celiachia una malattia da disregolazione immunologica · l’attivazione della risposta adattativa...

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Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology Anno I numero 2 - giugno 2009 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali Celiachia: una malattia da disregolazione immunologica Carmelo Salpietro, Caterina Cuppari, Valeria Ferraù, Annalisa Famiani, Romina Gallizzi, Claudio Romano La celiachia (CD) è una malattia infiammatoria cronica intestinale caratterizzata da una risposta immunitaria inappropriata in soggetti geneticamente predisposti al glutine di frumento ed alle prolammine di orzo e segale. E’ la forma più comune di intolleranza alimentare nei paesi occidentali e colpisce circa 1 individuo su 100 (1). Il tipico danno intestinale, caratterizzato dalla distruzione dei villi e dall'iperplasia delle cripte, si risolve, ad oggi, con l'eliminazione del glutine dalla dieta. Numerosi e interessanti sviluppi si sono susseguiti negli ultimi anni, sulla conoscenza dei meccanismi patogenetici e soprattutto molecolari alla base della malattia celiaca. Le ragioni responsabili della perdita di tolleranza nei confronti del glutine non sono del tutto note; studi condotti da vari gruppi nel mondo, sottolineano l'esistenza di un complesso network che si attiva in corso di malattia e a cui partecipano, tra i vari fattori, la predisposizione genetica, un’aumentata permeabilità intestinale e la risposta immune con produzione di citochine e autoanticorpi. Sebbene al momento non è chiaro il motivo per cui nei pazienti celiaci la tolleranza al glutine si è rotta o non si è stabilita, la celiachia è una malattia multifattoriale, nel suo sviluppo infatti sono implicati sia fattori genetici che ambientali. Fattori genetici La CD è un complesso disordine genetico che coinvolge più regioni cromosomiche. Alcune di esse (CELIAC2 e CELIAC4) sono state anche descritte nelle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD5 e IBD6, rispettivamente), suggerendo almeno in parte una base comune di suscettibilità alla malattia (2). Di conseguenza, più loci, sembrano essere coinvolti nella suscettibilità alla CD. Sebbene l'analisi genetica ha scoperto molti marcatori, alcuni con funzione biologica sconosciuta, altri relativi alla risposta del sistema immunitario, il singolo contributo di ognuno è estremamente basso (2). La forte influenza dei fattori genetici è dimostrata da alcuni studi effettuati su gemelli monozigoti che hanno evidenziato un tasso di concordanza dell’86%, mentre nei gemelli dizigoti si raggiunge solo il 20%. Diversi sono i geni coinvolti nello sviluppo della celiachia, sicuramente come noto da tempo i geni del complesso di istocompatibilità (HLA/MHC) (3, 4, 5, 6) situati sul cromosoma 6 hanno una notevole influenza: infatti circa il 95% dei pazienti è portatore dei geni codificanti le molecole dell’aplotipo HLA-DQ2 (DQA1 * 0501/DQB1 * 0201) mentre quelli che non lo presentano hanno, nella maggior parte dei casi, l’aplotipo HLA-DQ8 (DQA1 * 0301/DQB1 * 0302). Numerosi studi hanno dimostrato l’esistenza nei pazienti celiaci ma non nei gruppi controllo di specifiche cellule T CD4 HLA-DQ che rispondono a peptidi deaminanti dalle transglutaminasi. Comunque, la prevalenza di HLA-DQ2 è alta anche tra i non-celiaci (25%-30%), suggerendo il coinvolgimento di ulteriori geni, probabilmente non-HLA, nella patogenesi della malattia; alcuni di questi sono stati localizzati sul cromosoma 5 (5q31-33), 2 (2q33), 4 (4q27) e 19 (19p13). Nella Fig. 1 sono riassunti i principali geni e locus genici che potrebbero favorire la estrinsecazione della malattia e che spesso hanno anche un ruolo in altre patologie. Fig.1: Geni e loci coinvolti nella genetica della celiachia e/o di altre patologie (da Graham A. Human Molecular Genetics, 2009, Vol. 18, Review Issue 1) Fattori ambientali Glutine Sicuramente il fattore ambientale più importante nella celiachia è rappresentato dalle proteine del glutine (gliadine e glutenine) dette prolammine e le altre proteine dei cereali non tollerati, senza queste infatti non ci sarebbe la malattia. Glutine di frumento e le relative proteine suscitano la risposta immunitaria adattativa ed innata nel piccolo intestino che porta al danno della mucosa. Il glutine presenta in particolare due componenti: la frazione gluteninica idro-solubile, poco coinvolta nella tossicità, e la frazione prolaminica alcool-solubile che appare implicata nella patogenesi della malattia. Le prolammine implicate nell’insorgenza della malattia sono la gliadina per il frumento, la secalina per la segale e l’ordeina per l’orzo; caratteristica comune a tutte queste sostanze è l’elevato contenuto in glutamina (>30%) e prolina (>15%). Le prolammine del frumento sono suddivise in α-, β-, γ-, ω-gliadine, con un peso molecolare che varia da 30000 a 75000 daltons; la gliadina A è la componente più importante delle α-gliadine e sembra essere la frazione più direttamente responsabile dell’insorgenza della malattia. A causa del loro alto contenuto di glutammina, le prolammine sono ottimi substrati per la deaminazione da parte della transglutaminasi. Sia la glutammina deaminata che non deaminata sono presentati ai linfociti T nel contesto dell’HLA-DQ2 o DQ8 dalle cellule intestinali presentanti l'antigene a livello della lamina propria. Alcune dei peptidi deaminati hanno un’alta affinità per le molecole DQ2 e DQ8 e hanno una maggiore capacità stimolatoria (7). In individui sensibili, la risposta adattativa, mediata dall’attivazione delle cellule T antigene specifiche, guida anche una risposta proinfiammatoria, caratterizzata soprattutto dalla produzione di IFNgamma, che si conclude in un’enteropatia immuno-mediata, dove l’atrofia dei villi, l’iperplasia delle cripte, e la maggiore infiltrazione di linfociti intraepiteliali sono il tipico risultato. Il trattamento attuale permanente è una dieta rigorosa priva di glutine, che si traduce nella remissione completa dei sintomi e successivo recupero istologico della mucosa (12). La convenzionale risposta non adattativa attivata dal glutine non ci spiega altri eventi osservati nel danno della mucosa intestinale, come la modificazione della permeabilità dell’epitelio, causata dalla rottura delle tight junctions da parte dei 1 di 4

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Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric ImmunologyAnno I numero 2 - giugno 2009 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali

Celiachia: una malattia da disregolazione immunologicaCarmelo Salpietro, Caterina Cuppari, Valeria Ferraù, Annalisa Famiani, Romina Gallizzi, Claudio Romano

La celiachia (CD) è una malattia infiammatoria cronica intestinale caratterizzata dauna risposta immunitaria inappropriata in soggetti geneticamente predisposti alglutine di frumento ed alle prolammine di orzo e segale. E’ la forma più comune diintolleranza alimentare nei paesi occidentali e colpisce circa 1 individuo su 100 (1). Il tipico danno intestinale, caratterizzato dalla distruzione dei villi e dall'iperplasia

delle cripte, si risolve, ad oggi, con l'eliminazione del glutine dalla dieta.Numerosi e interessanti sviluppi si sono susseguiti negli ultimi anni, sulla

conoscenza dei meccanismi patogenetici e soprattutto molecolari alla base dellamalattia celiaca.Le ragioni responsabili della perdita di tolleranza nei confronti del glutine non sono

del tutto note;studi condotti da vari gruppi nel mondo, sottolineano l'esistenza di un complesso

network che si attiva in corso di malattia e a cui partecipano, tra i vari fattori, lapredisposizione genetica, un’aumentata permeabilità intestinale e la rispostaimmune con produzione di citochine e autoanticorpi.Sebbene al momento non è chiaro il motivo per cui nei pazienti celiaci la tolleranza

al glutine si è rotta o non si è stabilita, la celiachia è una malattia multifattoriale, nelsuo sviluppo infatti sono implicati sia fattori genetici che ambientali.Fattori geneticiLa CD è un complesso disordine genetico che coinvolge più regioni

cromosomiche. Alcune di esse (CELIAC2 e CELIAC4) sono state anche descrittenelle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD5 e IBD6, rispettivamente),suggerendo almeno in parte una base comune di suscettibilità alla malattia (2). Diconseguenza, più loci, sembrano essere coinvolti nella suscettibilità alla CD.Sebbene l'analisi genetica ha scoperto molti marcatori, alcuni con funzione biologicasconosciuta, altri relativi alla risposta del sistema immunitario, il singolo contributo diognuno è estremamente basso (2). La forte influenza dei fattori genetici è dimostratada alcuni studi effettuati su gemelli monozigoti che hanno evidenziato un tasso diconcordanza dell’86%, mentre nei gemelli dizigoti si raggiunge solo il 20%. Diversisono i geni coinvolti nello sviluppo della celiachia, sicuramente come noto da tempo igeni del complesso di istocompatibilità (HLA/MHC) (3, 4, 5, 6) situati sul cromosoma6 hanno una notevole influenza: infatti circa il 95% dei pazienti è portatore dei genicodificanti le molecole dell’aplotipo HLA-DQ2 (DQA1 * 0501/DQB1 * 0201) mentrequelli che non lo presentano hanno, nella maggior parte dei casi, l’aplotipoHLA-DQ8 (DQA1 * 0301/DQB1 * 0302). Numerosi studi hanno dimostrato l’esistenzanei pazienti celiaci ma non nei gruppi controllo di specifiche cellule T CD4 HLA-DQche rispondono a peptidi deaminanti dalle transglutaminasi. Comunque, laprevalenza di HLA-DQ2 è alta anche tra i non-celiaci (25%-30%), suggerendo ilcoinvolgimento di ulteriori geni, probabilmente non-HLA, nella patogenesi dellamalattia; alcuni di questi sono stati localizzati sul cromosoma 5 (5q31-33), 2 (2q33),4 (4q27) e 19 (19p13). Nella Fig. 1 sono riassunti i principali geni e locus genici chepotrebbero favorire la estrinsecazione della malattia e che spesso hanno anche unruolo in altre patologie.

Fig.1: Geni e loci coinvolti nella genetica della celiachia e/o di altre patologie(da Graham A. Human Molecular Genetics, 2009, Vol. 18, Review Issue 1)Fattori ambientaliGlutineSicuramente il fattore ambientale più importante nella celiachia è rappresentato

dalle proteine del glutine (gliadine e glutenine) dette prolammine e le altre proteinedei cereali non tollerati, senza queste infatti non ci sarebbe la malattia. Glutine difrumento e le relative proteine suscitano la risposta immunitaria adattativa ed innata nel piccolo intestino che porta al danno della mucosa. Il glutine presenta inparticolare due componenti: la frazione gluteninica idro-solubile, poco coinvolta nellatossicità, e la frazione prolaminica alcool-solubile che appare implicata nellapatogenesi della malattia. Le prolammine implicate nell’insorgenza della malattiasono la gliadina per il frumento, la secalina per la segale e l’ordeina per l’orzo;caratteristica comune a tutte queste sostanze è l’elevato contenuto in glutamina(>30%) e prolina (>15%). Le prolammine del frumento sono suddivise in α-, β-, γ-,ω-gliadine, con un peso molecolare che varia da 30000 a 75000 daltons; la gliadinaA è la componente più importante delle α-gliadine e sembra essere la frazione piùdirettamente responsabile dell’insorgenza della malattia. A causa del loro altocontenuto di glutammina, le prolammine sono ottimi substrati per la deaminazioneda parte della transglutaminasi. Sia la glutammina deaminata che non deaminata sono presentati ai linfociti T nel contesto dell’HLA-DQ2 o DQ8 dalle cellule intestinalipresentanti l'antigene a livello della lamina propria. Alcune dei peptidi deaminati hanno un’alta affinità per le molecole DQ2 e DQ8 e hanno una maggiore capacità stimolatoria (7). In individui sensibili, la risposta adattativa, mediata dall’attivazione delle cellule T antigene specifiche, guida anche una risposta proinfiammatoria,caratterizzata soprattutto dalla produzione di IFNgamma, che si conclude inun’enteropatia immuno-mediata, dove l’atrofia dei villi, l’iperplasia delle cripte, e lamaggiore infiltrazione di linfociti intraepiteliali sono il tipico risultato. Il trattamentoattuale permanente è una dieta rigorosa priva di glutine, che si traduce nella remissione completa dei sintomi e successivo recupero istologico della mucosa(12). La convenzionale risposta non adattativa attivata dal glutine non ci spiega

altri eventi osservati nel danno della mucosa intestinale, come la modificazione dellapermeabilità dell’epitelio, causata dalla rottura delle tight junctions da parte dei

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peptidi della gliadina p31-49 (9, 10). Questi cambiamenti, tra gli altri, sono ormairiconosciuti come una conseguenza dell’attivazione dell’immunità innata. Quindil’attivazione della risposta adattativa e alcuni meccanismi ancora scarsamentecaratterizzati della risposta innata determinano la patogenesi della CD (11-13). Inquesto scenario, peptidi tossici, come il 19-mer, sono in grado di innescare unarisposta immunitaria innata (14), caratterizzata dalla produzione di IL-15 da partedelle cellule dendritiche epiteliali e della lamina propria (15). L’IL-15 influenza labarriera epiteliale sia aumentando la permeabilità attraverso la distruzione delletight junctions (16, 17) sia inducendo l’apoptosi degli enterociti dopo lariprogrammazione dei linfociti intraepiteliale in natural killer (NK) (18, 19). Pertanto, ipeptidi, come il 33-mer, possono raggiungere la lamina propria, dove sonopresentati dalle cellule dendritiche alle cellule T glutine specifiche (16, 17). Come giàaccennato, le conseguenze dell’interazione del glutine con la mucosa intestinale,nella CD sono ben stabiliti, ma i meccanismi e le cellule in questione sono fino adoggi poco chiari. Ci sono prove sempre più numerose di un effetto tossico direttodelle gliadine in diversi modelli biologici. Per esempio, è stato riportato che lagliadina induce riarrangiamenti del citoscheletro. Le gliadine rappresentano ancheun potente stimolo per le cellule che presentano l'antigene come monociti, macrofagie cellule dendritiche, sia nell’uomo che nei topi (6, 20-22). Inoltre, inibiscono la sintesi del DNA e RNA e inducono l’apoptosi (23, 24). Tutte queste relazionisuggeriscono una risposta generalizzata innata nella mucosa intestinale attivata dalglutine attraverso un recettore ancora sconosciuto. A questo proposito, si èdimostrato nelle biopsie l'esistenza di una risposta innata alla gliadina attraverso IL-15 sia in pazienti con CD che in pazienti senza CD (25), anche se nei pazientisenza CD non sviluppano una successiva risposta proinfiammatoria.VirusAlcuni lavori recenti hanno indicato il rotavirus come possibile fattore ambientale

scatenante l’infiammazione e quindi l’induzione di una risposta immunitaria TH1mediata con successiva perdita della tolleranza (26). E’ stato infatti identificato unpeptide consensus (VVKGGSSSLGW) che viene riconosciuto da anticorpi di pazienticeliaci con malattia attiva e risulta avere un’elevata omologia con la proteinaneutralizzante maggiore VP7 di Rotavirus (VIQVGGSNVLDI). Questo peptidepresenta, inoltre, omologia di sequenza con la regione C-terminale della Ttg, conHSP60 (Heat Shock Protein) umana, con TLR4 (Toll Like Receptor) e condesmoglina I. Anticorpi diretti contro questo peptide, purificati da siero di pazienticeliaci con malattia attiva, riconoscono sia l’antigene virale che le proteineomologhe. Attraverso l’interazione con TLR4 questi anticorpi attivano i monocitistimolando la produzione di citochine pro-infiammatorie. Inoltre, sono in grado dialterare la permeabilità cellulare e, attraverso l’interazione con HSP60, induconocitotossicità nelle cellule epiteliali dell’intestino. Queste osservazioni suggerisconoche l’infezione da Rotavirus svolge un ruolo importante nella patogenesi dellaceliachia e che, alla base dello sviluppo dell’autoimmunitaà in questa patologia, cisia ancora una volta un meccanismo di mimica molecolare.Interessante appare l'ipotesi che l'adenovirus 12 per omologia di sequenza tra

gliadina A e la sua proteina E16 possa scatenare la malattia in soggettigeneticamente predisposti, per un errore del sistema immune che risponderebbecontro le gliadine presenti nell'intestino senza però riuscire a distruggere il virus. (27,28, 29)Celiachia: malattia immunomediataAffinché si realizzi la reazione immunitaria responsabile della malattia è necessario

che la gliadina superi l’epitelio intestinale e raggiunga la lamina propria, sede in cuiha inizio la anomala risposta del sistema immunitario che porterà successivamenteal danno tessutale (30). I meccanismi molecolari e le cellule coinvolte nelle fasiiniziali dell’interazione glutine-mucosa intestinale fino ad oggi non sonocompletamente chiari. Ci sono prove di un diretto effetto tossico dei peptidi delglutine in diversi modelli biologici, tuttavia, l'incapacità di controllare la risposta'infiammatoria può essere uno dei fattori alla base dell’intolleranza al glutine di questi pazienti.In condizioni fisiologiche l’epitelio intestinale, grazie alle giunzioni strette (tight

junctions) intercellulari, forma una barriera al passaggio di macromolecole quali ilglutine; solo piccole quantità di frazioni antigeniche, peraltro immunologicamenteefficaci, supera la barriera epiteliale. Gran parte di queste proteine (>90%)oltrepassa la barriera attraverso la via transcellullare; durante questo percorso ipeptidi subiscono una degradazione lisosomiale che li rende inattivi dal punto divista immunologico. Le rimanenti frazioni antigeniche vengono invece trasportateintatte attraverso la via paracellulare grazie a una fine regolazione delle tightjunctions, portando allo sviluppo di una risposta immunitaria che si traduce in unostato di tolleranza antigenica. Nelle prime fasi della celiachia l’integrità delle tightjunctions, e quindi la permeabilità dell’epitelio intestinale, risulta alterata; si assisteperciò ad un maggiore assorbimento di macromolecole, tra cui il glutine.Responsabile di questa aumentata permeabilità intestinale sembra essere laup-regulation della zonulina (peptide intestinale coinvolto nella regolazione delle tightjunctions). È stato ipotizzato che fattori di stress quali infezioni gastrointestinalipossono condurre cambiamenti della permeabilità intestinale, che favoriscono ilpassaggio dei peptidi del glutine.Immunità innata e immunità acquisitaNella patogenesi della CD immunita innata e acquisita sono intimamente legate.

Entrambe sono necessarie per l’espressione fenotipica della patologia mentresingolarmente non sono in grado di scatenarla. La rete di citochine coinvolte nellamalattia celiaca è rappresentata soprattutto da IFN gamma inoltre, la produzione diIL-15, IL-18, e IL-21 è legata all’assunzione di glutine (Fig. 2), che può guidare larisposta infiammatoria probabilmente sostenuta dall’IL-18, dall’IL-21 e, forse,dall’IL-27 e attraverso le vie del segnale STAT1 e STAT5, considerando che nél’IL-12, né IL-23 svolgono un ruolo significativo nei meccanismi patogenetici (42).

Fig 2: Meccanismi immunopatogenetici della celiachia(da B. Meresse 2009 - www.nature.com modificata) Risposta adattativaNei pazienti celiaci la gliadina agisce come un antigene riconosciuto dal sistema

immunitario adattativo. Una volta superata la barriera intestinale la gliadinainteragisce con un enzima extracellulare, la transglutaminasi tessutale (tTG), che haun ruolo fondamentale nella patogenesi. Questo enzima catalizza una reazionecalcio-dipendente di de-aminazione di uno specifico residuo glutamminico,convertendo la glutammina in acido glutammico carico negativamente. Dopo aversubito questa modifica la gliadina acquisisce una forte affinità per le molecoleHLA-DQ2 e DQ8 poste sulla superficie delle cellule presentanti l’antigene (antigenpresenting cells, APC) ai linfociti T-CD4+. L’attivazione linfocitaria porta allaselezione di cloni specifici per la gliadina con produzione, non solo di anticorpi versola gliadina stessa, ma anche di autoanticorpi verso la tTG tessutale e versocomplessi proteici tTG-gliadina che, analogamente a quanto avviene in altrepatologie autoimmuni, innescherebbero i meccanismi del danno tessutale. E’ statodimostrato che nella mucosa intestinale dei pazienti celiaci i linfociti T gliadina-specifici sono principalmente di fenotipo Th1/Th0 e rilasciano, in seguito alriconoscimento della gliadina, prevalentemente citochine pro-infiammatorie, inparticolare interferon gamma.Nei soggetti celiaci infatti sono aumentate le vie del segnale dipendenti

dall’interferon gamma; alcuni studi hanno inoltre dimostrato una maggioreespressione dello STAT1 (Segnale trasduttore e attivatore della trascrizione 1) edell’IRF1 (fattore 1 di regolazione dell’interferone). Nella mucosa intestinale deisoggetti celiaci sono state inoltre individuate cellule T regolatorie di tipo Tr1 chesecernono in risposta alla gliadina oltre che IFNgamma anche IL-10. Le citochineTh1 (soprattutto il tumor necrosis factor, TNF) stimolano, invece, la secrezione dimetalloproteinasi di matrice (MMP) da parte dei fibroblasti intestinali; queste proteinehanno un ruolo centrale nel rimodellamento tessutale in quanto sono in grado didegradare varie componenti di matrice causando la distruzione della mucosaattraverso la dissoluzione del tessuto connettivo. Ad avvenuto contatto tra la gliadinamodificata e la transglutaminasi tissutale vengono anche attivati i linfociti B glutinespecifici e attraverso la loro trasformazione in plasmacellule vengono prodotti glianticorpi antigliadina e antitransglutaminasi e antiendomisio.Risposta innataComponenti chiave della risposta innata nell’intestino sono le cellule epiteliali, le

cellule dendritiche ed i linfociti intra-epiteliali (IELs), cioè una miscela di linfociti Tcon TCR γ/δ+ e linfociti NK (Natural Killer). L’interazione tra queste popolazionicellulari della lamina propria è mediata da citochine e chemochine. La principalecitochina coinvolta è l’interleuchina 15 (IL-15), prodotta principalmente dalle celluledendritiche ed epiteliali e dai macrofagi, con azione proinfiammatoria, che stimola laproliferazione di linfociti CD8+ con TCR α/β, cellule NK, linfociti TCR γ/δ+ e agiscecome fattore di crescita per gli IELs.Questa citochina regola la migrazione e l’attivazione degli IELs nel comparto intra-

epiteliale e svolge un ruolo anti-apoptotico nei confronti dei linfociti, permettendo lasopravvivenza di cellule patogeniche; inoltre induce l’espressione, da parte dellecellule epiteliali, di molecole MHCI-simili (MICA e MICB) che fungono da recettoririconosciuti dalle cellule NK e dagli IELs TCR γ/δ+ attraverso NKGD2. L’interazioneMIC/NKGD2 induce la morte cellulare causando il danno all’epitelio che si osservanella CD. Il meccanismo attraverso cui l’IL-15 svolge il suo ruolo proinfiammatoriosembra dipendere dalla capacità di inibire la via di trasduzione del segnale indottadal TGF-β (Tranforming Growth Factor-β) e di promuovere la produzione diIFN-gamma. E' ampiamente riconosciuto che l'IFN-gamma è la citochina dominantenella mucosa intestinale danneggiata. Mentre l’IFNgamma viene prodotto anchedurante i periodi di digiuno, l’IL-15 sembra essere prodotta a gittate che sonoprobabilmente legate all’assunzione di glutine (31). Tuttavia, è ancora sconosciutocome sia sostenuta la produzione di IFN-gamma.Dall’analisi di biopsie intestinali di pazienti con CD che effettuavano dieta priva di

glutine non è stato riscontrato alcun incremento di IL-15, ma si sono osservatilivelli più elevati di IL-18 (31). Tuttavia, mettendo al contatto con il glutine tali biopsiesono state indotte forme attive sia di IL-15 che IL-18. Con tecniche diimmunoistochimica, su sezioni del piccolo intestino di pazienti con CD a dieta libera,si sono rilevate nell’epitelio delle cripte cellule che producono IL-18 (31). L’IL-18induce l'espressione di IFN-gamma da sola o in sinergia con l’IL-12 (32, 33), ma

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presenta il paradossale effetto di indurre l'apoptosi (34) e proteggere l'integritàdell’epitelio attraverso una via mediata dall’IL-11 (35). Si è visto che sia l’IL-11 che ilsuo recettore sono aumentati nella CD (36). Citochine della famiglia dell’IL-12 (IL-12,IL-23, e IL-27) sono candidate per la stimolazione cronica di IFN-gamma. Sebbenel’IL-12 è il principale induttore di IFN-gamma nelle altre malattie infiammatorieintestinali, nella CD non sembra avere attività (16), mentre è stata riscontrata unamaggiore espressione di IL-27 e IL-21 ma non di IL-23 o di IL-6. L’IL-27 è unacitochina anche prodotta dalle cellule presentanti l’antigene attivate e il suorecettore è espresso dai macrofagi, dalle natural killer (NK), dai linfociti B e T. (37).l’IL-27 è un potente induttore di IFNgamma, ma ha la paradossale azione dibloccare l'effetto pro infiammatorio di IL-23 (38). IL-21 è una citochina chepromuove la proliferazione delle cellule T, la generazione di cellule B di memoria, el'attivazione di cellule NK (39). Nella CD, l’IL-21 è prodotta dai linfociti della laminapropria stimolati dal glutine e media l’induzione di IFN-gamma (39). Gli studigenetici hanno dimostrato che il gene dell’IL-21 mappa in una regione legata allasuscettibilità a CD (40). Un punto ancora da chiarire è se IL-21 agisce come uninduttore nella produzione di IFN-gamma , in sinergia con IL-18, o se l’IFN-gamma e IL-21 sono indotte in parallelo tra loro (39). Infine, un altro settore ancora daesplorare è il ruolo dei recettori dell’immunità innata. Ad esempio, l'espressione disia IL-21 e IL-27 può essere indotta da recettori Toll-like (39, 41). Questo puòspiegare alcuni degli effetti tossici diretti del glutine sulla mucosa intestinale neipazienti con CD.Un altro fattore che interviene è il TNF-α, prodotto dai monociti e dalle cellule

dendritiche, che stimola l’espressione, da parte delle cellule endoteliali, di ICAM1(fattore chemotattico dei linfociti) e stimola i fibroblasti intestinali a proliferare esecernere metalloproteasi (MMP). Queste ultime, dissolvendo il tessuto connettivosottostante l’epitelio, aumentano il danno e permettono alle plasmacellule di migrarenella lamina propria e ai linfociti di raggiungere le APC. I linfociti T CD4+ cosi attivatiproducono grandi quantità di INF-γ che genera lo stato infiammatorio, riduce laresistenza delle giunzioni strette, aumentando la permeabilita alle cellule dellarisposta immunitaria e ai peptidi gliadinici, e stimola la secrezione degli anticorpicaratteristici della patologia.Ipotesi terapeuticheCome precedentemente indicato, l’unica terapia attualmente riconosciuta e la dieta

priva di glutine.In relazione all’ipotesi della mimica molecolare fra gliadina ed endomisio alla base

della patogenesi della CD, lo sviluppo di nuove terapie potrebbe prevedere come sievince dalla Fig. 3:

Fig. 3: Possibili ipotesi terapeutiche (da Michael T., PLoS Pathogens -www.plospathogens.org 2008) - la somministrazione orale dell’auto-antigene per indurre la tolleranza- il blocco dell’azione degli anticorpi grazie all’uso di peptidi inibitori- la creazione di frumento non-tossico rimuovendo o modificando le sequenze

antigeniche della gliadina- lo sviluppo di una terapia con peptidi antagonisti alterati-blocco dell’IL-15, attraverso un anticorpo specifico-incremento intestinale di IL-10Bibliografia1) Maki M, Mustalahti K, Kokkonen J, Kulmala P, Haapalahti M, Karttunen T, Ilonen

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Trimestrale di divulgazione scientifica dell'Associazione Pediatrica di Immunologia e GeneticaLegge 7 marzo 2001, n. 62 - Registro della Stampa Tribunale di Messina n. in corso di registrazione

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