo zaino della Seven, Lorenzo inizia acredere di potersi sedere a un propriobanco, bisogna insistere. E allora viadi nuovo con le telefonate in segrete-ria e, per incentivare la risposta, conlo scrivere qualche mail alle personegiuste. Tempo poche ore la vicepre-side si libera dei gravosi impegni, tro-vando il tempo per avvisare MariaCarmen che la settimana entranteLorenzo comincia la scuola. Fermaviene convocata in segreteria con ilsuo scartoccio di documenti, e sta-
Carlos, Daniele, Lorenzo. 3 nomi per un ragazzo che
ha 1000 volti, tutti quelli che vagano
nelle nostre scuole. Sono storie che disturbano
il tran tran e attendono d’essere ascoltate.
E se Maria Carmen non c’è? Chi lotterà perchè la FATICA
non si perda nei labirinti formali incui ci siamo aggrovigliati?
Questa storia è dedicata a chi si impegna
per un’ALTRA SCUOLAche sa accogliere chi bussa
dopo aver camminato tanto,come uno stimolo a rinnovarsi.
volta qualcuno aiuta questa zingaraanalfabeta. Così l’iscrizione viene per-fezionata e tutto si smuove.È un lunedì mattina di ottobre quandoDaniel entra in classe. Ce la farà?Purtroppo il ragazzo non potrà andarein mensa, non c’è posto. Con tuttoquello che si butta, davvero non sipuò mettere qualche maccherone inun piatto per lui? No, non si può. Man-gerà un panino fuori dalla classe, malui è abituato a stare fuori da qual-cosa, a non appartenere. Almenosarà fuori dalla sua classe, e non dauna classe qualsiasi o dalla classe diun altro. Ferma lo aspetta ogni giornofuori da scuola, non lo lascia mai an-dare in giro da solo. Ha paura per suofiglio, che gira bello e pulito e più in-genuo dei suoi coetanei italiani. Moltopiù ingenuo. Incredibile a dirsi, ma irom hanno paura di noi.
News insegnanti Gruppo Abele
Testo tratto da: http://www.giornalettismo.com/archives/184159/le-scarpe-bianche-di-lorenzo/ - 1 gennaio 2012.
3
Daniele è a scuola, le sue scarpe bianche splendono sotto il banco. Questa storia finisce dove avrebbe dovuto cominciare,
con Lorenzo che ascolta la lezione nella sua classe e ha davanti una strada lunghissima, ma ha già iniziato a mostrare di avere un’intelligenza molto brillante.
Il binocolo
Alcune domande per guardare bene dentro i nostri contesti di lavoro:
1) Una storia come questasarebbe potuta avvenirenella nostra scuola?
2)Qual è il trattamento cheviene riservato ai genitori (soprattutto quando si presentano nelle ore “nonprestabilite”, quando hannoun aspetto “poco raccomandabile” o fannodelle richieste insolite)?
3) Cosa possiamo fare perché la scuola dia sin dalprimo impatto l’impressionedi essere un luogo accogliente?
4) Quali attenzioni, progettistrategie la mia scuola mettein atto per aiutare i ragazziche, come Lorenzo, appa-iono irrimediabilmente svantaggiati e sono inveceportatori dell’immensa ricchezza della diversità?
L’immensa ricchezza della diversitàL’immensa ricchezza della diversità
Don Luigi Ciotti ricorda sempre unamassima di sant’Agostino:
“La speranza ha due figli bellissimi:la rabbia e il coraggio; la rabbia
per le cose come sono e il coraggio di vederle cambiare.”
La storia di Lorenzo ad una primalettura suscita molta rabbia, ver-
rebbe voglia di sapere i nomi, indivi-duare i colpevoli, stabilire le
responsabilità… Crediamo peròche sia importante andare oltre eavere il coraggio dell’autoanalisi edell’autocritica, il coraggio vero del
cambiamento.
News insegnanti Gruppo Abele Lo stuzzicadenti
Dalla storia di Lorenzo alle nostre realtà
4
Cosa direste, voi, se suonaste il campanello di una scuola e vi accogliesse un cane che
scodinzola? Se poi una mamma volontaria con un bellissimo sorriso vi facesse accomo-
dare nella hall su un divano comodissimo davanti ad un acquario? Se dopo appena
un minuto si affacciasse da una porta aperta una dirigente altrettanto sorridente con
un gatto in braccio? Se vi facesse visitare la scuola un architetto volontario che non ha
neppure un figlio, ma sa che la scuola è di tutti? Se per le scale incontraste due papà
con un vassoio di mele sbucciate da loro (che hanno un po’ di tempo prima del turno
pomeridiano) per la merenda di tutta la scuola? Se nel laboratorio di espressività tre ra-
gazzini rifinissero gli ultimi pezzi di una mostra sul riciclaggio da soli?
Se altri sistemassero il museo a vista esposto nel corridoio lungo davanti alle classi?
Se un allievo delle medie, pluriripetente, vi diceste con gli occhi che brillano di gioia,
davanti a tutta la classe e a due insegnanti “Non venite in questa scuola perchè fa
schifo”? Se alcune ragazzine rom, piene d’ orgoglio, vi invitassero al ballo in cui
vogliono esibirsi per tutti i genitori, nel teatro dell’Istituto, in occasione del giorno della
memoria del Porrajmos e della Shoah?
...A noi è successo di restare senza parole! Questa scuola esiste davvero e ci insegna
che è possibile una vera comunità educante, viva e partecipata,
se chi la organizza ha il coraggio di scegliere col cuore.
18 insegnanti ed educatori hanno condiviso due giorni di giochi e silenzio,uno stage di TdO sull’arte di ascoltare.Sono ritornati a casa col cuore pieno
e la commozione negli occhi.Ecco una vera profonda formazione dell’educare... e dell’educarsi.
Avigliana, sul lago: un’esperienza unica! Avigliana, sul lago: un’esperienza unica!
ma proprie di noi e dell'altro. Non avevo mai sperimentato questotipo di AMORE. Detto questo mi sono già attivataper cercare la nicchia giusta qua aFirenze per ripetere l’esperienza;avevate ragione, ci vuole un passaparola perchè è...TROPPO FORTE!!!!!
(Federica, Firenze)
La scelta della posizione di ascolto,rispetto ai vissuti degli altri, in antitesi,ad esempio, al classico tentativo didare consigli, che rischiano di esserecondizionanti e non obiettivi, è stataper me, non una scoperta, ma unabuona occasione per approcciarmiconcretamente a questa delicata eprofonda visione delle cose.Non ultimo ho apprezzato moltis-simo il provare ad esprimermi, noncon modalità che usiamo tutti igiorni, cioè la parola o anche lavista, bensì con il nostro corpo (cosa che sono abituata a fare ben poco) e con gli altri sensi come
5
News insegnanti Gruppo Abele
Ascolto, empatia, intuizione, as-senza di giudizio... ecco le paroleesplicitate durante lo stage di TdOad Avigliana, sul lago. Altre peròsottese, sgorgavano: presenza, SPE-RANZA, fiducia, cambiamento,tempo, rispetto, sincerità, ricerca,commozione..Teatro dell’Oppresso è un modo difar politica, di far circolare l'idea diimpegno, in primo luogo con sèstessi. E' partecipare, prendersi cura( di sè e dell'altro) sentire di valere,di avere ( comunque) qualcosa dibuono. Self compassion ( e casualmente hotrovato in biblioteca " l’arte di esserepazienti" del Dalai Lama - che cercavo da tempo - in cui ritrovo inparticolare questo concetto diCOMPASSIONE da me mai usato,come le altre 3 parole in maiuscolo),indulgenza per le proprie caratteri-stiche che, ancora, non ci piac-ciono. E' toglierele sovrastrutture eattivare ( e apprezzare) le partivere, autentiche, a volte sofferenti
C’è popsta per...
il tatto, l'udito ed il non-verbale in genere.Il mio giudizio (non giudi-cante!!), insomma, è posi-tivo, anche perchè pensoche man mano che mi allon-tanerò temporalmente daquesta esperienza, mi serviràper affrontare meglio i mieimomenti di vita quotidiana.GRAZIE ANCORA.
(Elisabetta, Torino)
Il settore scuola-insegnanti del
Gruppo Abele organizza corsi di
Teatro dell’Oppresso per adulti che
lavorano nel mondo della scuola.
Chi fosse interessato adavere informazioni scriva a [email protected]
Abbiamo ricevuto per mail 2 riflessioni sullo stage. Grazie!Il feed-back è sempre molto importante in ogni lavoro che conduciamo.
La scuola ci riguarda TUTTILa scuola ci riguarda TUTTI
News insegnanti Gruppo Abele
Ogni incontro dei gruppi di auto-mutuo aiuto, cosìcome ogni raduno conviviale, ogni chiacchierata tranoi genitori incrocia il tema della scuola. Scuola vistatroppo spesso come un ring, o come mare agitatoche provoca frequenti naufragi, dopo i quali ognivolta occorre ricominciare; scuola vista come pre-senza ineludibile ed inquietante, il monolite del film“2001:Odissea nello spazio”: qualcosa che condi-ziona il tuo presente e senti che può pregiudicare iltuo futuro.Scuola che ti chiede il conto, scuola che non ti fasconti; scuola a cui senti di dover spiegare, ma lespiegazioni assumono un tono implorante. Posizioneparticolarmente complessa quella dei genitori: noisiamo adulti come le insegnanti (a volte coetanee, avolte amiche o vicine di casa…), ma siamo smarriticome i nostri figli, e spesso la nostra passata espe-rienza scolastica va ad intrecciarsi e a determinarequella dei nostri ragazzi. A volte sarebbe più comodoscappare dal confronto, dall’implacabilità che certiparametri cosiddetti quantitativi – di cui la scuoladegli ultimi tempi si nutre – esercitano nei nostri con-fronti; ma fuggire non si può… non solo, non si deve.Perché la scuola è un esercizio di convivenza, unapalestra di allenamento, una niente affatto virtuale si-mulazione di ciò che aspetta i ragazzi “là fuori”, al-l’uscita della tana familiare. La scuola è la vita. Ainostri figli non basta il solo nostro amore. Se vogliamoche i cuccioli crescano e non rimangano progetti in-compiuti, dobbiamo consegnarli alla scuola con unsorriso di fiduciosa attesa.Fiduciosa attesa: eccoci arrivati al punto.Abbiamo bisogno di guadagnare la fiducia, di averlama al tempo stesso riuscire a darla; il concetto di fidu-cia richiama quello di conoscenza, quindi di dialogoe ascolto; questi ultimi non sono autentici se non c’èriconoscimento di pari dignità tra chi si mette in rela-zione; e la dignità fa venire in mente i diritti e i doveri,e la libertà, e la responsabilità, la padronanza di sé.Diciamo grazie alla Scuola, che ci obbliga a fare unpo’ di chiarezza dentro di noi: ci aiuta a compren-dere ciò che veramente desideriamo trasmettere ainostri figli; tra tanti stimoli futili, tra mille vite possibili, cista a cuore che essi arrivino ad essere liberi e padronidi sé, e che i loro occhi siano capaci di guardare l’al-tro da sé.Nel nostro percorso, allora, è nata l’idea di un Conve-gno; non una Conferenza, né una serie di lezioni ma-gistrali, né una Tavola Rotonda di esperti; bensì un“con-venire”, un essere insieme tra persone interes-sate a qualcosa che le riguarda: perché, infatti, “lascuola ci riguarda tutti”.
Sezione ANFAA REGGIO EMILIA
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LA SCUOLA CI RIGUARDA TUTTI
10 MARZO - Reggio Emilia
h.9/17
il programma é sul blog
http://lascuolariguardatutti.blogspot.com
per iscrizioni:
per informazioni:
Agorà libera
Perchè non ritrovarci a parlarne insieme?
REGGIO EMILIA10 marzo 2012Un convegno per “CON-VENIRE”
e ritrovare la scuola che ci piace.Qui accanto lemotivazioni che hanno dato vita
all’iniziativa. Ora non resta che......partecipare!Non mancate!
Florian del cassonettoFlorian del cassonetto
News insegnanti Gruppo Abele La collezione
Un libro da leggere in classe. Un’autrice da invitare a scuola. Un’esperienza da sperimentare coi propri allievi.
Florian, dieci anni, è un bambino rom che vive in un campo nomadi di una grande città.
Accolto come un figlio da Violeta, cresce insieme ai fratelli sentendosi uno di loro, fino al giorno in cui guarda per la prima volta con occhi diversi la
vita al di fuori del campo, la vita dei bambini che vanno a scuola, hannotutto e sono coccolati da tutti.
E una volta accesa la curiosità per quel mondo così diverso dal suo, non èpiù possibile tornare indietro…
Questa è la storia della mia vita chemi racconta Violeta, mia mamma.
È lei che mi ha trovato una serad’agosto che piangevo disperato
in un contenitore dei rifiuti. Senza dilei sarei morto. Senza di me loro
potevano morire di fame. Ci aveva unito il destino, un destinodi spazzatura. Avevamo solo la vita,eppure, ci sentivamo molto ricchi,
insieme.
News insegnanti Gruppo Abele
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La diversità vista da dentro.
Sarebbe così semplice!
Basterebbe “farsi invitare” in un
campo rom! Sì, avete letto bene!
Nessun timore, solo
la voglia di sperimentare
un’accoglienza diversa, dove si
cambiano i ruoli:
io sono l’ospite e l’altro quello che
m’accoglie.
Una bellissima lezione per
apprendere che esistono
punti di vista diversi.
Tre persone erano al lavoro in
un cantiere edile.
Avevano il medesimo compito, ma quando
fu loro chiesto quale fosse il loro lavoro,
le risposte furono diverse.
"Spacco pietre" rispose il primo.
"Mi guadagno da vivere" rispose il secondo.
"Partecipo alla costruzione di una cattedrale"
disse il terzo.
(Peter Schultz)
A chi cerca la risposta migliore per godere
del suo lavoro,
a chi si sforza di pensarla ogni giorno,
i nostri auguri di buon cammino.
Cari colleghi, abbiamo voluto lasciarvi qualche stimolo e qualche incoraggiamento. Sono assaggi che incontriamo nel nostro lavoro, nei nostri viaggi, negli incontri con tante realtà diverse. Grazie a chi ci incoraggia continuare. Proseguiamo insieme con chi crede e si impegna per una scuola migliore!Buon lavoro a tutti!
Ornella Libera è ispettore capo presso l’Autocentro della Polizia di Napoli. Si occupa di reati commessi sui minori e di pedofilia.
Ha scritto con Edoardo Bennato e Gino Magurno la canzone “Lo stelliere” , primo premio della 45° edi-zione dello Zecchino d’oro. . Il suo libro “Tredici casi per un’agente speciale” ha vinto il premio Speciale
Elsa Morante ragazzi. La vendita di questo libro sostiene la Fondazione Affido Onlus, per l’affidamento familiare.
(http://rizzoli.rcslibri.corriere.it)