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1 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy 2010; 2 (13): 286-321 http://www.researchinpsychotherapy.net _____________________________________________________________ P S R Italia RICERCA IN PSICOTERAPIA RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY: PSYCHOPATHOLOGY, PROCESS AND OUTCOME Rivista della Sezione Italiana della Society for Psychotherapy Research Volume 13, Numero 2 - Dicembre 2010 RICERCA IN PSICOTERAPIA

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    Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy 2010; 2 (13): 286-321

    http://www.researchinpsychotherapy.net

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    P S R Italia

    RICERCA IN PSICOTERAPIA

    RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY:

    PSYCHOPATHOLOGY, PROCESS

    AND OUTCOME

    Rivista della Sezione Italiana della Society for Psychotherapy Research

    Volume 13, Numero 2 - Dicembre 2010

    RICERCA IN

    PSICOTERAPIA

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    Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy 2010; 2 (13): 286-321

    http://www.researchinpsychotherapy.net

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    Volume 13 – Numero 2 Dicembre 2010

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    Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy 2010; 2 (13): 286-321

    http://www.researchinpsychotherapy.net

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    RICERCA IN PSICOTERAPIA

    RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY:

    PSYCHOPATHOLOGY,

    PROCESS AND OUTCOME

    ISSN: 1592 – 8543

    EDITORE: SPR ITALIA (P. IVA 06491871007)

    Foro Buonaparte 57, 20121 Milano

    Tel/Fax: 02/36554099

    e-mail: [email protected]

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    RICERCA IN PSICOTERAPIA

    RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY: PSYCHOPATHOLOGY, PROCESS AND OUTCOME

    Rivista semestrale della SPR-Italia Sezione italiana

    della Society for Psychotherapy Research Editors-in-chief Adriana Lis Università degli Studi di Padova Nino Dazzi "Sapienza" Università di Roma Co-editors

    Giancarlo Dimaggio Terzo Centro, Roma Emilio Fava Università degli Studi di Milano Vittorio Lingiardi "Sapienza" Università di Roma Gianluca Lo Coco Università degli Studi di Palermo Giovanni M. Ruggiero Studi Cognitivi, Milano Sergio Salvatore Università del Salento Sandra Sassaroli Studi Cognitivi Past President SPR-Italia Salvatore Freni Università degli Studi di Milano Girolamo Lo Verso Università degli Studi di Palermo Antonio Semerari Terzo Centro, Roma Nino Dazzi "Sapienza" Università di Roma

    Scientific Board Stefano Blasi, Università degli Studi di Urbino Rino Capo, Associazione di Psicologia Cognitiva, Roma Antonino Carcione, Terzo Centro, Roma Giovanni Castellini, Scuola Cognitiva Firenze Livia Colle, Università Politecnico di Torino Antonello Colli, Università degli Studi di Urbino Martina Conte, Università degli Studi di Milano-Bicocca Francesco De Bei, "Sapienza" Università di Roma Alessandra De Coro, "Sapienza" Università di Roma Franco Del Corno, Università della Valle d'Aosta, Associazione per la Ricerca in Psicologia Clinica, Milano Rocco Diego, Università degli Studi di Padova Santo Di Nuovo, Università degli Studi di Catania Francesca Fiore, Studi Cognitivi, Milano Francesco Gazzillo, "Sapienza" Università di Roma Omar Gelo, Università del Salento Adam Horvath, Simon Fraser, University, Vancouver, Canada Marco Innamorati, Università degli Studi di Bari Paul H. Lysaker, Indiana University, Roudebush VA Medical Center, Indianapolis, USA Marzio Maglietta, Scuola Cognitiva Firenze Francesco Mancini, Associazione di Psicologia Cognitiva, Roma Paolo Migone, Università di Parma Giuseppe Nicolò, Terzo Centro, Roma Osmano Oasi, Università Cattolica, Milano Katerine Osatuke, National Center for Organization Development, Cincinnati, USA Piero Porcelli, Università di Bari Claudia Prestano, Università degli Studi di Messina Michele Procacci, Terzo Centro, Roma Giuseppe Romano, Associazione di Psicologia Cognitiva, Roma Silvia Salcuni, Università degli Studi di Padova Diego Sarracino, Università degli Studi di Milano Bicocca Hans Schadee, Università degli Studi di Milano-Bicocca Annamaria Speranza, "Sapienza" Università di Roma Stijn Vanheule, Ghent University, Belgio Marta Vigorelli, Università degli Studi di Milano-Bicocca Riccardo Williams, "Sapienza" Università di Roma Alessandro Zennaro, Università della Valle d'Aosta

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    INDICE

    Editoriale Nino Dazzi

    7

    La ricerca in psicoterapia: il contributo del Gruppo di lavoro della Cattedra di Psicologia Dinamica (base) della Seconda Università di Napoli Giorgio Caviglia, Raffaella Perrella, Walter Sapuppo, Nadia Del Villano

    32

    Memories and Futures. Storia e sviluppi di un gruppo di ricerca italiano: dagli studi di efficacia alle analisi delle resistenze al cambiamento

    Emilio Fava, Pablo Zuglian, Dario Ferrario, Daria Taino, Martina Conte, Francesca Cadeo

    53

    La ricerca in psicoterapia di gruppo: Alcuni risultati e future direzioni di ricerca. Group therapy research: current issues and future directions Salvatore Gullo, Gianluca Lo Coco, Claudia Prestano, Francesca Giannone, Girolamo Lo Verso

    78

    Diagnosi e valutazione della personalità, alleanza terapeutica e scambio clinico nella ricerca in psicoterapia Vittorio Lingiardi, Francesco Gazzillo, Antonello Colli, Francesco De Bei, Annalisa Tanzilli,

    Mariagrazia Di Giuseppe, Nicola Nardelli, Chiara Caristo, Valeria Condino, Daniela Gentile, Nino Dazzi

    97

    La valutazione degli esiti e del processo nelle psicoterapie offerte dai Centri di Salute Mentale e da un Centro di Psicologia clinica universitario Alessandra De Coro, Silvia Andreassi, Rachele Mariani, Elisabetta Iberni, Valeria Crisafulli, Adriana Matarrese

    125

    Problemi metodologici nello studio del processo psicoterapico e nella valutazione dell’attaccamento e del rischio psicopatologico in adolescenza Riccardo Williams, Davide Belluardo, Fiorella Fantini, Valentina Postorino, Francesca Ortu

    147

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    Filoni di ricerca in psicoterapia nella Facoltà di Psicologia dell’Università di Padova Adriana Lis, Marco Sambin, Emilia Ferruzza, Cristina Marogna, Diego Rocco, Silvia Salcuni

    169

    Il ragionamento nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo Francesco Mancini, Amelia Gangemi

    192

    Le disfunzioni metacognitive nei disturbi di personalità: Una review delle ricerche del III Centro di Psicoterapia Cognitiva Raffaele Popolo, Antonio Semerari, Antonino Carcione, Donatella Fiore, Giuseppe Nicolò, Laura Conti, Roberto Pedone, Michele Procacci, Stefania d’Angerio, Giancarlo Dimaggio

    218

    La psicoterapia come scambio comunicativo. Prospettive di ricerca sul processo clinico Sergio Salvatore, Alessandro Gennaro, Andrea Auletta, Rossano Grassi, Stefano Manzo, Mariangela Nitti, Ahmed Al-Radaideh, Marco Tonti, Nicoletta Aloia, Grazio Monteforte, Omar Gelo

    242

    Ricerca multistrumentale in psicoterapia, valutazione in psicosomatica e nei servizi psichiatrici: gruppo di ricerca coordinato da Marta Vigorelli Marta Vigorelli

    287

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    Editoriale

    Nino Dazzi

    L’uscita di quest’ultimo numero di Ricerca in Psicoterapia, a

    quindici anni dalla fondazione della sezione italiana della Society

    for Psychotherapy Research (SPR Italia), è una buona occasione

    per fare il punto della situazione sulla ricerca in psicoterapia nel

    nostro paese, e i lavori presentati in questo numero sono di fatto

    una rassegna degli studi principali dei maggiori filoni di ricerca

    portati avanti in questi anni dai gruppi italiani del settore.

    Questi lavori possono essere raggruppati in tre macrodomini:

    1) ricerche relative alle caratteristiche delle diverse

    psicopatologie, 2) ricerche su processo ed esito delle psicoterapie

    e 3) ricerche sulle terapie condotte nei servizi pubblici.

    Nelle pagine che seguono cercherò di evidenziare i contributi

    più originali prodotti da questi gruppi e le loro principali

    collaborazioni con gruppi di ricerca attivi a livello internazionale.

    Ricerche sulla psicopatologia

    Le sindromi cliniche più indagate dai gruppi di ricerca italiani

    sono il disturbo ossessivo compulsivo, i disturbi del

    comportamento alimentare, i disturbi di personalità e i cosiddetti

    disturbi psicosomatici.

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    Rispetto al disturbo ossessivo compulsivo, i contributi di

    maggiore rilievo sono stati elaborati dal gruppo di Francesco

    Mancini, che si è dedicato, in collaborazione con Paul Johnson

    Laird, all’analisi puntuale del ragionamento ossessivo, detto

    anche semidialettico e prudenziale; la persona ossessiva

    “focalizza l’ipotesi di pericolo, in quanto teme di essere accusata

    di aver determinato il pericolo stesso. Cerca la falsificazione

    dell’ipotesi di pericolo perché vuole difendersi dall’accusa e

    dunque vuole contestarla. Usa standard molto elevati per

    valutare la portata della falsificazione perché ritiene, by default,

    che il giudizio sarà severo, nel senso che terrà conto solo della

    possibilità che lei sia colpevole e non che sia innocente […] per

    difendersi da possibili imputazioni e sottrarsi quindi al rischio di

    essere oggetto di espressioni aggressive e critiche sprezzanti,

    esamina tutte le possibilità di pericolo, e cerca di dimostrarle

    tutte false, con certezza assoluta, cioè al di là di ogni ragionevole

    dubbio […] la nostra ipotesi è dunque che lo stato mentale

    dell’ossessivo sia caratterizzato dal timore di colpa per

    irresponsabilità” (pp. 206-207). Il gruppo di Mancini ha quindi

    distinto un senso di colpa altruistico, che si concentra sui

    possibili danni arrecati agli altri da una propria azione, da un

    senso di colpa ontologico, che deriva dalla trasgressione di una

    norma morale o dell’ordine naturale delle cose e sarebbe tipico

    dei pazienti ossessivi (Mancini & Gangemi, 2004; Gangemi &

    Mancini, 2007; Gangemi, Mancini, & Johnson-Laird, 2010).

    Le caratteristiche della personalità e della cognizione dei

    pazienti con disturbi del comportamento alimentare (DCA) e dei

    pazienti obesi sono state oggetto di ricerca da parte dei gruppi di

    Sandra Sassaroli, Giorgio Caviglia, Emilio Fava e Cinzia

    Masserini, e Vittorio Lingiardi.

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    Il primo gruppo ha messo in evidenza il ruolo di controllo,

    criticismo, perfezionismo patologico e rimuginio nei DCA,

    approfondendo in particolar modo i correlati cerebrali del

    rimuginio e il ruolo patogeno del perfezionismo, ed elaborando

    un protocollo empiricamente validato per il trattamento di questi

    disturbi (Sassaroli, Gallucci, & Ruggiero, 2008; Sassaroli,

    Romero, Ruggiero, & Frost, 2008; Sassaroli, Apparigliato,

    Bertelli, Boccalari, Fiore, Lamela, Scarone, & Ruggiero, 2010).

    Sempre a questo gruppo dobbiamo poi una serie di ricerche sui

    fattori metacognitivi e il pensiero desiderante nelle dipendenze

    patologiche e nei disturbi del controllo degli impulsi (Spada,

    Caselli, & Wells, 2009; Caselli Ferretti, Leoni, Rebecchi, Rovetto,

    & Spada, 2010a; Caselli, Bortolai, Leoni, Rovetto, & Spada,

    2010b; Caselli & Spada, in press), oltre che uno studio

    approfondito della “night eating syndrome” che gli è valso un

    invito agli incontri preliminari per l’introduzione di questo

    disturbo nel DSM-V (Vinai, Cardetti, Carpegna, Ferrato, Vallauri,

    Masante, Sassaroli, Ruggiero, Scarone, Bertelli, Bidone, Busetto,

    & Sampietro, 2009).

    Il gruppo diretto da Giorgio Caviglia è impegnato da alcuni

    anni nell’analisi empirica del contributo della dissociazione e

    dell’alessitimia ai DCA, e nello studio delle caratteristiche

    psicologiche di pazienti obesi (Caviglia, Perrella, La Marra, &

    Giannini, 2006; La Marra, Sapuppo, & Caviglia, 2009; La Marra,

    Sapuppo, Chieffi, & Caviglia, 2010); il gruppo di ricerca diretto

    da Emilio Fava e Cinzia Masserini ha avviato una ricerca tesa a

    valutare le caratteristiche psicodinamiche tipiche dei pazienti

    con DCA e le loro implicazioni terapeutiche per mezzo della

    seconda versione della Diagnosi Psicodinamica Operazionalizzata

    (OPD-2; OPD Task Force, 2006), la cui edizione italiana è stata

    curata dagli stessi autori in collaborazione con il Prof. Cierpka di

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    Heidelberg e la Task Force internazionale dell’OPD (Fava,

    Zuglian, Taino, & Di Genova, 2009).

    Il gruppo diretto da Vittorio Lingiardi, invece, si è concentrato

    sulla relazione tra stili di personalità e DCA e ha replicato e

    approfondito uno studio statunitense teso a delineare i sottotipi

    di personalità di adolescenti anoressiche con la Shedler-Westen

    Assessment Procedure 200-A (SWAP-200 A; Westen, Shedler,

    Durrett, Glass, & Martens, 2003). Di ogni sottotipo

    (perfezionistico/ad alto funzionamento, disregolato e

    ipercontrollato) ha quindi indagato le caratteristiche dell’identità,

    gli affetti prevalenti, gli stili di regolazione delle emozioni e le loro

    implicazioni per la psicoterapia (Gazzillo, Lingiardi, Peloso,

    Giordani, Vesco, Filippucci, & Zanna, submitted).

    Anche il gruppo coordinato da Francesca Ortu si è dedicato

    allo studio della diagnosi dei disturbi di personalità in

    adolescenza con la SWAP, confrontando le caratteristiche della

    diagnosi SWAP standard con quelle della diagnosi SWAP

    clinico/prototipica secondo i fattori di personalità empiricamente

    derivati con questo strumento. Sempre a questo gruppo

    dobbiamo poi una serie di studi sulla relazione tra modelli di

    attaccamento in adolescenza, funzionamento difensivo, attività

    referenziale, funzione riflessiva e sistemi motivazionali. In

    particolare, una ricerca condotta con il sistema dei Profilo

    d’Interazione Genitore-Adolescente (PIGA; Lyons-Ruth,

    Hennigshausen, & Holmes, 2003; Lyos-Ruth, Yellin, Melnick, &

    Atwood, 2005) e il sistema AIMIT per la valutazione dei sistemi

    motivazionali basata su trascritti di sedute (Liotti & Monticelli,

    2008) ha messo in evidenza come “anche nella popolazione

    italiana studiata la qualità delle interazioni fra genitore e

    adolescente impegnati nella soluzione del compito decisionale

    mostra una correlazione positiva con la categoria di

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    attaccamento del genitore e al tempo stesso si rivela più capace

    della sola categoria di attaccamento del genitore di predire la

    categoria di attaccamento dell’adolescente (Williams, Ardito,

    Ortu, & Dazzi, 2008). Questo dato è stato inoltre confermato da

    un altro studio che evidenziava la forte predittività

    dell’attaccamento rispetto alla modalità di gestione

    dell’aggressività fra genitore bambino” (p. 162).

    I clinici di Terzo Centro di Psicoterapia Congitiva, in

    collaborazione con il gruppo di Lysaker, hanno invece

    approfondito il ruolo della metacognizione e dei suoi diversi

    sottofattori nella patogenesi di diversi disturbi di personalità e

    della schizofrenia (Dimaggio, Semerari, Carcione, Nicolò, &

    Procacci, 2007, Carcione, Dimaggio, Fiore, Nicolò, Procacci,

    Semerari, & Pedone, 2008; Dimaggio Carcione, Nicolò, Conti,

    Fiore, Pedone, Popolo, Procacci, & Semerari, 2009; Lysaker,

    Dimaggio, Buck, Carcione, Procacci, Davis, & Nicolò, 2010;

    Semerari, Cucchi, Dimaggio, Cavadini, Carcione, Bottelli,

    Siccardi, D’Angerio, Pedone, Ronchi, Maffei, & Smeraldi, 2010;

    Semerari, Dimaggio, Cucchi, Cavadini, D’Angerio, Battelli,

    Siccardi, Ronchi, Maffei, & Smeraldi, 2010). Da un primo

    modello secondo il quale la metacognizione era considerata un

    costrutto quadrifattoriale, studi recenti sembrano sostenere un

    modello a due fattori, uno relativo alla Teoria della Mente (in cui

    rientrano le capacità di decentramento e differenziazione) e uno

    relativo all’Autoriflessività (in cui ricadono monitoraggio e

    integrazione).

    Anche il gruppo coordinato da Vittorio Lingiardi ha dato

    contributi importanti alla diagnosi e alla comprensione dei

    disturbi della personalità curando la versione italiana della

    Shedler Westen Assessment Procedure per adulti e per

    adolescenti (SWAP-200 e SWAP-200 A; Westen & Shedler,

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    1999a, 1999b; Westen, Shedler, & Lingiardi, 2003) e del

    Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM; PDM Task Force,

    2006). Sempre a questo gruppo si deve l’applicazione della SWAP

    alla ricerca su processo ed esito delle psicoterapie, di cui

    parleremo in seguito, e la costruzione e validazione di alcuni

    strumenti empirici per la valutazione della diagnostica di

    personalità per gli adulti del PDM.

    Infine, il gruppo coordinato da Marta Vigorelli ha approfondito

    i problemi connessi alla valutazione e al trattamento dei

    cosiddetti disturbi psicosomatici, e ha elaborato una Scala di

    Focalizzazione/Intelligenza Somatica (Scognamiglio, Zoccarato,

    Vigorelli, Gallucci, & Zerbini, 2008) tesa a superare i limiti di

    strumenti analoghi già esistenti come la Toronto Alexitymia

    Scale-20 (TAS-20; Bagby, Parker, & Taylor, 1994a, 1994b).

    Ricerche su processo ed esito delle psicoterapie

    Rispetto all’ambito specifico della ricerca su processo ed esito

    delle psicoterapie, i gruppi italiani si sono distinti per varie

    collaborazioni internazionali finalizzate alla costruzione,

    validazione e implementazione di vari strumenti utili alla

    valutazione dei trascritti di sedute di psicoterapia.

    Il gruppo condotto da Vittorio Lingiardi, in collaborazione con

    Jonathan Shedler prima e con Sherwood Waldron poi, ha

    pubblicato due lavori in cui la SWAP viene utilizzata, assieme

    alla Defense Mechanism Rating Scale (DMRS; Perry, 1990) e alle

    Analytic Process Scales (APS; Waldron, Scharf, Hurst, Firestein, &

    Burton, 2004a; Waldron, Scharf, Crouse, Firestein, Burton, &

    Hurst, 2004b), per valutare processo ed esito delle psicoterapie

    di due pazienti con disturbi della personalità. Questi studi

    hanno confermato il dato, già presente in letteratura, che una

    buona psicoterapia psicoanalitica è in grado di modificare

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    l’assetto di personalità e lo stile difensivo dei pazienti, e che il

    fattore terapeutico più efficace è la qualità delle comunicazioni

    del terapeuta, al di là dei tipi specifici di intervento

    (chiarificazioni, interpretazioni, interventi di sostegno,

    comunicazioni su difese, conflitti, transfert, etc.). La qualità delle

    comunicazioni del terapeuta, a sua volta, sembra favorita dalla

    produttività delle comunicazioni del paziente, delineando così un

    circolo comunicativo virtuoso indice di una buona

    sintonizzazione tra paziente e terapeuta (Lingiardi, Shedler, &

    Gazzillo, 2006; Lingiardi, Gazzillo, & Waldron, 2010).

    Sempre a questo gruppo, in collaborazione con Cristopher

    Perry, dobbiamo poi la validazione della versione italiana della

    DMRS e la costruzione di una sua versione Q sort per utilizzo

    clinico (Lingiardi, Lonati, Fossati, Vanzulli, & Maffei, 1999;

    Perry, Di Giuseppe, Petraglia, Janzen, & Lingiardi, submitted); la

    costruzione di un sistema Q sort per la valutazione

    dell’attaccamento paziente-terapeuta sulla base dei trascritti

    delle sedute, il Patient-Therapist Attachment Q-sort (PTA Q-sort;

    De Bei, Lingiardi, & Miccoli, 2007), che è stato utilizzato per

    monitorare l’andamento della relazione terapeutica in un caso

    singolo e per indagare la relazione tra attaccamento paziente-

    terapeuta e alleanza terapeutica; la traduzione e validazione

    della versione italiana dello Psychotherapy Relationship

    Questionnaire (PRQ; Bradley, Heim, & Westen, 2005; Tanzilli,

    Colli, De Bei, & Lingiardi, 2010), del Countertransference

    Questionnaire (CTQ; Betan, Heim, Conklin, & Westen, 2005;

    Tanzilli, Colli, & Lingiardi, 2009) e dello Psychotherapy Process

    Q- set (Jones, 1985, 2000; Colli & Gazzillo, 2006; Lingiardi &

    Dazzi, 2008). Infine, Colli e Lingiardi hanno elaborato uno

    strumento di valutazione dei processi di costruzione e rottura

    dell’allenza terapeutica sulla base dei trascritti di sedute, la

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    Collaborative Interactions Scale (CIS; Colli & Lingiardi, 2009) e

    hanno progettato una serie di ricerche tese a indagare

    empiricamente la relazione tra alleanza, diagnosi di personalità,

    meccanismi di difesa, tipologie di interventi del terapeuta e

    attività referenziale.

    È invece al gruppo di Allessandra De Coro che dobbiamo, in

    collaborazione con Wilma Bucci, la validazione della versione

    italiana della Referential Activity (RA; Bucci, 1995, 1997, 1999;

    Bucci & Kabasakalian-McKay, 1992) e la costruzione di alcuni

    dizionari computerizzati per il suo scoring su materiale in lingua

    italiana: l’Italian Weighted Referential Activity Dictionary

    (IWRAD; Maskit, 2004; De Coro. Lang, Del Corno, Parolin,

    Matarrese, Piscitelli, Iberni, & Basile, 2004), il dizionario delle

    parole riflessive (IREF; Mariani, 2009); il dizionario della

    disfluenza (IDF; Bonfanti, Campanelli, Cilimberti, Golia, &

    Papini, 2008); il dizionario degli affetti positivi, negativi e parole

    con peso affettivo ma non connotate positivamente o

    negativamente (IAFF; Rivolta, Mariani, & Tagini, 2009) e il

    dizionario senso-somatico (ISS; Mariani, 2009). Mentre al gruppo

    di Padova coordinato da Diego Rocco dobbiamo l’applicazione

    della RA e del suo indice di Speech Rate, ai trascritti di sedute di

    psicoterapia; le loro ricerche hanno messo in evidenza che “le

    fluttuazioni di velocità di eloquio sono significativamente

    correlate con le qualità espressive contenute nel linguaggio

    (Rocco, 2005), e che i due attori della scena clinica sono

    reciprocamente sensibili non solo ai contenuti della produzione

    verbale, ma anche alle caratteristiche paraverbali della stessa

    (Rocco, 2008). Sempre al gruppo coordinato da Alessandra De

    Coro dobbiamo infine una serie di ricerche finalizzate alla

    validazione della versione italiana dell’Inventory of Personality

    Organization (Lenzenweger, Clarkin, Kernberg, & Foelsch, 2001)

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    e del Coherence Q- Sort (Beijersbergen, Bakermans-Kranenburg,

    & Van Ijzendoorn, 2006) e l’applicazione di questi strumenti ad

    alcune ricerche su processo ed esito delle psicoterapie.

    Il gruppo di ricerca coordinato da Francesca Ortu ha invece

    approfondito lo studio del Core Conflict Relationship Theme

    (CCRT; Luborsky, 1990), proponendo di applicarlo a unità

    narrative più comprensive di quelle proposte dal sistema di

    codifica originale e modificando la griglia di scoring dei wish

    secondo il modello dei sistemi motivazionali di Lichtenberg

    (1989; Lichtenberg, Lachmann, & Fosshage, 1996). Questo

    gruppo ha inoltre indagato empiricamente la relazione tra CCRT,

    alleanza terapeutica, attività referenziale e meccanismi di difesa.

    Il gruppo dell’Università di Lecce coordinato da Sergio

    Salvatore è partito da una concezione socio-costruttivista della

    relazione terapeutica, influenzata dalla teoria dei sistemi

    dinamici, per costruire e validare tre strumenti per la valutazione

    del processo terapeutico, il Descoursive Flow Analysis (DFA;

    Gennaro, Al-Radaideh, Gelo, Manzo, Nitti, & Salvatore, 2010;

    Salvatore, Grasso, & Tancredi, 2004; Salvatore, Valsiner,

    Travers-Simon, & Gennaro, 2010a, 2010b), che permette

    un’analisi dei processi di generazione e mutamento di senso che

    caratterizzano lo scambio discorsivo terapeutico; il Grid of the

    Models of Interpretation (GMI; Auletta, 2010; Auletta & Salvatore,

    2008; Auletta, Salvatore, Metrangolo, Monteforte, Pace, &

    Puglisi, submitted) per l’analisi degli interventi del terapeuta, e il

    metodo di analisi semantica delle narrazioni chiamato Dynamic

    Mapping of the Ctructure of Content in Clinical Settings (DMSC;

    Salvatore, Gennaro, Auletta, Grassi, & Rocco, submitted). Anche

    questo gruppo ha stabilito una serie di collaborazioni

    internazionali con ricercatori come Gonçalves e Tschacher.

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    Una delle peculiarità dei gruppi italiani che si occupano di

    ricerca in psicoterapia è poi quella di prediligere l’analisi

    multistrumentale e intensiva di single case. Da segnalare, in

    questo senso, i numerosi lavori del gruppo di Padova condotto

    da Adriana Lis (Lis, Salcuni, Zini, Genovese, Di Riso, & Zonca,

    2005; Di Riso, Salcuni, Laghezza, Marogna, & Lis, 2009; Lis,

    Mazzeschi, Di Riso, & Salcuni, in press), che hanno indagato

    varie psicoterapie dinamiche di sostegno per mezzo di strumenti

    come la SWAP (Westen, Shedler, & Lingiardi, 2003), la DMRS

    (Perry, 1990), la CIS (Colli & Lingiardi, 2009), la Scala del

    Funzionamento Riflessivo (SFR; Fonagy, Target, & Gergely, 2000)

    e la Scala di Valutazione della Metacognizione (SVaM; Carcione,

    Falcone, Magnolfi, & Manaresi, 1997), lo strumento costruito dai

    ricercatori del Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva per la

    valutazione basata sui trascritti delle capacità metacognitive.

    Sempre a questo gruppo si deve poi l’implementazione del

    Collaborative Assessment (CA; Fisher, 2000; Finn, 2006) e studi

    sull’applicazione alla ricerca in psicoterapia di strumenti come la

    Symptom Check List – 90 (SCL-90; Derogatis, 1977), il Millon

    Clinical Multiaxial Inventory (MCMI; Millon, 1983a, 1983b, 1987,

    1997a,1997b), il Rorschach, l’Adult Attachment Interview (AAI;

    George, Kaplan, & Main, 1985) e l’Adult Attachment Projective

    Picture System (AAP; George, West, & Pettem, 1999).

    Il gruppo coordinato da Marco Sambin, infine, in

    collaborazione con l’Università di Ulm, ha avviato un complesso

    progetto di ricerca teso a valutare “i correlati neurali dei pattern

    linguistici che caratterizzano le quattro fasi del Modello dei Cicli

    Terapeutici (TCM), derivato dalla Resonating Mind Theory di

    Mergenthaler (Mergenthaler, 2008; Benelli, Messina, Viviani,

    Mergenthaler, Walter, Sambin, & Buchheim, 2010)” (p. 183).

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    Menzione a parte merita poi la ricerca sui gruppi terapeutici di

    matrice psicoanalitica, settore ancora poco esplorato dal punto

    di vista empirico a cui alcuni gruppi italiani hanno dato

    contributi importanti. Basti citare i lavori del gruppo di Palermo

    coordinato da Girolamo Lo Verso, che oltre ad aver elaborato

    una riflessione sistematica sui problemi teorici e metodologici

    connessi alla valutazione di processo ed esito delle psicoterapie

    di gruppo a lungo termine, ha anche condotto alcuni studi

    empirici sui gruppi psicodinamici per pazienti con disturbi del

    comportamento alimentare e per soggetti con disturbo di panico

    (Di Nuovo & Lo Verso, 2005; Prestano, Lo Coco, Gullo, & Lo

    Verso, 2008), e sta attualmente svolgendo ricerche empiriche

    tese a indagare quali sono i fattori mutativi del setting gruppale

    e le caratteristiche psicologiche dei pazienti che permettono di

    beneficiare di una terapia di gruppo (Lo Coco, Salerno, Gullo,

    Prestano 2010; Lo Coco, Gullo, Prestano, Cicero, 2010; Lo Coco,

    Gullo, Salerno, Iacoponelli, 2010; Prestano, Cicero, Gullo, Alcuri,

    Lo Coco, & Carcione, 2009).

    Il gruppo di ricerca dell’Università di Padova, coordinato dalle

    professoresse Ferruzza e Marogna è invece impegnato nella

    costruzione di strumenti empirici utili alla valutazione di

    processo ed esito delle psicoterapie di gruppo: una versione per

    gruppi della CIS (Marogna, 2009), che permetterà di valutare i

    processi di costruzione e rottura dell’alleanza in questo tipo di

    setting, una Scala di Misura dell’Autoconsapevolezza (SMAC;

    Silvestri, Lalli, Mannarini, Ferruzza, Nuzzaci, Furin, Lucidi, &

    Rapazzini, 2008) e una Description of Individual in Group (DIG;

    Silvestri & Ferruzza, in progress), strumento teso alla rilevazione

    delle “specifiche modalità relazionali dell’individuo nel contesto

    di un gruppo di psicoterapia, in relazione al funzionamento del

    gruppo nella sua globalità” (p. 181).

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    La ricerca sulle psicoterapie condotte nei servizi pubblici

    Tre sono i gruppi italiani che si sono occupati finora con

    maggiore continuità di questo ambito specifico della ricerca in

    psicoterapia: quello di Milano, coordinato da Emilio Fava e

    Cinzia Masserini, quello diretto da Marta Vigorelli e quello di

    Alessandra De Coro.

    I lavori di Fava e Masserini si sono serviti di strumenti come la

    Stuctural Assessment of Social Behavior (SASB; Benjamin, 1974)

    e l’Operationalized Psychodynamic Diagnostic system (OPD; OPD

    Task Force, 2006) per indagare i cambiamenti cui i pazienti in

    psicoterapia presso servizi pubblici vanno incontro, e per

    indagare le principali cause degli elevati tassi di drop-out

    riscontrati in questi setting. Tra i fattori terapeutici

    maggiormente approfonditi da questo gruppo vi è la cosiddetta

    relazione reale tra paziente e terapeuta (Gelso, 2002) e i risultati

    dei loro studi indicano la valenza antiterapeutica di alcuni moti

    problematici caratterizzati da un atteggiamento interpersonale di

    aggressività e controllo benevolo o neutro per quanto riguarda il

    terapeuta, e risposte avversive di aggressività, sottomissione

    neutra e ostile o evitamento, da parte del paziente. In secondo

    luogo, sembra che la qualità e l’andamento nel tempo degli

    introietti siano diversi nei pazienti good outcome versus poor

    outcome. “I pazienti ad esito positivo mostrano un incremento

    della capacità di prendersi cura di sé e una diminuzione di

    modalità biasimanti e aggressive verso il sé, i pazienti ad esito

    insoddisfacente mostrano, invece, un livello elevato e stabile nel

    tempo di moti auto-biasimanti e trascuranti e assenza di moti di

    accudimento di sé nell’arco di tempo considerato” (p. 62).

    Sempre questo gruppo ha poi costruito un modello di

    valutazione chiamato Verbal and Enactive Representations

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    Analysis (VERA), che implementa le concezioni teoriche di Sasso

    (2009) e si propone come ponte tra infant research e

    psicoanalisi, permettendo di avanzare alcune ipotesi

    neurologiche sull’impatto esercitato sul cervello del bambino

    dall’elaborazione dell'interazione materna, su come la madre

    possa modificarla e su come questo processo si replichi

    nell’interazione tra paziente e terapeuta. Fava e collaboratori

    hanno anche elaborato un modello, denominato Empirically

    Supported Multi-instrumental Supervision (ESMS), che permette

    di condurre supervisioni di casi clinici nei servizi pubblici

    appoggiandosi ai dati ottenuti per mezzo di stumenti empirici

    che valutano alcuni fattori dal valore terapeutico comprovato

    (come OPD-2, CIS, SASB, RA).

    Il gruppo coordinato da Marta Vigorelli si è invece servito di

    due strumenti di valutazione della qualità delle psicoterapie nei

    servizi pubblici e della loro efficacia clinica: l’HoNOS (Lora, Bai,

    & Bianchi 2001)1 e il Community Functioning Questionnaire

    (CFQ-28; Vigorelli, Zanolini, Belfontali, Tatti, Buratti, & Peri, 2008;

    Vigorelli, 2010), pensato specificamente per la valutazione del

    funzionamento delle comunità terapeutiche.

    Il gruppo coordinato da Alessandra De Coro, infine, in

    collaborazione con due ASL di Roma, ha avviato tre progetti di

    valutazione di processo ed esito delle terapie condotte nei servizi

    pubblici servendosi di strumenti di valutazione degli interventi

    terapeutici, dell’alleanza terapeutica, dei sintomi, dei

    meccanismi di difesa, dei modelli di attaccamento e degli stili di

    personalità: la versione italiana curata da Gherardo Amadei

    della Psychotherapy Periodical Rating Scale (PPRS) utilizzata

    all’Anna Freud Center per valutare il lavoro svolto nelle sedute, il

    1 L’Health of the Nation Outcome Scales è stata creata in Gran Bretagna dal gruppo di lavoro

    di Wing e Co. su richiesta del Ministero della Sanità al fine di valutare il disagio iniziale e il

    miglioramento nelle varie fasi dei trattamenti effettuati nei Servizi Pubblici.

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    Working Alliance Inventory (WAI; Horvath & Greenberg, 1989), la

    SCL-90, il Response Evaluation Misure-71 (REM-71; Steiner,

    Araujo, & Koopman, 2001), il Coping Orientation to Problems

    Experienced (COPE; Carver, Scheier, & Weintraub, 1989), la AAI

    (Main & Goldwyn, 1998; Main, Kaplan, & Cassidy 1985) e la

    SWAP (Westen, Shedler, & Lingiardi, 2003). Nella ricerca sulle

    terapie dei pazienti gravi, cioè di organizzazione borderline o

    psicotica, questo gruppo ha utilizzato anche l’Inventory of

    Personality Organization (Lenzenweger, Clarkin, Kernberg, &

    Foelsch 2001), il Big Five Questionnaire (Caprara, Gentilomo,

    Barbaranelli, & Giorgi, 1993), l’OPD (Gruppo OPD, 1996/2001) e

    la Psychological Well-Beeing Scale (Ryff, 1995).

    Alla luce di questa sintetica rassegna dei contributi, credo di

    poter dire che la ricerca in psicoterapia in Italia si sia

    contraddistinta da una parte per la sua capacità di riprendere,

    approfondire e raffinare filoni di ricerca internazionali, basti

    pensare ai lavori del gruppo di Lingiardi sulla SWAP, sulle APS e

    sull’allaenza terapeutica, o a quelli sulla RA dei gruppi di

    Alessandra De Coro e Diego Rocco e sul CCRT di Francesca

    Ortu, e dall’altra per aver dato vita a una serie di strumenti e di

    filoni di ricerca innovativi che hanno trovato, e spero

    continueranno a trovare, risonanza internazionale. Segnalo, in

    tal senso, i contributi del Terzo Centro di Psicologia Cognitiva di

    Roma, che ha approfondito dal punto di vista teorico ed empirico

    la valutazione della funzione metacognitiva, il suo ruolo in vari

    disturbi di Asse I e II e le sue implicazioni terapeutiche. E la

    concettualizzazione della psicoterapia come declinazione

    specifica dello scambio comunicativo proposta dal gruppo di

    Sergio Salvatore, che si sta dedicando alla costruzione e

    all’applicazione di sofisticati strumenti di valutazione del

    processo terapeutico sulla base dei trascritti di sedute.

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    Un altro filone importante è quello della ricerca su processo ed

    esito delle psicoterapie condotte nei servizi pubblici; i gruppi

    coordinati da De Coro, Fava e Masserini hanno infatti avviato

    una serie di collaborazioni con le istituzioni pubbliche tese a

    sviluppare modelli di supervisione e intervento clinico che

    possano beneficiare dei dati ricavati dalla ricerca empirica. Se il

    lavoro di ricerca permette infatti ai professionisti che lavorano

    nei servizi di monitorare l’efficacia degli interventi, il lavoro

    svolto dai clinici in queste istituzioni permette ai ricercatori

    italiani di sviluppare programmi e strumenti di ricerca sempre

    più “institution tailored” e sempre più utili alla clinica come “si

    presenta in natura”. E non vi è dubbio che tutti gli sforzi tesi a

    rafforzare il dialogo e lo scambio reciproco tra università e servizi

    territoriali e competenza clinica e di ricerca debbano essere

    sempre più valorizzati e sostenuti.

    Questo punto mi permette di sottolineare un’altra

    caratteristica specifica della ricerca italiana sulla psicoterapia:

    mi riferisco alla costante attenzione dedicata alla esigenze di

    clinici e pazienti nel rispetto dei vincoli metodologici e di

    verificabilità della scienza empirica. Il lavoro dei gruppi italiani

    impegnati in questa impresa si caratterizza infatti per un solido

    radicamento nella clinica “as usual” e per un interesse specifico

    per le ricadute cliniche delle ricerche empiriche. Questa

    particolare sensibilità ha fatto sì che nel nostro paese molti

    gruppi si siano dedicati ad approfondite ricerche “single case” su

    terapie condotte in setting naturalistici, e allo studio di

    strumenti e metodologie di ricerca applicabili in contesti

    complessi come quelli dei servizi pubblici.

    Un ultimo ambito a cui la ricerca italiana ha dato contributi

    significativi è poi quello della chiarificazione e ridefinizione

    teorica ed empirica dei fattori terapeutici di dimostrata efficacia.

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    Mi riferisco in primo luogo al costrutto di “alleanza”, la cui bontà

    come predittore dell’outcome delle psicoterapie è comprovata da

    numerose ricerche ma il cui significato si è dilatato a tal punto

    da minarne la consistenza, tanto che possiamo definirlo un

    “concetto ombrello” (Horvath, 2006; Horvath & Symonds, 2002;

    Lingiardi, 2002). Proprio rispetto all’alleanza, le ricerche del

    gruppo di Vittorio Lingiardi hanno messo in evidenza come si

    tratti di un costrutto complesso influenzato da molteplici fattori

    interconnessi: dalle dinamiche di transfert, controtransfert ai

    processi di regolazione affettiva reciproca, dai modelli di

    attaccamento agli stili di personalità di paziente e terapeuta,

    dalla funzione riflessiva ai meccanismi di difesa e alla qualità

    delle comunicazioni che hanno luogo nella stanza di terapia.

    In conclusione, credo che la ricerca italiana in psicoterapia nei

    prossimi anni dovrà affrontare due compiti importanti: in primo

    luogo, quello di definire con maggiore chiarezza il senso dei suoi

    costrutti teorici di base (alleanza, transfert, relazione reale,

    controtransfert, qualità degli interventi, etc.) tenendo conto delle

    evidenze empiriche; in secondo luogo, quello di colmare lo iato

    che ancora divide la ricerca sulla psicopatologia dalla ricerca su

    processo ed esito delle psicoterapie. Auspico, in altri termini, che

    i gruppi italiani inizino a progettare ricerche tese a verificare

    quali sono i fattori terapeutici efficaci nel trattamento di specifici

    disturbi, e che le ipotesi sviluppate e messe alla prova delle

    indagini empiriche si basino su ricerche ad hoc relative ai fattori

    specifici che contribuiscono allo sviluppo e al mantenimento dei

    diversi quadri psicopatologici. Si tratta quindi di cercare risposte

    alle domande relative a quali dimensioni e funzioni psichiche

    siano connesse ai diversi quadri psicopatologici e a quali fattori

    della psicoterapia riescano a incidere su queste dimensioni e

    funzioni. Non ci dovremo più chiedere soltanto quale terapia sia

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    efficace con quale paziente e con quale disturbo, ma quali fattori

    terapeutici siano efficaci con quali dimensioni psichiche rilevanti

    per quali disturbi. È una sfida ambiziosa, ma è tempo che venga

    recepita.

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    La ricerca in psicoterapia: il contributo del Gruppo di lavoro della Cattedra di Psicologia Dinamica (base) della

    Seconda Università di Napoli

    Giorgio Caviglia,1 Raffaella Perrella,2 Walter Sapuppo,3 Nadia Del Villano4

    Sommario Lo scopo del presente lavoro è quello di illustrare i contributi passati e gli

    attuali interessi del Gruppo di ricerca della Cattedra di “Psicologia Dinamica” (corso di base) della Facoltà di Psicologia della Seconda Università di Napoli, nonché di presentare e argomentare le pubblicazioni scaturite negli ultimi anni dalle quelle ricerche. I lavori si inseriscono nelle aree relative alla Teoria dell’ Attaccamento, alla valutazione psicologica, allo studio della psicopatologia connessa ai Disturbi del Comportamento Alimentare, alla ricerca in psicoterapia “single case”. Parole chiave Disturbi del comportamento alimentare, teoria dell’attaccamento, ricerca in psicoterapia, psicopatologia -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

    Professore Associato, Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Psicologia, S.U.N., 2 Assegnista di Ricerca, Professore a contratto, Facoltà di Scienze della Formazione,

    Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, 3Docente contrattista, Facoltà di Psicologia, S.U.N., Scuola di Psicoterapia Cognitiva SPC-Napoli, 4Dottorando di Ricerca, Dipartimento di Scienze Pedagogiche, Università degli Studi di Bari

    Corrispondenza: Prof. Giorgio Caviglia, Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Psicologia, S.U.N., via Vivaldi 43 -81100- Caserta (CE) E-mail: [email protected]

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    Introduzione

    La Cattedra di “Psicologia Dinamica” (corso di base) della Facoltà di

    Psicologia della Seconda Università di Napoli si occupa da diversi anni

    di ricerca in psicoterapia e in particolare della ricaduta teorica (rispetto

    ai costrutti e ai modelli) e clinica (rispetto alle tecniche collegate a una

    teoria) dei risultati della ricerca empirica. Il Referente e Coordinatore è il

    Prof. Giorgio Caviglia, Professore Associato confermato di “Psicologia

    Dinamica”. Collaboratori a ricerche specifiche sono stati, negli anni,

    Raffaella Perrella, Walter Sapuppo, Nadia Del Villano, Sara Bisogno,

    Claudia Cecere, Domenico Nardiello, Marco La Marra, Emanuele Del

    Castello, Barbara Fiocco, Adriana Solla. I collaboratori sono tutti

    Psicologi che hanno diverse qualifiche (Professori a contratto, dirigente

    psicologo della ASL, Dottori di Ricerca e dottorandi, consulenti di

    Tribunale, di aziende e di studi privati) e specializzazioni (in

    Psicoterapia Psicoanalitica, Psicodinamica, Lacaniana, Relazionale,

    Cognitivo-Comportamentale e in Psicodiagnostica). La Sede del Gruppo

    di ricerca è presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, Facoltà di

    Psicologia, Dipartimento di Psicologia.

    La ricerche portate avanti dalla Cattedra, hanno sempre avuto come

    obiettivo quello di proporre una loro successiva ricaduta sia sulle teorie

    a cui si riferivano e da cui derivavano, sia a livello dell’intervento clinico.

    Nella bibliografia finale verranno riportati tutti i lavori, relativi alle

    diverse aree, sviluppati nel tempo dagli appartenenti al Gruppo di

    ricerca. I lavori prodotti verranno divisi, per chiarezza espositiva, come

    detto, in cinque filoni. Abbiamo deciso di raggruppare gli ambiti di

    ricerca del nostro Gruppo di lavoro nelle seguenti cinque aree principali:

    1) Disturbi del Comportamento Alimentare (la tematica più recente);

    2) teoria dell’Attaccamento applicata all’ambito scolastico e clinico;

    3) nonché come riflessione storica, teorica e clinica;

    4) ricerca in psicoterapia “single case”;

    5) trauma e psicopatologia;

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    6) ambito psicodiagnostico e della valutazione psicologica.

    Vediamo, a seguire, in maniera più dettagliata, le aree specifiche, le

    cui citazioni sono inserite, come già detto, tutte insieme, nella

    bibliografia finale.

    1) Disturbi del Comportamento Alimentare e obesità

    Per quanto concerne i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA),

    attualmente il Gruppo è impegnato sia nella ricerca, all’interno di

    campioni clinici, di relazioni tra tali disturbi, fenomeni dissociativi e

    difficoltà relative all’espressione delle emozioni (alessitimia) (Caviglia,

    2009), che nella valutazione dell’obesità come “disturbo mentale” e/o

    comportamentale.

    Inizialmente il Gruppo era indirizzato a campioni particolari, che

    abbiamo ritenuto avrebbero potuto essere “a rischio” di DCA, per

    l’estrema attenzione e valore dati all’immagine corporea (Caviglia,

    Perrella, Bisogno, & La Marra, 2006; La Marra, Bisogno, Perrella, &

    Caviglia, 2006; La Marra, Perrella, Bisogno, & Caviglia, 2006), quali gli

    operatori dello spettacolo.

    E’ stato successivamente studiato un campione di adolescenti

    campani (Caviglia, Perrella, La Marra, & Giannini 2006), rispetto ai

    fenomeni e alle difficoltà summenzionate, ottenendo risultati positivi

    che non disconfermano i dati riportati della letteratura internazionale;

    in seguito, in uno studio pubblicato sul Volume 12 (Numero 1/2,

    Novembre-Dicembre 2009) di “Ricerca in Psicoterapia” (La Marra,

    Sapuppo, & Caviglia, 2009b), sono state valutate le relazioni che

    intercorrono tra i risultati ottenuti all’ Eating Disorder Inventory-2 (EDI-

    2; Garner, 1991), alla Dissociative Experiences Scale (DES; Bernstein &

    Putnam, 1986) e alla Scala Alessitimica Romana (SAR; Baiocco,

    Giannini, & Laghi, 2005) in un campione di 53 pazienti adulti con

    diagnosi di Disturbo del Comportamento Alimentare (14 con diagnosi di

    Anoressia Nervosa, 15 con Bulimia Nervosa, 12 con DCA Non Altrimenti

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    Specificato e 12 con Disturbo da Alimentazione Incontrollata). I dati

    emersi dalla nostra ricerca, ancora una volta, non disconfermano le

    relazioni riportate in letteratura tra i Disturbi del Comportamento

    Alimentare, i fenomeni dissociativi e l’alessitimia (cfr. anche: Caviglia,

    Bisogno, Perrella, & La Marra, 2006; La Marra, Piombino, Messina,

    Perrella, Chieffi, Mangoni di Santo Stefano, & Caviglia, 2006).

    Attualmente il Gruppo è impegnato, oltre che nell’ampliamento del

    campione, anche nel reclutamento di soggetti gravemente obesi per

    valutare eventuali caratteristiche discriminanti. A tal proposito, dopo

    un’attenta disamina dei maggiori contributi teorici riguardo al

    significato e all’etiopatogenesi dell’obesità, sono stati condotti altri studi

    volti a comprendere gli aspetti psicopatologici comunemente associati ai

    DCA (dissociazione, immagine corporea, abitudini alimentari e

    alessitimia) di un gruppo di 561 soggetti adolescenti campani

    rispettivamente ripartiti nelle diverse categorie (normopeso, sovrappeso

    e obesi) definite dall’ Indice di Massa Corporea (IMC o BMI, Body Mass

    Index) e senza diagnosi di DCA. Dai risultati emersi dal nostro studio

    (La Marra, Sapuppo, & Caviglia, 2009a) si evince come alcune delle

    dimensioni psicologiche comunemente associate ai DCA, quali l’impulso

    alla magrezza, la mancanza di consapevolezza enterocettiva,

    l’insoddisfazione per il corpo, la mancanza di empatia, l’insicurezza

    sociale, le eccessive preoccupazioni per il proprio aspetto fisico, il

    controllo compulsivo dell’aspetto fisico, l’inadeguatezza, la sfiducia

    interpersonale e l’insoddisfazione per le parti corporee che vedono

    coinvolte la testa e il tronco, siano in grado di spiegare una porzione

    consistente della varianza del BMI di un gruppo di soggetti ai quali non

    è stato diagnosticato alcun disturbo alimentare secondo i criteri

    diagnostici del DSM IV-TR. A queste, seppur in misura minore, si

    associano l’autodirezionalità, la tendenza ad un’alimentazione non

    corretta e l’incapacità di gestire il comportamento alimentare. Si

    escludono dall’equazione, quindi, perché il criterio statistico adottato

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    non evidenzia una probabilità associata statisticamente significativa, i

    tratti temperamentali indagati secondo il modello di Cloninger, la

    presenza di esperienze dissociative e le dimensioni chiave che

    definiscono il costrutto dell’Alessitimia e ampiamente documentate in

    letteratura come profondamente associate ai DCA (cfr. anche: La Marra,

    Sapuppo, Messina, Mangoni di S. Stefano, Chieffi, & Caviglia, 2009; La

    Marra, Sapuppo, & Caviglia, 2010; La Marra, Sapuppo, Chieffi, &

    Caviglia, 2010).

    Tutti gli studi vanno inquadrati all’interno di una cornice

    teorico/clinica che vede la lettura prospettica multidimensionale dei

    DCA come il miglior approccio, sia dal punto di vista della spiegazione

    eziopatogenetica, che del mantenimento del disturbo, che dell’intervento

    terapeutico (cfr. Caviglia & Cecere, 2007).

    2) Teoria dell’ Attaccamento

    a) Contributi riguardo lo sviluppo sociale, emotivo e cognitivo

    Per quanto concerne l’attaccamento, il nostro Gruppo è stato ed è

    impegnato su diversi fronti di ricerca, tutti derivanti da continuativi

    interessi e riflessioni teoriche (Brisch, 2005; Caviglia, 2003; Caviglia,

    2005; Caviglia & Bisogno, 2008; Del Villano & Bisogno, 2009).

    Particolare attenzione è stata rivolta al ruolo che l’attaccamento madre-

    bambino e quello educatrice-bambino giocano nello sviluppo dei

    bambini e, allo stesso tempo, alle variabili che influenzano la qualità di

    tale legame (Cassibba & Caviglia, 2000; Caviglia, Cassibba, & Coppola,

    2000). Dai nostri studi si evidenzia, inoltre, che le madri classificate

    come “sicure” (attraverso l’utilizzo dell’ Adult Attachment Interview;

    George, Kaplan, & Main, 1985) hanno bambini che manifestano

    maggiori competenze socio-emotive (valutate con la Socio-Emotional

    Dimension Scale; SEDS, Hutton & Roberts, 1986), se paragonati a

    bambini figli di madri “insicure” (Caviglia, Solla, & Dazzi, 2003). Inoltre,

    sia la sensibilità dell’educatrice, che la qualità delle strutture

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    Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy 2010; 2 (13): 286-321

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    istituzionali (scuole elementari e asili nido), sembrano costituire un

    terreno ideale per lo sviluppo di un attaccamento sicuro del bambino

    (Caviglia & Pili, 2001). Per valutare i costrutti implicati, sono stati

    utilizzati diversi strumenti:

    - il Maternal Behaviour Q-set (Pederson & Moran, 1995), un test

    composto da 90 item ciascuno dei quali descrive un comportamento

    specifico dell’educatrice in risposta a segnali specifici del bambino;

    - l’Attachment Q-set (Waters & Deane, 1985), un test composto da 90

    item che descrive un comportamento specifico di attaccamento del

    bambino nei confronti dell’educatrice;

    - la SVANI (Scala per la Valutazione dell’asilo nido; Harms, Cryer, &

    Clifford, 1990), una scala formata da 37 item che fornisce un quadro

    complessivo della qualità del servizio offerto della struttura presa in

    considerazione.

    Negli ultimi 3 anni, l’attività di ricerca della Cattedra si è focalizzata

    sulle relazioni tra Memoria di Lavoro (Working Memory, WM), stile di

    attaccamento e apprendimento/rendimento scolastico. Come

    ampiamente affermato in letteratura, il processo di apprendimento

    coinvolge sia numerose abilità cognitive – quali attenzione, memoria,

    linguaggio – che competenze relazionali-sociali. Numerose ricerche

    evidenziano una marcata associazione tra deficit della Memoria di

    Lavoro (ML) e disturbi dell’apprendimento nei bambini. Numerosi studi

    rilevano che le abilità della ML influiscono, in particolar modo,

    sull’apprendimento del linguaggio scritto e dell’aritmetica.

    Sulla base degli studi effettuati nell’ambito della Teoria

    dell’Attaccamento è possibile evidenziare che bambini con un

    attaccamento sicuro con il proprio caregiver e/o con il/la proprio/a

    insegnante, dimostrano migliori capacità nell’espressione e

    riconoscimento emotivo, nel comportamento prosociale, nelle attività

    ludico-cognitive, nell’acquisizione di concetti base, nell’adattamento

    scolastico e nello sviluppo linguistico-espressivo.

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    Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy 2010; 2 (13): 286-321

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    Inizialmente è stata valutata empiricamente la presenza di relazioni

    significative tra i risultati ottenuti in una serie di prove cognitive -

    quantificanti la ML - e il rendimento scolastico, rispecchianti la qualità

    del livello di apprendimento raggiunto (Caviglia, La Marra, Sapuppo, &

    Perrella, 2010).

    Inoltre, per sottoporre ad analisi correlazionale i risultati ottenuti al test

    con il rendimento scolastico, sono state rilevate le valutazioni degli

    insegnanti rispetto agli insegnamenti di Italiano e Matematica di 89 dei

    nostri 100 soggetti reclutati. Gli 11 soggetti esclusi non rispettano i

    criteri di inclusione dello studio, a causa della frequentazione della

    scuola dell’infanzia dove non è presente, come nella scuola primaria, la

    valutazione numerica decimale (Legge 169/2008). Tuttavia i soggetti più

    piccoli sono stati inclusi nello studio per l’adattamento italiano.

    A oggi (La Marra, Perrella, Marciano, Cecere, Intoccia, Ciccarelli, Del

    Villano, Bisogno, & Caviglia, 2009; Del Villano, Sapuppo, Cecere, La

    Marra, Perrella, Marciano, Intoccia, & Caviglia, 2010), ai fini di una più

    approfondita indagine, sono stati somministrati i seguenti test:

    - Test di Valutazione Linguistica (TVL) (Cianchetti & Sannio Fancello,

    2007), allo scopo di quantificare il livello evolutivo complessivo del

    bambino, nonché di evidenziare eventuali differenze e/o anomalie

    nell’evoluzione delle varie componenti ed espressioni linguistiche;

    - Separation Anxiety Test (SAT) nella versione “famiglia” (Attili, 2001) e

    “scuola” (Liverta Sempio, Marchetti, & Leccio, 20