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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTÀ DI INGEGNERIA Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio CORSO DI FRANE Anno Accademico 2014/2015 ESERCITAZIONE 6 Analisi di un caso di studio descritto in un articolo scientifico in lingua inglese Landslide observation and volume estimation in central Georgia based on L-band InSAR E. Nikolaeva, T.R. Walter, M. Shirzaei, and J. Zschau Prof. Ing. Michele Calvello Allievo: Maria Rosaria Scoppettuolo Matricola: 0622500187

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO FACOLTÀ DI INGEGNERIA

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio

CORSO DI FRANE Anno Accademico 2014/2015

ESERCITAZIONE 6

Analisi di un caso di studio descritto in un articolo scientifico in lingua inglese

Landslide observation and volume estimation in central Georgia based on L-band

InSAR

E. Nikolaeva, T.R. Walter, M. Shirzaei, and J. Zschau

Prof. Ing. Michele Calvello Allievo: Maria Rosaria Scoppettuolo

Matricola: 0622500187

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INDICE 1.   INTRODUZIONE ........................................................................................................................ 3  

2.   DESCRIZIONE DELL’AREA DI STUDIO ................................................................................ 3  

3. LAVORO SCIENTIFICO SVILUPPATO DAGLI AUTORI ...................................................... 4  

3.1   Strumentazione adottata ......................................................................................................... 4  

3.2 Metodologia di analisi e risultati ............................................................................................... 5  

4. ANALISI CRITICA ...................................................................................................................... 13  

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ................................................................................................... 15  

INDICE DELLE FIGURE

Figura 1: Caratterizzazione geomorfologica e topografica dell’area di studio .................................... 4  

Figura 2: Immagini Landsat che descrivono l'evoluzione mineraria nella zona ................................. 6  

Figura 3: Velocità di spostamento ottenute da InSAR (B=baseline) ................................................... 6  

Figura 4: Profili di velocità di spostamento nei piani X-X’, Y-Y’,Z-Z’ ............................................. 7  

Figura 5: Sovrapposizione tra le fotografie aeree e le mappe di spostamento ottenute da InSAR ...... 8  

Figura 6: Fotografie provenienti dalle indagini sul campo .................................................................. 9  

Figura 7: Rappresentazione del modello usato per definire la frana ................................................. 11  

Figura 8: Profilo della frana ............................................................................................................... 12  

Figura 9: Relazione tra variazioni nella velocità degli spostamenti ,precipitazioni e eventi sismici 13  

INDICE DELLE TABELLE

Tabella 1: Parametri di output dalla modellazione inversa degli interfereogrammi ......................... 10  

Tabella 2: Tabella riassuntiva ............................................................................................................ 12  

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1. INTRODUZIONE L’articolo da me analizzato si occupa di studiare e monitorare la frana di Itskisi verificatasi nella Georgia centro-occidentale. In particolare si sono monitorati gli spostamenti della frana con immagini provenienti da satellite unite a fotografie aeree e investigazioni sul campo, ed inoltre si è proceduto a valutare le sue dimensioni ed in particolare il suo volume. La Georgia è un paese molto interessato da frane: in particolare il 17% della superficie nazionale è classificata ad alta pericolosità mentre il 38% è a media pericolosità. Questo è attribuibile a fattori quali ripidi versanti, clima umido e assetto tettonico. In particolare nel corso degli anni si sono succeduti più terremoti che hanno causato diverse frane, come quello dell’aprile 1991 dove si sono avuti danni economici e soprattutto perdite in termini di vite umane, proprio a causa delle frane generate. Molte delle frane, come quella oggetto di questo studio, sono caratterizzate da un lento movimento, ma possono improvvisamente registrare un’accelerazione che può portare ad eventi catastrofici. In queste condizioni l’attività di monitoraggio diviene fondamentale al fine di garantire la sicurezza. In generale le dinamiche delle frane sono principalmente controllate dalla geometria della superficie di scorrimento, costituita da un décollement di base e da fratture di delimitazione laterale. Sulla geometria del décollement può dirsi poco in quanto non può essere individuata direttamente né tantomeno da immagini telerilevate. Per quanto riguarda le fratture laterali invece esse sono visibili in superficie e constano di una faglia di testata e di una zona di compressione sull’unghia della frana che forma delle ‘pieghe’ nel terreno. Oltre che rispetto al tipo di movimento, è noto che una classificazione delle frane può essere effettuata attraverso le velocità di spostamento (Cruden e Varnes, 1996): è perciò importante non tralasciare questo aspetto nelle fasi di monitoraggio anche al fine di valutare la comparsa di accelerazioni improvvise nel caso di frane lente. Tra le tecniche che possono usarsi per il monitoraggio frane, risulta di grande interesse l’analisi di dati acquisiti da satellite, che permettono anche la ricostruzione di serie temporali di spostamento. Tra queste, le tecniche InSAR (Interferometric Syntetic Aperture Radar), attraverso segnali di fase, producono un interferogramma tra due acquisizioni di dati SAR, grazie al quale si possono ottenere gli spostamenti del terreno. La tecnica è stata scelta perché ben si adatta a monitorare frane con un movimento molto lento come quella della Georgia, fornendo buoni risultati a costi bassi. A questa tecnica di monitoraggio, gli autori hanno poi accoppiato altre tecniche, come sarà illustrato più avanti nel corso della relazione.

2. DESCRIZIONE DELL’AREA DI STUDIO Il sito in cui è stata effettuato il monitoraggio è definito attraverso le seguenti coordinate: 42,30 N, 43,48 E. Tale regione è appartenente al blocco di Dzirula, a sua volta facente parte della formazione del Chiatura, composta in profondità da depositi sedimentari essenzialmente di quarzo, arenarie e sabbie, coperti superficialmente da rocce sedimentarie silicee sul lato ovest e scisti ad est. Dal punto di vista topografico i rilievi sono lievemente pendenti (inclinazioni di meno di 20°) e le quote variano tra i 500 e gli 800 m.

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La zona è sismicamente attiva, essendo vicina alla faglia di Kutaisi-Sachkhere e questo rappresenta un ulteriore fattore di rischio frane. Una particolare attenzione è da porsi nei riguardi dell’attività mineraria ampiamente sviluppata nelle zona, che coinvolge ben 17 società.

Figura 1: Caratterizzazione geomorfologica e topografica dell’area di studio

3. LAVORO SCIENTIFICO SVILUPPATO DAGLI AUTORI

3.1 Strumentazione adottata

I dati analizzati per il monitoraggio della suddetta area come anticipato comprendono osservazione da satellite tramite radar, integrata da dati ottici provenienti da Landsat, fotografie aeree, dati provenineti da DEM (Digital Elevation Model) e investigazioni di campo. Per costruire le mappe di spostamento tramite InSAR si sono considerate 12 immagini del Phased Array type L-band Synthetic Aperture Radar (PALSAR) acquisite dall’ Advanced Land Observing Satellite (ALOS). Negli archivi ALOS sono presenti per la zona della frana dati provenienti solo dall’orbita ascendente del satellite e quindi la terra è vista da questo solo dal lato ovest e per questo non è stato possibile trovare in modo assoluto le componenti verticali e orizzontali degli spostamenti. Temporalmente le immagini appartengono all’intervallo di tempo che va dal luglio 2007 al giugno 2010. Delle 12 immagini, 5 sono ad alta risoluzione e singola polarizzazione (FMS) e 7 sono a doppia polarizzazione (FBD). La risoluzione è di 10 metri nel primo caso e 20 nel

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secondo. La distanza tra due orbite del satellite è di 1885 metri al più, inferiore alla baseline critica per ALOS. Le immagini del periodo invernale sono poi state escluse a causa della presenza della neve che poteva portare errori nella valutazione degli spostamenti. Sono stati testati anche altri tipi di dati, provenienti da altri satelliti, quali ERS1/ERS2 e Envisat, ma le immagini sono risultate di qualità più bassa. Onde di banda C usate da Envisat portano ad una cattiva qualità dei segnali SAR, perché non riescono a penetrare nella vegetazione; i sensori a banda L, come quelli usati da ALOS meno risentono di questo problema. Immagini dal satellite Landsat sono invece state utilizzate per ricostruire la crescita dell’attività mineraria della zona. Si è analizzato il catalogo trentennale del Global Land Cover Facility escludendo le immagini in cui la terra era coperta da nuvole. Inoltre l’area di interesse è stata analizzata anche con fotografie aeree del 2007, avente una risoluzione di 0,6 m. Per quanto riguarda il DEM, esso è stato utilizzato per ricostruire la morfologia del sito. Si sono testati ASTER DEM e SRTM: si è optato per il primo dei due anche se i risultati ottenuti con i due modelli erano del tutto confrontabili. In ultimo si è ricorso alla consultazione di carte geologiche e topografiche oltre che indagini sul campo consistenti nella segnalazione delle fratture, molte delle quali nascoste dalla vegetazione. Esse sono state misurate tramite GPS e sono poi state comparate con i dati InSAR e le fotografie aeree.

3.2 Metodologia di analisi e risultati Il metodo InSAR si basa sull’incrocio di due immagini radar riferite allo stesso punto a terra. Il procedimento è complesso e consiste nel calcolo dell’interferogramma ottenuto come differenza delle componenti di fase delle due immagini coregistrate (aventi lo stesso sistema di riferimento). Inizialmente si sono quindi coregistrate tutte le immagini all’immagine registrata il 4 settembre 2009: questo significa che ogni pixel di ciascuna immagine corrisponde allo stesso punto a terra. Attraverso il software ROI_PAC (Repeat Orbit Interferometry Package) si sono trasformate le 5 immagini FBD in FMS. Usando poi il software DORIS (Delft Object Oriented Interferometric Software) si sono quindi costruiti gli interferogrammi. A questo punto entra in gioco l’ASTER DEM che ha calcolato ed eliminato gli effetti dovuti alla topografia da ogni interferogramma. Importante è stato il processo di multi-looking con il quale si è uniformata la risoluzione nelle due direzioni: in definitiva ogni pixel ha dimensione al suolo di 9 m per 7,5 m (alta risoluzione). Si sono poi effettuati una serie di aggiustamenti per tener conto di alcuni difetti, quali ad esempio l’errore orbitale e errori dovuti alla riflessione del segnale. Le fotografie aeree sono state riferite ad un sistema di riferimento (WGS84) e analizzate in un sistema GIS attraverso ArcMaps: si sono delineate manualmente fratture, ruscelli, stagni. Si sono in particolare comparate le fratture dalle fotografie aeree e i campi di spostamento presenti nei dati InSAR, al fine di capire quali di queste fossero attive e quali no. ArcMaps ha poi permesso anche di delineare una mappa dell’area a partire dai dati del DEM, andando a definire i contorni della frana. Infine si sono importate in ArcGIS le immagini Landsat per poter correlare anche l’attività mineraria agli spostamenti (figura 2).

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Figura 2: Immagini Landsat che descrivono l'evoluzione mineraria nella zona

I risultati InSAR sotto forma di mappe di velocità di spostamento sono rappresentati in figura 3: i colori caldi indicano spostamento verso il satellite, i colori freddi spostamenti dal satellite.

Figura 3: Velocità di spostamento ottenute da InSAR (B=baseline)

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Si rileva che la superficie della frana ha la forma approssimativamente di un rene e l’asse maggiore è nella direzione nord-sud. Le dimensioni della stessa sono 2 km in questa direzione e 0,6 km nella direzione est-ovest. Per quanto riguarda gli spostamenti essi sono variabili nel tempo, portando il processo ad essere fortemente non lineare.

Figura 4: Profili di velocità di spostamento nei piani X-X’, Y-Y’,Z-Z’

Dalle immagini InSAR si sono ottenuti anche i profili di figura 4, che mostrano che la superficie della frana è molto disomogenea e fessurata. Fatta eccezione per l’unghia, si evince che la maggior parte della frana si muove in modo compatto, con le stesse velocità. In ultimo si fa notare che nel profilo Y-Y’ mancano dei dati nella parte centrale, a causa forse dell’attività mineraria, della topografia o dell’erosione del suolo. Molto interessanti sono i risultati ottenuti dal contronto dei dati InSAR con le immagini aeree, andando a sovrapporre a queste le mappe di spostamento (figura 5).

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Figura 5: Sovrapposizione tra le fotografie aeree e le mappe di spostamento ottenute da InSAR

I risultati di tale confronto mostrano forti gradienti di spostamento dovuti alla presenza dell’attività mineraria, di fosse e di faglie antitetiche (figure 5b, 5c). Una frana secondaria è mostrata in figura 5d, dove la scarpata ha degli spostamenti negativi e il piede degli spostamenti positivi. In figura 5e si nota che l’area del fiume, non considerata parte della frana, mostra in realtà gli stessi spostamenti dell’area interessata da essa: questo suggerisce che anche tale zona potrebbe far parte della frana stessa. La figura 5f, va poi a indicare che lungo la faglia non si registrano gradienti di spostamento, e quindi si può supporre la sua inattività durante il periodo di osservazione. Tutte queste osservazioni possono essere confermate dalle foto ottenute dall’attività di investigazione sul campo.

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Figura 6: Fotografie provenienti dalle indagini sul campo

I dati SAR erano disponibili solo nell’orbita ascensionale, cioè com’è stato osservato precedentemente il satellite osserva la terra solo dal lato ovest. Tuttavia si è potuto rilevare che la maggior parte del movimento avviene proprio in tale direzione, che è quella del versante (figura 6a), anche se alcune aree orientate a est mostrano anch’esse spostamenti. L’osservazione che il movimento si estende sia a ovest che a est spinge a pensare di essere davanti a una frana piuttosto profonda che coinvolge sia faglie sintetiche che antitetiche formando pilastri e fosse tettoniche (figura 6b). Un particolare interesse è stato dedicato dagli autori alla presenza di stagni che sulla carta topografica degli anni 1972 non erano visibili ma bensì si avevano persino case negli punti dove oggi sorgono: questo non può che dimostrare la loro recente formazione proprio a causa del

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movimento franoso. Sono state rilevate anche scarpate, formate probabilmente da colate detritiche avvenute nel corso degli anni. Per completare l’analisi della frana si è ricorso al modello costruito in GIS con i risultati InSAR, le fotografie aeree e le osservazioni dal campo. È stato quindi possibile calcolare in ultimo le dimensioni della frana: da osservazioni della morfologia risulta l’area è di 2,9 km2 e un perimetro è circa 7,48 km, ma l’area effettiva può essere considerata pari a quella ottenuta dalle mappe di spostamento InSAR che è di 0,9 km2. Gli autori si sono quindi spostati a definire la superficie di décollement, partendo dall’osservazione dalle mappe di spostamento ottenute tramite InSAR, utilizzate come dati di input, e procedendo con la tecnica di modellazione inversa nelle ipotesi di Okada (1985): la superficie di distacco è stata assunta piana e rettangolare con il margine superiore parallelo alla superficie; dal punto di vista fisico si assume che gli spostamenti ottenuti da InSAR possono essere simulati come spostamenti piani in un semi-spazio isotropo. Questo modello è stato scelto perché i campi di spostamento InSAR sono compatibili con l’ipotesi di frana traslazionale, almeno nella zona centrale della stessa. Si è di fronte ad un problema a 8 incognite: lunghezza, larghezza, profondità, posizione bidimensionale, angolo di immersione e direzione della superficie, componenti di scorrimento lungo l’immersione. Attraverso un processo iterativo, utilizzando un algoritmo genetico, partendo dai tre interferogrammi migliori (luglio-agosto 2007, settembre-ottobre 2009, luglio-ottobre 2009) si è risaliti alla superficie di décollement. I principali output sono quelli sintetizzati nella tabella seguente.

Tabella 1: Parametri di output dalla modellazione inversa degli interfereogrammi

Per tutti e tre gli interferogrammi si ha che il piano di décollement che meglio approssima il movimento è sub-orizzontale e immerge leggermente a nord-ovest. Noto il piano di décollement si può in ultimo calcolare il volume della massa in movimento. Comunemente si approssima la forma della frana ad un ellissoide nel caso di frane di tipo rotazionale. Volendo estendere questa teoria a una frana in cui è presente anche una componente traslazionale, gli autori considerano una geometria maggiormente complessa, in cui l’ellissoide è tagliato in corrispondenza di due piani paralleli che rappresentano il piano del décollement e la superficie della frana, come indicato in figura 7.

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Figura 7: Rappresentazione del modello usato per definire la frana

Partendo dall’equazione dell’ellisse, gli autori hanno trovato il semiasse maggiore C supponendo che rispetto al sistema di riferimento il piano di décollement sia ad una profondità h nota.

𝑎 = 𝐴  × 1−ℎ𝐶

!

dove a ed A sono i semiassi dei due ellissi formati dall’intersezione dei piani con l’ellissoide. Note tali caratteristiche geometriche è banale calcolare il volume della frana con il seguente integrale:

𝑉 = 𝜋   ∙ 𝐴 ∙ 𝐵 ∙ 1−𝑧!

𝐶!!

!𝑑𝑧 = 𝜋   ∙ 𝐴 ∙ 𝐵 ∙ ℎ −

ℎ!

3 ∙ 𝐶!

Se si assumono, in riferimento alla frana oggetto di studio, i seguenti valori dei parametri: • A=1 km • B=0,3 km • h=0,12 km

Si ottiene che il volume è pari a 0,09 km3. Un metodo alternativo consiste nel calcolare il volume con una formula empirica a partire dalla superficie della frana:

𝑉 = 0,05 ∙ 𝑆!,! In riferimento alla superficie ottenuta dai dati InSAR (S=0,9 km2), otteniamo un volume di 0,046 km3. La forte discrepanza dei risultati ottenuti è dovuta alle approssimazioni dei modelli usati nelle due formule. In particolare non è stata considerata l’inclinazione dei piani secanti l’ellissoide; in nessuno dei due casi si è considerata poi la disomogeneità del terreno. In particolare i coefficienti della seconda formula sono determinati empiricamente e fanno riferimento alla stratigrafia del terreno e in particolare alla posizione del bedrock, di cui non si hanno informazioni precise. In sintesi, nella seguente tabella, sintetizzo i principali dati numerici raccolti dagli autori nel corso delle fasi appena descritte, mentre la forma della frana è descritta dalla figura 8.

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Tabella 2: Tabella riassuntiva

Area Volume Profondità Spostamento 0,9 km2 0,046-0,09 km3 0,12-0,19 km 10-30 cm/anno

Figura 8: Profilo della frana

La parte centrale della frana è caratterizzata da una superficie di distacco piana, sub-parallela alla superficie del pendio, associabile ad una frana traslazionale, che poi curva in corrispondenza dell’unghia e della testata della frana: in questi punti infatti, a differenza della zona centrale dove si mantengono costanti, si ha un aumento dei vettori di spostamento da est verso ovest, condizione che si verifica in corrispondenza di movimenti rotazionali. La frana può dunque considerarsi combinazione di un movimento traslazionale e uno rotazionale. Inoltre a questa frana principale si associano frane secondarie, faglie antitetiche, fosse e pilastri tettonici.

3. FATTORI CHE INFLUENZANO LA FRANA E IMPATTI L’ultimo aspetto analizzato dagli autori dell’articolo riguarda l’analisi dei fattori che causano frana e degli impatti che si avrebbero nel tempo con la sua evoluzione.

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Dai segnali di spostamento radar si registrano variazioni di velocità di spostamento che possono essere legate a variazioni di falda, associate essenzialmente alla piovosità e allo scioglimento della neve. Un’analisi si è effettuata paragonando gli interferogrammi ai dati sulle precipitazioni (ottenuti da modelli atmosferici e non a osservazioni reali).

Figura 9: Relazione tra variazioni nella velocità degli spostamenti ,precipitazioni e eventi sismici

In figura 9 la linea nera rappresenta le precipitazioni e i valori di velocità sono riferiti a specifiche aree (G, M, B, R). Come si può vedere nel periodo luglio-ottobre 2009 e luglio-agosto 2007, l’accelerazione nello spostamento non è associabile ad un evento importante di pioggia. Dal catalogo globale dei terremoti è stato possibile attribuire la variazione di velocità a due eventi sismici quali quello del 9 settembre 2009 a 30 km dalla frana e del 18 luglio 2007 ad una distanza di 12 km dalla frana. Anche l’attività mineraria nella zona ha molto influito sull’evoluzione della frana: nel 2007 essa ha avuto un picco nello sviluppo e infatti nei punti vicini alle miniere la velocità massima è registrata proprio in quel periodo. Gli impatti a cui la frana potrebbe portare evolvendosi sarebbero piuttosto gravi. Il maggiore pericolo è sicuramente quello associato alla presenza di quattro villaggi in prossimità, ma si potrebbero avere danni anche alle infrastrutture e al fiume con problemi di approvvigionamento di acqua potabile. Il villaggio di Itskisi è già stato parzialmente distrutto dalla formazione di pilastri e fosse tettoniche dovute al movimento terroso.

4. ANALISI CRITICA

La scelta di questo articolo è motivata dal fatto che si parla di una frana attiva in lento movimento, situazione per la quale si evidenzia più che mai la forte importanza del monitoraggio degli spostamenti. Secondo quella che è la classifica di Cruden e Varnes (1996) la frana, che presenta spostamenti di 10-30 cm/anno, può definirsi come molto lenta. La frana può inoltre essere classificata come

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estremamente grande (Fell, 1994), avendo un volume di 0,09 km3 ed inoltre è molto profonda, essendo il suo spessore di 120 m. E’ importante, in particolare nel caso di frane a cinematica lenta, procedere ad un minuzioso monitoraggio, al fine di valutare il comportamento passato della massa di terra, prevedere la sua evoluzione futura, nonché eventualmente provvedere ad opportuni interventi di mitigazione del rischio. Gli autori di questo articolo hanno utilizzato tecniche innovative a tal fine. Lo strumento principale è stato rappresentato dal SAR. Notevoli sono i vantaggi di questa tecnica: l’acquisizione e l’elaborazione di segnali radar permette la ricostruzione temporale degli spostamenti del versante, riducendo tra l’altro i costi rispetto ad un sistema di monitoraggio a terra. Questo fattore si evidenzia particolarmente per la frana di Itskisi, a causa delle sue importanti dimensioni. Errori dovuti alla topografia o legati alla difficoltà delle onde elettromagnetiche di penetrare nella vegetazione (anche se le onde di banda L risentono poco di questo problema) sono stati corretti attraverso l’utilizzo dell’ASTER DEM e di investigazioni sul campo. Il lavoro alla base di questo articolo secondo me può essere quindi considerato molto buono, anche se la mancanza di alcuni dati ha probabilmente compromesso i risultati. Per quanto riguarda i dati InSAR infatti, è apprezzabile che gli autori abbiano paragonato i dati di più satelliti prima di scegliere ALOS, ma il loro lavoro si basa su dati parziali, in quanto sono stati disponibili solo dati provenienti dall’orbita ascendente del satellite. Sebbene dunque il versante di frana affacci proprio nella direzione osservata dal satellite durante questa orbita, sicuramente la disponibilità di dati anche dall’orbita discendente avrebbe permesso un’analisi di maggiore dettaglio. Un aspetto che è stato curato poco dagli autori è stata la modellazione del versante: non c’è stata una ricostruzione stratigrafica precisa né tantomeno si fa riferimento al regime di pressioni neutre in sito. Queste informazioni avrebbero permesso di capire meglio il comportamento della frana e il legame con le precipitazione oltre che di ottenere una stima del volume più precisa in quanto i coefficienti che compaiono nella formula empirica utilizzata a questo scopo variano con la stratigrafia. Anche nell’analisi delle cause innescanti sono mancati dati precisi: la relazione tra l’accelerazione negli spostamenti e le piogge è stata condotta non sulla base di dati pluviometrici reali ma da modelli atmosferici. La correlazione ottenuta quindi per quanto possa essere ben approssimata non è quella reale. Anche l’attività mineraria è stata ricostruita solo sommariamente attraverso immagini da Landsat che ne mostrano l’evoluzione nel tempo. La perdita di supporto al piede causata dall’asportazione di materiale rappresenta forse la principale causa di movimento: il possesso di dati precisi sull’attività mineraria avrebbe permesso di accertare questa ipotesi. La presenza però di 17 società di estrazione ha complicato la raccolta dati. Sicuramente è auspicabile un maggior controllo dell’attività di estrazione che sviluppandosi ulteriormente potrebbe portare alla completa instabilizzazione del versante. In conclusione essendo emerso chiaramente dall’articolo che la frana non è stabile, si può pensare che l’evoluzione del movimento è imprevedibile: da qui la necessità di un sistema di monitoraggio costante della frana. Sebbene non si registra un particolare pericolo per la vita umana, sicuramente la frana raggiungendo i villaggi o il fiume provocherebbe non pochi danni economici.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

• Seminario a cura di: Ing. Dario Peduto; A.A. 2014-2015; Analisi ed interpretazione di

spostamenti superficiali con l’ausilio di immagini satellitari acquisite da SAR;

Dipartimento di Ingegneria Civile – Università degli Studi di Salerno.

• Prof.ing. Michele Calvello; A.A. 2014-2015; Sistemi di classificazione dei fenomeni franosi;

Dipartimento di Ingegneria Civile – Università degli Studi di Salerno.

• http://www.geoimage.com.au/satellite/alos

• http://www.normalesup.org/~cantallo/ceos99.pdf

• http://en.wikipedia.org/wiki/Décollement

• http://www.geoenv.it/lezioni/frane.htm