sped in a.p. art.2 comma 20c dante, par. i, 34 legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale...

12
“Poca favilla gran fiamma seconda” Dante, Par. I, 34 La Ludla Periodico dell’Associazione Istituto Friedrich Schürrper la valorizzazione del patrimonio dialettale romagnolo Autorizzazione del Tribunale di Ravenna n. 1168 del 18.09.2001 Anno VII – novembre 1999 – n. 17 Questo numero è stato realizzato con l’apporto del comune di Ravenna DEFGDEFGGDEFGDEFGGDEFGDEFGGDEFGDEFGG Tra i più impotanti linguisti- studiosi della nostra parlata ce n’è uno di lingua inglese, poco noto ai più, ma che merita di essere posto accan- to alla figura del grande Schürr e che risponde al nome di Douglas Bartlett Gregor. Di lui David Lilley, che ne sta curando la biografia per una edizione in Inghilterra, dice che "se c’e stato uno che ha avuto il dono delle lingue, questi è stato Dou- glas Gregor. Un classicista per educazione e professione, egli parlava fluentemente più di venti lingue e ne leggeva molte altre... Dedicò gran parte della sua vita allo studio del- le lingue minoritarie e dei dialetti dell'Italia settentrio- nale ed era consideratol'ul- timo in grado di parlare tutti e sei i linguaggi celtici". Po- liglotta e con qualifiche ac- cademiche in lingue moder- ne, fu su diversi fronti euro- pei durante la seconda guer- ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche l'Italia ed è qui che ebbe l'occasione di incontra- re, a Ravenna, la sua futura moglie Graziella e, tramite lei, quella che diventerà la sua città preferita e la sua lingua, il Romagnolo. Ebbe un'abbondante produ- zione letteraria su numerose lingue classiche e moderne si dedicò, fra l'altro, allo stu- dio ed alla diffusione dell'e- speranto durante gli anni di insegnamento in numerose università del Regno Unito. Ma fu nel periodo successivo al pensionamento, avvenuto nel 1969, che produsse i suoi lavori più importanti. Pub- blicò, tra l'alto, i volumi Romagnol: Language and litte- rature (1972), Friulan: Lan- guage and literature (1975), Mad Nap: Pu1on Matt (1976), Celtic: A comparative studi (1980), Romontsch: Language and literature (1982). Limitandosi all'esame delle opere relative alla lingua romagnola, è giusto chiedersi se i libri di Gregor abbiano contribuito alla cultura ro- magnola. La risposta non può che essere affermativa, innanzitutto perché ogni se- rio impegno nello studio di una lingua contribuisce al- l'approfondimento della sua conoscenza, sia da parte di chi già la utilizza, ma soprat- tutto da parte di chi non la conosce. Con Romagnol Lan- guage and literature Gregor affronta per la prima volta, anche se in forma notevol- mente sintetica ma sufficien- temente completa, il pro- blema della grammatica ro- [segue a pagina 2] Douglas Bartlett Gregor 1909-1995 di Ferdinando Pelliciardi Sped in A.P. Art.2 comma 20c Legge 662796 DC/DCI 401548 2001 / RA

Upload: others

Post on 11-Aug-2020

5 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

“Poca favilla gran fiamma seconda” Dante, Par. I, 34

La LudlaPeriodico dell’Associazione “Istituto Friedrich Schürr”per la valorizzazione del patrimonio dialettale romagnoloAutorizzazione del Tribunale di Ravenna n. 1168 del 18.09.2001

Anno VII – novembre 1999 – n. 17Questo numero è stato realizzato con l’apporto del comune di Ravenna

Tra i più impotanti linguisti-studiosi della nostra parlatace n’è uno di lingua inglese,poco noto ai più, ma chemerita di essere posto accan-to alla figura del grandeSchürr e che risponde alnome di Douglas BartlettGregor.Di lui David Lilley, che nesta curando la biografia peruna edizione in Inghilterra,dice che "se c’e stato unoche ha avuto il dono dellelingue, questi è stato Dou-glas Gregor.Un classicista per educazionee professione, egli parlavafluentemente più di ventilingue e ne leggeva moltealtre... Dedicò gran partedella sua vita allo studio del-le lingue minoritarie e deidialetti dell'Italia settentrio-nale ed era consideratol'ul-

timo in grado di parlare tutti e sei i linguaggi celtici". Po-liglotta e con qualifiche ac-cademiche in lingue moder-ne, fu su diversi fronti euro-pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunseil grado di capitano. Tra lesue varie destinazioni ci fuanche l'Italia ed è qui cheebbe l'occasione di incontra-re, a Ravenna, la sua futuramoglie Graziella e, tramitelei, quella che diventerà lasua città preferita e la sualingua, il Romagnolo.Ebbe un'abbondante produ-zione letteraria su numeroselingue classiche e modernesi dedicò, fra l'altro, allo stu-dio ed alla diffusione dell'e-speranto durante gli anni diinsegnamento in numeroseuniversità del Regno Unito.

Ma fu nel periodo successivoal pensionamento, avvenutonel 1969, che produsse i suoi lavori più importanti. Pub-blicò, tra l'alto, i volumiRomagnol: Language and litte-rature (1972), Friulan: Lan-guage and literature (1975),Mad Nap: Pu1on Matt(1976), Celtic: A comparativestudi (1980), Romontsch:Language and literature(1982).Limitandosi all'esame delleopere relative alla linguaromagnola, è giusto chiedersise i libri di Gregor abbianocontribuito alla cultura ro-magnola. La risposta nonpuò che essere affermativa,innanzitutto perché ogni se-rio impegno nello studio diuna lingua contribuisce al-l'approfondimento della suaconoscenza, sia da parte dichi già la utilizza, ma soprat-tutto da parte di chi non laconosce. Con Romagnol Lan-guage and literature Gregoraffronta per la prima volta,anche se in forma notevol-mente sintetica ma sufficien-temente completa, il pro-blema della grammatica ro-[segue a pagina 2]

Douglas Bartlett Gregor1909-1995

di Ferdinando Pelliciardi

Sped in A.P.Art.2 comma 20c

Legge 662796DC/DCI 401548

2001 / RA

Page 2: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

la Ludla\ numero 17\ Novembre 1999\ pagina 2

[Continua dalla prima]magnola (fonologia, morfolo-gia, sintassi). Prima di lui soloFriedrich Schürr aveva affron-tato l'argomento, peraltro li-mitandosi a studiare la fonolo-gia del romagnolo come lingua documentata dai testi antichie come lingua viva dei suoicontemporanei.Leggendo il libro si nota chel'intento dell'autore non è so-lo quello di "analizzare" il ro-magnolo, ma è prevalente-mente quello di "documenta-re" la lingua dell'antologia che segue i capitoli grammaticali.Gregor si presenta certo comeun esperto delle lingue roman-ze - e lo fa da maestro, come lo era in effetti anche nella vitaprofessionale - ma più di tuttoegli si dimostra un appassiona-to fan dei poeti romagnoli chepresenta nel libro. Anche se la scelta degli autori appare unpoco datata (a parte alcunicontemporanei, l'antologiapresenta poeti della prima me-tà del Novecento, quando in-vece nel `72 - anno di pubbli-cazione del libro - stava giàfiorendo dal dopoguerra unanuova generazione) non si puònon notare l'intensa partecipa-zione da parte del Gregor. Laversione inglese, che egli ponea fronte del testo romagnolo,non è il risultato di una sem-plice opera di traduzione, marappresenta un'interpretazionedelle liriche romagnole conuna sensibilità che fa anche dilui un poeta.Con il Mad Nap, invece, Gre-gor affronta un'impresa chemette in evidenza l'inadegua-tezza dei suoi strumenti cono-scitivi, ma anche qui l'appas-sionato cultore del romagnolo,prevalendo sul linguista, tra-

sporta il testo cesenate in en-decasillabi inglesi e lo fa inmaniera impeccabile e poetica.A questa parte egli dedica tut-to il suo impegno.Non riesce invece - e si arren-de spesso, consapevole dei suoi limiti - a penetrare totalmenteil testo dialettale, che trascrive con tutte le manchevolezzedell'edizione ottocentesca delBagli (anzi, la sua edizione èaddirittura peggiore!). Inoltre,mancandogli la competenzalinguistica del dialettofono,nell'affrontare la versione italiana non riesce ad eliminaredel tutto, al pari degli errori di lettura, altre manchevolezzequali imprecisioni, lacune,dubbi interpretativi. Però nonva dimenticata una cosa. Perquanto non perfetta, l'edizione di Gregor ha il merito di avertratto dall'oblio un testo cherimaneva sconosciuto ai più,anche se estremamente impor-tante per la letteratura roma-gnola. Prima di lui lo avevafatto solo il Bagli nel 1886-87!E' lecito chiedersi, a questopunto, quanto la "cultura" ro-magnola abbia recepito i lavori del Gregor, quale diffusioneabbiano avuto i suoi libri tra iromagnoli, se si escludono iquei pochissimi cultori di dia-lettologia.Mi scriveva Gregor il 3 feb-braio 1984 a proposito dellasua edizione del Pulon Matt"Quelle 500 copie sono lungidall'essere smerciate; anzi, al-meno 300 si trovano ancoraqui in soffitta, in attesa, comesembra, del macero. [...] Fra ilibrai solo il Dottor Lapuccidella libreria Modernissima inRavenna si è interessato all'o-pera ed ha ordinato un picco-

lissimo stock, e può darsi, anziè probabile, che se ne troveràancora lì. Io gli sono moltograto di questa pubblicità. Miaspettavo un `eco a Cesena;invece i librai non hanno or-dinato niente".Se le cose non sono cambiatein seguito, si può supporre chei libri di Gregor non abbianoavuto nè la pubblicità, nè l'e-sito commerciale che merita-vano. Ma ciò non fa diminuireil loro valore.Gregor se n'è andato in silen-zio come era vissuto. Sulla suapietra tombale spiccano giu-stamente le parole di Orazio:Non omnis moriar, multaquepan mei vitabit Libitnìam... An-che la Romagna ha il doveredi dargliene atto.

F. Pelliciardi

Ferdinando Pellicciardi,un romagnolo che vive e lavo-ra a Roma, apre con questoarticolo la sua collaborazione a La Ludla, è noto da tempoai romagnolisti per numerosistudi pubblicati su La Piè ealtre riviste romagnole dal `79 ad oggi; per la sua Grammaticadel dialetto romagnolo - La len-gva dia mi tëra, Ravenna, Lon-go, 1979; La riditê (versi inromagnolo) autoedizione f.c. esoprattutto per i suoi studi sulPvlon Matt, culminati nell'e-dizione critica dell'opera:PVLON MATT, Poema delXVII secolo in dialetto Romagno-lo, Lugo, Walberti Editore,1997. Al recente convegnoannuale di Studi Romagnoli in Cesena ha svolto, con un'ap-prezzata relazione, il tema To-ponimi cesenati del XVI secolonel PVLON MATT.

Page 3: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

la Ludla\ numero 17\ Novembre 1999\ pagina 3

Riteniamo di fare cosa utile e gradita al lettore accom-pagnado all'articolo del Pellicciardi su D. B. Gregor lapubblicazione di una delle poesie in dialetto romagnolotradotte in inglese dall'Autore (in tutto 94) nel libro Ro-magnol language and lirerarure che, con alcune prose, for-mano la parte antologica. Sembra altresì opportuno, adammenda del troppo lungo silenzio, riportare la tradu-zione del commento per l'edizione Oleander Press, 1972:«Questo libro mira a porre giustamente il Romagnolonella mappa letteraria dell'Europa ed in ciò andando asuggerire che le origini "segrete" del dialetto racchiudo-no tesori che meritano di essere più largamente cono-sciuti. Ognuno sa chi è Mistral: ma chi fuori dalla Ro-magna conosce il nome di Spallicci? Eppure la sua poe-sia e il suo insegnamento gli danno il diritto di essereconsiderato il Mistral della Romagna. Egli e poeti simili,come Vincenzo Strocchi, Enzo Guerra e Cino Pedrelli,hanno fatto del romagnolo un dialetto che il lettore dipoesie apprezzerà vivamente. Dopo tutto il romagnolo fu anche la lingua materna di Pascoli.Non solo i poeti troveranno, comunque, il libro Romagnol interessante. Il linguista troverà unaGrammatica e il filologista una Etimologia. C'è qualcosa per il ricercatore di folklore; una mappa mette il turista in grado di trovare i luoghi che hanno destato la sua curiosità. C'è la caratterizzazione di unaregione. Il lettore non si muoverà più dai quartieri orientali di Bologna (verso la Romagna) senza lasensazione di attraversare una frontiera.»E' questa l'occasione, anche, per un particolare ringraziamento alla Prof.ssa Cesarina Gelosi cognata del Gregor, per averci recato in dono il Volume, troppo poco diffuso in Romagna, quando invece potrebbe utilmente trovar posto anche nelle scuole.

Francesca Missiroli

Pgnéda a t’ voi ben!di Aldo Spallicci

Pgnéda a t’voi ben! Quant’eral ch’a n’s’avdema?L’è iquè e’ tu bon amigh, l’è iquè che passaAdêsi la su man sora la zemaDi pinarèn ch’j è zuvan e i s’abassa,

Che dis “bondè”! a i tu bei vecc ch’i n’trema,ch’u s’afèrma igni tant a testa bassadri a la busa d’un vëcc ch’u j era prema,che bev e’ tu rispìr ch’u i pìis ’na massa.

Pgneda, l’amigh e’ torrna da e’ su viazTra e’ tu zanevar ruvd in dó ch’l’à coltaLa prema viola; int e’ piò fult de’ staz

In dó ch’là sintì Dio la prema voltaE u t’ dis coma che dscor cun la murosaA t’voi tant ben! E u i trema un pö la vosa.

I love you, pinewood

I love you, pinewood. All too long unseen!He’s back, your friend, and with his handhe gently strokes the topmost foliage greenof these young pines that bowing to him stand.

He greets your gaffers in their trembling sheenor pensive stops awhile beside the sandwhich empty speaks of one that once has beenwhile with your perfum’d air his lungs expand.

Pinewood, his journey done, your friend returnsthrough that rough tangled growth which once he trodto gather his first violet; through the ferns

where first his spirit heard the name of Good;and says, as to the maiden of his choice,“I love You”- with a tremor in his voice.

Page 4: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

la Ludla\ numero 17\ Novembre 1999\ pagina 4

Il Cardinal «Bafondi" fu lì lì

per essere eletto pa- pa, così racconta Ermanno Pasini

(Bariòs). Un papa con casain Via Gagni a San Zaccaria.. .1?

Ma è solo un sogno retrospettivo!»

Da "Case

e famigliedi

San Zacca-ria"

Cenni di storia lo- cale, a cura del «Gruppo parroc-

chiale di ricerca".

Nella foto a pagina5, il cardinale Giu-

seppe Bofondi.

Sono innamorato, dagli anni giovani-li, degli studi storici (historia rerum ge-starum) e sono abituato a fare distin-zione fra "storiografia" e "storia ro-manzata o racconto storico Ancheuna battuta al telefono riferita ad e-venti storici (res gestae) va documen-tata. "Senza documentazione, non èpossibile parlare di storiografia" erasolito ripetere il Chiarissimo Prof. Fa-bio Cusin, dell'Università di Urbino.Veniamo allora alle fonti che legitti-mano la mia affermazione. Per unalettura storiografica del "sogno retro-spettivo" di un erbosano, è forse op-portuno delineare il quadro storico diriferimento degli eventi. E' l'anno1862. Dopo Aspromonte.il MinisteroRattazzi cade. Il re, chiamato il conte Giuseppe Pasolini, lo incarica di for-mare un nuovo ministero amministra-tivo. Il Pasolini consiglia, invece, ecompone un ministero parlamentare,"tale cioè da avere amico il parlamen-to e il paese, capace in un momentocosì grave di dare cemento all'unità e di affrettare il completo riscatto del-l'Italia, liberando Venezia ed appa-recchiando una pacifica soluzione dellecose di Roma" (GIUSEPPE PASOLI-NI, Memorie raccolte da suo figlio Pie-tro, Fratelli Bocca, Torino, 1887, pag. 321) Luigi Carlo Farmi, un altro ro-magnolo, fu il nuovo presidente delConsiglio. Proposto alle finanzeMarco Minghetti, parve al Pasolini"non dover negare al paese l'avanzo

delle sue forze" ed accettò l'incaricodi ministro degli Affari Esteri. Lineaguida del ministro Pasolini fu quelladi sforzarsi, nonostante le opposizio-ni, di "condurre a compimento i no-stri destini d'accordo con la Fran-cia". "In sul finire del 1862 la som-ma delle cose d'Europa poteva dirsinelle mani dell'imperatore di Fran-cia" (pag. 336) Conoscere la politicadell'imperatore era dunque di prima-ria importanza. "La questione di Ro-ma era stata per il momento sopitacon grande soddisfazione dell'impe-ratore; e pareva a mio padre che, acose quiete, egli avrebbe potutocomporla; o almeno prepararne lafine assai più facilmente che in mez-zo ai clamori", come proponevansiGaribaldi e il Partito d'Azione."Nel gennaio 1863 gli amici d'Italiadivenivano in Francia ognora piùtiepidi e più rari" creando difficoltàall'imperatore desideroso di risolverela questione di Roma, ma senza ab-bandonare il Papa, ritirando il presi-dio francese. Ai primi di marzo del1863, partì per Parigi il conte Areseche "la fanciullezza, l'adolescenzasua aveva lungamente divise con ilprincipe Luigi Bonaparte". 1117marzo Napoleone III comunicava alconte Arese: «. ..Tenetevi quieti,addormentate il Papa... ed io nondomando di meglio che di ritirare lemie truppe, e poi fate quello che vo-lete.

Il Cardinale Giuseppe Bofondi1795 - 1867

di Ermanno Pasini

Page 5: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

la Ludla\ numero 17\ Novembre 1999\ pagina 5

Egli è necessario che riuniamo i nostri sforziper la elezione del nuovo pontefice. E qual è il vostia candidato?»L'imperatore ripeté più volte la domanda e ilconte Arese rispose vagamente che avevasentito discorrere assai favorevolmente deicardinali Boffondi e d'Andrea.E scrisse subito al Pasolini, che per telegrafo gli fece noto che il cardinai Boffondi venivaindicato come successore desiderabile di PioIX.In base alle informazioni trasmesse al Pasolinidall'Arese, l'Imperatore aveva scritto o fattoscrivere a Roma per avere notizie sulla salutedel Papa, chiesto notizie sul cardinale daappoggiare e quali da escludere, insistendosulla necessità che il futuro papa fosse italianoe liberale per quanto la natura cardinalizia lopermetteva."Gli uomini politici (italiani), vedendo cosaprobabile che la morte del pontefice giàvecchio fosse vicina (Giovanni Maria MastaiPerretti era nato nel 1792) andavano pensando come apparecchiarsi a quel fatto che potevaessere improvviso"(pag. 353).E se nulla fosse stato innovata, il governoitaliano si sarebbe trovato di fronte a disordinie a pericoli gravissimi, come paventava lostesso Napoleone III. "Ma a Pio IX laProvvidenza riserbava ancora quindici anni di

vita", fino al 1878.Il Cardinale Giuseppe Bofondi, nato a Forlìnel 1795, romagnolo di tendenze liberali, erastato Segretario di Stato e Presidente delConsiglio dei Ministri di Pio IX nel 1847-48,chiamato da Ravenna a reggere il primoMinistero dello Stato Pontificio con unacomponente laica (Giuseppe Pasolini Ministrodel Commercio, Belle Arti e Agricoltura)Proprietari della villa e della tenuta dell'Erbosa (parte nella pieve di San Zaccaria, parte inquella di Pievequinta) erano i conti Bofondi di Forlì.Il Cardinale Bofondi si spense a Roma nel1867 e la "questione romana" non poté essererisolta col consenso del Papa.

*Aggiungiamo una breve nota per il Gruppo diRicerca parrocchiale e per i lettori de LaLudla, relativa al nome del casato nobiliare e del cardinale, cui è dedicata una strada nellatoponomastica del comune di Forlì. Il Pasolini scrive Boffondi e Bofondi; i ricercatori di SanZaccaria Bafondi, ulteriore romagnolizzazionedel nome, dopo lo scempiamento della doppia(il romagnolo non fa uso di doppie). Laseconda o tonica, elimina nella coscienzafonologica dei parlanti il neolatino diRomagna (naturale continuazione del latinovolgare a sostrato celtico) la prima "o atona,sostituendo la con una a Le regolemorfologiche e fonologiche delle parlateromagnole, che associano o sostituiscono alvariare delle desinenze la ``flessione internaper la determinazione del numero e del genere, per i tempi e le persone dei verbi, furonoparticolarmente rigorose, pur non essendoscritte, quando il dialetto non subiva ancorainflessioni italiane. Tudesch pronunciavano iromagnoli di un tempo, non wdesch; Bafondi e non Bofondi e tanto meno Boffondi.Le "e" e le "o", sempre toniche e significanti,non venivano ripetute nella stessa parola. Ed ora un detto abbastanza diffuso nelle VilleUnite per la curiosità del lettore: "A-n so miga Bafondi!"E a meglio esprimere il carattere delromagnolo:

"U-s créd d'ësar Bafondi!"

Page 6: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

Giuliano Giuliani

Come fossero i primitivi edifici di culto cri-stiano nella campagna ravennate non possia-mo dirlo, ma dall'esame delle più antichepievi che sono giunte fino a noi si puòarguire che si trattasse di semplici costruzioni costituite da un'aula in cui si radunaval'ecclesia, vale a dire l'assemblea dei fedeli.Ancora si può presumere che, in quanto astruttura, attingessero alla basilica romana, eche, in più, si caratterizzassero per un nuovosenso della realtà che fu proprio della culturaoccidentale, dimensionandosi questi sacriluo-ghi piuttosto alla persona umana che al "canone" dell'architettura classica.

Per ciò che concerne i materiali, la prevalenza andò certo al mattone (lasciato in vista) al granisello, alla calce, conlargo impiego di materiali di recupero, attinti magari dadistrutti edifici di culti precedenti.E se al decoro qualche volta si ricorreva, c'è da pensareche i costruttori rifuggissero intenzionalmente dalla ricer-ca del bello, sentito come edonismo e tentazione del de-monio. Se qualche concessione ci fu (come gli archettipensili che spesso ricorrono), non possiamo pensare che amotivi assai semplici, attinti dall'architettura romana piùordinaria, così come le parlate di stampo volgare che nelcontempo andavano caratterizzandosi, attingevano i mate-riali linguistici dal parlare corrente del popolo (vulgaris etrusticus sermo), non già al latino aureo della classicità.La pieve che ricorda, nella forma, l'elementarità delleprecedenti strutture di culto cristiano è forse quella diCampiano che, nonostante i successivi, ripetuti e ben vi-sibili ampliamenti, nonostante i nuovi elementi che ve-nivano introdotti con il tempo (l'abside e l'arco trionfale,per dar risalto al presbiterio, campanile eccetera), eviden-zia ancora la semplicità dell'aula primitiva in cui si racco-glieva tutta l'ecclesia a spezzare in comunione il pane eu-caristico. Anche la cripta, sorta forse come luogo di cultoseparato per i chierici, fa riferimento ad una situazione incui la chiesa si configura, ormai, anche come strutturapolitico amministrativa, titolare di specifiche giurisdizionie non più come luogo di esclusivo culto religioso. Anzi, la cripta innalza il presbiterio, conferendo all'offi-ciante ed ai suoi chierici una dignità che non solo fisica-

Page 7: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

mente li separa dall'assemblea. E dove la criptanon esiste, si affiderà questa funzione alla balau-stra.

Col secolarizzarsi. del clero, la magnificenza vienead assumere nuove funzioni: certo anche quella diglorificare la divinità attraverso il luogo in cui la si celebra, ma anche quella di conferire prestigio achi officia in suo nome, e svolge altri uffici a nome del potere temporale. Nel corso del Seicento la re-ligione, nel suo trionfo, assume forme più spet-tacolari, mediante scenografie che mostrano lapiena consapevolezza dei problemi della comu-nicazione. Certo che fin dalle origini l'architetturasi è assunta il compito di comunicare attraverso sestessa, dando la parola alla pietra - il più sordo deimateriali! - ma ora, di questa funzione se ne hapiena coscienza, ed anche i mezzi tecnici e cultura-

li per trovare le soluzioni.La severa semplicità dell'impianto delle vecchie pievi - che pure si erano attrezzate, attraverso isecoli, per svolgere le nuove funzioni - appare insufficiente e inadeguata. Bisogna conferire a queste chiese una nuova veste!Gli esempi sono molteplici e generalizzati. Il più esemplaree conservato è quello di Pievequinta, dove, in fondo,convivono, senza insormontabili disarmonie, l'austeritàmedioevale e la mondanità barocca. A San Zaccaria,invece, il nuovo spirito si sostituisce totalmente all'antico,dando vita ad una nuova chiesa barocca che della primapieve conserva solo il campanile.Nel Novecento, nuove esigenze di rigore filologico efors'anche di spiritualità riconciliano il gusto con l'anticasemplicità che caratterizzò le vecchie pievi. Così laparrocchiale di San Pietro in Trento viene svestita di tuttigli orpelli barocchi, alla ricerca della spiritualità delleorigini. A Pisignano, infine, in forza delle ristrutturazioninovecentesche, la pieve acquista un aspetto che la rendeverosimilmente antica, nonostante i rifacimenti radicaliche ha subito.

I disegni dell'Autore illustrano rispettivamente la parrocchiale di Ducenta, a pag.6, in alto presso il titolo; la chiesetta della Sisa e, in basso, l'antica pieve diCampiano.In questa pagina, un'ipotesi ricostruttivadella pieve di San Pietro in Trento nellasua veste barocca; la parrocchiale di SanZaccaria e, in basso, la pieve diPisignano.

Page 8: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

la Ludla\ numero 17\ Novembre 1999\ pagina 8

Per trovare un riferimento cittadi- no per la parlata del Decimano- Ville Unite, non si cerchi tanto a Ravenna (da cui la zona ora am- ministrativamente dipende), né a

Forti o a Cesena, ma a Forlimpo- poli.

Qui, all'incrocio fra la Via Emiliae le strade che scendono dalle valli appenniniche, troviamo la parlata più prossima, a testimonianza di legami economici e culturali che durano da tempi immemorabili. L'articolo di Tobia Aldini viene

opportunamente a delineare le arte- rie naturali - corsi d'acqua e,

lungh'essi, sentieri e tratturi - at- traverso le quali si stabilirono e si protrassero le relazioni umane, e lungo le quali la storia intessè le

sue trame.Tobia Aldini, insegnante elemen-

tare a riposo, ha dedicato, a latere delle attività didattiche, tutto

l'entusiasmo alla ricerca e allo stu- dio dell'archeologia del territorio

forlimpopolese. La ricca raccolta di materiale archeologico ha trovato

sistemazione, col suo coordinamen- to e ad opera di volontari, nel lo-cale museo ora sistemato nella roc-ca dell'Albornoz. La ricerca di ma-teriali e lo studio serio di un gruppo

di collaboratori, coordinati dalProf. Susini dell'università di Bolo- gna, trovano ogni anno spazio in

un volume curato dallo stesso Al- dini, pure autore del volume

“Il museo archeologico civico di

Forlimpopoli" a cura del comu- ne di Forlimpopoli (1990): una

guida incomparabile per il museo eil territorio. Numerosi saggi del no-stro autore sono apparsi sui volumi forlimpopolesi e in quelli della So-

cietà di Studi Romagnoli.

Nella protostoria e forse an-che durante le ultime fasidella preistoria la viabilitàdel territorio compreso fra ilRonco e il Savio era già tac-ciata nelle sue linee es-senziali. Non c'erano natu-ralmente a quei tempi stradevere e proprie, come quelleche conosciamo noi, masentieri, piste che correvanoin mezzo a boscaglie e a ra-dure, lungo percorsi mala-gevoli, specie durante i pe-riodi più piovosi.Delle varie strade primordia-li della regione, la più battu-ta era quella che attraversa-va la fascia pedecollinare,seguendo un tacciato che, inetà romana, verrà rettificatoe trasformato in Via Emilia.Nel territorio cispadano, ol-te a questo importantissimoantico itinerario, c erano poi, fin dalla preistoria, altri sen-tieri i quali, con andamentotrasversale alla strada pede-montana, mettevano in co-municazione le zone di pia-nura con quelle appennini-che. Erano piste, queste, chedi solito costeggiavano i corsi d'acqua e nelle zone più de-presse avevano andamentitortuosi per evitare le areepaludose, le valli nelle qualiin antico si perdevano fiumie torrenti prima di arrivare al

mare. Nell'area posta sulladesta del Ronco esistevano,fin da epoca immemorabile,due di questi sentieri secon-dari: quello dell'Ausa e quel-lo del Bevano, i quali assicu-ravano alle greggi transu-manti i collegamenti fra ilpiano e i monti.Notizie interessanti sull'altaantichità di queste piste esulla loro funzione di colle-gamento fra le genti pre eprotostoriche che vivevanolungo i loro itinerari si rica-vano dall'esame sia dei no-mi dei corsi d'acqua, sia diquelli delle strade stesse chevi correvano accanto. L'i-dronimo Bevano, di sicuraorigine preromana, mostraaffinità con il nome dellacittà umbra Mevaniola (l'o-dierna Galeata) e testimoniacontati ancestrali fra le gen-ti del bacino imbrifero diquesto torrente con quelledelle città del Bidente e for-se anche con l'antica Meva-`da, (oggi Bevagna, in pro-vincia di Perugia).La strada che nell'antichitàcosteggiava il torrente Be-vano doveva essere quindimolto battuta, soprattutto altempo della presenza umbranella nostra zona, ma anchein precedenza, perché que-sto itinerario portava alla

Le vie antichissimedell'Ausa e del Bevano

di Tobia Aldini

Page 9: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

la Ludla\ numero 17\ Novembre 1999\ pagina 9

fonte terapeutica della Pani-ghina, frequentata fin dalNeolitico, ed anche perchéera un itinerario per gli spo-stamenti della transumanza.Il tratto di questa strada che,rettificato in età romana,verrà chiamato Erbosa, sem-bra abbia mantenuto, nelnome, il ricordo di una viad'erba, cioè di un primordialetratturo. Funzioni analoghe doveva svolgere la via del-l'Ausa, corso d'acqua che,nell'antichità arrivava al ma-re con un letto parallelo aquello del Bevano. Anchel.'idronimo Ausa (Aprusa altempo dei romani) ha originiantichissime. Il nome presen-ta infatti influssi umbroetru-schi, influssi che sono riscon-trabili anche nel nome Pa-sna, strada che seguiva il tor-

rente nella zona di pianura,nel suo cammino verso valle,fino a congiungersi con laromana Via Petrosa, ulteriore tatto della strada primitivadell'Ausa in direzione delRavennate. Tutto il percorsodella via che costeggiava iltorrente Ausa fu certamentebattuto dai pastori transu-manti fin dalla protostoria,durante i loro spostamentiperiodici alla ricerca di pa-scoli rigogliosi. Le antiche strade dell'Ausae del Bevano esistono tuttora con un assetto viario dovutoin gran parte agli interventidei Romani. La direttrice del-la Via Erbosa e quella quasiparallela della Pasna - Petrosa hanno assicurato egregiamen-te in epoca storica facili col-legamenti fra Ravenna e ilterritorio di Forum Popili, cit-tà quest'ultima sorta nel Ilsecolo a. C. sulla Via Emilia.Motto frequentata in età me-dioevale fu la Via Pasna - Pe-trosa per gli spostamenti frale zone del Ravennate e ilcentro di Forlimpopolì, dalquale si poteva agevolmenteproseguire verso la strada delBidente (l'antico itinerario

battuto dai Longobardi), cheportava allo spartiacque ap-penninico e, di là da quello,alle regioni dell'I-talia Cen-trale. Molti popoli sono pas-sati lungo questi vecchi per-corsi (non solo i Longobardi,il cui nome è associato alladenominazione medievaledella Petrosa) e questo conti-nuo andirivieni ha favorito -oltre gli scambi di merci -confronti fra usanze e costu-mi di culture diverse, le qua-li, lungo tali percorsi, sonovenute a contatto fra di loro.Pure oggigiorno si riscontra-no caratteri affini fra gli abi-tanti che vivono nei luoghiattraversati da questi itinerari antichi, specie nei tratti della pia-nura. La lingua parlata -so-prattutto quella dialettale -ha conservato infatti in que-sta zona della nostra riccacampagna cadenze e vocabolicomuni, che sono un po' di-versi da quelli delle aree vi-cine poste ad occidente delRonco o nei territori situati a ridosso del Savio, ove altriitinerari antichi hanno favo-rito l'amalgama dì peculiarità etniche non perfettamentesimili a quelle delle genti che hanno abitato lungo le strade millenarie del Savio e delBevano.

Tobia AldiniDue delle numerose carte che corredano l'opera dell'Aldini "Il Museo Archeologico Civi- co di Forlimpopoli". Nella prima, in alto, si ipotiz- za l'assetto idrologico e vìario in età protostorica; la seconda si riferisce all'età romana (II secolo a.C.)

Page 10: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

la Ludla \ numero 17 \ novembre1999 \ pagina 10

La famiglia dellaSchürr cresce di

giorno in giorno, così pure la schiera dei col-

laboratori. Questo numero è stato com-

posto quasi per intero con articoli di nuovi

amici, e se questo non è un buon segno…

Matteo Unich sipresenta da solo, né

occorrerà insistere sul gran valore della sua collaborazione: baste-

rà leggere l’articolo per scoprirlo. Qui gio-verà piuttosto antici-pare che il Maestro Unich e la Corale

Pratella-Martuzzi di Raven-

na stanno allestendocon la regia di Paolo

Parmiani, “La festa ins l’èra”:

un importante spetta-colo che andrà in sce-

na il 26 dicembre all’Alighieri. Si tratta

di un’operina in un atto, in romagnolo,

composta da GuidoBianchi nel 19939, in adesione alle idee di Pratella sul teatro po-polare del tempo. Ma di questo torneremo a parlare diffusamente

nel prossimo numero.

Quando si inizia una collaborazioneè buona norma presentarsi: il mionome è Matteo Unich e da diecianni sono il direttore dei CanteriniRomagnoli del Gruppo Corale Pratel-la-Martuzzi di Ravenna.Quest’esperienza alla guida di unacorale di così alto prestigio, mi haspinti ad interessarmi sia del nostrodialetto, sia delle tecniche inerentialle forme ed mallo sviluppo dellecantò romagnole in quanto patri-monio specifico della nostra terra.Il canto corale popolare è, infatti,molto trascurato a livello “accade-mico”: credo sia esperienza comune,per chi svolge attività di canteriniromagnoli, rendersi conto di unacerta sufficienza da parte di musici-sti sedicenti “colti”, secondo i qualiil canto folkloristico sarebbe un ge-nere di serie B.La mia esperienza dice, al contrario,che la polifonia popolare romagnolaè un genere complesso dai punti divista musicale, corale e stilistico:musicale perché le armonie richieste dai più smaliziati autori, sono al-quanto difficili per i nostri canteri-ni, digiuni come sono di nozionimusicali; colare perché talvolta lecante richiedono atletismi vocali dilivello vicino al professionismo (ed inostri coristi di professione fannotutt’altro); stilistico , e qui voglioricordare l'aneddoto riportato daldott. Bruno Carioli nel sui libroCante e canterini di Romagna. Pratel-la fece ascoltare allo stesso dott. Ca-rioli un disco della canta Al fugaren,eseguita in modo talmente dissimileda quello abituale da renderla irri-

conoscibile: e si trattava del coro delTeatro Alla Scala!In particolare credo opportuno -daparte di tutto il movimento culturaleromagnolo- un maggior coinvolgi-mento nel sostenere e riportare inluce il nostro repertorio di cante co-rali: un tesoro nel quale possiamotrovare numerosi riferimenti al mon-do popolare ed alle tradizioni dellanostra terra. Basterebbe ricordarecante coma La Majè o A treb, braniche prendono spunto dalle usanze più radicate nelle nostre campa-gne,oppure Ca d’campagna dei fratel-li Ricci di Massa Lombarda, o la rac-colta dei Mesi di Guido Bianchi, cheevidenziano le caratteristiche salientidel panorama romagnolo e del carat-tere dei suoi abitanti.Chiudo questo mio intervento conuna promessa ed una provocazione: la promessa è di farmi vivo spesso suquesto foglio per approfondire insie-me a voi le forme della coralità ro-magnola; la provocazione è questa:da qualche tempo si sussurra cheMartuzzi avrebbe preso spunto peruna sua canta, da un coro di un’operapoco conosciuta di Donizzetti dal ti-tolo Gli esiliati in Siberia. Questo coroera diventato una specie di inno ri-sorgimentale il quel di Modena, tan-to da essere trasformato in Inno dellaGhirlandina, e come tale inciso su di-sco da Luciano Pavarotti. La canta in oggetto sarebbe –udite, udite- LaGramadora. Chi fosse a conoscenza di nuovi particolari su questa vicenda, si faccia vivo con la redazione de la Lu-dla che provvederà ad informarmi. Apresto!

Due parole canterine

Di Matteo Unich

Page 11: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

la Ludla\ numero 17\ Novembre 1999\ pagina 11

L’amico Davide Sivero di Genova, che sempre più ci sorprende per le sue competenze di romagnolo – lingua da lui appresa con lo studio e non dalla viva voce di parlanti – rivolge al La Ludla, un appello ai lettori:“Ció, Vujétar dla Ludla!A so un söci dl’Istitut Schürr e aV scriv sta letra parchè a jareb da dmandêV ’d publichêr un apël.‹Cvi ch’jè interesé a un’asuciazion apulètica unitêria par la tutéla de’ rumagnôl, emigliân, lunbêrd, lègur, vènet, piemuntéš, istriân, friulân e laden, cunsideré da divirs lingvèstar còma variânti luchêli d’un ònica lèngua, ch’u s’i diš “padanéš” (se e’ friulân e e’ laden i j è inclus) o “Padân” (escluš friulân e laden) cun tìrmin che acvè i n’à uncion sens pulètich, mo avérta nenca a cvi ch’i li cunsìdera còma lèngv distenti, ma stretament impaarentêdi, ch’i scriva a Dàvide Sivero, Viale Dellepiane 4/2, 16163 Zena (GE); e-mail [email protected]ènd ch’a putiva ajutêm, aV ringrêzi ’d tot côr in antèzip, Dàvide Sivero.›

Libera Budini è una romagnola della “diaspora” che ci scrive da Brescia:

Da Luntân

Da là indò ch’a so nêda u m’è arivê una luda cun un udòr d’Rumâgna… e e’ mi côr u s’è mes a vulê e u m’è avnù al gozl’a j oc.

Adës a tegn da stê e’ pustir ch’u-m in purta dagl’êti,

acsè, tra una ludla e clêta agl’u-m pê d’ësar piò dri a i mi.

A so una burdëla d’una vôlta, nêda a Sažacarì int e’ Bórgh dla Móra ad Gustinël; a so la šgonda ad sët fjul; si femni e un mas-c; l’utma a la cnunsì: par me la vêl tânt ôr cvânt ch’la péša !A-v salut,

Libera

LAPÖSTA

Page 12: Sped in A.P. Art.2 comma 20c Dante, Par. I, 34 Legge ... · pei durante la seconda guer-ra mondiale dove raggiunse il grado di capitano. Tra le sue varie destinazioni ci fu anche

la Ludla\ numero 17\ Novembre 1999\ pagina 12

A Ravèna j è armast famuš dubibliotechéri: l’on, cnunsù in tot e’ mònd còma dantesta e, inzitê par la su gentileza e sensibi-litê, l’éra e’ bibliotechêri dlaClassense, clêtar parchè u-s fa-šéva ciamê bibliotechêri, mo l’é-ra un falignam. J avéva un sólquël in comon: quând ch’ilavuréva, tot du j avéva adösuna spurbjina ad téla zala còma quela, alóra, di fachen. (…)E’ falignâm l’éra e’ bibliotechêri de’ cont Carlino della Torrech’e’ vivéva in una bëla vela int e’mëž d’un gran bösch. E’ contl’avéva una favulósa biblioteca,ereditêda da i su vec, pina adlìvar rér e stupènd, arlighé inpël rosa ed ôr, nenca ad incu-nàbul preziós. E’ cont, còma e’su falignâm, u-n capéva gnit ad lìvar, mo u s’intindéva, pröpida rafinê, ad magnê e bé(…)… e’ cont Carlino l’éra masagras; in piò l’éra un tracagnötche tot e’ gras u s’j éra cuncen-trê int la copa e int la pânza.Dri la copa l’avéva du rötul adchêrna, gros còma du cutghen

che i l’ublighéva a tné la tësta(plëda) sèmpar pighéda in avân-ti. La pânza, pu, l’éra icsè in-gunbrânta e spurgenta, che l’é-ra custret a caminê cun al spala l’indrì par blanzê e’ péš.I su splèndid lìvar j éra tot ama-sé int una camarona dagli im-pöst sèmpar srêdi, pin ad pòlvar e par la giöja ad sorgh ad toti al grandez. E’ fo par un chêš cheun dè e’ cont u-s fašè arvì lapôrta dla bibliotéca e l’armastèmeravjê da la confu-šion e da e’ dišórdan.(…)Che dè e’ cont e’ ciamè e’ fa-lignâm e u i dašè l’incàrich nösól ad fê dal librarì, mo nencaad sistemê lìvar e incunàbul.A e’ falignâm u n’i parè la vé-ra: l’éra una valorižazion nö sól profesiunéla, mo nenca inteletu-êla. E u-s mitè sòbit a e’ lavór,döp avé cupjê e’ mudël da unarivesta. I lìvar j éra una masa e al scanzì agli ocupè toti al mu-raj. Mo e’ falignâm-bibliotechêriu n’avéva pinsê che i lìvar in’éra tot dla stesa alteza e lol’avéva fat i pianél tot pracis e

tot fisé. Döp che al scansì al foa e’ su pöst, che tot e’ fo lustrê, e’ falignâm e’ ciamè e’ cont che u-s mustrè tot cuntent. ‹Adësche t’è fat al librarì, t’é da mè-tar a pöst i lìvar. Zérca che i sia in órdan par argument”. Dache moment e’ falignâm e’dvintè bibliotechêri. Sorpresa!J incunëbul e i vulom piò bel eantigh i n’intréva brišol int ipiân!S-ciudê e svidê tot i pien e’vléva di sfêr “un lavór ch’l’éradurê di miš ad fadiga”. Alóra e’ falignâm- bibliotechêri, turnendpar l’ucasion sól falignâm, e’ciapè la decišion che la i parèpiò naturêla: e’ tajè la pêrta adsóra ad tot i vulom che i n’istašéva brišol int i pien, in môdche i lìvar j aves tot la stesaalteza; e cun i pez armast e’fasè un gran falò. Quând e’cont l’avdè e’ lavór, e’ fo totsudisfat. Da alóra e’ falignâm-bibliotechêri e’ cuntinvè int alsu mansion, curend che i lìvar i fos sèmpar spurbjé e lòstar. E’pasè dj an. Un dè e’ bibliote-chêri dla Classense e’ vuš višitêla “Biblioteca Della Torre”. E’cont, tot fjér, u l’acumpagnèfašend j elögi de’ bibliotechêricl’avéva tanta cura dla biblioté-ca “di famiglia”. Quând ch’e’dašè fura da la vela de’ contDella Torre, e’ bibliochêri l’a-véva al lègrom a j oc e e’ barbet ch’e’ vibréva da l’indignazion.

Du bibliotechériRiduzione di un raconto di

Massimo Stanghellini Perilliche anticipa, per i lettori de la Ludla, un libro di

ritratti e paesaggi ravennati, di prossima pubblicazione a cura dell’

Istituto Friedrich Schürr.

la Ludla (www.ludla.org) Bollettino dell’Associazione Istituto Friedrich Schürrstampato in proprio e distribuito gratuitamente ai soci.REDAZIONE: Gianfranco Camerani, Giuliano Giuliani, Don Serafino Soprani, Sauro Mambelli,Ermanno Pasini, Cesare Zavalloni.La responsabilità degli scritti e delle affermazioni è lasciata ai singoli collaboratori.INDIRIZZO: Biblioteca “Manara Valgimigli”, via Cella 323 – 48020 SANTO STEFANO (RA)e-mail: [email protected] oppure [email protected]