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Page 1: DIGITAL READERS 1 intervento Giampiero Remondini

DIGITAL READERSGiampiero Remondini

Mi ha fatto molto partecipare a “Digital readers“ e ringrazio la Biblioteca dei ragazzi di Rozzanoper l’invito. Ho ascoltato con interesse tutti gli interventi e, come da richiesta, riporto i puntiprincipali del mio. Il quale, desidero sottolinearlo, testimonia semplicemente una sensibilitàpersonale e non ha alcuna pretesa di rappresentare verità uniche o ricette.

Forme di sapere che stiamo perdendoNel suo libro “La terza fase - Forme di sapere che stiamo perdendo” (Laterza - anno 2000 – 7,50euro) Raffaele Simone segnala la differenza tra intelligenza sequenziale, quella che usiamo perleggere e che ci consente di codificare il significato delle parole, e l’intelligenza simultanea, che èquella che usiamo per la visione di un’immagine, per esempio di un quadro. Nel primo caso siamoin un certo senso costretti a seguire un ordine precostituito: se non leggiamo le parole una dietrol’altra non possiamo capire il senso. Nel secondo caso siamo più “liberi” di gustarci l’immaginesecondo un criterio e un ordine solo nostri. La civiltà dell’immagine nella quale siamo immersifinisce per sollecitare molto più frequentemente la seconda intelligenza rispetto alla prima. Misembra un primo possibile indizio di una crescita di utilizzo dell’evocazione rispetto al pensieroanalitico, anche nella comunicazione quotidiana.

Un secondo punto segnalato da Raffaele Simone riguarda la diffusione nei libri del linguaggio “nonproposizionale”, più vago e generico, rispetto a quello “proposizionale”, che invece è più denso diriferimenti a cose e persone. Il primo tende ad alludere, il secondo ha un approccio più analitico.Riporto per chiarezza l’esempio (pag. 127) di un linguaggio non proposizionale scelto da Simonetratto da “Il Guerriero della luce” di Paolo Coelho:

La spada del guerriero della luce è nelle sue mani.E’ lui che decide ciò che farà e ciò che non farà mai, in nessuna circostanza.

Ci sono momenti in cui la vita lo conduce verso una crisi: è costretto a separarsi da cose che hasempre amato; allora il guerriero riflette. Considera se se stia compiendo la volontà di Dio, o se

agisca per egoismo. Qualora la separazione sia comunque sul suo cammino, ebbene egli la accettasenza protestare.

Se, invece, la separazione è provocata dalla perversità altrui, la sua risposta risulta implacabile.Il guerriero possiede il colpo e il perdono. Sa usarli entrambi con la stessa abilità.

Nella scelta di questo stile, che non mi permetto certo di giudicare, vedo tuttavia un secondo indiziodella scelta dell’evocazione. E subito dopo mi chiedo: ma a quanti stimoli allusivi siamo sottopostioggi? Evocare sembra dare più forza alla comunicazione. Ma è proprio così? Proviamo a pensarealla miriade di spot pubblicitari. L’impressione è che evocare, oggi, rischi di non essere piùprincipalmente un talento e un’indole artistica, di pochi, ma principalmente una strategia scientificadegli uffici marketing, entrata ormai nel senso comune di tutti. Questo mi porta a pensare che unragazzino abbia il diritto di imparare a interpretare e distinguere. Di difendersi. E per farlo devepoter contare sugli strumenti del pensiero analitico, la vera leva per lo sviluppo dello spirito critico.Sarà lui poi da adulto a scegliere, a seconda della propria indole, il proprio percorso che saràprevalentemente creativo o analitico. Forse l’analisi è nemica delle emozioni e lo stesso Leopardi,citato da Raffaele Simone, la considerava “La morte della bellezza o della grandezza delle cose e lamorte della poesia”. Ma anche l’alluvione di immagini evocative usa e getta, che scimmiottanol’arte e che invece sono finalizzate alla vendita di prodotti e alla promozione di modelli standarduniformanti, rischia di diventare la morte della poesia, se noi adulti non forniamo ai bambini tutti,ma proprio tutti, gli strumenti per cogliere le differenze.

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Nel terzo punto ho accennato a un’intervista che ho rivolto qualche anno fa a un regista di teatro perragazzi, in occasione della presentazione di uno spettacolo realizzato insieme ai ragazzini cherichiamava Mozart e la sua musica. http://www.bimbi.it/Spettacoli/articoli/Naturalmente_Mozart_14032006.aspxHo chiesto al regista come poteva, oggi, un bambino, avvicinarsi a una musica così grandiosa e cosìdiversa da quella che ascolta ogni giorno. Lui mi ha risposto che proprio internet poteva venire insoccorso “per la sua capacità intrinseca di dare spazio alla fantasia”. Distinguendo rispetto alla tv,che comunque resta un media molto meno distante al web rispetto al libro, ha precisato: “Quandonavigo in internet posso partire da un obiettivo, per esempio la ricerca dell’Hotel Manzoni per leprossime vacanze, e poi scoprirmi a leggere un commento sui “Promessi Sposi”. L’Opera e laMusica sono forme di espressione fortemente analogiche, esattamente come Internet. La diffusionedella Rete mi rende dunque ottimista circa la possibilità, almeno potenziale, di avvicinare i piu’giovani alla musica classica: basta saper scegliere metodi e linguaggi adatti”.

E’ possibile che queste potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione piacciano molto a chi svolgeun’attività creativa, forse perché internet dà parecchie opportunità di esprimersi e anche dirovesciare le forme tradizionali di approccio alla conoscenza (quelle su cui tutti, creativi e non, cisiamo formati) con altre meno rigorose, per le quali serve meno disciplina. Ma queste forme diespressione analogiche, come le definisce il regista, non rischiano di diventare anche una formamentale? Io credo di si. Questa forma mentale meno analitica potrebbe a prima vista apparire piùvicina a chi svolge un’attività che a sua volta deve stimolare immagini e suscitare emozioni. Saltarecontinuamente da un luogo virtuale all’altro mi sembra tuttavia un pericoloso avvicinarsi al modellodel multitasking, l’abitudine ormai diffusissima di svolgere attività diverse tra lorocontemporaneamente. Non dispongo di studi scientifici, non voglio salire in cattedra a dispensarecertezze, ma un’opinione me la sono fatta e la riporto: nè uno ne l’altro mi sembrano il modomigliore per imparare a concentrarsi davvero su qualcosa, né per acquisire coscienza di sé. Anche inquesto caso mi sembra utile distinguere le esigenze di un adulto che svolge un’attività creativa daquelle di chi, come i bambini/ragazzini, deve ancora imparare a formare e strutturare la propriacapacità di analisi. Nel primo caso l’esigenza di allontanarsi da un approccio troppo “disciplinato” èuna libera scelta, che tuttavia segue la conquista ormai avvenuta di strumenti analitici, i qualipossono essere sempre recuperati. Nel secondo caso, molto più banalmente, rischia di diventare unalegittimazione del disimpegno che si tradurrà, da adulti, in forti difficoltà nell’attivare il propriospirito critico. Un conto è accantonare questa capacità, un conto è non sapere di averla perché nonla si è mai coltivata.

Web 2.0.Il marketing ha saputo leggere perfettamente il desiderio comune a tutti di espressione, di rifugionella fantasia e di protagonismo e ha confezionato programmi televisivi (“Il protagonista… seitu!”) e spot televisivi che alludono e che solleticano fortemente le illusioni associandole sempre aun acquisto o all’adesione a un modello. Il linguaggio degli spot consiste nell’ammiccare edevocare: sarebbe sbagliato non considerare che gli strumenti del web 2.0. si sviluppano in questocontesto. Ecco un perfetto esempio di una “scuola di pensiero” non proprio analitico. Lacomunicazione è solo evocativa, non c’è dialogo né ascolto. C’è solo una protagonista ed è lei adavere qualcosa da “dire”, certo non ha tempo per ascoltare.

http://www.youtube.com/watch?v=h9L_qgNO-LY

Su youtube questo spot ha generato svariati cloni, ancora visibili per chi è curioso, da quella stessapagina. A volte sembra palesemente un gioco autoironico, a volte un imbarazzate tentativo diimitazione, a volte metà e metà.

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L’impressione è che senza una mediazione o un avviamento da parte degli adulti, principalmentedella scuola (ma ciascuno deve fare la sua parte senza delegare perché la scuola da sola non puòcerto reggere questo urto), rischiamo di trasmettere ai bambini/ragazzini un’idea di normalità doveil confine tra un sano desiderio di espressione e il protagonismo si fa sempre più sottile. Dovequalunque traguardo sembra alla portata di tutti senza troppo sforzo e dove non avere qualcosa dadire di sé o da mostrare diventa quasi un segno di sconfitta: piuttosto è meglio dire una banalità, madirla, perché anche quella magari serve ad arrivare ad avere 10 mila fan su facebook e su twitter oclic sui propri video di youtube. E’ uno stimolo all’espressione o al protagonismo?

Non è mai stato così facile rendere pubblico un proprio testo/video ecc, ma in questa facilità dipubblicare qualunque cosa, vediamo, come risvolto della medaglia, una forte diminuzionedell’indole all’ascolto, per il quale sono necessari umiltà e di capacità di concentrazione. C’è unabbondare mai visto e spesso frenetico di riflessioni, pensieri, intuizioni, creatività e altre forme diespressione, video compresi, grazie ai social network. Per farlo è tuttavia necessario confinare nelrimosso un dubbio un po’ fastidioso, figlio dello spirito critico e del pensiero analitico “nemicodelle emozioni” (hai considerato l’eventualità che il protagonista possa non essere tu?), che aproposito delle abitudini di lettura fa pensare: ma se siamo tutti molto impegnati a scrivere, cantare,ballare, o a sognare di farlo in tv, se siamo intenti a scolpire vere e proprie opere d’arte o pensieriche ci sopravviveranno, sul web e su carta, chi lo trova poi trova anche il tempo e la voglia dileggere? Chi sceglie l’ascolto? E come recuperare un criterio per scegliere cosa vale la pena diascoltare/leggere nel frastuono? Se siamo noi adulti i primi a non leggere, a non ascoltare storie chealtri più bravi di noi hanno pensato, musiche che altri prima di noi hanno scritto, se siamo noi stessia sgomitare per un inquadratura e a promuoverci ovunque sia possibile, cosa possiamo aspettarcidai ragazzini? Il compito della scuola in un contesto come questo appare arduo.

ProposteBen vengano i nuovi mezzi di comunicazione. Sono un strumenti e opportunità in più. Però non c’èqualcosa da dire ogni giorno su tutto. C’è dignità anche nella scelta del silenzio, nell’ascolto(lettura?) di quello che altri hanno da raccontare. Nel gustarsi il talento di cui altri dispongono,magari perché l’hanno coltivato faticosamente per anni o perchè sono semplicemente più bravi dinoi. Diciamolo ai bambini. Partendo da questa considerazione bimbi.it ha avviato un forum didiscussione tra una scuola elementare italiana e una in Marocco. I bambini si sono preparati insiemealle insegnanti e poi hanno dialogato per una mattina lungo un percorso definito e che loro stessihanno contribuito a tracciare. Alle ore 13 stop e arrivederci alla prossima volta. Questo ci sembra unesempio di utilizzo delle nuove tecnologie che mette al riparo dalla frenesia delle chat, che avvicinaa sé invece di allontanare da sè, e che allo stesso tempo stimola l’analisi e il lavoro di gruppo: qualidomande facciamo agli altri bambini? E cosa rispondiamo alle loro? Una goccia nel mare, una proposta che non ha la presunzione di risolvere alcunché. Che non nasceper spostare equilibri e intaccare massimi sistemi, ma che è semplicemente l’effetto di una nostrasensibilità.