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1 Finalità e senso della vita umana. Da William James alla Psicologia positiva Juan Andrés Mercado novembre 2021 Appunti ad uso degli studenti Tommaso d’Aquino Sensibilità e passioni (bozza)

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Finalità e senso della vita umana. Da William James alla Psicologia positiva

Juan Andrés Mercado

novembre 2021

Appunti ad uso degli studenti

Tommaso d’Aquino

Sensibilità e passioni

(bozza)

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LE PASSIONI SECONDO TOMMASO D’AQUINO1

1. GLI OGGETTI SENSIBILI

La proposta antropologica di S. Tommaso è costruita su di una base che parte dalle forme di vita e le loro attività. Le diverse forme di vita si manifestano come livelli di sofisticazione o perfezione: vegetale, animale e umana. Ad ogni livello vitale corrisponde un tipo di principio organizzatore particolare, cioè un’anima che organizza il corpo affinché possa svilupparsi in un certo modo. Tutto questo implica anche una metafisica e una cosmologia che non si può spiegare in queste righe.

Fra gli assunti di questa spiegazione della natura umana si trova la distinzione fra conoscenza sensibile e conoscenza intellettuale, la prima legata alla percezione di elementi dipendenti dalle condizioni materiali tramite gli organi dei sensi, e la seconda – sempre dipendente dalla prima – che separa gli elementi formali da quelli materiali per sviluppare le idee e i collegamenti logici. Fra la sensibilità esterna c’è anche la sensibilità interna.

Il trattamento della sensibilità si basa sulla metodologia aristotelica che trova negli oggetti un elemento fondamentale: un oggetto è ciò verso cui tende una capacità o potenzialità umana, sia che si tratti di un approccio meramente conoscitivo sia che si tratti di un’intenzione di raggiungerlo o della convenienza di evitarlo, cioè di una valutazione sul rapporto fra noi ed esso. Quindi, vi sono delle realtà esterne a noi – cose o situazioni – che attirano la nostra attenzione e richiedono una risposta emotiva e probabilmente anche attitudinale. Questi oggetti esercitano una certa attrazione su di noi perché rispondono a esigenze più o meno elementari per la vita, come saziare la sete o la fame, o perché ci aiutano a conservarla, come la spinta a fuggire davanti a qualcosa di percepito come un pericolo. Quindi gli oggetti si presentano per essere conosciuti e “gestiti” per mantenere o migliorare la vita.

Si presenta di seguito uno schema con il risultato della disamina fenomenologica di Aristotele sugli oggetti sensibili, per passare poi a una rassegna della lettura di Tommaso d’Aquino sull’origine delle passioni (o emozioni).

Aristotele adopera la metodologia degli oggetti sensibili per identificare ciò che conosce ogni singolo senso, e collegarlo agli organi dei sensi.

1 Estratto e adattato da Filosofia della speranza, ms. 2020. Integrazioni sulla sensibilità

esterna e interna. Per integrare la presentazione delle idee di Magda Arnold. Novembre 2021.

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La concezione classica sugli oggetti sensibili propri di ogni facoltà sensibile si possono presentare così:

senso oggetto sensibile organo osservazioni proprio comune

vista colori, forme colorate movimiento, dimensione (e

distanza), numero

occhio Il più elevato, quello che mostra più caratteristiche

udito suoni movimento, dimensione

udito Distingue fra rumori, suoni e voci (significati) e serve all’apprendimento superiore. Dipende dal movimento dell’aria e dalla trasmissione e

percussione nell’orecchio. olfatto odori naso

interno Più dipendente da alterazioni fisiche

gusto sapori lingua Associato all’olfatto ma molto vicino al tatto

tatto (non unico) movimento, dimensione, numero

pelle Il meno sofisticato, il più indeterminato, ma

indispensabile per la vita

Tramite gli oggetti sensibili si percepiscono altri oggetti, come il numero, la

dimensione, il movimento (legati alla quantità) e sono perciò chiamati oggetti sensibili comuni. Ci sono anche gli oggetti sensibili per accidente, cioè quegli individuati tramite le qualità sensibili, come riconoscere che quell’oggetto bianco è Tizio o Caio.

Per Aristotele e la sua scuola, la gerarchia è determinata dall’immaterialità e dalla maggiore informazione ricavabile dagli oggetti, e la precisione è maggiore nella percezione degli oggetti sensibili propri che non in quelli comuni. Comunque, il livello di distinzione dei diversi oggetti e la precisione nel percepire diverse qualità apre a molteplici distinzioni. Ad esempio, capire quali siano i rapporti fra le dimensioni e la distanza, caratteristiche importantissime ma non colte come oggetti propri da nessuno dei sensi.

Dal punto di vista dei pensatori dal Seicento in poi, la distinzione tradizionale privilegia aspetti soggettivi della conoscenza che compromettono però la sua precisione: essi possono infatti cambiare da un soggetto all’altro, da un momento all’altro, ecc. La scienza non può restare a questo livello se vuole essere precisa e regolabile. Per la scienza dunque gli aromi e i colori saranno indifferenti perché non servono ai suoi fini. Per la scienza sono rilevanti le caratteristiche riducibili a un sistema di misura e funzionali a raggiungere scopi basati sull’uitilità, come il calcolo delle forze necessarie e costruire un ponte. Quindi, l’interesse degli scienziati si basa

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sugli aspetti quantitativi che possono essere sottoposti a una trattazione matematica.

2. LA SENSIBILITÀ INTERNA

Oltre ai fatti evidenti della conservazione delle informazioni (memoria) e della nostra capacità di ricombinarle (immaginazione, fantasia), la scuola aristotelica descrive un sensorio comune, cioè la capacità di comporre le informazioni sensibili particolari ricavate dai sensi esterni2. Ad esempio, l’identificazione di un cubetto bianco come un agglomerato di sale piuttosto che di zucchero (o altro materiale dall’aspetto simile), avviene grazie alla “interpretazione” di un principio interno, diverso dai sensi esterni; altrettanto si può dire dell’associazione dei suoni o delle dimensioni apparenti degli corpi per capire se si stanno allontanando o avvicinando. Si tratta di funzioni combinatorie che danno unità alle informazioni sensibili, e stanno al servizio dell’identificazione degli oggetti e della loro “posizione”.

Per i classici, in tutti i livelli percettivi elaboriamo dei giudizi, cioè colleghiamo cose esterne con le loro caratteristiche e le associamo alle nostre convenienze. Questo è evidente perché anche se “tutti gli uomini hanno naturalmente il desiderio di sapere”, e sembra più perfetto il sapere fine a se stesso, la conoscenza sensibile è associata in primo luogo alla sopravvivenza.

Con l’integrazione del sensorio comune si possono rendere più concreti o focalizzati questi giudizi “vitali”, perché si identificano le realtà integrate, cioè si riconoscono le cose che ci soddisfano o che ci possono ledere. Perciò Aristotele sostiene che vi sia un quarto senso interno oltre alla memoria, l’immaginazione e il sensorio comune, vale a dire, la cosiddetta estimativa. Questa capacità si evince nella valutazione di situazioni complesse, in cui il soggetto (animale o umano) mette in rapporto se stesso e l’oggetto percepito: una preda potenziale, l’acqua più o meno vicina, la pericolosità di un altro animale più o meno lontano. Quindi, già a livello sensibile c’è una ricca associazione di fatti passati, e proiezioni per gestire le situazioni qui e ora, per il mio benessere.

Tommaso d’Aquino distingue questa vis estimativa negli animali dalla vis cogitativa negli esseri umani, perché considera quest’ultima come permeata dalla razionalità superiore degli uomini, e qualche volta la chiamata ratio particularis o collativa intentionum individualium, cioè una capacità di giudizio – perciò una sorta di ragione – sui particolari da seguire o da cui fuggire (l’àmbito delle intenzioni).

A questo livello si può parlare già di una coscienza sensibile, cioè un’awareness che non è ancora una consapevolezza piena di tutti i suoi elementi e non è neanche la

2 Tommaso d’Aquino affronta questi discorsi nei suoi commento al De anima (II.1.13) e

all’Etica nicomachea (l. VI.1.7) di Aristotele, e in modo più sistematico nella Somma di teologia (I, q. 78, a. 4.) e nelle Quaestiones disputatae de anima (a. 13)

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coscienza morale, ma che è indispensabile per le dimensioni successive di questo rendersi conto delle situazioni e della propria situazione nei confronti della realtà.

3. LE PASSIONI NELL’ANTROPOLOGIA

Tommaso d’Aquino (1224-1274) lesse sistematicamente una dozzina opere di Aristotele nell’ultimo periodo della sua vita. Oltre a lasciarci commenti a dodici delle opere dello Stagirita3, il pensatore medievale sviluppò una visione filosofica diversa da quella presente nelle sue opere precedenti4. Nella celebre Summa theologiae, composta contemporaneamente al Commento all’Etica Nicomachea, i riferimenti alle opere aristoteliche è frequente, in modo particolare nel trattato De homine, della Prima Parte della Seconda Parte5, nelle sue centoquatordici quaestiones.

In quel trattato sull’essere umano, la speranza compare come una delle passioni fondamentali, argomento chiave per spiegare l’agire umano6. La comprensione di ciò che oggi chiamiamo emozioni è capitale per capire le connessioni che vi sono fra gli stimoli che riceviamo, l’impatto che causano in noi, e la gamma di risposte che possiamo darne. C’è un’altra trattazione della speranza all’interno della Summa, ma in un contesto assai diverso, che è quello delle cosiddette virtù teologali7. In quei passaggi non si studia più il motore interno della persona di fronte alle sfide che comportano sforzo, cioè la speranza-passione, bensì l’eccellenza del carattere che si forgia grazie alla certezza di raggiungere il bene assoluto – la contemplazione eterna

3 Sulla cronologia delle opere, si veda Weisheipl, James A., Tommaso d'Aquino: vita,

pensiero, opere, Jaca Book, Milano 1988, pp. 372-378. 4 È questa un’idea molto presente in due opere di Giuseppe Abbà, Lex et virtus: studi

sull'evoluzione della dottrina morale di san Tommaso d'Aquino, LAS, Roma 1983, e Felicità, vita buona e virtù. Saggio di filosofia morale, LAS, Roma 19952.

5 Più nota come Prima secundae, qui abbreviata nel modo classico I-II. La Summa è divisa in tre Partes e un Supplementum. Le Parti si suddividono in quaestiones, e queste a loro volta in articoli che raccolgono obiezioni, risposte alle obiezioni, e un corpo che conclude ogni singola discussione.

6 La I-II è divisa in otto grandi argomenti, fra cui il terzo corrisponde alle passioni, che seguono il discorso sul fine ultimo della persona e gli atti umani. Precede il capitolo sulle virtù.

7 II-II, qq. 17-18. C’è un’altra opera del Tommaso maturo, cioè le cinque Quaestiones de virtutibus, di cui la quarta corrisponde alla speranza. Nell’articolo 1 del Proemio di quella questione, l’Aquinate ribadisce la distinzione fra la speranza-passione e la speranza virtù. Per giungere alla conclusione fa un riassunto del luogo e delle caratteristiche della passione della speranza. Cfr. Weisheipl, James A., Tommaso d'Aquino, cit., p. 364 e l’Introduzione di Vaccarezza, Maria Silvia, Tommaso. Le virtù. Quaestiones de virtutibus, I e 5, Bompiani, Milano 2014, pp. 7-14. L’argomento ricompare nell’incompiuto trattato De spe, del Compendio di teologia per il fratello Reginaldo: cfr. Weisheipl, J., cit., pp. 383-384.

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di Dio – e possederlo per l’eternità. Il carattere teologale di questa virtù implica che il principio fondante della disposizione interiore dipende da Dio stesso. Le dimensioni e la portata esistenziale di questo elemento della dottrina teologica cristiana ha fatto sì che la speranza-passione sia spesso ignorata, e che per parlarne direttamente sia indispensabile dare rilievo a questa netta distinzione. Ai fini di questo scritto la divisione è basilare, perché ci occupiamo quasi interamente della passione umana della speranza, cioè della speranza come fenomeno antropologico8.

4. LE PASSIONI FONDAMENTALI

Dato il carattere sistematico dell’antropologia filosofica dell’Aquinate, vale la pena abbozzare il quadro generale delle emozioni della sua proposta9. Per l’Autore medievale, le passioni sono dei sentimenti –o affezioni– con i quali devono fare i conti le nostre capacità di decisione e di azione. Infatti, le virtù, in quanto disposizioni stabili, ordinano il nostro agire e in questo compito non possono fare a meno della situazione interna del soggetto, che esperisce certe alterazioni dell’animo come il godimento, l’ira, l’amore, il dolore o l’odio. È emerso più volte come nella proposta aristotelica queste mozioni interiori si spiegano nel contesto della ricerca del bene: l’essere umano si mette in moto o intraprende perché vuole raggiungere qualcosa di percepito come conveniente per lei o per lui, qui e ora, o come un mezzo per raggiungere un fine più lontano. Le passioni gli indicano “come sta” o “come si sente” di fronte ai beni o ai pericoli. Tommaso d’Aquino riprende l’argomento e la metodologia sui passi dello Stagirita, in cui tutta la dinamica tendenziale umana è basata sul potere stimolante del bene e, secondariamente, sulla ripugnanza verso le diverse fonti di dolore, presenti o previste.

Anche per quanto riguarda gli aspetti fisiologici delle passioni, cioè le diverse manifestazioni fisiche alle sollecitazioni dei beni o delle minacce, Tommaso sfrutta la strada battuta dai Greci. Queste alterazioni vanno accompagnate da cambiamenti fisiologici (oggi diremmo risposte periferiche regolate dal sistema nervoso autonomo, reazioni ormonali ed elettrocorticali) e comportamenti espressivi (postura e movimenti

8 Fra gli studiosi che spiegano chiaramente queste due “speranze” si trova Josef Pieper,

il quale comunque si occupa più della virtù teologale della speranza. Merito di Pieper è confrontarsi con gli aspetti sociali della speranza cristiana e le proposte del pensiero laico del Novecento, soprattutto quella di E. Bloch. Cfr. Pieper, J. Sulla speranza, Morcelliana, Brescia 1953 (orig. Über die Hoffnung, J. Hegner, Lipsia 1935).

9 Questo paragrafo ripropone le idee contenute in Mercado, Juan A., Emotion Management. Happiness and Virtue for Modern Readers, ebook, StreetLib 2019 (it. Il management delle emozioni. Felicità e virtù fra antico e moderno, ebook, StreetLib 2017).

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del corpo, emissioni vocali)10. Le passioni o emozioni sono quindi situazioni transeunti che dipendono in origine da uno stimolo esteriore il cui effetto successivo può essere più o meno duraturo, e normalmente costituisce una spinta per affrontare o evitare determinate situazioni. La stragrande maggioranza di questi moti affettivi è comune agli esseri umani e agli animali, e Tommaso d’Aquino sta molto attento a rilevare sia i parallelismi che le divergenze di questi fenomeni organici negli umani e negli altri animali.

Per quanto riguarda il mettersi in movimento, cioè le manifestazioni delle nostre tendenze elementari, i Classici si riferivano agli appetiti sensitivi, per i quali la percezione di qualcosa di piacevole muove a ottenere certi oggetti, e la prospettiva di un dispiacere muove a evitarne di altri11. In latino venne coniato il termine appetitus irascibilis per spiegare la potenza interna che ci consente di avviarci per raggiungere i beni che richiedono fatica e sforzo, descritti prima con il nome di beni ardui. È anche evidente che abbiamo una tendenza verso scopi la cui ricerca è segnata dal loro carattere dilettevole. Per questa tendenza che è più elementare ancora di quella irascibile, coniarono il termine appetitus concupiscibilis. Come si è visto brevemente, nei testi di Etica Nicomachea e nel commento medievale, Aristotele assegna un ruolo fondamentale al coraggio o fortezza come disposizione profonda per moderare l’aggressività e le aspettative, e quindi in collegamento stretto con la speranza. Anche se il quadrante superiore destro della Figura 1 è meno rilevante per la speranza, vale la pena menzionare che la modulazione delle tendenze dell’appetito concupiscibile è particolarmente importante la moderazione o temperanza.

10 STh, I-II sono frequenti le osservazioni sulle alterazioni corporee riguardanti le passioni.

Cfr. qq. 31, 33, 38, 44, 48, 50, etc. 11 Cfr. STh I-II, q. 22.

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In questa “mappa” delle tendenze congenite, ciò che ci interessa sottolineare sono le relazioni fra i beni ardui, il loro l’impatto su di noi e le proiezioni che ne facciamo grazie alla fantasia, che poggia sull’esperienza. Quindi, si tratta di capire i rapporti fra le diverse estimazioni per cui un obiettivo “ci mette in movimento”. Di nuovo sulla scia della psicologia aristotelica, san Tommaso conferma la capacità valutativa della conoscenza sensibile, condivisa dai bruti, che misurano per esempio le condizioni in cui si presenta loro una preda, come la distanza cui si trova, o le sue dimensioni, o se si trova in compagnia. Una prima valutazione positiva della “proposta” è emotiva, e come esseri umani possiamo sentirci in grado di raggiungere un obiettivo, ce la sentiamo di poter ottenere qualcosa di buono (una relazione, una situazione nuova, un oggetto del nostro desiderio).

È chiaro che questi beni o situazioni positive richiedono sforzo, cioè appartengono ai summenzionati beni ardui. La speranza è fondamentale per stimolarci alla ricerca di qualcosa, malgrado lo sforzo che prevedibilmente bisognerà effondervi e gli eventuali pericoli che si potrebbero presentare.

Osservare l’insorgere della speranza può aiutare a capire l’importanza dei sentimenti nei confronti delle cose buone che conosciamo: quando l’oggetto del desiderio è considerato alla nostra portata proviamo una passione positiva, una sorta di carica, che ci sprona ad agire.

Figura 1. Passioni fondamentali

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Sorge quindi la domanda su come la speranza “sensibile” possa essere regolata dalla ragione. Basta pensare alle sollecitazioni di tanti beni raggiungibili per capire che i conflitti fra di essi sono frequenti, e che bisogna stabilire un ordine per gestirli. Ci sarà occasione di tornare su questi intrecci delle nostre capacità e sul peso della ragione e la responsabilità nel promuovere la loro crescita.

Per san Tommaso, è necessario che la ragione determini un ordine e armonizzi gli stimoli della speranza. La messa in atto dei piani dipenderà dalle virtù che ci rendono capaci di conoscere e valutare la situazione, il come fare, e quelle che ci rendono capaci di intraprendere. Il ruolo di due disposizioni virtuose è capitale in questa modulazione degli stimoli, cioè l’umiltà per riconoscere la nostra posizione, e la magnanimità, per spendere tutte le energie che saranno richieste nell’impresa12.

La disperazione invece nasce quando il bene viene percepito come irraggiungibile. Nella figura 1 è uno schema più ampio delle diverse correlazioni fra il bene, il male, e la situazione interna del soggetto quando prevede la loro presenza o assenza.

La speranza, pur essendo qualcosa di molto elementare, suppone uno sviluppo significativo della nostra conoscenza e delle nostre tendenze verso l’azione. Alla base di essa si trova una tendenza generale che chiameremo, sempre con i classici, amore. Questa distinzione ci servirà anche per assegnare un posto fra le passioni alla soddisfazione nel raggiungere un bene e al dolore come perdita o irraggiungibilità di un altro (ad es. tristezza). L’odio invece sta alla base delle avversioni, ma dipende comunque dall’amore perché consiste nel percepire qualcosa come ripugnante a ciò che si ama. Vedi le indicazioni più vicine all’appetito concupiscibile, nella Figura 1.

L’idea che l’amore si trova al primo posto non riguarda semplicemente una scelta metodologica per rendere più chiara la spiegazione di un insieme di fenomeni psicologici di grande incidenza morale. Nella visione di San Tommaso e anche in quella aristotelica, il bene e la sua forza attrattiva sono dei principi generali ovvero metafisici: si tratta di nozioni fondamentali che spiegano caratteristiche fondamentali della realtà. Se la prospettiva fosse quella dell’origine delle cose, come lo hanno affrontato i teologi e i filosofi cristiani, l’amore starebbe alla base della Creazione. Per i filosofi precristiani l’amore sta alla base delle tendenze che ordinano gli esseri, ed è collegata con la causa finale. Dato che questi discorsi sono lunghi e appartengono ad un altro terreno della filosofia, ci limitiamo a descrivere per sommi capi il ruolo dell’amore nelle relazioni fra le passioni.

12 Queste qualità umane si trovano ad un altro livello, cioè quello delle virtù o eccellenze

del carattere. Non saranno trattate direttamente, ma compariranno più volte in questo studio.

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Dall’amore sorge il desiderio e, se questo viene appagato, si prova godimento (gioia, soddisfazione, gaudio). Nella stessa Figura 1 si evince come questo dipenda dalla prospettiva di avere un bene o dal suo possesso presente, o dalla unione con esso. La speranza può produrre gaudio facendo presente un bene come possibile, e anche la memoria lo può provocare con il ricordo.

Nella parte inferiore della Figura 1 si possono vedere gli effetti del male sull’animo. Quando il male è presente produce tristezza, cioè una forma di dolore, che a sua volta si può declinare come misericordia, invidia, ansietà o accidia, a seconda della nostra relazione con il male e con chi lo subisce. La prima è dolersi del male altrui, è una sofferta partecipazione al male dell’altro. L’invidia è provare dolore per il bene altrui. L’ansietà è l’affannosa incertezza o apprensione provocata da un male possibile. L’accidia è una sorta di tristezza diffusa e permanente che porta a trascurare le normali attività.

Sempre nella zona inferiore della Figura 1 si trovano il timore e l’audacia. Il primo muove a fuggire un male futuro, mentre l’audacia è il suo contrario, perché spinge ad affrontare quel male, alimentata dalla speranza di conseguire un bene.

L’ira proviene dal dolore subito e dalla speranza di rivincita o compenso. È molto importante la proporzione dell’ira e per questo è indispensabile l’intervento della ragione per moderarla.