lumen fidei, papa francesco (italiano)

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7/28/2019 Lumen Fidei, Papa Francesco (Italiano) http://slidepdf.com/reader/full/lumen-fidei-papa-francesco-italiano 1/88 LETTERA ENCICLICA LUMEN FIDEI DEL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO  AI VESCOVI  AI PRESBITERI E AI DIACONI  ALLE PERSONE CONSACRATE E A TUTTI I FEDELI LAICI SULLA FEDE

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LETTERA ENCICLICA

LUMEN FIDEI DEL SOMMO PONTEFICE

FRANCESCO AI VESCOVI

 AI PRESBITERI E AI DIACONI

 ALLE PERSONE CONSACRATE

E A TUTTI I FEDELI LAICI

SULLA FEDE

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1. L a Luce deLLa fede: con quest’espressio-ne, la tradizione della Chiesa ha indica-

to il grande dono portato da Gesù, il quale, nel Vangelo di Giovanni, così si presenta: « Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiun-que crede in me non rimanga nelle tenebre »( Gv 12,46). Anche san Paolo si esprime in questitermini: « E Dio, che disse: “Rifulga la luce dalletenebre”, rifulge nei nostri cuori » ( 2 Cor 4,6). Nelmondo pagano, affamato di luce, si era svilup-pato il culto al dio Sole, Sol invictus , invocato nelsuo sorgere. Anche se il sole rinasceva ogni gior-no, si capiva bene che era incapace di irradiarela sua luce sull’intera esistenza dell’uomo. Il sole,infatti, non illumina tutto il reale, il suo raggio è

incapace di arrivare no all’ombra della morte,là dove l’occhio umano si chiude alla sua luce.« Per la sua fede nel sole — afferma san GiustinoMartire — non si è mai visto nessuno pronto amorire ».1 Consapevoli dell’orizzonte grande chela fede apriva loro, i cristiani chiamarono Cristo

il vero sole, « i cui raggi donano la vita ».2

A Mar-ta, che piange per la morte del fratello Lazzaro,Gesù dice: « Non ti ho detto che, se credi, vedraila gloria di Dio? » ( Gv  11,40). Chi crede, vede;

1  Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 121, 2: PG 6, 758.2  cLemente aLessandrino, Protrepticus , IX: PG 8, 195.

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 vede con una luce che illumina tutto il percorsodella strada, perché viene a noi da Cristo risorto,stella mattutina che non tramonta.

Una luce illusoria? 

2. Eppure, parlando di questa luce della fede,possiamo sentire l’obiezione di tanti nostri con-temporanei. Nell’epoca moderna si è pensatoche una tale luce potesse bastare per le societàantiche, ma non servisse per i nuovi tempi, perl’uomo diventato adulto, ero della sua ragione,desideroso di esplorare in modo nuovo il futuro.In questo senso, la fede appariva come una luceillusoria, che impediva all’uomo di coltivare l’au-dacia del sapere. Il giovane Nietzsche invitava lasorella Elisabeth a rischiare, percorrendo « nuove

 vie…, nell’incertezza del procedere autonomo ».E aggiungeva: « A questo punto si separano le vie

dell’umanità: se vuoi raggiungere la pace dell’a-nima e la felicità, abbi pur fede, ma se vuoi es-sere un discepolo della verità, allora indaga ».3 Il credere si opporrebbe al cercare. A partire daqui, Nietzsche svilupperà la sua critica al cristia-nesimo per aver sminuito la portata dell’esisten-

za umana, togliendo alla vita novità e avventura.La fede sarebbe allora come un’illusione di luceche impedisce il nostro cammino di uomini liberi

 verso il domani.

3  Brief an Elisabeth Nietzsche (11 giugno 1865), in: Werke in drei Bänden , München 1954, 953s.

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3. In questo processo, la fede ha nito peressere associata al buio. Si è pensato di poterlaconservare, di trovare per essa uno spazio perchéconvivesse con la luce della ragione. Lo spazioper la fede si apriva lì dove la ragione non potevailluminare, lì dove l’uomo non poteva più avere

certezze. La fede è stata intesa allora come unsalto nel vuoto che compiamo per mancanza diluce, spinti da un sentimento cieco; o come unaluce soggettiva, capace forse di riscaldare il cuo-re, di portare una consolazione privata, ma chenon può proporsi agli altri come luce oggettiva ecomune per rischiarare il cammino. Poco a poco,

però, si è visto che la luce della ragione autonomanon riesce a illuminare abbastanza il futuro; allane, esso resta nella sua oscurità e lascia l’uomonella paura dell’ignoto. E così l’uomo ha rinun-ciato alla ricerca di una luce grande, di una veritàgrande, per accontentarsi delle piccole luci che

illuminano il breve istante, ma sono incapaci diaprire la strada. Quando manca la luce, tutto di- venta confuso, è impossibile distinguere il benedal male, la strada che porta alla mèta da quellache ci fa camminare in cerchi ripetitivi, senza di-rezione.

Una luce da riscoprire 

4. È urgente perciò recuperare il carattere diluce proprio della fede, perché quando la suaamma si spegne anche tutte le altre luci nisco-no per perdere il loro vigore. La luce della fedepossiede, infatti, un carattere singolare, essendo

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capace di illuminare tutta  l’esistenza dell’uomo.Perché una luce sia così potente, non può proce-dere da noi stessi, deve venire da una fonte piùoriginaria, deve venire, in denitiva, da Dio. Lafede nasce nell’incontro con il Dio vivente, checi chiama e ci svela il suo amore, un amore che

ci precede e su cui possiamo poggiare per esse-re saldi e costruire la vita. Trasformati da questoamore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo chein esso c’è una grande promessa di pienezza e siapre a noi lo sguardo del futuro. La fede, che rice-

 viamo da Dio come dono soprannaturale, apparecome luce per la strada, luce che orienta il nostrocammino nel tempo. Da una parte, essa procededal passato, è la luce di una memoria fondante,quella della vita di Gesù, dove si è manifestato ilsuo amore pienamente afdabile, capace di vin-cere la morte. Allo stesso tempo, però, poichéCristo è risorto e ci attira oltre la morte, la fede

è luce che viene dal futuro, che schiude davanti anoi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro“io” isolato verso l’ampiezza della comunione.Comprendiamo allora che la fede non abita nelbuio; che essa è una luce per le nostre tenebre.Dante, nella Divina Commedia, dopo aver con-fessato la sua fede davanti a san Pietro, la descri-

 ve come una “favilla, / che si dilata in amma poi vivace / e come stella in cielo in me scintilla”.4 Proprio di questa luce della fede vorrei parlare,perché cresca per illuminare il presente no a di-

4 Paradiso XXIV, 145-147.

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 ventare stella che mostra gli orizzonti del nostrocammino, in un tempo in cui l’uomo è particolar-mente bisognoso di luce.

5. Il Signore, prima della sua passione, assicura- va a Pietro: « Ho pregato per te, perché la tua fede

non venga meno » ( Lc 22,32). Poi gli ha chiesto di“confermare i fratelli” in quella stessa fede. Con-sapevole del compito afdato al Successore diPietro, Benedetto XVI ha voluto indire quest’ An- no della fede , un tempo di grazia che ci sta aiutandoa sentire la grande gioia di credere, a ravvivare lapercezione dell’ampiezza di orizzonti che la fededischiude, per confessarla nella sua unità e inte-grità, fedeli alla memoria del Signore, sostenutidalla sua presenza e dall’azione dello Spirito San-to. La convinzione di una fede che fa grande epiena la vita, centrata su Cristo e sulla forza dellasua grazia, animava la missione dei primi cristiani.

Negli Atti dei martiri leggiamo questo dialogo trail prefetto romano Rustico e il cristiano Gerace:« Dove sono i tuoi genitori? », chiedeva il giudiceal martire, e questi rispose: « Nostro vero padre èCristo, e nostra madre la fede in Lui ».5 Per queicristiani la fede, in quanto incontro con il Dio

 vivente manifestato in Cristo, era una “madre”,perché li faceva venire alla luce, generava in essila vita divina, una nuova esperienza, una visioneluminosa dell’esistenza per cui si era pronti a daretestimonianza pubblica no alla ne.

5  Acta Sanctorum , Iunii, I, 21.

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6. L’ Anno della fede ha avuto inizio nel 50° an-niversario dell’apertura del Concilio Vaticano II.Questa coincidenza ci consente di vedere cheil Vaticano II è stato un Concilio sulla fede,6 inquanto ci ha invitato a rimettere al centro del-la nostra vita ecclesiale e personale il primato di

Dio in Cristo. La Chiesa, infatti, non presupponemai la fede come un fatto scontato, ma sa chequesto dono di Dio deve essere nutrito e raffor-zato, perché continui a guidare il suo cammino.Il Concilio Vaticano II ha fatto brillare la fedeall’interno dell’esperienza umana, percorrendo

così le vie dell’uomo contemporaneo. In questomodo è apparso come la fede arricchisce l’esi-stenza umana in tutte le sue dimensioni.

7. Queste considerazioni sulla fede — in conti-nuità con tutto quello che il Magistero della Chie-sa ha pronunciato circa questa virtù teologale7 —,intendono aggiungersi a quanto Benedetto XVIha scritto nelle Lettere encicliche sulla carità e

6 “Se il Concilio non tratta espressamente della fede, neparla ad ogni pagina, ne riconosce il carattere vitale e sopran-naturale, la suppone integra e forte, e costruisce su di essa lesue dottrine. Basterebbe ricordare le affermazioni conciliari […]

per rendersi conto dell’essenziale importanza che il Concilio,coerente con la tradizione dottrinale della Chiesa, attribuisce allafede, alla vera fede, quella che ha per sorgente Cristo e per cana-le il magistero della Chiesa” ( P aoLo Vi, Udienza generale [8 marzo1967]: Insegnamenti V [1967], 705).

7 Cfr ad es. conc. ecum. V  at. i, Cost dogm. sulla fedecattolica Dei Filius , cap. III: DS 3008-3020; conc. ecum. V  at.ii, Cost dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum , 5; Catechismodella Chiesa Cattolica , 153-165.

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sulla speranza. Egli aveva già quasi completatouna prima stesura di Lettera enciclica sulla fede.Gliene sono profondamente grato e, nella fra-ternità di Cristo, assumo il suo prezioso lavoro,aggiungendo al testo alcuni ulteriori contributi.Il Successore di Pietro, ieri, oggi e domani, è in-

fatti sempre chiamato a “confermare i fratelli”in quell’incommensurabile tesoro della fede cheDio dona come luce sulla strada di ogni uomo.

Nella fede, dono di Dio, virtù soprannatu-rale da Lui infusa, riconosciamo che un grande

 Amore ci è stato offerto, che una Parola buonaci è stata rivolta e che, accogliendo questa Paro-

la, che è Gesù Cristo, Parola incarnata, lo SpiritoSanto ci trasforma, illumina il cammino del fu-turo, e fa crescere in noi le ali della speranza perpercorrerlo con gioia. Fede, speranza e carità co-stituiscono, in un mirabile intreccio, il dinamismodell’esistenza cristiana verso la comunione piena

con Dio. Com’è questa via che la fede schiudedavanti a noi? Da dove viene la sua luce potenteche consente di illuminare il cammino di una vitariuscita e feconda, piena di frutto?

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CAPITOLO PRIMO

 aBBiamo creduto aLL’amore(cfr 1 Gv 4,16)

 Abramo, nostro padre nella fede 

8. La fede ci apre il cammino e accompagnai nostri passi nella storia. È per questo che, se

 vogliamo capire che cosa è la fede, dobbiamoraccontare il suo percorso, la via degli uominicredenti, testimoniata in primo luogo nell’Anti-co Testamento. Un posto singolare appartiene

ad Abramo, nostro padre nella fede. Nella sua vita accade un fatto sconvolgente: Dio gli rivolgela Parola, si rivela come un Dio che parla e chelo chiama per nome. La fede è legata all’ascolto.

 Abramo non vede Dio, ma sente la sua voce. Inquesto modo la fede assume un carattere perso-nale. Dio risulta così non il Dio di un luogo, eneanche il Dio legato a un tempo sacro specico,ma il Dio di una persona, il Dio appunto di Abra-mo, Isacco e Giacobbe, capace di entrare in con-tatto con l’uomo e di stabilire con lui un’alleanza.La fede è la risposta a una Parola che interpellapersonalmente, a un Tu che ci chiama per nome.

9. Ciò che questa Parola dice ad Abramo consi-ste in una chiamata e in una promessa. È prima ditutto chiamata ad uscire dalla propria terra, invitoad aprirsi a una vita nuova, inizio di un esodoche lo incammina verso un futuro inatteso. La

 visione che la fede darà ad Abramo sarà sempre

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congiunta a questo passo in avanti da compiere:la fede “vede” nella misura in cui cammina, incui entra nello spazio aperto dalla Parola di Dio.Questa Parola contiene inoltre una promessa: latua discendenza sarà numerosa, sarai padre diun grande popolo (cfr Gen 13,16; 15,5; 22,17). È

 vero che, in quanto risposta a una Parola che pre-cede, la fede di Abramo sarà sempre un atto dimemoria. Tuttavia questa memoria non ssa nelpassato ma, essendo memoria di una promessa,diventa capace di aprire al futuro, di illuminarei passi lungo la via. Si vede così come la fede,in quanto memoria del futuro, memoria futuri , siastrettamente legata alla speranza.

10. Quello che viene chiesto ad Abramo è diafdarsi a questa Parola. La fede capisce che laparola, una realtà apparentemente efmera epasseggera, quando è pronunciata dal Dio fedele

diventa quanto di più sicuro e di più incrollabilepossa esistere, ciò che rende possibile la continui-tà del nostro cammino nel tempo. La fede acco-glie questa Parola come roccia sicura sulla qualesi può costruire con solide fondamenta. Per que-sto nella Bibbia la fede è indicata con la paro-

la ebraica ’emûnah , derivata dal verbo ’amàn , chenella sua radice signica “sostenere”. Il termine’emûnah può signicare sia la fedeltà di Dio, sia lafede dell’uomo. L’uomo fedele riceve la sua for-za dall’afdarsi nelle mani del Dio fedele. Gio-cando sui due signicati della parola — presentianche nei termini corrispondenti in greco (  pistós  )

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e latino (  delis  ) —, san Cirillo di Gerusalemmeesalterà la dignità del cristiano, che riceve il nomestesso di Dio: ambedue sono chiamati “fedeli”.8 Sant’Agostino lo spiegherà così: « L’uomo fede-le è colui che crede a Dio che promette; il Diofedele è colui che concede ciò che ha promesso

all’uomo ».9

11. Un ultimo aspetto della storia di Abramoè importante per capire la sua fede. La Parola diDio, anche se porta con sé novità e sorpresa, nonrisulta per nulla estranea all’esperienza del Patriar-ca. Nella voce che si rivolge ad Abramo, egli rico-

nosce un appello profondo, inscritto da semprenel cuore del suo essere. Dio associa la sua pro-messa a quel “luogo” in cui l’esistenza dell’uomosi mostra da sempre promettente: la paternità,il generarsi di una nuova vita — « Sara, tua mo-glie, ti partorirà un glio e lo chiamerai Isacco »( Gen 17,19). Quel Dio che chiede ad Abramo diafdarsi totalmente a Lui si rivela come la fonteda cui proviene ogni vita. In questo modo la fedesi collega con la Paternità di Dio, dalla quale sca-turisce la creazione: il Dio che chiama Abramoè il Dio creatore, Colui che « chiama all’esisten-za le cose che non esistono » ( Rm  4,17), Colui

che « ci ha scelti prima della creazione del mon-do… predestinandoci a essere suoi gli adottivi »(  Ef 1,4-5). Per Abramo la fede in Dio illumina lepiù profonde radici del suo essere, gli permette

8 Cfr Catechesis  V, 1: PG 33, 505A.9  In Psal. 32, II, s. I, 9: PL 36, 284.

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di riconoscere la sorgente di bontà che è all’ori-gine di tutte le cose, e di confermare che la sua

 vita non procede dal nulla o dal caso, ma da unachiamata e un amore personali. Il Dio misteriosoche lo ha chiamato non è un Dio estraneo, maColui che è origine di tutto e che sostiene tutto.

La grande prova della fede di Abramo, il sacri-cio del glio Isacco, mostrerà no a che puntoquesto amore originario è capace di garantire la

 vita anche al di là della morte. La Parola che èstata capace di suscitare un glio nel suo corpo“come morto” e “nel seno morto” di Sara sterile(cfr Rm 4,19), sarà anche capace di garantire la

promessa di un futuro al di là di ogni minaccia opericolo (cfr Eb 11,19; Rm 4, 21).

La fede di Israele 

12. La storia del popolo d’Israele, nel librodell’Esodo, prosegue sulla scia della fede di Abra-mo. La fede nasce di nuovo da un dono origi-nario: Israele si apre all’azione di Dio che vuoleliberarlo dalla sua miseria. La fede è chiamata aun lungo cammino per poter adorare il Signoresul Sinai ed ereditare una terra promessa. L’amo-re divino possiede i tratti del padre che porta suo

glio lungo il cammino (cfr Dt 1,31). La confes-sione di fede di Israele si sviluppa come raccontodei beneci di Dio, del suo agire per liberare eguidare il popolo (cfr Dt 26,5-11), racconto cheil popolo trasmette di generazione in generazio-ne. La luce di Dio brilla per Israele attraverso lamemoria dei fatti operati dal Signore, ricordati e

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noi. Davanti all’idolo non si rischia la possibilitàdi una chiamata che faccia uscire dalle propriesicurezze, perché gli idoli « hanno bocca e nonparlano » ( Sal 115,5). Capiamo allora che l’idoloè un pretesto per porre se stessi al centro del-la realtà, nell’adorazione dell’opera delle proprie

mani. L’uomo, perso l’orientamento fondamen-tale che dà unità alla sua esistenza, si disperdenella molteplicità dei suoi desideri; negandosi adattendere il tempo della promessa, si disintegranei mille istanti della sua storia. Per questo l’i-dolatria è sempre politeismo, movimento senza

meta da un signore all’altro. L’idolatria non offreun cammino, ma una molteplicità di sentieri, chenon conducono a una meta certa e conguranopiuttosto un labirinto. Chi non vuole afdarsi aDio deve ascoltare le voci dei tanti idoli che gligridano: “Afdati a me!”. La fede in quanto le-

gata alla conversione, è l’opposto dell’idolatria;è separazione dagli idoli per tornare al Dio vi- vente, mediante un incontro personale. Crederesignica afdarsi a un amore misericordioso chesempre accoglie e perdona, che sostiene e oriental’esistenza, che si mostra potente nella sua capa-cità di raddrizzare le storture della nostra storia.La fede consiste nella disponibilità a lasciarsi tra-sformare sempre di nuovo dalla chiamata di Dio.Ecco il paradosso: nel continuo volgersi verso ilSignore, l’uomo trova una strada stabile che lolibera dal movimento dispersivo cui lo sottomet-tono gli idoli.

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14. Nella fede di Israele emerge anche la guradi Mosè, il mediatore. Il popolo non può vede-re il volto di Dio; è Mosè a parlare con YHWHsulla montagna e a riferire a tutti il volere delSignore. Con questa presenza del mediatore,Israele ha imparato a camminare unito. L’atto

di fede del singolo si inserisce in una comunità,nel “noi” comune del popolo che, nella fede, ècome un solo uomo, “il mio glio primogenito”,come Dio chiamerà l’intero Israele (cfr Es 4,22).La mediazione non diventa qui un ostacolo, maun’apertura: nell’incontro con gli altri lo sguardosi apre verso una verità più grande di noi stessi.

 J. J. Rousseau si lamentava di non poter vede-re Dio personalmente: « Quanti uomini tra Dioe me! »;11 « È così semplice e naturale che Diosia andato da Mosè per parlare a Jean-JacquesRousseau? ».12 A partire da una concezione indi-

 vidualista e limitata della conoscenza non si puòcapire il senso della mediazione, questa capacità

di partecipare alla visione dell’altro, sapere con-diviso che è il sapere proprio dell’amore. La fedeè un dono gratuito di Dio che chiede l’umiltà e ilcoraggio di darsi e afdarsi, per vedere il lumi-noso cammino dell’incontro tra Dio e gli uomini,la storia della salvezza.

La pienezza della fede cristiana 

15. « Abramo […] esultò nella speranza di ve-dere il mio giorno, lo vide e fu pieno di gioia »

11  Émile , Paris 1966, 387.12  Lettre à Christophe de Beaumont , Lausanne 1993, 110.

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( Gv 8,56). Secondo queste parole di Gesù, la fededi Abramo era orientata verso di Lui, era, in uncerto senso, visione anticipata del suo mistero.Così lo intende sant’Agostino, quando affermache i Patriarchi si salvarono per la fede, non fedein Cristo già venuto, ma fede in Cristo che sta-

 va per venire, fede tesa verso l’evento futuro diGesù.13 La fede cristiana è centrata in Cristo, èconfessione che Gesù è il Signore e che Dio lo harisuscitato dai morti (cfr Rm 10,9). Tutte le lineedell’Antico Testamento si raccolgono in Cristo,Egli diventa il “sì” denitivo a tutte le promes-se, fondamento del nostro “Amen” nale a Dio(cfr 2 Cor 1,20). La storia di Gesù è la manife-stazione piena dell’afdabilità di Dio. Se Israelericordava i grandi atti di amore di Dio, che for-mavano il centro della sua confessione e aprivanolo sguardo della sua fede, adesso la vita di Gesùappare come il luogo dell’intervento denitivo di

Dio, la suprema manifestazione del suo amoreper noi. Quella che Dio ci rivolge in Gesù non èuna parola in più tra tante altre, ma la sua Paro-la eterna (cfr Eb 1,1-2). Non c’è nessuna garan-zia più grande che Dio possa dare per rassicu-rarci del suo amore, come ci ricorda san Paolo(cfr Rm  8,31-39). La fede cristiana è dunquefede nell’Amore pieno, nel suo potere efcace,nella sua capacità di trasformare il mondo e diilluminare il tempo. « Abbiamo conosciuto e cre-duto all’amore che Dio ha per noi » ( 1 Gv 4,16).

13 Cfr In Ioh. Evang., 45, 9: PL 35, 1722-1723.

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La fede coglie nell’amore di Dio manifestato inGesù il fondamento su cui poggia la realtà e lasua destinazione ultima.

16. La prova massima dell’afdabilità dell’amo-re di Cristo si trova nella sua morte per l’uomo.

Se dare la vita per gli amici è la massima pro- va di amore (cfr Gv 15,13), Gesù ha offerto lasua per tutti, anche per coloro che erano nemici,per trasformare il cuore. Ecco perché gli evan-gelisti hanno situato nell’ora della Croce il mo-mento culminante dello sguardo di fede, perchéin quell’ora risplende l’altezza e l’ampiezza dell’a-more divino. San Giovanni collocherà qui la suatestimonianza solenne quando, insieme alla Ma-dre di Gesù, contemplò Colui che hanno tratto(cfr Gv 19,37): « Chi ha visto ne dà testimonianzae la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il

 vero, perché anche voi crediate » ( Gv  19,35). F.

M. Dostoevskij, nella sua opera L’Idiota , fa dire alprotagonista, il principe Myskin, alla vista del di-pinto di Cristo morto nel sepolcro, opera di HansHolbein il Giovane: « Quel quadro potrebbe an-che far perdere la fede a qualcuno ».14 Il dipintorappresenta infatti, in modo molto crudo, gli ef-fetti distruttivi della morte sul corpo di Cristo.E tuttavia, è proprio nella contemplazione dellamorte di Gesù che la fede si rafforza e riceve unaluce sfolgorante, quando essa si rivela come fedenel suo amore incrollabile per noi, che è capa-

14 Parte II, IV.

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ce di entrare nella morte per salvarci. In questoamore, che non si è sottratto alla morte per ma-nifestare quanto mi ama, è possibile credere; lasua totalità vince ogni sospetto e ci permette diafdarci pienamente a Cristo.

17. Ora, la morte di Cristo svela l’afdabilitàtotale dell’amore di Dio alla luce della sua Risur-rezione. In quanto risorto, Cristo è testimone af-dabile, degno di fede (cfr Ap 1,5; Eb 2,17), ap-poggio solido per la nostra fede. « Se Cristo non èrisorto, vana è la vostra fede », afferma san Paolo( 1 Cor  15,17). Se l’amore del Padre non avessefatto risorgere Gesù dai morti, se non avesse po-tuto ridare vita al suo corpo, allora non sarebbeun amore pienamente afdabile, capace di illumi-nare anche le tenebre della morte. Quando sanPaolo parla della sua nuova vita in Cristo, si rife-risce alla « fede del Figlio di Dio, che mi ha ama-

to e ha consegnato se stesso per me » ( Gal 2,20).Questa “fede del Figlio di Dio” è certamente lafede dell’Apostolo delle genti in Gesù, ma sup-pone anche l’afdabilità di Gesù, che si fonda,sì, nel suo amore no alla morte, ma anche nelsuo essere Figlio di Dio. Proprio perché Gesù è

il Figlio, perché è radicato in modo assoluto nelPadre, ha potuto vincere la morte e far risplende-re in pienezza la vita. La nostra cultura ha persola percezione di questa presenza concreta di Dio,della sua azione nel mondo. Pensiamo che Diosi trovi solo al di là, in un altro livello di realtà,separato dai nostri rapporti concreti. Ma se fosse

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così, se Dio fosse incapace di agire nel mondo, ilsuo amore non sarebbe veramente potente, vera-mente reale, e non sarebbe quindi neanche veroamore, capace di compiere quella felicità chepromette. Credere o non credere in Lui sareb-be allora del tutto indifferente. I cristiani, invece,

confessano l’amore concreto e potente di Dio,che opera veramente nella storia e ne determinail destino nale, amore che si è fatto incontrabile,che si è rivelato in pienezza nella Passione, Mortee Risurrezione di Cristo.

18. La pienezza cui Gesù porta la fede ha unaltro aspetto decisivo. Nella fede, Cristo non èsoltanto Colui in cui crediamo, la manifestazio-ne massima dell’amore di Dio, ma anche Colui alquale ci uniamo per poter credere. La fede, nonsolo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vistadi Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al

suo modo di vedere. In tanti ambiti della vita ciafdiamo ad altre persone che conoscono le cosemeglio di noi. Abbiamo ducia nell’architetto checostruisce la nostra casa, nel farmacista che ci of-fre il medicamento per la guarigione, nell’avvo-cato che ci difende in tribunale. Abbiamo anche

bisogno di qualcuno che sia afdabile ed esper-to nelle cose di Dio. Gesù, suo Figlio, si presen-ta come Colui che ci spiega Dio (cfr Gv 1,18).La vita di Cristo — il suo modo di conoscereil Padre, di vivere totalmente nella relazione conLui — apre uno spazio nuovo all’esperienzaumana e noi vi possiamo entrare. San Giovanni

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ha espresso l’importanza del rapporto personalecon Gesù per la nostra fede attraverso vari usidel verbo credere . Insieme al “credere che” è verociò che Gesù ci dice (cfr Gv 14,10; 20,31), Gio-

 vanni usa anche le locuzioni “credere a” Gesù e“credere in” Gesù. “Crediamo a” Gesù, quando

accettiamo la sua Parola, la sua testimonianza,perché egli è veritiero (cfr Gv 6,30). “Crediamoin” Gesù, quando lo accogliamo personalmentenella nostra vita e ci afdiamo a Lui, aderendoa Lui nell’amore e seguendolo lungo la strada(cfr Gv 2,11; 6,47; 12,44).

Per permetterci di conoscerlo, accoglierlo

e seguirlo, il Figlio di Dio ha assunto la nostracarne, e così la sua visione del Padre è avvenutaanche in modo umano, attraverso un cammino eun percorso nel tempo. La fede cristiana è fedenell’Incarnazione del Verbo e nella sua Risurre-zione nella carne; è fede in un Dio che si è fatto

così vicino da entrare nella nostra storia. La fedenel Figlio di Dio fatto uomo in Gesù di Nazaretnon ci separa dalla realtà, ma ci permette di co-gliere il suo signicato più profondo, di scoprirequanto Dio ama questo mondo e lo orienta in-cessantemente verso di Sé; e questo porta il cri-stiano a impegnarsi, a vivere in modo ancora più

intenso il cammino sulla terra.

La salvezza mediante la fede 

19. A partire da questa partecipazione al mododi vedere di Gesù, l’Apostolo Paolo, nei suoiscritti, ci ha lasciato una descrizione dell’esistenza

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l’uomo pensa che allontanandosi da Dio troveràse stesso, la sua esistenza fallisce (cfr Lc 15,11-24). L’inizio della salvezza è l’apertura a qualcosache precede, a un dono originario che afferma la

 vita e custodisce nell’esistenza. Solo nell’aprirci aquest’origine e nel riconoscerla è possibile essere

trasformati, lasciando che la salvezza operi in noie renda la vita feconda, piena di frutti buoni. Lasalvezza attraverso la fede consiste nel riconosce-re il primato del dono di Dio, come riassume sanPaolo: « Per grazia infatti siete stati salvati me-diante la fede; e ciò non viene da voi, ma è donodi Dio » (  Ef 2,8).

20. La nuova logica della fede è centrata su Cri-sto. La fede in Cristo ci salva perché è in Lui chela vita si apre radicalmente a un Amore che ciprecede e ci trasforma dall’interno, che agisce innoi e con noi. Ciò appare con chiarezza nell’e-

segesi che l’Apostolo delle genti fa di un testodel Deuteronomio, esegesi che si inserisce nelladinamica più profonda dell’Antico Testamento.Mosè dice al popolo che il comando di Dio non ètroppo alto né troppo lontano dall’uomo. Non sideve dire: « Chi salirà in cielo per prendercelo? »

o « Chi attraverserà per noi il mare per prenderce-lo? » (cfr Dt 30,11-14). Questa vicinanza della Pa-rola di Dio viene interpretata da san Paolo comeriferita alla presenza di Cristo nel cristiano: « Nondire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? — per farnecioè discendere Cristo —; oppure: Chi scende-rà nell’abisso? — per fare cioè risalire Cristo dai

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morti » ( Rm 10,6-7). Cristo è disceso sulla terraed è risuscitato dai morti; con la sua Incarnazio-ne e Risurrezione, il Figlio di Dio ha abbracciatol’intero cammino dell’uomo e dimora nei nostricuori attraverso lo Spirito Santo. La fede sa cheDio si è fatto molto vicino a noi, che Cristo ci è

stato dato come grande dono che ci trasformainteriormente, che abita in noi, e così ci dona laluce che illumina l’origine e la ne della vita, l’in-tero arco del cammino umano.

21. Possiamo così capire la novità alla quale la

fede ci porta. Il credente è trasformato dall’Amo-re, a cui si è aperto nella fede, e nel suo aprirsi aquesto Amore che gli è offerto, la sua esistenzasi dilata oltre sé. San Paolo può affermare: « Non

 vivo più io, ma Cristo vive in me » ( Gal 2,20), edesortare: « Che il Cristo abiti per la fede nei vostri

cuori » (  Ef 3,17). Nella fede, l’“io” del credente siespande per essere abitato da un Altro, per viverein un Altro, e così la sua vita si allarga nell’A-more. Qui si situa l’azione propria dello SpiritoSanto. Il cristiano può avere gli occhi di Gesù, isuoi sentimenti, la sua disposizione liale, perché

 viene reso partecipe del suo Amore, che è lo Spi-rito. È in questo Amore che si riceve in qualchemodo la visione propria di Gesù. Fuori da questaconformazione nell’Amore, fuori della presen-za dello Spirito che lo infonde nei nostri cuori(cfr Rm 5,5), è impossibile confessare Gesù comeSignore (cfr 1 Cor 12,3).

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CAPITOLO SECONDO

se non crederete,non comPrenderete

(cfr Is 7,9)

Fede e verità 23. Se non crederete, non comprenderete (cfrIs 7,9). La versione greca della Bibbia ebraica, latraduzione dei Settanta realizzata in Alessandriad’Egitto, traduceva così le parole del profeta Isa-ia al re Acaz. In questo modo la questione della

conoscenza della verità veniva messa al centrodella fede. Nel testo ebraico, tuttavia, leggiamodiversamente. In esso il profeta dice al re: “Senon crederete, non resterete saldi”. C’è qui ungioco di parole con due forme del verbo ’amàn :“crederete” ( ta’aminu  ), e “resterete saldi” ( te’ame- nu  ). Impaurito dalla potenza dei suoi nemici, ilre cerca la sicurezza che gli può dare un’alleanzacon il grande impero di Assiria. Il profeta, allora,lo invita ad afdarsi soltanto alla vera roccia chenon vacilla, il Dio di Israele. Poiché Dio è af-dabile, è ragionevole avere fede in Lui, costruirela propria sicurezza sulla sua Parola. È questo il

Dio che Isaia più avanti chiamerà, per due volte,“il Dio-Amen” (cfr Is 65,16), fondamento incrol-labile di fedeltà all’alleanza. Si potrebbe pensareche la versione greca della Bibbia, nel tradurre“essere saldo” con “comprendere”, abbia opera-to un cambiamento profondo del testo, passan-do dalla nozione biblica di afdamento a Dio a

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resta soggetto al mutarsi del nostro animo, alla variabilità dei tempi, incapace di sorreggere uncammino costante nella vita. Se la fede fosse così,il re Acaz avrebbe ragione a non giocare la sua

 vita e la sicurezza del suo regno su di un’emozio-ne. Ma proprio per il suo nesso intrinseco con la

 verità, la fede è capace di offrire una luce nuova,superiore ai calcoli del re, perché essa vede piùlontano, perché comprende l’agire di Dio, che èfedele alla sua alleanza e alle sue promesse.

25. Richiamare la connessione della fede conla verità è oggi più che mai necessario, proprioper la crisi di verità in cui viviamo. Nella cultu-ra contemporanea si tende spesso ad accettarecome verità solo quella della tecnologia: è verociò che l’uomo riesce a costruire e misurare conla sua scienza, vero perché funziona, e così ren-de più comoda e agevole la vita. Questa sembra

oggi l’unica verità certa, l’unica condivisibile conaltri, l’unica su cui si può discutere e impegnarsiinsieme. Dall’altra parte vi sarebbero poi le veritàdel singolo, che consistono nell’essere autenticidavanti a quello che ognuno sente nel suo inter-no, valide solo per l’individuo e che non possono

essere proposte agli altri con la pretesa di servireil bene comune. La verità grande, la verità chespiega l’insieme della vita personale e sociale, èguardata con sospetto. Non è stata forse questa

 — ci si domanda — la verità pretesa dai granditotalitarismi del secolo scorso, una verità che im-poneva la propria concezione globale per schiac-

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ciare la storia concreta del singolo? Rimane allorasolo un relativismo in cui la domanda sulla veritàdi tutto, che è in fondo anche la domanda su Dio,non interessa più. È logico, in questa prospettiva,che si voglia togliere la connessione della religio-ne con la verità, perché questo nesso sarebbe alla

radice del fanatismo, che vuole sopraffare chi noncondivide la propria credenza. Possiamo parlare,a questo riguardo, di un grande oblio nel nostromondo contemporaneo. La domanda sulla veritàè, infatti, una questione di memoria, di memoriaprofonda, perché si rivolge a qualcosa che ci pre-cede e, in questo modo, può riuscire a unirci oltre

il nostro “io” piccolo e limitato. È una domandasull’origine di tutto, alla cui luce si può vedere lameta e così anche il senso della strada comune.

Conoscenza della verità e amore 

26. In questa situazione, può la fede cristianaoffrire un servizio al bene comune circa il modogiusto di intendere la verità? Per rispondere ènecessario riettere sul tipo di conoscenza pro-prio della fede. Può aiutarci un’espressione di sanPaolo, quando afferma: « Con il cuore si crede »( Rm  10,10). Il cuore, nella Bibbia, è il centro

dell’uomo, dove s’intrecciano tutte le sue dimen-sioni: il corpo e lo spirito; l’interiorità della per-sona e la sua apertura al mondo e agli altri; l’in-telletto, il volere, l’affettività. Ebbene, se il cuoreè capace di tenere insieme queste dimensioni, èperché esso è il luogo dove ci apriamo alla ve-rità e all’amore e lasciamo che ci tocchino e ci

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trasformino nel profondo. La fede trasforma lapersona intera, appunto in quanto essa si apreall’amore. È in questo intreccio della fede con l’a-more che si comprende la forma di conoscenzapropria della fede, la sua forza di convinzione, lasua capacità di illuminare i nostri passi. La fede

conosce in quanto è legata all’amore, in quantol’amore stesso porta una luce. La comprensionedella fede è quella che nasce quando riceviamo ilgrande amore di Dio che ci trasforma interior-mente e ci dona occhi nuovi per vedere la realtà.

27. È noto il modo in cui il losofo Ludwig 

 Wittgenstein ha spiegato la connessione tra lafede e la certezza. Credere sarebbe simile, secon-do lui, all’esperienza dell’innamoramento, conce-pita come qualcosa di soggettivo, improponibilecome verità valida per tutti.19 All’uomo modernosembra, infatti, che la questione dell’amore nonabbia a che fare con il vero. L’amore risulta oggiun’esperienza legata al mondo dei sentimenti in-costanti e non più alla verità.

Davvero questa è una descrizione adeguatadell’amore? In realtà, l’amore non si può ridurrea un sentimento che va e viene. Esso tocca, sì,la nostra affettività, ma per aprirla alla persona

amata e iniziare così un cammino, che è un usciredalla chiusura nel proprio io e andare verso l’al-tra persona, per edicare un rapporto duraturo;l’amore mira all’unione con la persona amata. Si

19 Cfr Vermischte Bemerkungen / Culture and Value , G.H. von Wright (a cura di), Oxford 1991, 32-33; 61-64.

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na non solo il percorso particolare di un popolo,ma il corso intero del mondo creato, dalla suaorigine alla sua consumazione.

La fede come ascolto e visione 

29. Proprio perché la conoscenza della fede èlegata all’alleanza di un Dio fedele, che intrecciaun rapporto di amore con l’uomo e gli rivolgela Parola, essa è presentata dalla Bibbia come unascolto, è associata al senso dell’udito. San Paolouserà una formula diventata classica:  des ex au - ditu , « la fede viene dall’ascolto » ( Rm 10,17). Laconoscenza associata alla parola è sempre cono-scenza personale, che riconosce la voce, si apread essa in libertà e la segue in obbedienza. Perciòsan Paolo ha parlato dell’“obbedienza della fede”(cfr Rm 1,5; 16,26).23 La fede è, inoltre, conoscen-za legata al trascorrere del tempo, di cui la parola

ha bisogno per pronunciarsi: è conoscenza ches’impara solo in un cammino di sequela. L’ascol-

23 « A Dio che rivela è dovuta “l’obbedienza della fede”( Rm 16,26; cfr Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6), con la quale l’uomo gli siabbandona tutt’intero e liberamente prestandogli il pieno osse-quio dell’intelletto e della volontà e assentendo volontariamente

alla Rivelazione che egli fa. Perché si possa prestare questa fede,sono necessari la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiutiinteriori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolgaa Dio, apra gli occhi dello spirito e dia a tutti dolcezza nel con-sentire e nel credere alla verità. Afnché poi l’intelligenza dellaRivelazione diventi sempre più profonda, lo stesso Spirito San-to perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni »( conc. ecum. V  at. ii, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum , 5).

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to aiuta a rafgurare bene il nesso tra conoscenzae amore.

Per quanto concerne la conoscenza della verità, l’ascolto è stato a volte contrapposto alla visione, che sarebbe propria della cultura greca.La luce, se da una parte offre la contemplazione

del tutto, cui l’uomo ha sempre aspirato, dall’altranon sembra lasciar spazio alla libertà, perché di-scende dal cielo e arriva direttamente all’occhio,senza chiedere che l’occhio risponda. Essa, inol-tre, sembrerebbe invitare a una contemplazionestatica, separata dal tempo concreto in cui l’uo-

mo gode e soffre. Secondo questa concezione,l’approccio biblico alla conoscenza si opporreb-be a quello greco, che, nella ricerca di una com-prensione completa del reale, ha collegato la co-noscenza alla visione.

È invece chiaro che questa pretesa opposi-

zione non corrisponde al dato biblico. L’Antico Testamento ha combinato ambedue i tipi di co-noscenza, perché all’ascolto della Parola di Dio siunisce il desiderio di vedere il suo volto. In que-sto modo si è potuto sviluppare un dialogo conla cultura ellenistica, dialogo che appartiene alcuore della Scrittura. L’udito attesta la chiamatapersonale e l’obbedienza, e anche il fatto che la

 verità si rivela nel tempo; la vista offre la visionepiena dell’intero percorso e permette di situarsinel grande progetto di Dio; senza tale visione di-sporremmo solo di frammenti isolati di un tuttosconosciuto.

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Come si arriva a questa sintesi tra l’udire e il vedere? Diventa possibile a partire dalla personaconcreta di Gesù, che si vede e si ascolta. Egliè la Parola fatta carne, di cui abbiamo contem-plato la gloria (cfr Gv 1,14). La luce della fede èquella di un Volto in cui si vede il Padre. Infatti,

la verità che la fede coglie è, nel quarto Vangelo,la manifestazione del Padre nel Figlio, nella suacarne e nelle sue opere terrene, verità che si puòdenire come la “vita luminosa” di Gesù.24 Ciòsignica che la conoscenza della fede non ci invi-ta a guardare una verità puramente interiore. La

 verità che la fede ci dischiude è una verità centra-ta sull’incontro con Cristo, sulla contemplazionedella sua vita, sulla percezione della sua presenza.In questo senso, san Tommaso d’Aquino parladell’oculata des degli Apostoli — fede che vede!

 — davanti alla visione corporea del Risorto.25 Hanno visto Gesù risorto con i loro occhi e han-

no creduto, hanno, cioè, potuto penetrare nellaprofondità di quello che vedevano per confessareil Figlio di Dio, seduto alla destra del Padre.

31. Soltanto così, attraverso l’Incarnazione,attraverso la condivisione della nostra umanità,poteva giungere a pienezza la conoscenza pro-pria dell’amore. La luce dell’amore, infatti, nascequando siamo toccati nel cuore, ricevendo così

24 Cfr H. scHLier ,  Meditationen über den Johanneischen Be-  griff der Wahrheit , in: Besinnung auf das Neue Testament. Exegetische  Aufsätze und Vorträge 2 , Freiburg, Basel, Wien 1959, 272.

25 Cfr S. Th . III, q. 55, a. 2, ad 1.

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in noi la presenza interiore dell’amato, che ci per-mette di riconoscere il suo mistero. Capiamo allo-ra perché, insieme all’ascoltare e al vedere, la fedeè, per san Giovanni, un toccare, come affermanella sua prima Lettera: « Quello che noi abbiamoudito, quello che abbiamo veduto […] e che le

nostre mani toccarono del Verbo della vita… »( 1 Gv 1,1). Con la sua Incarnazione, con la sua venuta tra noi, Gesù ci ha toccato e, attraverso iSacramenti, anche oggi ci tocca; in questo modo,trasformando il nostro cuore, ci ha permesso e cipermette di riconoscerlo e di confessarlo comeFiglio di Dio. Con la fede, noi possiamo toccarlo,

e ricevere la potenza della sua grazia. Sant’Ago-stino, commentando il passo dell’emorroissa chetocca Gesù per essere guarita (cfr Lc  8,45-46),afferma: « Toccare con il cuore, questo è crede-re ».26 La folla si stringe attorno a Lui, ma non loraggiunge con il tocco personale della fede, che

riconosce il suo mistero, il suo essere Figlio chemanifesta il Padre. Solo quando siamo congura-ti a Gesù, riceviamo occhi adeguati per vederlo.

Il dialogo tra fede e ragione 

32. La fede cristiana, in quanto annuncia la ve-

rità dell’amore totale di Dio e apre alla potenzadi questo amore, arriva al centro più profondodell’esperienza di ogni uomo, che viene alla lucegrazie all’amore ed è chiamato ad amare per ri-

26  Sermo 229/L, 2: PLS 2, 576: “Tangere autem corde, hoc est credere ”.

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E tuttavia, questo incontro con il Dio dellaParola non ha portato sant’Agostino a riutarela luce e la visione. Egli ha integrato ambeduele prospettive, guidato sempre dalla rivelazionedell’amore di Dio in Gesù. E così ha elaboratouna losoa della luce che accoglie in sé la reci-

procità propria della parola e apre uno spazio allalibertà dello sguardo verso la luce. Come alla pa-rola corrisponde una risposta libera, così la lucetrova come risposta un’immagine che la riette.Sant’Agostino può riferirsi allora, associandoascolto e visione, alla « parola che risplende all’in-terno dell’uomo ».29 In questo modo la luce di-

 venta, per così dire, la luce di una parola, perchéè la luce di un Volto personale, una luce che, illu-minandoci, ci chiama e vuole riettersi nel nostro

 volto per risplendere dal di dentro di noi. D’al-tronde, il desiderio della visione del tutto, e nonsolo dei frammenti della storia, rimane presente

e si compirà alla ne, quando l’uomo, come diceil Santo di Ippona, vedrà e amerà.30 E questo, nonperché sarà capace di possedere tutta la luce, chesempre sarà inesauribile, ma perché entrerà, tuttointero, nella luce.

34. La luce dell’amore, propria della fede, può

illuminare gli interrogativi del nostro tempo sulla verità. La verità oggi è ridotta spesso ad autentici-tà soggettiva del singolo, valida solo per la vita in-

29  De Trinitate , XV, 11, 20: PL 42, 1071: “verbum quod intus lucet ”.

30 Cfr De civitate Dei , XXII, 30, 5: PL 41, 804.

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dividuale. Una verità comune ci fa paura, perchéla identichiamo con l’imposizione intransigentedei totalitarismi. Se però la verità è la verità dell’a-more, se è la verità che si schiude nell’incontropersonale con l’Altro e con gli altri, allora restaliberata dalla chiusura nel singolo e può fare par-

te del bene comune. Essendo la verità di un amo-re, non è verità che s’imponga con la violenza,non è verità che schiaccia il singolo. Nascendodall’amore può arrivare al cuore, al centro perso-nale di ogni uomo. Risulta chiaro così che la fedenon è intransigente, ma cresce nella convivenzache rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; alcontrario, la verità lo fa umile, sapendo che, piùche possederla noi, è essa che ci abbraccia e cipossiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza dellafede ci mette in cammino, e rende possibile latestimonianza e il dialogo con tutti.

D’altra parte, la luce della fede, in quanto

unita alla verità dell’amore, non è aliena al mondomateriale, perché l’amore si vive sempre in corpoe anima; la luce della fede è luce incarnata, cheprocede dalla vita luminosa di Gesù. Essa illumi-na anche la materia, conda nel suo ordine, co-nosce che in essa si apre un cammino di armonia

e di comprensione sempre più ampio. Lo sguar-do della scienza riceve così un benecio dallafede: questa invita lo scienziato a rimanere apertoalla realtà, in tutta la sua ricchezza inesauribile. Lafede risveglia il senso critico, in quanto impediscealla ricerca di essere soddisfatta nelle sue formulee la aiuta a capire che la natura è sempre più gran-

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Immagine di questa ricerca sono i Magi,guidati dalla stella no a Betlemme (cfr  Mt 2,1-12). Per loro la luce di Dio si è mostrata comecammino, come stella che guida lungo una stradadi scoperte. La stella parla così della pazienza diDio con i nostri occhi, che devono abituarsi al

suo splendore. L’uomo religioso è in camminoe deve essere pronto a lasciarsi guidare, a uscireda sé per trovare il Dio che sorprende sempre.Questo rispetto di Dio per gli occhi dell’uomo cimostra che, quando l’uomo si avvicina a Lui, laluce umana non si dissolve nell’immensità lumi-

nosa di Dio, come se fosse una stella inghiottitadall’alba, ma diventa più brillante quanto è piùprossima al fuoco originario, come lo specchioche riette lo splendore. La confessione cristia-na di Gesù, unico salvatore, afferma che tuttala luce di Dio si è concentrata in Lui, nella sua“vita luminosa”, in cui si svela l’origine e la con-

sumazione della storia.31 Non c’è nessuna espe-rienza umana, nessun itinerario dell’uomo versoDio, che non possa essere accolto, illuminato epuricato da questa luce. Quanto più il cristianos’immerge nel cerchio aperto dalla luce di Cristo,tanto più è capace di capire e di accompagnare la

strada di ogni uomo verso Dio.Poiché la fede si congura come via, essa ri-guarda anche la vita degli uomini che, pur noncredendo, desiderano credere e non cessano di

31 Cfr congregazione  Per   La dottrina  deLLa fede,Dich. Dominus Iesus (6 agosto 2000), 15: AAS 92 (2000), 756.

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cercare. Nella misura in cui si aprono all’amorecon cuore sincero e si mettono in cammino conquella luce che riescono a cogliere, già vivono,senza saperlo, nella strada verso la fede. Essi cer-cano di agire come se Dio esistesse, a volte per-ché riconoscono la sua importanza per trovare

orientamenti saldi nella vita comune, oppure per-ché sperimentano il desiderio di luce in mezzo albuio, ma anche perché, nel percepire quanto ègrande e bella la vita, intuiscono che la presenzadi Dio la renderebbe ancora più grande. Raccontasant’Ireneo di Lione che Abramo, prima di ascol-

tare la voce di Dio, già lo cercava « nell’ardentedesiderio del suo cuore », e « percorreva tutto ilmondo, domandandosi dove fosse Dio », nché« Dio ebbe pietà di colui che, solo, lo cercava nelsilenzio ».32 Chi si mette in cammino per praticareil bene si avvicina già a Dio, è già sorretto dal suoaiuto, perché è proprio della dinamica della luce

divina illuminare i nostri occhi quando cammi-niamo verso la pienezza dell’amore.

Fede e teologia 

36. Poiché la fede è una luce, ci invita a inoltrarciin essa, a esplorare sempre di più l’orizzonte cheillumina, per conoscere meglio ciò che amiamo.Da questo desiderio nasce la teologia cristiana. Èchiaro allora che la teologia è impossibile senza lafede e che essa appartiene al movimento stesso

32  Demonstratio apostolicae praedicationis , 24: SC 406, 117.

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della fede, che cerca l’intelligenza più profondadell’autorivelazione di Dio, culminata nel Miste-ro di Cristo. La prima conseguenza è che nellateologia non si dà solo uno sforzo della ragio-ne per scrutare e conoscere, come nelle scienzesperimentali. Dio non si può ridurre ad oggetto.

Egli è Soggetto che si fa conoscere e si manifestanel rapporto da persona a persona. La fede rettaorienta la ragione ad aprirsi alla luce che viene daDio, afnché essa, guidata dall’amore per la veri-tà, possa conoscere Dio in modo più profondo. Igrandi dottori e teologi medievali hanno indicatoche la teologia, come scienza della fede, è una

partecipazione alla conoscenza che Dio ha di sestesso. La teologia, allora, non è soltanto parolasu Dio, ma prima di tutto accoglienza e ricerca diun’intelligenza più profonda di quella parola cheDio ci rivolge, parola che Dio pronuncia su sestesso, perché è un dialogo eterno di comunione,

e ammette l’uomo all’interno di questo dialogo.33

 Fa parte allora della teologia l’umiltà che si lascia“toccare” da Dio, riconosce i suoi limiti di fronteal Mistero e si spinge ad esplorare, con la discipli-na propria della ragione, le insondabili ricchezzedi questo Mistero.

La teologia poi condivide la forma ecclesiale

della fede; la sua luce è la luce del soggetto creden-te che è la Chiesa. Ciò implica, da una parte, chela teologia sia al servizio della fede dei cristiani, si

33 Cfr BonaVentura, Breviloquium , prol.: Opera Omnia, V,Quaracchi 1891, p. 201; In I Sent., proem, q. 1, resp.: Opera Om-nia, I, Quaracchi 1891, p. 7; tommaso d’aquino, S. Th . I, q. 1.

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metta umilmente a custodire e ad approfondire ilcredere di tutti, soprattutto dei più semplici. Inol-tre, la teologia, poiché vive della fede, non con-sideri il Magistero del Papa e dei Vescovi in co-munione con lui come qualcosa di estrinseco, unlimite alla sua libertà, ma, al contrario, come uno

dei suoi momenti interni, costitutivi, in quanto ilMagistero assicura il contatto con la fonte origi-naria, e offre dunque la certezza di attingere allaParola di Cristo nella sua integrità.

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cero accende tante altre candele. La fede si tra-smette, per così dire, nella forma del contatto, dapersona a persona, come una amma si accendeda un’altra amma. I cristiani, nella loro povertà,piantano un seme così fecondo che diventa ungrande albero ed è capace di riempire il mondo

di frutti.

38. La trasmissione della fede, che brilla pertutti gli uomini di tutti i luoghi, passa anche at-traverso l’asse del tempo, di generazione in gene-razione. Poiché la fede nasce da un incontro cheaccade nella storia e illumina il nostro camminonel tempo, essa si deve trasmettere lungo i secoli.È attraverso una catena ininterrotta di testimo-nianze che arriva a noi il volto di Gesù. Come èpossibile questo? Come essere sicuri di attinge-re al “vero Gesù”, attraverso i secoli? Se l’uomofosse un individuo isolato, se volessimo partire

soltanto dall’“io” individuale, che vuole trovarein sé la sicurezza della sua conoscenza, questacertezza sarebbe impossibile. Non posso vedereda me stesso quello che è accaduto in un’epocacosì distante da me. Non è questo, tuttavia, l’uni-co modo in cui l’uomo conosce. La persona vive

sempre in relazione. Viene da altri, appartiene adaltri, la sua vita si fa più grande nell’incontro conaltri. E anche la propria conoscenza, la stessa co-scienza di sé, è di tipo relazionale, ed è legata adaltri che ci hanno preceduto: in primo luogo i no-stri genitori, che ci hanno dato la vita e il nome. Illinguaggio stesso, le parole con cui interpretiamo

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un dialogo, non può essere una mera confessioneche nasce dal singolo. È possibile rispondere inprima persona, “credo”, solo perché si appartie-ne a una comunione grande, solo perché si diceanche “crediamo”. Questa apertura al “noi” ec-clesiale avviene secondo l’apertura propria dell’a-

more di Dio, che non è solo rapporto tra Padree Figlio, tra “io” e “tu”, ma nello Spirito è ancheun “noi”, una comunione di persone. Ecco per-ché chi crede non è mai solo, e perché la fedetende a diffondersi, ad invitare altri alla sua gioia.Chi riceve la fede scopre che gli spazi del suo

“io” si allargano, e si generano in lui nuove re-lazioni che arricchiscono la vita. Tertulliano l’haespresso con efcacia parlando del catecumeno,che “dopo il lavacro della nuova nascita” è accol-to nella casa della Madre per stendere le mani epregare, insieme ai fratelli, il Padre nostro, comeaccolto in una nuova famiglia.34

I Sacramenti e la trasmissione della fede 

40. La Chiesa, come ogni famiglia, trasmette aisuoi gli il contenuto della sua memoria. Comefarlo, in modo che niente si perda e che, al contra-rio, tutto si approfondisca sempre più nell’ereditàdella fede? È attraverso la Tradizione Apostoli-ca conservata nella Chiesa con l’assistenza delloSpirito Santo, che noi abbiamo un contatto vivocon la memoria fondante. E quanto è stato tra-

34 Cfr De Baptismo, 20, 5: CCL 1, 295.

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smesso dagli Apostoli — come afferma il Con-cilio Vaticano II — « racchiude tutto quello cheserve per vivere la vita santa e per accrescere lafede del Popolo di Dio, e così nella sua dottrina,nella sua vita e nel suo culto la Chiesa perpetua etrasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa

è, tutto ciò che essa crede ».35

La fede, infatti, ha bisogno di un ambitoin cui si possa testimoniare e comunicare, e chequesto sia corrispondente e proporzionato a ciòche si comunica. Per trasmettere un contenutomeramente dottrinale, un’idea, forse basterebbe

un libro, o la ripetizione di un messaggio orale.Ma ciò che si comunica nella Chiesa, ciò che sitrasmette nella sua Tradizione vivente, è la lucenuova che nasce dall’incontro con il Dio vivo,una luce che tocca la persona nel suo centro, nelcuore, coinvolgendo la sua mente, il suo volere e

la sua affettività, aprendola a relazioni vive nellacomunione con Dio e con gli altri. Per trasmetteretale pienezza esiste un mezzo speciale, che mettein gioco tutta la persona, corpo e spirito, interio-rità e relazioni. Questo mezzo sono i Sacramenti,celebrati nella liturgia della Chiesa. In essi si co-munica una memoria incarnata, legata ai luoghi eai tempi della vita, associata a tutti i sensi; in essila persona è coinvolta, in quanto membro di unsoggetto vivo, in un tessuto di relazioni comuni-tarie. Per questo, se è vero che i Sacramenti sono

35 Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum , 8. 

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i Sacramenti della fede,36 si deve anche dire chela fede ha una struttura sacramentale. Il risvegliodella fede passa per il risveglio di un nuovo sensosacramentale della vita dell’uomo e dell’esistenzacristiana, mostrando come il visibile e il materialesi aprono verso il mistero dell’eterno.

41. La trasmissione della fede avviene in primoluogo attraverso il Battesimo. Potrebbe sembrareche il Battesimo sia solo un modo per simboliz-zare la confessione di fede, un atto pedagogicoper chi ha bisogno di immagini e gesti, ma da cui,in fondo, si potrebbe prescindere. Una parola disan Paolo, a proposito del Battesimo, ci ricordache non è così. Egli afferma che « per mezzo delbattesimo siamo […] sepolti insieme a Cristonella morte, perché come Cristo fu risuscitato daimorti per mezzo della gloria del Padre, così an-che noi possiamo camminare in una vita nuova »

( Rm 6,4). Nel Battesimo diventiamo nuova cre-atura e gli adottivi di Dio. L’Apostolo affermapoi che il cristiano è stato afdato a una “formadi insegnamento” ( typos didachés  ), cui obbedisce dicuore (cfr Rm 6,17). Nel Battesimo l’uomo rice-

 ve anche una dottrina da professare e una forma

concreta di vita che richiede il coinvolgimento ditutta la sua persona e lo incammina verso il bene. Viene trasferito in un ambito nuovo, afdato aun nuovo ambiente, a un nuovo modo di agire

36 Cfr conc. ecum. V  at. ii, Cost. sulla sacra Liturgia Sa- crosanctum Concilium , 59.

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comune, nella Chiesa. Il Battesimo ci ricorda cosìche la fede non è opera dell’individuo isolato, nonè un atto che l’uomo possa compiere contandosolo sulle proprie forze, ma deve essere ricevuta,entrando nella comunione ecclesiale che trasmet-te il dono di Dio: nessuno battezza se stesso, così

come nessuno nasce da solo all’esistenza. Siamostati battezzati.

42. Quali sono gli elementi battesimali che ciintroducono in questa nuova “forma di insegna-mento”? Sul catecumeno s’invoca in primo luogoil nome della Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo.Si offre così n dall’inizio una sintesi del cammi-no della fede. Il Dio che ha chiamato Abramo eha voluto chiamarsi suo Dio; il Dio che ha rivela-to il suo nome a Mosè; il Dio che nel consegnarcisuo Figlio ci ha rivelato pienamente il mistero delsuo Nome, dona al battezzato una nuova identi-

tà liale. Appare in questo modo il senso dell’a-zione che si compie nel Battesimo, l’immersionenell’acqua: l’acqua è, allo stesso tempo, simbolodi morte, che ci invita a passare per la conversio-ne dell’“io”, in vista della sua apertura a un “Io”più grande; ma è anche simbolo di vita, del grem-

bo in cui rinasciamo seguendo Cristo nella suanuova esistenza. In questo modo, attraverso l’im-mersione nell’acqua, il Battesimo ci parla dellastruttura incarnata della fede. L’azione di Cristoci tocca nella nostra realtà personale, trasforman-doci radicalmente, rendendoci gli adottivi diDio, partecipi della natura divina; modica così

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tutti i nostri rapporti, la nostra situazione con-creta nel mondo e nel cosmo, aprendoli alla suastessa vita di comunione. Questo dinamismo ditrasformazione proprio del Battesimo ci aiuta acogliere l’importanza del catecumenato, che oggi,anche nelle società di antiche radici cristiane, nel-

le quali un numero crescente di adulti si avvicinaal sacramento battesimale, riveste un’importan-za singolare per la nuova evangelizzazione. È lastrada di preparazione al Battesimo, alla trasfor-mazione dell’intera esistenza in Cristo.

Per comprendere la connessione tra Batte-simo e fede, ci può essere di aiuto ricordare untesto del profeta Isaia, che è stato associato alBattesimo nell’antica letteratura cristiana: « For-tezze rocciose saranno il suo rifugio […] la suaacqua sarà assicurata » ( Is 33,16).37 Il battezzato,riscattato dall’acqua della morte, poteva ergersiin piedi sulla “roccia forte”, perché aveva trovato

la saldezza cui afdarsi. Così, l’acqua di mortesi è trasformata in acqua di vita. Il testo grecola descriveva come acqua  pistós , acqua “fedele”.L’acqua del Battesimo è fedele perché ad essa cisi può afdare, perché la sua corrente immettenella dinamica di amore di Gesù, fonte di sicu-

rezza per il nostro cammino nella vita.43. La struttura del Battesimo, la sua con-gurazione come rinascita, in cui riceviamo unnuovo nome e una nuova vita, ci aiuta a capire il

37 Cfr Epistula Barnabae , 11, 5: SC 172, 162.

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senso e l’importanza del Battesimo dei bambini.Il bambino non è capace di un atto libero cheaccolga la fede, non può confessarla ancora dasolo, e proprio per questo essa è confessata daisuoi genitori e dai padrini in suo nome. La fedeè vissuta all’interno della comunità della Chiesa,

è inserita in un “noi” comune. Così, il bambinopuò essere sostenuto da altri, dai suoi genitori epadrini, e può essere accolto nella loro fede, cheè la fede della Chiesa, simbolizzata dalla luce cheil padre attinge dal cero nella liturgia battesimale.Questa struttura del Battesimo evidenzia l’im-portanza della sinergia tra la Chiesa e la famiglia

nella trasmissione della fede. I genitori sono chia-mati, secondo una parola di sant’Agostino, nonsolo a generare i gli alla vita, ma a portarli a Dioafnché, attraverso il Battesimo, siano rigeneraticome gli di Dio, ricevano il dono della fede.38 Così, insieme alla vita, viene dato loro l’orienta-

mento fondamentale dell’esistenza e la sicurez-za di un futuro buono, orientamento che verràulteriormente corroborato nel Sacramento dellaConfermazione con il sigillo dello Spirito Santo.

44. La natura sacramentale della fede trova lasua espressione massima nell’Eucaristia. Essa è

nutrimento prezioso della fede, incontro con Cri-sto presente in modo reale con l’atto supremodi amore, il dono di Se stesso che genera vita.

38 Cfr De nuptiis et concupiscentia , I, 4, 5: PL 44, 413: “Habent quippe intentionem generandi regenerandos, ut qui ex eis saeculi lii nas - cuntur in Dei lios renascantur ”.

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Nell’Eucaristia troviamo l’incrocio dei due assisu cui la fede percorre il suo cammino. Da unaparte, l’asse della storia: l’Eucaristia è atto di me-moria, attualizzazione del mistero, in cui il passa-to, come evento di morte e risurrezione, mostrala sua capacità di aprire al futuro, di anticipare la

pienezza nale. La liturgia ce lo ricorda con il suohodie , l’“oggi” dei misteri della salvezza. D’altraparte, si trova qui anche l’asse che conduce dalmondo visibile verso l’invisibile. Nell’Eucaristiaimpariamo a vedere la profondità del reale. Ilpane e il vino si trasformano nel corpo e sanguedi Cristo, che si fa presente nel suo cammino pa-squale verso il Padre: questo movimento ci intro-duce, corpo e anima, nel movimento di tutto ilcreato verso la sua pienezza in Dio.

45. Nella celebrazione dei Sacramenti, la Chie-sa trasmette la sua memoria, in particolare, con la

professione di fede. In essa, non si tratta tanto diprestare l’assenso a un insieme di verità astratte.

 Al contrario, nella confessione di fede tutta la vitaentra in un cammino verso la comunione pienacon il Dio vivente. Possiamo dire che nel Credo ilcredente viene invitato a entrare nel mistero che

professa e a lasciarsi trasformare da ciò che pro-fessa. Per capire il senso di questa affermazione,pensiamo anzitutto al contenuto del Credo. Essoha una struttura trinitaria: il Padre e il Figlio siuniscono nello Spirito di amore. Il credente af-ferma così che il centro dell’essere, il segreto piùprofondo di tutte le cose, è la comunione divi-

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na. Inoltre, il Credo contiene anche una confes-sione cristologica: si ripercorrono i misteri della

 vita di Gesù, no alla sua Morte, Risurrezionee Ascensione al Cielo, nell’attesa della sua venu-ta nale nella gloria. Si dice, dunque, che questoDio comunione, scambio di amore tra Padre e

Figlio nello Spirito, è capace di abbracciare la sto-ria dell’uomo, di introdurlo nel suo dinamismodi comunione, che ha nel Padre la sua origine ela sua mèta nale. Colui che confessa la fede, si

 vede coinvolto nella verità che confessa. Nonpuò pronunciare con verità le parole del Credo,

senza essere per ciò stesso trasformato, senzaimmettersi nella storia di amore che lo abbraccia,che dilata il suo essere rendendolo parte di unacomunione grande, del soggetto ultimo che pro-nuncia il Credo e che è la Chiesa. Tutte le veritàche si credono dicono il mistero della nuova vitadella fede come cammino di comunione con il

Dio vivente.

Fede, preghiera e Decalogo

46. Altri due elementi sono essenziali nella tra-smissione fedele della memoria della Chiesa. In

primo luogo, la preghiera del Signore, il Padrenostro. In essa il cristiano impara a condividere lastessa esperienza spirituale di Cristo e incomin-cia a vedere con gli occhi di Cristo. A partire daColui che è Luce da Luce, dal Figlio Unigenitodel Padre, conosciamo Dio anche noi e possiamoaccendere in altri il desiderio di avvicinarsi a Lui.

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È altrettanto importante, inoltre, la connes-sione tra la fede e il Decalogo. La fede, abbiamodetto, appare come un cammino, una strada dapercorrere, aperta dall’incontro con il Dio viven-te. Per questo, alla luce della fede, dell’afdamen-to totale al Dio che salva, il Decalogo acquista la

sua verità più profonda, contenuta nelle paroleche introducono i dieci comandamenti: « Io sonoil tuo Dio che ti ho fatto uscire dal paese d’E-gitto » (  Es 20,2). Il Decalogo non è un insiemedi precetti negativi, ma di indicazioni concreteper uscire dal deserto dell’ “io” autoreferenziale,chiuso in se stesso, ed entrare in dialogo con Dio,lasciandosi abbracciare dalla sua misericordia perportare la sua misericordia. La fede confessa cosìl’amore di Dio, origine e sostegno di tutto, si la-scia muovere da questo amore per camminare

 verso la pienezza della comunione con Dio. IlDecalogo appare come il cammino della grati-

tudine, della risposta di amore, possibile perché,nella fede, ci siamo aperti all’esperienza dell’amo-re trasformante di Dio per noi. E questo cammi-no riceve una nuova luce da quanto Gesù insegnanel Discorso della Montagna (cfr Mt 5-7).

Ho toccato così i quattro elementi che rias-

sumono il tesoro di memoria che la Chiesa tra-smette: la Confessione di fede, la celebrazione deiSacramenti, il cammino del Decalogo, la preghie-ra. La catechesi della Chiesa si è strutturata tradi-zionalmente attorno ad essi, incluso il Catechismodella Chiesa Cattolica , strumento fondamentale perquell’atto unitario con cui la Chiesa comunica il

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contenuto intero della fede, « tutto ciò che essa è,tutto ciò che essa crede ».39

L’unità e l’integrità della fede 

47. L’unità della Chiesa, nel tempo e nello spa-zio, è collegata all’unità della fede: « Un solo cor-po e un solo spirito […] una sola fede » (  Ef 4, 4-5).Oggi può sembrare realizzabile un’unione degliuomini in un impegno comune, nel volersi bene,nel condividere una stessa sorte, in una metacomune. Ma ci risulta molto difcile concepireun’unità nella stessa verità. Ci sembra che un’u-

nione del genere si opponga alla libertà del pen-siero e all’autonomia del soggetto. L’esperienzadell’amore ci dice invece che proprio nell’amoreè possibile avere una visione comune, che in essoimpariamo a vedere la realtà con gli occhi dell’al-tro, e che ciò non ci impoverisce, ma arricchisceil nostro sguardo. L’amore vero, a misura dell’a-

more divino, esige la verità e nello sguardo comu-ne della verità, che è Gesù Cristo, diventa saldoe profondo. Questa è anche la gioia della fede,l’unità di visione in un solo corpo e in un solospirito. In questo senso san Leone Magno potevaaffermare: « Se la fede non è una, non è fede ».40

Qual è il segreto di questa unità? La fede è

“una”, in primo luogo, per l’unità del Dio co-nosciuto e confessato. Tutti gli articoli di fede siriferiscono a Lui, sono vie per conoscere il suo

39  conc. ecum V  at. ii, Cost. dogm. sulla divina Rivela-zione Dei Verbum , 8.

40  In nativitate Domini sermo 4, 6: SC 22, 110.

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essere e il suo agire, e per questo possiedonoun’unità superiore a qualsiasi altra che possiamocostruire con il nostro pensiero, possiedono l’u-nità che ci arricchisce, perché si comunica a noi eci rende “uno”.

La fede è una, inoltre, perché si rivolge

all’unico Signore, alla vita di Gesù, alla sua sto-ria concreta che condivide con noi. Sant’Ireneodi Lione l’ha chiarito in opposizione agli ereticignostici. Costoro sostenevano l’esistenza di duetipi di fede, una fede rozza, la fede dei semplici,imperfetta, che si manteneva al livello della carnedi Cristo e della contemplazione dei suoi miste-

ri; e un altro tipo di fede più profondo e per-fetto, la fede vera riservata a una piccola cerchiadi iniziati che si elevava con l’intelletto al di làdella carne di Gesù verso i misteri della divinitàignota. Davanti a questa pretesa, che continua adavere il suo fascino e i suoi seguaci anche ai no-stri giorni, sant’Ireneo ribadisce che la fede è unasola, perché passa sempre per il punto concretodell’Incarnazione, senza superare mai la carnee la storia di Cristo, dal momento che Dio si è

 voluto rivelare pienamente in essa. È per questoche non c’è differenza nella fede tra “colui cheè in grado di parlarne più a lungo” e “colui che

ne parla poco”, tra colui che è superiore e chi èmeno capace: né il primo può ampliare la fede,né il secondo diminuirla.41

Inne, la fede è una perché è condivisa datutta la Chiesa, che è un solo corpo e un solo

41 Cfr ireneo, Adversus haereses , I, 10, 2: SC 264, 160.

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Spirito. Nella comunione dell’unico soggettoche è la Chiesa, riceviamo uno sguardo comune.Confessando la stessa fede poggiamo sulla stes-sa roccia, siamo trasformati dallo stesso Spiritod’amore, irradiamo un’unica luce e abbiamo ununico sguardo per penetrare la realtà.

48. Dato che la fede è una sola, deve essereconfessata in tutta la sua purezza e integrità. Pro-prio perché tutti gli articoli di fede sono collegatiin unità, negare uno di essi, anche di quelli chesembrerebbero meno importanti, equivale a dan-neggiare il tutto. Ogni epoca può trovare pun-

ti della fede più facili o difcili da accettare: perquesto è importante vigilare perché si trasmettatutto il deposito della fede (cfr 1 Tm 6,20), perchési insista opportunamente su tutti gli aspetti dellaconfessione di fede. Infatti, in quanto l’unità del-la fede è l’unità della Chiesa, togliere qualcosa alla

fede è togliere qualcosa alla verità della comunio-ne. I Padri hanno descritto la fede come un cor-po, il corpo della verità, con diverse membra, inanalogia con il corpo di Cristo e con il suo pro-lungamento nella Chiesa.42 L’integrità della fedeè stata legata anche all’immagine della Chiesa

 vergine, alla sua fedeltà nell’amore sponsale perCristo: danneggiare la fede signica danneggiarela comunione con il Signore.43 L’unità della fede

42 Cfr ibid., II, 27, 1: SC 294, 264.43 Cfr  agostino, De sancta virginitate , 48, 48: PL 40,424-

425: “Servatur et in de inviolata quaedam castitas virginalis, qua Eccle - sia uni viro virgo casta cooptatur ”.

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è dunque quella di un organismo vivente, comeha ben rilevato il beato John Henry Newmanquando enumerava, tra le note caratteristiche perdistinguere la continuità della dottrina nel tempo,il suo potere di assimilare in sé tutto ciò che trova,nei diversi ambiti in cui si fa presente, nelle diverse

culture che incontra,44 tutto puricando e portan-do alla sua migliore espressione. La fede si mostracosì universale, cattolica, perché la sua luce cresceper illuminare tutto il cosmo e tutta la storia.

49. Come servizio all’unità della fede e alla suatrasmissione integra, il Signore ha dato alla Chiesail dono della successione apostolica. Per suo tra-mite, risulta garantita la continuità della memoriadella Chiesa ed è possibile attingere con certezzaalla fonte pura da cui la fede sorge. La garanziadella connessione con l’origine è data dunque dapersone vive, e ciò corrisponde alla fede viva che

la Chiesa trasmette. Essa poggia sulla fedeltà deitestimoni che sono stati scelti dal Signore per talecompito. Per questo il Magistero parla sempre inobbedienza alla Parola originaria su cui si basala fede ed è afdabile perché si afda alla Parolache ascolta, custodisce ed espone.45 Nel discorso

di addio agli anziani di Efeso, a Mileto, raccoltoda san Luca negli Atti degli Apostoli, san Paolo

44 Cfr  An Essay on the Development of Christian Doctrine ,Uniform Edition: Longmans, Green and Company, London,1868-1881, 185-189.

45 Cfr conc. ecum. V  at. ii, Cost. dogm. sulla divina Ri- velazione Dei Verbum , 10.

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testimonia di aver compiuto l’incarico afdatoglidal Signore di annunciare « tutta la volontà di Dio »(  At 20,27). È grazie al Magistero della Chiesa checi può arrivare integra questa volontà, e con essa lagioia di poterla compiere in pienezza.

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CAPITOLO QUARTO

dio PrePara Per Loro una cittÀ(cfr Eb 11,16)

La fede e il bene comune 

50. Nel presentare la storia dei Patriarchi e deigiusti dell’Antico Testamento, la Lettera agli Ebreipone in rilievo un aspetto essenziale della lorofede. Essa non si congura solo come un cam-mino, ma anche come l’edicazione, la prepara-zione di un luogo nel quale l’uomo possa abitareinsieme con gli altri. Il primo costruttore è Noèche, nell’arca, riesce a salvare la sua famiglia (cfr

 Eb 11,7). Appare poi Abramo, di cui si dice che,per fede, abitava in tende, aspettando la città dallesalde fondamenta (cfr  Eb 11,9-10). Sorge, dun-que, in rapporto alla fede, una nuova afdabilità,

una nuova solidità, che solo Dio può donare. Sel’uomo di fede poggia sul Dio-Amen, sul Dio fe-dele (cfr Is 65,16), e così diventa egli stesso saldo,possiamo aggiungere che la saldezza della fede siriferisce anche alla città che Dio sta preparandoper l’uomo. La fede rivela quanto possono essere

saldi i vincoli tra gli uomini, quando Dio si rendepresente in mezzo ad essi. Non evoca soltantouna solidità interiore, una convinzione stabile delcredente; la fede illumina anche i rapporti tra gliuomini, perché nasce dall’amore e segue la dina-mica dell’amore di Dio. Il Dio afdabile donaagli uomini una città afdabile.

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51. Proprio grazie alla sua connessione conl’amore (cfr Gal 5,6), la luce della fede si poneal servizio concreto della giustizia, del diritto edella pace. La fede nasce dall’incontro con l’a-more originario di Dio in cui appare il senso ela bontà della nostra vita; questa viene illuminata

nella misura in cui entra nel dinamismo aperto daquest’amore, in quanto diventa cioè cammino epratica verso la pienezza dell’amore. La luce dellafede è in grado di valorizzare la ricchezza dellerelazioni umane, la loro capacità di mantenersi, diessere afdabili, di arricchire la vita comune. Lafede non allontana dal mondo e non risulta estra-nea all’impegno concreto dei nostri contempo-ranei. Senza un amore afdabile nulla potrebbetenere veramente uniti gli uomini. L’unità tra lorosarebbe concepibile solo come fondata sull’utili-tà, sulla composizione degli interessi, sulla paura,ma non sulla bontà di vivere insieme, non sulla

gioia che la semplice presenza dell’altro può su-scitare. La fede fa comprendere l’architettura deirapporti umani, perché ne coglie il fondamentoultimo e il destino denitivo in Dio, nel suo amo-re, e così illumina l’arte dell’edicazione, diven-tando un servizio al bene comune. Sì, la fede è

un bene per tutti, è un bene comune, la sua lucenon illumina solo l’interno della Chiesa, né serveunicamente a costruire una città eterna nell’aldilà;essa ci aiuta a edicare le nostre società, in modoche camminino verso un futuro di speranza. LaLettera agli Ebrei offre un esempio al riguardoquando, tra gli uomini di fede, nomina Samuele

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e Davide, ai quali la fede permise di « esercitarela giustizia » (  Eb  11,33). L’espressione si riferi-sce qui alla loro giustizia nel governare, a quellasaggezza che porta la pace al popolo (cfr 1 Sam  12,3-5; 2 Sam 8,15). Le mani della fede si alzano

 verso il cielo, ma lo fanno mentre edicano, nella

carità, una città costruita su rapporti in cui l’amo-re di Dio è il fondamento.

La fede e la famiglia 

52. Nel cammino di Abramo verso la città fu-tura, la Lettera agli Ebrei accenna alla benedizio-

ne che si trasmette dai genitori ai gli (cfr Eb 11,20-21). Il primo ambito in cui la fede illumina lacittà degli uomini si trova nella famiglia. Pensoanzitutto all’unione stabile dell’uomo e della don-na nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore,segno e presenza dell’amore di Dio, dal ricono-scimento e dall’accettazione della bontà della dif-ferenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsiin una sola carne (cfr Gen  2,24) e sono capacidi generare una nuova vita, manifestazione dellabontà del Creatore, della sua saggezza e del suodisegno di amore. Fondati su quest’amore, uomoe donna possono promettersi l’amore mutuo con

un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricordatanti tratti della fede. Promettere un amore chesia per sempre è possibile quando si scopre undisegno più grande dei propri progetti, che cisostiene e ci permette di donare l’intero futuroalla persona amata. La fede poi aiuta a cogliere intutta la sua profondità e ricchezza la generazio-

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ne dei gli, perché fa riconoscere in essa l’amorecreatore che ci dona e ci afda il mistero di unanuova persona. È così che Sara, per la sua fede,è diventata madre, contando sulla fedeltà di Dioalla sua promessa (cfr Eb 11,11).

53. In famiglia, la fede accompagna tutte le etàdella vita, a cominciare dall’infanzia: i bambiniimparano a darsi dell’amore dei loro genitori.Per questo è importante che i genitori coltivinopratiche comuni di fede nella famiglia, che ac-compagnino la maturazione della fede dei gli.

Soprattutto i giovani, che attraversano un’etàdella vita così complessa, ricca e importante perla fede, devono sentire la vicinanza e l’attenzio-ne della famiglia e della comunità ecclesiale nelloro cammino di crescita nella fede. Tutti abbia-mo visto come, nelle Giornate Mondiali della

Gioventù, i giovani mostrino la gioia della fede,l’impegno di vivere una fede sempre più salda egenerosa. I giovani hanno il desiderio di una vitagrande. L’incontro con Cristo, il lasciarsi affer-rare e guidare dal suo amore allarga l’orizzontedell’esistenza, le dona una speranza solida chenon delude. La fede non è un rifugio per gentesenza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essafa scoprire una grande chiamata, la vocazioneall’amore, e assicura che quest’amore è afdabile,che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché ilsuo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, piùforte di ogni nostra fragilità.

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Una luce per la vita in società 

54. Assimilata e approfondita in famiglia, lafede diventa luce per illuminare tutti i rapportisociali. Come esperienza della paternità di Dio edella misericordia di Dio, si dilata poi in cammi-no fraterno. Nella “modernità” si è cercato di co-struire la fraternità universale tra gli uomini, fon-dandosi sulla loro uguaglianza. A poco a poco,però, abbiamo compreso che questa fraternità,privata del riferimento a un Padre comune qualesuo fondamento ultimo, non riesce a sussistere.Occorre dunque tornare alla vera radice della fra-

ternità. La storia di fede, n dal suo inizio, è sta-ta una storia di fraternità, anche se non priva diconitti. Dio chiama Abramo ad uscire dalla suaterra e gli promette di fare di lui un’unica gran-de nazione, un grande popolo, sul quale riposala Benedizione divina (cfr Gen 12,1-3). Nel pro-cedere della storia della salvezza, l’uomo scopreche Dio vuol far partecipare tutti, come fratelli,all’unica benedizione, che trova la sua pienezza inGesù, afnché tutti diventino uno. L’amore ine-sauribile del Padre ci viene comunicato, in Gesù,anche attraverso la presenza del fratello. La fedeci insegna a vedere che in ogni uomo c’è una be-

nedizione per me, che la luce del volto di Diomi illumina attraverso il volto del fratello. Quantibeneci ha portato lo sguardo della fede cristianaalla città degli uomini per la loro vita comune!Grazie alla fede abbiamo capito la dignità unicadella singola persona, che non era così evidentenel mondo antico. Nel secondo secolo, il paga-

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no Celso rimproverava ai cristiani quello che alui pareva un’illusione e un inganno: pensare cheDio avesse creato il mondo per l’uomo, ponen-dolo al vertice di tutto il cosmo. Si chiedeva al-lora: « Perché pretendere che [l’erba] cresca pergli uomini, e non meglio per i più selvatici degli

animali senza ragione? »,46

« Se guardiamo la ter-ra dall’alto del cielo, che differenza offrirebberole nostre attività e quelle delle formiche e delleapi? ».47 Al centro della fede biblica, c’è l’amore diDio, la sua cura concreta per ogni persona, il suodisegno di salvezza che abbraccia tutta l’umani-tà e l’intera creazione e che raggiunge il vertice

nell’Incarnazione, Morte e Risurrezione di GesùCristo. Quando questa realtà viene oscurata, vie-ne a mancare il criterio per distinguere ciò cherende preziosa e unica la vita dell’uomo. Egli per-de il suo posto nell’universo, si smarrisce nellanatura, rinunciando alla propria responsabilitàmorale, oppure pretende di essere arbitro asso-luto, attribuendosi un potere di manipolazionesenza limiti.

55. La fede, inoltre, nel rivelarci l’amore di DioCreatore, ci fa rispettare maggiormente la natu-ra, facendoci riconoscere in essa una grammatica

da Lui scritta e una dimora a noi afdata perchésia coltivata e custodita; ci aiuta a trovare modellidi sviluppo che non si basino solo sull’utilità esul protto, ma che considerino il creato come

46  origene, Contra Celsum , IV, 75: SC 136, 372.47  Ibid., 85: SC 136, 394.

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dono, di cui tutti siamo debitori; ci insegna a in-dividuare forme giuste di governo, riconoscendoche l’autorità viene da Dio per essere al serviziodel bene comune. La fede afferma anche la pos-sibilità del perdono, che necessita molte volte ditempo, di fatica, di pazienza e di impegno; per-

dono possibile se si scopre che il bene è semprepiù originario e più forte del male, che la parolacon cui Dio afferma la nostra vita è più profondadi tutte le nostre negazioni. Anche da un puntodi vista semplicemente antropologico, d’altron-de, l’unità è superiore al conitto; dobbiamo far-ci carico anche del conitto, ma il viverlo deveportarci a risolverlo, a superarlo, trasformandoloin un anello di una catena, in uno sviluppo versol’unità.

Quando la fede viene meno, c’è il rischio cheanche i fondamenti del vivere vengano meno,come ammoniva il poeta T. S. Eliot: « Avete forse

bisogno che vi si dica che perno quei modestisuccessi / che vi permettono di essere eri di unasocietà educata / difcilmente sopravviverannoalla fede a cui devono il loro signicato? ».48 Setogliamo la fede in Dio dalle nostre città, si afe-

 volirà la ducia tra di noi, ci terremmo uniti sol-

tanto per paura, e la stabilità sarebbe minacciata.La Lettera agli Ebrei afferma: « Dio non si ver-gogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparatoinfatti per loro una città » (  Eb 11,16). L’espressio-

48 “Choruses from The Rock” in: The Collected Poems and Plays 1909-1950, New York 1980, 106.

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ne “non vergognarsi” è associata a un riconosci-mento pubblico. Si vuol dire che Dio confessapubblicamente, con il suo agire concreto, la suapresenza tra noi, il suo desiderio di rendere saldii rapporti tra gli uomini. Saremo forse noi a ver-gognarci di chiamare Dio il nostro Dio? Saremo

noi a non confessarlo come tale nella nostra vitapubblica, a non proporre la grandezza della vitacomune che Egli rende possibile? La fede illumi-na il vivere sociale; essa possiede una luce creati-

 va per ogni momento nuovo della storia, perchécolloca tutti gli eventi in rapporto con l’origine eil destino di tutto nel Padre che ci ama.

Una forza consolante nella sofferenza 

56. San Paolo scrivendo ai cristiani di Corintodelle sue tribolazioni e delle sue sofferenze mettein relazione la sua fede con la predicazione del

 Vangelo. Dice, infatti che in lui si compie il passodella Scrittura: « Ho creduto, perciò ho parlato »( 2 Cor 4,13). L’Apostolo si riferisce ad un’espres-sione del Salmo 116, in cui il Salmista esclama:« Ho creduto anche quando dicevo: sono trop-po infelice » (v. 10). Parlare della fede spessocomporta parlare anche di prove dolorose, ma

appunto in esse san Paolo vede l’annuncio piùconvincente del Vangelo, perché è nella debolez-za e nella sofferenza che emerge e si scopre lapotenza di Dio che supera la nostra debolezza ela nostra sofferenza. L’Apostolo stesso si trovain una situazione di morte, che diventerà vita peri cristiani (cfr 2 Cor 4,7-12). Nell’ora della pro-

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ogni male. La fede non è luce che dissipa tutte lenostre tenebre, ma lampada che guida nella not-te i nostri passi, e questo basta per il cammino.

 All’uomo che soffre, Dio non dona un ragiona-mento che spieghi tutto, ma offre la sua rispostanella forma di una presenza che accompagna, di

una storia di bene che si unisce ad ogni storia disofferenza per aprire in essa un varco di luce. InCristo, Dio stesso ha voluto condividere con noiquesta strada e offrirci il suo sguardo per vederein essa la luce. Cristo è colui che, avendo soppor-tato il dolore, « dà origine alla fede e la porta acompimento » (  Eb 12,2).

La sofferenza ci ricorda che il servizio dellafede al bene comune è sempre servizio di spe-ranza, che guarda in avanti, sapendo che solo daDio, dal futuro che viene da Gesù risorto, puòtrovare fondamenta solide e durature la nostrasocietà. In questo senso, la fede è congiunta alla

speranza perché, anche se la nostra dimora quag-giù si va distruggendo, c’è una dimora eterna cheDio ha ormai inaugurato in Cristo, nel suo corpo(cfr 2 Cor 4,16–5,5). Il dinamismo di fede, spe-ranza e carità (cfr 1 Ts 1,3; 1 Cor 13,13) ci fa cosìabbracciare le preoccupazioni di tutti gli uomini,

nel nostro cammino verso quella città, « il cui ar-chitetto e costruttore è Dio stesso » (  Eb 11,10),perché « la speranza non delude » ( Rm 5,5).

Nell’unità con la fede e la carità, la speranza ciproietta verso un futuro certo, che si colloca in unaprospettiva diversa rispetto alle proposte illusoriedegli idoli del mondo, ma che dona nuovo slancio

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con tutto il suo essere, nel suo cuore, perché inlei prendesse carne e nascesse come luce per gliuomini. San Giustino Martire, nel suo Dialogo con Trifone , ha una bella espressione in cui dice cheMaria, nell’accettare il messaggio dell’Angelo, haconcepito “fede e gioia”.49 Nella Madre di Gesù,

infatti, la fede si è mostrata piena di frutto, equando la nostra vita spirituale dà frutto, ci riem-piamo di gioia, che è il segno più chiaro dellagrandezza della fede. Nella sua vita, Maria hacompiuto il pellegrinaggio della fede, alla sequeladi suo Figlio.50 Così, in Maria, il cammino di fede

dell’Antico Testamento è assunto nella sequeladi Gesù e si lascia trasformare da Lui, entrandonello sguardo proprio del Figlio di Dio incarnato.

59. Possiamo dire che nella Beata Vergine Ma-ria si avvera ciò su cui ho in precedenza insistito,

 vale a dire che il credente è coinvolto totalmentenella sua confessione di fede. Maria è strettamen-te associata, per il suo legame con Gesù, a ciò checrediamo. Nel concepimento verginale di Mariaabbiamo un segno chiaro della liazione divinadi Cristo. L’origine eterna di Cristo è nel Padre,Egli è il Figlio in senso totale e unico; e per que-

sto nasce nel tempo senza intervento di uomo.Essendo Figlio, Gesù può portare al mondo unnuovo inizio e una nuova luce, la pienezza del-

49 Cfr Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 100, 5: PG 6, 710.50 Cfr conc. ecum. V  at. ii, Cost. dogm. sulla Chiesa Lu- 

men gentium , 58.

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l’amore fedele di Dio che si consegna agli uomi-ni. D’altra parte, la vera maternità di Maria ha as-sicurato per il Figlio di Dio una vera storia uma-na, una vera carne nella quale morirà sulla croce erisorgerà dai morti. Maria lo accompagnerà noalla croce (cfr Gv 19,25), da dove la sua maternità

si estenderà ad ogni discepolo del suo Figlio (cfrGv 19,26-27). Sarà presente anche nel cenacolo,dopo la Risurrezione e l’Ascensione di Gesù, perimplorare con gli Apostoli il dono dello SpiritoSanto (cfr  At 1,14). Il movimento di amore trail Padre e il Figlio nello Spirito ha percorso lanostra storia; Cristo ci attira a Sé per poterci sal-

 vare (cfr Gv 12,32). Al centro della fede si tro- va la confessione di Gesù, Figlio di Dio, nato dadonna, che ci introduce, per il dono dello SpiritoSanto, nella gliolanza adottiva (cfr Gal 4,4-6).

60. A Maria, madre della Chiesa e madre della

nostra fede, ci rivolgiamo in preghiera. Aiuta, o Madre, la nostra fede! Apri il nostro ascolto alla Parola, perché ri-

conosciamo la voce di Dio e la sua chiamata.Sveglia in noi il desiderio di seguire i suoi

passi, uscendo dalla nostra terra e accogliendo la

sua promessa. Aiutaci a lasciarci toccare dal suo amore,perché possiamo toccarlo con la fede.

 Aiutaci ad afdarci pienamente a Lui, a cre-dere nel suo amore, soprattutto nei momenti ditribolazione e di croce, quando la nostra fede èchiamata a maturare.

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INDICE

L a Luce deLLa fede [1] . . . . . . . . . 3

Una luce illusoria? [2-3] . . . . . . . . . 4

Una luce da riscoprire [4-7] . . . . . . . 5

caPitoLo Primo aBBiamo creduto aLL’amore

(cfr 1 Gv 4,16)

 Abramo, nostro padre nella fede [8-11] . . . 11

La fede di Israele [12-14] . . . . . . . . 14

La pienezza della fede cristiana [15-18] . . . 17La salvezza mediante la fede [19-21] . . . . 22

La forma ecclesiale della fede [22] . . . . . 26

caPitoLo secondose non crederete, non comPrenderete

(cfr Is 7,9)

Fede e verità [23-25] . . . . . . . . . . 29

Conoscenza della verità e amore [26-28] . . 32

La fede come ascolto e visione [29-31] . . . 36

Il dialogo tra fede e ragione [32-34] . . . . 40

La fede e la ricerca di Dio [35] . . . . . . 45

Fede e teologia [36]. . . . . . . . . . . 47

caPitoLo terzo Vi trasmetto queLLo cHe Ho riceVuto

(cfr 1 Cor 15,3)

La Chiesa, madre della nostra fede [37-39] . 51

I Sacramenti e la trasmissione della fede [40-45] 54

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Fede, preghiera e Decalogo [46]. . . . . . 61L’unità e l’integrità della fede [47-49] . . . . 63

caPitoLo quartodio PrePara Per Loro una citt À 

(cfr Eb 11,16)

La fede e il bene comune [50-51] . . . . . 69

La fede e la famiglia [52-53] . . . . . . . 71

Una luce per la vita in società [54-55] . . . 73

Una forza consolante nella sofferenza [56-57] 76

Beata  coLei  cHe  Ha  creduto (cfr Lc  1,45)

[58-60] . . . . . . . . . . . . . . 79

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 TIPOGRAFIA VATICANA

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