rerum novarum

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1 Leone XIII Lettera enciclica Rerum novarum 15 maggio 1891

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Um debate da igreja sobre o capitalismo servagem

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  • 1Leone XIII

    Lettera enciclicaRerum novarum

    15 maggio 1891

  • 2Ai venerabili Fratelli Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi del mondo cattolicoaventi grazia e comunione con la Sede Apostolica

    Venerabili fratelli,salute e apostolica benedizione

    INTRODUZIONEMOTIVO DELLENCICLICA: LA QUESTIONE OPERAIA

    1. Lardente brama di novit che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli,doveva naturalmente dallordine politico passare nellordine simile delleconomiasociale. E difatti i portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dellindustria; le mutaterelazioni tra padroni ed operai; lessersi accumulata la ricchezza in poche mani elargamente estesa la povert; il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classilavoratrici pi vivo, e lunione tra loro pi intima; questo insieme di cose, con laggiuntadei peggiorati costumi, hanno fatto scoppiare il conflitto. Il quale di tale e tantagravit che tiene sospesi gli animi in trepida aspettazione e affatica lingegno dei dotti, icongressi dei sapienti, le assemblee popolari, le deliberazioni dei legislatori, i consiglidei principi, tanto che oggi non vi questione che maggiormente interessi il mondo.

    Pertanto, venerabili fratelli, ci che altre volte facemmo a bene della Chiesa e acomune salvezza con le nostre Lettere Encicliche sui Poteri pubblici, la Libert umana,la Costituzione cristiana degli Stati, ed altri simili argomenti che ci parvero opportuni adabbattere errori funesti, la medesima cosa crediamo di dover fare adesso per gli stessimotivi sulla Questione operaia. Trattammo gi questa materia, come ce ne venneloccasione pi di una volta: ma la coscienza dellapostolico nostro ministero ci muovea trattarla ora di proposito e in pieno, al fine di mettere in rilievo i principi con cui,secondo giustizia ed equit, si deve risolvere la questione. Questione difficile epericolosa. Difficile, perch ardua cosa segnare i precisi confini nelle relazioni traproprietari e proletari, tra capitale e lavoro. Pericolosa perch uomini turbolenti edastuti si sforzano ovunque di falsare i giudizi e volgere la questione stessa aperturbamento dei popoli.

    2. Comunque sia, chiaro, ed in ci si accordano tutti, come sia di estremanecessit venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, cheper la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne delluomo.

    Poich, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nullasostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivanoallontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanesserosoli e indifesi in bala della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza.Accrebbe il male unusura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dallaChiesa, continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Siaggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimonumero di straricchi hanno imposto allinfinita moltitudine dei proletari un gioco pocomeno che servile.

  • 3IIL SOCIALISMO, FALSO RIMEDIO

    La soluzione socialista inaccettabile dagli operai

    3. A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveri lodio ai ricchi,pretendono si debba abolire la propriet, e far di tutti i particolari patrimoni unpatrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello Stato. Conquesta trasformazione della propriet da personale in collettiva, e con legualedistribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, credono che il male sia radicalmenteriparato. Ma questa via, invece che risolvere le contese, non fa che danneggiare glistessi operai, ed inoltre ingiusta per molti motivi, giacch manomette i diritti deilegittimi proprietari, altera le competenze degli uffici dello Stato, e scompiglia tuttolordine sociale.

    4. E infatti non difficile capire che lo scopo del lavoro, il fine prossimo che sipropone lartigiano, la propriet privata. Poich se egli impiega le sue forze e la suaindustria a vantaggio altrui, lo fa per procurarsi il necessario alla vita: e per con il suolavoro acquista un vero e perfetto diritto, non solo di esigere, ma dinvestire comevuole, la dovuta mercede. Se dunque con le sue economie riuscito a far dei risparmie, per meglio assicurarli, li ha investiti in un terreno, questo terreno non infine altracosa che la mercede medesima travestita di forma, e conseguente propriet sua, npi n meno che la stessa mercede. Ora in questo appunto, come ognuno sa, consistela propriet, sia mobile che stabile. Con laccumulare pertanto ogni proprietparticolare, i socialisti, togliendo alloperaio la libert di investire le proprie mercedi, glirapiscono il diritto e la speranza di trarre vantaggio dal patrimonio domestico e dimigliorare il proprio stato, e ne rendono perci pi infelice la condizione.

    5. Il peggio si che il rimedio da costoro proposto una aperta ingiustizia, giacchla propriet privata diritto di natura. Poich anche in questo passa gran differenza traluomo e il bruto. Il bruto non governa se stesso; ma due istinti lo reggono egovernano, i quali da una parte ne tengono desta lattivit e ne svolgono le forze,dallaltra terminano e circoscrivono ogni suo movimento; cio listinto dellaconservazione propria, e listinto della conservazione della propria specie. Aconseguire questi due fini, basta al bruto luso di quei determinati mezzi che trovaintorno a s; n potrebbe mirare pi lontano, perch mosso unicamente dal senso edal particolare sensibile. Ben diversa la natura delluomo. Possedendo egli la vitasensitiva nella sua pienezza, da questo lato anche a lui dato, almeno quanto agli altrianimali, di usufruire dei beni della natura materiale. Ma lanimalit in tutta la suaestensione, lungi dal circoscrivere la natura umana, le di gran lunga inferiore, e fattaper esserle soggetta. Il gran privilegio delluomo, ci che lo costituisce tale o lodistingue essenzialmente dal bruto, lintelligenza, ossia la ragione. E appunto perchragionevole, si deve concedere alluomo qualche cosa di pi che il semplice uso deibeni della terra, comune anche agli altri animali: e questo non pu essere altro che ildiritto di propriet stabile; n propriet soltanto di quelle cose che si consumanousandole, ma anche di quelle che luso non consuma.

  • 4La propriet privata di diritto naturale

    6. Ci riesce pi evidente se si penetra maggiormente nellumana natura. Per lasterminata ampiezza del suo conoscimento, che abbraccia, oltre il presente, anchelavvenire, e per la sua libert, luomo sotto la legge eterna e la provvidenza universaledi Dio provvidenza a se stesso. Egli deve dunque poter scegliere i mezzi che giudicapi propri al mantenimento della sua vita, non solo per il momento che passa, ma per iltempo futuro. Ci vale quanto dire che, oltre il dominio dei frutti che d la terra, spettaalluomo la propriet della terra stessa, dal cui seno fecondo deve esserglisomministrato il necessario ai suoi bisogni futuri. Giacch i bisogni delluomo hanno,per cos dire, una vicenda di perpetui ritorni e, soddisfatti oggi, rinascono domani.Pertanto la natura deve aver dato alluomo il diritto a beni stabili e perenni,proporzionati alla perennit del soccorso di cui egli abbisogna, beni che pusomministrargli solamente la terra, con la sua inesauribile fecondit.

    Non v ragione di ricorrere alla provvidenza dello Stato perch luomo anterioreallo Stato: quindi prima che si formasse il civile consorzio egli dovette aver da natura ildiritto di provvedere a se stesso.

    7. Laver poi Iddio dato la terra a uso e godimento di tutto il genere umano non sioppone per nulla al diritto della privata propriet; poich quel dono egli lo fece a tutti,non perch ognuno ne avesse un comune e promiscuo dominio, bens in quanto nonassegn nessuna parte del suolo determinatamente ad alcuno, lasciando ciallindustria degli uomini e al diritto speciale dei popoli. La terra, per altro, sebbenedivisa tra i privati, resta nondimeno a servizio e beneficio di tutti, non essendovi uomoal mondo che non riceva alimento da essa. Chi non ha beni propri vi supplisce con illavoro; tanto che si pu affermare con verit che il mezzo universale per provvederealla vita il lavoro, impiegato o nel coltivare un terreno proprio, o nellesercitareunarte, la cui mercede in ultimo si ricava dai molteplici frutti della terra e in essi vienecommutata.

    Ed questa unaltra prova che la propriet privata conforme alla natura. Ilnecessario al mantenimento e al perfezionamento della vita umana la terra ce losomministra largamente, ma ce lo somministra a questa condizione, che luomo lacoltivi e le sia largo di provvide cure. Ora, posto che a conseguire i beni della naturaluomo impieghi lindustria della mente e le forze del corpo, con ci stesso egli riuniscein s quella parte della natura corporea che ridusse a cultura, e in cui lasci comeimpressa una impronta della sua personalit, sicch giustamente pu tenerla per suaed imporre agli altri lobbligo di rispettarla.

    La propriet privata sancita dalle leggi umane e divine

    8. Cos evidenti sono tali ragioni che non si sa capire come abbiano potuto trovarcontraddizioni presso alcuni, i quali, rinfrescando vecchie utopie, concedono bensalluomo luso del suolo e dei vari frutti dei campi, ma del suolo ove egli ha fabbricato edel campo che ha coltivato gli negano la propriet. Non si accorgono costoro che inquesta maniera vengono a defraudare luomo degli effetti del suo lavoro. Giacch ilcampo dissodato dalla mano e dallarte del coltivatore non pi quello di prima, dasilvestre divenuto fruttifero, da sterile ferace. Questi miglioramenti prendono talmentecorpo in quel terreno che la maggior parte di essi ne sono inseparabili. Ora, chegiustizia sarebbe questa, che un altro il quale non ha lavorato subentrasse a goderne ifrutti? Come leffetto appartiene alla sua causa, cos il frutto del lavoro deveappartenere a chi lavora. A ragione pertanto il genere umano, senza affatto curarsi dei

  • 5pochi contraddittori e con locchio fisso alla legge di natura, trova in questa leggemedesima il fondamento della divisione dei beni; e riconoscendo che la proprietprivata sommamente consona alla natura delluomo e alla pacifica convivenzasociale, lha solennemente sancita mediante la pratica di tutti i secoli. E le leggi civiliche, quando sono giuste, derivano la propria autorit ed efficacia dalla stessa leggenaturale (cfr. S. TH., I-II, q. 95, a. 4), confermano tale diritto e lo assicurano con lapubblica forza. N manca il suggello della legge divina, la quale vietastrettissimamente perfino il desiderio della roba altrui: Non desiderare la moglie delprossimo tuo: non la casa, non il podere, non la serva, non il bue, non lasino, nonalcuna cosa di tutte quelle che a lui appartengono (Dt 5,21).

    La libert delluomo

    9. Questo diritto individuale cresce di valore se lo consideriamo nei riguardi delconsorzio domestico.

    Libera alluomo lelezione del proprio stato: egli pu a suo piacere seguire ilconsiglio evangelico della verginit o legarsi in matrimonio. Naturale e primitivo ildiritto al coniugio e nessuna legge umana pu abolirlo, n pu limitarne, comunquesia, lo scopo a cui Iddio lha ordinato quando disse: Crescete e moltiplicatevi (Gn1,28). Ecco pertanto la famiglia, ossia la societ domestica, societ piccola ma vera, eanteriore a ogni civile societ; perci con diritti e obbligazioni indipendenti dallo Stato.Ora, quello che dicemmo in ordine al diritto di propriet inerente allindividuo vaapplicato alluomo come capo di famiglia: anzi tale diritto in lui tanto pi forte quantopi estesa e completa nel consorzio domestico la sua personalit.

    Famiglia e Stato

    10. Per legge inviolabile di natura incombe al padre il mantenimento della prole: eper impulso della natura medesima, che gli fa scorgere nei figli una immagine di s equasi una espansione e continuazione della sua persona, egli spinto a provvedereloro in modo che nel difficile corso della vita possano onestamente far fronte ai propribisogni: cosa impossibile a ottenersi se non mediante lacquisto dei beni fruttiferi,chegli poi trasmette loro in eredit. Come la convivenza civile, cos la famiglia,secondo quello che abbiamo detto, una societ retta da potere proprio, che quellopaterno. Entro i limiti determinati dal fine suo, la famiglia ha dunque, per la scelta eluso dei mezzi necessari alla sua conservazione e alla sua legittima indipendenza,diritti almeno eguali a quelli della societ civile. Diciamo almeno eguali, perchessendo il consorzio domestico logicamente e storicamente anteriore al civile, anteriorialtres e pi naturali ne debbono essere i diritti e i doveri. Che se luomo, se la famiglia,entrando a far parte della societ civile, trovassero nello Stato non un aiuto, ma offesa,non tutela, ma diminuzione dei propri diritti la civile convivenza sarebbe piuttosto dafuggire che da desiderare.

    Lo Stato e il suo intervento nella famiglia

    11. dunque un errore grande e dannoso volere che lo Stato possa intervenire asuo talento nel santuario della famiglia. Certo, se qualche famiglia si trova peravventura in s gravi strettezze che da se stessa non le affatto possibile uscirne, giusto in tali frangenti lintervento dei pubblici poteri, giacch ciascuna famiglia partedel corpo sociale. Similmente in caso di gravi discordie nelle relazioni scambievoli tra i

  • 6membri di una famiglia intervenga lo Stato e renda a ciascuno il suo, poich questonon usurpare i diritti dei cittadini, ma assicurarli e tutelarli secondo la retta giustizia.Qui per deve arrestarsi lo Stato; la natura non gli consente di andare oltre. La patriapotest non pu lo Stato n annientarla n assorbirla, poich nasce dalla sorgentestessa della vita umana. I figli sono qualche cosa del padre, una espansione, per cosdire, della sua personalit e, a parlare propriamente, essi entrano a far parte del civileconsorzio non da s medesimi, bens mediante la famiglia in cui sono nati. appuntoper questa ragione che, essendo i figli naturalmente qualcosa del padre... primadelluso della ragione stanno sotto la cura dei genitori (S. TH., II-II, q. 10, a. 12). Ora,i socialisti, sostituendo alla provvidenza dei genitori quella dello Stato, vanno contro lagiustizia naturale e disciolgono la compagine delle famiglie.

    La soluzione socialista nociva alla stessa societ

    12. Ed oltre lingiustizia, troppo chiaro appare quale confusione e scompiglio neseguirebbe in tutti gli ordini della cittadinanza, e quale dura e odiosa schiavit neicittadini. Si aprirebbe la via agli astii, alle recriminazioni, alle discordie: le fonti stessedella ricchezza inaridirebbero, tolto ogni stimolo allingegno e allindustria individuale: ela sognata uguaglianza non sarebbe di fatto che una condizione universale diabiezione e di miseria.

    Tutte queste ragioni danno diritto a concludere che la comunanza dei beni propostadal socialismo va del tutto rigettata, perch nuoce a quei medesimi a cui si deve recarsoccorso, offende i diritti naturali di ciascuno, altera gli uffici dello Stato e turba la pacecomune. Resti fermo adunque, che nellopera di migliorare le sorti delle classi operaie,deve porsi come fondamento inconcusso il diritto di propriet privata. Presupposto ci,esporremo donde si abbia a trarre il rimedio.

  • 7IIIL VERO RIMEDIO:LUNIONE DELLE ASSOCIAZIONI

    A) LOPERA DELLA CHIESA

    13. Entriamo fiduciosi in questo argomento, e di nostro pieno diritto; giacch sitratta di questione di cui non possibile trovare una risoluzione che valga senzaricorrere alla religione e alla Chiesa. E poich la cura della religione e la dispensazionedei mezzi che sono in potere della Chiesa affidata principalmente a noi, ci parrebbedi mancare al nostro ufficio, tacendo.

    Certamente la soluzione di s arduo problema richiede il concorso e lefficacecooperazione anche degli altri: vogliamo dire dei governanti, dei padroni e dei ricchi,come pure degli stessi proletari che vi sono direttamente interessati: ma senzaesitazione alcuna affermiamo che, se si prescinde dallazione della Chiesa, tutti glisforzi riusciranno vani. Difatti la Chiesa quella che trae dal Vangelo dottrine atte acomporre, o certamente a rendere assai meno aspro il conflitto: essa procura con gliinsegnamenti suoi, non solo dilluminare la mente, ma dinformare la vita e i costumi diognuno: con un gran numero di benefiche istituzioni migliora le condizioni medesimedel proletario; vuole e brama che i consigli e le forze di tutte le classi sociali sicolleghino e vengano convogliati insieme al fine di provvedere meglio che sia possibileagli interessi degli operai; e crede che, entro i debiti termini, debbano volgersi a questoscopo le stesse leggi e lautorit dello Stato.

    1. Impossibilit di eliminare le ineguaglianze sociali e la fatica del lavoro

    14. Si stabilisca dunque in primo luogo questo principio, che si deve sopportare lacondizione propria dellumanit: togliere dal mondo le disparit sociali cosaimpossibile. Lo tentano, vero, i socialisti, ma ogni tentativo contro la natura dellecose riesce inutile. Poich la pi grande variet esiste per natura tra gli uomini: nontutti posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia, non la sanit, non le forze inpari grado: e da queste inevitabili differenze nasce di necessit la differenza dellecondizioni sociali. E ci torna a vantaggio sia dei privati che del civile consorzio; perchla vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi, e limpulso principale, chemuove gli uomini ad esercitare tali uffici, la disparit dello stato.

    Quanto al lavoro, luomo nello stato medesimo dinnocenza non sarebbe rimastoinoperoso: se non che, quello che allora avrebbe liberamente fatto la volont aricreazione dellanimo, lo impose poi, ad espiazione del peccato, non senza fatica emolestia, la necessit, secondo quelloracolo divino: Sia maledetta la terra nel tuolavoro; mangerai di essa in fatica tutti i giorni della tua vita (Gn 3,17). Similmente ildolore non mancher mai sulla terra; perch aspre, dure, difficili a sopportarsi sono leree conseguenze del peccato le quali si voglia o no accompagnano luomo fino allatomba. Patire e sopportare dunque il retaggio delluomo; qualunque cosa si faccia esi tenti, non v forza n arte che possa togliere del tutto le sofferenze del mondo.Coloro che dicono di poterlo fare e promettono alle misere genti una vita scevra didolore e di pene, tutta pace e diletto, illudono il popolo e lo trascinano per una via checonduce a dolori pi grandi di quelli attuali. La cosa migliore guardare le cose umanequali sono e nel medesimo tempo cercare altrove, come dicemmo, il rimedio ai mali.

  • 82. Necessit della concordia

    12. Nella presente questione, lo scandalo maggiore questo: supporre una classesociale nemica naturalmente dellaltra; quasi che la natura abbia fatto i ricchi e iproletari per battagliare tra loro un duello implacabile; cosa tanto contraria alla ragionee alla verit. Invece verissimo che, come nel corpo umano le varie membra siaccordano insieme e formano quellarmonico temperamento che si chiama simmetria,cos la natura volle che nel civile consorzio armonizzassero tra loro quelle due classi, ene risultasse lequilibrio. Luna ha bisogno assoluto dellaltra: n il capitale pu staresenza il lavoro, n il lavoro senza il capitale. La concordia fa la bellezza e lordine dellecose, mentre un perpetuo conflitto non pu dare che confusione e barbarie. Ora, acomporre il dissidio, anzi a svellerne le stesse radici, il cristianesimo ha una ricchezzadi forza meravigliosa.

    3. Relazioni tra le classi sociali

    a) Giustizia

    16. Innanzi tutto, linsegnamento cristiano, di cui interprete e custode la Chiesa, potentissimo a conciliare e mettere in accordo fra loro i ricchi e i proletari, ricordandoagli uni e agli altri i mutui doveri incominciando da quello imposto dalla giustizia.Obblighi di giustizia, quanto al proletario e alloperaio, sono questi: prestareinteramente e fedelmente lopera che liberamente e secondo equit fu pattuita; nonrecar danno alla roba, n offesa alla persona dei padroni; nella difesa stessa dei propridiritti astenersi da atti violenti, n mai trasformarla in ammutinamento; non mescolarsicon uomini malvagi, promettitori di cose grandi, senza altro frutto che quello di inutilipentimenti e di perdite rovinose.

    E questi sono i doveri dei capitalisti e dei padroni: non tenere gli operai schiavi;rispettare in essi la dignit della persona umana, nobilitata dal carattere cristiano. Agliocchi della ragione e della fede il lavoro non degrada luomo, ma anzi lo nobilita colmetterlo in grado di vivere onestamente con lopera propria. Quello che veramente indegno delluomo di abusarne come di cosa a scopo di guadagno, n stimarlo pi diquello che valgono i suoi nervi e le sue forze. Viene similmente comandato che neiproletari si deve aver riguardo alla religione e ai beni dellanima. obbligo perci deipadroni lasciare alloperaio comodit e tempo che bastino a compiere i doveri religiosi;non esporlo a seduzioni corrompitrici e a pericoli di scandalo; non alienarlo dallo spiritodi famiglia e dallamore del risparmio; non imporgli lavori sproporzionati alle forze, omal confacenti con let e con il sesso.

    17. Principalissimo poi tra i loro doveri dare a ciascuno la giusta mercede. Ildeterminarla secondo giustizia dipende da molte considerazioni: ma in generale siricordino i capitalisti e i padroni che le umane leggi non permettono di opprimere perutile proprio i bisognosi e gli infelici, e di trafficare sulla miseria del prossimo.Defraudare poi la dovuta mercede colpa cos enorme che grida vendetta al cospettodi Dio. Ecco, la mercede degli operai... che fu defraudata da voi, grida; e questogrido ha ferito le orecchie del Signore degli eserciti (Gc 5,4). Da ultimo dovere deiricchi non danneggiare i piccoli risparmi delloperaio n con violenza n con frodi ncon usure manifeste o nascoste; questo dovere tanto pi rigoroso, quanto pi debolee mal difeso loperaio e pi sacrosanta la sua piccola sostanza. Losservanza diquesti precetti non baster essa sola a mitigare lasprezza e a far cessare le cagionidel dissidio?

  • 9b) Carit

    18. Ma la Chiesa, guidata dagli insegnamenti e dallesempio di Cristo, mira pi inalto, cio a riavvicinare il pi possibile le due classi, e a renderle amiche. Le cose deltempo non possibile intenderle e valutarle a dovere, se lanimo non si eleva adunaltra vita, ossia a quella eterna, senza la quale la vera nozione del bene moralenecessariamente si dilegua, anzi lintera creazione diventa un mistero inspiegabile.Quello pertanto che la natura stessa ci detta, nel cristianesimo un dogma su cuicome principale fondamento poggia tutto ledificio della religione: cio che la vera vitadelluomo quella del mondo avvenire. Poich Iddio non ci ha creati per questi benifragili e caduchi, ma per quelli celesti ed eterni; e la terra ci fu data da Lui come luogodi esilio, non come patria. Che tu abbia in abbondanza ricchezze ed altri beni terreni oche ne sia privo, ci alleterna felicit non importa nulla; ma il buono o cattivo uso diquei beni, questo ci che sommamente importa. Le varie tribolazioni di cui intessuta la vita di quaggi, Ges Cristo, che pur ci ha redenti con redenzione copiosa,non le ha tolte; le ha convertite in stimolo di virt e in maniera di merito, tanto chenessun figlio di Adamo pu giungere al cielo se non segue le orme sanguinose di Lui.Se persevereremo, regneremo insieme (2 Tm 2,12). Accettando volontariamentesopra di s travagli e dolori, egli ne ha mitigato lacerbit in modo meraviglioso, e nonsolo con lesempio ma con la sua grazia e con la speranza del premio proposto, ci hareso pi facile il patire. Poich quella che attualmente una momentanea e leggeratribolazione nostra, opera in noi un eterno e sopra ogni misura smisurato peso digloria (2 Cor 4,17).

    I fortunati del secolo sono dunque avvertiti che le ricchezze non li liberano daldolore e che esse per la felicit avvenire, non che giovare, nuocciono (cfr. Mt 19,23-24); che i ricchi debbono tremare, pensando alle minacce straordinariamente severe diGes Cristo (cfr. Lc 6,24-25); che delluso dei loro beni avranno un giorno da rendererigorosissimo conto al Dio giudice.

    c) La vera utilit delle ricchezze

    19. In ordine alluso delle ricchezze, eccellente e importantissima la dottrina che,se pure fu intravveduta dalla filosofia, venne per insegnata a perfezione dalla Chiesa;la quale inoltre procura che non rimanga pura speculazione, ma discenda nella praticae informi la vita. Il fondamento di tale dottrina sta in ci: che nella ricchezza si suoledistinguere il possesso legittimo dal legittimo uso. Naturale diritto delluomo , comevedemmo, la privata propriet dei beni e lesercitare questo diritto , specialmentenella vita socievole, non pur lecito, ma assolutamente necessario. lecito dice sanTommaso, anzi necessario allumana vita che luomo abbia la propriet dei beni (S.TH., III-II, q. 66, a. 2). Ma se inoltre si domandi quale debba essere luso di tali beni, laChiesa per bocca del santo Dottore non esita a rispondere che, per questo rispetto,luomo non deve possedere i beni esterni come propri, bens come comuni, in modoche facilmente li comunichi allaltrui necessit. Onde lApostolo dice: Comanda ai ricchidi questo secolo di dare e comunicare facilmente il proprio (ivi). Nessuno, certo, tenuto a soccorrere gli altri con le cose necessarie a s e ai suoi, anzi neppure con ciche necessario alla convivenza e al decoro del proprio stato, perch nessuno devevivere in modo non conveniente (S. Th., II-II, q. 32, a. 6). Ma, soddisfatte le necessite la convenienza, dovere soccorrere col superfluo i bisognosi: Quello chesopravanza date in elemosina (cfr. Lc 11,41). Eccetto il caso di estrema necessit,questi, vero, non sono obblighi di giustizia, ma di carit cristiana il cui adempimentonon si pu certamente esigere per via giuridica, ma sopra le leggi e i giudizi degliuomini sta la legge e il giudizio di Cristo, il quale inculca in molti modi la pratica del

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    dono generoso e insegna: pi bello dare che ricevere (cfr. At 20,35), e terr perfatta o negata a s la carit fatta o negata ai bisognosi: Quanto faceste ad uno deiminimi di questi miei fratelli, a me lo faceste (cfr. Mt 25,40). In conclusione, chiunqueha ricevuto dalla munificenza di Dio copia maggiore di beni, sia esteriori e corporali siaspirituali, a questo fine li ha ricevuti, di servirsene al perfezionamento proprio, e nelmedesimo tempo come ministro della divina provvidenza a vantaggio altrui: Chi hadunque ingegno, badi di non tacere; chi ha abbondanza di roba, si guardi dallesseretroppo duro di mano nellesercizio della misericordia; chi ha unarte per vivere, nepartecipi al prossimo luso e lutilit (S. GREG. M. , In Ev. hom. 9, n. 7).

    d) Vantaggi della povert

    20. Ai poveri poi, la Chiesa insegna che innanzi a Dio non cosa che rechivergogna n la povert n il dover vivere di lavoro. Ges Cristo conferm questa veritcon lesempio suo, mentre, a salute degli uomini, essendo ricco, si fece povero (2Cor 8,9) ed essendo Figlio di Dio, e Dio egli stesso, volle comparire ed essere credutofiglio di un falegname, anzi non ricus di passare lavorando la maggior parte della suavita: Non costui il fabbro, il figlio di Maria? (Mc 6,3). Mirando la divinit di questoesempio, si comprende pi facilmente che la vera dignit e grandezza delluomo tutta morale, ossia riposta nella virt; che la virt patrimonio comune, conseguibileugualmente dai grandi e dai piccoli, dai ricchi e dai proletari; che solo alle operevirtuose, in chiunque si trovino, serbato il premio delleterna beatitudine. Diciamo dipi: per gli infelici pare che Iddio abbia una particolare predilezione, poich GesCristo chiama beati i poveri (cfr. Mt 5,3); invita amorosamente a venire da lui perconforto quanti sono stretti dal peso degli affanni (Mt 11,28); i deboli e i perseguitatiabbraccia con atto di carit specialissima. Queste verit sono molto efficaci adabbassar lorgoglio dei fortunati e togliere allavvilimento i miseri, ad ispirareindulgenza negli uni e modestia negli altri. Cos le distanze, tanto care allorgoglio, siaccorciano; n riesce difficile ottenere che le due classi, stringendosi la mano,scendano ad amichevole accordo.

    e) Fraternit cristiana

    21. Ma esse, obbedendo alla legge evangelica, non saranno paghe di una sempliceamicizia, ma vorranno darsi lamplesso dellamore fraterno. Poich conosceranno esentiranno che tutti gli uomini hanno origine da Dio, Padre comune; che tutti tendono aDio, fine supremo, che solo pu rendere perfettamente felici gli uomini e gli angeli; chetutti sono stati ugualmente redenti da Ges Cristo e chiamati alla dignit dellafigliolanza divina, in modo che non solo tra loro, ma con Cristo Signore, primogenito framolti fratelli, sono congiunti col vincolo di una santa fraternit. Conosceranno esentiranno che i beni di natura e di grazia sono patrimonio comune del genere umanoe che nessuno, senza proprio merito, verr diseredato dal retaggio dei beni celesti:perch se tutti figli, dunque tutti eredi; eredi di Dio, e coeredi di Ges Cristo (Rm8,17).

    Ecco lideale dei diritti e dei doveri contenuto nel Vangelo. Se esso prevalesse nelmondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?

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    4. Mezzi positivi

    a) La diffusione della dottrina cristiana

    22. Se non che la Chiesa, non contenta di additare il rimedio, lapplica ella stessacon la materna sua mano. Poich ella tutta intenta a educare e formare gli uomini aqueste massime, procurando che le acque salutari della sua dottrina scorranolargamente e vadano per mezzo dei Vescovi e del Clero ad irrigare tutta quanta laterra. Nel tempo stesso si studia di penetrare negli animi e di piegare le volont,perch si lascino governare dai divini precetti. E in questarte, che di capitaleimportanza, poich ne dipende ogni vantaggio, la Chiesa sola ha vera efficacia. Infatti,gli strumenti che adopera a muovere gli animi le furono dati a questo fine da GesCristo, ed hanno in s virt divina; s che essi soli possono penetrare nelle intime fibredei cuori, e far s che gli uomini obbediscano alla voce del dovere, tengano a freno lepassioni, amino con supremo e singolare amore Iddio e il prossimo, e abbattanocoraggiosamente tutti gli ostacoli che attraversano il cammino della virt.

    b) Il rinnovamento della societ

    Basta su ci accennar di passaggio agli esempi antichi. Ricordiamo fatti e coseposte fuori di ogni dubbio: cio che per opera del cristianesimo fu trasformata da capoa fondo la societ; che questa trasformazione fu un vero progresso del genere umano,anzi una risurrezione dalla morte alla vita morale, e un perfezionamento non mai vistoper linnanzi n sperabile maggiore per lavvenire; e finalmente che Ges Cristo ilprincipio e il termine di questi benefizi, i quali, scaturiti da lui, a lui vanno riferiti. Avendoil mondo mediante la luce evangelica appreso il gran mistero dellincarnazione delVerbo e dellumana redenzione, la vita di Ges Cristo Dio e uomo si trasfuse nellacivile societ che ne fu permeata con la fede, i precetti, le leggi di lui. Perci, se ai malidel mondo v un rimedio, questi non pu essere altro che il ritorno alla vita e aicostumi cristiani. un solenne principio questo, che per riformare una societ indecadenza, necessario riportarla ai principi che le hanno dato lessere. La perfezionedi ogni societ riposta nello sforzo di arrivare al suo scopo: in modo che il principiogeneratore dei moti e delle azioni sociali sia il medesimo che ha generatolassociazione. Quindi deviare dallo scopo primitivo corruzione; tornare ad esso salvezza. E questo vero, come di tutto il consorzio civile, cos della classe lavoratrice,che ne la parte pi numerosa.

    c) La beneficenza della Chiesa

    23. N si creda che le premure della Chiesa siano cos interamente e unicamenterivolte alla salvezza delle anime da trascurare ci che appartiene alla vita morale eterrena. Ella vuole e procura che soprattutto i proletari emergano dal loro infelice stato,e migliorino la condizione di vita. E questo essa fa innanzi tutto indirettamente,chiamando e insegnando a tutti gli uomini la virt. I costumi cristiani, quando siano talidavvero, contribuiscono anchessi di per s alla prosperit terrena, perch attirano lebenedizioni di Dio, principio e fonte di ogni bene; infrenano la cupidigia della roba e lasete dei piaceri (cfr. 1 Tm 6,10), veri flagelli che rendono misero luomo nellaabbondanza stessa di ogni cosa; contenti di una vita frugale, suppliscono allascarsezza del censo col risparmio, lontani dai vizi, che non solo consumano le piccole,ma anche le grandi sostanze, e mandano in rovina i pi lauti patrimoni.

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    24. Ma vi di pi: la Chiesa concorre direttamente al bene dei proletari col creare epromuovere quanto pu conferire al loro sollievo, e in questo tanto si segnalata, dariscuoter lammirazione e gli encomi degli stessi nemici. Nel cuore dei primi cristiani lacarit fraterna era cos potente che i pi facoltosi si privavano spessissimo del proprioper soccorrere gli altri; tanto che non vi era tra loro nessun bisognoso (At 4,34). Aidiaconi, ordine istituito appositamente per questo, era affidato dagli apostoli lufficio diesercitare la quotidiana beneficenza e lapostolo Paolo, bench gravato dalla cura ditutte le Chiese, non dubitava di intraprendere faticosi viaggi, per recare di sua mano aicristiani poveri le elemosine da lui raccolte. Tertulliano chiama depositi della piet leofferte che si facevano spontaneamente dai fedeli di ciascuna adunanza, perchdestinate a soccorrere e dar sepoltura agli indigenti, sovvenire i poveri orfani dambo isessi, i vecchi e i naufraghi (Apologia, 2,39). Da l poco a poco si form il patrimonio,che la Chiesa guard sempre con religiosa cura come patrimonio della povera gente.La quale anzi, con nuovi e determinati soccorsi, venne perfino liberata dalla vergognadi chiedere. Giacch, madre comune dei poveri e dei ricchi, ispirando e suscitandodappertutto leroismo della carit, la Chiesa cre sodalizi religiosi ed altri beneficiistituti, che non lasciarono quasi alcuna specie di miserie senza aiuto e conforto. Moltioggi, come gi fecero i gentili, biasimano la Chiesa perfino di questa carit squisita, esi creduto bene di sostituire a questa la beneficenza legale. Ma non umanaindustria che possa supplire la carit cristiana, tutta consacrata al bene altrui. Ed essanon pu essere se non virt della Chiesa, perch virt che sgorga solamente dalcuore santissimo di Ges Cristo: e si allontana da Ges Cristo chi si allontana dallaChiesa.

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    B) LOPERA DELLO STATO

    25. A risolvere peraltro la questione operaia, non vi dubbio che si richiedanoaltres i mezzi umani. Tutti quelli che vi sono interessati debbono concorrervi ciascunoper la sua parte: e ci ad esempio di quellordine provvidenziale che governa il mondo;poich dordinario si vede che ogni buon effetto prodotto dallarmoniosacooperazione di tutte le cause da cui esso dipende.

    Vediamo dunque quale debba essere il concorso dello Stato. Noi parliamo delloStato non come costituito o come funziona in questa o in quella nazione, ma delloStato nel suo vero concetto, quale si desume dai principi della retta ragione, in perfettaarmonia con le dottrine cattoliche, come noi medesimi esponemmo nella Enciclicasulla Costituzione cristiana degli Stati (Enc. Immortale Dei).

    1. Il diritto dintervento dello Stato

    26. I governanti dunque debbono in primo luogo concorrervi in maniera generalecon tutto il complesso delle leggi e delle istituzioni politiche, ordinando eamministrando lo Stato in modo che ne risulti naturalmente la pubblica e privataprosperit. Questo infatti lufficio della civile prudenza e il dovere dei reggitori deipopoli. Ora, la prosperit delle nazioni deriva specialmente dai buoni costumi, dal buonassetto della famiglia, dallosservanza della religione e della giustizia, dallimposizionemoderata e dallequa distribuzione dei pubblici oneri, dal progresso delle industrie e delcommercio, dal fiorire dellagricoltura e da altre simili cose, le quali, quantomaggiormente promosse, tanto pi felici rendono i popoli. Anche solo per questa viapu dunque lo Stato grandemente concorrere, come al benessere delle altre classi,cos a quello dei proletari; e ci di suo pieno diritto e senza dar sospetto dindebiteingerenze; giacch provvedere al bene comune ufficio e competenza dello Stato. Equanto maggiore sar la somma dei vantaggi procurati per questa generaleprovvidenza, tanto minore bisogno vi sar di tentare altre vie a salvezza degli operai.

    a) Per il bene comune

    27. Ma bisogna inoltre considerare una cosa che tocca pi da vicino la questione:che cio lo Stato una armoniosa unit che abbraccia del pari le infime e le alte classi.I proletari n di pi n di meno dei ricchi sono cittadini per diritto naturale, membri verie viventi onde si compone, mediante le famiglie, il corpo sociale: per non dire che nesono il maggior numero. Ora, essendo assurdo provvedere ad una parte di cittadini etrascurare laltra, stretto dovere dello Stato prendersi la dovuta cura del benesseredegli operai; non facendolo, si offende la giustizia che vuole si renda a ciascuno il suo.Onde saggiamente avverte san Tommaso: Siccome la parte e il tutto fanno in certomodo una sola cosa, cos ci che del tutto in qualche maniera della parte (S.TH., II-II, q. 61, a. 1 ad 2). Perci tra i molti e gravi doveri dei governanti solleciti delbene pubblico, primeggia quello di provvedere ugualmente ad ogni ordine di cittadini,osservando con inviolabile imparzialit la giustizia cosiddetta distributiva.

    b) Per il bene degli operai

    Sebbene tutti i cittadini, senza eccezione alcuna, debbano cooperare al benesserecomune che poi, naturalmente, ridonda a beneficio dei singoli, tuttavia la cooperazionenon pu essere in tutti n uguale n la stessa. Per quanto si mutino e rimutino le formedi governo, vi sar sempre quella variet e disparit di condizione senza la quale non

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    pu darsi e neanche concepirsi il consorzio umano. Vi saranno sempre pubbliciministri, legislatori, giudici, insomma uomini tali che governano la nazione in pace, e ladifendono in guerra; ed facile capire che, essendo costoro la causa pi prossima edefficace del bene comune, formano la parte principale della nazione. Non possono allostesso modo e con gli stessi uffici cooperare al bene comune gli artigiani; tuttavia viconcorrono anchessi potentemente con i loro servizi, bench in modo indiretto. Certo,il bene sociale, dovendo essere nel suo conseguimento un bene perfezionativo deicittadini in quanto sono uomini, va principalmente riposto nella virt. Nondimeno, inogni societ ben ordinata deve trovarsi una sufficiente abbondanza dei beni corporali,luso dei quali necessario allesercizio della virt (S. TH., De reg. princ., 1.17). Ora,a darci questi beni di necessit ed efficacia somma lopera e larte dei proletari, o siapplichi allagricoltura, o si eserciti nelle officine. Somma, diciamo, poich si puaffermare con verit che il lavoro degli operai quello che forma la ricchezzanazionale. quindi giusto che il governo sinteressi delloperaio, facendo s che eglipartecipi in qualche misura di quella ricchezza che esso medesimo produce, cosicchabbia vitto, vestito e un genere di vita meno disagiato. Si favorisca dunque al massimoci che pu in qualche modo migliorare la condizione di lui, sicuri che questaprovvidenza, anzich nuocere a qualcuno, giover a tutti, essendo interesse universaleche non rimangano nella miseria coloro da cui provengono vantaggi di tanto rilievo.

    2. Norme e limiti del diritto dintervento

    28. Non giusto, come abbiamo detto, che il cittadino e la famiglia siano assorbitidallo Stato: giusto invece che si lasci alluno e allaltra tanta indipendenza di operarequanta se ne pu, salvo il bene comune e gli altrui diritti. Tuttavia, i governantidebbono tutelare la societ e le sue parti. La societ, perch la tutela di questa fu danatura commessa al sommo potere, tanto che la salute pubblica non solo leggesuprema, ma unica e totale ragione della pubblica autorit; le parti, poi, perch filosofiae Vangelo si accordano a insegnare che il governo istituito da natura non a beneficiodei governanti, bens dei governati. E perch il potere politico viene da Dio ed unacerta quale partecipazione della divina sovranit, deve amministrarsi sullesempio diquesta, che con paterna cura provvede non meno alle particolari creature che a tuttoluniverso. Se dunque alla societ o a qualche sua parte stato recato o sovrasta undanno che non si possa in altro modo riparare o impedire, si rende necessariolintervento dello Stato.

    29. Ora, interessa il privato come il pubblico bene che sia mantenuto lordine e latranquillit pubblica; che la famiglia sia ordinata conforme alla legge di Dio e ai principidi natura; che sia rispettata e praticata la religione; che fioriscano i costumi pubblici eprivati; che sia inviolabilmente osservata la giustizia; che una classe di cittadini nonopprima laltra; che crescano sani e robusti i cittadini, atti a onorare e a difendere, seoccorre, la patria. Perci, se a causa di ammutinamenti o di scioperi si temonodisordini pubblici; se tra i proletari sono sostanzialmente turbate le naturali relazionidella famiglia; se la religione non rispettata nelloperaio, negandogli agio e temposufficiente a compierne i doveri; se per la promiscuit del sesso ed altri incentivi almale lintegrit dei costumi corre pericolo nelle officine; se la classe lavoratrice vieneoppressa con ingiusti pesi dai padroni o avvilita da fatti contrari alla personalit edignit umana; se con il lavoro eccessivo o non conveniente al sesso e allet, si recadanno alla sanit dei lavoratori; in questi casi si deve adoperare, entro i debiti confini,la forza e lautorit delle leggi. I quali fini sono determinati dalla causa medesima che

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    esige lintervento dello Stato; e ci significa che le leggi non devono andare al di l dici che richiede il riparo dei mali o la rimozione del pericolo.

    I diritti vanno debitamente protetti in chiunque li possieda e il pubblico potere deveassicurare a ciascuno il suo, con impedirne o punirne le violazioni. Se non che, neltutelare le ragioni dei privati, si deve avere un riguardo speciale ai deboli e ai poveri. Ilceto dei ricchi, forte per se stesso, abbisogna meno della pubblica difesa; le misereplebi, che mancano di sostegno proprio, hanno speciale necessit di trovarlo nelpatrocinio dello Stato. Perci agli operai, che sono nel numero dei deboli e deibisognosi, lo Stato deve di preferenza rivolgere le cure e le provvidenze sue.

    3. Casi particolari dintervento

    a) Difesa della propriet privata

    30. Ma giova discendere espressamente ad alcuni particolari di maggioreimportanza. Principalissimo questo: i governi devono per mezzo di sagge leggiassicurare la propriet privata. Oggi specialmente, in tanto ardore di sfrenate cupidigie,bisogna che le popolazioni siano tenute a freno; perch, se la giustizia consente a lorodi adoperarsi a migliorare le loro sorti, n la giustizia n il pubblico bene consentonoche si rechi danno ad altri nella roba, e sotto colore di non so quale eguaglianza siinvada laltrui. Certo, la massima parte degli operai vorrebbe migliorare la propriacondizione onestamente, senza far torto ad alcuno; tuttavia non sono pochi coloro iquali, imbevuti di massime false e smaniosi di novit, cercano ad ogni costo di eccitaretumulti e sospingere gli altri alla violenza. Intervenga dunque lautorit dello Stato e,posto freno ai sobillatori, preservi i buoni operai dal pericolo della seduzione e ilegittimi padroni da quello dello spogliamento.

    b) Difesa del lavoro

    1) Contro lo sciopero

    31. Il troppo lungo e gravoso lavoro e la mercede giudicata scarsa porgono non dirado agli operai motivo di sciopero. A questo disordine grave e frequente occorre cheripari lo Stato, perch tali scioperi non recano danno solamente ai padroni e agli operaimedesimi, ma al commercio e ai comuni interessi e, per le violenze e i tumulti a cuidordinario danno occasione, mettono spesso a rischio la pubblica tranquillit. Ilrimedio, poi, in questa parte, pi efficace e salutare, si prevenire il male con lautoritdelle leggi e impedire lo scoppio, rimovendo a tempo le cause da cui si prevede chepossa nascere il conflitto tra operai e padroni.

    2) Condizioni di lavoro

    32. Molte cose parimenti lo Stato deve proteggere nelloperaio, e prima di tutto ibeni dellanima. La vita di quaggi, bench buona e desiderabile, non il fine per cuinoi siamo stati creati, ma via e mezzo a perfezionare la vita dello spirito con lacognizione del vero e con la pratica del bene. Lo spirito quello che porta scolpita ins limmagine e la somiglianza divina, ed in cui risiede quella superiorit in virt dellaquale fu imposto alluomo di signoreggiare le creature inferiori, e di far servire allutilitsua le terre tutte ed i mari: Riempite la terra e rendetela a voi soggetta: signoreggiatei pesci del mare e gli uccelli dellaria e tutti gli animali che si muovono sopra la terra(Gn 1,28). In questo tutti gli uomini sono uguali, n esistono differenze tra ricchi e

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    poveri, padroni e servi, monarchi e sudditi, perch lo stesso il Signore di tutti (Rm10,12). A nessuno lecito violare impunemente la dignit delluomo, di cui Dio stessodispone con grande riverenza, n attraversargli la via a quel perfezionamento che ordinato allacquisto della vita eterna. Che anzi, neanche di sua libera elezionepotrebbe luomo rinunziare ad esser trattato secondo la sua natura, ed accettare laschiavit dello spirito, perch non si tratta di diritti dei quali sia libero lesercizio, bensdi doveri verso Dio assolutamente inviolabili.

    Di qui segue la necessit del riposo festivo. Sotto questo nome non sintenda unostare in ozio pi a lungo, e molto meno una totale inazione quale si desidera da molti,fomite di vizi e occasione di spreco, ma un riposo consacrato dalla religione. Unito allareligione, il riposo toglie luomo ai lavori e alle faccende della vita ordinaria perrichiamarlo al pensiero dei beni celesti e al culto dovuto alla Maest divina. Questa principalmente la natura, questo il fine del riposo festivo, che Iddio con legge specialeprescrisse alluomo nel Vecchio Testamento dicendogli: Ricordati di santificare ilgiorno di sabato (Es 20,8) e che egli stesso insegn di fatto, quando nel settimogiorno, creato luomo, si ripos dalle opere della creazione: Ripos nel giorno settimoda tutte le opere che aveva fatte (Gn 2,2).

    33. Quanto alla tutela dei beni temporali ed esteriori prima di tutto dovere sottrarreil povero operaio allinumanit di avidi speculatori, che per guadagno abusano senzaalcuna discrezione delle persone come fossero cose. Non giusto n umano esigeredalluomo tanto lavoro da farne inebetire la mente per troppa fatica e da fiaccarne ilcorpo. Come la sua natura, cos lattivit delluomo limitata e circoscritta entro confiniben stabiliti, oltre i quali non pu andare. Lesercizio e luso laffina, a condizione perche di quando in quando venga sospeso, per dar luogo al riposo. Non deve dunque illavoro prolungarsi pi di quanto lo comportino le forze. Il determinare la quantit delriposo dipende dalla qualit del lavoro, dalle circostanze di tempo e di luogo, dallastessa complessione e sanit degli operai. Ad esempio, il lavoro dei minatori cheestraggono dalla terra pietra, ferro, rame e altre materie nascoste nel sottosuolo,essendo pi grave e nocivo alla salute, va compensato con una durata pi breve. Sideve avere ancor riguardo alle stagioni, perch non di rado un lavoro, facilmentesopportabile in una stagione, in unaltra o del tutto insopportabile o tale che sisopporta con difficolt. Infine, un lavoro proporzionato alluomo alto e robusto, non ragionevole che si imponga a una donna o a un fanciullo. Anzi, quanto ai fanciulli, sibadi a non ammetterli nelle officine prima che let ne abbia sufficientementesviluppate le forze fisiche, intellettuali e morali. Le forze, che nella puerizia sboccianosimili allerba in fiore, un movimento precoce le sciupa, e allora si rende impossibile lastessa educazione dei fanciulli. Cos, certe specie di lavoro non si addicono alle donne,fatte da natura per i lavori domestici, i quali grandemente proteggono lonest delsesso debole, e hanno naturale corrispondenza con leducazione dei figli e ilbenessere della casa. In generale si tenga questa regola, che la quantit del riposonecessario alloperaio deve essere proporzionata alla quantit delle forze consumatenel lavoro, perch le forze consumate con luso debbono venire riparate col riposo. Inogni convenzione stipulata tra padroni e operai vi sempre la condizione o espressa osottintesa delluno e dellaltro riposo; un patto contrario sarebbe immorale, nonessendo lecito a nessuno chiedere o permettere la violazione dei doveri che lostringono a Dio e a se stesso.

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    3) La questione del salario

    34. Tocchiamo ora un punto di grande importanza, e che va inteso bene per noncadere in uno dei due estremi opposti. La quantit del salario, si dice, la determina illibero consenso delle parti: sicch il padrone, pagata la mercede, ha fatto la sua parte,n sembra sia debitore di altro. Si commette ingiustizia solo quando o il padrone nonpaga lintera mercede o loperaio non presta tutta lopera pattuita; e solo a tutela diquesti diritti, e non per altre ragioni, lecito lintervento dello Stato.

    A questo ragionamento un giusto estimatore delle cose non pu consentire nfacilmente n in tutto; perch esso non guarda la cosa sotto ogni aspetto; vi mancanoalcune considerazioni di grande importanza. Il lavoro lattivit umana ordinata aprovvedere ai bisogni della vita, e specialmente alla conservazione: Tu mangeraipane nel sudore della tua fronte (Gn 3,19). Ha dunque il lavoro delluomo come duecaratteri impressigli da natura, cio di essere personale, perch la forza attiva inerente alla persona, e del tutto proprio di chi la esercita e al cui vantaggio fu data; poidi essere necessario, perch il frutto del lavoro necessario alluomo per ilmantenimento della vita, mantenimento che un dovere imprescindibile imposto dallanatura.

    Ora, se si guarda solo laspetto della personalit, non v dubbio che pu loperaiopattuire una mercede inferiore al giusto, poich siccome egli offre volontariamentelopera, cos pu, volendo, contentarsi di un tenue salario o rinunziarvi del tutto. Bendiversa la cosa se con la personalit si considera la necessit: due cose logicamentedistinte, ma realmente inseparabili. Infatti conservarsi in vita dovere, a cui nessunopu mancare senza colpa. Di qui nasce, come necessaria conseguenza, il diritto diprocurarsi i mezzi di sostentamento che nella povera gente si riducono al salario delproprio lavoro. Loperaio e il padrone allora formino pure di comune consenso il patto enominatamente la quantit delle mercedi; vi entra per sempre un elemento di giustizianaturale, anteriore e superiore alla libera volont dei contraenti, ed che il quantitativodella mercede non deve essere inferiore al sostentamento delloperaio, frugale siintende, e di retti costumi. Se costui, costretto dalla necessit o per timore di peggio,accetta patti pi duri i quali, perch imposti dal proprietario o dallimprenditore, volentio nolenti debbono essere accettati, chiaro che subisce una violenza, contro la qualela giustizia protesta. Del resto, in queste ed altre simili cose, quali sono lorario dilavoro, le cautele da prendere per garantire nelle officine la vita delloperaio, affinchlautorit non singerisca indebitamente, specie in tanta variet di cose, di tempi e diluoghi, sar pi opportuno riservare la decisione ai collegi di cui parleremo pi avanti, ousare altri mezzi che salvino, secondo giustizia, le ragioni degli operai, limitandosi loStato ad aggiungervi, quando il caso lo richiede, tutela ed appoggio.

    c) Educazione al risparmio

    35. Quando loperaio riceve un salario sufficiente a mantenere se stesso e la suafamiglia in una certa quale agiatezza, se egli saggio, penser naturalmente arisparmiare e, assecondando limpulso della stessa natura, far in modo chesopravanzi alle spese una parte da impiegare nellacquisto di qualche piccolapropriet, poich abbiamo dimostrato che linviolabilit del diritto di propriet indispensabile per la soluzione pratica ed efficace della questione operaia. Pertanto leleggi devono favorire questo diritto, e fare in modo che cresca il pi possibile il numerodei proprietari. Da qui risulterebbero grandi vantaggi, e in primo luogo una pi equaripartizione della ricchezza nazionale. La rivoluzione ha prodotto la divisione della

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    societ come in due caste, tra le quali ha scavato un abisso. Da una parte una fazionestrapotente perch straricca, la quale, avendo in mano ogni sorta di produzione ecommercio, sfrutta per s tutte le sorgenti della ricchezza, ed esercita purenellandamento dello Stato una grande influenza. Dallaltra una moltitudine misera edebole, dallanimo esacerbato e pronto sempre a tumulti. Ora, se in questa moltitudinesincoraggia lindustria con la speranza di poter acquistare stabili propriet, una classeverr avvicinandosi poco a poco allaltra, togliendo limmensa distanza tra la sommapovert e la somma ricchezza. Oltre a ci, dalla terra si ricaver abbondanza diprodotti molto maggiore. Quando gli uomini sanno di lavorare in proprio, faticano conpi alacrit e ardore, anzi si affezionano al campo coltivato di propria mano, da cuiattendono, per s e per la famiglia, non solo gli alimenti ma una certa agiatezza. Ed facile capire come questa alacrit giovi moltissimo ad accrescere la produzione delsuolo e la ricchezza della nazione. Ne seguir un terzo vantaggio, cio lattaccamentoal luogo natio; infatti non si cambierebbe la patria con un paese straniero, se quelladesse di che vivere agiatamente ai suoi figli.

    Si avverta peraltro che tali vantaggi dipendono da questa condizione, che la privatapropriet non venga oppressa da imposte eccessive. Siccome il diritto della proprietprivata deriva non da una legge umana ma da quella naturale, lo Stato non puannientarlo, ma solamente temperarne luso e armonizzarlo col bene comune. ingiustizia ed inumanit esigere dai privati pi del dovere sotto pretesto di imposte.

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    C) LOPERA DELLE ASSOCIAZIONI

    1. Necessit della collaborazione di tutti

    36. Finalmente, a dirimere la questione operaia possono contribuire molto icapitalisti e gli operai medesimi con istituzioni ordinate a porgere opportuni soccorsi aibisognosi e ad avvicinare e unire le due classi tra loro. Tali sono le societ di mutuosoccorso; le molteplici assicurazioni private destinate a prendersi cura delloperaio,della vedova, dei figli orfani, nei casi dimprovvisi infortuni, dinfermit, o di altro umanoaccidente; i patronati per i fanciulli dambo i sessi, per la giovent e per gli adulti.

    Tengono per il primo posto le corporazioni di arti e mestieri che nel loro complessocontengono quasi tutte le altre istituzioni. Evidentissimi furono presso i nostri antenati ivantaggi di tali corporazioni, e non solo a pro degli artieri, ma, come attestanodocumenti in gran numero, ad onore e perfezionamento delle arti medesime. Iprogressi della cultura, le nuove abitudini e i cresciuti bisogni della vita esigono chequeste corporazioni si adattino alle condizioni attuali. Vediamo con piacere formarsiovunque associazioni di questo genere, sia di soli operai sia miste di operai e padroni,ed desiderabile che crescano di numero e di operosit. Sebbene ne abbiamo parlatopi volte, ci piace ritornarvi sopra per mostrarne lopportunit, la legittimit, la forma delloro ordinamento e la loro azione.

    2. Il diritto allassociazione naturale

    37. Il sentimento della propria debolezza spinge luomo a voler unire la sua operaallaltrui. La Scrittura dice: meglio essere in due che uno solo; perch due hannomaggior vantaggio nel loro lavoro. Se uno cade, sostenuto dallaltro. Guai a chi solo; se cade non ha una mano che lo sollevi (Qo 4,9-10). E altrove: Il fratelloaiutato dal fratello simile a una citt fortificata (Prv 18,19). Listinto di questanaturale inclinazione lo muove, come alla societ civile, cos ad altre particolari societ,piccole certamente e non perfette, ma pur societ vere. Fra queste e quella corregrandissima differenza per la diversit dei loro fini prossimi. Il fine della societ civile universale, perch quello che riguarda il bene comune, a cui tutti e singoli i cittadinihanno diritto nella debita proporzione. Perci chiamata pubblica: Per essa gliuomini si mettono in mutua comunicazione al fine di formare uno Stato (S. TH., Deimpugn. Dei cultum et religionem, c. 11). Al contrario le altre societ che sorgono inseno a quella si dicono e sono private, perch hanno per scopo lutile privato dei lorosoci. Societ privata quella che si forma per concludere affari privati, come quandodue o tre si uniscono a scopo di commercio (ivi).

    38. Ora, sebbene queste private associazioni esistano dentro lo Stato e ne sianocome tante parti, tuttavia in generale, e assolutamente parlando, non pu lo Statoproibirne la formazione. Poich il diritto di unirsi in societ luomo lha da natura, e idiritti naturali lo Stato deve tutelarli, non distruggerli. Vietando tali associazioni, eglicontraddirebbe se stesso, perch lorigine del consorzio civile, come degli altriconsorzi, sta appunto nella naturale societ delluomo.

    Si danno per casi che rendono legittimo e doveroso il divieto. Quando societparticolari si prefiggono un fine apertamente contrario allonest, alla giustizia, allasicurezza del consorzio civile, legittimamente vi si oppone lo Stato, o vietando che siformino o sciogliendole se sono formate; necessario per procedere in ci consomma cautela per non invadere i diritti dei cittadini, e non fare il male sotto pretesto

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    del pubblico bene. Poich le leggi non obbligano se non in quanto sono conformi allaretta ragione, e perci stesso alla legge eterna di Dio (cfr. S. TH., I-II, q. 13, a. 3).

    39. E qui il nostro pensiero va ai sodalizi, collegi e ordini religiosi di tante specie acui d vita lautorit della Chiesa e la piet dei fedeli; e con quanto vantaggio delgenere umano lo attesta la storia anche ai nostri giorni. Tali societ, considerate alsolo lume della ragione, avendo un fine onesto, sono per diritto di naturaevidentemente legittime. In quanto poi riguardano la religione, non sottostanno cheallautorit della Chiesa. Non pu dunque lo Stato arrogarsi su quelle competenzaalcuna, n rivendicarne a s lamministrazione; ha per il dovere di rispettarle,conservarle e, se occorre, difenderle. Ma quanto diversamente si agisce, soprattutto ainostri tempi! In molti luoghi e in molti modi lo Stato ha leso i diritti di tali comunit,avendole sottoposte alle leggi civili o private di giuridica personalit, o spogliate deiloro beni. Nei quali beni la Chiesa aveva il diritto suo, come ognuno dei soci, esimilmente quelli che li avevano destinati per un dato fine, e quelli al cui vantaggio esollievo erano destinati. Non possiamo dunque astenerci dal deplorare spogliazioni singiuste e dannose, tanto pi che vediamo proibite societ cattoliche, tranquille eutilissime, nel tempo stesso che si proclama altamente il diritto di associazione; mentrein realt tale diritto viene largamente concesso a uomini apertamente congiurati aidanni della religione e dello Stato.

    40. Certe societ diversissime, costituite specialmente di operai, vanno oggimoltiplicandosi sempre pi. Di molte, tra queste, non qui luogo di indagar lorigine, loscopo, i procedimenti. opinione comune per, confermata da molti indizi, che il pidelle volte sono rette da capi occulti, con organizzazione contraria allo spirito cristianoe al bene pubblico; costoro con il monopolio delle industrie costringono chi rifiuta diaccomunarsi a loro a pagar caro il rifiuto. In tale stato di cose gli operai cristiani nonhanno che due vie: o iscriversi a societ pericolose alla religione o formarne di propriee unire cos le loro forze per sottrarsi coraggiosamente a s ingiusta e intollerabileoppressione. Ora, potr mai esitare sulla scelta di questo secondo partito, chi nonvuole mettere a repentaglio il massimo bene delluomo?

    3. Favorire i congressi cattolici

    41. Degnissimi dencomio sono molti tra i cattolici che, conosciute le esigenze deitempi, fanno ogni sforzo per migliorare onestamente le condizioni degli operai. E,presane in mano la causa, si studiano di accrescerne il benessere individuale edomestico; di regolare, secondo equit, le relazioni tra lavoratori e padroni; di tenervivo e profondamente radicato negli uni e negli altri il senso del dovere e losservanzadei precetti evangelici; precetti che, allontanando lanimo da ogni sorta di eccessi, loinducono alla moderazione e, tra la pi grande diversit di persone e di cose,mantengono larmonia nella vita civile. A tal fine vediamo che spesso si radunano deicongressi, ove uomini saggi si comunicano le idee, uniscono le forze, si consultanointorno agli espedienti migliori. Altri singegnano di stringere opportunamente in societle varie classi operaie; le aiutano col consiglio e i mezzi e procurano loro un lavoroonesto e redditizio. Coraggio e protezione vi aggiungono i vescovi, e sotto la lorodipendenza molti delluno e dellaltro clero attendono con zelo al bene spirituale degliassociati. Non mancano finalmente i cattolici benestanti che, fatta causa comune coilavoratori, non risparmiano spese per fondare e largamente diffondere associazioniche aiutino loperaio non solo a provvedere col suo lavoro ai bisogni presenti, ma adassicurarsi ancora per lavvenire un riposo onorato e tranquillo.

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    I vantaggi che tanti e s volenterosi sforzi hanno recato al pubblico bene, sono cosnoti che non occorre parlarne. Di qui attingiamo motivi a bene sperare dellavvenire,purch tali societ fioriscano sempre pi, e siano saggiamente ordinate. Lo Statodifenda queste associazioni legittime dei cittadini; non si intrometta per nellintimodella loro organizzazione e disciplina, perch il movimento vitale nasce da un principiointrinseco, e gli impulsi esterni facilmente lo soffocano.

    4. Autonomia e disciplina delle associazioni

    42. Questa sapiente organizzazione e disciplina assolutamente necessaria perchvi sia unit di azione e dindirizzo. Se hanno pertanto i cittadini, come lhanno di fatto,libero diritto di legarsi in societ, debbono avere altres uguale diritto di scegliere per iloro consorzi quellordinamento che giudicano pi confacente al loro fine. Quale essodebba essere nelle singole sue parti, non crediamo si possa definire con regole certe eprecise, dovendosi determinare piuttosto dallindole di ciascun popolo, dallesperienzae abitudine, dalla quantit e produttivit dei lavori, dallo sviluppo commerciale, nonchda altre circostanze, delle quali la prudenza deve tener conto. In sostanza, si pustabilire come regola generale e costante che le associazioni degli operai si devonoordinare e governare in modo da somministrare i mezzi pi adatti ed efficaci alconseguimento del fine, il quale consiste in questo, che ciascuno degli associati netragga il maggior aumento possibile di benessere fisico, economico, morale. evidente, poi, che conviene aver di mira, come scopo speciale, il perfezionamentoreligioso e morale, e che a questo perfezionamento si deve indirizzare tutta ladisciplina sociale. Altrimenti tali associazioni degenerano facilmente in altra natura, nsi mantengono superiori a quelle in cui della religione non si tiene conto alcuno. Delresto, che gioverebbe alloperaio laver trovato nella societ di che vivere bene, selanima sua, per mancanza di alimento adatto, corresse pericolo di morire? Che giovaalluomo lacquisto di tutto il mondo con pregiudizio dellanima sua? (Mt 16,26).Questo, secondo linsegnamento di Ges Cristo, il carattere che distingue il cristianodal pagano: I pagani cercano tutte queste cose... voi cercate prima di tutto il regno diDio e la sua giustizia, e gli altri beni vi saranno dati per giunta (Mt 6,32-33).Prendendo adunque da Dio il principio, si dia una larga parte allistruzione religiosa,affinch ciascuno conosca i propri doveri verso Dio; sappia bene ci che deve credere,sperare e fare per salvarsi; e sia ben premunito contro gli errori correnti e le seduzionicorruttrici. Loperaio venga animato al culto di Dio e allamore della piet, especialmente allosservanza dei giorni festivi. Impari a venerare e amare la Chiesa,madre comune di tutti, come pure a obbedire ai precetti di lei, e a frequentare isacramenti, mezzi divini di giustificazione e di santit.

    5. Diritti e doveri degli associati

    43. Posto il fondamento degli statuti sociali nella religione, aperta la strada aregolare le mutue relazioni dei soci per la tranquillit della loro convivenza e del lorobenessere economico.

    Gli incarichi si distribuiscano in modo conveniente agli interessi comuni, e con talearmonia che la diversit non pregiudichi lunit. sommamente importante che codestiincarichi vengano distribuiti con intelligenza e chiaramente determinati, perchnessuno dei soci rimanga offeso.

    I beni comuni della societ siano amministrati con integrit, cos che i soccorsivengano distribuiti a ciascuno secondo i bisogni; e i diritti e i doveri dei padroni

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    armonizzino con i diritti e i doveri degli operai. Quando poi gli uni o gli altri si credonolesi, desiderabile che trovino nella stessa associazione uomini retti e competenti, alcui giudizio, in forza degli statuti, si debbano sottomettere.

    Si dovr ancora provvedere che alloperaio non manchi mai il lavoro, e vi siano fondidisponibili per venire in aiuto di ciascuno, non solamente nelle improvvise e inattesecrisi dellindustria, ma altres nei casi di infermit, di vecchiaia, di infortunio.

    Quando tali statuti sono volontariamente abbracciati, si gi sufficientementeprovveduto al benessere materiale e morale delle classi inferiori; e le societ cattolichepotranno esercitare non piccola influenza sulla prosperit della stessa societ civile.

    Dal passato possiamo prudentemente prevedere lavvenire. Le umane generazionisi succedono, ma le pagine della loro storia si rassomigliano grandemente, perch gliavvenimenti sono governati da quella Provvidenza superna la quale volge e indirizzatutte le umane vicende a quel fine che ella si prefisse nella creazione della umanafamiglia.

    Agli inizi della Chiesa i pagani stimavano disonore il vivere di elemosine o di lavoro,come facevano la maggior parte dei cristiani. Se non che, poveri e deboli, riuscirono aconciliarsi le simpatie dei ricchi e il patrocinio dei potenti. Era bello vederli attivi,laboriosi, pacifici, giusti, portati come esempio, e singolarmente pieni di carit.

    A tale spettacolo di vita e di condotta si dilegu ogni pregiudizio, ammutol lamaldicenza dei malevoli, e le menzogne di una inveterata superstizione cedettero ilposto alla verit cristiana.

    6. Le questioni operaie risolte dalle loro associazioni

    44. Si agita ai nostri giorni la questione operaia, la cui buona o cattiva soluzioneinteressa sommamente lo Stato. Gli operai cristiani la sceglieranno bene, se uniti inassociazione, e saggiamente diretti, seguiranno quella medesima strada che con tantovantaggio di loro stessi e della societ, tennero i loro antenati. Poich, sebbene cosprepotente sia negli uomini la forza dei pregiudizi e delle passioni, nondimeno, se lapravit del volere non ha spento in essi il senso dellonesto, non potranno non provareun sentimento benevolo verso gli operai quando li scorgono laboriosi, moderati, prontia mettere lonest al di sopra del lucro e la coscienza del dovere innanzi a ogni altracosa.

    Ne seguir poi un altro vantaggio, quello cio di infondere speranza e facilit diravvedimento a quegli operai ai quali manca o la fede o la buona condotta secondo lafede. Il pi delle volte questi poveretti capiscono bene di essere stati ingannati da falsesperanze e da vane illusioni. Sentono che da cupidi padroni vengono trattati in modomolto inumano e quasi non sono valutati pi di quello che producono lavorando; nellasociet, in cui si trovano irretiti, invece di carit e di affetto fraterno, regnano lediscordie intestine, compagne indivisibili della povert orgogliosa e incredula. Affrantinel corpo e nello spirito, molti di loro vorrebbero scuotere il giogo di s abietta servit;ma non osano per rispetto umano o per timore della miseria. Ora a tutti costoropotrebbero recare grande giovamento le associazioni cattoliche, se agevolando adessi il cammino, li inviteranno, esitanti, al loro seno, e rinsaviti, porgeranno loropatrocinio e soccorso.

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    CONCLUSIONELA CARIT, REGINA DELLE VIRT SOCIALI

    45. Ecco, venerabili fratelli, da chi e in che modo si debba concorrere alla soluzionedi s arduo problema. Ciascuno faccia la parte che gli spetta e non indugi, perch ilritardo potrebbe rendere pi difficile la cura di un male gi tanto grave. I governi vi siadoperino con buone leggi e saggi provvedimenti; i capitalisti e padroni abbianosempre presenti i loro doveri; i proletari, che vi sono direttamente interessati, facciano,nei limiti del giusto, quanto possono; e poich, come abbiamo detto da principio, il veroe radicale rimedio non pu venire che dalla religione, si persuadano tutti quanti dellanecessit di tornare alla vita cristiana, senza la quale gli stessi argomenti stimati piefficaci si dimostreranno scarsi al bisogno.

    Quanto alla Chiesa, essa non lascer mancare mai e in nessun modo lopera sua,la quale torner tanto pi efficace quanto pi sar libera, e di questo devonopersuadersi specialmente coloro che hanno il dovere di provvedere al bene dei popoli.Vi pongano tutta la forza dellanimo e la generosit dello zelo i ministri del santuario; eguidati dallautorit e dallesempio vostro, venerabili fratelli, non si stanchino diinculcare a tutte le classi della societ le massime del Vangelo; impegnino le loroenergie a salvezza dei popoli, e soprattutto alimentino in s e accendano negli altri, neigrandi e nei piccoli, la carit, signora e regina di tutte le virt. La salvezza desideratadevessere principalmente frutto di una effusione di carit; intendiamo dire quella caritcristiana che compendia in s tutto il Vangelo e che, pronta sempre a sacrificarsi per ilprossimo, il pi sicuro antidoto contro lorgoglio e legoismo del secolo. Gi sanPaolo ne tratteggi i lineamenti con quelle parole: La carit longanime, benigna;non cerca il suo tornaconto: tutto soffre, tutto sostiene (1 Cor 13,4-7).

    Auspice dei celesti favori e pegno della nostra benevolenza, a ciascuno di voi,venerabili fratelli, al vostro clero e al vostro popolo, con grande affetto nel Signoreimpartiamo lapostolica benedizione.

    Dato a Roma presso san Pietro, il giorno 15 maggio 1891, anno decimo del nostropontificato.

    LEONE PP. XIII

    Lettera enciclica Rerum novarumINTRODUZIONE MOTIVO DELLENCICLICA: LA QUESTIONE OPERAIAI IL SOCIALISMO, FALSO RIMEDIOLa soluzione socialista inaccettabile dagli operaiLa propriet privata di diritto naturaleLa propriet privata sancita dalle leggi umane e divineLa libert delluomoFamiglia e StatoLo Stato e il suo intervento nella famigliaLa soluzione socialista nociva alla stessa societII IL VERO RIMEDIO: LUNIONE DELLE ASSOCIAZIONIA) LOPERA DELLA CHIESA1. Impossibilit di eliminare le ineguaglianze sociali e la fatica del lavoro2. Necessit della concordia3. Relazioni tra le classi socialia) Giustiziab) Caritc) La vera utilit delle ricchezzed) Vantaggi della poverte) Fraternit cristiana4. Mezzi positivia) La diffusione della dottrina cristianab) Il rinnovamento della societc) La beneficenza della ChiesaB) LOPERA DELLO STATO1. Il diritto dintervento dello Statoa) Per il bene comuneb) Per il bene degli operai2. Norme e limiti del diritto dintervento3. Casi particolari dinterventoa) Difesa della propriet privatab) Difesa del lavoro1) Contro lo sciopero2) Condizioni di lavoro3) La questione del salarioc) Educazione al risparmioC) LOPERA DELLE ASSOCIAZIONI1. Necessit della collaborazione di tutti2. Il diritto allassociazione naturale3. Favorire i congressi cattolici4. Autonomia e disciplina delle associazioni5. Diritti e doveri degli associati6. Le questioni operaie risolte dalle loro associazioniCONCLUSIONE LA CARIT, REGINA DELLE VIRT SOCIALI