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A.A. 2008-2009
Industria culturale e media studies
Il cinema italiano tra anni
Sessanta e Settanta
Il cinema fine anni ’60: tra luci…
Il periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 resterà nella storia del cinema italiano come una delle pagine più feconde e fortunate: l’Oscar ad 8 e ½ di Fellini i fasti di Cinecittà in cui si girano Cleopatra e altri "kolossal", i tanti generi (commedia all’italiana, poliziesco, spaghetti-western, horror) che permettono al nostro cinema
di essere considerato un’industria le tante sale – di prima, di seconda, di
terza visione, le sale parrocchiali o universitarie - presenti nei quartieri delle città , popolati da intere famiglie di italiani.
Questi anni, al tempo stesso,
coincidono con una fase
complessa e non omogenea
del cinema e della società in Italia:
da un lato il consolidamento di
un’industria cinematografica
che riesce ad essere competitiva
nei confronti del cinema americano
dall’altro i prodromi di una crisi
che attanaglierà il cinema italiano
sino a tempi recenti.
… e ombre
Verso il cinema d’autore
Mette in scena nuovi modelli esistenziali metropolitani.
Avverte una gap nel dialogo con il pubblico.
Risponde valorizzando il cinema d’autore.
Questa scelta però allontana gli apparati produttivi da un assetto pienamente industriale.
Prende spunto dalla crisi del
nuovo decennio, dalla
radicalizzazione delle tensioni
e dal clima di profondo
mutamento.
Una stagione cinematografica
nella quale l’impegno e la
partecipazione al dibattito
politico e sociale in corso nel
nostro paese viene vissuta
con passione e trasporto.
IL CINEMA POLITICO
Il cinema si presenta come mezzo di affermazione e riconoscimento dell’ identità storica, ideologica, sociologica, intellettuale ed
artistica del paese.
Vengono messe in scena pagine della storia recente (es. il fascismo, la Resistenza), come anche argomenti d’attualità
(es. le fabbriche, le lotte sindacali, la mafia e la corruzione politica).
“Il cinema non è solo sedersi in poltrona per farsi opprimere dalle immagini. Il cinema deve far riflettere.”
Francesco Rosi
Cinema d’ identità nazionale
In questo scenario si impongonodue grandi personalità:Federico Fellini e Michelangelo Antonioni.
I due registi intraprendonopercorsi autonomi e originali, ilprimo con opere come Satyricon(’69), Roma (’72) e Amarcord(’73), vincitore quest’ultimo del Premio Oscar;
il secondo con Blow-Up (’66),Zabriskie Point (’70),Professione: Reporter (’75 ).
IL cinema d’autore:
FELLINI & ANTONIONI
L’endemica resistenza al processo di modernizzazione
delle competenze produttive si accentua in questo periodo.Chiusura di numerose sale
cinematografiche.Differenziazione delle forme di consumo a vantaggio di quello
televisivo (pay-tv, satellite,
videoregistratore negli anni ’80)
Dalla metà degli anni ’70 l’apparato dell’industria cinematografica italiana
subisce una battuta d’arresto.Alla florida stagione degli anni ’60 si contrappone un decennio di delicati
cambiamenti e di inadeguate politiche che non garantiscono il sostegno
necessario all’industria (la legge quadro sul cinema del 1965 non ha subito particolari variazioni
negli anni).
Crisi degli anni ‘70
Il ’70 segna il declino della commedia
all’italiana consolidatasi negli anni del
boom economico che aveva ben saputo
conciliare l’ironia e l’intelligenza
di grandi autori.
Per i maestri del dopoguerra è il canto
del cigno: dopo le loro ultime grandi
opere il cinema perde a distanza
ravvicinata figure come De Sica,
Visconti, Rossellini.
Ettore Scola si assume l’impegno di
chiudere in bellezza un’ epoca e
sintetizzare perfettamente un genere
con la pellicola “C’eravamo tanto amati” (’74)
IL TRAMONTO DI UN GENERE
1. Attorno alla commedia ruotano ancora la richiesta del
pubblico e l’investimento in termini di produzione
2. Molti registi realizzano ancora “commedie” : Dino Risi,
Monicelli, Scola
3. Un borghese piccolo piccolo, Mario Monicelli, 1977
Ai mostri egoisti e incivili della commedia all’italiana seguono
veri mostri, inquietanti, crudeli, surreali, pulp.
Il cinema dei “Mostri”
La Commedia all’italiana si muove tra evasione e critica
sociale, operando spesso una diminutio della violenza, la
riduce a farsa.
Il cinema dell’impegno percorre la strada di una forte
tematizzazione della violenza, così come faranno il
poliziottesco, l’horror, il western.
Mentre il cinema civile però è orientato a sinistra,
auspicando un ribaltamento degli equilibri di potere,
il poliziottesco celebra l’eroe violento e giustiziere, che è in
grado di combattere la criminalità.
Cinema, violenza e potere
Intellettuali
borghesi &
poteri forti
Pagina 17
La dolce vitaF. Fellini, 1960
Marcello, scrittore mancato che lavora per
un giornale scandalistico fa incontri ed
esperienze nella Roma mondana,
cinematografara e intellettuale di via Veneto e
dintorni. Viaggio attraverso l’affresco di una
Roma raccontata come una Babilonia
precristiana, affascinante e turpe.
Una materia da giornale in rotocalco
trasfigurata in epica. Uno spartiacque nel
cinema italiano, un film-cerniera
nell'itinerario felliniano con la sua
costruzione ad affresco, a blocchi narrativi e
retrospettivamente un film storico che
interpreta con acutezza un momento nella
storia d'Italia.
Palma d'oro a Cannes e Oscar ai costumi di
Piero Gherardi. 3 Nastri d'argento 1961 al
soggetto originale.
Pagina 18
“A volte, la notte, questa oscurità e questo silenzio mi pesano. E' la pace che mi fa paura. La temo più di ogni altra cosa. Mi sembra che sia solo un'apparenza e che
nasconda l'inferno. Pensa cosa vedranno i miei figli domani. "II mondo sarà meraviglioso", dicono. Da che punto di vista? Basta uno squillo di telefono per
annunciare la fine di tutto. Bisognerebbe vivere fuori dalle passioni, oltre i sentimenti...nell'armonia che c‘è nell'opera d'arte riuscita...in quell'ordine incantato.
Dovremmo amarci così tanto da vivere fuori dal tempo, distaccati. Distaccati. “
Steiner: l’intellettuale alienato
Io la conoscevo
beneA. Pietrangeli, 1965
Dal pistoiese, Adriana arriva a Roma
armata di bellezza, ingenuità, tenera
ignoranza, desideri trasparenti e
capacità di slanci affettivi.
Passa da un mestiere e da un uomo
all'altro, finché il “male oscuro”
dell'inutilità lievita in lei e la
spinge al suicidio.
3 Nastri d'argento (film, sceneggiatura
e attore non Protagonista.
Adriana è la metafora dell’Italia del Miracolo economico, ingenua
e sognante, omologata e acritica, grande consumatrice di prodotti
di massa, votata al disimpegno e alla passività.
Come l’Italia, anche Adriana sembra sopportare senza traumi o
ripercussioni gli abusi e le violenze dei suoi amanti,
ma il suo epilogo è tragico.
Indagine su un
cittadino al di sopra
di ogni sospetto
Nel giorno della sua promozione,
l'efficientissimo capo della Squadra
Omicidi, uccide la sua amante
Augusta Terzi, con la quale ha un
rapporto perverso. L'ispettore, dietro
una facciata solida ed irreprensibile,
nasconde in realtà una personalità
profondamente disturbata, e lascia
evidenti prove a proprio carico, proprio
per provare quanto sia insospettabile
nel suo ambiente. I colleghi della
omicidi non considerano neppure le
prove evidenti.
E. Petri, 1970
Opera sessantottina in chiave grottesca che si presta a una lettura su 3 piani:
1) denuncia della violenza e del potere poliziesco;
2) analisi del patologico protagonista e del suo rapporto con Augusta a colpi di
flashback, che si esaspera quando lei si sottrae al ruolo passivo ricoperto nel
loro gioco sadomasochistico;
3) analisi impietosa della classe media, soprattutto centro-meridionale, su cui si
basa la burocrazia statale, incarnata nel “dottore”
Giù la testa
S. Leone, 1971
Messico, 1916.
Un irlandese che vuole
combattere la dittatura a fianco
di Zapata e Villa, si aggrega ad
una banda con la scusa di
rapinare una banca. Alla fine
riuscirà a convertire il capo della
banda alla causa rivoluzionaria.
Sergio Leone utilizza la rivoluzione messicana
per esprimere il suo punto di vista sulle
contestazioni del ’68:
“la rivoluzione non è un pranzo di gala”
In nome del popolo
italianoD. Risi, 1971
Indagando sulla morte di una giovane tossicomane, il
giudice istruttore Bonifazi, un integerrimo magistrato,
scopre che nella sua fine può in qualche modo essere
implicato l'industriale Lorenzo Santenocito, un ricco e
spregiudicato speculatore edile. Dopo aver cercato di
bloccare sia con le minacce che con le lusinghe
l'inchiesta di Bonifazi sul suo conto e fatto rinchiudere in
manicomio il vecchio padre, che non si è voluto prestare
a inventargli un alibi per la sera della morte di Silvana,
l'industriale riesce finalmente a procurarsi una falsa
testimonianza, che dovrebbe scagionarlo definitivamente.
Bonifazi, però, smaschera il falso alibi di Santenocito, di
cui ordina immediatamente l'arresto. L'industriale tuttavia
non ha, tra le sue colpe, anche quella di aver ucciso
Silvana: lo scoprirà lo stesso giudice istruttore, leggendo il
diario della povera ragazza.
Al termine del film il giudice giungerà con amarezza alla vera
conclusione dell'inchiesta, decretando che il "sistema" e l'ottusa
coscienza generale generano corruzione e costringendo a conformarsi
al circuito vizioso dell’illegalità diffusa.
Distruggendo la prova dell'innocenza dell'indiziato, il giudice deciderà
perciò di trascinarlo ugualmente in tribunale, per colpire, attraverso lui,
tutto quello che egli rappresenta.
Sacco e VanzettiG. Montaldo, 1971
Il film narra la vera storia di
Sacco e Vanzetti, emigranti
italiani in America.
Nicola Sacco e Bartolomeo
Vanzetti, due operai anarchici,
per i pregiudizi nei confronti degli
emigranti italiani, vengono
accusati di aver ucciso due
persone durante una rapina e
vengono condannati alla sedia
elettrica.
L'esecuzione avviene il 23
agosto 1927, nonostante siano
state presentate al tribunale
numerose prove della loro
innocenza.
Il film è stato realizzato nel 1971, quando in Italia era ancora vivo l'eco della
strage di Piazza Fontana. Nel 1969, a Milano, della strage alla Banca
dell'Agricoltura vennero accusati ingiustamente due anarchici, Pietro
Valpreda e Giuseppe Pinelli, quest'ultimo morì in circostanze mai chiarite
cadendo dalla finestra della questura di Milano. In seguito ad iniziative di
intellettuali e di una parte dell'opinione pubblica, ma anche di magistrati, gli
autori della strage vennero poi cercati e trovati nell'estremismo neofascista.
Emersero anche gravi responsabilità, collusioni e ambiguità mai del tutto
chiariti da parte di ambienti dello Stato e della politica.
Il caso MatteiF. Rosi, 1972
Dalla morte di Enrico Mattei, precipitato con
il suo aereo nella campagna di Bascapè, in
circostanze mai del tutto chiarite, inizia la
rievocazione del periodo trascorso alla guida
dell'Agip e dell'Eni. Mattei, spregiudicato ma
Geniale imprenditore, cerca di dimostrare che
può esistere un'efficiente industria italiana degli
idrocarburi e, a tale scopo, s'ingegna di offrire ai
paesi arabi ed africani produttori di greggio
condizioni di sfruttamento delle loro risorse più
vantaggiose di quelle proposte dai
rappresentanti dei trust anglo-americani delle
Sette sorelle, inimicandoseli mortalmente.
Sfruttando le connivenze con i servizi segreti
italiani, gli interessi petroliferi stranieri
riusciranno a togliere di mezzo Mattei con un
attentato dinamitardo camuffato da incidente
aereo.
“Il mio film tende solo a capire perché il delitto è stato possibile, se di delitto
si è trattato. Non mira affatto a sciogliere il mistero della fine di Mattei. Poi,
vorrebbe ripercorrere le varie fasi di un "creatore di lavoro" che sente le
necessità di una rottura in un'Italia in mano alla destra economica. Voglio
citare una frase detta da Moravia: "In sostanza, per capire la morte di
Mattei pensiamo che bisogna risalire alla situazione storica dell'Italia e
arrischiare l'ipotesi che Mattei sia stato assassinato non tanto perché
dava fastidio quanto perché non aveva alle spalle una borghesia e una
cultura egemoniche, come i suoi avversari. Cioè perché era stato
costretto a condurre la sua lotta da solo e quasi in maniera privata".
Francesco Rosi
In nome del
Papa ReL. Magni, 1977
Roma 1867. La caserma Serristori viene
fatta saltare provocando la morte di 23
zuavi. Vengono arrestati tre giovani
rivoluzionari. La madre di uno di questi
per salvarlo ricorre a Mons. Colombo di
Priverno, giudice della Sacra Consulta o
tribunale penale supremo dello Stato
Pontificio. Il prelato, già in crisi non di
vocazione sacerdotale ma di fiducia
nella necessità del potere temporale e,
per conseguenza, disposto alle
dimissioni, viene a sapere dalla
donna di avere con lei generato il figlio.
Mons. Colombo pronuncia un
discorso rivoluzionario in tribunale,
scatenando le ire del "papa nero", il
generale dei Gesuiti, e viene arrestato.
Con In nome del Papa Re continua la polemica di Magni
contro il potere papalino, simbolo di feroce tirannide. Il film è da
leggere a tre livelli: come un pretesto per riesumare usi e costumi della
Roma di Pio IX in una prospettiva fortemente
anticlericale, come una metafora della perenne crisi dei padri
che cercano un’intesa con le nuove generazioni che li
contestano, come un film che fra le pieghe riecheggia
gli Anni di piombo.
Un borghese
piccolo piccoloM. Monicelli, 1977
Giovanni Vivaldi è un modesto impiegato alla
soglia della pensione in un ufficio pubblico
della capitale. Con la moglie condivide grandi
aspettative per il figlio Mario neo-diplomato
ragioniere, un ragazzo non molto brillante che
asseconda volentieri gli sforzi che il padre
compie per impiegarlo nello stesso ufficio.
Giovanni si espone nel tentativo di aiutare il
figlio, fino al punto di umiliarsi nei confronti
dei suoi superiori, iscrivendosi a una loggia
massonica che gli consentirà di acquisire
amicizie e favoritismi ai quali prima non
avrebbe mai potuto accedere. Proprio quando
i tentativi di Vivaldi sembrano volgere al
successo, il figlio Mario rimane ucciso, colpito
da una pallottola vagante esplosa nel corso di
una sparatoria successiva a una rapina nella
quale padre e figlio si trovano
accidentalmente coinvolti.
Un borghese piccolo piccolo rappresenta una critica di costume ad un intero
paese dove la dimensione del sociale sembra assente, sostituita dalla pratica della
raccomandazione. Così, la “fratellanza massonica” si esaurisce nel ristretto ambito
di un gruppo di impiegati dello stesso ufficio ministeriale, a garanzia di un sistema
chiuso di caste e di rapporti feudali. Un sistema che lascia agli esclusi ben poche
alternative.
Sull’opposto versante, Vivaldi non sembra è soltanto un padre disperato per la morte
del figlio, ma il prodotto di una patologia collettiva, che sembra far parte del dna della
nazione. Testimonianza del modo di essere e di pensare dell’italiano medio degli
anni Settanta.
Ecce BomboN. Moretti, 1978
Quattro amici ex sessantottini, stufi di
spendere le serate in maniera
inconcludente al bar, decidono di
affidarsi all'autocoscienza per risolvere
le proprie insoddisfazioni, ma finiscono
per abbandonarsi a logorroiche
divagazioni senza giungere a nulla.
L'arrivo dell'estate concluderà
l'esperimento di autocoscienza, ma i
quattro amici continuano a vedersi;
durante uno dei soliti incontri, viene
presa la decisione di andare a trovare
Olga; la voce si sparge tra gli altri
ragazzi del bar e del quartiere, ma alla
fine sarà il solo Michele a presentarsi
davanti ad Olga.
Ritratto di una generazione disorientata e confusa, riflesso di una fase storica
fallimentare della quale si è vittime e carnefici. I protagonisti sono la brutta
copia della stagione del ’68, ormai ridotto a sterile e desolante cliché condiviso
da giovani che dopo dieci anni, sono solo capaci di svuotare di significato
parole un tempo “sacre” e rivoluzionarie.
“Vado in giro, faccio cose, vedo gente”, è l’amara (forse incosciente)
ammissione di una completa inutilità, che si risolve in una probabile
consapevolezza di non lasciare un segno tangibile della propria esistenza nella
storia.
La terrazza,E. Scola, 1980
Siamo a Roma su una terrazza
dove un gruppo di amici e
conoscenti, tutti appartenenti alla
borghesia, si ritrova per passare
le serate d'estate. C'è Enrico, uno
sceneggiatore in crisi, Amedeo,
produttore cinematografico che si
è fatto dal nulla, assolutamente
privo di cultura. Poi c'è Galeazzo,
tornato dal Venezuela per trovare
gli amici e un lavoro, e Mario, un
deputato del Partito Comunista.
Ritratto autocritico della borghesia di sinistra
"Sembra e vuole essere una, sia pur sorridente,
radiografia della condizione intellettuale e borghese, ma
è soltanto un quadretto della condizione
pseudointellettuale e sostanzialmente piccoloborghese
dell'intellettualità cinematografica"
(L. Micchiché)
Quella terrazza di Scola era abitata da un ceto intellettuale di sinistra che aveva un
rapporto con la società italiana. Era un concentrato di tic e di snobismi, di
supponenza chic e di un privilegio sociale sublimato dalla cultura e dalla politica, e
che però, pur nei tormenti di una crisi che annunciano gli edonistici anni Ottanta
destinati a spazzare via vecchie e polverose egemonie culturali, aveva pur sempre
un suo baricentro. La terrazza di Gambardella-Servillo, infinitamente più fastosa di
quella che ospitava l'intellettuale di sinistra rannicchiato nel calore della mamma
Pci, è invece un deserto di cinismo e di desolazione, di gelo, di disillusione radicale.
Questa è la nuova Roma raffigurata e celebrata nella Grande bellezza . Quella di
Scola era l'ultima trincea di un mondo intellettuale sempre più sbiadito ma che pure
affondava le sue radici nel Novecento delle passioni e delle tragedie. Quella di
Sorrentino è la Roma senza più una passione, senza più storia, senza più un
baricentro, un modello di comportamento, una riconoscibilità pubblica.
Gli anni Settanta si manifestano in ambito cinematografico tramite una tipologia di generi differenti che ben rappresentano le vicissitudini di un paese in cambiamento e che puntano gli obiettivi su aspetti diversi della realtà. Alcuni nascono proprio all’alba del nuovo decennio come conseguenza di quanto stava avvenendo, altri seguono le orme di esperienze già maturate e consacrate in passato.Tre in particolare sono i filoni che conoscono la loro stagione aurea negli anni ’70:
Il poliziesco La commedia erotica Lo spaghetti-western
I ’70 E I SUOI GENERI
IL POLIZIESCO
Il genere conosce la sua ascesa a partire dal successo di un film del 1972,“La polizia ringrazia”di Stefano Vanzina.
Tre film di matrice americana "Il braccio violento della legge" di William Friedkin, “Ispettore Callaghan il caso Scorpio è tuo“di Don Siegel e "Il giustiziere della notte“di Michael Winner sono le più evidenti fonti d'ispirazione del filone.
Il poliziesco ibrida il cinema politico nostrano con le pellicole d’azione americane.
I film di ambientazione urbana tipicamente italiana si basano principalmente sul ritmo incalzante e sulle scene d'azione.
Considerati dalla critica del tempo rozzi e reazionari e catalogati anche come B-movie.
IL POLIZIESCO
LA COMMEDIA EROTICAFilone eccentrico e tipicamente italiano che riporta sullo schermo l’immaginario erotico collettivo dell’italiano medio.
Rompe con i tabù sessuali della società italiana dell’epoca contribuendo al mutamento della mentalità e alla liberalizzazione dei costumi morali.
Come il poliziesco, anche la commedia sexy verrà etichettata come genere di serie B per essere poi rivalutato solo in seguito.
LA COMMEDIA EROTICALe figure femminili protagonistenon rappresentano la donnasofisticata inarrivabile quantopiuttosto la ragazza della porta accanto come vuole il sogno erotico nostrano.
L’uomo svolge sempre il ruolo divittima della donna sempre pronto a capitolare di fronte alle sue armi seduttive.
A questo genere di film legano lapropria popolarità attori come Lino Banfi, Diego Abatantuono, Alvaro Vitali, Gloria Guida ed Edwige Fenech.
SPAGHETTI-WESTERNIcona del genere è Sergio Leone legato indissolubilmente alla musiche evocative di Ennio Morricone e all’interpretazione di Clint Eastwood.
Genere che mutua le sue forme dal western d’oltreoceano, anche se Leone rompe con il western classico.
Le pellicole sono prodotte e girate quasi sempre interamente negli studi italiani, anche se Leone gira molte sue scene in territorio spagnolo, avvalendosi spesso di grandi star internazionali, ancora agli albori della loro carriera.
SPAGHETTI-WESTERNPassaggio dal western di Leone allo spaghetti-western di Bud Spencer e Terence Hill
Il filone conosce il suo splendore negli anni sessanta, per continuare con alcune grandi prove nel decennio successivo ed essere poi soppiantato dal sorgere di nuovi "generi" come lo spaghetti thriller, di cui sarà capofila Dario Argento, già co-sceneggiatore di "C'era un volta il West“.
Il western perde gran parte della sua spinta propulsiva e conosce un ultimo, effimero periodo di gloria in una versione più leggera e scherzosa.
A cavallo tra i Settanta e gli
Ottanta
Marco Bellocchio
Liliana Cavani
Bernardo Bertolucci
ricambio generazionale
Il cinema erotico
Due strategie differenti:
Una sfida al comune senso del pudore borghese
Un’operazione d’élite, condotta dal cinema d’autore
Una forma di intrattenimento commerciale, ereditata dall’avanspettacolo
Il cinema dopo…
Tra gli altri: Marco Ferreri, Mauro Bolognini,
Valerio Zurlini, Elio Petri
Cinema come espressione non soltanto estetica,
ma anche ideologica