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Note di Analisi Matematica III Ad uso degli studenti di Fisica Romeo Brunetti

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Page 1: Note di Analisi Matematica III Romeo/analisi3...3 Integrazione assoluta.....65 3.1 Funzioni assolutamente integrabili65 3.2 Insiemi rettificabili per integrazione assoluta69 3.3 Criteri

Note di Analisi Matematica III

Ad uso degli studenti di Fisica

Romeo Brunetti

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To See a World in a Grain of SandAnd a Heaven in a Wild Flower,Hold Infinity in the Palm of Your HandAnd Eternity in a Hour

Vedere un mondo in un grano di sabbiae un universo in un fiore di campo,possedere l’infinito sul palmo di manoe l’eternità in un’ora

“Auguries Of Innocence,” William Blake (1757-1827)

Copyright/Copyleft c 2016 Romeo Brunetti

Licensed under the Creative Commons Attribution-NonCommercial 3.0 Unported License (the“License”). You may not use this file except in compliance with the License. You may obtain acopy of the License at http://creativecommons.org/licenses/by-nc/3.0. Unless requiredby applicable law or agreed to in writing, software distributed under the License is distributed onan “as is” basis, without warranties or conditions of any kind, either express or implied. Seethe License for the specific language governing permissions and limitations under the License.

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Prima stampa 2016, versione del 2 febbraio 2018

WARNING!!! Per queste stesura è stata effettuata una rilettura approfondita ma errori certamente nerimangono (oltre ad alcune dimostrazioni mancanti), quindi vagliate con attenzione che definizioni,teoremi, dimostrazioni ed esercizi siano completamente corretti!!! Non esitate a controllare eeventualmente a chiedere chiarimenti e/o a comunicare eventuali errori!!!

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Indice

I "Teoria" dell’integrazione di Riemann su Rn

0 Preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

0.1 Prolegomena 90.2 Inf, Sup e oscillazioni 90.3 Notazioni standard per intervalli sulla retta reale 12

1 Integrazione e volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

1.1 Rettangoli, insiemi rettangolari e partizioni 131.2 Somme di Darboux 171.3 Baby Fubini o della riduzione 241.4 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabili 271.5 Estensione, Composizione e Approssimazione 321.6 Rettificabilità 351.7 Funzioni a valori vettoriali 451.8 *Appendice: Somme di Cauchy-Riemann* 46

2 Metodi di integrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

2.1 Insiemi normali e loro integrali 472.2 Fubini o dell’integrale iterato 562.3 Integrazione di funzioni invarianti per simmetrie 622.4 Il Teorema della divergenza in R2 622.5 Applicazioni 62

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3 Integrazione assoluta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

3.1 Funzioni assolutamente integrabili 65

3.2 Insiemi rettificabili per integrazione assoluta 69

3.3 Criteri di integrabilità 70

3.4 Applicazione dell’integrazione assoluta: Integrali Gaussiani 72

3.5 Applicazione dell’integrazione assoluta: La trasformata di Fourier 74

3.6 *Appendice: il calcolo dell’integrale gaussiano in R* 82

4 Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirac e Weierstrass . . . . . . . . . 85

4.0 Introduzione all’Elefuga, o Pons Asinorum 85

4.1 Richiami di convergenza uniforme 85

4.2 Il Teorema della convergenza limitata/dominata o di Arzelà 86

4.3 Applicazioni del Teorema di Arzelá 90

4.4 Approssimanti tramite delta di Dirac 93

4.5 Approssimanti polinomiali: Teoremi di Weierstrass e Stone-Weierstrass 97

5 Integrazione e cambiamento delle variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

5.1 I Teoremi di cambiamento delle variabili 101

5.2 Esempi di cambiamento delle variabili 1025.2.1 Cambiamento di variabili polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105

5.2.2 Cambiamento di variabili sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105

5.2.3 Cambiamento di variabili cilindriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105

5.2.4 Cambiamento di variabili polari in Rn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105

5.2.5 Funzione Gamma di Eulero e volumi di sfere in Rn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106

5.3 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabile 108

II Integrazione di Riemann su Varietà Differenziabili

6 Integrazione su curve e superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

6.1 Introduzione 115

6.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori locali di ingrandimento117

6.3 Integrazione su varietà, densità continue 120

6.4 Integrazione assoluta su varietà, rettificabilità rispetto alla densità 121

6.5 Appendice: Fattore di ingrandimento per varietà unidimensionali 121

7 Lunghezze di curve e aree di superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123

7.1 Calcoli espliciti di lunghezze di curve ed aree di superfici 123

7.2 Alcuni raffinamenti e semplificazioni 123

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III Teoremi Fondamentali del Calcolo

8 Aperti con frontiera regolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

8.1 Ipersuperfici in Rn 1278.2 Aperti con frontiera regolare e la normale alla frontiera 1308.3 Funzioni definite in insiemi chiusi 133

9 Teoremi fondamentali per aperti regolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135

9.1 Teorema della derivata totale 1359.2 Teorema della divergenza 1369.3 Applicazioni 138

10 Integrazione orientata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139

10.1 Curve ed archi orientati 13910.2 Secondo Teorema fondamentale per curve ed archi 14010.3 Formula di Green, a.k.a. Stokes in R2 14010.4 Formula di Stokes in R3 14010.5 Applicazioni 140

IV L’integrazione delle forme differenziali e delle densità

11 Densità e forme di volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

11.1 Preliminari 143

V **L’integrazione secondo Lebesgue**

12 *L’integrale di Lebesgue* . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155

Testi 155Articoli 156

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I 0 Preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90.1 Prolegomena0.2 Inf, Sup e oscillazioni0.3 Notazioni standard per intervalli sulla retta reale

1 Integrazione e volume . . . . . . . . . . . . . . . 131.1 Rettangoli, insiemi rettangolari e partizioni1.2 Somme di Darboux1.3 Baby Fubini o della riduzione1.4 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni

integrabili1.5 Estensione, Composizione e Approssimazione1.6 Rettificabilità1.7 Funzioni a valori vettoriali1.8 *Appendice: Somme di Cauchy-Riemann*

2 Metodi di integrazione . . . . . . . . . . . . . . . 472.1 Insiemi normali e loro integrali2.2 Fubini o dell’integrale iterato2.3 Integrazione di funzioni invarianti per simmetrie2.4 Il Teorema della divergenza in R2

2.5 Applicazioni

3 Integrazione assoluta . . . . . . . . . . . . . . . . 653.1 Funzioni assolutamente integrabili3.2 Insiemi rettificabili per integrazione assoluta3.3 Criteri di integrabilità3.4 Applicazione dell’integrazione assoluta: Integrali

Gaussiani3.5 Applicazione dell’integrazione assoluta: La trasfor-

mata di Fourier3.6 *Appendice: il calcolo dell’integrale gaussiano in

R*

4 Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirace Weierstrass . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

4.0 Introduzione all’Elefuga, o Pons Asinorum4.1 Richiami di convergenza uniforme4.2 Il Teorema della convergenza limitata/dominata o

di Arzelà4.3 Applicazioni del Teorema di Arzelá4.4 Approssimanti tramite delta di Dirac4.5 Approssimanti polinomiali: Teoremi di Weierstrass e

Stone-Weierstrass

5 Integrazione e cambiamento delle varia-bili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

5.1 I Teoremi di cambiamento delle variabili5.2 Esempi di cambiamento delle variabili5.3 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabile

"Teoria" dell’integrazione diRiemann su Rn

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0. Preliminari

0.1 ProlegomenaIl presente testo deve moltissimo a vari altri testi che sono stati da me consultati. Tra di essi ipiù importanti sono: Munkres, Spivak, Strook. È indubbio che scrivere qualcosa di nuovo edoriginale per un aspetto cosí classico come la teoria dell’integrazione di Riemann sia praticamenteimpossibile. Ho trovato peró interessante e proficuo il punto di vista espresso da Munkres cheintroduce abbastanza presto la nozione di misura nulla alla Lebesgue di un sottoinsieme di Rn,concetto che puó essere definito senza dover definire prima la misura di Lebesgue e che rendel’approccio dell’integrazione alla Riemann molto più potente, senza diventare troppo tecnico ecomplicato. In genere preferisco la teoria dell’integrazione piuttosto che quella della misura, anchenei casi più astratti, ed il presente testo è figlio di questa mia predisposizione. La teoria dellamisura di Peano-Jordan è presente in minima parte e l’enfasi viene spostata sulla metodologiadefinita da Darboux per presentare la teoria dell’integrazione. Per contro, quella legata alle sommedi Cauchy-Riemann non viene molto utilizzata, se non in casi sporadici, ma vengono forniti glielementi per determinarne l’equivalenza con quella di Darboux.

0.2 Inf, Sup e oscillazioniConsideriamo un sottoinsieme proprio non vuoto S dell’insieme dei numeri reali R. Chiamiamocon i simboliMS ed mS rispettivamente l’insieme dei maggioranti e minoranti dell’insieme S ,ossia

MS D fx 2 R W per ogni s 2 S vale s � xg mS D fx 2 R W per ogni s 2 S vale s � xg :

Ci ricordiamo che

0.2.1 Teorema. Sia S limitato superiormente in R allora esiste il minimo elemento diMS . Allostesso modo, sia S limitato inferiormente in R allora esiste il massimo di mS .

Questo conduce alla seguente definizione

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10 Capitolo 0. Preliminari

0.2.2 Definizione. Nelle ipotesi del Teorema di cui sopra, il minimo dei maggioranti di S ,minMS , verrà detto estremo superiore e simboleggiato da supS , mentre il massimo deiminoranti, maxmS , verrà detto estremo inferiore e simboleggiato da inf S .

0.2.3 Osservazione. Se S non è limitato superiormente porremo supS D C1, se invece non è limitatoinferiormente porremo inf S D �1. Inoltre, per convenzione, si dichiara sup; D �1 e inf ; D C1. �

0.2.4 Esempi. 1. Sia S D f 1k; k 2 Ng. Poiché S è limitato superiormente ed inferiormente

(S � Œ0; 1�, ad esempio) allora l’insieme dei minoranti di S è non vuoto ed è mS D fx � 0g,quindi il massimo di mS è inf S D 0, mentre l’insieme dei maggioranti MS D fx � 1g

quindi supS D maxS D 1.2. Sia S D fx 2 Q W x2 < 2g. S è chiaramente limitato

Riassumiamo le principali proprietà degli estremi superiori ed inferiori.

0.2.5 Teorema. Sia S � R tale che supS 2 R. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:1. supS 2MS ,2. s � supS , per ogni s 2 S ,3. se a 2 R e per ogni s 2 S si ha s � a allora a 2MS e supS � a ,4. per ogni fissato � > 0 esiste s0 2 S tale che

supS � � < s0 � supS :

Lo stesso vale per l’estremo inferiore: sia S � R tale che inf S 2 R, allora le seguentiaffermazioni sono equivalenti:

1. inf S 2 mS ,2. s � inf S , per ogni s 2 S ,3. se b 2 R e per ogni s 2 S si ha s � b allora b 2 mS e inf S � b ,4. per ogni fissato � > 0 esiste s0 2 S tale che

inf S C � > s0 � inf S :

Alcune proprietà utili nel prosieguo sono le seguenti:

0.2.6 Teorema. 1. Siano A � B � R. Vale la seguente catena di disuguaglianze:

inf B � inf A � supA � supB :

2. Siano A ;B non vuoti e limitati inferiormente, allora inf.A [ B/ D minfinf A ; inf Bg.3. Siano A ;B non vuoti e limitati superiormente, allora sup.A[B/ D maxfsupA ; supBg.

Ricordiamo anche notazioni compatte che saranno utili a breve: sia f W A! R, con A � Rn,allora l’immagine diA sotto f è definita come f .A/ :D fy 2 R W esiste x 2 A tale che y D f .x/g,e scriveremo, per ogni B � A

infx2B

f .x/ D inf f .B/ D inf fB ; supx2B

f .x/ D supf .B/ D supfB ;

dove fB denota la restrizione di f a B . In particolare, il diametro dell’immagine f .A/ è facilmentedimostrabile essere

diam.f .A// D supf .A/ � inf f .A/ D supz;w2A

jf .z/ � f .w/j :

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0.2 Inf, Sup e oscillazioni 11

Introduciamo anche il concetto di oscillazione di una funzione, legata come vedremo al concettodi diametro.

0.2.7 Definizione. (Oscillazione) Siano D � Rn e f W D ! R, allora per ogni A � D

definiamo l’oscillazione di f in A la quantità

(1) oscA.f / D diam.f .A// :

In particolare, definiamo l’oscillazione in un punto a 2 D come

osca.f / D inf f oscA.f / W A � D ; a 2 int.A/g :

0.2.8 Teorema. Siano f W D ! R,D � Rn e a 2 D. La funzione f è continua in a se e solose osca.f / D 0.

Dimostrazione. (Necessità) Se f è continua in a allora per ogni � > 0 esiste un ı > 0 tali che perogni x appartenente alla sfera Aı centrata in a e con diam.Aı/ < ı si ha jf .x/ � f .a/j < �. Daquesto otteniamo che valgono simultaneamente le relazioni

f .x/ < f .a/C � ; f .x/ > f .a/ � � :

Passando rispettivamente agli estremi superiori ed inferiori in Aı si ha oscAı .f / D supf .Aı/ �inf f .Aı/ � 2�. Per l’arbitrarietà di � si ha l’asserto.

(Sufficienza) Sia osca.f / D 0. Allora per ogni � > 0 esiste ı > 0 tale che per ogni sferaBı � D centrata in a e con diam.Bı/ < ı, allora oscBı .f / < �. Ora, per ogni x 2 Bı , incluso a,si ha inf f .Bı/ � f .x/ � supf .Bı/. Per cui si ottiene, jf .x/ � f .a/j � oscBı .f / < �, quindif è continua in a. �

Concludiamo ricordando che dati due sottoinsiemi non vuoti A;B; dei numeri reali, li diremoinsiemi separati se presi ad arbitrio due elementi a 2 A e b 2 B vale sempre a � b. Se A e B sonoinsiemi separati, l’elemento x 2 R tale che per ogni a 2 A e per ogni b 2 B è tale che a � x � bsi chiama elemento di separazione per A e B . Due insiemi separati A e B si dicono inoltre contiguise per ogni � > 0 esistono a 2 A e b 2 B tali che b � a < �.

0.2.9 Teorema. Condizione necessaria e sufficiente affinché due insiemi non vuoti e separatiA;B � R siano contigui è che esista un unico elemento separatore.

Dimostrazione. La condizione è necessaria. Ogni elemento di B è un maggiorante per A. QuindiA è limitato superiormente e per la completezza di R esiste reale supA. Lo stesso vale per B , ognielemento di A è un minorante per B quindi B è limitato inferiormente e per la completezza diR esiste reale inf B . Si ha sempre supA � inf B , quindi tutti gli elementi di ŒsupA; inf B� sonoelementi separatori per A e B . Se ne evince che

0 � inf B � supA � b � a ; per ogni a 2 A ; b 2 B :

Dalla contiguità si evince che0 � inf B � supA < � ;

e per l’arbitrarietà di � si ha supA D inf B .

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12 Capitolo 0. Preliminari

La condizione è sufficiente. Sia x D supA D inf B , l’unico elemento di separazione per A eB . Per il Teorema 0.2.5, per ogni � > 0 esistono a 2 A e b 2 B tali che

x ��

2< a � b < x C

2;

da cuib � a < � :

0.3 Notazioni standard per intervalli sulla retta realeRicordiamo che un intervallo in R è un qualsiasi insieme connesso nella topologia standard di R.Quindi se I è un intervallo in R esso potrà essere uno dei seguenti sottoinsiemi di R: Supponiamoa < b numeri reali allora

1. .a; b/ :D fx 2 R W a < x < bg2. Œa; b/ :D fx 2 R W a � x < bg3. .a; b� :D fx 2 R W a < x � bg4. Œa; b� :D fx 2 R W a � x � bg5. fag6. Œa;C1/ :D fx 2 R W a � x < C1g, .a;C1/ :D fx 2 R W a < x < C1g7. .�1; b/ :D fx 2 R W �1 < x < bg, .�1; b� :D fx 2 R W �1 < x � bg

8. R9. ;

Gli intervalli in 1 � 4 sono detti intervalli propri o limitati o semplicemente intervalli, il caso 5comprende gli intervalli detti intervalli degeneri, i casi rimanenti 6�8 sono detti intervalli impropri,o non limitati. La presenza dell’insieme vuoto ; è per pura convenienza.

Possiamo definire la lunghezza di un intervallo generico I come

lungh.I / D sup I � inf I :

Per cui, i casi 1 � 4 danno lungh.I / D b � a, il caso 5 vale lungh.fag/ D 0 (per ogni a 2 R),mentre per semirette e retta reale, casi 6 � 8, vale lungh.I / D C1. Per convenzione poniamolungh.;/ D 0

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1. Integrazione e volume

1.1 Rettangoli, insiemi rettangolari e partizioni

Per poter procedere nella definizione della teoria dell’integrazione multidimensionale, dobbiamodefinire gli oggetti geometrici più semplici che rimpiazzino gli intervalli della integrazione unidi-mensionale. A questo proposito, in Rn, n 2 N, come oggetti più naturali adatti allo scopo, possiamoconsiderare i rettangoli n-dimensionali paralleli agli assi coordinati, ossia i sottoinsiemi R � Rn

definiti come prodotti cartesiani di n intervalli in R. Naturalmente stiamo qui sottintendendo cheRn viene considerato assieme alla base standard ed alle coordinate cartesiane che ne conseguono,anche se questo non è vincolante in modo stretto. La cosa cruciale è che ad Rn venga associatasempre una base ortogonale, qualunque essa sia, qualunque coordinate ortogonali essa rappresenti.L’idea è che, pedagogicamente, gli insiemi più semplici a cui associare una nozione di volume sonoi rettangoli, la cui definizione è la seguente:

1.1.1 Definizione. Un sottoinsieme R di Rn è detto rettangolo n-dimensionale (a volte sempli-cemente rettangolo) se è della forma

R:D I1 � I2 � � � � � In D f.x1; : : : ; xn/ 2 Rn W xj 2 Ij ; j D 1; : : : ; ng ;

dove chiaramente Ij � R per j D 1; : : : ; n.SeR è un rettangolo n-dimensionale, lo diremo aperto, o chiuso se e solo se gli intervalli Ij ,

j D 1; : : : ; n, che lo costituiscono hanno tutti la medesima proprietà. Per contro, ovviamente,se almeno un intervallo che lo costituisce è vuoto il rettangolo stesso è vuoto. Allo stesso modoun rettangolo sarà detto limitato se tutti gli intervalli che lo compongono sono limitati, mentresarà detto non limitato, oppure degenere, se almeno uno degli intervalli che lo compongono è,rispettivamente, non limitato oppure degenere.

Un rettangolo n-dimensionale degenereR, la cui degenerazione è formata da k < n intervalli de-generi, è isometrico (come spazio metrico nella metrica euclidea) ad un rettangolo m-dimensionale,dove m D n � k. Se k D n allora il rettangolo è costituito da un solo punto di Rn che verrà dettovertice.

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14 Capitolo 1. Integrazione e volume

1.1.2 Esempio. Diamo alcuni esempi di rettangoli in R2:1. Œ0; 1� � Œ0; 1�, detto cubo in R2, chiuso e limitato, ovvero un compatto,2. Œ0; 1/ � Œ�1;C1/, una striscia di estensione infinita, ossia rettangolo non limitato,3. Œ5; 5� � Œ2; 3�, esempio di rettangolo degenere,4. Œ5; 5� � Œ2; 2�, esempio di rettangolo degenere, un vertice, di coordinate .5; 2/,5. fx 2 R W 5 < x < 5g � Œ1; 2�, esempio di rettangolo vuoto.

1.1.3 Definizione. Per ogni rettangolo n-dimensionale R definiamo col simbolo cl.R/ la suachiusura, col simbolo int.R/ il suo interno, con il simbolo fr.R/ D cl.R/ n int.R/ la suafrontiera e con il simbolo Rı la ı-estensione con ı > 0, ossia se R D

QNjD1 Ij è, ad esempio,

chiuso, allora si estende ogni Ij D Œaj ; bj � con l’intervallo .Ij /ı D Œaj � ı; bj C ı�.

1.1.4 Osservazione. Non è difficile dimostrare che se R1 ed R2 sono due qualsiasi rettangoli, alloraR1 \R2 è ancora un rettangolo, possibilmente vuoto o degenere. Lo stesso non vale per l’unione. Inoltre seR è un rettangolo n-dimensionale non degenere (non vuoto) allora fr.R/ è l’unione di 2n rettangoli degeneri,ciascuno isometrico ad un rettangolo n� 1-dimensionale. I 2n rettangoli così determinati sono detti anche lefacce di R. Notiamo anche che fr.R/ ¤ ; anche quando R è un rettangolo aperto. �

Possiamo definire il concetto di misura di volume n-dimensionale per i rettangoli in Rn. Infattise R è un rettangolo n-dimensionale possiamo porre

voln.R/ D lungh.I1/ � lungh.I2/ � � � lungh.In/ DnY

jD1

lungh.Ij / :

Quindi, notiamo che se R è limitato allora il suo volume è un numero reale non negativo, se èdegenere (o vuoto) allora ha volume nullo, mentre se non è limitato allora il volume è infinito, comeda intuizione, a meno che uno degli intervalli componenti non sia degenere, in tal caso il volumeè sempre nullo. Si noti anche che il concetto di volume non distingue rettangoli aperti e/o chiusi,ossia voln.R/ D voln.cl.R//. È chiaro che spesso ci limiteremo nel prosieguo al caso di rettangolilimitati.

Per far fronte alla mancata stabilità della famiglia dei rettangoli sotto le principali operazioniinsiemistiche (ad esempio l’unione, come ricordato poc’anzi) si opera una generalizzazione facendouso del concetto che in Analisi Matematica II abbiamo introdotto e chiamato ricoprimento di uninsieme di Rn. Definiamo in effetti un sottocaso di ricoprimento di un sottoinsieme A � Rn chechiameremo partizione di A.

1.1.5 Definizione. (Insieme Rettangolare e Partizioni) Dato un sottoinsieme A � Rn,diremo che A è un insieme rettangolare di Rn se esiste almeno una scelta di un numero finitoN 2 N di rettangoli (non vuoti!) Rj di Rn, j D 1; : : : ; N , per i quali valgono le seguenticondizioni:

1. int.Rj / \ int.Rk/ D ; se j ¤ k,2. A D

SNjD1Rj .

L’insieme P D .R1; : : : ; RN / di tali rettangoli viene detto una partizione dell’insieme rettan-golare A.

1.1.6 Osservazione. Viene dalla definizione che ogni rettangolo è in particolare un insieme rettangolare.Inoltre, esistono infinite partizioni di un insieme rettangolare. In molti testi gli insiemi rettangolari sono dettiplurirettangoli. �

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1.1 Rettangoli, insiemi rettangolari e partizioni 15

La famiglia degli insiemi rettangolari ha la proprietà utile di essere stabile sotto le principalioperazioni insiemistiche:

1.1.7 Teorema. Siano A e B insiemi rettangolari in Rn, allora A [ B , A \ B e A n B sonoinsiemi rettangolari.

Dimostrazione. (Idea) Non è difficile mostrare che proiettando sugli assi coordinati tutte le facce deirettangoli componenti la cui unione forma A e B che gli insiemi A [ B , A \ B e A n B (se non vuoti) sonodati dall’unione di rettangoli formati dal prodotto cartesiano di intervalli che hanno per estremi i valori didue delle proiezioni. �

Utilizzando la definizione di partizione già nel caso dei rettangoli, troveremo utile il seguenterisultato tecnico:

1.1.8 Lemma. Sia R un rettangolo n-dimensionale compatto. Allora per ogni ı > 0 esiste unapartizione di R tale che ogni elemento della partizione abbia diametro minore di ı.

Dimostrazione. Se R è vuoto o degenere allora una tale partizione esiste sempre. Consideriamo il casoin cui R non è né vuoto né degenere ma compatto. Poiché R è compatto, ossia chiuso e limitato, alora èrappresentato da intervalli Ij D Œaj ; bj �, j D 1; : : : ; n, in cui aj < bj numeri reali per ogni j D 1; : : : ; n.Suddividiamo ognuno di essi in un egual numero, diciamo k 2 N, di sottointervalli di uguale lunghezza.Ossia xij � xij�1 D

bj�ajk

con j D 1; : : : ; n e ij D 1; : : : ; k, e con xijD1 D aj e xijDk D bj . Prendendopiani paralleli agli assi di equazioni xj D xij , troviamo una partizione di R in kn rettangoli compatti nonvuoti e non degeneri Ri1���in il cui diametro è, per definzione,

diam.Ri1���in/ D

pnX

jD1

�bj � aj

k

�2D1

k

pnX

jD1

�bj � aj

�2D1

kdiam.R/ ;

per cui, dato ı > 0 esiste k0 2 N tale che per ogni k � k0 si ha diam.Ri1���in/ < ı (ad esempio scegliendok0 D

ldiam.R/ı

m1). �

1.1.9 Osservazione. È chiaro che tale proprietà si estende a insiemi rettangolari compatti. �

Possiamo estendere la nozione di volume al caso degli insiemi rettangolari. Data una partizioneP di A, insieme rettangolare, definiamo

voln.A/ DXR2P

voln.R/ :

Tale definizione è ben posta perché non dipende dalla partizione scelta.

1.1.10 Teorema. Sia A un insieme rettangolare di Rn e siano P 0 D .R01; : : : ; R0M / e P 00 D

.R001; : : : ; R00N / due partizioni di A. Allora

voln.A/ DMXjD1

voln.R0j / DNXkD1

voln.R00k/ :

1Il simbolo di parentesi quadra superiore (“ceiling function”) fornisce il minimo intero più grande del numero reale

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16 Capitolo 1. Integrazione e volume

Dimostrazione. Se A è degenere o vuoto, allora l’uguaglianza è ovvia essendo 0 D 0. L’uguaglianza èancora vera anche nel caso in cui A è non limitato, in questo caso si avrebbe1D1 in quanto almeno unrettangolo in ogni partizione dovrà essere non limitato e quindi di volume infinito. Dunque, ci soffermiamosul caso rimanente in cui A è un insieme rettangolare limitato non degenere e non vuoto. Consideriamo lafamiglia fRjk W j D 1; : : : ;M ; k D 1; : : : ; N g, dove Rjk D R0j \ R

00ksono o rettangoli (non degeneri e

non vuoti), o degeneri o l’insieme vuoto. Osserviamo che, in ogni caso, per ogni j e k si ha

R0j D

N[kD1

Rjk ; R00k D

M[jD1

Rjk ;

infatti, vediamo il primo caso, l’altro essendo analogo, si ha

N[kD1

Rjk D

N[kD1

R0j \R00k D R

0j \

N[kD1

R00k D R0j \ A D R

0j :

Da questo otteniamo

MXjD1

voln.R0j / DMXjD1

NXkD1

voln.Rjk/ DNXkD1

MXjD1

voln.Rjk/ DNXkD1

voln.R00k/ :

Sia ora A un qualsiasi insieme rettangolare ed Nx un generico elemento in Rn. Allora definiamol’insieme rettangolare traslato AC Nx nel modo seguente

AC Nx D fz 2 Rn j z D x C Nx;x 2 Ag :

È allora evidente, e ne faremo sovente uso, che

1.1.11 Proposizione. Sia Nx 2 Rn fissato. Se A è un insieme rettangolare limitato (compatto)di Rn allora l’insieme rettangolare traslato AC Nx è ancora un insieme rettangolare limitato(compatto) e vale

voln.AC Nx/ D voln.A/ :

Denotiamo con Part.A/ l’insieme formato dalle partizioni di A. Possiamo definire un ordi-namento per Part.A/. Se P e Q sono due partizioni, diremo che P è più fine di Q, se per ogniI 2 P (I è un generico rettangolo non vuoto non degenere compatto) esiste un (unico!) J 2 Q

tali che I � J . Talvolta in simboli si scrive P � Q. Abbiamo una relazione d’ordine che però èchiaramente parziale, infatti non è vero che date due qualsiasi partizioni di un insieme rettangolareuna sia più fine dell’altra2. Possiamo però costruirne una più fine a partire da una qualsiasi coppiaP e Q. Si considerano le intersezioni I \ J , con I 2 P e J 2 Q rispettivamente. Abbiamo trepossibilità: la prima è che l’intersezione è un nuovo rettangolo n-dimensionale, la seconda è unrettangolo degenere, la terza è l’insieme vuoto. Generiamo una nuova partizione considerando lesole intersezioni non vuote e non degeneri e denotiamo tale partizione col simbolo P _Q. È chiaroche tale nuova partizione di A è più fine delle generatrici, infatti se K 2 P _ Q allora esistonoI 2 P e J 2 Q tali cheK D I \J , sicchéK D I \J � I eK D I \J � J , simultaneamente, equindi P _Q � P e P _Q � Q. Part.A/ forma, in tal caso, un insieme detto diretto o direzionato.Tali insiemi rappresentano una classe importante che rimpiazza, in alcune situazioni, l’insieme deinumeri naturali come indice di successioni. La direzionalità descritta rappresenta un ragionevolerimpiazzo dell’indice “che tende all’infinito” nella nozione di limite per le successioni.

2Infatti, prendiamo il caso semplice del rettangolo Œ0; 1� in R e consideriamo le due partizioni Œ0; 1=2� [ Œ1=2; 1� eŒ0; 1=3� [ Œ1=3; 2=3� [ Œ2=3; 1�. È evidente che le due partizioni non hanno relazione una con l’altra poiché, ad esempio,l’intervallo Œ1=3; 2=3� non è contenuto in nessun intervallo dell’altra partizione.

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1.2 Somme di Darboux 17

1.2 Somme di DarbouxSia A � Rn un insieme rettangolare compatto non vuoto e sia f W A! R una funzione limitata.Tramite la direzionalità di Part.A/, definiamo due successioni numeriche generalizzate. La prima èla somma, o integrale, superiore di Darboux

I?.f;P / DXR2P

supf .R/ voln.R/ ;

la seconda è la somma, o integrale, inferiore di Darboux

I?.f;P / DXR2P

inff .R/ voln.R/ ;

dove, ovviamente P 2 Part.A/.Dalle proprietà degli estremi inferiori e superiori, Teorema 0.2.6, se ne deduce che, se P � Q

in Part.A/ alloraI?.f;Q/ � I?.f;P / � I

?.f;P / � I?.f;Q/ ;

inoltre, è sempre vero che qualunque sia la partizione P si ha

I?.f;P / � supf .A/ voln.A/ ;I?.f;P / � inff .A/ voln.A/ :

Ne deduciamo che gli insiemi numerici fI?.f;P / 2 R W P 2 Part.A/g e fI?.f;P / 2 R WP 2 Part.A/g, sono rispettivamente limitati superiormente ed inferiormente, per cui esistono,rispettivamente, gli estremi superiore ed inferiore,

I?.f /:D supfI?.f;P / W P 2 Part.A/g

�D lim

P2Part.A/I?.f;P /

�(1.1)

I?.f /:D inffI?.f;P / W P 2 Part.A/g

�D lim

P2Part.A/I?.f;P /

�:(1.2)

1.2.1 Definizione. Gli elementi di R nelle eq.(1.1) e (1.2), sono detti, rispettivamente, integraleinferiore di f e integrale superiore di f, entrambi su A.Concludendo, abbiamo, nel linguaggio base degli insiemi in R, che gli insiemi fI?.f;P / W

P 2 Part.A/g e fI?.f;P / W P 2 Part.A/g formano una coppia di insiemi separati e che il lorointervallo di separazione è dato dall’insieme ŒI?.f /; I?.f /�, poiché vale sempre3 che

I?.f / � I?.f / :

1.2.2 Definizione. (Integrale di Riemann) Sia A insieme rettangolare compatto di Rn ed funa funzione reale limitata definita in A. Se esiste I 2 R tale che I D I?.f / D I?.f / diremoche la funzione f è integrabile secondo Riemann (Darboux) in A ed il suo integrale di Riemannin A vale I .

3È semplice mostrare che questo è vero dimostrando dapprima che date due qualsivoglia partizioni P 0 e P 00 inPart.A/ si ha sempre I?.f;P 0/ � I?.f;P 00/.

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18 Capitolo 1. Integrazione e volume

Scriveremo, a seconda delle necessità, in modo equivalente

I D I.f / D

ZA

f

D

ZA

f .x/ dx D

ZA

f .y/ dy D

Zx2A

f .x/

D

Z� � �

ZA

f .x1; x2; : : : ; xn/ dx1dx2 : : : dxn :

La famiglia delle funzione integrabili secondo Riemann in A � Rn verrà denotata colsimbolo Riem.A/.

1.2.3 Osservazioni. Brevi osservazioni:1. Se il compatto fosse vuoto (o degenere) allora avremmo I D

R;f � 0.

2. Poiché abbiamo solo determinato le somme di Darboux, senza introdurre quelle di Riemann, a voleressere pignoli, le funzioni della definizione sono quelle integrabili secondo Darboux. Si può dimostrareperò che, una volta introdotta la definizione di funzioni integrabili secondo Riemann, le due classicoincidono. La tecnica fa uso del concetto di successione generalizzata i cui indici sono elementi diuna variazione dell’insieme diretto Part.A/ (variante che tiene conto dell’associazione di un punto,detto marcatura, per ogni elemento di una partizione assegnata di A).

Cominciamo con il vedere un esempio di funzione integrabile secondo Riemann.Sia f W R ! R costante su un qualsiasi insieme rettangolare compatto R � Rn, ossia

f .x/ D c 2 R per ogni x 2 R. Allora, poiché inf f .R/ D supf .R/ D c le somme integralisuperiori e inferiori valgono, per ogni P 2 Part.R/,

I?.f;P / DXP2P

c voln.P / D cXP2P

voln.P / D c voln.R/ ;

I?.f;P / DXP2P

c voln.P / D cXP2P

voln.P / D c voln.R/ :

Quindi le funzioni costanti su insiemi rettangolari compatti sono integrabili secondo Riemann,poiché I?.f / D I?.f / per ogni partizione in Part.R/.

Un esempio di funzione non integrabile secondo Riemann è per n D 1 la funzione di Dirichlet,a dimensione generica possiamo farne una ovvia generalizzazione. Prendiamo, ad esempio ilcubo C D Œ0; 1�n e consideriamo l’intersezione di ciascun intervallo componente con i razionaliŒ0; 1� \Q. Allora la funzione di Dirichlet � su C in n dimensioni è la funzione che associa ilvalore 1 a tutti i punti x D .x1; : : : ; xn/ di C le cui componenti sono tutti elementi di Q \ Œ0; 1�,mentre vale 0 per tutti gli altri punti in C . Allora, inf f .C / D 0 mentre supf .C / D 1, e questocontinua ad essere vero per ogni partizione di C in cubi più piccoli P D fRk ; k D 1; : : : ; N g,ossia inf f .Rk/ D 0 mentre supf .Rk/ D 1. Quindi è evidente che dalla definizione di sommeinferiori e superiori si otterrà, rispettivamente,

I?.�;P / DXRk2P

inf f .Rk/vol3.Rk/ D 0 ;

I?.�;P / DXRk2P

supf .Rk/vol3.Rk/ D voln.C / D 1n D 1 ;

quindi, prendendo rispettivamente, estremo superiore ed inferiore, nelle somme inferiori e superioridi Darboux per �, poiché vale sempre la disuguaglianza stretta I?.�/ < I?.�/, la funzione diDirichlet generalizzata continua a non essere integrabile secondo Riemann anche in dimensionegenerica.

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1.2 Somme di Darboux 19

1.2.4 Osservazione. Come visto nell’esempio precedente gli integrali superiore ed inferiore esistonosempre, anche per funzioni non integrabili secondo Riemann. �

Esiste un buon criterio, dovuto a Riemann, per determinare quando una funzione è integrabile(secondo Riemann, ça va sans dire).

1.2.5 Teorema. (Criterio di Integrabilità di Riemann) Sia A un insieme rettangolare compattoin Rn e f W A! R una funzione limitata. Allora, la funzione f è integrabile secondo Riemannin A se e solo se per ogni � > 0 esiste una partizione P 2 Part.A/ tale che

(1.3) I?.f;P / � I?.f;P / < � :

Dimostrazione. La dimostrazione è ovvia per il Teorema 0.2.9. �

Un primo utile risultato è il seguente.

1.2.6 Proposizione. Valgono i seguenti risultati:1. Sia A un insieme rettangolare compatto in Rn ed f una funzione integrabile secondo

Riemann in A. Allora f è limitata in A.2. Sia A un insieme rettangolare compatto in Rn e B un qualsiasi insieme rettangolare

compatto contenuto in A. Se f W A! R è integrabile in A allora è integrabile in B .

Dimostrazione. (LIMITATEZZA)Usiamo l’integrabilità di f in A. Allora per ogni � > 0 esiste una partizione P 2 Part.A/ tale

che valga il criterio di Riemann in eq. (1.3). Poiché B è sottoinsieme di A, allora la partizione P

contiene rettangoli R per cui può accadere che o R � B , ed in tal caso ce lo teniamo da parte,oppure R \ B ¤ ;. In quest’ultimo caso possiamo avere le quattro possibilità che l’intersezioneR \ B ed il suo complementare in A possono essere o rettangoli o insiemi rettangolari. Nel casoin cui si abbiamo insiemi rettangolari procediamo ad una ulteriore partizione in rettangoli. Infine,mettendo insieme tutti i rettangoli appartenenti solo a B e considerando tutti i rettangoli del suocomplemento in A otteniamo un raffinamento OP della partizione P che contiene automaticamenteun partizione PB di B , nel senso insiemistico del termine, ossia tutti i rettangoli di PB sono ancherettangoli di OP . Poiché OP è un raffinamento della partizione iniziale, a maggior ragione per essavarrà il criterio di Riemman. Dall’ovvia disuguaglianza

I?.f;PB/ � I?.f;PB/ � I?.f; OP / � I?.f; OP / ;

si ha la tesi. �

In particolare, il Criterio di Riemann ci indica che se P D fRj ; j D 1; : : : ; N g, ed usandol’eq. (1), la seguente quantità(1.4)

I?.f;P / � I?.f;P / D

NXjD1

�supf .Rj / � inf f .Rj /

�voln.Rj / D

NXjD1

oscRj .f / voln.Rj / ;

è determinante per l’integrabilità. Per cui, la funzione f sarà integrabile in A se e solo se l’estremoinferiore di queste sommatorie oscillanti è zero. Una ampia classe di funzioni per cui il controllodelle oscillazioni è garantito sono le funzioni continue ed il risultato viene descritto dal seguentecruciale Teorema.

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20 Capitolo 1. Integrazione e volume

1.2.7 Teorema. Sia A un insieme rettangolare compatto in Rn ed f W A! R continua. Alloraf 2 Riem.A/:

Dimostrazione. Nel caso in cui A è vuoto o degenere la funzione f è ovviamente integrabile e l’integralevale 0. Sia dunque A compatto non vuoto e non degenere di Rn e quindi : .1/ f per Weierstrass è limitatain A, .2/ per il Teorema di Heine-Cantor (1, vol.1, Teorema 2.7, pag. 214) è uniformemente continua inA. In formule, supf .A/ D max f .A/, inf f .A/ D min f .A/ e per ogni � > 0 esiste ı > 0 tali che perogni coppia x0;x00 2 A tali che kx0 � x00k < ı si ha jf .x0/ � f .x00/j < �. Fissiamo � > 0 e sia ı > 0

conformemente alla richiesta di uniforme continuità. Possiamo usare il Lemma 1.1.8 e trovare una partizioneP di A i cui elementi Rj , j D 1; : : : ; N , siano tali da avere diam.Rj / < ı. Quindi,

I ?.f / � I?.f / � I?.f;P / � I?.f;P /

D

NXjD1

�max f .Rj / �min f .Rj /

�voln.Rj /

D

NXjD1

oscRj .f /voln.Rj / :

Poiché i rettangoli Rj hanno diametro minore di ı allora ogni coppia di punti x0;x00 2 Rj è tale da avere,per l’uniforme continuità di f in Rj , jf .x0/ � f .x00/j < � da cui oscRj .f / � �. Dalla disuguaglianzaprecedente che I ?.f / � I?.f / � �voln.A/. Per l’arbitrarietà di � si ha la tesi. �

1.2.8 Osservazione. Ad esempio, saranno integrabili in ogni rettangolo compatto i polinomi (ad esempiop.x1; x2; x3/ D x

21x3C x

32 C x1x2x3 in R3), le funzioni razionali con denominatore che non si annulla mai

(ad esempio r.x1; x2; x3/ Dx21x3Cx

32Cx1x2x3

x22C5

in R3), le funzioni trigonometriche (ad esempio sin kxk). �

1.2.9 Esempio. Facciamo un esempio non banale di integrazione. Consideriamo a proposito ilquadratoQ in R2 di lato 1, ossia il compatto determinato dalle relazioni 0 � x � 1 e 0 � y � 1.Su di esso consideriamo la funzione f .x; y/ D ex�y . Essendo continua, per il Teorema 1.2.7è integrabile su Q. Vediamo quanto vale il suo integrale usando le somme di Darboux. A taleproposito prendiamo una partizione PN diQ composta da N 2 quadratini tutti di lato 1=N , ognunodi essi avente quindi volume bidimensionale (area) uguale a 1=N 2. Ciascun quadratino parzialeavrà la forma seguente

Qj;k D

�.x; y/ 2 R2 W

j � 1

N� x �

j

N;k � 1

N� y �

k

N; j D 1; : : : ; N; k D 1; : : : ; N

�:

Le somme di Darboux le calcoliamo prendendo gli estremi superiori ed inferiori della funzione fsu ciascun quadratinoQj;k . Poiché f è continua eQj;k sono compatti, il Teorema di Weierstrassci suggerisce che gli estremi superiore ed inferiore coincidono, rispettivamente con il massimo eminimo assunto dalla funzione nei punti diQj;k . La funzione f può essere espressa come prodottodelle funzioni esponenziali e i massimi e minimi sono indipendenti per esse per cui vale

max.x;y/2Qj;k

exe�y D maxx2..j�1/=N;j=N/

ex � maxy2..k�1/=N;k=N/

e�y D e.j�k/=N e1=N ;

min.x;y/2Qj;k

exe�y D minx2..j�1/=N;j=N/

ex � miny2..k�1/=N;k=N/

e�y D e.j�k/=N e�1=N

Scrivendo le somme superiore ed inferiore di Darboux, si ottiene

I?.f;PN / D

NXjD1

NXkD1

e.j�k/=N e1=N �1

N 2; I?.f;PN / D

NXjD1

NXkD1

e.j�k/=N e�1=N �1

N 2;

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1.2 Somme di Darboux 21

per cui la differenza risulta

I?.f;PN / � I?.f;PN / D

NXjD1

NXkD1

e.j�k/=Ne1=N � e�1=N

N 2:

Dalla proprietà4 delle somme finite per serie geometriche si ottiene, riscrivendo e raggruppando itermini in modo opportuno,

I?.f;PN / � I?.f;PN / D�e1=N � e�1=N

� .e � 1/2e

1=N

e1=N � 1�

1=N

1 � e�1=N:

Il primo termine nella parentesi tende a zero per N !1 mentre gli altri tendono entrambi ad 1,ossia, nel limite

limN!1

I?.f;PN / � I?.f;PN / D 0 ;

come dovevamo dimostrare. È altresí ovvio che l’integrale della funzione f inQ valeZQ

ex�y dxdy D.e � 1/2

e;

valore comune a cui tendono le somme superiori ed inferiori di Darboux nel limite N !1, comefacilmente controllabile. Vedremo a breve una tecnica che permette il calcolo diretto. �

Una proprietà importante per l’integrale di Riemann è la linearità. Per dimostrarlo passiamoattraverso un lemma interessante che dimostra che integrali superiori ed inferiori hanno proprietàvicine alla linearità.

1.2.10 Lemma. Siano f; g W A ! R funzioni limitate sull’insieme rettangolare compattoA � Rn. Allora, l’integrale inferiore è sopralineare

I?.f C g/ � I?.f /C I?.g/ ;

mentre quello superiore è sottolineare

I?.f C g/ � I?.f /C I?.g/ :

Dimostrazione. È sufficiente dimostrare la seconda asserzione, la prima segue invertendo le disuguaglianzenello scambio dell’estremo superiore con quello inferiore.

Sappiamo che per ogni x 2 A si ha

f .x/C g.x/ � sup.f .A//C sup.g.A// ;

quindi il membro di destra è un maggiorante per quello di sinistra, per cui vale

sup..f C g/.A// � sup.f .A//C sup.g.A// :

Da questo si evince che per ogni partizione P 2 Part.A/

I ?.f C g/ � I ?.f C g;P / � I ?.f;P /C I ?.g;P / :

4NXlD1

zl Dz.1 � zN /

1 � z

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22 Capitolo 1. Integrazione e volume

Ora, per il Teorema 0.2.5 dell’estremo superiore, per ogni � > 0 esistono partizioni P e Q tali che

I ?.f;P / � I ?.f /C�

2

I ?.g;Q/ � I ?.g/C�

2:

(1.5)

Sia ora R D P _Q la partizione più fine generata dalle partizioni P e Q, vale

I ?.f;R/ � I ?.f;P /

I ?.g;R/ � I ?.g;Q/ :

Sommando ambo i membri ed usando l’eq.(1.5), si ha

I ?.f C g/ � I ?.f /C I ?.g/C � :

per l’arbitrarietà di � si ha la tesi. �

Una ultima definizione si rende necessaria: sia f W A! R funzione su un insieme A � Rn echiamiamo con � Nxf la funzione definita dalla posizione

(1.6) .� Nxf /.y/:D f .y � Nx/ ; y 2 A ;

ossia la traslazione destra della funzione f . La funzione traslata è definita nell’insieme traslatoAC Nx, infatti se z 2 AC Nx allora esiste x 2 A tale che z D x C Nx, sicché

(1.7) .� Nxf /.z/ D f .z � Nx/ D f .x C Nx � Nx/ D f .x/ :

Infine, dimostriamo alcune tra le proprietà più rilevanti dell’integrazione secondo Riemann.Altre proprietà seguiranno nella sez. 1.5.

1.2.11 Teorema. Siano f; g 2 Riem.A/, con A insieme rettangolare compatto in Rn.

1. (Linearità) Allora f C g 2 Riem.A/ e vale

I.f C g/ D I.f /C I.g/ :

2. (Isotonia) Sia g � f in A. Allora

I.g/ � I.f / ;

in particolare se f � 0 alloraI.f / � 0 :

3. (Additività) Sia A D A1 [ A2, con Ai , i D 1; 2, anch’essi insiemi rettangolari compatti.Se f è integrabile su A1 e A2, allora f è integrabile su A e A1 \ A2 e valeZ

A

f C

ZA1\A2

f D

ZA1

f C

ZA2

f :

4. (Invarianza per traslazione) Sia Nx 2 Rn fissato, allora anche la funzione traslata � Nxf èintegrabile su AC Nx e valeZ

A

f .x/ dx D

ZAC Nx

.� Nxf /.z/ dz :

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1.2 Somme di Darboux 23

Dimostrazione. 1. (Linearità) Dal Lemma 1.2.10 si ha

I?.f /C I?.g/ � I?.f C g/ � I?.f C g/ � I ?.f /C I ?.g/ :

Poiché f e g sono integrabili allora I?.f / D I ?.f / D I.f / e lo stesso per g per cui, dalladisuguaglianza di cui sopra,

I.f /C I.g/ � I?.f C g/ � I?.f C g/ � I.f /C I.g/ ;

da cui la tesi.2. (Isotonia) La proprietà segue banalmente dal fatto che se g � f allora valgono

supg.R/ � supf .R/ ; inf g.R/ � inf f .R/ ;

per ogni rettangolo compatto R in A. Infatti, si deduce che

I ?.g;P / � I?.g;P / � I?.f;P / � I?.f;P / ;

per ogni partizione P di A da cui la tesi per l’integrabilità delle funzioni.3. (Additività) Sappiamo che se f è integrabile in A1 e A2 allora è integrabile nell’intersezione A1\A2

per la Proposizione 1.2.6, poiché l’intersezione è un insieme rettangolare come segue dal Teorema 1.1.7.Ora, vale ad esempioA D A1n.A1\A2/[A2 D A in cui i singoli elementi dell’unione sono disgiuntie insiemi rettangolari. Per l’integrabilità di f in A1 allora f è ancora integrabile in A2 n .A1 \ A2/,per cui dato � > 0 esistono due partizioni P 0 di A1 n .A1 \ A2/ e P 00 di A2 tali che si abbia

I ?.f;P 0/ � I?.f;P0/ <

2; e I ?.f;P 00/ � I?.f;P

00/ <�

2:

In virtù dalla disgiuntezza delle componenti, allora l’unione insiemistica P:D P 0 [P 00 è ancora una

partizione e lo è dell’intero insieme A, per cui si ha

I ?.f;P / � I?.f;P / DXR2P

oscR.f /voln.R/

D

XR02P 0

oscR0.f /voln.R0/CX

R002P 00

oscR00.f /voln.R00/

D I ?.f;P 0/ � I?.f;P0/C I ?.f;P 00/ � I?.f;P

00/ < � ;

ossia, l’integrabilità di f in A. La formula finale si ottiene usando la stessa strategia seguita finoranella seguente decomposizione disgiunta in insiemi rettangolari A D .A1 n .A1\A2//[ .A1\A2/[.A2 n .A1 \ A2//. Per ogni � > 0 troviamo decomposizioni disgiunte dei tre insiemi rettangolaridella precedente relazione, P1 per A1 n .A1 \A2/, P1\2 per A1 \A2, P2 per A2 n .A1 \A2/, dovechiaramente P1[P1\2 rappresenta una partizione perA1 e P2[P1\2 rappresenta una partizione perA2, quindi si ottiene, con P

:D P1 [P1\2 [P2 che rappresenta una partizione per A, che valgono

contemporaneamente le disuguaglianze seguentiXR12P1[P1\2

oscR1.f /voln.R1/ < �XR122P1\2

oscR12.f /voln.R12/ < �XR22P2[P1\2

oscR2.f /voln.R2/ < � ;

per le supposte integrabilità di f nei rispettivi insiemi rettangolari. Ora, per costruzione si ha ancheche

I ?.f;P / � I?.f;P / DXR2P

oscR.f /voln.R/

D

XR12P1

oscR1.f /voln.R1/CX

R122P1\2

oscR12.f /voln.R12/CXR22P2

oscR2.f /voln.R2/ ;

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24 Capitolo 1. Integrazione e volume

da cui sommando e sottraendo nel secondo membro la quantitàPR122P1\2

oscR12.f /voln.R12/, siottiene, ricordando le disuguaglianze viste sopra che

I ?.f;P / � I?.f;P / DX

R12P1[P1\2

oscR1.f /voln.R1/

XR122P1\2

oscR12.f /voln.R12/CX

R22P2[P1\2

oscR2.f /voln.R2/ < � ;

per cui, dall’integrabilità di f in ciascuno dei termini della somma, e per l’arbitrarietà di �,ZA

f D

ZA1

f �

ZA1\A2

f C

ZA2

f

come dovevasi dimostrare.4. (Invarianza per traslazione) Dalla eq. (1.7) si evince che

sup � Nxf .AC Nx/ D supf .A/ ; inf � Nxf .AC Nx/ D inf f .A/ :

È ora banale che le somme di Darboux superiori ed inferiori sono le stesse per entrambe le funzioniusando la Proposizione 1.1.11 e, dalla integrabilità di f su A si deducono l’integrabilità di � Nxf suAC Nx e la validità della formula dell’invarianza dell’integrazione per traslazione.

1.3 Baby Fubini o della riduzione

Cominciamo col vedere un primo strumento, detto degli integrali iterati, che permette il calcoloesplicito di una categoria semplice di integrali. Ci soffermiamo dapprima al caso di dimensione 2.

1.3.1 Teorema. (Piccolo Teorema di Fubini) Siano R D Œa; b� � Œc; d �, a < b ; c < d ,rettangolo in R2 e f 2 Riem.R/.

1. Se per ogni y 2 Œc; d � esiste l’integrale G.y/ DR ba f .x; y/ dx, allora la funzione

y 7! G.y/ è integrabile in Œc; d � e vale la formula

I1;2.f / D

Z d

c

G.y/ dy D

Z d

c

"Z b

a

f .x; y/ dx

#dy :

2. Se per ogni x 2 Œa; b� esiste l’integrale H.x/ DR dc f .x; y/ dy, allora la funzione

x 7! H.x/ è integrabile in Œa; b� e vale la formula

I2;1.f / D

Z b

a

H.x/ dx D

Z b

a

"Z d

c

f .x; y/ dy

#dx :

Nel caso valgano entrambe le affermazioni si ha

I.f / D

ZR

f:D I1;2.f / � I2;1.f / :

Non faremo la dimostrazione perché più avanti dimostreremo un risultato più generale. Quelloche ci interessa è però cominciare a vedere alcuni esempi di calcolo esplicito di integrali doppi, apartire dall’iterazione di integrazioni unidimensionali.

1.3.2 Esempi. 1. Cominciamo col riprendere in considerazione l’esempio 1.2.9 e calcoliamolocon Fubini. La funzione integranda è continua e gli integrali parziali danno funzioni continue

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1.3 Baby Fubini o della riduzione 25

(rispettivamente e�y e ex , a meno di costanti non rilevanti), quindi possiamo integrareindifferentemente le due variabili e ottenereZ

Q

ex�y dxdy D

Z 1

0

ex dx

Z 1

0

e�y dy D�ex�xD1xD0

�e�y

�yD0yD1D.e � 1/2

e;

come dimostrato con le somme esplicite di Darboux. Questo è un esempio tipico in cui lafunzione integranda è il prodotto di funzioni nelle singole variabili, per questa tipologia diintegrali l’integrazione è sempre molto semplice, sempreché le singole funzioni siano tutteintegrabili secondo Riemann in una dimensione.

2. Sia f .x; y/ D 1.xCy/2

su R D Œ3; 4� � Œ1; 2�. Poiché la funzione f su R è continua, allora èintegrabile su R per il Teorema 1.2.7 e valgono le conclusioni del Teorema 1.3.1, per cui,possiamo calcolare l’integrale doppio partendo dal calcolo dell’integrale nella variabile x eottenere la funzione

G.y/ D

Z 4

3

1

.x C y/2dx D

��

1

x C y

�xD4xD3

D1

3C y�

1

4C y:

Quindi

I.f / D

Z 2

1

G.y/ dy D

Z 2

1

�1

3C y�

1

4C y

�dy D

�lny C 3

y C 4

�yD2yD1

D ln25

24:

3. Sia C D Œ0; 1�2 il quadrato in R2 e sia data la funzione

f .x; y/ D

8<:x C y ; x 2 Œ0; 1=2� ; y 2 Œ0; 1=2� ;

x C y � 1 ; x 2 .1=2; 1� ; y 2 .1=2; 1� ;

0 ; altrimenti :

La funzione f è ben definita su C ma non è continua, ad esempio nel punto .1=2; 1=2/presenta una oscillazione di ampiezza 1. Ciononostante, la funzione è integrabile perchél’insieme su cui ha oscillazioni ha volume (area) nullo e quindi non contribuisce all’integralee nel resto è composta da funzioni continue quindi integrabili. Allora,

H.x/ D

ZŒ0;1�

f .x; y/ dy D

Z 1=2

0

.x C y/ dy C

Z 1

1=2

.x C y � 1/ dy

D

Z 1

0

.x C y/ dy �

Z 1

1=2

dy

D

�xy C

y2

2

�yD1yD0

� Œy�yD1

yD1=2D x :

Quindi la funzione x 7! H.x/ esiste ed è integrabile su Œ0; 1� per cui I.f / DR 10 H.x/ dx D

12. Lo stesso si può verificare nel caso della funzione y 7! G.y/ e si trova che gli integrali

sono uguali, come da conclusione del Teorema.4. (Controesempio!) Sia R D Œ0; 2� � Œ0; 1� e sia data la funzione

f .x; y/ D

8<:xy.x2 � y2/

.x2 C y2/3; .x; y/ ¤ .0; 0/ ;

0 ; .x; y/ D .0; 0/ :

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26 Capitolo 1. Integrazione e volume

Supponiamo, per disgrazia, di accettare acriticamente che la funzione sia integrabile eintegriamo prima rispetto la variabile x assumendo che y ¤ 0:

G.y/ D

Z 2

0

xy.x2 � y2/

.x2 C y2/3dx

uDx2Cy2!duD2xdxD

Z y2C4

y2

y.u � 2y2/

2u3du

D

Z y2C4

y2

�y

2u2�y3

u3

�du D

��y

2uC

y3

2u2

�uDy2C4uDy2

D �y

2.y2 C 4/C

y3

2.y2 C 4/2C

1

2y�1

2yD �

2y

.y2 C 4/2:

Questa formula rimane valida anche per y D 0, poiché la funzione f si annulla sull’assex D 0.Facendo l’integrale rispetto alla variabile y, accettando acriticamente ancora che la funzioneG sia integrabile, e si haZ 1

0

G.y/ dy D �

Z 1

0

2y

.y2 C 4/2dy D

�1

y2 C 4

�yD1yD0

D �1

20:

Facciamo ora l’integrale iterato nel senso opposto al precedente, sempre in assenza di critica.Integriamo prima rispetto alla variabile y supponendo x ¤ 0:

H.x/ D

Z 1

0

xy.x2 � y2/

.x2 C y2/3dy

uDx2Cy2!duD2y dyD

Z x2C1

x2

x.2x2 � u/

2u3du

D

Z x2C1

x2

�x3

u3�

x

2u2

�du D

��x3

2u2C

x

2u

�uDx2C1uDx2

D �x3

2.x2 C 1/2C

x

2.x2 C 1/C

1

2x�1

2xD

x

2.x2 C 1/2:

Da notare che la formula rimane vera anche per x D 0 perché f è nulla su tutto l’asse y.Integrando sulla variabile x, si ottieneZ 2

0

H.x/ dx D

�1

4.x2 C 1/

�xD2xD0

D �1

20C1

4D1

5:

Conclusione, i due integrali non sono uguali! Il motivo è che la funzione f non è certamenteintegrabile sul rettangolo scelto poiché non è limitata in nessuno intorno dell’origine. Infattiè sufficiente considerare i punti .s; 2s/ e .2s; s/ e trovare che per ogni s ¤ 0

f .s; 2s/ D �6

125s2; f .2s; s/ D

6

125s2;

e quindi per s ! 0 la funzione assume valori arbitrariamente grandi di segno opposto indirezioni differenti (rette y D 2x e y D x=2) che approcciano l’origine. L’origine è unpessimo punto di discontinuità.

5. Uno dei vantaggi del teorema è che una delle iterazioni potrebbe essere più semplice dell’altra,quindi tecnicamente preferibile in caso di uguaglianza. Cerchiamo di integrareZ

A

y sin.xy/ dxdy

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1.4 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabili 27

dove A D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œ1; 2�; y 2 Œ0; ��g. Chiaramente la funzione è continua in A,quindi il teorema vale automaticamente.Se usiamo la prima iterazione (I21) si haZ

A

y sin.xy/ dxdy DZ 2

1

�Z �

0

y sin.xy/ dy�dx ;

l’integrale tra parentesi quadra non è difficile a farsi (per parti), ma porta ad una integrazionerelativamente lunga. Quindi proviamo l’altra iterazioneZ

A

y sin.xy/ dxdy DZ �

0

�Z 2

1

y sin.xy/ dx�dy

D

Z �

0

Œ� cos.xy/�xD2xD1 dy

D

Z �

0

.� cos.2y/C cosy/ dy

D 0 :

1.4 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabiliVogliamo ora determinare le condizioni più generali per l’esistenza degli integrali di Riemann.Per farlo è necessaria una breve escursione al di fuori dei concetti tipici associati all’integrazionesecondo Riemann e che arrivano a toccare, almeno tangenzialmente, la teoria di Lebesgue. Nellafattispecie si usa la semplice nozione di insieme di misura trascurabile.

1.4.1 Definizione. Sia A sottoinsieme di Rn. Diremo che A è a misura nulla in Rn se per ogni� > 0 troviamo un ricoprimento di A fatto da una quantità numerabile di rettangoli chiusi Rj ,j 2 N, ossia A � [j2NRj , tali che X

j2N

voln.Rj / < � :

Se questa disuguaglianza è vera diremo che il volume totale del ricoprimento è minore di �.

1.4.2 Osservazione. Nella definizione precedente l’aggettivo numerabile è inteso nel senso stretto diquantità in corrispondenza biunivoca con N. La forza della definizione è infatti tutta nel considerareuna infinità numerabile di rettangoli. Se una quantità finita di rettangoli avesse già la proprietà di esserericoprimento con volume totale minore di �, allora, a maggior ragione, è vera la proprietà per una quantitànumerabile di rettangoli. A questo proposito infatti è sufficiente aggiungere una quantità numerabile direttangoli con volume nullo (ad esempio, tutti rettangoli vuoti) per riottenere il concetto di misura nulla. �

Vediamo gli esempi tipici di insiemi a misura nulla

1.4.3 Esempi. 1. Sia Qn l’insieme degli elementi di Rn le cui n coordinate sono razionali.Essendo Q numerabile, Qn è anch’esso numerabile. Quindi, mettiamo in corrispondenzabiunivoca i punti di Qn ed N, chiamando xk , k 2 N, i suoi elementi. Consideriamo ora il

cubo Ck centrato in xk e di lato n

r�

2kC1, per ogni k 2 N e per � > 0 fissato ad arbitrio.

Ogni cubo ha volume

voln.Ck/ D�

n

r�

2kC1

�nD

2kC1

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28 Capitolo 1. Integrazione e volume

e quindi Xk2N

voln.Ck/ DXk2N

2kC1D�

2< � :

Per l’arbitrarietà di � si ha che Qn ha misura nulla.2. Riprendiamo la discussione fatta nell’osservazione precedente. È abbastanza intuitivo pensare

che tutto ciò che ha volume nullo in Rn, almeno per gli insiemi a cui sappiamo associareun tale valore, ha anche a misura nulla. Ad esempio, i rettangoli degeneri hanno volumen-dimensionale nullo e quindi sono a misura nulla. Facciamo il caso del rettangolo R DŒ0; 1��f1g inR2. Questo ha chiaramente vol2.R/ D 0. Vediamo se è a misura nulla. Fissiamo� > 0 ad arbitrio e costruiamo la seguente successione di rettangoli che ricoprono R: perogni j 2 N definiamo

Rj D Œ0; 1� �h1 �

2jC2; 1C

2jC2

i:

È chiaro che ricoprono R perché sono uno dentro l’altro R1 � R2 � R3 � � � � � Rj � � � �e per ogni j vale Rj � R qualunque sia la scelta di � > 0. Ognuno dei rettangoli ha volume2-dimensionale (area!) uguale a vol2.Rj / D �

2jC1, quindiX

j2N

vol2.Rj / DXj2N

2jC1D�

2< � :

Quindi il volume del ricoprimento è minore di � ed R ha misura nulla.3. Il contrario del punto .2/ non è vero. Se A ha misura nulla non è detto che abbia volume

nullo. I razionali ancora forniscono un esempio di questo fatto. Hanno misura nulla mail volume non esiste. Per capire meglio quest’affermazione è necessario però attendere lasezione 1.6, dove viene fornita una generalizzazione della nozione di volume per insiemi nonnecessariamente rettangolari.

4. L’insieme di Cantor ha misura nulla. Inoltre, nella costruzione dell’insieme di Cantor attra-verso la rappresentazione ternaria, è possibile mostrare l’esistenza di una funzione continuasuriettiva dall’insieme di Cantor a Œ0; 1�, quindi l’immagine di Cantor sotto questa mappacontinua non preserva la misurabilità nulla. Vedremo a breve che le lipschitziane invecefanno il giusto lavoro.

Dimostriamo alcune proprietà interessanti per insiemi a misura nulla.

1.4.4 Teorema. 1. Se A ha misura nulla in Rn allora ogni B � A ha misura nulla.2. Sia A unione numerabile di insiemi A1; A2; : : : . Se ogni Aj ha misura nulla in Rn, lo

stesso vale per A.3. Un insiemeA hamisura nulla inRn se e solo se per ogni � esiste un ricoprimento numerabile

di A fatto da rettangoli aperti int.R1/; int.R2/; : : : tali cheXj2N

voln.Rj / < � :

4. Se A è compatto in Rn ed ha misura nulla allora per ogni � > 0 esiste un ricoprimentofinito fatto da rettangoli (chiusi o aperti) Rj ; j D 1; : : : ; N tale che

NXjD1

voln.Rj / < � :

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1.4 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabili 29

5. SeR è un rettangolo non degenere in Rn, alloraR non ha misura nulla ma fr.R/ ha misuranulla.

Dimostrazione. Il punto 1: è ovvio. Se Rj , j 2 N, ricopre A allora ricopre anche B e se il volume delricoprimento per A è minore di � lo stesso vale per B . Per dimostrare 2: si usa l’ovvia estensione numerabiledel procedimento visto nell’esempio 1 in 1.4.3. 3: Se i rettangoli aperti int.Rj /, j 2 N, coprono A cosìfanno i rettangoli Rj , j 2 N. Quindi la condizione implica che il ricoprimento con i rettangoli chiusi hamisura nulla. Supponiamo, invece, che A abbia misura nulla. Quindi possiamo trovare un ricoprimento fattocon rettangoli R0j , j 2 N, di volume totale minore di �=2. Per ogni j scegliamo5 un rettangolo Rj tale che

(1.8) R0j � int.Rj / ; voln.Rj / � 2voln.R0j / :

Allora i rettangoli aperti int.Rj /, j 2 N ricoprono A ePj2N voln.Rj / < �. Il punto 4: è facilmente

dimostrabile, perché da ogni ricoprimento fatto da rettangoli aperti del compatto con volume minore di �posso estrarre un sottoricoprimento finito che ancora avrà volume minore di �. Si può passare ai rettangolichiusi prendendo la chiusura dei rettangoli aperti del ricoprimento.

5: Poiché ogni fr.R/ è composto da 2n facce, ossia rettangoli degeneri di volume n-dimensionalenullo, allora la loro unione avrà misura nulla, come segue dal ragionamento visto nell’esempio 2 di 1.4.3.Supponiamo ora che R abbia misura nulla e troviamo una contraddizione. Poniamo � < voln.R/. Perquanto visto in 3: possiamo ricoprire R da una quantità numerabile di rettangoli aperti int.Rj /, j 2 N, conPj voln.Rj / < �. Poiché R è compatto possiamo ricoprirlo con un numero finito, diciamo N di rettangoli

aperti, ma è ancoraPNjD1 voln.Rj / < �. Poiché il ricoprimento finito può essere composto anche da

rettangoli con interni non disgiunti, quindi non è una partizione, possiamo però generarne una considerando ipiani passanti per le facce di ciascun rettangolo del ricoprimento finito e del rettangolo R. Questo certamentegenera una partizione del rettangolo R in, diciamo, P1; : : : ; PM rettangoli, per cui ogni Pj è dentro almenoun Rk . Ne consegue che

voln.R/ DMXiD1

voln.Pi / �NXkD1

voln.Rk/ < � < voln.R/ ;

una contraddizione. �

1.4.5 Osservazioni. Alcune osservazioni sul Teorema precedente:1. È chiaro che se A ha misura nulla allora int.A/ ha misura nulla. Però non è vero in generale che cl.A/

abbia misura nulla. Infatti i razionali in Œ0; 1� sono un classico controesempio perché cl.Q\ Œ0; 1�/ DŒ0; 1� che non ha misura nulla.

2. Nella parte 4. viene automatico che se A è compatto e a misura nulla allora ha volume nullo. Larichiesta di compattezza è necessaria, i razionali in Œ0; 1� hanno misura nulla ma non hanno lunghezza(“volume” unidimensionale), infatti non sono compatti.

Abbiamo ora gli strumenti per dimostrare uno dei teoremi più importanti dell’analisi, chemostra l’esistenza degli integrali di Riemann, caratterizzandone la classe più ampia delle funzioniintegrabili. A questo proposito, è cruciale ricordarsi della caratterizzazione della continuità di unafunzione vista nel Teorema 0.2.8.

1.4.6 Definizione. Sia f W A! R, A � Rn, allora l’insieme

disc.f / :D fa 2 A W osca.f / > 0g

è l’insieme dei punti di discontinuità della funzione f in A.5Questo è possibile considerando per ogni rettangolo R0j la sua estensione .R0j /ı definita in 1.1.3. Scegliendo

opportunamente ı si ha l’asserto precedente.

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30 Capitolo 1. Integrazione e volume

Si vede facilmente che

(1.9) disc.f / D[m2N

discm.f / ;

dove discm.f / D fa 2 A W osca.f / �1mg.

1.4.7 Teorema. (Lebesgue-Vitali) ** Sia R un rettangolo compatto in Rn. Allora, la funzionef è integrabile secondo Riemann in R se e solo se è limitata e l’insieme disc.f / è a misuranulla.**

Dimostrazione. Se R è vuoto o degenere allora il teorema è banalmente vero. Supponiamo quindi R nonvuoto e non degenere.

(Sufficienza) Supponiamo disc.f / abbia misura nulla ed f sia limitata. Dimostriamo l’integrabilità dif tramite il Criterio di Riemman 1.2.5. Fissiamo � > 0 ad arbitrio e sia

�0 D�

2M C 2voln.R/;

doveM � jf .x/j per ogni x 2 R,M � 0.Ricopriamo disc.f / con una quantità numerabile di rettangoli aperti int.R1/; int.R2/; : : : di volume

totale minore di �0, usando la 3 del Teorema 1.4.4. Per ciascun punto a 2 R che non appartiene a disc.f /,quindi laddove f è continua, scegliamo un generico rettangolo aperto int.Ra/ contenente a e tale che

(1.10) jf .x/ � f .a/j < �0 ; per x 2 R \Ra :

Ne deduciamo che gli insiemi aperti int.Rj /, j 2 N, e int.Ra/, per ogni a 2 R n disc.f /, ricoprono tutto R.Poiché R è compatto, posso scegliere una sottofamiglia finita

int.R1/ ; : : : ; int.Rk/ ; int.Ra1/ ; : : : ; int.Ral / ;

che continui a ricoprirlo e tale chePkjD1 voln.Rj / < �0 e per ogni int.Ras /, s D 1; : : : ; l , vale l’eq. (1.10).

Senza cambiare notazione chiamiamo semplicemente ancora int.Rj /, j D 1; : : : ; k, le intersezioni di talirettangoli con R e lo stesso per i rettangoli int.Ras /, s D 1; : : : ; l . Le due nuove famiglie ancora ricopronoR e per loro valgono ancora le due proprietà di volume e continuità, rispettivamente, appena viste.

Usiamo le facce di tutti i rettangoli appena definiti per fare piani paralleli ai piani cartesiani e cosí definireun partizione P del rettangolo R. Ogni elemento del ricoprimento sarà quindi unione finita di rettangoliappartenenti a P . Dividiamo allora la partizione in due famiglie disgiunte R e R0, tali che ogni rettangolodi P che appartiene ad uno dei rettangoli int.Rj / allora diremo che appartiene alla famiglia R, altrimentiogni rettangolo di P che appartiene ad uno dei rettangoli int.Ras /, allora diremo appartiene alla famiglia R0.Ora, per ogni coppia di punti x;y che appartengono ad un rettangoloQ 2 R, si ha

jf .x/ � f .y/j < 2M H) oscQ.f / � 2M ;

mentre se appartengono ad un rettangoloQ0 2 R0, si ha

jf .x/ � f .y/j < 2�0 H) oscQ0.f / � 2�0 :

Usando queste stime, le somme oscillanti di Darboux (vedi eq.(1.4)) valgono, separatamente per R e R0XQ2R

oscQ.f / voln.Q/ � 2MXQ2R

voln.Q/ ;(1.11) XQ02R0

oscQ0.f / voln.Q0/ � 2�0XQ02R0

voln.Q0/ :(1.12)

Ora XQ2R

voln.Q/ �kX

jD1

XQ2Rj

voln.Q/ DkX

jD1

voln.Rj / < �0

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1.4 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabili 31

mentre XQ02R0

voln.Q0/ �XQ2R

voln.Q/ D voln.R/ ;

quindi, mettendo insieme le cose, si ottiene

I ?.f;P / � I?.f;P / < 2M�0C 2�0voln.R/ D � ;

quindi f è integrabile per il Criterio di Riemann 1.2.5 e l’arbitrarietà di �.

(Necessità) Sia f integrabile su R. Allora è limitata per la 1 della Proposizione 1.2.6. Poiché valeeq.(1.9), è sufficiente mostrare che ogni discm.f / ha misura nulla per la 2 del Teorema 1.4.4.

Fissiamom 2 N e � > 0. Sia P partizione di R per cui I ?.f;P /� I?.f;P / < �=2m. Sia discm.f / DD0 [D00, dove D0 è l’insieme i cui punti appartengono a fr.Q/ per qualche Q 2 P , e sia D00 il resto didiscm.f /. Dobbiamo stimare i volumi diD0 eD00.

Ora, datoQ 2 P , fr.Q/ ha misura nulla in Rn, e così vale per [Q2P fr.Q/. PoichéD0 è contenuto inquest’ultima unione allora ha anch’esso misura nulla per il punto 1 Teorema 1.4.4 e quindi esiste una quantitànumerabile di rettangoli di volume totale minore di �=2.

Vediamo oraD00. SianoQ1; : : : ;Qk i rettangoli di P che contengono punti diD00. Sia a 2 D00, allorauno dei rettangoliQj lo contiene e inoltre a … fr.Qj /, altrimenti sarebbe inD0. Allora, dalla dimostrazionedel Teorema 0.2.8, esiste ı > 0 tale cheQj contiene il cubo Cı centrato in a e di lato ı, sicché

1

m� osca.f / � oscCı .f / � oscQj .f / :

Moltiplicando l’ultima disuguaglianza per voln.Qj / e sommando su j D 1; : : : ; k, si ottiene

kXjD1

1

mvoln.Qj / � I ?.f;P / � I?.f;P / <

2m:

Quindi il ricoprimento diD00 ha volume minore di �=2. Unendo i risultati perD0 eD00 si ha la tesi. �

1.4.8 Osservazione. Il Teorema Lebesgue-Vitali fornisce un senso all’affermazione dirompente che,a meno di un insieme di misura nulla, per quanto riguarda l’integrazione non c’è differenza tra funzioniintegrabili e continue. Esistono altri risultati sconcertanti simili al precedente, ad esempio il Teorema diRademacher, che afferma che a meno di un insieme di misura nulla ogni funzione (localmente) Lipschitzianaè differenziabile. �

È importante la prossima definizione. Chiameremo genericamente conP una qualsiasi proprietàdi una funzione, come limitatezza, continuità, differenziabilità, integrabilità etc.

1.4.9 Definizione. Supponiamo di avere una funzione f definita in A � Rn, diremo che lafunzione ha la proprietà P quasi ovunque inA se tale proprietà è vera a meno di un sottoinsiemedi A di misura nulla.

Ad esempio, nel Teorema di Lebesgue-Vitali, la funzione è integrabile se è continua quasi ovunquee limitata.

Una prima applicazione del Teorema di Lebesgue-Vitali è il seguente risultato:

1.4.10 Teorema. Sia R rettangolo non vuoto e non degenere in Rn e sia f W R! R integrabilesu R. Allora, si ha

1. Se f è zero quasi ovunque, alloraRR f D 0.

2. Se f è non negativa e seRR f D 0, allora f è zero quasi ovunque.

Dimostrazione. Da fare. �

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32 Capitolo 1. Integrazione e volume

La richiesta d’esistenza dell’integrale nel precedente teorema è necessaria in virtù del controe-sempio dato dalla funzione di Dirichlet.

Un risultato importante è il seguente.

1.4.11 Teorema. Sia A aperto in Rn e sia S � A di misura nulla in Rn. Sia f W A ! Rn

lipschitziana, allora f .S/ ha misura nulla in Rn.

Dimostrazione. Chiamiamo K la costante di Lipschitz di f . Il cubo C di lato L all’interno di A hadiam.C / D L

pn e quindi diam.f .C // � KL

pn. Dunque, per ogni x D .x1; x2; : : : ; xn/ 2 f .C / si ha

f .C / � B.x; KLpn/ �

QnjD1Œxj � KL

pn; xj C KL

pn �. f .C / è quindi dentro il cubo C 0 di lato di

ampiezza 2KLpn da cui

(1.13) voln.C 0/ D .2KLpn/n DMLn DMvoln.C / ; dove M D .2K

pn/n :

Sia ora � > 0 fissato ad arbitrio. Poiché S è a misura nulla, allora posso trovare una quantità numerabile direttangoli Rj , j 2 N, tali da ricoprire S e con volume totale del ricoprimento

Pj2N voln.Rj / < �

2M. Per

ogni j 2 N ricopriamo il rettangolo Rj con rettangoli R.i/j , i D 1; 2; : : : ; Nj , tali chePNjiD1 voln.R

.i/j / �

2voln.Rj / (vedi eq.(1.8) e la connessa annotazione). Per ciascun rettangolo R.i/j denotiamo con C .i/j il cubocontenente f .R.i/j / per cui vale l’analoga dell’eq. (1.13). Si ottiene

f .S/ �[j2N

f .Rj / �[j2N

Nj[iD1

f .R.i/j / �

[j2N

Nj[iD1

C.i/j ;

da cui Xj2N

NjXiD1

voln.C .i/j / DXj2N

NjXiD1

Mvoln.R.i/j / � 2MXj2N

voln.Rj / < 2M�

2M< � :

Il Teorema è dimostrato. �

1.4.12 Osservazione. Il precedente Teorema vale anche nella condizione più debole di locale lipschitzia-nità per f . �

1.5 Estensione, Composizione e ApprossimazioneEstensione dell’integrazione a regioni generiche limitate:Vediamo dapprima come estendere la nozione di integrale a sottoinsieme limitati più generali degliinsiemi rettangolari. SiaD � Rn limitato, sia inoltre f W D ! R una funzione limitata. Per ogniA � Rn insieme rettangolare limitato per cuiD � A definiamo una estensione della funzione f adA nel modo seguente:

Qf .x/ D

(f .x/ ; x 2 D ;

0 ; x 2 A nD :

Abbiamo quindi esteso f ponendo uguale a zero il valore di Qf sul complemento diD in A. Alloradiciamo che

(1.14)ZD

f:D

ZA

Qf ;

quando il secondo membro ha senso, ossia quando Qf 2 Riem.A/. È chiaro che la definizioneè ben posta perché non dipende dall’insieme rettangolare che estende il dominio di f , infatti

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1.5 Estensione, Composizione e Approssimazione 33

possiamo considerare A un insieme rettangolare limitato e chiamare la relativa estensione di fcon il simbolo QfA, poi considerare un altro insieme rettangolare limitato B che contiene D echiamare con il simbolo QfB la corrispondente estensione di f . Allora avremo simultaneamente cheA D .A \ B/ [ .A n B/ e B D .B \ A/ [ B n A, in cui tutti gli elementi delle decomposizionisono ancora insiemi rettangolari limitati, come segue dal Teorema 1.1.7. Poiché gli elementi dellerispettive decomposizioni di A e B sono disgiunti, allora prendere da ognuno un partizione inrettangoli e farne l’unione formano partizioni degli insiemi rettangolari A e B . Notiamo che se C èun qualsiasi rettangolo in A n B , si ha C \D D ; e allora

RCQfA D 0 poiché Qf è nulla per i punti

x 2 C , e lo stesso vale per rettangoli C 0 in B n A conRC 0QfB D 0. Notiamo, altresí, che QfA � QfB

sui punti di A \ B . Ne risulta, per l’additività sugli insiemi rettangolari,ZA

QfA D

ZA\B

QfA C

ZAnB

QfA D

ZA\B

QfA D

ZA\B

QfB D

ZBnA

QfB C

ZA\B

QfB D

ZB

QfB ;

e quindi diremo che f 2 Riem.D/.

Anche in questa generalizzazione a insiemi limitati ma generici in Rn valgono le conclusionidel Teorema 1.2.11.

1.5.1 Teorema. Siano f; g funzioni limitate inD, conD insieme limitato in Rn.

1. (Linearità) Siano f; g 2 Riem.D/ e ˛; ˇ 2 R, allora f C ˇg 2 Riem.D/ e valeZD

. f C ˇg/ D ˛

ZD

f C ˇ

ZD

g :

2. (Isotonia) Siano g � f inD ed ivi integrabili. AlloraZD

g �

ZD

f ;

in particolare se f � 0 alloraI.f / � 0 :

3. (Additività) Sia D D D1 [ D2, con Di , i D 1; 2, anch’essi insiemi limitati. Se f èintegrabile suD1 eD2, allora f è integrabile suD eD1 \D2 e valeZ

D

f C

ZD1\D2

f D

ZD1

f C

ZD2

f :

4. (Invarianza per traslazione) SianoD insieme limitato in Rn e x 2 Rn vettore fissato. Sef è integrabile suD allora, �xf , traslata di f è integrabile suD C x e valeZ

D

f D

ZDCx

�xf :

1.5.2 Osservazione. Dalla prima proprietà ne consegue che Riem.D/ è uno spazio lineare su R. �

Un utile corollario è il seguente

1.5.3 Corollario. Siano D1;D2; : : : ;DN insiemi limitati di Rn e assumiamo che Di \ Djhanno misura nulla per i ¤ j . SiaD D

SNjD1Dj . Se F W D ! R è integrabile su ciascunDj ,

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34 Capitolo 1. Integrazione e volume

allora f è integrabile suD e vale ZD

f D

NXjD1

ZDj

f :

Dimostrazione. Il casoN D 2 segue dal teorema precedente (additività) poiché l’integrale di f suD1\D2è nullo per il Teorema 1.4.10. Il caso generale segue per induzione. �

1.5.4 Definizione. (Supporto per funzioni) Sia f W A ! R, con A � Rn, definiamo ilsupporto di f come la chiusura in Rn dell’insieme dei punti del dominio di f per i quali valef ¤ 0, ossia

suppf :D cl.fx 2 A W f .x/ ¤ 0g/ :

L’insieme delle funzioni continue definite in A e a supporto limitato (quindi compatto) in Rn

verrà denotato col simbolo Cc.A/, ovvero Cc.Rn/ se A � Rn.

1.5.5 Osservazione. Vista la natura delle funzioni continue a supporto compatto, esse sono sempreintegrabili in ogni insieme limitato che contenga (o meno) il supporto. Infatti, se l’insieme limitato noncontiene il supporto si ha la funzione identicamente nulla, che è sempre integrabile. Al contrario, se l’insiemelimitato contiene il supporto allora essendo la funzione continua è integrabile, perché è già la sua stessaestensione. È chiaro che l’insieme limitato, per arbitrariamente grande che esso sia, non gioca nessunruolo in questa definizione e quindi possiamo scrivere l’integrale per convenzione come se fosse l’integraleesteso a tutto Rn, ossia interpreteremo I.f / D

Rf D

RRn f se f 2 Cc.Rn/. Quindi per convenzione,

possiamo chiamare l’insieme delle funzioni a supporto compatto e integrabili col simbolo Riemc.Rn/, sicchéCc.Rn/ � Riemc.Rn/.

Vedremo nella sezione 3.1 l’integrazione sugli aperti non necessariamente limitati, inclusoRn, di funzioninon necessariamente a supporto compatto. �

Composizione di funzioni:Hanno un certo interesse, anche tecnico, alcuni risultati derivanti dalla composizione di funzioniintegrabili con funzioni sufficientemente regolari. Questo permette anche di estendere le proprietàdell’integrale di Riemann, al di là del Teorema 1.5.1. Concluderemo la sezione con un risultatodi approssimazione per funzioni integrabili. Per quanto visto in eq. (1.14), se non esplicitamenteindicato, gli integrali saranno intesi su sottoinsiemi limitati generici.

1.5.6 Teorema. Siano A un insieme limitato in Rn, f 2 Riem.A/ e h funzione lipschitziana inR. Allora la composizione h ı f è integrabile secondo Riemann in A.

Dimostrazione. La funzione h è lipschitziana in R quindi esiste L � 0 tale che jh.y/� h.z/j � Lky � zk.Quindi oscA.h ı f / � LoscA.f /. Questo implica che, usando l’eq. (1.4) per h ı f , si ottiene

I ?.h ı f;P / � I?.h ı f;P / � L�I ?.f;P / � I?.f;P /

�:

È ovvio ora che se f è integrabile, così è h ı f , per il Teorema 1.2.5. �

1.5.7 Osservazione. Ricordiamo che affinchè h sia localmente lipschitziana è sufficiente che la funzionesia C 1 su R con derivata limitata, ad esempio che sia C 1 su ogni sottoinsieme chiuso e limitato (compatto). �

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1.6 Rettificabilità 35

1.5.8 Teorema. Siano f; g 2 Riem.D/ doveD � Rn limitato. Allora il loro prodotto f � g èancora integrabile secondo Riemann inD. Inoltre è integrabile il valore assoluto di f e vale

(1.15)ˇZD

f

ˇ�

ZD

jf j :

Dalla relazione

(1.16) f˙ D1

2.jf j ˙ f / � 0 ;

allora fC e f� sono integrabili se e solo se lo è f e si ha

I.f / D I.fC/ � I.f�/ :

Dimostrazione. Poiché valef � g D

1

2

�.f C g/2 � .f � g/2

�;

dal Teorema 1.5.6 e dal Teorema 1.2.11 applicati alla funzione (localmente) lipschitziana z 7! z2 il risultatoè immediato.

Il valore assoluto è una funzione lipschitziana con costante L D 1, infatti

jkxk � kykj � kx � yk :

Per cui jf j è integrabile in D se lo è f . La disuguaglianza eq. (1.15) è chiaramente vera per la proprietàdell’isotonia.

L’ultima parte del teorema segue dalla linearità dell’integrale. �

1.5.9 Teorema. Sia f 2 Riem.D/ conD � Rn limitato e h una funzione continua ed iniettivala cui inversa è lipschitziana. Allora la composizione f ı h è integrabile secondo Riemann inD.

Questo Teorema verrà dimostrato più avanti.

1.6 RettificabilitàIl problema della definizione di integrabilità su insiemi generici nella precedente sezione è che isottoinsiemi seppur limitati di Rn hanno una variabilità enorme e possono esserci funzioni moltosemplici su di essi che però non sono integrabili. L’esempio tipico lo abbiamo già visto nella sezionedell’integrabilità sui rettangoli. Consideriamo, per esempio, in Rn la funzione � uguale ad 1 suipunti a coordinate tutte razionali con valori in Œ0; 1�. Poiché S D Qn \ Œ0; 1�n non è un rettangolo,allora estendiamo a zero la funzione � a tutto Œ0; 1�n n S . Cosí facendo riotteniamo la funzionedi Dirichlet su Œ0; 1�n che sappiamo essere non integrabile e quindi la funzione � pur nella suasemplicità non è integrabile secondo Riemann su S .

Da quanto descritto è importante cominciare a distinguere quei sottoinsiemi su cui almeno lecostanti sono integrabili. In effetti vogliamo definire il concetto di volume per tutti gli insiemi in cuiquesta nozione ha un senso, anche intuitivo.

1.6.1 Definizione. Sia A sottoinsieme limitato di Rn, diremo che A è rettificabile (o misurabilesecondo Peano-Jordan) se la sua funzione identicamente uguale a 1 su A è integrabile in A nel

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36 Capitolo 1. Integrazione e volume

senso della definizione in (1.14). In questo caso porremo,

voln.A/:D

ZA

1 :

Se A � Rn, qualsiasi, allora denoteremo con K.A/ la famiglia dei sottoinsiemi di A compattie rettificabili, in particolare, K.Rn/ è la famiglia di tutti gli insiemi compatti rettificabili in Rn,quindi, in particolare, K.A/ �K.Rn/.

1.6.2 Osservazioni. 1. È chiaro che per l’integrabilità della funzione 1 si intende che seR è rettangoloche include A allora la funzione costante 1 su A si estende alla funzione caratteristica di A, in simboli1A, ossia a quella funzione che è 1 per punti di A e vale 0 per punti in R n A, quindi una funzionecontinua a supporto compatto. Nella parte iniziale della sezione la funzione� si estende alla funzionedi Dirichlet che è la funzione caratteristica dei razionali. Poiché essa non è integrabile, allora nonesiste il volume dei razionali, come avevamo suggerito in 3 di 1.4.3.

2. Ricordando l’osservazione 1.5.5 possiamo scrivere, in caso di rettificabilità di A,

(1.17) voln.A/ DZ

Rn1A :

Notiamo che la funzione caratteristica di A non è continua, ed è quindi a priori necessario imporre larettificabilità dell’insieme affinché la relazione sia valida.

3. La definizione di volume coincide con quella elementare per i rettangoli nel caso in cui A fosse unrettangolo R. Infatti, sup 1 D inf 1 D 1 sempre, e poiché ogni rettangolo è una partizione di sé stessoallora

I ?.1; R/ D voln.R/ ; I?.1; R/ D voln.R/ :

Sicché essendo uguali hanno uguali integrali superiori ed inferiori e quindi l’integrale della funzione1 su R è proprio il volume del rettangolo.

4. In effetti, parafrasando quanto già visto per le funzioni, notiamo che se A è limitato in Rn allora gliintegrali superiore ed inferiore per la funzione caratteristica 1A esistono sempre, indipendentementedalla rettificabilità o meno dell’insieme A, intesi come estremi inferiore e superiore, rispettivamente,su tutte le partizioni di D � A, rettangolo in Rn (oppure, più in generale, insieme rettangolare).Chiameremo allora volume esterno l’integrale superiore di 1A, in simboli volestn .A/

:D I ?.1A/, e

volume interno l’integrale inferiore di 1A, in simboli volintn .A/:D I?.1A/. In modo più esplicito, data

un partizione P di D ci saranno rettangoli R della partizione che saranno propriamente contenutiin A e per i quali inf 1A.R/ D sup 1A.R/ D 1 mentre per tutti i rettangoli R di P che non sonopropriamente contenuti in A (inclusi quelli della partizione che sono possibilmente anche disgiunti daA), si ha che inf 1A.R/ D 0 mentre sup 1A.R/ D 1, quest’ultimo se R \A ¤ ; altrimenti è zero, percui

I?.1A;P / DXR2PR�A

voln.R/ ;

eI ?.1A;P / D

XR2PR\A¤;

voln.R/ :

Poiché nella seconda sommatoria ci sono anche elementi della prima sommatoria si trova

I?.1A;P / � I?.1A;P / ;

come ci si aspettava. Ora, prendendo l’estremo superiore del primo membro e l’estremo inferiore delsecondo membro, rispetto a tutte le possibili partizioni diD, otteniamo rispettivamente l’integraleinferiore e superiore della funzione caratteristica di A, ossia i volumi interno ed esterno di A. Dinuovo, questi concetti non dipendono dal particolare rettangoloD scelto per contenere A e otteniamo

volintn .A/ � volestn .A/

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1.6 Rettificabilità 37

e ovviamente che A è rettificabile se e solo se volintn .A/ D volestn .A/ D voln.A/. Ricordiamo ancorache indipendentemente dalla rettificabilità o meno di un insieme, le misure interna ed esterna, comeintegrali superiori ed inferiori, esistono sempre.

Diamo le principali proprietà degli insiemi rettificabili.

1.6.3 Teorema. 1. (Positività) Se A è rettificabile allora voln.A/ � 0.2. (Isotonia) Se A1 e A2 sono rettificabili e se A1 � A2, allora voln.A1/ � voln.A2/.3. (Additività) Se A1 e A2 sono rettificabili, anche A1 [ A2 e A1 \ A2 lo sono e vale

voln.A1 [ A2/ D voln.A1/C voln.A2/ � voln.A1 \ A2/ :

4. Se A è rettificabile lo sono anche int.A/, cl.A/ e vale voln.A/ D voln.int.A// Dvoln.cl.A//.

5. Se A è rettificabile e f W A! R è limitata e continua allora è integrabile su A.

Dimostrazione. Semplice applicazione delle regole fondamentali dell’integrazione come viste nel Teore-ma 1.2.11 opportunamente generalizzate a insiemi limitati qualsiasi. La conclusione del punto 4. (per quantoriguarda la chiusura dell’insieme A) fa uso del Teorema 1.6.4 che vedremo a breve. �

Come fatto per l’integrabilità, diamo ora una caratterizzazione della rettificabilità che va oltrel’usuale descrizione fatta nei testi di base.

1.6.4 Teorema. Un sottoinsieme A di Rn è rettificabile se e solo se A è limitato e fr.A/ hamisura nulla.

Dimostrazione. La funzione carattteristica di A è continua negli insiemi aperti int.A/ e Rn n cl.A/, dovevale rispettivamente 1 e 0. La continuità è persa in fr.A/. Per il Teorema di Lebesgue-Vitali 1.4.7, la funzionecaratteristica è integrabile se e solo se fr.A/ ha misura nulla. �

Questo teorema è certamente intuitivo ma nasconde una insidia. Non è detto che la frontieradi un insieme sia necessariamente “piccola,” ci sono situazioni in cui la frontiera di un insiemeè più grande dell’insieme stesso! Il controesempio è dato, come al solito, dai razionali in Œ0; 1�.Infatti, fr.Q \ Œ0; 1�/ D cl.Q \ Œ0; 1�/ n int.Q \ Œ0; 1�/, però i razionali sono densi, quindicl.Q \ Œ0; 1�/ D Œ0; 1� mentre, poiché i razionali formano un insieme numerabile di elementi,allora si ha int.Q \ Œ0; 1�/ D ;. Quindi i razionali hanno una frontiera che è tutto l’intervalloŒ0; 1�, quindi la frontiera contiene l’insieme, e poiché l’insieme Œ0; 1� è rettificabile, quindi non hamisura nulla, si ha che Q \ Œ0; 1� non è un insieme rettificabile, come già notato precedentemente.Possiamo anche fare un passo in più e dimostrare che non tutti i compatti sono rettificabili. Infatti,consideriamo ancora Q in R. Poiché è a misura nulla, allora esiste un aperto A che lo contiene e peril quale vol1.A/ < 1=2. Ora, R n A è un chiuso che ha interno vuoto, poiché non contiene nessunrazionale. L’insiemeK D .R nA/\ Œ0; 1� è un compatto con interno vuoto, per la stessa ragione diprima. Possiamo ora scrivere che Œ0; 1� D K [ .A \ Œ0; 1�/, e notare che tale unione è disgiunta.Ma, per costruzione vol1.A \ Œ0; 1�/ < 1=2 e quindi vol1.K/ > 1=2 poiché vol1.Œ0; 1�/ D 1. Neconcludiamo che poiché K D fr.K/, allora K è necessariamente compatto non rettificabile poichéla frontiera ha misura non nulla.

Tuttavia, casi semplici rafforzano l’intuizione, come vedremo nel prossimo capitolo.

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38 Capitolo 1. Integrazione e volume

1.6.5 Osservazione. L’additività della rettificabilità implica che se .Aj /jD1;:::;N è una famiglia finita diinsiemi compatti rettificabili tali che int.Ak/ \ int.Al / D ; per ogni coppia k ¤ l , allora

voln

0@ N[jD1

Aj

1A D NXjD1

voln.Aj / :

Questa proprietà implica che questioni di rettificabilità possono essere espresse ora anche a prescindere dellapresenza o meno di rettangoli compatti, è sufficiente sapere come calcolare i volumi degli insiemi e con essifare partizioni generalizzate. Tale generalizzazione è molto utile nel caso in cui gli insiemi compatti per iquali è necessario controllare la rettificabilità e calcolarne i volumi sono oggetti “curvi,” ad esempio cilindrio sfere. �

Vediamo alcuni esempi espliciti di rettificabilità nei quali applicare quanto suggerito nellaprecedente osservazione.

1.6.6 Esempi. Vediamo qualche esempio concreto e non banale di insieme rettificabile prendendoli dallageometria euclidea elementare.

1. (Parallelepipedi) Dimostriamo che un parallelepipedo obliquo limitato P a base rettangolare èrettificabile e che il suo volume coincide con quello noto dalla geometria elementare, ossia vol3.P / Dabh se a e b sono le lunghezze del rettangolo di base e h è l’altezza del parallelepipedo.La rettificabilità di un tale oggetto proviene dal Teorema 1.6.4, poiché limitato e la sua frontiera ècostituita dall’unione di due rettangoli (base inferiore e superiore) e quattro parallelogrammi (lati),vista l’obliquità, e quindi ha volume nullo, ossia misura nulla. Dimostriamo la formula del volume diP facendo le approssimazioni interne ed esterne ad esso.Scegliamo un riferimento cartesiamo .e1; e2; e3/ che abbia l’origine in uno dei verticiO del rettangolodi base e come direzioni ortogonali e1 e e2 lungo rispettivamente il lato di ampiezza a del rettangolodi base e il lato di ampiezza b dello stesso. L’asse e3 sarà ortogonale, per definizione, agli altri. Ilvertice V del rettangolo superiore corrispondente all’origine avrà coordinate V D .˛; ˇ; h/ con ˛e ˇ numeri reali di segno qualsiasi. Fissiamo ora un numero naturale N 2 N e decomponiamo lospigolo del parallelepipedo congiungente i due vertici O e V in N segmenti di uguale ampiezza. Perogni vertice di segmento tracciamo il piano �k parallelo al piano xy dove giace il rettangolo di base,con k D 0; : : : ; N . Ogni tale piano �k ha equazione z D zk D h

Nk e il rettangolo Rk che tale piano

traccia in P e determinato da

Rk D

�.x; y; z/ 2 R3 W

˛

Nk � x �

˛

Nk C a;

ˇ

Nk � y �

ˇ

Nk C b; z D

h

Nk

�:

Se proiettiamo ortogonalmente il rettangolo Rk sul piano precedente �k�1 otteniamo un rettangoloR0kuguale a Rk ma sul piano �k�1 abbiamo ora due rettangoli R0

ked il rettangolo Rk�1 che, per

costruzione, avranno le determinazioni seguenti

R0k D

�.x; y; z/ 2 R3 W x 2

h ˛Nk;˛

Nk C a

i; y 2

�ˇ

N;ˇ

Nk C b

�; z D

h

N.k � 1/

�Rk�1 D

˚.x; y; z/ 2 R3 W

x 2h ˛N.k � 1/;

˛

N.k � 1/C a

i; y 2

�ˇ

N.k � 1/;

ˇ

N.k � 1/C b

�; z D

h

N.k � 1/

�:

Con N sufficientemente grande, i due rettangoli hanno in comune un rettangolo Ik di dimensionia � j˛j

Ne b � jˇ j

Ne risultano entrambi contenuti in un rettangolo Ek di dimensioni aC j˛j

Ne b C jˇ j

N.

Il parallelepipedo P allora conterrà l’unione dei parallelepipedi retti, ossia rettangoli di R3, di base Ike altezza h

N, che comporranno una partizione I per la stima inferiore del volume interno di P , e sarà

invece contenuto nell’unione dei parallelepipedi retti di base Ek e altezza hN, che comporranno una

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1.6 Rettificabilità 39

partizione E per una stima superiore del volume esterno di P . Avremo pertanto,

volint3 .P / � I?.1P ;I/ DXIk2I

vol3.Ik/ DNXkD1

�a �j˛j

N

��b �jˇj

N

�h

N

D h

�a �j˛j

N

��b �jˇj

N

�D abhCO

�1

N

�; N !1 ;

volext3 .P / � I?.1P ;E/ D

XEk2E

vol3.Ek/ DNXkD1

�aCj˛j

N

��b Cjˇj

N

�h

N

D h

�aCj˛j

N

��b Cjˇj

N

�D abhCO

�1

N

�; N !1 ;

da cui è facile convincersi che poiché volint3 .P / � volext3 .P / ed il limite per N ! 1 di entrambi imembri della disuguaglianza tendono allo stesso valore abh, allora il volume cercato coincide propriocol volume noto dalla geometria euclidea classica.È anche chiaro che se prendiamo una delle diagonali del rettangolo di base e la corrispondentediagonale del rettangolo sulla base superiore, il piano passante per entrambe le diagonali taglia a metàil parallelepipedi, facendolo diventare un prisma a base triangolare. Se denotiamo tale prisma colsimbolo Pr avremo ovviamente che vol3.Pr/ D 1

2vol3.P /, ossia vol3.Pr/ D h vol2.T / dove T è il

triangolo di base del prisma.2. (Cilindri) Consideriamo in R3 un piano � , un sottoinsieme limitato A sul piano � ed una retta r non

parallela al piano � . Per ogni punto P di A, tracciamo la parallela alla retta r e fissiamo su di essa,dalla stessa parte del piano � dove giace P un punto P 0 per cui la lunghezza del segmento PP 0 è a.L’insieme di tutti i segmenti tracciati come in precedenza per ogni punto P in A forma il cosidettocilindro C di base A, lato a e direzione r .Notiamo che l’insieme dei punti P 0 traccia un insieme A0 su di un piano � 0 parallelo al piano � . Sela distanza tra i piani è h, questa verrà detta l’altezza del cilindro e se � è l’angolo che intercorre trala retta r ed il piano � avremo h D a sin � . Se l’insieme A è rettificabile in R2 allora dimostriamoche il cilindro C è rettificabile in R3. Per quanto visto nel Teorema 1.6.4, sarà sufficiente dimostrareche, essendo C limitato, fr.C / ha misura nulla. La frontiera di C è composta da A [ A0 che hannovolume nullo in R3, poiché sono insiemi giacenti su piani, quindi a maggior ragione a misura nulla inR3, e poi sarà data anche dal cilindro T di base fr.A/ lato a e direzione r . Dimostriamo che T hamisura nulla. Dalla rettificabilità di A consideriamo un rettangolo R che contiene propriamente A edeterminiamone una partizione P composta da rettangoli di diametro ı scelto a piacere. Scegliamoora quei rettangoli di P che hanno almeno un punto in comune con A e dividiamoli nei rettangoliR1; : : : ; RL che contengono solo punti di int.A/ mentre chiamiamo B1; : : : ; BN i rettangoli di P chehanno almeno un punto di fr.A/. Ora, è chiaro che T è contenuto nell’unione dei parallelepipedi dibasi B1; : : : ; BN e altezza h per cui, per quanto visto nell’esempio precedente avremo

0 � volext3 .T / � h �NXkD1

vol2.Bk/ :

Per la rettificabilità di A la sua frontiera ha misura nulla e quindi se ı ! 0 il membro di destratende a zero, quindi la frontiera ha volume nullo in R3 in particolare ha misura nulla, ossia la cercatarettificabilità di C .Calcoliamo ora il suo volume. Notiamo che C è contenuto nell’unione dei parallelepipedi di basiR1; : : : ; RL e B1; : : : ; BN e altezze hmentre contiene l’unione dei parallelepipedi di basiR1; : : : ; RLe altezze h, per cui si ha

h �

LXkD1

vol2.Rk/ � vol3.C / � h �LXkD1

vol2.Rk/C h �NXjD1

vol2.Bj / :

Se ı tende a zero, per la rettificabilità di A il termine con i rettangoli Rk tende a h � vol2.A/ e poichél’ultimo termine tende a zero otteniamo che il volume di C vale vol3.C / D h � vol2.A/.

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40 Capitolo 1. Integrazione e volume

3. (Piramidi) È sufficiente considerare il caso di un tetraedro, ossia una piramide a base triangolare. Sitratta evidentemente di un insieme rettificabile in R3, come viene dal Teorema 1.6.4, poiché la suafrontiera è composta dall’unione di quattro triangoli, tutti insiemi limitati e di volume tridimensionalenullo, quindi a misura nulla. Dimostriamo che il volume della piramide coincide con quello noto dallageometria euclidea classica, ossia, se indichiamo il tetraedro col simbolo T e di vertici A;B;C;De di base triangolare T fissata dai vertici A;B;C (pensata come giacente nel piano xy) e altezza h,allora

(1.18) vol3.T / D1

3h vol2.T / :

Dividiamo il lato AD in N parti uguali e chiamiamo i punti della suddivisione zk , k D 0; : : : ; N ,con z0 � D. Per ognuno di essi tracciamo un piano �k parallelo al piano in cui giace il triangolodi base T . Tali piani determinano, nell’intersezione con T , dei triangoli T0; : : : ; TN , con T0 � D eTN � T , simili al triangolo di base, per cui il triangolo Tk avrà lati che sono sottomultipli dei lati deltriangolo di base per un stesso fattore k

N. Si ottiene allora

vol2.Tk/ D�k

N

�2vol2.T / :

Ora si proietti ogni triangolo Tk parallelamente al lato AD sul piano inferiore �kC1, ottenendo in talmodo N � 1 prismi triangolari la cui unione è contenuta in T , mentre allo stesso tempo si proietticiascun Tk sul piano precedente �k�1 ottenendo ancoraN prismi triangolari la cui unione ora contieneT . Tali prismi hanno tutti la stessa altezza h

N, per cui, otteniamo stime superiori ed inferiori dei

volumi esterni ed interni a T e si ha

(1.19)N�1XkD1

vol2.Tk/h

N� volint3 .T / � volext3 .T / �

NXkD1

vol2.Tk/h

N:

Il calcolo è presto effettuato6 e si ottieneN�1XkD1

vol2.Tk/h

ND

h

N 3vol2.T /

N�1XkD1

k2 ;

NXkD1

vol2.Tk/h

ND

h

N 3vol2.T /

NXkD1

k2 ;

Dh

N 3

N.N � 1/.2N � 1/

6; D

h

N 3

N.N C 1/.2N C 1/

6;

ed è ora chiaro che entrambi i membri della eq.(1.19) tendono allo stesso valore 13h vol2.T /, per cui

la formula in eq. (1.18) è verificata.4. (Semisfere) Possiamo ripetere l’idea di approssimare i volumi di insiemi limitati in R3 nel caso della

semisfera S di equazioni

S D f.x; y; z/ 2 R3 W x2 C y2 C z2 � R2 ; z � 0g :

La prima cosa da fare è dimostrare la rettificabilità di S , anche questa volta cosa a noi nota per altra via,ma è salutare dimostrarla nel nostro contesto. Utilizziamo ancora una volta il Teorema caratterizzantela rettificabilità, ossia Teorema 1.6.4, dimostrando che la frontiera fr.S/ di S è a misura nulla. Notiamoche la frontiera di S è data dalla superficie di S e dal cerchio di base C D f.x; y/ 2 R2 W x2C y2 �R2g. È chiaro che il cerchio di base non contribuisce poiché posso inscatolarlo in rettangoli circoscrittidi altezza decrescente e nel limite la somma dei volumi è nulla, quindi è a misura nulla. Vediamoperó la superficie sferica. Per essa consideriamo l’asse delle z positive e suddividiamo l’intervallodi lunghezza R in N intervalli di lunghezza uguali di equazioni zk D R

Nk con k D 0; : : : ; N . È

chiaro che gli estremi di tali intervalli definiscono i piani �k di equazioni f.x; y; z/ 2 R3 W z D zkg.Tali piani intersecheranno la superficie della sfera e determineranno, ognuno, un quadrato inscrittoRk di lato 2R

q1 � k2

N2. Proiettando il quadrato Rk sul piano precedente �k�1, si determina un

parallelepipedo inscritto nella sfera P intk

di volume

vol3.P intk / D

4R3

N

�1 �

k2

N 2

�;

6Ricordiamo chePNkD1 k

2 DN.N�1/.2NC1/

6 .

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1.6 Rettificabilità 41

mentre, se proiettiamo il quadrato inscritto Rk�1 sul piano seguente �k otteniamo un parallelepipedocircoscritto la sfera P ext

kdi volume

vol3.P extk / D

4R3

N

�1 �

.k � 1/2

N 2

�:

La differenza insiemistica tra i due parallelepipedi P extkn P int

kè unione di 4 rettangoli chiusi che

contengono al loro interno un pezzo della superficie sferica e chiaramente

N[kD0

�P extk n P

intk

�� fr.S/ :

Per N tendente all’infinito, avremo una successione numerabile di rettangoli chiusi che contengono lafrontiera di S e dobbiamo dimostrare che il volume totale tende a zero. Infatti, il volume di ciascuntermine dell’unione vale

vol3.P extk / � vol3.P int

k / D4R3

N 3.2k C 1/ ;

per cui la somma di tutti tali volumi risulta essere

NXkD0

4R3

N 3.2k C 1/ D 4R3

.N C 1/2

N 3;

ed ora è ovvio che il limite per N !1 è zero. Quindi S è rettificabile.Il volume di S è calcolabile seguendo la linea ora espressa utilizzando però i cilindri, invece deiparallelepipedi. In questo modo operiamo ancora una generalizzazione dei concetti espressi nel corpoprincipale del testo per quanto riguarda la rettificabilità e gli insiemi che definiscono tale proprietà.Per la dimostrata rettificabilità è sufficiente dimostrare la convergenza del volume interno, con la sceltadei cilindri interni Ck di volume vol3.Ck/ D �R3

N

�1 � k2

N2

�per cui

volint3 .S/ DN�1XkD1

�R3

N

�1 �

k2

N 2

�D�R3

N

�N � 1 �

N.N � 1/.2N � 1/

6N 2

�;

da cui si deduce che vale vol3.S/ D limN!1 volint3 .S/ D2�3R3, come già sappiamo.

Un primo risultato importante è la generalizzazione al caso degli insiemi rettificabili dell’inva-rianza per traslazione dei volumi.

1.6.7 Teorema. SiaK rettificabile in Rn. Allora, per ogni x 2 Rn, si ha cheKCx è rettificabilee vale

(1.20) voln.K C x/ D voln.K/ :

Dimostrazione. Il teorema segue banalmente dal Teorema 1.5.1 per l’invarianza per traslazionedegli integrali fatti su insiemi rettangolari. Infatti, per definizione, se consideriamo R rettangolocompatto che contiene K si ha

voln.K/ DZR

1K ;

dove 1K è la funzione caratteristica di K rispetto all’estensione fatta rispetto a R. Poiché K èrettificabile allora 1K è integrabile e quindi �x1K è integrabile suKCx e quindi per il Teorema 1.5.1si ottiene la tesi. �

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42 Capitolo 1. Integrazione e volume

Approssimazione:In questa parte vogliamo approssimare funzioni integrabili (e non) e loro integrali (inferiore esuperiore) tramite funzioni con un alto grado di regolarità. Per costruire delle approssimazioniregolari si ha bisogno di tecniche molto sofisticate, generalmente non insegnate nei corsi di base.Purtuttavia, non sono particolarmente difficili e introduciamo ora una di esse detta della partizionedell’unità. In breve, si tratta di trovare un certo numero di funzioni regolari la cui somma sia, puntoper punto, uguale a 1, ossia dividiamo 1 nella somma dei diversi contributi associati alle funzioni,da cui il nome partizione dell’unità. Questa tecnica sarà utile anche in altri ambiti, ad esempio nellateoria dell’integrazione su varietà, si veda nella Def. 6.3.1.

1.6.8 Definizione. [Partizione dell’unità] Sia A � Rn e consideriamo un suo ricoprimentoaperto C D fOj W j 2 J g. Una partizione dell’unità di classe C k , k 2 N0, subordinata a C ,è una collezione finita di funzioni �s W Rn ! R, s D 1; : : : ; L, tali che

1. �s è di classe C k ,2. 0 � �s.x/ � 1, ogni x 2 Rn,3. per ogni s esiste un O 2 C , tale che supp.�s/ � O ,4.PLsD1 �s.x/ D 1, per ogni x 2 A.

1.6.9 Osservazione. Il nome deriva dalla proprietà esibita nel punto 4. �

Per dimostrare il risultato principale, ossia l’esistenza di una partizione dell’unità, descriviamodapprima una classe di funzioni ausiliarie: siano �1 < a00 < a0 < b0 < b00 < C1 e definiamo lafunzione continua f D fa00 b00 a0 b0 W R! R

f .x/ D

8ˆ<ˆ:

0 ; x � a00 ;

x � a00

a0 � a00; a00 � x � a0 ;

1 ; a0 � x � b0 ;

x � b00

b0 � b00; b0 � x � b00 ;

0 ; b00 � x :

È chiaro che f è continua su R. Siano R0 DQnjD1Œa

0j ; b0j � ; R

00 DQnjD1Œa

00j ; b00j � rettangoli in

Rn, tali che

(1.21) R0 � R00 ; a00j < a0j < b

0j < b

00j ; j D 1; : : : ; n :

Definiamo f W Rn ! R come

(1.22) f .x/ D fR0R00.x1; : : : ; xn/ D

nYjD1

fa00jb00ja0jb0j.xj /

per cui f è continua, in quanto prodotto di funzioni continue, e valgono le proprietà1. 0 � f .x/ � 1 ; se x 2 Rn ;2. supp.f / D R00;3. f .x/ D 1 ; se x 2 R0.

1.6.10 Teorema. **[Esistenza partizione dell’unità] Per ogni insieme compatto K � Rn edogni suo ricoprimento aperto C esiste una partizione dell’unità continua subordinata a C .**

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1.6 Rettificabilità 43

Dimostrazione. Per ogni x 2 K esiste almeno un elemento O del ricoprimento C che lo contiene. De-notiamolo col simbolo Ox . Poiché Ox è aperto in Rn, esistono rettangoli R0x ; R00x per i quali valgono lerelazioni eq. (1.21) e tali che

x 2 int.R0x/ � R00x � Ox :

La collezione fint.R0x/ W x 2 Kg forma un ricoprimento aperto dell’insieme compattoK. Per il Teorema diHeine-Borel, esiste un numero finito di punti x1; : : : ;xL in K tali che

K �

L[jD1

int.R0xj / :

Definiamo, usando la costruzione delle funzioni ausiliarie in eq. (1.22),

�j D fR0xj R00xj; j D 1; : : : ; L ;

allora le funzioni �j W Rn ! R sono continue e valgono le proprietà1. 0 � �j .x/ � 1 ; se x 2 Rn ,2. supp.�j / � R00xj � Oxj ,3. �j .x/ D 1 ; se x 2 R0xj .

Definiamo ora

(1.23) �1 D �1 ; �jC1 D .1 � �1/.1 � �2/ � � � .1 � �j /�jC1 ; j D 1; 2; : : : ; L � 1 :

Ne consegue che le funzioni �1 ; : : : ; �L soddisfano le prime tre proprietà della definizione di partizionedell’unità, Def. 1.6.8, subordinata al ricoprimento C . La relazione

(1.24)kX

jD1

�j D 1 �

kYjD1

.1 � �j / ;

è vera per k D 1. Supponiamo sia vera per k < L allora, sommando le relazioni in eq. (1.23) e (1.24), ridàl’eq.(1.24) per k C 1, quindi è vera anche per k D L. Ora, se x 2 K allora esiste un j per cui �j .x/ D 1,per cui

PLjD1 �j .x/ D 1. �

Per alcune applicazioni avremo necessità di più regolarità, quindi

1.6.11 Teorema. ** Per ogni insieme compatto K in Rn ed ogni suo ricoprimento aperto C ,esiste una partizione dell’unità di classe C1 subordinata a C .**

Dimostrazione. (Idea) La dimostrazione è la stessa della precedente, sempreché si cambi la funzione f inuna funzione C1. A questo proposito, aggiungiamo alcune osservazioni:.a/ La funzione h W R! R definita come

h.x/ D

(0 ; x � 0 ;

e�1=x ; x > 0 ;

è una funzione C1 su tutto R anche in x D 0, dove le derivate sono tutte nulle. Infatti, esi-stono polinomi pk tali che h.k/.x/ D pk.

1x/h.x/ per x > 0. Otteniamo, limx!0C h.k/.x/ D

limy!1 pk.y/h.1=y/ D 0, ossia h.k/.0/ D 0..b/ Sia a < b allora definendo hab W R! R come

hab.x/ D h.b � x/h.x � a/ ;

otteniamo una funzione C1 con supphab D Œa; b�.

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44 Capitolo 1. Integrazione e volume

.c/ La funzione fab W R! R definita dalla posizione

fab.x/ D

R xahab.y/ dyR b

ahab.y/ dy

;

è una funzione C1 per la quale,

fab.x/ D 0 ; x � a I 0 < fab.x/ < 1 ; a < x < b I fab.x/ D 1 ; x � b :

.d/ Siano a00 < a0 < b0 < b00 e definiamo f D fa00 b00 a0 b0 come f .x/ D fa00 a0.x/f�b00�b0.�x/. Alloraf è una funzione C1 e si ha

f .x/ D 0 ; x � a00 I 0 < f .x/ < 1 ; a00 � x � a0 I

f .x/ D 1 ; a0 � x � b0 I 0 < f .x/ < 1 ; b0 � x � b00 I(1.25)f .x/ D 0 ; x � b00 :

Abbiamo bisogno di una generalizzazione della nozione di ı-estensione di un rettangolo:

1.6.12 Definizione. Sia A sottoinsieme di Rn, la sua ı-estensione, con ı > 0, simbolicamenteAı , è definita da

Aı D fy 2 Rn W dist.y; A/ � ıg :

1.6.13 Lemma. Sia K un compatto di Rn. Allora ogni sua ı-estensione, Kı , è un compatto.Se O è aperto in Rn che contiene K allora esiste ı > 0 tale che Kı � O .

Dimostrazione. Che Kı sia compatto viene dal fatto che se K è compatto allora la funzione distanzadistK W Rn ! R, definita da distK.x/

:D dist.x; K/, è continua, quindi è una mappa propria7, poiché

l’immagine è un chiuso (Œ0;C1/) e la controimmagine di ogni numero positivo è un insieme limitato di Rn.Dalla relazione Kı � dist�1K fŒ0; ı�g si ha la tesi.

Sia O � K un insieme aperto. Allora, per ogni x 2 K esiste ı.x/ > 0 tale che B.x; 2ı.x// � O .Per cui K �

Sx2K B.x; ı.x//, è un ricoprimento aperto di K. Poiché K è compatto, dal ricoprimento

aperto possiamo estrarre un sottoricoprimento finito, ossia esistono x1; : : : ;xN tutti in K tali che K �SNkD1 B.xk ; ı.xk//.Sia ı D minfı.xk/ W k D 1; : : : ; N g. Allora, per ogni y 2 Kı esiste x 2 K tale che ky � xk � ı e

quindi, per qualche k D 1; : : : ; N , si ha x 2 B.xk ; ı.xk//. Ne consegue

ky � xkk � ky � xk C kx � xkk � ı C ı.xk/ < ı.xk/C ı.xk/ D 2ı.xk/ ;

per cui y 2 B.xk ; 2ı.xk// � O , e si ottiene Kı � O . �

Usando l’esistenza di una partizione dell’unità, si può dimostrare il seguente potentissimo teoremadi approssimazione:

7Ricordiamo che una mappa continua è propria se la controimmagine di ogni compatto è un compatto. Che lacondizione sia necessaria è ovvia dal controesempio per cui R 3 � 7! .cos �; sin �/ è continua, ha come immagine unchiuso (il cerchio di raggio 1 centrato in .0; 0/) ma la controimmagine del cerchio è tutto R. Si ha allora la seguentecaratterizzazione:

Teorema. Sia f W Rn ! Rm continua. La mappa f è propria se e solo se la sua immagine è un chiuso in Rm el’immagine inversa di ogni y 2 Rm è un insieme limitato in Rn (quindi compatto).

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1.7 Funzioni a valori vettoriali 45

1.6.14 Teorema. **[Approssimazione con funzioni continue] SianoD un insieme limitato inRn e f W D ! R limitata. Allora per ogni � > 0 esistono funzioni g e h in Cc.Rn/, tali che

1. gD � f � hD ;2.R.h � g/ < � ;

3. I?.f / � I.g/ < � e I.h/ � I?.f / < �.Inoltre, se f è integrabile secondo Riemann in D e se O è un aperto di Rn che contienepropriamenteD, allora è possibile scegliere i supporti delle funzioni g; h in modo tale da averesuppg � O , supph � O .**

Dimostrazione. Sia R0 un rettangolo che contieneD. Per ogni � > 0 possiamo trovare un altro rettangoloR00 tale che R00 � R0 e, applicando le definizioni in eq. (1.22), costruire h 2 Cc.Rn/, tale che

1R0 � h ;

Zh � voln.R0/ <

2:

Cambiando il ruolo di R0 e R00, si costruisce g 2 Cc.Rn/, tale che

g � 1R0 � h ; voln.R0/ �Zg <

2;

da cui ne consegue, sommando le disuguaglianze precedenti, che valeZ.h � g/ < � :

Dall’eq. 1.16 si ha f D fC � f�, quindi possiamo concentrarci sul caso in cui f � 0. Inoltre, possiamoconsiderare semplicemente il caso della funzione g � f , l’altro seguirà come prima.

da finire�

1.7 Funzioni a valori vettoriali

Il caso delle funzioni a valori vettoriali, altrimenti dette campi, è interessante perché ci permette diconsiderare anche il caso in cui la funzione prende valori complessi. Vediamo prima il caso reale.

1.7.1 Definizione. Siano A � Rn rettificabile e f W A! Rm. Diremo che f è integrabile inA quando per ogni versore v 2 Rm risulta integrabile in A la componente hf ; vi.

Poiché il funzionale v 7!RAhf ; vi è lineare, data la linearità dell’integrazione e del prodotto

scalare, allora dal Teorema di Riesz possiamo dedurre il seguente risultato:

1.7.2 Lemma. Sia A sottoinsieme rettificabile di Rn ed f funzione integrabile in A a valori inRm. Allora esiste un unico vettore I 2 Rm tale che

hI ; vi D

ZA

hf ; vi ; per ogni v 2 Rm :

Questo risultato induce la seguente definizione

1.7.3 Definizione. Siano A � Rn rettificabile e f W A! Rm integrabile in A. Chiameremointegrale di f in A il vettore I 2 Rm del Lemma 1.7.2. Se questo è il caso, talvolta si scriveràI:DRA f .

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46 Capitolo 1. Integrazione e volume

Abbiamo quindi che le componenti dell’integrale di f sono dati dagli integrali delle componenti lafunzione, infatti, prendendo come versori quelli della base canonica fej g1�j�m di Rm si ha

Ij:D hI; ej i D

ZA

hf ; ej i D

ZA

fj :

Non è difficile dimostrare che la recedente definzione non dipende dalla scelta della base canonica,infatti qualsiasi altra scelta coinvolgerebbe la trasformazione ortogonale che fa passare una base inun’altra e per il Teorema 2.2.6, che vedremo a breve, le scelte sono equivalenti.

Considerando le componenti si deduce facilmente che questa tipologia di integrazione ammetteproprietà analoghe a quelle già viste in precedenza, come la linearità, l’additività etc. Non siestendono invece quei risultati per cui la nozione di ordine dei reali gioca un ruolo importante, comeil teorema del confronto. Un risultato però utile è il seguente:

1.7.4 Teorema. Siano A rettificabile in Rn e f integrabile in A a valori in Rm. Allora anchekf k è integrabile e vale Z

A

f

� ZA

kf k :

Dimostrazione. La composizione di funzioni integrabili è integrabile, quindi kf k è integrabile.Vediamo la disuguaglianza. Poichè I D

RA f è ben definito, allora se I D 0 la tesi è banale, quindi

supponiamo I ¤ 0, si ha

kIk2 D hI ; Ii D

mXjD1

Ij Ij D

mXjD1

Ij

ZA

fj .x/ dx

D

ZA

mXjD1

Ijfj .x/ dx D

ZA

hI ;f .x/i dx �

ZA

kIkkf .x/k dx D kIk

ZA

kf k ;

per cui divedendo per kIk si ha la tesi. �

Possiamo ora passare al caso complesso, e ci limitiamo al caso di funzioni in C a valori inC. Poiché a livello topologico C e R2 sono omeomorfi (scriviamo z D .x; y/ D x C iy), allorapossiamo interpretare le funzioni f W C! C come funzioni di variabili reali .x; y/ 2 R2 per cuif .z/ D f .x; y/ D .u.x; y/; v.x; y// D u.x; y/C iv.x; y/, dove u; v sono funzioni definite in R2

a valori in R e dette, rispettivamente, parte reale e parte immaginaria della funzione f . In tal caso,l’integrazione vettoriale vista sopra si esprime come la condizione di integrabilità delle componentiu; v, ossia se A è sottoinsieme rettificabile di C (topologicamente sempre interpretato come R2),allora f W A ! C è integrabile in A se e solo se sono integrabili in A le funzioni componentiu; v W A! R nel senso che già conosciamo e valeZ

A

f .z/ dz:D

ZA

u.x; y/ dxdy C i

ZA

v.x; y/ dxdy :

1.8 *Appendice: Somme di Cauchy-Riemann*R R M

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2. Metodi di integrazione

2.1 Insiemi normali e loro integraliUna classe di esempi importanti di rettificabilità è data dagli insiemi detti semplici o norma-li.

2.1.1 Definizione. Siano D 2 K.Rn�1/, ˛; ˇ W D ! R funzioni continue tali che ˛.x/ �ˇ.x/ per x 2 D. Il sottoinsieme N di Rn definito dalla relazione

N:D f.x; t / 2 Rn�1 � R W x 2 D ;˛.x/ � t � ˇ.x/g ;

è detto insieme normale rispetto al sottospazio Rn�1.La scelta dell’ultima variabile non è vincolante. Infatti se k C l D n � 1 e se x e y denotano

punti generici in Rk e Rl rispettivamente, allora l’insieme

T D f.x; t;y/ 2 Rk � R � Rl W .x;y/ 2 D ; ˛.x;y/ � t � ˇ.x;y/g ;

è ancora un insieme normale in Rn rispetto al sottospazio Rk � f0g � Rl .La proprietà fondamentale è la seguente:

2.1.2 Teorema. **Se N è un insieme normale in Rn allora è compatto e rettificabile, ossiaappartiene a K.Rn/.**

La dimostrazione del Teorema 2.1.2 è posticipata. Peró enunciamo il seguente risultato che saràun importante ausilio tecnico.

2.1.3 Corollario. SianoN1; : : : ; Nk insiemi normali inRn (rispetto anche a sottospazi differenti)a coppie con interni disgiunti. Allora la loro unione K D [kjD1Nj è un compatto rettificabile.

L’applicazione di questo corollario viene fatta spesso al contrario, ossia, se abbiamo un insiemecompatto e vogliamo capire se è rettificabile, se è possibile suddividerlo in una unione finita diinsiemi normali disgiunti a coppie allora è certamente rettificabile.

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48 Capitolo 2. Metodi di integrazione

L’interesse principale negli insiemi normali è che per essi funziona un teorema di tipo Fubini.Vediamo prima il caso in cui riduciamo l’integrazione al sottospazio di codimensione 1, poi, allafine della sezione, vedremo la generalizzazione per iterazione a sottospazi di dimensione 1.

2.1.4 Teorema. Sia S D f.x; t / 2 Rn�1 � R W x 2 D ; ˛.x/ � t � ˇ.x/g un insiemenormale in Rn rispetto al sottospazio Rn�1. Sia f W S ! R una funzione continua. Allora f èintegrabile su S e Z

S

f D

ZD

"Z ˇ.x/

˛.x/

f .x; t / dt

#dx :

2.1.5 Osservazioni. 1. Poiché un insieme normale S D f.x; t / 2 Rn�1 � R W x 2 D ; ˛.x/ � t �

ˇ.x/g è rettificabile, allora la funzione caratteristica ci fornisce il volume n-dimensionale e vale

voln.S/ DZD

"Z ˇ.x/

˛.x/

dt

#dx D

ZD

.ˇ.x/ � ˛.x// dx :

2. A volte il dominio risulta essere normale rispetto a più sottospazi. Prendiamo due esempi semplici inR2: .a/ caso dei rettangoli (ovviamente è normale rispetto a tutte e due gli assi x e y), oppure, .b/ iltriangolo T D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œa; b� ; y 2 Œa; b� ; y � xg. Vediamo in dettaglio quest’ultimocaso. Se determiniamo T come insieme normale per l’asse x allora, T D f.x; y/ 2 R2 W x 2Œa; b�; a � y � xg, ossia ˛.x/ � a e ˇ.x/ D x, mentre, se lo vediamo normale rispetto all’asse yavremo T D f.x; y/ 2 R2 W y 2 Œa; b� ; y � x � bg ossia, in questo caso, ˛.y/ D y e ˇ.y/ � b.Questo ci porta, considerando f W T ! R continua, alla seguente formulaZ

T

f .x; y/ dxdy D

Z b

a

�Z x

a

f .x; y/ dy

�dx D

Z b

a

"Z b

y

f .x; y/ dx

#dy ;

detta formula di inversione di Dirichlet.�

Vediamo alcuni esempi di integrazione.

2.1.6 Esempi. 1. SiaC il semicerchio di centro .0; 1/ e raggio 1, contenuto nel primo quadrantedi R2. Calcoliamo Z

C

xy dxdy :

Possiamo vedere C come normale rispetto all’asse delle y e scrivere C D f.x; y/ 2 R2 Wy 2 Œ0; 2� ; 0 � x �

p2y � y2g. Quindi, per Fubini,ZC

xy dxdy D

Z 2

0

"Z p2y�y20

xy dx

#dy

D

Z 2

0

y

�x2

2

�xDp2y�y2xD0

dy

D1

2

Z 2

0

y.2y � y2/ dy

D1

2

�2

3y3 �

y4

4

�yD2yD0

D2

3:

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2.1 Insiemi normali e loro integrali 49

Allo stesso modo possiamo pensare C come normale rispetto all’asse x e quindi scrivereC D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œ0; 1� ; 1 �

p1 � x2 � y � 1C

p1 � x2g e quindiZ

C

xy dxdy D

Z 1

0

"Z 1Cp1�x2

1�p1�x2

xy dy

#dx

D

Z 1

0

x

�y2

2

�1Cp1�x21�p1�x2

dx

D 2

Z 1

0

xp

1 � x2 dx

D �2

3

h.1 � x2/3=2

ixD1xD0

D2

3:

2. Calcoliamo l’integrale triplo ZE

xz dxdydz ;

dove E D f.x; y; z/ 2 R3 W x � 0 ; z � 0 ; 0 � y � 2�x2� z2g. L’insieme E è normalerispetto al piano .x; y/, infatti possiamo scrivere

E D f.x; y; z/ 2 R3 W .x; y/ 2 D ; 0 � z �

q2 � y � x2g ;

doveD D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œ0;p2� ; 0 � y � 2 � x2g è normale rispetto all’asse delle

x. Quindi, usando la doppia normalità, si ottieneZE

xz dxdydz D

ZD

"Z p2�y�x20

xz dz

#dxdy

D

Z p20

"Z 2�x2

0

"Z p2�y�x20

xz dz

#dy

#dx :

Le integrazione sono elementari, e si ottiene,Z p20

"Z 2�x2

0

"Z p2�y�x20

xz dz

#dy

#dx D

1

2

Z p20

dx

Z 2�x2

0

x.2 � x2 � y/ dy

D1

2

Z p20

x

�.2 � x2/y �

y2

2

�yD2�x2yD0

dx

D1

4

Z p20

x.2 � x2/2 dx

D1

3:

3. Siano dati A D f.x; y; z/ 2 R3 W x2 C y2 � 1g e B D f.x; y; z/ 2 R3 W x2 C z2 � 1g,due cilindri in R3. Vogliamo calcolare il volume dell’intersezione A \ B .Vediamo come scrivereA\B come insieme normale. Prendiamo la prima relazione x2Cy2 �1 di A e notiamo che la variabile y può variare nell’intervallo Œ�1; 1�. In questo intervallo,allora, la variabile x varierà nell’insieme

h�p1 � y2;

p1 � y2

i. Da questo, considerando

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50 Capitolo 2. Metodi di integrazione

ora il cilindro B , si vede che la variabile z può variare inh�p1 � x2;

p1 � x2

i, così da

avere

A \ B D f.x; y; z/ 2 R3 W

y 2 Œ�1; 1�; x 2

��

q1 � y2;

q1 � y2

�; z 2

h�

p

1 � x2;p

1 � x2ig

come insieme normale rispetto all’asse y. Il volume è

vol3.A \ B/ DZA\B

1 D

Z 1

�1

"Z p1�y2�p1�y2

"Z p1�x2�p1�x2

dz

#dx

#dy :

Per ragioni di simmetria, ovvi dall’aspetto analitico del dominio (si hanno 8 differentipossibilità di scelta di segno, tutte geometricamente equivalenti), si ha

vol3.A \ B/ D 8Z 1

0

"Z p1�y20

"Z p1�x20

dz

#dx

#dy

D 8

Z 1

0

"Z p1�y20

p

1 � x2 dx

#dy

D 8

Z 1

0

�x

2

p

1 � x2 Carcsin x2

�xDp1�y2xD0

dy

D 4

Z 1

0

y

q1 � y2 dy C 4

Z 1

0

arccosy dy :

Ora, i singoli integrali valgonoZ 1

0

y

q1 � y2 dy D

"�.1 � y2/3=2

3

#yD1yD0

D1

3;

mentreZ 1

0

arccosy dy D Œy arccosy�yD1yD0 C

Z 1

0

yp1 � y2

dy D arccos 1 ��q

1 � y2�yD1yD0

D 1 :

In conclusione, vol3.A \ B/ D 163.

In effetti avremmo potuto fare una scelta più furba. Scegliendo l’insieme come norma-le rispetto all’asse delle x, si ha x 2 Œ�1; 1�, quindi y 2

h�p1 � x2;

p1 � x2

ie z 2h

�p1 � x2;

p1 � x2

i. In tal caso

vol3.A \ B/ D 8Z 1

0

"Z p1�x20

"Z p1�x20

dy

#dz

#dx

D 8

Z 1

0

.1 � x2/ dx D 8hx �

x

3

ixD1xD0D16

3:

Vediamo alcune applicazioni interessanti.

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2.1 Insiemi normali e loro integrali 51

2.1.7 Teorema. Siano A 2 R.Rn/ ed f W A! R continua. Allora il grafico di f

graf.f / :D f.x; t / 2 Rn � R W x 2 A ; t D f .x/g ;

ha misura nulla in RnC1.Le stessa conclusione vale se f è semplicemente integrabile in A, inoltre, l’unione di una

quantità numerabile di grafici di funzioni integrabili in A è ancora a misura nulla.

Dimostrazione. Scegliamo un rettangolo R in Rn che contenga A. Allora, dato � > 0 definiamo � D�

2voln.R/. La funzione f è continua e quindi uniformemente continua nel compatto A per Heine-Cantor.

Quindi, in corrispondenza di � si trova un ı > 0 tale che jf .x/ � f .y/j < � per ogni coppia x;y 2 Aper cui kx � yk < ı. Ora, usando il Lemma 1.1.8, trovo una partizione di R in rettangoli fR1; : : : ; RN gdi diametro minore di ı, tali che per ogni j D 1; : : : ; N e x;y 2 Rj \ A, si ha jf .x/ � f .y/j < �. Perogni j scegliamo un punto xj in Rj \A e definiamo l’intervallo Ij D Œf .xj /� �=2; f .xj /C �=2�. Allora,il rettangolo nC 1-dimensionale Rj � Ij contiene ogni punto della forma .x; f .x// per cui x 2 Rj \ A,dunque [NjD1Rj � Ij � graf.f / ed il volume totale di questo ricoprimento è

NXjD1

volnC1.Rj � Ij / DNXjD1

voln.Rj /� D �voln.R/ D�

2< � :

Quindi la tesi.Se f è integrabile allora è limitata in A, ossia esiste M � 0 tale che jf .x/j � M per ogni x 2 A.

Poiché A è compatto, possiamo prendere un rettangolo R che lo contiene. Allora, estendendo f a zero inR n A otteniamo che tale estensione, per il Teorema 1.4.7, coincide con una funzione h continua e definitain R a meno dell’insieme di misura nulla disc.f / contenuto propriamente in A. Allora, vale la seguenteinclusione

graf.f / � graf.h/[.disc.f / � IM / ;

dove IM D Œ�M;M�. Per la prima parte del teorema il grafico di h ha misura nulla ed è semplice mostrareche lo stesso si può dire dell’altro insieme a secondo membro. Infatti, poiché disc.f / è a misura nulla, perogni � > 0, definendo � D �

2M, allora esiste un ricoprimento numerabile Rj ; j 2 N, fatto da rettangoli

(aperto o chiusi, non fa differenza), tale che il volume totale del ricoprimento è minore di �. Ora

disc.f / � IM �[j2N

Rj � IM ;

e l’espressione nel membro di destra è quindi un ricoprimento del membro di sinistra. Allora, calcolando ilvolume in RnC1 del nuovo ricoprimento si ha

volnC1

0@[j2N

Rj � IM

1A DXj2N

voln.Rj /vol1.IM / D 2MXj2N

voln.Rj / < 2M� D � ;

da cui il nuovo ricoprimento ha anch’esso volume minore di �. La dimostrazione di questa parte è conclusaappellandosi alla parte 1. del Teorema 1.4.4. L’utima affermazione è invece vera per la parte 2. del teoremaappena richiamato. �

Riprendiamo ora la dimostrazione del Teorema 2.1.2.

Dimostrazione Teorema 2.1.2. Sia N D f.x; t / 2 Rn�1 � R W x 2 D ;˛.x/ � t � ˇ.x/g. Dobbiamodimostrare che N è compatto e che fr.N / ha misura nulla.

Siano graf.˛/ e graf.ˇ/ i grafici delle funzioni ˛ e ˇ definenti l’insieme normaleN . Vogliamo dimostrareche fr.N / appartiene all’unione di graf.˛/, graf.ˇ/ e C D f.x; t / 2 Rn W x 2 fr.D/ ; ˛.x/ � t � ˇ.x/g.Poiché ciascuno degli insiemi è in N , ne consegue che fr.N / � N , e quindi N è chiuso. Essendo limitatoallora è compatto.

Da finire. �

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52 Capitolo 2. Metodi di integrazione

Proponiamo ora la formula di Archimede-Liu-Zu, altrimenti nota come formula di Cavalieri(Fubini), però ottenuta circa 1300 anni prima dai cinesi Liu Hui e Zu Gengzhi (calcolo del volumedella sfera) e da Archimede (volumi di tutti i solidi regolari e molto altro) intorno al 250 A.C.,che permette il calcolo dei volumi di insiemi rettificabili in RnC1 come integrali delle sezioni adimensione n. A tal proposito, sia A � RnC1. Fissiamo t 2 R e l’indice j 2 f1; 2; : : : ; n; nC 1g.L’insieme

At;j:D f.x1; x2; : : : ; xn/ 2 Rn W .x1; x2; : : : ; xj�1; t; xj ; : : : ; xn/ 2 Ag ;

si dice sezione j-esima di A di piede t . Indichiamo con �j W A ! R la proiezione j-esima di Adefinita da

�j .x/ D xj ; per ogni x 2 A :

2.1.8 Teorema. Sia A rettificabile in RnC1 le cui sezioni At;j siano rettificabili in Rn per ognit 2 R. Allora

volnC1.A/ DZIj

voln.At;j / dt ;

dove Ij è un qualsiasi intervallo compatto contenente la j -esima proiezione �j .A/ di A.

2.1.9 Esempi. 1. Vediamo la formula di Liu-Zu, ossia il volume della sfera (piena) tridimensio-nale S3 centrata nell’origine e raggio r > 0. La terza sezione di piede t è S3t;3 D f.x; y/ 2R2 W x2Cy2 � r2� t2g, che ha volume bidimensionale (area) vol2.S3t;3/ D �.r

2� t2/. Laproiezione della sfera sull’asse z è �3.S3/ D Œ�r; r�, quindi, usando la parità della funzioneintegranda,

vol3.S3/ D 2Z r

0

�.r2 � t2/ dt D 2�

�r2t �

t3

3

�tDrtD0

D4�

3r3 :

2. Sia f continua e positiva su Œa; b� � R. Sia Cf il cilindroide associato al grafico di f e sia

S:D f.x; y; z/ 2 R3 W x 2 Œa; b� ; 0 � y2 C z2 � f 2.x/g :

S è detto solido di rotazione attorno all’asse delle x generato da Cf . Tale insieme è chia-ramente rettificabile. Il suo volume è quindi facilmente esprimibile tramite la formula delTeorema 2.1.8, infatti la prima sezione di piede t è il disco centrato in t e di raggio f .t/,quindi

vol3.S/ DZ b

a

vol2.S1;t / dt D �Z b

a

f 2.t/ dt :

Vediamo ora la naturale estensione n-dimensionale dell’iterazione degli integrali per domini informa normale

2.1.10 Teorema. Siano a1; b1 2 R fissati con a1 � b1. Definiamo I1 D Œa1; b1� e assumiamoche siano stati definiti, per induzione sull’indice j D 2; 3; : : : ; n, le seguenti quantità

aj ; bj W Ij�1 ! R ; funzioni continue per cui aj .x1; x2; : : : ; xj�1/ � bj .x1; x2; : : : ; xj�1/ ;

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2.1 Insiemi normali e loro integrali 53

e insiemi Ij � R definiti da

fx 2 Rj W .x1; x2; : : : ; xj�1/ 2 Ij�1 ; aj .x1; : : : ; xj�1/ � xj � bj .x1; : : : ; xj�1/g :

Allora valgono le seguenti affermazioni:.1/ Gli insiemi Ij sono rettificabili in Rj ,.2/ Per ogni funzione continua f W In ! R, si haZ

In

f .x/dx D

Z b1

a1

Z b2.x1/

a2.x1/

� � �

Z bn.x1;:::;xn�1/

an.x1;:::;xn�1/

f .x1; : : : ; xn/ dxn � � � dx1 :

Dimostrazione. La dimostrazione del primo punto viene dal processo di induzione su j e dal Teore-ma 2.1.2. Denotiamo con x0 D .x1; : : : ; xn�1/ 2 Rn�1 e quindi x D .x0; xn/ 2 Rn. È chiaro che1In.x/ D 1In�1.x

0/ 1Œan.x0/;bn.x0/�.xn/. Ora, per ogni x0 2 In�1 la funzione x0 7! .1Inf /.x0; xn/ è conti-

nua nell’intervallo Œan.x0/; bn.x0/�, per cui dal Teorema 1.2.7 è integrabile secondo Riemann sullo stessointervallo. Questo implica cheZ

R.1Inf /.x

0; xn/dxn D 1In�1.x0/

Z bn.x0/

an.x0/

f .x0; xn/ dxn :

Dal Teorema 2.1.4 si ottieneZIn

f .x/ dx D

ZRn.1Inf /.x/ dx D

ZRn�1

1In�1.x0/

Z bn.x0/

an.x0/

f .x0; xn/ dxn dx0

D

ZIn�1

Z bn.x0/

an.x0/

f .x0; xn/ dxn :

La dimostrazione del secondo punto ora prosegue utilizzando l’induzione su n sempreché si dimostri che lafunzione

x0 7!

Z bn.x0/

an.x0/

f .x0; xn/ dxn

è continua in In�1.A questo proposito, possiamo scrivereˇˇZ bn.x

0/

an.x0/

f .x0; xn/ dxn �

Z bn. Ox0/

an. Ox0/

f . Ox0; xn/ dxn

ˇˇ �ˇ

ˇZ an. Ox0/

an.x0/

f .x0; xn/ dxn

ˇˇC

ˇˇZ bn. Ox

0/

bn.x0/

f .x0; xn/ dxn

ˇˇC

ˇˇZ bn. Ox

0/

an. Ox0/

�f .x0; xn/ � f . Ox

0; xn/�dxn

ˇˇ :

Le funzioni f , an e bn sono continue rispettivamente su In e In�1, per cui dal Teorema di Heine-Borel ancheivi uniformemente continue, inoltre limitate per il Teorema di Weierstrass. Ricordiamo inoltre che bn � anper ogni punto di In�1.

Sia alloraM � 0 tale che jf .x/j �M per ogni x 2 In e sianoMbn � 0 eMan � 0 le analoghe stimerispettivamente per bn e an sul compatto In�1. Notiamo cheMbn �Man , per definizione.

Per l’uniforme continuità delle funzioni f su In e an e bn su In�1, si ha che per ogni � > 0 esiste ı > 0tali che se kx0 � Ox0k < ı allora

jf .x0; xn/ � f . Ox0; xn/j < � ; jan. Ox

0/ � an.x0/j < � ; jbn. Ox

0/ � bn.x0/j < � :

Si ottiene allora, usando jbn. Ox0/ � an. Ox0/j �Man CMbn ,ˇˇZ bn.x

0/

an.x0/

f .x0; xn/ dxn �

Z bn. Ox0/

an. Ox0/

f . Ox0; xn/ dxn

ˇˇ � �.2M CMan CMbn/ ;

da cui la tesi. �

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54 Capitolo 2. Metodi di integrazione

2.1.11 Esempi. Vediamo alcuni esempi di applicazione dell’ultimo teorema.1. (Integrazione su tetraedri) Sia T � R3 il tetraedro limitato dai piani (a > 0)

f.x; y; z/ 2 R3 W x C y C z D ag ;

f.x; y; z/ 2 R3 W x D 0g ;

f.x; y; z/ 2 R3 W y D 0g ;

f.x; y; z/ 2 R3 W z D 0g :

Si vuole risolvere il seguente integrale triploZT

kxk2 dxdydz :

Possiamo applicare il ragionamento del teorema scrivendo T come

T D f.x; y; z/ 2 R3 W x � 0; y � 0; z � 0; x C y C z � ag :

Quindi, dire che x 2 T significa che 0 � x � a � y � z mentre y � 0 e z � 0, ossiax 2 Œ0; a�. Fissato quindi x al variare in Œ0; a� si vede che poiché y � a � x � z, con z � 0,implica che y 2 Œ0; a � x�. Allo stesso modo ora z 2 Œ0; a � x � y�. Ne consegue che

T D f.x; y; z/ 2 R3 W x 2 Œ0; a�; y 2 Œ0; a � x�; z 2 Œ0; a � x � y�g ;

che nelle notazioni del teorema possiamo scrivere I1 D Œ0; a�, I2 D f.x; y/ 2 R2 W x 2I1; y 2 Œ0; a � x�g, e I3 D T . Per cui, possiamo scrivereZ

T

kxk2 dxdydz D

Z a

0

�Z a�x

0

�Z a�x�y

0

.x2 C y2 C z2/dz

�dy

�dx :

Le integrazioni sono elementari e si haZT

kxk2 dxdydz

D

Z a

0

�Z a�x

0

�Z a�x�y

0

.x2 C y2 C z2/dz

�dy

�dx

D

Z a

0

"Z a�x

0

�.zx2 C zy2 C

z3

3/

�zDa�x�yzD0

dy

#dx

D

Z a

0

�Z a�x

0

�.a � x � y/.x2 C y2/C

.a � x � y/3

3

�dy

�dx

D

Z a

0

�x2.a � x/y �

x2y2

2C.a � x/y3

3�y4

4�.a � x � y/4

12

�yDa�xyD0

dx

D

Z a

0

�x2.a � x/2 �

x2.a � x/2/

2C.a � x/4

3�.a � x/4

4C.a � x/4

12

�dx

D

Z a

0

�x2.a � x/2

2C.a � x/4

6

�dx D

a5

20:

2. (Temperare una matita) Si consideri una matita a simmetria esagonale non appuntita, dispessore 7mm. Si calcoli il volume della quantità di matita persa nel temperarla in modo taleche alla punta conica l’angolo tra due generatori sia non più grande di �=6 radianti.

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2.1 Insiemi normali e loro integrali 55

Consideriamo un sistema di riferimento cartesiano con l’origine sulla punta della matita, ilcorpo della stessa giacente nella parte con z < 0 e avente l’asse z come asse di simmetria,e asse x perpendicolare al centro di uno dei lati della base esagonale. Sia a D 3:5 lalunghezza di metà di ogni lato della base esagonale. Per la simmetria esagonale della base,l’angolo formato dai piani passanti per l’asse z e gli spigoli successivi di ciascun lato dellabase esagonale è uguale a �=3. Questi piani, quindi, sono caratterizzati dalle equazioniy D ˙ tan.�=6/x D ˙

p3=3x. Chiamiamo C la superficie conica (a base esagonale) che

delimita la punta della matita. Notiamo che dati .x; y/, esiste un unico z0 � 0 tale che.x; y; z0/ 2 C . Ora è chiaro che il volume della parte T di matita temperata e rimossa è perquestioni di simmetria, pari a 6 volte il volume dell’insieme seguente

(.x; y; z/ 2 R3 W x 2 Œ0; a�; y 2

"�

p3

3x;

p3

3x

#; z 2 Œz0; 0�

):

Ci rimane da derivare l’equazione per C così da rendere precisi i limiti in cui varia z (ossiaz0). Se consideriamo i generatori di C sul piano y D 0 allora l’equazione per uno deigeneratori risulta essere z D � tan.�=2 � �=12/x, quindi dobbiamo trovare quanto vale latangente. Per farlo utilizziamo la formula per la tangente dell’angolo doppio, ossia

p3

3D tan

��6

�D

2 tan��12

�1 � tan2

��12

� ;ossia l’equazione

tan2� �12

�C

6p3tan

� �12

�� 1 D 0 :

La soluzione positiva di questa equazione del secondo ordine è

tan� �12

�D1

2

��2p3Cp12C 4

�D 2 �

p3 :

Da quest’ultima si ottiene

tan��2��

12

�D

1

tan��12

� D 1

2 �p3D 2C

p3 :

L’equazione per C stessa è quindi

z D ��2Cp3�q

x2 C y2 ;

per cui z0 D ��2Cp3�p

x2 C y2. Il volume cercato è presto calcolato, usando il teorema

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56 Capitolo 2. Metodi di integrazione

dell’integrazione iterata unidimensionale, e risulta

vol3.T / D 6Z a

0

24Z p33 x�

p33x

"Z 0

�.2Cp3/px2Cy2

dz

#dy

35 dx

D 6�2Cp3� Z a

0

24Z p33 x�

p33x

qx2 C y2 dy

35 dx

D 12�2Cp3� Z a

0

24Z p33 x0

qx2 C y2 dy

35 dx

D 12�2Cp3� Z a

0

�y

2

qx2 C y2 C

x2

2log

�y C

qx2 C y2

��yDp33x

yD0

dx

D 12�2Cp3� Z a

0

�x2

3Cx2

2log

�p3x��x2

2log x

�dx

D 12�2Cp3� Z a

0

�x2

3Cx2

2logp3

�dx

D 12�2Cp3��1

3C

log 34

�Z a

0

x2 dx

D 12�2Cp3��1

3C

log 34

�a3

3

D 12�2Cp3� 1

36.4C 3 log 3/.3:5/3

D 0:28969387725 cm3 :

2.2 Fubini o dell’integrale iterato

In questa sezione vediamo un paio di teoremi di tipo Fubini sufficientemente generali. Notiamoche se x 2 RnCm D Rn � Rm, n;m 2 N, scriveremo x D .y; z/, con y 2 Rn e z 2 Rm. Inoltrericordiamo la convenzione notazionale sugli integrali di funzioni a supporto compatto vista inOsservazione 1.5.5.

Introduciamo una notazione utile, quella di partizione combinata: sia infatti P un qualsiasirettangolo (non vuoto, non degenere, limitato) di RnCm. Allora, se come prima la variabile x vienescritta nelle sue componenti riferite ai sottospazi Rn e Rm, ossia x D .y; z/, il rettangolo può esserescritto nel prodotto cartesiano dei rettangoli P D Pn�Pm, dove chiaramente Pn 2 Rn e Pm 2 Rm.Allo stesso modo, consideriamo una partizione Pn del rettangolo Pn ed una partizione Pm delrettangolo Pm, allora P D Pn �Pm sarà una partizione del rettangolo originario P . In effetti, sela partizione Pn è composta dai rettangoli fP 01; : : : ; P

0rg e la partizione Pm composta dai rettangoli

fP 001 ; : : : ; P00s g allora la partizione P sarà composta dai rettangoli fP 0j � P

00kI j D 1; : : : ; r ; k D

1; : : : ; sg. In corrispondenza a questa decomposizione si ottiene anche la decomposizione degli

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2.2 Fubini o dell’integrale iterato 57

estremi superiore ed inferiore della funzione f , ossia, ad esempio per l’estremo superiore,

supf .P 0j � P00k / D sup

.y;z/2P 0j�P 00

k

f .y; z/

D supy2P 0

j

supz2P 00

k

f .y; z/ D supz2P 00

k

supy2P 0

j

f .y; z/

D supy2P 0

j

f .y; P 00k / D supz2P 00

k

f .P 0j ; z/ ;

dove, nell’ultima riga si intende, ad esempio, f .P 0j ; z/ D supy2P 0jf .y; z/.

A questo punto è ovvia la definizione delle somme ed integrali, superiore ed inferiori, parziali,ossia:

I?.f;PnIy/ DXP2Pm

supf .y; P /volm.P / ; I?.f;PmI z/ DXP2Pn

supf .P; z/voln.P /

che ora sono funzioni ben definite, rispettivamente per y 2 Pn e z 2 Pm, ed analoghe formule per lesomme parziali superiori. Per gli integrali diamo una notazione più utile per quanto dobbiamo fare,prendendo il caso di una funzione generica in RnCm a supporto compatto, e ponendo (ricordiamola convenzione in Osservazione 1.5.5)

Rn 3 y 7! I?.f;y/ D

Z?Rm

f .y; z/ dz ; Rm 3 z 7! I?.f; z/ D

Z?Rn

f .y; z/ dy ;

ed analoghe notazioni per l’integrale superiore.Un altro punto importante è che i volumi dei rettangoli, per definizione, sono moltiplicativi,

ossiavolnCm.P / D volnCm.Pn � Pm/ D voln.Pn/volm.Pm/ :

Il primo risultato, preliminare al risultato principale è il seguente:

2.2.1 Lemma. Sia f W RnCm ! R limitata e a supporto compatto. Allora

I?.f / � I?.I?.f;y// D I?.I?.f; z// ;

ed analoga formula per gli integrali superiori (con la disuguaglianza opposta). Inoltre,

I?.I?.f;y// � I?.I?.f;y// � I?.I?.f;y//

Dimostrazione. Vediamo solo la parte per le somme ed integrali inferiori, per le altre il ragionamento èanalogo. Ricordiamo che somme ed integrali superiori ed inferiori esistono sempre, indipendentementedall’integrabilità o meno della funzione. Poiché la funzione è a supporto compatto, allora esiste rettangolo Rche contiene il supporto. Consideriamo una partizione Pn �Pm di R D Rn �Rm, per definizione

I?.f;Pn �Pm/ DXP 02Pn

XP 002Pm

infy2P 0

infz2P 00

f .y; z/ volnCm.P 0 � P 00/ :

Dalla ovvia disuguaglianzaPP 002Pm

infy2P 0 infz2P 00 f .y; z/ � infy2P 0PP 002Pm

infz2P 00 f .y; z/, e dallamoltiplicatività dei volumi, otteniamo

I?.f;Pn �Pm/ DXP 02Pn

XP 002Pm

infy2P 0

infz2P 00

f .y; z/voln.P 0/volm.P 00/

XP 02Pn

infy2P 0

I?.f;PnIy/voln.P 0/

D I?.I?.f;PmIy/;Pn/

� I?.I?.f;y/;Pn/

� I?.I?.f;y// ;

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58 Capitolo 2. Metodi di integrazione

dove, nelle due ultime righe abbiamo usato il fatto che gli integrali superiori sono stime da sopra delle sommesuperiori, anche parziali. La stessa conclusione si ottiene invertendo i ruoli delle variabili y e z. Quindi,poiché data una qualunque partizione P c’è sempre una partizione prodotto Pn �Pm più fine, si ha

I?.f;P / � I?.f;Pn �Pm/ � I?.I?.f;y//

da cui, per estremo superiore

I?.f / � I?.I?.f;y// ;

lo stesso si ottiene invertendo i ruoli delle variabili e anche passando per gli integrali e somme superiori.L’ultima proprietà è ovvia dalla definizione e da quanto appena dimostrato. �

Il prossimo risultato è certamente molto utile sia nella pratica degli esercizi sia come strumentoper sviluppare ulteriore matematica. Ricordiamo ancora che viene utilizzata la convenzione inOsservazione 1.5.5.

2.2.2 Teorema. (Fubini per funzioni continue) Sia f W RnCm ! R continua e a supportocompatto. Allora, per ogni y 2 Rn, la funzione integrale I.f;y/ D

RRm f .y; z/ dz è ben

definita e analogamente, per ogni z 2 Rm la funzione integrale I.f; z/ DR

Rn f .y; z/ dy è bendefinita. Entrambe le funzioni integrali sono continue e a supporto compatto, quindi integrabilirispettivamente su Rn e Rm e valgono le seguenti uguaglianzeZ

RnCmf .x/ dx D

ZRn

�ZRmf .y; z/ dz

�dy D

ZRm

�ZRnf .y; z/ dy

�dz :

Dimostrazione. Poiché f ha supporto compatto, sia R un rettangolo compatto che include detto supporto.Chiaramente possiamo decomporre il rettangolo nel prodotto cartesiano dei rettangoli corrispondenti aisottospazi Rn e Rm, ossia R D Rn �Rm. La funzione f è continua e lo stesso è vero per le funzioni ristrette

Rn 3 y 7! f .y; z/ ; per ogni z 2 Rm ;

Rm 3 z 7! f .y; z/ ; per ogni y 2 Rn :

Consideriamo la seconda (le argomentazione seguenti sono valide per entrambe). Allora, per quanto vistoprecedentemente, l’integrale parziale della ristretta esiste per la continuità della stessa ed inoltre per ilLemma 2.2.1 si ha

I?.f;PnIy/ � I.f;y/ ;

per ogni partizione Pn di Rn. Questo è sufficiente per dimostrare il resto, infatti, per il Teorema di Heine-Cantor, la funzione f è uniformemente continua in R. Quindi, per ogni � > 0 esiste ı > 0 tali che per ognicoppia .y1; z1/ e .y2; z2/ in R tali che k.y1; z1/ � .y2; z2/kRnCm < ı allora jf .y1; z1/ � f .y2; z2/j <�=volm.Rm/. Ora, per ogni z 2 Rm si ha che k.y1; z/ � .y2; z/k < ı quindi

jI.f;y1/ � I.f;y2/j D

ˇZRn.f .y1; z/ � f .y2; z// dz

ˇ�

ZRm

jf .y1; z/ � f .y2; z/j dz

<�

volm.Rm/volm.Rm/ D � :

Quindi I.f;y/ è continua e che abbia supporto compatto viene dall’analoga proprietà della funzione f .

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2.2 Fubini o dell’integrale iterato 59

La seconda parte del teorema è come segue: consideriamo una generica partizione P di R che siaprodotto cartesiano di partizioni Pn �Pm, allora

I?.f;P / DXP2P

inf.P /volnCm.P /

D

XPn2Pn

XPm2Pm

infy2Pn

infz2Pm

f .y; z/ voln.Pn/ volm.Pm/

XPn2Pn

infy2Pn

0@ XPm2Pm

infz2Pm

f .y; z/ volm.Pm/

1A voln.Pn/

XPn2Pn

infy2Pn

.I.f;y//voln.Pn/

ZRnI.f;y/ dy ;

da cui, prendendo l’estremo superiore rispetto a tutte le partizioni P si ottiene, per l’integrabilità di f ,

I.f / �

ZRnI.f;y/ dy D

ZRn

�ZRmf .y; z/ dz

�dy :

Ripetendo l’argomento per le somme superiori, si ottiene la disuguaglianza contraria

I.f / �

ZRnI.f;y/ dy D

ZRn

�ZRmf .y; z/ dz

�dy ;

da cui la tesi per quanto riguarda la prima parte del teorema. La parte restante si ottiene utilizzando l’altrafunzione ristretta ed argomentazioni identiche. Il teorema è concluso. �

Questo teorema ammette una generalizzazione notevole prendendo funzioni solo integrabili.Ora però le funzioni integrali associate non sono necessariamente integrabili, per cui è necessarioconsiderare funzioni integrali definite tramite gli integrali superiore ed inferiore, che ricordiamoesistono sempre indifferentemente dall’integrabilità o meno della funzione (purché limitata).

2.2.3 Teorema. (Fubini per funzioni integrabili) Sia f W RnCm ! R a supporto compatto edintegrabile. Le funzioni

Rn 3 y 7! I?Rm.f / D

Z?Rm

f .y; z/ dz ; Rn 3 y 7! I?Rm.f / D

Z ?

Rmf .y; z/ dz ;

sono a supporto compatto ed integrabili in Rn, e quindi valgono le seguenti uguaglianzeZRnCm

f .x/ dx D

ZRn

�Z?Rm

f .y; z/ dz

�dy D

ZRm

�Z ?

Rnf .y; z/ dy

�dz :

Le stesse conclusioni si deducono scambiando il ruolo delle y con le z.

Dimostrazione. Per il Teorema 1.6.14, per ogni � > 0 esistono due funzioni h; g continue a supportocompatto, arbitrariamente vicino al supporto di f , per cui la seguente catena di disuguaglianze è vera, inaccordo con quanto visto anche nel Teorema 2.2.2 e nel Lemma 2.2.1, per cuiZ

RnCmg D

ZRn

ZRmg D

ZRn

Z?Rm

g �

ZRn

Z?Rm

f �

ZRn

Z ?

Rmf �

ZRn

Z ?

Rmh D

ZRnCm

h :

PoichéR

RnCm h � g < �, le disuguaglianze sono uguaglianze e si ha la tesi. �

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60 Capitolo 2. Metodi di integrazione

Come prima applicazione dimostriamo il comportamento delle trasformazioni lineari nell’inte-grazione. Ci riferiamo ai cambiamenti lineari o affini delle variabili.

Consideriamo la base standard .ej /j2f1;:::;ng in Rn e definiamo

2.2.4 Definizione. Un elemento di End.Rn/ è detto elementare se è dato da una delle seguentitrasformazioni lineari:

1. (Matrici di addizione) La matrice che opera la somma o sottrazione tra due righe di unamatrice data corrisponde alla trasformazione lineare seguente:

S˙jk.x/ D x ˙ xj ek ; j ¤ k 2 f1; : : : ; ng :

2. (Matrici di dilatazione) La matrice che opera l’operazione di moltiplicazione per unacostante � 2 R n 0 corrisponde alla seguente trasformazione lineare:

Dk.�/.x/ D x C .� � 1/xkek ; k 2 f1; : : : ; ng :

3. (Matrici di trasposizione) La matrice che opera lo di scambio tra righe e colonnecorrisponde alla trasformazione lineare seguente:

Tjk.x/ D x C .xj � xk/.ek � ej / ; j ¤ k 2 f1; : : : ; ng :

Come da convenzione non distinguiamo tra matrici e trasformazioni lineari e le denotiamo conlo stesso simbolo. Un primo risultato ovvio è che le matrici semplici sono tutte invertibili, e le loroinverse sono ancora matrici semplici, infatti

.S˙jk/�1D S�

jk; Dk.�/

�1D Dk.�

�1/ ; T �1jk D Tkj :

Quindi tutte le matrici semplici, e le trasformazioni lineari associate sono in Aut.Rn/.Vediamo ora più in dettaglio il motivo della loro denominazione che potrebbe non essere cosí

chiaro. Per fare ció è sufficiente controllare il loro comportamento rispetto ad un vettore genericodella base standard. Infatti, usando il simbolo di Kroenecker ırs , si ha

S˙jk.el/ D el ˙ ılj ek D

(el ; se l ¤ j ;el ˙ ek ; se j D l ;

quindi S rappresenta l’addizione e/o sottrazione di righe quando agisce a destra di un’altra trasfor-mazione mentre è addizione e/o sottrazione di colonne quando agisce da sinistra.

Per le altre due si procede in modo analogo e si trova

Dk.�/.ej / D ej C .� � 1/ıkj ek D

(ej ; se k ¤ j ;�ek ; se k D j ;

e quindi,D rappresenta la moltiplicazione per � sulle colonne quando agisce da destra e sulle righequando agisce da sinistra. Mentre per l’ultima si ha

Tjk.el/ D el C .ıjl � ıkl/.ek � el/ D

8<:el ; se l ¤ j; k ;ej ; se l ¤ k ;ek ; se l ¤ j :

dove, come prima, la matrice T scambia le colonne j e k quando agisce da destra e scambia lerighe j e k quando agisce da sinistra.

Un primo risultato già noto in algebra lineare è il seguente

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2.2 Fubini o dell’integrale iterato 61

2.2.5 Lemma. Ogni elemento di Aut.Rn/ può essere decomposto nel prodotto di trasformazionilineari semplici.

Dimostrazione. Vedere un qualsiasi libro di algebra lineare. �

Per il nostro risultato principale abbiamo però bisogno di trasformazioni di tipo affine viste adanalisi II, ossia � W Rn ! Rn è bigettiva e affine se posso scriverla come

�.x/ D x0 C Ax ;

dove A 2 Aut.Rn/ e x0 2 Rn. Notiamo che l’inversa è data dalla trasformazione

��1.x/ D �A�1x0 C A�1x ;

quindi, vista la linearità, abbiamo una trasformazione C 1, bigettiva con inversa anch’essa di classeC 1.

Abbiamo tutti gli strumenti per dimostrare ora il seguente

2.2.6 Teorema. (Cambiamento affine di variabili) Sia � una trasformazione affine di Rn perqualche x0 2 Rn e A 2 Aut.Rn/. Sia f W Rn ! R continua e a supporto compatto. Allora si haZ

Rnf .y/ dy D

ZRnf .�.x//j det.d�.x//j dx D j det.A/j

ZRnf .x0 C Ax/ dx :

Dimostrazione. La trasformazione affine �, a meno delle traslazioni, è lineare e quindi d� � � � A.Poiché l’integrazione di Riemann è invariante per traslazioni1, e poiché la composizione di funzioni continuef ı � è integrabile rimanendo a supporto compatto, si ottieneZ

Rnf .�.x//j det.d�.x//j dx D j det.A/j

ZRnf .x0 C Ax/ dx

D j det.A/jZ

Rnf .Ax/ dx :

Possiamo ora utilizzare il Lemma 2.2.5 e la regola della catena per il differenziale totale al fine di poter discuterel’azione della trasformazione � come se fosse ciascuna volta una delle trasformazione semplici, infatti se A 2Aut.Rn/ allora A D E1 � � �EM dove Ej è una delle trasformazioni semplici (notiamo che la decomposizionenon èmai univoca, ma questo non porta problemi perchè la matriceA è sempre composizione di trasformazionisemplici). Dalle proprietà dei determinanti si ha j det.A/j D j det.E1 � � �EM /j D j det.E1/ � � � det.EM /j Dj det.E1/j � � � j det.EM /j. Quindi, prendiamo il caso delle trasformazioni di addizione A � S˙

jk. Poiché in

questo caso detA D 1 e vedendo l’integrazione con Fubini come una integrazione su R2 � Rn�2 si haZR

ZRf .x1; : : : ; xj ˙ xk ; : : : ; xn/ dxjdxk D

ZR

ZRf .x1; : : : ; xj ; : : : ; xn/ dxjdxk

dove abbiamo utilizzato l’invarianza per traslazione dell’integrazione 1 dimensionale, e quindi�ZR� � �

�ZRf .x1; : : : ; xn/ dx1

�: : : dxn

�D

ZRnf .x/ dx :

Per le trasformazione di dilatazione A � Dk.�/ si ha det.A/ D � e, ragionando come prima,

j�j

ZRf .x1; : : : ; �xk ; : : : ; xn/ dxk D

ZRf .x1; : : : ; xk ; : : : ; xn/ dxk

dove abbiamo utilizzato il cambiamento di variabili �xk ! xk , ed infine, nel caso A � Tjk , per la qualedet.A/ D �1, il risultato segue sempre utilizzando Fubini come prima. �

1Vedere 1.2.11. In questo caso si trasla il supporto della funzione ed il corrispondente insieme rettangolare che locontiene. Poiché entrambi rimangono tali, l’integrazione estesa per convenzione a tutto lo spazio non cambia.

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62 Capitolo 2. Metodi di integrazione

2.2.7 Osservazioni. Un paio di osservazioni d’obbligo.1. Per uso futuro, notiamo la seguente relazione/definizione,

(2.1) D.�/.x/ � .Dn.�/ ıDn�1.�/ ı � � � ıD1.�// .x/ D �x ; x 2 Rn ;

che definisce la dilatazioneD per tutte le coordinate.2. Se la trasformazione affine è solo una traslazione, allora ritroviamo l’invarianza dell’integrazione per

traslazione. Lo stesso peró vale per le rotazioni. Infatti, esse sono associate a matrici a determinante1, per cui se la trasformazione affine è solo composta da una rotazione, allora il teorema suggerisceche l’integrazione di Riemann è invariante anche per rotazioni.

Vediamo qualche esempio di applicazione del precedente teorema.

2.2.8 Esempi. 1.2.

2.3 Integrazione di funzioni invarianti per simmetrieIn questa sezione vedremo come integrare funzioni invarianti per trasformazioni ortogonali, o piùsemplicemente per rotazioni, sia equivalente a ridurre il problema ad una integrazione a dimensioneinferiore. Ricordiamo che il gruppo degli automorfismi lineari dello spazio Euclideo Rn, Aut.Rn/, ècomposto da elementi generati da tre trasformazioni basiche, le trasformazioni di scala, le rotazioni ele traslazioni. Il sottogruppo notevole delle isometrie, ossia del gruppo di automorfismi che lascianola metrica euclidea invariata, è invece composto dalle sole trasformazioni di rotazione e traslazione,detto anche gruppo euclideo e denotato col simbolo Euc.Rn/.

2.4 Il Teorema della divergenza in R2

2.5 ApplicazioniInseriamo in questa sezione un certo numero di risultati importanti per calcolare alcune grandezzedi interesse in fisica.

2.5.1 Definizione. Sia A un insieme rettificabile in Rn di volume positivo. Allora il baricentrodi A è il punto xA 2 Rn di coordinate date dalla seguente formula

xAj D1

voln.A/

ZA

xj dx1 � � � dxn ; j D 1; : : : ; n :

2.5.2 Esempio. Calcoliamo, ad esempio, il baricentro del semicerchio

C D f.x; y/ 2 R2 W x2 C y2 � 1 ; y � 0g :

Per ovvi motivi di simmetria xC D 0, calcoliamo quindi yC

yC D1

vol2.C /

ZC

y dydx :

L’area del semicerchio è vol2.C / D �=2 quindi

yC D2

Z 1

�1

dx

Z p1�x20

y dy D1

Z 1

�1

.1 � x2/ dx D4

3�:

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2.5 Applicazioni 63

2.5.3 Definizione. Sia S � R3 un insieme rettificabile, in gergo “un solido.” Sia r una retta.Se x 2 R3, allora dist.x; r/ è la distanza del generico punto x dalla retta r (quì leggiamo laretta r come un sottoinsieme di R3, quindi dist.x; r/ D inffkx � yk W y 2 rg). Allora, ilmomento d’inerzia del solido S , di densità � W R3 ! R continua, rispetto alla retta r è dato da

IS;r:D

ZS

Œdist.x; r/�2 �.x/ dx :

2.5.4 Osservazione. Poiché sia la funzione distanza distr sia la densità � sono funzioni continue in R3,allora l’integrale ha senso. �

2.5.5 Esempi. 1. Calcoliamo il momento d’inerzia rispetto all’asse delle z del cono (di densitàomogenea � � 1)

C D f.x; y; z/ 2 R3 W x2 C y2 � 1 ;qx2 C y2 � z � 1g :

Poiché la distanza del generico punto di R3 dall’asse delle z èpx2 C y2, allora

IC;z D

ZC

.x2 C y2/ dxdydz :

L’integrale è facilmente calcolabile poiché C è descrivibile come insieme normale rispetto alpiano .x; y/, con .x; y/ 2 D,D disco centrato nell’origine e di raggio 1, e quindi

IC;z D

ZD

"Z 1

px2Cy2

.x2 C y2/ dz

#dxdy

D

ZD

.x2 C y2/

�1 �

qx2 C y2

�dxdy :

L’integrazione è ora semplice ma molto elaborata, quindi preferiamo aspettare uno deiprossimi capitoli in cui mostreremo come un ovvio cambio di variabile riduca il calcolo aqualcosa di facilmente praticabile.

2. Calcolare i momenti d’inerzia rispetto agli assi della corona circolare C D f.x; y/ 2 R2 Wx � 0 ; y � 0 ; 1 � x2 C y2 � 9g.

IC;x D

ZC

y2 dxdy ; IC;y D

ZC

x2 dxdy :

Per l’ovvia simmetria i due momenti sono uguali. Calcoliamo il primo. La corona circolarenon è un insieme normale, però possiamo vederla come unione di insiemi normali conintersezione a misura nulla, quindi possiamo usare il Teorema dell’additività dell’integrazione.Allora C D C1 [ C2 dove, C1 D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œ0; 1� ;

p1 � x2 � y �

p9 � x2g,

C2 D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œ1; 3� ; 0 � y �p9 � x2g.

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3. Integrazione assoluta

3.1 Funzioni assolutamente integrabili

Abbiamo visto la teoria dell’integrazione di Riemann che viene sviluppata su insiemi limitati e perfunzioni limitate. In genere nelle applicazioni, specialmente in fisica, si ha che fare con funzioninon limitate e/o insiemi non limitati, ad esempio e�kxk2 su Rn.

3.1.1 Definizione. Sia A � Rn aperto e f W A! R continua. Se f è non negativa su A alloradefiniamo l’integrale di f su A, e lo denotiamo col simbolo

RA f , come l’estremo superiore

dei numeri realiRK f con K 2K.A/, sempreché tale estremo superiore esista. In questo caso,

diremo che f è integrabile su A.Più in generale, se f è continua ma non necessariamente positiva, possiamo definire

fC.x/ D maxff .x/; 0g ; f�.x/ D maxf�f .x/; 0g ;

detta parte positiva e parte negativa di f , rispettivamente. Allora diremo che f è integrabilesu A se entrambe fC e f� lo sono, nel senso precedentemente definito. In questo caso poniamoZ

A

f D

ZA

fC �

ZA

f� :

In questo caso diremo che f è integrabile in A in senso assoluto.

La definizione è un pò complicata da utilizzare a scopi pratici e vedremo altri metodi per fare icalcoli espliciti. Notiamo però che c’è ambiguità in questa definizione. Infatti, se A è aperto in Rn

e sia f sia A sono limitate, abbiamo due modi per definire l’integrale di f su A, quello appenadescritto, che diremo integrale in senso assoluto, e quello descritto nella sezione 1.5, che diremointegrale in senso ordinario. Dimostreremo che se l’integrale nel senso ordinario esiste, alloraesiste l’integrale nel senso assoluto, ed i due integrali sono uguali. Una parte di ambiguità persiste,perché può accadere che l’integrale nel senso assoluto esiste ma non quello ordinario, vedremo unesempio a tempo debito. È necessario quindi adottare una convenzione:

Page 66: Note di Analisi Matematica III Romeo/analisi3...3 Integrazione assoluta.....65 3.1 Funzioni assolutamente integrabili65 3.2 Insiemi rettificabili per integrazione assoluta69 3.3 Criteri

66 Capitolo 3. Integrazione assoluta

� Convenzione. Se A è un insieme aperto in Rn, con la notazioneRA f si inten-

de fin d’ora, a meno che non sia specificato altrimenti, l’integrazione in sensoassoluto.

Un lemma tecnico permette un approccio diretto al calcolo.

3.1.2 Lemma. Sia A aperto in Rn. Esiste una famiglia numerabile Kj , j 2 N, di compattirettificabili, tali che A D

Sj2NKj e inoltre Kj � int.KjC1/ per ogni j 2 N.

Dimostrazione. Consideriamo B D Rn n A. Come complemento di un aperto B è chiuso. Definiamoallora gli insiemi

Cj D

�x 2 Rn W kxk � j ; dist.x; B/ �

1

j

�; per ogni j 2 N :

Per la continuità delle nozioni di distanza e norma rispetto ad x, gli insiemi Cj sono chiusi in Rn. Inoltre,sono compatti perché limitati dalla sfera di centro 0 e raggio j . Inoltre, si ha chiaramente che Cj � CjC1e che ogni Cj è contenuto in A poiché composti da punti x tali che dist.x; B/ � 1=j > 0. Vediamo se laloro unione ricopre A. Sia allora x 2 A. Poiché A è aperto, allora esiste j 2 N tale che dist.x; B/ � 1=j ekxk � j . Quindi x 2 Cj , sicché A �

Sj Cj . Il viceversa è ovvio.

Definiamo ora

AjC1 D

�x 2 Rn W kxk < j C 1 ; dist.x; B/ >

1

j C 1

�;

e usando ancora la continuità delle distanze ora AjC1 è aperto. È chiaro che AjC1 contiene Cj ed è contenutoin CjC1. Ossia, Cj � AjC1 � int.CjC1/. Non possiamo però ancora usare gli insiemi Cj perché non èdetto che siano rettificabili. Costruiamo gli insiemi Kj . Per ogni punto x 2 Cj , scegliamo un cubo chiusocentrato in x e contenuto in AjC1. Che questo sia possibile viene dall’utilizzo del Lemma 1.6.13. Infatti, gliunici punti su cui è possibile avere dei dubbi sono alla frontiera di Cj , ma poiché esiste un ı > 0 per cui.Cj /ı � AjC1 allora, per i punti della frontiera è sufficiente prendere un cubetto chiuso centrato su ciascunodi essi e di lato minore di ı per far sí che tale cubetto sia dentro AjC1. Allora, al variare di x in Cj , gli internidei cubi forniscono un ricoprimento aperto e per la compattezza di Cj esiste un sottoricoprimento finito. SiaKj l’unione dei cubi del sottoricoprimento finito. Evidentemente è un insieme compatto e rettificabile. Ora,per costruzione,

Cj � Kj � AjC1 � int.CjC1/ � CjC1 � int.KjC1/ ; per ogni j 2 N :

Il teorema è dimostrato. �

Possiamo ora dare la caratterizzazione della definizione di assoluta integrabilità:

3.1.3 Teorema. Sia A aperto in Rn e sia f W A! R continua. SiaKj , j 2 N, una successionein K.A/ tale che la loro unione sia A e valga Kj � int.KjC1/. Allora f è integrabile su A se esolo se la successione

RKjjf j è limitata. In tal caso,Z

A

f D limj!1

ZKj

f :

Dimostrazione. Vediamo dapprima il caso in cui f è positiva (f � 0). Allora la successioneRKjf è

crescente, quindi è convergente se e solo se è limitata.

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3.1 Funzioni assolutamente integrabili 67

(Necessità) Sia f integrabile su A. Allora, poiché Kj 2K.A/ si haZKj

f � supK2K.A/

ZK

f D

ZA

f :

Ne consegue che la successioneRKjf è limitata e quindi

limj!1

ZKj

f �

ZA

f :

(Sufficienza) Supponiamo che la successioneRKjf sia limitata. Prendiamo K 2 K.A/. Allora K è

ricoperto da insieme aperti int.Kj / � int.KjC1/, quindi per compattezza, da un numero finito di essi, mavisto che sono contenuti l’uno nell’altro, esisterà un indice N tale che K � int.KN /. Allora si haZ

K

f �

ZKN

f � limj!1

ZKj

f :

Poiché K è un arbitrario compatto rettificabile, ne consegue che f è integrabile su A e valeZA

f � limj!1

ZKj

f :

Sia ora f di segno arbitrario. Per definizione f è integrabile in A se e solo se fC e f� sono integrabili inA. Per quanto visto sopra questo succede se e solo se le successione

RKjfC e

RKjf� sono limitate. Poiché

jf j D fCC f� allora questo succede se e solo se la successioneRKjjf j è limitata. Questo però è stato visto

nella prima parte, allora le due successioniRKjfC e

RKjf� convergono rispettivamente a

RAfC e

RAf�.

Poiché successioni convergenti possono essere sommate termine a termine allora la successioneZKj

f D

ZKj

fC �

ZKj

f� ;

è convergente e converge aRAfC �

RAf�. Quest’ultima espressione è

RAf per definizione. �

Come per l’integrazione ordinaria, per l’integrazione assoluta valgono alcune proprietà impor-tanti.

3.1.4 Teorema. Sia A un aperto in Rn. Siano f; g W A ! R continue. Allora, valgono leseguenti proprietà:

1. (Linearità) Se f e g sono integrabili su A, cosí vale per �f C �g, �;� 2 R, e si haZA

.�f C �g/ D �

ZA

f C �

ZA

g :

2. (Isotonia) Sia B aperto in Rn e B � A, allora se f è positiva in A e integrabile su A ,allora è integrabile su B e vale Z

B

f �

ZA

f :

3. (Additività) Supponiamo A e B aperti in Rn e f continua su A [ B . Se f è integrabilesu A e B allora è integrabile su A [ B , A \ B e valeZ

A[B

f D

ZA

f C

ZB

f �

ZA\B

f :

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68 Capitolo 3. Integrazione assoluta

4. (Comparazione) Siano f e g integrabili su A aperto in Rn. Allora, se f .x/ � g.x/ perogni x 2 A, si ha Z

A

f �

ZA

g :

In particolare, ˇZA

f

ˇ�

ZA

jf j :

Più importante è il seguente risultato che compare l’integrazione assoluta con quella ordina-ria.

3.1.5 Teorema. Sia A un insieme aperto e limitato in Rn e sia f funzione reale continua elimitata suA. Allora, l’integrale

RA f , come integrale assoluto sull’apertoA esiste. Se l’integraleR

A f , visto come integrale ordinario sul limitato A, esiste, allora i due integrali sono uguali.

Dimostrazione. da fare �

3.1.6 Esempio. Vediamo un esempio esplicito in cui sull’aperto limitato esiste l’integrale in sensoassoluto ma non quello ordinario. Consideriamo l’insieme dei razionali Q in .0; 1/. Poiché sono inquantità numerabile, allora diamo loro una corrispondenza con i naturali N, ossia li diremo rj , conj 2 N. Per ogni j 2 N consideriamo l’intervallo aperto .aj ; bj / centrato in rj e di ampiezza `2�j ,con 0 < ` < 1 e contenuto in .0; 1/. L’unione degli intervalli[j2N.aj ; bj /

:D A è un aperto limitato

di R. Dimostriamo che fr.A/ non ha misura nulla. Infatti, supponiamo che al contrario abbia misuranulla. Poniamo � D 1�` e poiché fr.A/ è a misura nulla, esiste una quantità numerabile di intervalliche coprono fr.A/ e di lunghezza totale minore di �. Per costruzione A � Œ0; 1� e contiene ognirazionale in .0; 1/ quindi, per la densità dei razionali si ha cl.A/ D Œ0; 1�. Poiché cl.A/ D A[ fr.A/allora gli intervalli che coprono fr.A/ e quelli che coprono A formano un ricoprimento aperto dicl.A/ D Œ0; 1�, in cui la lunghezza totale degli intervalli ricoprenti fr.A/ è � mentre quella per A èP1jD1 `2

�j D `. Tuttavia cl.A/ D Œ0; 1� è compatto e quindi dal ricoprimento possiamo estrarreun sottoricoprimento finito ma la lunghezza totale di questo ricoprimento è minore di � C ` D 1,che contraddice il fatto ovvio che se si ha un intervallo I ricoperto da una unione finita, diciamo L,di intervalli Ij allora vol1.I / �

PLjD1 vol1.Ij /, nel nostro caso 1 < 1.

Assodato che fr.A/ non ha misura nulla, allora l’integrale ordinarioRA 1 non esiste, perché

coinciderebbe con la rettificabilità di A, violata dall’avere frontiera non a misura nulla, mentrel’integrale

RA 1 in senso assoluto esiste perché la funzione A 3 a 7! 1 è continua e limitata e per il

teorema precedente l’integrale assoluto esiste sempre. �

In genere, calcolare esplicitamente gli integrali in senso assoluto non è facilmente praticabilecon i criteri appena visti. In alcune situazioni è meglio adottare anche una formulazione alternativa.La seguente è spesso più facilmente utilizzabile.

3.1.7 Teorema. SianoA aperto in Rn e f W A! R continua. SiaO1 � O2 � � � � � ON � � � �successione di aperti la cui unione è A. Allora,

RA f esiste se e solo se la successione

ROkjf j

esiste ed è limitata. In questo caso

limk!1

ZOk

f D

ZA

f :

3.1.8 Esempi. Nei calcoli espliciti, in genere si usano aperti rettificabili (quindi limitati) e flimitata su di essi. Allora, l’integrale esiste come integrale ordinario e può essere calcolato con letecniche già viste in precedenza.

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3.2 Insiemi rettificabili per integrazione assoluta 69

1. Sia A aperto in R2 definito dalla relazione

A D f.x; y/ 2 R2 W x > 1 ; y > 1g :

Sia f .x; y/ D 1=x2y2. Allora, f è limitata su A ma A non è limitato. Si possono usare en-trambi i Teoremi 3.1.3 e 3.1.7 per il calcolo esplicito, anche se il secondo sembra leggermentepiù semplice da utilizzare. Infatti, per il primo possiamo utilizzare, ad esempio, i compattiKj D Œ.j C 1/=j; j �2, mentre per il secondo possiamo utilizzare gli aperti Oj D .1; j /2.Entrambi sono rettificabili e quindi, poiché limitati, si possono usare integrali in senso or-dinario. Infatti la funzione f è limitata su Oj , questo perché prendendo la chiusura Oj ècompatto, quindi, poiché f è continua allora è limitata. Quindi gli integrali esistono nelsenso ordinario (ad esempio, per il Teorema 1.4.7). Facciamo l’integrazione rispetto agliaperti, usando Fubini si haZ

Oj

1

x2y2dxdy D

Z j

1

1

x2dx

Z j

1

1

y2dy D

��1

x

�xDjxD1

��1

y

�yDjyD1

D

�j � 1

j

�2:

È chiaro che ZA

f D limj!1

ZOj

f D 1 ;

quindi, l’integrale assoluto esiste.2. Sia oraA D .0; 1/2, con f come nell’esempio precedente. Abbiamo oraA aperto ma limitato

mentre f non è limitata su A. Decomponiamo A nei sottoinsiemi aperti Oj D .1=j; 1/2, edf è ora limitata su ognuno di essi, oltreché continua. L’integrabilità di f segue ancora, adesempio, dal Teorema 1.4.7 e quindi possiamo calcolareZ

Oj

f D

Z 1

1=j

1

x2dx

Z 1

1=j

1

y2dy D .j � 1/2 ;

per cui ne concludiamo che l’integrale assolutoRA f non esiste.

3.2 Insiemi rettificabili per integrazione assolutaPossiamo estendere la nozione di volume anche ad insiemi non limitati, nel modo seguente.

3.2.1 Definizione. Sia A � Rn non necessariamente limitato. Allora diremo che l’insiemeA è rettificabile in senso generalizzato in Rn se per ogni K 2 K.Rn/ l’insieme A \ K èrettificabile in senso ordinario. Al variare diK in K.Rn/, allora l’estremo superiore dei volumin-dimensionali di A \ K esisterà, finito o infinito, e sarà detto il volume n-dimensionaledell’insieme A.

Quindi abbiamo esteso la nozione di volume n-dimensionale di un sottoinsieme di Rn alcaso in cui tale insieme è anche illimitato, accettando il fatto che ora il suo volume possa ancheessere infinito. Come vedremo, valgono in questo contesto la gran parte dei risultati trovati per larettificabilità ordinaria. Quindi, è abbastanza ragionevole attenerci alla convenzione di dichiararerettificabili, senza distinguere generalizzati o meno, tutti gli insiemi limitati e non limitati che losono. Chiaramente il contesto aiuta a distinguere gli uni dagli altri, ma almeno rendiamo menopesanti gli enunciati di teoremi e risultati.

Abbiamo già detto che si possono formulare risultati analoghi a quelli validi nel caso in cuil’insieme è limitato. Ad esempio:

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70 Capitolo 3. Integrazione assoluta

3.2.2 Proposizione. Sia A � Rn sottoinsieme rettificabile in Rn. Allora il suo volume n-dimensionale è positivo o nullo, a seconda se sia, rispettivamente, int.A/ ¤ ; o meno.

Dimostrazione. da fare �

3.2.3 Proposizione. Sia A � Rn sottoinsieme appartenente al sottospazio Rn�k per qualche0 < k < n. Allora A è rettificabile in Rn ed ha volume n-dimensionale nullo.

Dimostrazione. da fare �

È altresí semplice dimostrare la generalizzazione del criterio di rettificabilità, e stavolta dichiariamoesplicitamente la non limitatezza,

3.2.4 Teorema. L’insieme A � Rn non limitato è rettificabile in senso generalizzato in Rn se esolo se la sua frontiera fr.A/ ha misura nulla.

Dimostrazione. da fare �

La naturale applicazione del precedente Teorema si ha nel seguente risultato:

3.2.5 Teorema. SianoA1; : : : ; Ak sottoinsiemi di Rn rettificabili. Valgono le seguenti proprietà.1. L’unione, l’intersezione e le differenze a coppie, sono ancora insiemi rettificabili in Rn.2. Se per qualche j ¤ l 2 f1; : : : ; kg si ha Aj � Al , allora voln.Aj / � voln.Al/.3. Si ha sempre voln.A1 [ � � � [ Ak/ � voln.A1/C � � � C voln.Ak/. L’uguaglianza si ha

solo nel caso in cui, a coppie, non hanno punti interni in comune.

Dimostrazione. da fare �

Rimangono da determinare dei criteri pratici per il calcolo dei volumi. Questo perché ladefinizione mal si presta ai calcoli espliciti, in genere. Notiamo, innanzitutto, che la rettificabilità èanche espressa tramite integrazione, infatti, se A è sottoinsieme di Rn, ricordiamo, limitato o nonlimitato, allora è rettificabile se e solo se la sua funzione caratteristica è integrabile, rispettivamentein senso ordinario e in senso assoluto. In particolare, se questo è vero, si ha sempre

voln.A/ DZ

Rn1A ;

anche nel caso in cui A avesse volume infinito.

3.3 Criteri di integrabilitàPer dimostrare la convergenza assoluta degli integrali a volte sono utili criteri di comparazione confunzioni per le quali è semplice dimostrare la convergenza. Diamo, quindi, i criteri di integrabi-lità assoluta per una classe rilevante di funzioni, che troviamo di sovente nelle applicazioni. Ledimostrazioni sono differite alla sezione per il cambiamento delle variabili nell’integrazione, 5.2.4.

3.3.1 Teorema. Siano x0 2 Rn e ˛ > 0. Allora la funzione f W Rn n fx0g ! R definita da

f .x/ D1

kx � x0k˛;

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3.3 Criteri di integrabilità 71

è integrabile su ogni intorno rettificabile di x0 se e solo se ˛ < n.

La situazione opposta è

3.3.2 Teorema. Siano x0 2 Rn e ˛ > 0. Sia f W Rn n fx0g ! R la funzione definita da

f .x/ D1

kx � x0k˛:

Allora, per ogni compatto rettificabile K di x0, la funzione è integrabile in senso assoluto suRn nK se e solo se ˛ > n.

Questi teoremi implicano due criteri utili nelle applicazioni, vediamo quello indotto dal primoteorema.

3.3.3 Lemma. Siano x0 un punto di Rn, A un intorno aperto di x0 ed f una funzione continuain A n fx0g. Se esistono ˛ 2 .0; n/ eM > 0 tali che

jf .x/j �M

kx � x0k˛; per ogni x 2 A n fx0g ;

allora la funzione è integrabile su A.Viceversa, se esistono ˛ � n eM > 0 tali che

jf .x/j �M

kx � x0k˛; per ogni x 2 A n fx0g ;

allora f non è integrabile su A.

3.3.4 Osservazione. La condizione di integrabilità della funzione f su un intorno A di x0 nel lemmaprecedente è equivalente a dire che esiste L 2 R tale che

limx!x0

kx � x0k˛jf .x/j D L :

Il secondo teorema implica invece il seguente lemma:

3.3.5 Lemma. Se esistono ˛ > n eM � 0 tali che per ogni compatto rettificabileK contenentel’origine di Rn

jf .x/j �M

kxk˛; per ogni x 2 Rn nK ;

allora la funzione è integrabile su Rn.Viceversa, se esistono ˛ 2 .0; n/ e M > 0 tali che per ogni compatto rettificabile K

contenente l’origine di Rn

jf .x/j �M

kxk˛; per ogni x 2 A nK ;

allora f non è integrabile su Rn.

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72 Capitolo 3. Integrazione assoluta

3.3.6 Osservazione. Come prima, avremo integrabilità su Rn, in gergo integrabilità all’infinito, se perqualche ˛ > n si ha

(3.1) limkxk!1

kxk˛jf .x/j D L <1 :

Questa condizione giocherà un ruolo cruciale nel seguito. �

3.3.7 Esempi. 1. Sia T il triangolo in R2 di vertici .0; 0/, .0; 1/, .1; 1/, ed f W T ! R lafunzione

f .x; y/ D1

x C y:

2.�

3.4 Applicazione dell’integrazione assoluta: Integrali Gaussiani

In questa sezione calcoliamo alcuni integrali che vengono utilizzati spesso in alcuni argomenti difisica teorica e probabilità.

Integrazione gaussiana standard

Sia A 2 Mat.Rn/ una matrice definita positiva, ossia hx; Axi > 0 per ogni x 2 Rnnf0g. Allora, lafunzione

e�12hx;Axi

è assolutamente integrabile in Rn poiché possiamo applicare il criterio in (3.1) con qualsiasi ˛ > 0e con L D 0, ed il suo integrale valeZ

Rne�

12hx;Axi dx D

.2�/n=2pdet.A/

:

La dimostrazione è semplice e fa uso del fatto che esiste una matrice ortogonale, chiamiamolaD,che diagonalizza la matrice A, ossia

D�1AD:D � D

0BBB@�1 0 � � � 0

0 �2 � � � 0:::

:::: : :

:::

0 0 � � � �n

1CCCAdove �k > 0, k D 1; : : : ; n, per assunzione, per cui, utilizzando il cambiamento di coordinatelineariDy D x, si ottiene, dalla versione per assoluta integrabilità del Teorema 2.2.61,Z

Rne�

12hx;Axi dx D jdet.D/j

ZRne�

12hy;�yi dy ;

ma l’ultima integrazione è indipendente in ogni componente del vettore y per la diagonalità dellamatrice �, per cui, da eq. (3.11) e dal fatto che le matrici ortogonali hanno determinante ˙1, si

1Oppure si argomenta nel modo seguente: consideriamo la palla chiusa centrata nell’origine di Rn e di raggio R > 0,allora

RRn e

� 12 hx;Axi dx si può scrivere nella forma limR!1RB.0;R/ e

� 12 hx;Axi dx. A quest’ultimo integrale, ad

esempio scritto nella formaR

Rn 1B.0;R/ e

� 12 hx;Axi dx possiamo applicare il Teorema 2.2.6 e poi passare al limite.

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3.4 Applicazione dell’integrazione assoluta: Integrali Gaussiani 73

ottiene ZRne�

12hx;Axi dx D

ZRne�

12.�1y

21C���C�ny

2n/ dy1 � � � dyn

D

nYkD1

ZRe�

12�ky

2k dyk

D

nYkD1

s2�

�k

D

s.2�/n

det.A/;

(3.2)

dove, per onestà, nel passaggio dalla prima alla seconda riga abbiamo fatto uso della versione delTeorema di Fubini per integrazione assoluta, Teorema 4.3.2.

Integrazioni parziali

Possiamo anche integrare prima rispetto ad un sottoinsieme di elementi di x 2 Rn, ad esempioscrivendo

G.x1; : : : ; xm/ D

ZRn�m

e�12hx;Axi dxmC1 � � � dxn ;

per cui, utilizziamo x D .v;w/, dove v 2 Rm e w 2 Rn�m per i quali si ha chiaramentev D .x1; : : : ; xm/ e w D .w1; : : : ; wr/ D .xmC1; : : : ; xn/ con r D n �m.

Sorgenti e pozzi

Spesso l’integrale gaussiano standard si presenta in una forma differente, del tipoZRne�

12hx;AxiChs;xi dx

dove il vettore s è chiamato, nella letteratura di fisica, la sorgente per il “campo” x. Rappresenta inqualche modo la possibilità di creare un qualche agente fisico (ad esempio, una particella) esatta-mente nel punto x, mentre il suo trasposto, sT , rappresenta il cosidetto pozzo, ossia l’assorbimentodell’agente fisico nel punto x.

Se usiamo ancora la trasformazione ortogonale diagonalizzanteD si ha

�1

2hx; Axi C hs;xi �! �

1

2hy;D�1ADyi C hs;Dyi

per cui, se � D D�1AD, si ottiene �12hy; �yi C hs;Dyi. Quest’ultimo termine vogliamo

scriverlo come un quadrato e, ripetendo il ragionamento fatto prima, dobbiamo trovare il vettore Qye la costante C tali che si abbia

�1

2hy; �yi C hs;Dyi D �

1

2h.y � Qy/;�.y � Qy/i C C :

È ovvio che tale ricerca risulta nella determinazione delle soluzioni delle identità matriciali seguenti

sᵀD D Qyᵀ� ; C �1

2h Qy; � Qyi D 0 :

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74 Capitolo 3. Integrazione assoluta

Si tratta quindi di trovare la soluzione della prima, ossia Qy D ��1D�1s ed inserirla nella secondaper ottenere

C D1

2h��1D�1s; ���1D�1si

D1

2hs;D��1D�1si

D1

2hs; A�1si :

(3.3)

Da questo si ottiene, cambiando variabile e integrandoZRne�

12hx;AxiChs;xi dx D

ZRne�

12h.y���1D�1s/;�.y���1D�1s/iC 1

2hs;A�1si dy

D

s.2�/n

det.A/e12hs;A�1si :

In teoria dei campi, A�1 prende il nome di propagatore tra punti differenti x e y , e viene pensatocome la propagazione di ció che viene ”creato” da s nel punto x e “assorbito” da sT nel punto y .

3.5 Applicazione dell’integrazione assoluta: La trasformata di FourierNella teoria delle serie di Fourier abbiamo visto come una ampia classe di funzioni ammette unadecomposizione in una somma infinita di funzioni periodiche semplici di periodo fissato. Nel campocomplesso si ha, sotto opportune condizioni

f .x/ D

C1XkD�1

ckeikx ;

in cui ck 2 C e vale

ck D1

2�

Z C���

f .x/e�ikx dx :

In effetti lo stesso può essere fatto decomponendo una data funzione in una sovrapposizione con-tinua di funzioni periodiche, sotto opportune condizioni. La tecnica che ne risulta è potentissima edè una delle tecniche moderne più adottate in fisica e matematica per risolvere, ad esempio, problemilegati alla determinazione delle soluzioni di equazioni alle derivate parziali, come l’equazione delcalore, che descrive i fenomeni di propagazione del calore nei mezzi materiali o l’equazione delleonde, che determina la propagazione dei fenomeni ondulatori.

Sia N0 D N [ f0g. Gli elementi ˛ 2 Nn0 , ossia una n-upla .˛1; ˛2; : : : ; ˛n/ di numeri naturali

(incluso il valore nullo) verranno chiamati multi-indici. Tali multi-indici hanno una lunghezzadeterminata dalla relazione j˛j D ˛1 C ˛2 C � � � C ˛n, inoltre possiamo definire il fattoriale di unmulti-indice nel modo seguente: ˛Š D

QnjD1 j Š.

Con ogni multi-indice possiamo definire le quantità seguenti: sia x D .x1; : : : ; xn/ un qualsiasipunto di Rn, allora definiremo simbolicamente l’elemento x˛ D

QnjD1 x

j

j D x˛11 x

˛21 � � � x

˛nn , è

chiaro dalla definizione che x˛ 2 R. Allo stesso modo se D D .@1; : : : ; @n/ � .D1; : : : ;Dn/

è il vettore gradiente delle derivate parziali in Rn scriveremo che se ˇ è un multi-indice alloraDˇ D @

ˇ11 � � � @

ˇnn , quindi la derivata parziale mista di ordine jˇj. Si intende che se qualche elemento

di ˇ è nullo la derivata parziale corrispondente non è presente.Questo ci porta alla seguente

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3.5 Applicazione dell’integrazione assoluta: La trasformata di Fourier 75

3.5.1 Definizione. Definiamo lo spazio delle funzioni a decrescita rapida su Rn, in simboliS.Rn/, lo spazio lineare di quelle funzioni C1 su Rn, f W Rn ! R, tali che per ogni interoN 2 N esiste una costante CN > 0 per i quali si ha

(3.4) jD˛f .x/j � CN .1C kxk/�N ;

per ogni multi-indice ˛ 2 Nn0 .

Più precisamente, per ogni N 2 N e ogni multi-indice ˛ 2 Nn0 definiamo la quantità

(3.5) kf kN;˛ D supx2Rn

.1C kxk/N jD˛f .x/j ;

allora S.Rn/ D ff 2 C1.Rn/ W kf kN;˛ < C1 ; per ogni ˛ 2 Nn0 ; N 2 Ng.

La terminologia è chiara: le funzioni sono tali da decrescere all’infinito più velocemente di ognipotenza di kxk. Questo fa si che ogni funzione a decrescita rapida sia integrabile in senso assolutosu Rn, come segue dall’eq. (3.1). La “norma” in eq. (3.5) in effetti è solo una seminorma, ossia nonvale la proprietà che gli elementi di norma nulla sono l’elemento nullo. Inoltre, c’è una seminormaper ogni valore degli indici, quindi in realtà lo spazio S � S.Rn/ è uno spazio più complicato diuno spazio normato. Purtuttavia si può dimostrare che è uno spazio metrizzabile, ossia è possibiledefinire una metrica, e con questa metrica è uno spazio completo. Spazi di questo tipo sono piùcomplicati degli spazi di Banach e prendono il nome di spazi di Fréchet (spazi numerabilmentenormati, metrizzabili e completi).

3.5.2 Esempi. Esempi tipici di elementi di S sono:1. Tutte le funzioni infinitamente differenziabili a supporto compatto;2. f .x/ D x˛e�kxk2 per ogni ˛ 2 Nn

0 .Un controesempio, in 1 dimensione, è dato dalla funzione f .x/ D e�x

2 sin�ex2�. Questa non

appartiene a S.R/, perché sebbene la f decresca rapidamente, vista la presenza dell’esponenzialedecrescente e per la limitatezza della funzione seno, le sue derivate non sono infinitesime all’infinito,ad esempio

f 0.x/ D �2xe�x2

sin�ex2�C 2x sin

�ex2�:

Si può dimostrare che la condizione in eq. (3.4) è equivalente alla condizione per cui, per ognicoppia di multi-indici ˛; ˇ 2 Nn

0 , si ha

kf k˛;ˇ D supfjxˇD˛f .x/j W x 2 Rng < C1 :

Notiamo che la funzione x 7! xˇf .x/ è in S se f lo è, inoltre lo stesso vale per x 7! D˛f .x/.In particolare questo rimane vero per la composizione delle due precedenti operazioni, x 7!D˛.xˇf .x//.

La seguente definizione è cruciale:

3.5.3 Definizione. Sia f 2 S . Allora definiremo trasformata di Fourier di f , simbolicamenteFf � Of W Rn ! C, la seguente espressione

Of .k/ D

ZRne�ihk;xif .x/ dx :

Per quanto detto sopra, l’integrando è assolutamente integrabile su Rn, quindi la definizione èben posta. In un certo senso, abbiamo l’analogo dei coefficienti di Fourier nel caso discreto. Per

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76 Capitolo 3. Integrazione assoluta

dimostrare che la funzione f è una sovrapposizione continua di funzioni periodiche sempliciabbiamo necessità di sviluppare alcuni risultati preparatori.

3.5.4 Teorema. Per la trasformata di Fourier f 7! Ff � Of valgono le seguenti affermazioni:

1. dxˇf .k/ D .iDk/ˇ Of .k/ , per ogni ˇ 2 Nn

0;2. D˛f .k/ D .ik/˛ Of .k/ , per ogni ˛ 2 Nn

0;3. F è un endomorfismo di S .

Dimostrazione. Vediamo prima l’asserzione 1. Sia � 2 R, e scegliamo un elemento della base standard inRn, ad esempio ej . È utile usare lo sviluppo di Taylor per � D 0 della funzione e�i�y D 1 � i�y C r.�; y/tale che il resto r.�; y/ è di ordine j�j2 (uniformemente in y) per � ! 0, ossia esiste M � 0 tale chejr.�; y/j �M j�j2. Allora valutiamo

Of .kC �ej / � Of .k/ D

ZRnf .x/

�e�ihkC�ej ;xi � e�ihk;xi

�dx(3.6)

D

ZRnf .x/e�ihk;xi

�e�i�xj � 1

�dx

D

ZRnf .x/e�ihk;xi

��i�xj C r.�;x/

�dx

D �i�dxjf .k/CR.�;k/ :Notiamo che l’espressione precedente è lineare in �, e che la quantità R la possiamo stimare nel seguentemodo

jR.�;k/j D j

ZRnf .x/r.�;x/e�ihk;xi dxj �M j�j2

ZRnjf .x/j ;

poiché f è in S allora la funzione R è infinitesima di ordine 2 per � ! 0. Allora, applicando il teoremasulle derivate parziali, si ha che la quantità in eq. (3.6) è derivabile nella direzione ej e quindi

DkjOf .k/ D �idxjf .k/ :

Iterando l’argomento, troviamo la tesiDˇkOf .k/ D .�i/jˇ jdxˇf .k/.

Vediamo ora la 2. Notiamo che .ik/ˇe�ihk;xi D .�D/ˇe�ihk;xi. Da quanto mostrato prima ed usandointegrazione per parti su ciascuna coordinata, si ha

.ik/˛..iD/ˇ Of /.k/ D �

ZRnD˛

x.e�ihk;xi/xˇf .x/ dx

D

ZRne�ihk;xiD˛.xˇf .x// dx ;

dove, i termini al bordo dell’integrazione per parti sono nulli poiché f è in S . In particolare, la 2: segueprendendo ˇ D 0 2 N0.

Dimostriamo infine l’ultima asserzione. Utilizzando la precedente uguaglianza, otteniamo

jk˛.DˇkOf /.k/j �

ZRnjD˛

x.xˇf .x//j dx < C1 ;

poiché f 2 S , quindi Of è in S . Quindi, la trasformata di Fourier manda elementi di S in sé stesso, edessendo definita tramite integrazione assoluta è una operazione lineare, dunque F 2 End.S/. �

3.5.5 Esempio. Sia f .x/ D e�kxk2=2 D e�hx;xi=2. Chiaramente f 2 S . Cerchiamo di ottene-

re trasformata di Fourier. Ci sono due metodi: uno diretto, utilizzando l’integrazione esplicita,

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3.5 Applicazione dell’integrazione assoluta: La trasformata di Fourier 77

l’altro indiretto, che fa uso del teorema precedente. Vediamo quest’ultimo metodo. Se derivia-mo parzialmente la f si ha Dxj f .x/ D �xjf .x/, per cui trasformando con Fourier, si ottieneDxj f .k/ D �

dxjf .k/. Dal Teorema 3.5.4, si ottiene

DkjOf .k/ D �kj Of .k/ ; per ogni j D 1; : : : ; n :

La soluzione di questo sistema di equazioni differenziali del primo ordine è Of .k/ D ce�kkk2=2,

con c 2 R da determinare. La costante vale chiaramente c D Of .0/ per cui si ha

c D

ZRnf .x/ dx

D

ZRne�kxk

2=2 dx

D

ZR� � �

ZR

nYjD1

e�x2j=2 dx1 � � � dxn

D

�Z C1�1

e�x2=2 dx

�nD .2�/

n2 :

Concludendo, Of .k/ D .2�/n2 e�kkk

2=2. �

3.5.6 Definizione. Siano f; g 2 S . Definiamo la convoluzione di f e g come la funzionef � g W Rn ! C tramite l’espressione

(3.7) f � g.x/ D

ZRnf .x � y/g.y/ dy :

Tale operazione soddisfa delle proprietà importanti:

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78 Capitolo 3. Integrazione assoluta

3.5.7 Teorema. Siano f; g 2 S.Rn/. Le seguenti affermazioni sono vere:1. f � g 2 S.Rn/;2. f � g D Of Og.

Dimostrazione. Non è difficile mostrare che vale la seguente disuguaglianza

jxˇ j � 2jˇ jjˇ jXkD0

kx � ykkkykjˇ j�k ;

valida per ogni ˇ 2 Nn0 e ogni y 2 Rn. Infatti, poiché jxj j � kxk, per ogni j D 1; : : : ; n, allora è anche vero

che se j 2 N0 vale jxj j j � kxk j , poiché le funzioni di potenza intera sono tutte strettamente crescenti inRC. In particolare, è quindi vera la disuguaglianza jxˇ j � kxkjˇ j. Ora, usando la disuguaglianza triangolareper la norma euclidea in Rn, per ogni y 2 Rn si ha

jxˇ j � kxkjˇ j

� .kx � yk C kyk/jˇ j

jˇ jXkD0

jˇj

k

!kx � ykkkykjˇ j�k

� 2jˇ jjˇ jXkD0

kx � ykkkykjˇ j�k ;

dove, nella terza riga si è fatto uso dello sviluppo del binomio, e nella quarta riga si è usata la stima (inverocruda, ma sufficiente per i nostri scopi) del fattore binomiale

�jˇ jk

�, che si ricorda conta il numero dei possibili

sottoinsiemi di k elementi in un insieme di jˇj elementi, con la totalità del numero dei sottoinsiemi possibili2jˇ j.

Ora, considerando la convoluzione in eq. (3.7), si ha che jf .x � y/g.y/j � supf jg.y/j, sicchél’integrando nella convoluzione è assolutamente integrabile. Dimostriamo, usando la disuguaglianza pre-cedentemente dimostrata che in effetti appartiene a S . Infatti, derivando e moltiplicando, si ha, per ogni˛; ˇ 2 Nn

0 che

jxˇD˛x.f � g/.x/j �

ZRnjxˇ jjD˛

xf .x � y/jjg.y/j dy

� 2jˇ jjˇ jXkD0

ZRnkx � ykkjD˛

xf .x � y/j kykjˇ j�kjg.y/j dy :

Usiamo ora la disuguaglianza

kx � ykk kykjˇ j�k � .1C kx � yk/k.1C kyk/jˇ j�k

per avere che il membro di destra nella precedente equazione si può maggiorare come

2jˇ jjˇ jXkD0

ZRn.1C kx � yk/kjD˛

xf .x � y/j .1C kyk/jˇ j�kjg.y/j dy

� 2jˇ jjˇ jXkD0

kf kk;˛kgkjˇ j�kCnC1;0

ZRn.1C kyk/�n�1 dy ;

e quest’ultima espressione è finita poiché f e g sono in S e l’integrale è convergente per il criterio diintegrabilità all’infinito. Ne concludiamo che f � g 2 S .2

2In effetti, abbiamo utilizzato una proprietà non ancora dimostrata, ovvero la commutatività dell’operazione diderivazione con quella di integrazione, vedi Teorema 4.3.5.

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3.5 Applicazione dell’integrazione assoluta: La trasformata di Fourier 79

Vediamo ora il punto 2. Si ha

f � g.k/ D

ZRne�ihk;xi

�ZRnf .x � y/g.y/ dy

�dx

D

ZRng.y/

�ZRne�ihk;xif .x � y/ dx

�dy

D

ZRng.y/

�ZRne�ihk;xCyif .x/ dx

�dy

D

ZRne�ihk;yig.y/ dy

ZRne�ihk;xif .x/ dx

D Of .k/ Og.k/ ;

dove, nella seconda riga abbiamo scambiato l’ordine degli integrali usando il Teorema di Fubini per integraliassolutamente convergenti, Teorema 4.3.2, mentre nella terza riga si è fatto uso dell’invarianza per traslazionidell’integrazione 1 dimensionale. �

Siamo ora pronti per dimostrare il principale risultato di questa sezione, ovvero, che una funzionea decrescita rapida ammette decomposizione continua tramite funzioni periodiche elementari, detteonde piane.

3.5.8 Teorema. **[Trasformata Inversa di Fourier] La trasformata di Fourier F è un automorfi-smo di S . La sua inversa è data dall’espressione

(3.8) .F �1 Of /.x/ � f .x/ D .2�/�nZ

Rneihk;xi Of .k/ dk :

Dimostrazione. Per x D 0 l’eq. (3.8) vale

f .x/ D .2�/�nZ

Rn

Of .k/ dk :

Sia ora f .0/ D 0, allora

f .x/ D

Z 1

0

d

dtf .tx/ dt D

nXjD1

xj

Z 1

0

Djf .tx/ dt D

nXjD1

xj Qgj .x/ ;

dove Qgj 2 C1.Rn/ per j D 1; : : : ; n. Usiamo ora il punto .d/ del Teorema sulla partizione dell’unità,Teorema 1.6.11, per trovare una funzione � 2 C1c .Rn/ tale che � sia uguale a 1 in un intorno dell’origine, edefinire

gj .x/ D .� Qgj /.x/Cxj

kxk2.f .1 � �//.x/ ;

che, per ogni j , fornisce una funzione a decrescita rapida in Rn. Infatti, è una funzione C1 perché combina-zione di funzioni C1, inoltre poiché � è a supporto compatto, all’infinito domina la parte in cui c’è f che èa decrescita rapida. Inoltre,

nXjD1

xjgj .x/ D �.x/

nXjD1

xj Qgj .x/C

nXjD1

x2j

kxk2.f .1 � �//.x/ D �.x/f .x/C .1 � �/.x/f .x/ D f .x/ :

Usando la trasformata di Fourier si ha

Of .k/ D i

nXjD1

Dkj Ogj .k/ :

Ora, invocando il teorema fondamentale del calcolo, e poiché Og 2 S.Rn/, si ha

(3.9)Z

Rn

Of .k/ D 0 ;

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80 Capitolo 3. Integrazione assoluta

che dimostra l’eq (3.8) quando f .0/ D 0. Vediamo ora il caso generale, sia f 2 S generica. Definiamoh D f � f .0/g dove g è la funzione gaussiana in Esempio 3.5.5. Poiché S è spazio lineare, allora h 2 S evale h.0/ D 0, da cui, prendendo la trasformata di Fourier, si ottiene Oh D Of � f .0/ Og. Quindi per la (3.9)

0 D

ZRn

Oh.k/ dk D

ZRn

Of .k/ dk � f .0/

ZRnOg.k/ dk

e poichéR

Rn Og.k/ dk D .2�/n allora è verificata la eq. (3.8) per x D 0. La formula dell’inversa è ora valida

per x 2 Rn generico utilizzando la funzione y 7! .��xf /.y/ D f .xCy/, traslata della funzione f . Infatti,usando il Teorema 2.2.6, si ottiene

��xf .k/ D

ZRne�ihk;yif .x C y/ dy D

ZRne�ihk;y�xif .y/ dy D eihk;xi Of .k/ :

Ora, è sufficiente definire h D ��xf � f .x/g. Infatti h.0/ D 0 e quindi si procede come prima contrasformata di Fourier e la relazione appena dimostrata fornisce la formula (3.8) per il caso generico. �

Come si capisce dalla formula della trasformata inversa di Fourier, ora la funzione f è definita dauna sovrapposizione continua di elementi, ek.x/ D e

ihk;xi, dette onde piane, che sono autofunzioni(limitate) dell’operatore di derivazioneD, infatti,Dek.x/ D ikek.x/. Il significato e la portatatecnica di questo teorema per l’analisi precisa dei fenomeni fisici moderni è dirompente. Vediamoun caso semplice:

3.5.9 Esempio. (Equazione del calore) Sia u W Rn � R ! R una funzione sufficientementeregolare, in simboli u.x; t /, dove x 2 Rn rappresenta la variabile “spaziale” mentre t 2 R quella“temporale.” Tale funzione soddisfa l’equazione del calore se vale

(3.10) Dtu.x; t / D ��xu.x; t / ; .x; t / 2 Rn � R ; � > 0 ;

dove �x è il Laplaciano in Rn, ossia �x DPnjD1D

2xj. Se introduciamo il dato inziale

u.x; 0/ D f .x/ ;

dove anche f avrà la stessa regolarità di u, il campo scalare u rappresenta la distribuzione nellospazio e nel tempo della temperatura di un corpo solido, sottoposto a flusso di calore al tempot D 0, e l’equazione ne determina l’evoluzione. Si tratta di una cosidetta equazione alle derivateparziali ed è quindi interessante vedere sotto quali condizioni possiamo determinare una soluzionedell’equazione con il problema al dato iniziale appena descritto. Non sappiamo come manipolaretali equazioni perché non sono equazioni differenziali ordinarie, ma possiamo ricondurci ad esseusando la trasformata di Fourier. Supponiamo quindi di metterci nelle condizioni di massimaregolarità per poter usare la trasformata di Fourier, ossia, supponiamo u.�; t /; f 2 S.Rn/, quindi adecrescita rapida nella sola variabile spaziale. Definiamo

Ou.k; t / D

ZRne�ihk;xiu.x; t / dx :

Se assumiamo di poter commutare l’operazione di integrazione con quella di derivazione (vediTeorema 4.3.5), dall’equazione del calore otterremo,

Dt Ou.k; t / D �� kkk2Ou.k; t / ; Ou.k; 0/ D Of .k/ ;

che ora è diventato un problema di Cauchy per una equazione differenziale ordinaria, letta nellasola variabile temporale t . La soluzione è presto trovata, infatti, è

Ou.k; t / D Of .k/e�t� kkk2

:

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3.5 Applicazione dell’integrazione assoluta: La trasformata di Fourier 81

Definendo Ogt .k/ D e�t� kkk2 e ricordandoci dell’esempio della gaussiana, si trova, tramite

l’antitrasformata di Fourier,

gt .x/ D .2�/�n=2

ZRneihk;xi Ogt .k/ dk D .4� � t/

�n=2e�kxk2

4� t :

Ricordando la convoluzione abbiamo

Ou.k; t / D Of .k/ Ogt .k/ D f ? gt .k/ ;

per cui, dall’antitrasformata di Fourier, si ottiene

u.x; t / D .f ? gt /.x/

D

ZRnf .x � y/gt .y/ dy

D .4��t/�n=2Z

Rne�kyk2

4�t f .x � y/ dy

D .�/�n=2Z

Rne�kyk

2

f .x � 2p� ty/ dy :

Poiché il calcolo effettuato contiene molte assunzioni, è di prammatica verificare che effettivamentela soluzione u cosí trovata è effettivamente una soluzione del problema di Cauchy per l’equazionedel calore. Tale controllo però deve essere necessariamente differito a quando avremo strumentisufficienti per effettuarlo.

Concludiamo facendo notare che supponendo suppf in un insieme limitato e f non banale ossiaf � 0, si ha che per ogni x 2 Rn e ogni t 2 RC esiste un y 2 Rn tale che x � 2

p�ty 2 suppf ,

ossia f .x � 2p� ty/ � 0. Quindi, se ne deduce, che u.x; t / > 0 per ogni x 2 Rn e ogni t 2 RC

e la propagazione del calore avviene a velocità infinita! �

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82 Capitolo 3. Integrazione assoluta

3.6 *Appendice: il calcolo dell’integrale gaussiano in R*

(3.11)Z C1�1

e�x2

dx Dp� :

Sappiamo che l’integrale gaussiano esiste come integrale improprio, quindiZ C1�1

e�x2

dx D p 2 R ;

ovvero, per la parità

2

Z C10

e�x2

dx D p ; ”

Z C10

e�x2

dx Dp

2:

Poiché il problema eventualmente è solo all’infinito, allora scriviamo,

limn!C1

Z pn0

e�x2

dx Dp

2:

Ora,

(3.12)Z pn0

e�x2

dx Dpn

Z 1

0

e�nx2

dx ;

quindi, il problema è ricondotto al calcolo esplicito dell’ultimo integrale. La tecnica che verrà usataè la stima dell’integrando con funzioni che lo approssimano superiormente ed inferiormente. A talproposito, ricordiamo una disuguaglianza elementare,

ey � 1C y ; per ogni y 2 R :

Usiamo la precedente stima in due modi differenti, per ottenere stime da sopra e da sotto dellafunzione integranda in eq. (3.12), ossia

1. Se y D �x2 ne conseguee�x

2

� 1 � x2 ;

ed usiamo l’ultima stima per 1 � x2 � 0, ossia �1 � x � 1, ottenendo, per ogni n 2 N

e�nx2

� .1 � x2/n ;

2. Inoltre vale, per ogni x 2 R, ex2 � 1C x2 ; ossia

1

1C x2� e�x

2

; che implica1

.1C x2/n� e�nx

2

:

In conclusione, vale la seguente disuguaglianza

.1 � x2/n � e�nx2

�1

.1C x2/n;

per ogni �1 � x � 1 ed ogni n 2 N. Per l’isotonia degli integrali si ha, di conseguenza,Z 1

0

.1 � x2/n dx �

Z 1

0

e�nx2

dx �

Z 1

0

1

.1C x2/ndx �

Z C10

1

.1C x2/ndx :

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3.6 *Appendice: il calcolo dell’integrale gaussiano in R* 83

Per integrazione elementare si ha,Z 1

0

.1 � x2/n dx D

Z �=2

0

cos2nC1 x dx D.2n/ŠŠ

.2nC 1/ŠŠ;Z C1

0

1

.1C x2/ndx D

Z �=2

0

cos2n�2 x dx D.2n � 3/ŠŠ

.2n � 2/ŠŠ

2;

vedi anche sottosezione 5.2.5. Quindi, otteniamo

pn

.2n/ŠŠ

.2nC 1/ŠŠ�pn

Z 1

0

e�nx2

dx �pn.2n � 3/ŠŠ

.2n � 2/ŠŠ

2;

dopo aver moltiplicato i membri perpn. Il primo termine si può scrivere come

n

2nC 1

.2n/ŠŠ

.2n � 1/ŠŠ

1pnD

n

2nC 1

..2n/ŠŠ/2

2nŠ

1pnD

n

2nC 1

.2nnŠ/2

2nŠ

1pnD

n

2nC 122n

.nŠ/2

2nŠ

1pn:

Usando la formula di Stirling, nŠ D nne�np2�n.1C o.1// per n!C1, nell’ultima equazione

si ha

n

2nC 1

1pn22n

.nne�np2�n.1C o.1///2

.2n/2n e�2np4�n.1C o.1//

; n!C1 ;

n

2nC 1

p� .1C o.1// ; n!C1 ;

!�

2; n!C1 :

L’ultimo termine della disuguaglianza principale si stima in modo analogo scrivendolo come, adesempio,

pn.2n � 3/ŠŠ

.2n � 2/ŠŠ

2D

1

1pn

.2n�2/ŠŠ

.2n�3/ŠŠ

2;

per cui, il termine nel denominatore si stima come

1pn

.2n � 2/ŠŠ

.2n � 3/ŠŠ!p� ; n!C1 ;

da cui, finalmente,pn.2n � 3/ŠŠ

.2n � 2/ŠŠ

2!

p�

2; n!C1 :

Per il Teorema del Confronto delle successione numeriche reali, si hap�

2�p

2�

p�

2; ” p D

p� :

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4. Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirac e Weierstrass

4.0 Introduzione all’Elefuga, o Pons AsinorumIn questo capitolo affronteremo procedure che permettono l’approssimazione di funzioni tramitealtre funzioni più regolari. In matematica l’approssimazione è un’arte, difficile ma proficua. L’ap-plicazione, specialmente in fisica, è a volte cruciale. Basti pensare alla formula di Taylor, uno deglistrumenti più usati in fisica, che permette l’approssimazione di una funzione con una certa regolaritàtramite un polinomio di grado almeno pari alla regolarità della funzione da studiare. L’idea è che lostudio dell’andamento di un polinomio risulta molto più semplice che non lo studio diretto dellafunzione di partenza. Naturalmente, almeno in questo caso, la parte più tecnica è nel giusto controllodel termine di resto. Poiché questo genere di approssimazioni vengono fatte nei corsi precedenti,ci soffermeremo, in questo capitolo, su altri aspetti dell’approssimazione, quelle per convergenzauniforme, puntuale, e monotona. Il picco verrà raggiunto nella parte dedicata alle approssimantialla delta di Dirac e nella sezione dedicata al Teorema di Weierstrass e sua generalizzazione dovutaa Stone, entrambi teoremi di grande uso in matematica e applicazioni.

4.1 Richiami di convergenza uniformeCi ricordiamo di un risultato importante visto ad Analisi II, benché per integrazione su R, e stavoltageneralizzato all’integrazione multidimensionale, che utilizza in modo cruciale la convergenzauniforme.

4.1.1 Teorema. Siano A rettificabile in Rn, .fk/k2N e f a valori reali e integrabili in A. Se lasuccessione fk converge uniformemente ad f in A allora I.fk/ converge a I.f /.

Dimostrazione. La dimostrazione è identica a quella fatta in R. Consideriamo

I.fk/ � I.f / D

ZA

fk �

ZA

f D

ZA

.fk � f / ;

per l’integrabilità e linearità. Quindi, prendendo il valore assoluto, ed usando la convergenza uniforme di fka f in A, ossia fissato ad arbitrio � > 0, e ponendo Q� D �=voln.A/, allora esiste k0 2 N tale che per ogni

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86 Capitolo 4. Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirac e Weierstrass

k > k0 ottengo jfk.x/ � f .x/j � kfk � f k1 < Q�, si ha

jI.fk/ � I.f /j �

ZA

jfk � f j � kfk � f k1voln.A/ < Q�voln.A/ D � :

Per l’arbitrarietà di � segue la tesi. �

Il teorema è chiaro e semplice da dimostrare, le ipotesi però sono molto forti. La convergenzauniforme non è una assunzione semplice da verificare, in special modo a dimensioni più grandi di 1.Quello che vogliamo enfatizzare ora è che la convergenza uniforme non è veramente necessaria, puòessere assicurata da un altra condizione, più semplice da verificare, e dalla convergenza puntuale. Ilseguente teorema è un primo passo importante.

4.1.2 Teorema. (Teorema della convergenza uniforme del Dini) Sia A compatto in Rn. Sup-poniamo che .fk/k2N sia una successione di funzioni reali continue e monotone in A checonvergono puntualmente ad una funzione f reale e continua in A, allora la successione fkconverge uniformemente ad f in A.

Dimostrazione. Possiamo supporre che la successione sia decrescente, l’altro caso si tratta nello stessomodo. Sia hk D fk � f . Allora hk � 0, hk ! 0 puntualmente ed è anche decrescente. Poiché sonocomposizioni di funzioni continue ogni hk è continua. Quindi per ogni � > 0 fissato ad arbitrio e per ognix 2 A esiste un n.x/ 2 N per cui

0 � hn.x/.x/ <�

2:

Poiché hn.x/ è continua, allora esiste un ı.x/ > 0 tale che jhn.x/.y/� hn.x/.x/j < �=2 per ogni y 2 A taleche ky � xk < ı.x/. Quindi, unendo le due condizione trovate e per la decrescenza, sappiamo che per ognin > n.x/ 2 N si ha

jhn.y/j D jhn.y/ � hn.x/.x/C hn.x/.x/j � jhn.x/.y/ � hn.x/.x/j C jhn.x/.x/j < � :

Per ogni x 2 A sia ora B.x; ı.x// D fy 2 Rn W ky � xk < ı.x/g la palla aperta centrata in x e di raggioı.x/. Abbiamo, chiaramente,

A �[x2A

B.x; ı.x// ;

e per compattezza di A il ricoprimento aperto ammette sottoricoprimento finito

A � B.x1; ı.x1// [ B.x2; ı.x2// [ � � � [ B.xk ; ı.xk//

per qualche scelta dei punti x1; : : : ;xk 2 A. Ora, ogni y 2 A è dentro una qualche palla aperta del ricopri-mento finito (anche più d’una in generale), quindi hn.y/ < � per ogni y 2 A e n > maxfn.x1/; : : : ; n.xk/g,ossia la convergenza uniforme per l’arbitrarietà di �. �

Al di lá dell’applicabilità in esercizi, tale teorema fornisce un importante strumento per ladeterminazione e sviluppo di nuova matematica. Questo sarà, in particolare, usato nella prossimasezione.

4.2 Il Teorema della convergenza limitata/dominata o di ArzelàIn questa sezione vediamo come la convergenza uniforme, che permette il passaggio al limitesotto il segno di varie operazioni, possa essere rimpiazzata da una condizione molto più sempliceda verificare, l’uniforme limitatezza delle successioni di funzioni. In genere, la costruzione chepermette questo scambio conduce a funzioni che non sono necessariamente integrabili, quindivedremo fin da ora, risultati che utilizzano gli integrali superiori o inferiori, che ricordiamo, esistonosempre indipendentemente dall’integrabilità o meno delle funzioni coinvolte.

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4.2 Il Teorema della convergenza limitata/dominata o di Arzelà 87

4.2.1 Proposizione. Siano K 2 R.Rn/ e .fj /j2N successione di funzioni reali in K. Assu-miamo vere le seguenti affermazioni:

1. f1 è limitata e limj!C1 fj .x/ D 0 per ogni x 2 K ;2. .fj / è decrescente, fjC1.x/ � fj .x/ per ogni x 2 K.

Allora si ottiene:lim

j!C1

Z?K

fj .x/ dx D 0 :

Dimostrazione. Sia � > 0 arbitrario. Sappiamo dal Teorema 1.6.14 che per ogni j 2 N esiste una funzionecontinua gj tale che gj � fj per cui

(4.1)Z?K

fj �

ZK

gj C�

2j:

Possiamo anche prendere g � 0, senza cambiare nulla. Definiamo ora una successione di funzioni.hj / su K ponendo h1 D g1 e hj D min.gj ; hj�1/. È chiaro che le hj sono tutte definite in K, continue,decrescenti e tali che limj!C1 hj .x/ D 0, poiché hj � gj � fj . Ora, per ogni j D 1; : : : ; n si ha

gn � gj � max.gn; gi / � gj ;

per cui, per induzione, si ottiene

gn � gj �

n�1XkD1

.max.gn; gk/ � gk/ ;

dove, notiamo che max.gn; gk/ � gk � 0, per ogni k D 1; : : : ; n � 1. Per costruzione sappiamo inoltre chehn � gj , per ogni j D 1; : : : ; n, allora se ne deduce

gn � hn �

n�1XkD1

.max.gn; gk/ � gk/ :

La disuguaglianza appena mostrata è formata da sole funzioni integrabili su K quindi possiamo usarel’additività e l’isotonia dell’integrazione e dedurre cheZ

K

gn �

ZK

hn �

n�1XkD1

�ZK

max.gn; gk/ �ZK

gk

�;

e poiché per ogni j D 1; : : : ; n si ha gj � fj e gn � fn � fj , allora max.gn; gk/ � fk e quindiZK

gn �

ZK

hn �

n�1XkD1

�Z?K

fk �

ZK

gk

�:

Da questa disuguaglianza deduciamo cheZK

gn �

ZK

hn �

n�1XkD1

2k:

Ora viene immediato che

(4.2)Z?K

fn�

ZK

hn D

Z?K

fn�

ZK

gnC

ZK

gn�

ZK

hn ��

2nC

n�1XkD1

2kD

nXkD1

2kD 2�

�1 �

1

2nC1

�:

Poiché la successione .hn/ soddisfa le condizione del Teorema del Dini 4.1.2 allora converge uniforme-mente in K alla funzione nulla. Per cui, troviamo n0 2 N tale che per ogni n � n0 si haZ

K

hn � � ;

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88 Capitolo 4. Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirac e Weierstrass

da cui, per l’eq. (4.2), si ottiene

0 �

Z?K

fn < 3� ;

ed il teorema è dimostrato per l’arbitrarietà di �. �

4.2.2 Teorema. (Teorema della convergenza limitata di Arzelà) Siano K 2 R.Rn/, .fj /j2N ef funzioni reali definite su K e integrabili. Assumiamo vere le seguenti proprietà:

1. Per ogni x 2 K limj!C1 fj .x/ D f .x/ ;2. EsisteM > 0 tale che jfj .x/j �M , per ogni x 2 K e j 2 N.

Alloralim

j!C1

ZK

fj .x/ dx D

ZK

f .x/ dx :

Dimostrazione. Non si perde di generalità se si passa alla considerazione di f D 0, poiché la successionefj � f converge a zero ed i suoi elementi sono funzioni integrabili in K. Inoltre, possiamo anche supporreche fj � 0. Ora, definiamo gj D supffjCk W k 2 Ng per ogni j 2 N. Notiamo che le gj sono limitate perla condizione 2 ma non sono automaticamente integrabili su K. La successione .gj / soddisfa le condizioninella Proposizione 4.2.1, per cui

0 � limj!C1

ZK

fj � limj!C1

Z?K

gj D 0 :

Nelle condizione del teorema precedente, diremo che la famiglia ffj .x/g è uniformemente limitatain K.

L’estensione di quest’ultimo teorema al caso dell’assoluta integrabilità è un altro teoremacruciale.

4.2.3 Teorema. (Teorema della convergenza dominata di Arzelà) Sia A � Rn aperto e sianof; fj W A! R, j 2 N, assolutamente integrabili su A. Supponiamo siano verificate le seguenticondizioni:

1. limj!C1 fj .x/ D f .x/ per ogni x 2 A2. Esiste una funzione g W A ! R limitata ed assolutamente integrabile su A tale chejfj .x/j � g.x/ per ogni x 2 A e j 2 N.

Alloralim

j!C1

ZA

fj .x/ dx D

ZA

f .x/ dx :

Dimostrazione. Dal Teorema 3.1.3, per ogni � > 0 esiste un K 2 R.A/ tale che, per ogni j 2 N

(4.3)ZAnK

jf .x/j dx <�

3;

ZAnK

jfj .x/j dx �

ZAnK

g.x/ dx <�

3:

Per il Teorema 4.2.2, esiste j0 2 N tale che per ogni j � j0 si haˇZA

f .x/ dx �

ZA

fj .x/ dx

ˇD

ˇZK

.f .x/ � fj .x// dx C

ZAnK

f .x/ dx �

ZAnK

fj .x/ dx

ˇ�

ZK

jf .x/ � fj .x/j dx

�per il Teorema 4.2.2

C

ZAnK

jf .x/j dx C

ZAnK

jfj .x/j dx

’dalla stime in eq. (4.3)

<�

3C

3C

3D � ;

ed il teorema è concluso. �

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4.2 Il Teorema della convergenza limitata/dominata o di Arzelà 89

4.2.4 Osservazione. Notiamo che se A fosse un aperto limitato e rettificabile e le funzioni integrabili insenso ordinario, ad esempio continue, il teorema varrebbe anche nel senso dell’ordinaria integrazione suilimitati rettificabili di Rn. �

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90 Capitolo 4. Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirac e Weierstrass

4.3 Applicazioni del Teorema di ArzeláVediamo ora l’estensione all’integrazione assoluta del Teorema di Fubini.

4.3.1 Proposizione. Sia A � RnCm aperto, f W A! R una funzione continua assolutamenteintegrabile in A. Assumiamo che

y 7!

ZRmf .y; z/ dz D

ZA.y/

f .y; z/ dz ;

z 7!

ZRnf .y; z/ dy D

ZA.z/

f .y; z/ dy ;

siano funzioni continue, dove

A.y/ D fz 2 Rm W .y; z/ 2 Ag e A.z/ D fy 2 Rn W .y; z/ 2 Ag :

Allora ZRnCm

f .x/ dx D

ZRn

ZRmf .y; z/ dzdy D

ZRm

ZRnf .y; z/ dydz :

Dimostrazione. Ricordiamo che f è assolutamente integrabile se e solo se f˙ lo sono, quindi possiamosupporre f � 0. Sia .K/j successione invadente di compatti rettificabili in A come in Lemma 3.1.2 edefiniamo per ogni y 2 Rn l’insieme Kj .y/ D fz 2 Rm W .y; z/ 2 Kj g per ogni j 2 N. Tali insiemi sonocertamente rettificabili e formano una successione non decrescente la cui unione è A.y/. Per la rettificabilitàdi ogni Kj .y/ abbiamo che le seguenti funzioni ben definite

gj .y/ D

ZKj .y/

f .y; z/ dz D

ZRm

1Kj .y/.z/ f .y; z/ dz ; j 2 N ;

ed inoltre è ben definita la funzione seguente

g.y/ D

ZRm

1A.y/.z/ f .y; z/ dz :

Dal Teorema di Fubini per funzioni integrabili, Teorema 2.2.3, si haZKj

f .x/ dx D

ZRmgj .y/ dy :

Usiamo ora il fatto che la successione Kj .y/ è non decrescente e genera A.y/ per definire la successione difunzioni fj D 1Kj .y/f .y; �/ W R

m ! R, per le quali vale

limj!C1

fj .z/ D f .y; z/ ; per ogni z 2 A.y/ :

Possiamo ora usare la funzione f .y; �/ come maggiorante ed usare il Teorema della convergenza dominata diArzelà, Teorema 4.2.3, per affermare che

limj!C1

gj .y/ D g.y/ ; per ogni y 2 Rn :

Poiché f � 0 allora gj è una successione non decrescente maggiorata da g e applicando ancora una volta ilTeorema di convergenza dominata si haZ

A

f .x/ dx D limj!C1

ZKj

f .x/ dx D limj!C1

ZRmgj .y/ dy D

ZRmg.y/ dy :

Scambiando il ruolo di y e z si ottiene l’altro integrale iterato, ed il teorema è dimostrato. �

Siamo pronti per la versione di assoluta integrabilità del Teorema di Fubini

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4.3 Applicazioni del Teorema di Arzelá 91

4.3.2 Teorema. (Fubini per assoluta integrabilità) Sia A � RnCm aperto, f W A ! R unafunzione continua in A. Assumiamo che

y 7!

ZRmjf .y; z/j dz ;

z 7!

ZRnjf .y; z/j dy ;

siano funzioni continue. Allora anche y 7!R

Rm f .y; z/ dz e z 7!R

Rn f .y; z/ dy sonocontinue. Supponiamo inoltre che uno degli integrali iterati per jf j converge, ad esempioR

Rn�R

Rm jf .y; z/j dz�dy < 1. Allora f è assolutamente integrabile su A ed entrambi gli

integrali iterati sono uguali all’integrale di f su A, in altri termini valeZRnCm

f .x/ dx D

ZRn

�ZRmf .y; z/ dz

�dy D

ZRm

�ZRnf .y; z/ dy

�dz :

Dimostrazione. La dimostrazione è semplice e fa uso del criterio di assoluta integrabilità visto in Teore-ma 3.1.3. Pensiamo quindi ad una successione di compatti Kj che invade A. Ogni tale compatto può esserericoperto da una unione, non necessariamente disgiunta, di rettangoli. Prendiamo tutte le facce dei rettangolie generiamo una partizione del compatto (come visto, ad esempio, nel Teorema 1.4.7)

Kj �[k;l

Rk �Rl ;

con Rk 2 Rn e Rl 2 Rm, per qualche k e l che variano in un insieme finito di valori.Per assunzione jf j è continua e quindi integrabile su ciascun Kj , e otteniamo dal Teorema di Fubini per

funzioni integrabili sui compatti,ZKj

jf .x/j dx �Xk

Xl

ZRk�Rl

jf .x/j dx

D

Xk

Xl

ZRk

ZRl

jf .y; z/j dz dy

D

Xk

ZRk

Xl

ZRl

jf .y; z/j dz dy

Xk

ZRk

ZRmjf .y; z/j dz dy

ZRn

ZRmjf .y; z/j dz dy

per assunzione l’ultimo integrale è finito e quindi jf j è assolutamente integrabile su A. La proposizioneprecedente, Proposizione 4.3.1, implica l’uguaglianza dei due integrali iterati e dell’integrale di f su A. �

4.3.3 Osservazione. Nel teorema precedente è cruciale lavorare col valore assoluto, perché l’esistenzadell’integrale iterato per f non è sufficiente a determinare l’integrabilità assoluta, causa possibili cancellazioni.In effetti, nella teoria dell’integrazione di Lebesgue un teorema molto simile porta il nome di Teorema diTonelli. �

4.3.4 Esempio. Facciamo vedere che le assunzioni fatte nei risultati precedenti sono necessarie, inquanto non basta sapere la continuità e l’assoluta integrabilità di una funzione affinché il Teoremadi Fubini sia valido.

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92 Capitolo 4. Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirac e Weierstrass

A questo proposito, consideriamo la funzione f W R2 ! R data da f .y; z/ D e�.y4C1/z2 . Lafunzione è continua e positiva quindi, per l’integrazione gaussiana, si haZ

Rf .y; z/dz D

p�p

y4 C 1;

da cui ZR

ZRf .y; z/dzdy D

p�

ZR

1p1C y4

dy <1 :

La funzione è anche assolutamente integrabile perché, usando il criterio visto sulla limitatezza dellasuccessione di integrali fatti su una successione di compatti rettificabili esaustiva per l’aperto R2, siha che per ogni tale compattoK � R2 allora esiste R > 0 tale cheK � Œ�R;R�� Œ�R;R� per cuiZ

K

f .y; z/ dydz �

ZŒ�R;R��Œ�R;R�

f .y; z/ dydz

D

Z R

�R

Z Rp1Cy4

�Rp1Cy4

e�Qz2p

1C y4d Qz dy y ! y z !

Qzp1C y4

ZR

ZR

e�Qz2p

1C y4d Qzdy

Dp�

ZR

1p1C y4

dy <1 ;

quindi la funzione è assolutamente integrabile.Se ne potrebbe concludere che la funzione ammette scambio di integrazione ma accade la cosa

seguente, se z D 0 si ha ZRf .y; 0/dy D

ZR1 dy D1 ;

ossia, l’integrale diverge! Quindi non è vero che vale il Teorema di Fubini, non possiamo scambiarel’ordine di integrazione pur essendo la funzione continua ed assolutamente integrabile. Il problemanasce dal fatto che la funzione z !

RR f .y; z/dy non è continua. è chiara quandi la necessità di

una tale assunzione nei risultati precedenti. �

Concludiamo dimostrando ora un’altra importante conseguenza del Teorema della convergenzadominata di Arzelà. Ricordiamo, si veda la sez. 1.7, che una funzione G a valori vettoriali èintegrabile se e solo se sono integrabili in senso ordinario le sue componenti, e ha come integrale ilvettore le cui componenti sono gli integrali delle singole componenti di G.

4.3.5 Teorema. Siano A e B aperti in Rn e Rm, rispettivamente. Sia f W A � B ! R unafunzione con le seguenti proprietà:

1. Per ogni y 2 A, la funzione z 7! f .y; z/ è assolutamente integrabile in B:2. La derivata totale d1f W A�B ! Lin.Rn;R/ rispetto alla prima variabile esiste ed inoltre

per ogni y 2 A la funzione z 7! d1f .y; z/ è assolutamente integrabile in B:3. Esiste una funzione g W B ! Œ0;C1/ limitata ed assolutamente integrabile su B tale chekd1f .y; z/kEucl � g.z/ per ogni .y; z/ 2 A � B .

Allora F W A! R definita come F.y/ DRB f .y; z/ dz è una funzione differenziabile in A e

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4.4 Approssimanti tramite delta di Dirac 93

vale

(4.4) dF.y/ D

ZB

d1f .y; z/ dz :

Dimostrazione. Consideriamo una successione .vk/ di vettori in Rn che convergono al vettore nullo 0 perk !1 e tali che kvkk ¤ 0 per ogni k 2 N. È allora possibile definire una funzione reale di variabile realeI 3 t 7! f .a C tvk ; z/

:D hz.t/, dove a 2 A è un punto fissato ad arbitrio, e dove l’intervallo aperto I

contiene almeno l’intervallo Œ0; 1�, poiché la successione di vettori tende al vettore nullo, e quindi, almenoasintoticamente, il dominio della variabile t è tale da avere sempre aC tvk 2 A. La derivata della funzionehz vale h0z.t/ D d1f .aC tvk ; z/vk , per la seconda assunzione, per cui, dal teorema fondamentale del calcoloin R, si ha

f .aC vk ; z/ � f .a; z/ D

Z 1

0

d1f .aC tvk ; z/vk dt D

Z 1

0

d1f .aC tvk ; z/ dt vk ;

Per la prima assunzione e linearità dell’integrazione assoluta, il primo membro è assolutamente integrabilesu B , come funzione della z, quindi

F.aC vk/ � F.a/ D

ZB

f .aC vk ; z/ � f .a; z/ dz

D

ZB

Z 1

0

d1f .aC tvk ; z/ dt dz vk :

Per dimostrare la differenziabilità di F in a, possiamo utilizzare due volte il Teorema della convergenzadominata di Arzelà, Teorema 4.2.3, per la successione di funzioni .t 7! d1f .a C tvk ; z//, che convergepuntualmente per k !1 alla funzione d1f .a; z/. Il doppio uso e la veridicità del risultato sono dovuti alladoppia integrazione, da una parte, e alla assunzione della terza proprietà, dall’altra. Infatti,

jF.aC vk/ � F.a/j

kvkkD

ˇZB

Z 1

0

d1f .aC tvk ; z/ dt dz

ˇ�

ZB

Z 1

0

kd1f .aC tvk ; z/k dt dz ;

dove, per la continuità della norma, si ha

limk!1

kd1f .aC tvk ; z/k D k limk!1

d1f .aC tvk ; z/k D kd1f .a; z/k � g.z/ :

Per l’assunta integrabilità della funzione g il limite per k !1 del primo membro esiste finito e vale (4.4)con y D a. Per la arbitrarietà nella scelta di a 2 A si ha l’asserto. �

4.4 Approssimanti tramite delta di DiracIn questa sezione introduciamo uno strumento molto utile il cui utilizzo nelle dimostrazioni deiteoremi di cambiamento di variabili che seguiranno nel prossimo capitolo è cruciale e la cui origineappartiene alla fisica teorica (P.A.M. Dirac).

Sia ı1 W Rn ! R funzione non negativa a supporto compatto K e di integrale

(4.5)Z

Rnı1 D

ZK

ı1 D 1 :

Possiamo supporre, per semplicità, che il supporto della funzione ı1 sia la sfera piena chiusacentrata nell’origine degli assi e di raggio R, quindiK � B.0; R/, e che la funzione sia di massimaregolarità, ossia C1. Definiamo, usando la notazione in eq. (2.1),

ı�.x/ D1

�n

�ı1 ıD1

�1

�ı � � � ıDn

�1

��.x/ D

1

�nı1

�x�

�; � > 0 :

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94 Capitolo 4. Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirac e Weierstrass

Questa funzione è ancora non negativa, con supporto dato dalle x 2 Rn per cui kxk � �R, ossia ilsupporto della funzione originaria è dilatato di un fattore �, e facendo ricorso a quanto dimostratonel Teorema 2.2.6 si ottiene Z

Rnı�.x/ dx D 1 :

4.4.1 Definizione. La famiglia RC 3 � 7! ı� di funzioni in Rn con le proprietà sopra discusseè detta approssimanti della delta di Dirac.

4.4.2 Osservazione. La scelta di avere supporto compatto non è rigida, si può anche farne a meno. Adesempio, una tipica funzione ı1, che infatti non ha la proprietà di avere supporto compatto, è dato dallagaussiana normalizzata

ı1.x/ D1

np2�e�kxk

2=2 ;

altri esempi sono facilmente costruibili. �

Il significato della terminologia approssimanti della delta di Dirac viene chiarito dal seguenterisultato.

4.4.3 Teorema. Sia f W Rn ! R limitata e continua e ı� una famiglia di approssimanti delladelta di Dirac. Allora è vero che

(4.6) lim�!0

ZRnf .x/ı�.x/ dx D f .0/ :

Dimostrazione. Utilizzando il cambiamento di coordinate lineare y D �x si ottieneZRnf .y/ı�.y/ dy D

ZRnf .�x/ı1.x/ dx :

L’integrando nel membro di destra è una successione (in �) di funzioni continue con limite puntuale f .0/ı1.x/nella palla chiusa di raggio R ed ivi limitata da una costante indipendente da �. Possiamo allora usare ilTeorema della convergenza limitata di Arzelà, Teorema 4.2.2, e concludere la dimostrazione del teorema. �

4.4.4 Osservazione. Di successioni approssimanti la delta di Dirac se ne possono definire ed usare inquantità. La cosa importante è che il risultato del precedente teorema non dipende da tali scelte. Ad esempio,vediamo il caso più semplice di successione approssimanti in R

1. Un caso interessante è la funzione

ı1.x/ D3

4.1 � x2/1jxj�1 ;

che non ha la regolarità richiesta ma questo non è un problema perché è comunque continua in R equesto è sufficiente per i nostri scopi illustrativi.Chiaramente,

RR ı1.x/ dx D

34

R C1�1.1 � x2/ dx D 1. La successione allora è data dall’elemento

generico

ı�.x/ D3

4�

�1 �

�x�

�2�1jxj�� :

Infatti ZRı�.x/ dx D

3

4�

Z C���

�1 �

�x�

�2�dx D

3

4

Z C1�1

.1 � t2/ dt D 1 :

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4.4 Approssimanti tramite delta di Dirac 95

La convergenza del Teorema 4.4.3 è direttamente controllabile con f W R! R continua, e si ha

lim�!0

ZRı�.x/f .x/ dx D lim

�!0

3

4�

Z C���

�1 �

�x�

�2�f .x/ dx

D lim�!0

3

4

Z C1�1

�1 � t2

�f .�t/ dt

D f .0/3

4

Z C1�1

�1 � t2

�dt D f .0/ :

2. Un altra famiglia approssimante in R con supporto compatto è la seguente, per ogni k 2 N

ık.x/ D ck.1 � x2/k1jxj�1 ;

dove i coefficienti ck sono uguali a

ck D.2k C 1/Š

22kC1.kŠ/2D

�B

�k C 1;

1

2

���1;

in cui B è la funzione Beta di Eulero, che vale, in termini della funzione Gamma di Eulero,

B

�k C 1;

1

2

�D� .1=2/� .k C 1/

� .k C 3=2/:

Nella sottosezione 5.2.5 si trovano definizioni e calcoli espliciti, vedi (5.15) e (5.18).3. Una famiglia che rispetta tutte le condizioni poste all’inizio è invece quella vista nella parte dedicata

alla partizione dell’unità, Teorema 1.6.11, ossia l’eq. (1.25), estesa a dimensione generica tramite laposizione in eq. (1.22).

In genere si può usare la tecnica della convoluzione, in 3.5.6, per trasferire il risultato delteorema appena visto nella valutazione della funzione in un generico punto di Rn. Un attimo diriflessione ci permette di dedurre che la convoluzione è ancora ben definita anche se una delle duefunzioni è solamente limitata, non necessariamente a decrescita rapida (ricordiamo che le funzioniC1 a supporto compatto sono a decrescita rapida, vedi 3.5.2). Chiaramente la convoluzione nonsarà più a decrescita rapida ma intuitivamente possiamo dire che sarà ben definita e continua in Rn,la dimostrazione di questo risultato viene proposta in Proposizione 4.4.7. Importante è l’analisi delsupporto della convoluzione. Definiamo dapprima la somma di insiemi, ossia se A;B � Rn allora

AC B D fx 2 Rn W x D y C z ;y 2 A ; z 2 Bg :

Si ha il seguente risultato preliminare:

4.4.5 Lemma. Siano A � Rn chiuso e B � Rn compatto, allora valgono i seguenti risultati:1. AC B è chiuso,2. Se B D B.0; ı/ allora AC B.0; ı/ coincide con la ı-estensione Aı di A, in particolare

sarà compatta se A è compatto, e sarà compatta e convessa se A è compatto e convesso.

Dimostrazione. Vediamo la 1. Sia .xk/k2N successione di elementi di A C B convergente a x 2 Rn.Dobbiamo dimostrare che x 2 A C B . Siano allora, per ogni k 2 N, yk 2 A e zk 2 B , tali chexk D yk C zk . Poiché B è compatto allora la successione .zk/ ha sottosuccesione convergente .zk.j // adun elemento z 2 B . Poiché .xk/ converge allora converge ogni sua sottosuccessione, in particolare quellaindicizzata come la sottosuccessione .zk.j //. Ponendo y D x � z, allora risulta y D lim yk.j /, poichécomposizione di successioni convergenti, ma A è chiuso allora y 2 A, sicché x D y C z 2 AC B .

Per dimostrare la parte 2., sia x 2 AC B.0; ı/, che per la prima parte è un chiuso, e siano y 2 A ez 2 B.0; ı/ tali che x D y C z. Allora avremo che dist.x; A/ � kx � yk D kzk � ı, ossia x 2 Aı .

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96 Capitolo 4. Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirac e Weierstrass

Al contrario, sia x 2 Aı . Poiché dist.x; A/ è l’estremo inferiore di tutte le distanze di x da A allora perogni k 2 N esisterà yk 2 A tale che kx � ykk � ı C 1=k. Ponendo zk D x � yk , allora kzkk � ı C 1=k.La successione .yk/k2N è in A ed è limitata, quindi esiste una sottosuccessione convergente .yk.j //. Inoltreper la chiusura di A convergerà ad un y 2 A. Ponendo z D lim zk.j /, si ha kzk � ı e quindi x D y C z cony 2 A e z 2 B.0; ı/, e l’uguaglianza è quindi dimostrata. La compattezza è vera per il Lemma 1.6.13. Sein più A è convesso allora il risultato segue dal fatto che la somma di insiemi convessi è convessa. Infattiper ogni z1; z2 2 A C B e ˛ 2 Œ0; 1� dobbiamo dimostrare che ˛z1 C .1 � ˛/z2 2 A C B , ma poichéz1 D a1 C b1 e z2 D a2 C b2, con ovvio significato dei simboli, la tesi segue dalla convessità dei singoliinsiemi. �

In conclusione, abbiamo il seguente risultato:

4.4.6 Teorema. Siano f una funzione reale continua e a supporto compatto in Rn e ı� unasuccessione di approssimanti della delta di Dirac, allora

suppf � ı� D suppf C suppı� D suppf C suppı� D .suppf /�R ;

è un insieme compatto.

Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare solo la prima uguaglianza, le altre seguono dal lemma precedente edal fatto che suppı� D B.0; �R/.

Supponiamo x 2 suppf ?ı� , allora il supporto della funzione integranda y 7! gx.y/ D f .x�y/ı�.y/,suppgx , è non vuoto. Notiamo che suppgx � suppı� , in quanto se y 2 suppgx allora la funzione ı� nonpuò essere nulla in un intorno di y perché se così fosse sarebbe nulla nello stesso intorno la gx , e quindi ynon apparterebbe, come supposto, al suo supporto. Per lo stesso motivo, suppgx deve essere incluso anchenel supporto della funzione y 7! f .x � y/. Fissato allora y 2 suppgx , si ha x � y 2 suppf , y 2 suppı�e x D .x � y/C y , ossia x 2 suppf C suppı� .

Al contrario, sia x 2 supp.f ? ı�/. Per ogni r > 0 la palla B.x; r/ contiene almeno un punto z in cui laconvoluzione è non nulla. Per la prima parte della dimostrazione, allora ogni punto z nelle condizioni detteappartiene alla somma dei supporti suppf e suppı� . Allora, ogni intorno di x contiene almeno un punto disuppf C suppı� , per cui x appartiene alla chiusura di tale somma. �

Per una situazione in cui l’analisi del supporto è cruciale si veda la dimostrazione del Teore-ma 5.1.3 e i prossimi risultati.

4.4.7 Proposizione. Sia f W Rn ! R continua e a supporto compatto e sia .ı�/ una famigliaC1 di approssimanti della delta di Dirac. Allora la convoluzione f ? ı� è una funzione diclasse C1 e vale

Dkj .f ? ı�/ D f ? Dkj ı� ; per ogni j D 1; : : : ; n; k 2 N :

Se fosse f 2 Cmc .Rn/,m � 1, allora potremmo anche scrivere cheDkj .f ?ı�/ D .Dkj f /?ı� ,

almeno per tutti i k per cui ha senso.

Dimostrazione. Dimostriamo prima la continuità. Se .xk/ è una successione di punti che convergono a x,possiamo scegliere r sufficientemente grande tale che kxkk � r per ogni k 2 N ed R > 0 per il quale ilsupporto di f sia incluso in B.0; R/. Allora il limite limk!1.f ? ı�/.xk/ converge a .f ? ı�/.x/ per ilTeorema della convergenza dominata di Arzelà, Teorema 4.2.3, perché il limite puntuale, data la continuitàdelle funzioni in gioco vale,

limk!1

f .xk � y/ı�.y/ D f .x � y/ı�.y/ ;

e l’integrando può essere maggiorato dalla funzione assolutamente integrabileMı� doveM è l’estremosuperiore di jf j preso sulla palla chiusa di raggio r CR, la quale contiene xk � y per ogni y 2 suppf .

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4.5 Approssimanti polinomiali: Teoremi di Weierstrass e Stone-Weierstrass 97

Vediamo ora la regolarità C1. È chiaramente sufficiente dimostrare che è C 1 e poi usare l’induzione suk. Dobbiamo quindi dimostrare che il seguente rapporto incrementale è finito nel limite h! 0 e vale

limh!0

.f ? ı�/.x C hej / � .f ? ı�/.x/

hD limh!0

ZRnf .y/

ı�.x C hej � y/ � ı�.x � y/

hdy

D

ZRnf .y/Dj ı�.x � y/ dy :

Dobbiamo giustificare il passaggio del limite sotto il segno d’integrale e a tale proposito usiamo il teoremafondamentale del calcolo in R per scrivere

ı�.x C hej � y/ � ı�.x � y/

hD1

h

Z 1

0

d

dtı�.x C thej � y/ dt D

Z 1

0

Dj ı�.x C thej � y/ dt ;

per cui, usando ancora il Teorema della convergenza dominata di Arzelà, possiamo prendere come dominantela funzioneM jf j doveM è l’estremo superiore di jDj ı�j in una palla di raggio abbastanza grande in modotale da contenere tutti i punti del tipo x C z � y con y 2 suppf e kzk < 1, otteniamo l’esistenza del limite.La continuità della derivata può essere studiata nello stesso modo fatto in precedenza. L’induzione chiude(eventualmente) il teorema. �

4.4.8 Teorema. Sia f W Rn ! R continua e a supporto compatto e sia ı� una famiglia diapprossimanti della delta di Dirac. Allora si ha, per ogni z 2 Rn,

lim�!0

ZRnf .y/ı�.z � y/ dy D lim

�!0

ZRnf .z � x/ı�.x/ dx D f .z/ :

Dimostrazione. In effetti, la convoluzione f ? ı� è una funzione continua il cui supporto è compatto, comesi è visto nel Teorema 4.4.6 e nella Proposizione 4.4.7. Inoltre, poiché f è anche uniformemente continua,allora

(4.7) f ? ı�.z/ � f .z/ D

ZRn.f .z � �y/ � f .z// ı1.y/ dy ! 0 ; � ! 0 ;

uniformemente in � per il Teorema della convergenza limitata di Arzelà, Teorema 4.2.2. �

4.5 Approssimanti polinomiali: Teoremi di Weierstrass e Stone-WeierstrassIn questa sezione vediamo due teoremi importanti per l’analisi e le applicazioni. Infatti, essi trovanonumerose applicazioni in molti ambiti matematici e sorprendentemente anche in svariate areeapplicative, come l’ingegneria delle reti neurali e l’ottimizzazione.

Teorema di Weierstrass.Vediamo una generalizzazione al caso di funzioni in Rn e differenziabili con ordine finito del piùtradizionale risultato di Weierstrass, valido per n D 1 e per funzioni solo continue. Esistono decinedi tecniche differenti per dimostrarlo, noi useremo quanto visto nei paragrafi precedenti, ossiautilizzando le famiglie di approssimanti la delta di Dirac.

Se f è una funzione reale definita in Rn e k-volte differenziabile, usiamo la seguente norma diconvergenza uniforme per f e tutte le sue derivate

kf k1;k DXj˛j�k

1

˛Šsup

x2RnjD˛f .x/j ;

con ˛ 2 Nn0 , ed estendiamo il Teorema 4.4.8 utilizzando una famiglia gaussiana di approssimanti

della delta di Dirac

ı�.x/ D

�1

�2�

�n=2e�kxk

2=�2 ;

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98 Capitolo 4. Approssimazioni di funzioni: Arzelá, Dirac e Weierstrass

e definendo la convoluzione

(4.8) g�.x/ D

ZRnf .x � y/ı�.y/ dy :

Si ha allora, scrivendo � D ��1 per esigenze stilistiche,

4.5.1 Lemma. Sia f 2 C kc .Rn/ con 0 � k <1. Allora g� 2 C1.Rn/ e vale

lim�!1

kf � g�k1;k D 0 :

Dimostrazione. Che la funzione g� sia C1 è stato dimostrato nella Proposizione 4.4.7.Quindi, poiché g� è data in eq. (4.8), si ha, se ˛ 2 Nn

0 con j˛j � k,

D˛g�.x/ D

��2

�n=2 ZRn.D˛f /.x � y/ e��

2kyk2 dy

D

��2

�n=2 ZRn.D˛f /.y/ e��

2kx�yk2 dy

dove il passaggio della derivata sotto il segno segue dall’applicazione del Teorema 4.3.5, per cui

D˛g�.x/ �D˛f .x/ D

��2

�n=2 ZRn.D˛f .y/ �D˛f .x// e��

2kx�yk2 dy :

Per la definizione di norma vista sopra, sarà sufficiente dimostrare che per �!1, la precedente relazionetende a zero, qualora valutata con l’estremo superiore.

Ora, per la continuità delle derivate della f , si ha che per ogni � > 0 esiste un ı > 0 tali che sekx � yk < ı allora

jD˛f .y/ �D˛f .x/j <�

2; per ogni j˛j � k; j˛j � k :

Inoltre, per la compattezza del supporto, si ha che esisteM > 0 per cui

jD˛f .x/j �M ; per ogni x 2 Rn :

In conformità alla richiesta di continuità, dividiamo l’integrazione su Rn nella regione kx � yk < ı e nelsuo complemento kx � yk � ı, sicché,

jD˛g�.x/ �D˛f .x/j �

��2

�n=2 �Zkx�yk<ı

C

Zkx�yk�ı

�j.D˛f .y/ �D˛f .x//j e��

2kx�yk2 dy

��2

�n=2�

2

ZRne��

2kx�yk2 dy C

��2

�n=22M

Zkx�yk�ı

e��2kx�yk2 dy :

L’esponenziale nell’ultimo integrale lo possiamo stimare da sopra con la quantità

(4.9) e��2kx�yk2=2e��

2ı2=2 ;

utilizzando il seguente (geniale) trucco

kx � yk2 D1

2kx � yk2 C

1

2kx � yk2 �

1

2kx � yk2 C

ı2

2;

poiché kx � yk � ı, da cui moltiplicando per ��2 entrambi i membri ed usando la monotonia dell’esponen-ziale si ottiene l’eq. (4.9).

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4.5 Approssimanti polinomiali: Teoremi di Weierstrass e Stone-Weierstrass 99

Si ottiene allora (eseguendo nel primo integrale l’integrazione gaussiana ed estendendo ancora nelsecondo integrale l’integrazione a tutto Rn)

jD˛g�.x/ �D˛f .x/j �

2C

��2

�n=22Me��

2ı2=2

ZRne��

2kx�yk2=2 dy :

Nel secondo membro, integrando ancora cancelliamo il fattore��2

�n=2(ma moltiplichiamo per 2n=2), e

notiamo che poiché ı edM sono fissati, allora esiste �0 (ad esempio �0 D 1ı

r2ˇlog

��

2.nC4/=2M

�ˇ) per cui

per � > �0 si ha 2n=22Me��2ı2=2 < �=2 da cui

jD˛g�.x/ �D˛f .x/j < � ; per ogni � > �0 ;

ossiasup

x2RnjD˛g�.x/ �D

˛f .x/j ! 0 ; se �!1 :

Siamo pronti per stabilire il seguente importante risultato

4.5.2 Teorema. (Teorema di Weierstrass) Siano A � Rn aperto e f 2 C k.A/, 0 � k <1.Allora per ogni K � A compatto e per ogni � > 0, esiste un polinomio P.x/, x 2 Rn, tale che

kf � P k1;k;K < � :

4.5.3 Osservazione. Il teorema stabilisce l’approssimazione uniforme per f e le sue derivate in ognicompatto K tramite un polinomio. Se ci ricordiamo che le funzioni C k.K/ sono spazi di Banach con lenorme adottate, allora il risultato di Weierstrass ci indica che per ogni compatto K i polinomi (ristretti a K)sono densi in C k.K/. �

Teorema di Stone-Weierstrass.

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5. Integrazione e cambiamento delle variabili

5.1 I Teoremi di cambiamento delle variabili

È ben noto in analisi di base il teorema che permette il cambiamento della variabile nell’integra-zione di Riemann, lo abbiamo anche usato proficuamente nella Sez.2.2. È certamente uno deipochi strumenti utili per il calcolo efficace degli integrali. Vogliamo quí proporre la versionemultidimensionale di questo artificio tecnico.

5.1.1 Definizione. Sia A aperto di Rn. Chiameremo cambiamento di variabili in Rn ognifunzione ' W A ! Rn iniettiva, di classe C k , e tale che d'.x/ 2 Aut.Rn/ per x 2 A ek 2 N [ f1g.

5.1.2 Osservazione. Alla fine del corso di Analisi II introducemmo la nozione di diffeomorfismo, ossiadata una coppia di aperti A;B di Rn la funzione ' W A! B è bigettiva e tale che ' e '�1 sono di classe C k(k come prima). Questa nozione è equivalente alla nozione di cambiamento delle variabili, perché se ' è undiffeomorfismo, allora la regola della differenziazione a catena implica che d'.x/ 2 Aut.Rn/, quindi ' èun cambiamento di variabili. Il viceversa è anche vero ma più complicato da dimostrare. Quindi, poichéparlare di diffeomorfismi o cambiamenti di variabili è perfettamente equivalente, useremo l’una o l’altradenominazione senza ulteriori spiegazioni. �

5.1.3 Teorema. (Primo Teorema del cambiamento delle variabili) Sia ' W A ! B un cambia-mento di variabili di classe C k tra insiemi aperti di Rn. Sia f W B ! R una funzione continuaa supporto compatto in B . Allora la funzione f è integrabile su B se e solo se la funzione.f ı '/j det d'j è integrabile su A. Se si verifica una delle due proprietà allora si ha

(5.1)ZB

f .y/ dy D

ZA

f .'.x//j det d'.x/j dx :

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102 Capitolo 5. Integrazione e cambiamento delle variabili

5.1.4 Teorema. (Secondo Teorema del cambiamento delle variabili) Sia ' W A ! B un dif-feomorfismo di classe C k tra insiemi aperti di Rn. Sia f W B ! R una funzione limitata ea supporto compatto in B . Allora la funzione f è integrabile su B se e solo se la funzione.f ı '/j det d'j è integrabile su A. Se si verifica una delle due proprietà allora si ha

(5.2)ZB

f .y/ dy D

ZA

f .'.x//j det d'.x/j dx :

5.1.5 Teorema. (Terzo Teorema del cambiamento delle variabili) Siano ' W A! B diffeomor-fismo di classe C k tra insiemi aperti di Rn e f W B ! R. Allora la funzione f è assolutamenteintegrabile su B se e solo se la funzione .f ı '/j det d'j è assolutamente integrabile su A. Sesi verifica una delle due proprietà allora si ha

(5.3)ZB

f .y/ dy D

ZA

f .'.x//j det d'.x/j dx :

L’ultimo teorema è un bellissimo risultato ottenuto recentemente da Peter Lax (vedi Bibliografiasezione Articoli). Utilizza la seguente tipologia di funzioni:

5.1.6 Definizione. Sia ' una funzione da Rn in sé stesso tale che:1. ' è di classe C 12. ' è l’indentità al di fuori della palla di raggio 1, ossia '.x/ D x se kxk � 1.

Chiameremo questa funzione ' un cambiamento di variabili alla Lax.

5.1.7 Teorema. (Teorema del cambiamento di variabili di Lax) Siano f continua e a supportocompatto su Rn e ' un cambiamento di variabili alla Lax. Allora la funzione

x 7! f .'.x// det.d'.x//

è integrabile e vale Zf .y/ dy D

Zf .'.x// det.d'.x// dx :

Le dimostrazioni dei teoremi precedenti si trovano nella Sez. 5.3.

5.2 Esempi di cambiamento delle variabili

Negli esempi pratici di uso dei teoremi di cambiamento delle variabili si usa in genere integrarerispetto a domini normali o domini leggermente più complicati ma sempre riconducibili a unionicon interni disgiunti di domini normali. Essendo questi compatti, ci si chiede come i teoremivisti possano essere utili. Ci ricordiamo di un risultato visto precedentemente, Teorema 1.4.11, estabiliamo il seguente risultato

5.2.1 Teorema. Sia ' W A! B diffeomorfismo di classe C k tra i due aperti A;B in Rn. SiaK un sottoinsieme compatto di A e sia '.K/ D L. Allora:

1. Si ha '.int.K// D int.L/ e '.fr.K// D fr.L/.2. Se K è rettificabile cosí è L.

Questi risultati rimangono validi anche se K non è compatto, sempreché si abbia fr.K/ � A efr.L/ � B .

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5.2 Esempi di cambiamento delle variabili 103

Dimostrazione. Dimostriamo la 1. Poiché ' è un diffeomorfismo allora '�1 è mappa continua, quindi ogniU aperto in A viene trasformato in '.U / aperto in B . In particolare '.int.K// è un aperto in Rn contenutonell’insieme '.K/ D L, sicché

(5.4) '.int.K// � int.L/ :

Lo stesso possiamo dire per .Rn nK/\A, sotto ' viene trasformato in un aperto contenuto in B . Poiché' è iniettiva allota '..Rn nK/ \ A/ è disgiunto da '.K/ D L, quindi

(5.5) '..Rn nK/ \ A/ � .Rn n L/ :

Ne consegue che

(5.6) '.fr.K// � fr.L/ :

Infatti, sia y 2 fr.L/, vogliamo dimostrare che y 2 '.fr.K//. Sappiamo che L è compatto perchéimmagine diK compatto tramite ' continua. AlloraL è chiuso e quindi deve contenere i punti della frontiera,ossia y . Quindi y 2 B . Sia ora x punto di A tale che '.x/ D y . Il punto x non può essere in int.K/, perla (5.4), e non può essere in Rn n L per la (5.5). Ne consegue che x 2 fr.K/, sicché y 2 '.fr.K//, comevolevamo dimostrare.

Un semplice scambio di ruoli tra A e B e tra ' e '�1 implica che le stesse relazioni viste in (5.4) e (5.6)valgono anche ora, ossia

'�1.int.L// � int.K/ ;(5.7)

'�1.fr.L// � fr.K/ :(5.8)

Combinando (5.4) con (5.7) ne consegue '.int.K// D int.L/, mentre combinando (5.6) con (5.8), si ottiene'.fr.K// D fr.L/.

Vediamo ora la 2. Se K è rettificabile allora fr.K/ ha misura nulla. Poiché ' è almeno C 1 allora èanche localmente lipschitziana, dunque per il Teorema 1.4.11, '.fr.K// ha misura nulla. Per quanto visto inprecedenza '.fr.K// D fr.L/, quindi anche L è rettificabile. �

A questo punto possiamo estendere il Teorema del cambiamento delle variabili, ad esempio ilsecondo, nel modo seguente

5.2.2 Teorema. Sia ' W A! B un diffeomorfismo di classe C k tra insiemi aperti di Rn. SiaKun compatto rettificabile inA e denotiamo conL D '.K/ la sua immagine inB . Sia f W B ! Rlimitata. Se f è integrabile in L allora la funzione .f ı '/j det d'j è integrabile in K e si ha

(5.9)ZL

f D

ZK

.f ı '/j det d'j :

Dimostrazione. La dimostrazione è ovvia, segue dalla dimostrazione del teorema del cambiamento divariabili, ad esempio Teorema 5.1.3, e dal Teorema 5.2.1. �

Il seguente corollario è diretta conseguenza:

5.2.3 Corollario. Sia ' trasformazione affine e bigettiva di dati x0 e A 2 Aut.Rn/. Sia T uninsieme rettificabile in Rn e sia S D '.T /. Allora vale la formula

(5.10) voln.S/ D j det.A/jvoln.T / :

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104 Capitolo 5. Integrazione e cambiamento delle variabili

Dimostrazione. Dal Teorema 5.2.1, poiché ' è un diffeomorfismo in Rn allora S è rettificabile. Perl’eq.(1.17) ed il Teorema precedente (1S è limitata) si ha

voln.S/ DZ

Rn1S D

ZRn

1'.T / D

ZRn

1T j det.d'/j DZ

Rn1T j det.A/j D j det.A/j voln.T / ;

e l’asserto è dimostrato. �

Sarà utile il seguente corollario al precedente risultato. Cosideriamo il cubo C D Œ0; 1�n

in Rn. Geometricamente è generato dalle combinazioni lineari dei vettori della base standarde1; : : : ; en con coefficienti ˛1; : : : ; ˛n tutti a valori in Œ0; 1�. Se � è una trasformazione lineare,allora �.C / è il parallelepipedo P.v1; : : : ; vn/ generato dai vettori v1; : : : ; vn con vj

:D �.ej /. Si

ha allora

5.2.4 Corollario. Siano v1; : : : ; vn vettori in Rn. Allora

(5.11) voln.P.v1; : : : ; vn// D j detŒv1 � � � vn�j :

Dimostrazione. Chiara per il corollario precedente ed il fatto che la matrice associata alla trasformazione� è data dai vettori colonna vj D �.ej /. �

Sarà utile formalizzare e generalizzare in modo preciso il concetto di parallelepipedo (obliquo)in Rn.

5.2.5 Definizione. (k-Parallelepipedo) Fissiamo il punto Ox e 1 � k � n vettori v1; : : : ; vkin Rn originanti tutti in Ox. Chiameremo k-parallelepipedo in Rn di ancoraggio Ox l’insiemeP Ox.v1; : : : ; vk/ generato dalle combinazioni lineari

Ox C ˛1v1 C ˛2v2 C � � � C ˛kvk ;

con ˛1; : : : ; ˛k che variano in Œ0; 1�.

5.2.6 Osservazione. Il parallelepipedo dell’esempio 1.6.6 n.1 è quindi P.v1; v2; v3/ dove Ox D 0 ev1 D ae1, v2 D be2, mentre v3 sarà definito essere il vettore congiungente O con V , ossia v3 D .˛; ˇ; h/.Ricordiamo dal corso di geometria elementare che

vol3.P.v1; v2; v3// D j det.Œv1; v2; v3�/j D v3 � .v1 � v2/ ;

ed infatti v3 � .v1 � v2/ D abv3 � .e1 � e2/ D abv3 � e3 D abh. La formula del volume in eq.(5.11) èutilizzata con l’invarianza per traslazioni della nozione di volume, Teorema 1.6.7, e fornisce

(5.12) voln.P Ox.v1; : : : ; vn// D voln.P0.v1; : : : ; vn// D j det.Œv1; v2; : : : ; vn�/j ;

dove Œv1; : : : ; vn� è, come sopra, la matrice le cui colonne sono determinate dai vettori vj . �

L’osservazione ha trattato il caso in cui k D n, e ricordato che dalla geometria elementare ilvolume di un parallelepipedo è dato dal valore assoluto del determinate della matrice generata daivettori generatori del parallelepipedo. Cosa succede per k < n? È chiaro che quí abbiamo unproblema perché il parallelepipedo giace un un sottospazio k-dimensionale di Rn e quindi ha misuranulla in Rn. Qual’è la giusta nozione di “volume” k-dimensionale per un tale parallelepipedo?

Alla giusta nozione ci si arriva tramite un “trucco” che consiste nello scrivere in modo opportunola definizione precedente tale poi da essere chiara la nuova e più generale definizione. Infatti, seconsideriamo la matrice V D Œv1; : : : ; vn�, possiamo scrivere che

voln.P Ox.v1; : : : ; vn// D j det.Œv1; v2; : : : ; vn�/j Dpdet.VᵀV / :

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5.2 Esempi di cambiamento delle variabili 105

È ovvio che nella nuova scrittura la generalizzazione è semplice, perchè infatti, se V è ora la matricen � k le cui righe sono le n componenti dei k vettori generanti il k-parallelepipedo P , allora VᵀVè una matrice quadrata k � k per cui ha senso definire il volume del k-parallelepipedo in Rn come

volk.P Ox.v1; : : : ; vk//:Dpdet.VᵀV / :

5.2.1 Cambiamento di variabili polari5.2.2 Cambiamento di variabili sferiche5.2.3 Cambiamento di variabili cilindriche5.2.4 Cambiamento di variabili polari in Rn

Si può introdurre un cambiamento di coordinate polari o sferiche anche in Rn. La trasformazione 'è la seguente:

x1 D � cos�1x2 D � sin �1 cos�2x3 D � sin �1 sin �2 cos�3:::

xn�1 D � sin �1 � � � sin �n�2 cos �xn D � sin �1 � � � sin �n�2 sin �

dove � 2 Œ0;1/, �j 2 Œ0; ��, j D 1; : : : ; n � 2, ed infine � 2 Œ0; 2�/. Non è difficile dimostrareche lo jacobiano della trasformazione ' ha la seguente forma

det.D'/.�; �1; : : : ; �n�2; �/ D �n�1.sin �1/n�2.sin �2/n�3 � � � sin �n�2 :

A questo punto abbiamo le formule sufficienti a discutere in dettaglio qualcosa rimasto in sospeso, lacaratterizzazione dell’integrabilità assoluta con gli infiniti e/o infinitesimi campione visti in Sez. 3.3.

Dimostrazione Teorema 3.3.1. Come intorno rettificabile del punto x0 possiamo prendere, per definitezza,la palla chiusa centrata in x0 e di raggio R > 0. Quindi, usando il Teorema 2.2.6 prima per la traslazionex 7! x � x0, e di seguito usando il Teorema 5.2.2 per la trasformazione di variabili polari in Rn, si ottieneZ

B.x0;R/

1

kx � x0k˛dx D

ZB.0;R/

1

kxk˛dx D ˝n

Z R

0

�n�1�˛ d�

dove ˝n rappresenta il volume della palla centrata nell’origine e di raggio 1 (vedremo nella sottosezionesuccessiva il calcolo esplicito). È ora ovvio, che possiamo scrivere

R R0�n�1�˛ d� D lim�!0C

R R��n�1�˛ d�,

quindi Z R

�n�1�˛ d� D

(Rn�˛��n�˛

n�˛; ˛ ¤ n ;

log R�; ˛ D n ;

il limite allora vale

lim�!0C

Z R

�n�1�˛ d� D

(Rn�˛

n�˛˛ < n ;

˙1 ; ˛ � n :

Il teorema è dimostrato. �

Allo stesso modo:

Dimostrazione Teorema 3.3.2. Usando il ragionamento seguito nel teorema precedente peró visto nelcomplementare della palla chiusa centrata in x0 e di raggio R > 0, si ottieneZ

RnnB.x0;R/

1

kx � x0k˛dx D

ZRnnB.0;R/

1

kxk˛dx D ˝n

Z 1R

�n�1�˛ d� :

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106 Capitolo 5. Integrazione e cambiamento delle variabili

Quindi,R1R�n�1�˛ d� D lim!!C1

R !R�n�1�˛ d�, per cui

Z !

R

�n�1�˛ d� D

(!n�˛�Rn�˛

n�˛; ˛ ¤ n ;

log�!R

�; ˛ D n ;

per cui, nel limite si hanno i seguenti casi

lim!!C1

Z !

R

�n�1�˛ d� D

(Rn�˛

˛�n; ˛ > n ;

C1 ; ˛ � n :

Il teorema è dimostrato. �

5.2.5 Funzione Gamma di Eulero e volumi di sfere in Rn

Consideriamo il seguente integrale Z C10

e�xxt�1 dx :

È un integrale improprio convergente se t > 0. Quindi è ben definita e con dominio di definizione.0;C1/ la seguente funzione

(5.13) � .t/ D

Z C10

e�xxt�1 dx ;

che viene detta funzione Gamma di Eulero. È una funzione estremamente importante in Analisi.Una delle proprietà rilevanti è che soddisfa una equazione di ricorrenza, ossia, integrando per parti

� .t C 1/ D

Z C10

e�xxt dx D��xte�x

�xDC1xD0

C t

Z C10

e�xxt�1 dx D t � .t/ ;

quindi

(5.14) � .t C 1/ D t � .t/ ; t > 0 :

Il valore per t D 1 si può calcolare direttamente dalla definizione e si ha � .1/ DRC10 e�x dx D 1

per integrazione elementare. Possiamo anche calcolare il valore per t D 1=2

�1

2

�D

Z C10

e�xx�1=2 dx Dp2

Z C10

e�x2

dx Dp21

2

Z C10

e�x2=2 dx

Dp21

2

p2� D

p� :

Altri valori particolari si ricavano da quanto visto ora, ossia prendiamo n 2 N, e dalla (5.14) si ha

� .nC 1/ D n� .n/

D n.n � 1/� .n � 1/

D n.n � 1/.n � 2/� .n � 2/

D n.n � 1/.n � 2/ : : : 1� .1/ D nŠ ;

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5.2 Esempi di cambiamento delle variabili 107

quindi sui naturali la funzione Gamma coincide con il fattoriale. Mentre sui seminteri la (5.14)fornisce

�nC

1

2

�D �

�n �

1

2C 1

�D

�n �

1

2

��

�n �

1

2

�D

�n �

1

2

��

�n �

3

2C 1

�D

�n �

1

2

��n �

3

2

��

�n �

3

2

�D

�n �

1

2

��n �

3

2

�� � �

1

2�

�1

2

�D

�n �

1

2

��n �

3

2

�� � �

1

2

p�

D.2n � 1/ŠŠ

2n

p� D

.2n � 1/Š

2n.n � 1/Š

p� D

.2n/Š

2nC1nŠ

p� :(5.15)

È possibile fare di più e meglio, e a questo proposito

5.2.7 Proposizione. Siano t; s > 0. Posto

(5.16) B.s; t/ D 2

Z �=2

0

.cos �/2s�1.sin �/2t�1 d� ;

si ha

(5.17) B.s; t/ D� .s/� .t/

� .s C t /:

5.2.8 Osservazione. La funzione B è detta funzione Beta di Eulero, guarda caso. �

Dimostrazione. Nella definizione di funzione Gamma procediamo al cambio di variabili x D u2=2 eotteniamo

� .t/ D 21�tZ C10

e�u2=2u2t�1 du :

Da questa relazione, si ha

� .t/� .s/ D 22�t�sZ C10

e�u2=2u2t�1 du

Z C10

e�v2=2v2s�1 dv

D 22�t�sZ

R2CC

e�.u2Cv2/=2u2t�1v2s�1 dudv ;

dove R2CC è il primo quadrante in R2, R2CC D f.u; v/ 2 R2 W u � 0 ; v � 0g. In quest’ultimo integralepossiamo passare a coordinate polari ed ottenere

� .t/� .s/ D 22�t�sZ C10

�2.sCt/�1e��2=2 d�

Z �=2

0

.cos �/2s�1.sin �/2t�1 d� ;

quindi, per definizione di funzione Beta, si ha

� .t/� .s/ D � .s C t /B.s; t/ :

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108 Capitolo 5. Integrazione e cambiamento delle variabili

Tramite la Beta si possono calcolare integrali interessanti, un cui esempio lo abbiamo già vistonella sezione delle approssimanti alla delta di Dirac e nel calcolo esplicito dell’integrale dellagaussiana.

5.2.9 Proposizione. Per ogni k > �1 si ha

(5.18) Ik D

Z C1�1

.1 � x2/k dx D B

�k C 1;

1

2

�:

Dimostrazione. L’integrale, con il cambiamento di variabili x D sin � diventa

Ik D 2

Z �=2

0

.cos �/2kC1 d� ;

la tesi è ovvia per la definizione di funzione Beta. �

5.3 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabileLe dimostrazioni classiche del teorema di cambiamento delle variabili utilizzano in genere una pro-cedura di localizzazione tramite partizione dell’unità e la susseguente procedura di linearizzazionedel cambiamento di variabili in ogni piccola regione di localizzazione. Nella nostra dimostrazionefaremo uso della proprietà di localizzazione data da una famiglia di approssimanti della deltadi Dirac, come mostrato nel Teorema 4.4.8. La linearizzazione appare automaticamente comeconseguenza del Teorema di cambiamento delle variabili in forma affine.

Cominciamo con il dimostrare che il teorema di cambiamento di variabili per la famiglia diapprossimanti della delta di Dirac coincide col teorema di cambiamento di variabili lineare visto inTeorema 2.2.6. Infatti

5.3.1 Proposizione. Siano A;B � Rn aperti e ' W A ! B un diffeomorfismo (cambio divariabili) di regolarità almeno C 1. Sia inoltre f W B ! R continua e limitata e scegliamoarbitrariamente un punto y 2 B ed una famiglia di approssimanti della delta di Dirac .ı�/centrate su y . Allora, vale la relazione

(5.19) lim�!0

ZA

f .'.x// ı�.'.x/ � y/ dx D f .y/1

j det.d'.'�1.y///j:

In particolare se f � 1 su B allora

(5.20) lim�!0

ZA

ı�.'.x/ � y/ dx D1

j det.d'.'�1.y///j:

Dimostrazione. Scegliamo arbitrariamente un compatto convesso K per cui y 2 K (ad esempio unapalla chiusa centrata in y e di raggio sufficientemente piccolo affinché sia sempre dentro B). La regione diintegrazione, ossia il supporto di ı�.'.x/�y/, � > 0 fissato, è data dalle x 2 Rn tali che k'.x/ � yk � �R,come visto in (4.5) e seguenti. Poiché B è un aperto, alla scelta effettuata del compatto K, possiamoassociare � sufficientemente piccolo tale da avere K � K�R � B , con K�R insieme compatto e convesso,conformemente al risultato del Lemma 4.4.5. Notiamo che y 2 K � K�R.

Il cambio di variabili '�1 ristretto al compatto K�R ha differenziale continuo, quindi, per Weierstrassapplicato alla funzione continua K�R 3 y 7! kd'�1.y/kEucl si ha

maxy2K�R

kd'�1.y/kEucl DM ;

conM > 0. Notiamo altresí che per la regola della differenziazione a catena si ha l’identità

d'.'�1.y// ı d'�1.y/ D 1 ; y 2 K�R ;

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5.3 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabile 109

che fornisce, per la sottomoltiplicatività delle norme euclidee (Frobenious-Hilbert-Schmidt)1,pn � kd'.'�1.y//kEuclkd'

�1.y/kEucl

da cui si hamaxy2K�R

kd'.'�1.y//kEucl �

pn

M> 0 :

Per la proprietà archimedea dei numeri reali, esiste un numero naturale N � 1 tale che

(5.21) maxy2K�R

kd'.'�1.y//kEucl � N

pn

M:

Poiché '�1 è di classe C 1, allora possiamo applicare il Teorema della media, perché K�R è convesso,ottenendo

k'�1.y 0/ � '�1.y/k � kd'�1kEuclky0� yk �M�R ; per ogni y 0;y 2 K�R ;

in particolare, per ogni x nella regione di integrazione, si ha

kx � '�1.y/k D k'�1.'.x// � '�1.y/k � kd'�1kEuclk'.x/ � yk �M�R :

Cambiamo variabile usando la posizione affine x D '�1.y/C �u. La regione di integrazione allora diventakuk � MR, ossia la sfera piena chiusa B.0;MR/, indipendente da �, e l’integrale a primo membro dellaeq. (5.19), usando il Teorema del cambio affine di variabili, Teorema 2.2.6, diventaZA

.f ı'/.x/ ı1

�'.x/ � y

�1

�ndx D

ZB.0;MR/

.f ı'/.'�1.y/C �u/ ı1

�'.'�1.y/C �u/ � y

�du :

Per la bigettività di ' possiamo scrivere nell’integrando che y � '.'�1.y// e cosí avereZB.0;MR/

.f ı '/.'�1.y/C �u/ ı1

�'.'�1.y/C �u/ � '.'�1.y//

�du :

Al variare di �, l’integrando è una successione di funzioni continue su B.0;MR/ compatto e rettificabile,quindi integrabili, ne consegue che la successione è limitata, uniformemente in �. Inoltre, sempre per lacontinuità e usando la regolarità di ', il limite puntuale esiste ed è uguale a

lim�!0

.f ı '/.'�1.y/C �u/ ı1

�'.'�1.y/C �u/ � '.'�1.y//

�D f .y/ı1.d'.'

�1.y//.u// ;

sicché, per il Teorema della convergenza limitata di Arzelà, Teorema 4.2.2, si ha

lim�!0

ZB.0;MR/

.f ı '/.'�1.y/C �u/ ı1

�'.'�1.y/C �u/ � '.'�1.y//

�du

D

ZB.0;MR/

f .y/ ı1.d'.'�1.y//.u// du :

Notiamo che nell’integrando, nella parte dipendente da f non c’è la variabile di integrazione u, quindipossiamo portarlo fuori dal simbolo di integrazione. Nel resto che rimane, un semplice cambio di variabililineare z D d'.'�1.y//.u/ che ha Jacobiano det.d'.'�1.y/// trasforma la sfera piena B.0;MR/ nellasfera piena B.0; N

pnR/ (usando l’eq.(5.21)) e nuovamente l’uso del Teorema del cambiamento di variabili

affine, Teorema 2.2.6, ci porta alla seguente relazioneZB.0;MR/

f .'�1.y// ı1.d'.'�1.y//.u//du

D

ZB.0;N

pnR/

f .y/1

j det.d'.'�1.y///jı1.z/ dz

D f .y/1

j det.d'.'�1.y///j

ZB.0;N

pnR/

ı1.z/ dz

D f .y/1

j det.d'.'�1.y///j;

1Ricordiamo kA � BkEucl � kAkEuclkBkEucl

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110 Capitolo 5. Integrazione e cambiamento delle variabili

dove nella terza riga si è usata la normalizzazione ad 1 della funzione ı1 in B.0; R/ (poiché B.0; R/ �B.0; N

pnR/). Quindi l’asserto è dimostrato. �

5.3.2 Osservazione. In fisica si scrive sovente in modo formale la relazione

ı.'.x/ � y/ D1

j det.d'.'�1.y///jı.x � '�1.y// ;

che rende facilmente mnemonico il precedente risultato. La precedente uguaglianza ha validità solo nel sensodella teoria delle distribuzioni, ossia considerando la delta di Dirac come un funzionale lineare sullo spaziodelle funzioni test, ad esempio funzioni continue e a supporto compatto. Spesso, con abuso di notazione,l’azione della delta di Dirac si rappresenta come una integrazione su Rn. �

Dimostrazione Teorema 5.1.3. La dimostrazione fonda la sua logica sulla Proposizione 5.3.1, e per im-plementare tale logica cerchiamo di scrivere entrambi i membri dell’eq. (11.1) come limiti di uno stessointegrale. Definiamo infatti per ogni � > 0

(5.22) I� D

ZA�B

f .y/j det.d'.'�1.y///jı�.'.x/ � y/ dxdy :

Cominciamo col dimostrare l’esistenza del primo membro dell’eq. (11.1). Possiamo supporre f � 0, senzaperdere di generalità, perché f è integrabile se e solo se lo sono f˙. Poiché la funzione integranda ineq.(5.22) è continua in A � B , allora per il Teorema di Fubini, Teorema 2.2.2, si ha

I� D

ZB

f .y/j det.d'.'�1.y///j��.y/ dy DZK

f .y/j det.d'.'�1.y///j��.y/ dy ;

dove ��.y/ DRAı�.'.x/ � y/ dx e K è il supporto di f in B . Ora, la seguente famiglia di funzioni

K 3 y 7! f .y/j det.d'.'�1.y///j��.y/

è, al variare di �, una famiglia uniformemente limitata (l’uniformità è in �) di funzioni continue. Inoltre illimite puntiforme di tale famiglia esiste, per l’eq. (5.20), ed è uguale a

lim�!0

f .y/j det.d'.'�1.y///j��.y/ D f .y/ :

Abbiamo tutti gli ingredienti per applicare il Teorema della convergenza limitata di Arzelà, Teorema 4.2.2, equindi si ha

lim�!0

I� D

ZK

f .y/ dy D

ZB

f .y/ dy :

Viceversa, proviamo a determinare la convergenza dell’integrale I� verso l’integrale del secondo membrodell’eq. (11.1). Nell’eq.(5.22), definiamo la funzione

y 7! h.y/ D f .y/j det.d'.'�1.y///j :

Essa è una funzione continua a supporto compatto in B , per l’ipotesi di compattezza del supporto di f .Scriviamo ora, usando ancora il Teorema di Fubini, che

I� D

ZA

.h ? ı�/ .'.x// dx ;

dove, ricordiamo che .h ? ı�/.'.x// DRBh.y/ı�.'.x/ � y/ dy . Il supporto di questa funzione è un

compatto perché somma di compatti, ossia supp.h?ı�/ D supphC suppı� D supphCB.0; �R/ è compattoin Rn, come segue dal Teorema 4.4.6.

Quindi, per il Lemma 1.6.13, per � sufficientemente piccolo, esiste un compatto L � B , tale chesupp.h ? ı�/ � L e per Fubini si ha

I� D

Z'�1.L/

.h ? ı�/.'.x// dx ;

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5.3 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabile 111

visto che, ovviamente, '.x/ 2 L, ossia x 2 '�1.L/. La successione .h ? ı�/.'.x// converge puntualmentea h.'.x//, per cui, per il Teorema della convergenza limitata di Arzelà si ha

lim�!0

I� D

Z'�1.L/

h.'.x// dx D

ZA

h.'.x// dx D

ZA

f .'.x//j det.d'.x//j dx :

Mettendo insieme le due derivazioni si ha la tesi, per l’univocità dei limiti. �

Dimostrazione del Teorema 5.1.4. La dimostrazione segue dalla stabilità delle funzioni integrabili secon-do Riemann per composizione e moltiplicazione, dal teorema di approssimazione con funzioni continue,Teorema 1.6.14, e dalla dimostrazione del Teorema precedente. �

Dimostrazione Teorema 5.1.5. In effetti, per il Teorema 3.1.3 possiamo approssimare f con funzioniintegrabili e a supporto compatto (ad esempio, prendendo una partizione dell’unità subordinata al ricoprimentodi B tramite compatti) e applicare loro la dimostrazione del Teorema 5.1.4. �

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II

6 Integrazione su curve e superfici . . . . 1156.1 Introduzione6.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori

locali di ingrandimento6.3 Integrazione su varietà, densità continue6.4 Integrazione assoluta su varietà, rettificabilità

rispetto alla densità6.5 Appendice: Fattore di ingrandimento per varietà

unidimensionali

7 Lunghezze di curve e aree di superfici 1237.1 Calcoli espliciti di lunghezze di curve ed aree di

superfici7.2 Alcuni raffinamenti e semplificazioni

Integrazione di Riemann suVarietà Differenziabili

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6. Integrazione su curve e superfici

6.1 IntroduzioneLo scopo di questo capitolo è quello di trovare la corretta generalizzazione del concetto di integra-zione per funzioni definite su varietà differenziabili immerse in Rn.

A questo proposito, cominciamo col vedere che una tale teoria non è affatto banale, infatti,ricordiamo che il Teorema 2.1.7 sostiene che se A � Rn è compatto rettificabile e f W A! R ècontinua, allora il grafico di f ha misura nulla. Generalizziamo tale risultato:

6.1.1 Teorema. Sia K 2 R.Rm/, m < n, e f W K ! Rn�m continua. Allora

graf.f / D f.x;f .x// 2 Rn W x 2 Kg ;

ha misura nulla in Rn. Lo stesso vale se f è supposta essere solo integrabile in Rm, ed inoltre èvero per l’unione finita di grafici dello stesso tipo.

Dimostrazione. Definiamo per ogni x 2 K la funzione

x 7! .f1.x/; : : : ; fn�m�1.x// ;

che è continua, quindi limitata per il Teorema di Weierstrass inK. Tale limitatezza implica che esisteun rettangolo compatto non vuotoR � Rn�m�1 tale che sex 2 K allora .f1.x/; : : : ; fn�m�1.x// 2R.

Definiamo ora la funzione continua

Qf W K �R! R

come Qf .x; t/ D fn�m.x/. Si ha allora

graf.f / D f.x;f .x// 2 Rn W x 2 Kg � f.x; t; Qf .x; t// 2 Rn W .x; t/ 2 K �Rg D graf. Qf / :

Se c :D min.x;t/2K�R j Qf .x; t/j, allora

graf.f / � frf.x; t; y/ 2 Rn W .x; t/ 2 K �R ; c � y � Qf .x; t/g :

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116 Capitolo 6. Integrazione su curve e superfici

Poiché il secondo membro è la frontiera di un insieme normale in Rn, quindi rettificabile, allora è amisura nulla per il Teorema 1.6.4, e graf.f / come suo sottoinsieme è a sua volta a misura nulla,vedi proprietà 1 del Teorema 1.4.4.

Approssimando le funzioni integrabili limitate con quelle continue, vedi ad esempio il Teore-ma 1.4.7, si ottiene il resto dell’asserto. �

La morale del teorema precedente è che seM è varietà in Rn di dimensione m < n allora hamisura nulla in Rn, quindi ci chiediamo cosa vuol dire fare integrazione su varietà? La rispostadeve naturalmente nascere dal concetto stesso, per noi puramente locale da ogni punto di vistaequivalente si parta. Supponiamo quindi di avere un m-atlante perM e consideriamo una qualsiasicarta locale .!; r/. Sappiamo che abbiamo un aperto I � Rn tale che r.!/ DM \ I .

Sia ora f W M ! R una funzione limitata e tale che suppf � r.!/ sia compatto. Possiamodeterminare l’integrazione suM a partire dall’integrazione sul dominio delle carte locali, perchè lìl’integrazione è cosa nota. Questo vuol dire integrare sull’aperto ! la funzione f ı r W ! ! Rche avrà ancora supporto compatto in Rm e quindi siamo portati in modo naturale a dire che f èintegrabile suM \ I se f ı r è integrabile su ! e quindi definire il seguente integrale

Ir.f / D

Z!

.f ı r/.t/ d t ;

e chiamarlo integrale di f suM \ I .Ci mettiamo nell’ipotesi semplificatrice che il supporto della funzione f sia contenuto nell’im-

magine di un altra carta . Q!; Qr/ e, di consegeuenza, r.!/ \ Qr. Q!/ ¤ ;. Allora, come già visto nelladiscussione precedente alla Proposizione ??, la trasformazione

r�1 ı Qr W ˝r Qr ! ˝Qrr ;

è un diffeomorfismo tra aperti di Rm di classe C k , per cui

.f ı r/ ı .r�1 ı Qr/ D f ı Qr ; su ˝r Qr :

Dal Teorema del cambiamento di variabili 5.1.3, quindi, f ı r è integrabile su ! se e solo se laseguente funzione

.f ı r/ ı .r�1 ı Qr/jdet.Jd.r�1 ı Qr/K/j D f ı Qrjdet.Jd.r�1 ı Qr/K/j ;

è integrabile su Q!, e questo è vero se e solo se f ı Qr è integrabile su Q!.Sotto queste assunzioni allora possiamo scrivere cheZ

!

.f ı r/.t/ d t D

ZQ!

.f ı Qr/.Qt/jdet.Jd.r�1 ı Qr/.Qt/K/j d Qt ;

quindi, a meno che il diffeomorfismo r�1 ı Qr non conservi i volumi, per cui il determinate sottol’integrale vale 1, allora

Ir.f / ¤ IQr.f / !!!Questo risultato mostra certamente che l’integrabilità di f suM non dipende dalla scelta della

carta però mostra anche che il valore dell’integrale ne dipende! La soluzione naturale al problema èquindi quella di incorporare dall’inizio tali fattori correttivi e cercare regole che ne determinino unuso consistente. Questa è il germe iniziale dell’idea delle densità, infatti, associamo ad ogni cartalocale .!; r/ una funzione continua �r W ! ! R, e definiamo l’integrale

Ir.f / D

Z!

.f ı r/.t/�r.t/ d t ;

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6.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori locali di ingrandimento 117

e richiediamo che sotto un cambiamento di carta, così come visto sopra, l’integrale si trasformi nelmodo seguente,

Ir.f / D

Z!

.f ı r/.t/ �r.t/ d t

D

ZQ!

.f ı r/ ı .r�1 ı Qr/.Qt/ .�r ı .r�1ı Qr//.Qt/jdet.Jd.r�1 ı Qr/.Qt/K/j d Qt

D

ZQ!

.f ı Qr/.Qt/ �Qr.Qt/ d Qt D IQr.f / :

Questa richiesta induce un vincolo per le densità che viene ora esplicitato nella seguente

6.1.2 Definizione. Una densità continua am dimensioni su una varietàM in Rn a dimensionem e classe C k , è una regola che ad ogni carta locale .!; r/ di un m-atlante A perM associauna funzione continua �r W ! ! R tale che per ogni altra carta locale . Q!; Qr/ 2 A si abbia che

�Qr.Qt/ D .�r ı .r�1ı Qr//.Qt/ jdet.Jd.r�1 ı Qr/.Qt/K/j per ogni Qt 2 Q! :

La densità � è detta positiva se �r � 0 per ogni carta locale .!; r/.Le densità non sono sempre positive ma in un certo senso la positività è canonica, come vediamo

dal prossimo risultato,

6.1.3 Teorema. Sia � densità m-dimensionale continua e positiva suM . Allora:1. Per ogni funzione continua f suM la mappa f� per cui f� W r ! f ı r�r definisce una

densità m-dimensionale continua suM .2. La mappa f 7! f� è bigettiva tra lo spazio delle funzioni continue suM e la collezione

delle densità m-dimensionali continue suM .

6.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori locali di ingrandimentoL’idea delle densità è certamente la teorica giusta per sviluppare una teoria dell’integrazione suvarietà , ma la libertà che induce sembra essere spiazzante. Quali funzioni sono naturalmenteassociabili all’integrazione su varietà differenziabili? Mostriamo che in effetti, nel nostro casodi varietà differenziabili immerse in Rn, la situazione è sufficientemente semplice da permetterel’adozione di densità canoniche, dette densità euclidee, vista l’immersione della varietà in unospazio euclideo come Rn.

Per descrivere in modo naturale tali densità euclidee, si può procedere in almeno due direzionidifferenti: (A) ingrandimenti locali, (B) integrali come limiti di integrazioni di volume. Supponiamodi lavorare nella situazione più semplice di superficie in R3 e ci mettiamo ancora nell’ipotesiconfortante in cui essa sia immagine di una sola carta.

(A) Vediamo la prima direzione di ricerca, che determina il concetto di “fattore di ingrandimentolocale.” Curve e superfici non hanno certamente volume tridimensionale nel senso dato a questotermine nel capitolo precedente, però possiamo utilizzare il fatto che esse rappresentino, di fatto,l’immagine di un aperto, rispettivamente, in R e R2, dove certamente conosciamo la teorica dellenozioni di lunghezza e area, almeno nel caso in cui tali insiemi aperti siano limitati. Supponiamoliquindi rettificabili nel senso ordinario del termine. In tal caso, sappiamo che possiamo calcolarelunghezza ed area come limite di partizioni fatte da rettangoli. Tali rettangoli saranno, nel limite,arbitrariamente “piccoli” e possiamo pensare, fissando d’ora in poi l’attenzione al caso di unasuperficie � di R3, che la stessa sia l’unione dell’immagine di ciascuno di tali rettangoli e che poila sua “area” non sia altro che il limite delle “aree” delle immagini. L’idea intuitiva però va raffinata

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118 Capitolo 6. Integrazione su curve e superfici

in quanto il rettangolino dell’aperto rettificabile, dominio della carta, non verrà trasformato in unaltro rettangolo per giunta con la stessa area, la superficie non essendo in generale un piano. Ci saràquindi da considerare un fattore di correzione. In prima approssimazione possiamo però pensareche se il rettangolino R è sufficientemente piccolo, la sua immagine sotto la carta r , r.R/, saràun “rettangolino curvato” sufficientemente simile. Vediamo come concretizzare tale intuizione.Supponiamo che il rettangolo R in R2 (con base ortonormale fe1; e2g) abbia vertici nei punti a,aCh1e1, aCh2e2 e aCh1e1Ch2e2, dove hi , i D 1; 2, sono positivi e piccoli a piacere, per cui ilrettangolo ha area Area.R/ D vol2.R/ D h1h2. Il segmento congiungente il vertice a con il verticeaC hiei , viene trasformato dalla carta r in una curva in � , per la quale il vettore congiungente leimmagini dei vertici è dato da

r.aC hiei / � r.a/ :

L’approssimazione al primo ordine a questo vettore sappiamo essere il vettore tangente alla superficie� in r.a/ e vale

vi D dr.a/.hiei / D@r

@ti.a/hi ; i D 1; 2 ;

usando, come al solito, l’equivalenza tra trasformazioni lineari e matrici corrispondenti, nel nostrocaso Jdr.a/K D

r@[email protected]/ ; @r

@t2.a/

ze chiamando con .t1; t2/ le coordinate nel piano R2. È quindi

ragionevole supporre che l’area del rettangolo immagine sarà, in prima approssimazione, datadall’area del rettangolo formato dai vettori tangenti v1 e v2 che, per i ragionamenti fatti a geometriaelementare, vale

Area.r.R// D kv1 ^ v2k D @r@t1 ^ @r

@t2

h1h2 C o.k.h1; h2/k2/ ; k.h1; h2/k ! 0 ;

D

@r@t1 ^ @r

@t2

Area.R/C o.k.h1; h2/k2/ ; k.h1; h2/k ! 0 :

Il fattore @r@t1 ^ @r

@t2

è quindi il fattore correttivo cercato e possiamo quindi definire l’integralesulla superficie � , ad esempio di una generica funzione f W � ! R, nel modo seguenteZ

f .x/�.x/dx:D

Z!Dr�1.� /

.f ı r/.t/

@r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/

dtD lim

P2Part?.!/

XR2P

.f ı r/.t?/

@r@t1 .t?/ ^ @r

@t2.t?/

vol2.R/ ;sempreché l’ultimo limite esista nel senso ordinario dato nei precedenti capitoli (limite delle sommedi Riemann con partizioni Part? con rettangoli marcati, ossia coppie .t?; R/ con t? 2 R, vediappendice), il che sarà certamente vero se f è almeno continua su � .

6.2.1 Osservazioni. 1. Da notare che i vettori che compongono il termine correttivo non sono altroche i vettori che formano la base del piano tangente a � nel punto considerato.

2. È abbastanza intuitivo che il discorso fin quí fatto non dipende dalle dimensioni e che quindi la formulagenerale per varietà � n-dimensionali in RN (regolarità arbitraria) parametrizzate da una sola carta.!; r/ è la seguenteZ

f .x/�.x/dx:D

Z!

.f ı r/.t/

@r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/ ^ � � � ^

@r

@tn.t/

dt :�

(B) Possiamo anche definire l’integrazione su una superficie � in R3 utilizzando l’integrazionetridimensionale pensando la superficie come una lamina con spessore da far tendere a zero. Concre-tizziamo anche questa visione intuitiva, supponendo ancora � immagine di una sola carta .!; r/,

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6.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori locali di ingrandimento 119

per cui ogni punto x 2 � si può scrivere come x D r.t/ per un unico t 2 !, con ! suppostoaperto rettificabile in R2. Sappiamo che il piano normale a � in r.t/ ha dimensione 1 e quindi,chiamando con w il versore in Nr.t/� , definiamo la mappa

r�.t; s/:D r.t/C �sw.r.t// ;

con, � > 0 arbitrario e jsj < 1, e che quindi hanno, ciascuna al variare di �, dominio ! � .�1; 1/.Tale mappa definisce, per ogni punto r.t/ di � , un intervallo nella direzione del vettore normale a talpunto di lunghezza 2�, che quindi concretizza l’idea intuitiva di “inspessimento” della superficie � .Chiamiamo con �� la “lamina” ottenuta tramite r� ossia l’insieme dei punti raggiunti da tale mappaal variare del punto r.t/ sulla varietà � . Poiché la lamina �� è un oggetto tridimensionale, possoutilizzare l’usuale integrazione tridimensionale su di essa. Poiché peró l’integrazione che vogliodefinire è una integrazione su superficie, quindi avente le dimensioni fisiche di area, l’integraletridimensionale devo dividerlo per una lunghezza, cosí da avere le giuste dimensioni. Dividiamo perla lunghezza canonica che è l’ispessimento 2� dato a �� . Quindi, se f W � ! R continua e limitata(jf .x/j � M ), consideriamo una estensione F W �� ! R, ottenuta ad esempio per continuitàdefinendo i valori di F in ciascuna direzione normale al variare r.t/, e definiamoZ

f .x/�.x/dx:D lim�!0

1

2�

Z��

F.y/dy :

Esplicitiamo l’integrale a secondomembro, usando la mappa r� , notando che essa continua a definireuna mappa iniettiva e di regolarità pari a quella iniziale, e usando il Teorema del cambiamento dellevariabili, Teorema 5.1.3. Abbiamo

1

2�

Z��

F.y/dy D1

2�

Z!�.�1;1/

F.r�.t; s// jdet.Jdr�.t; sK/j dtds :

Scriviamo esplicitamente la matrice jacobiana della trasformazione r�, con l’usuale abuso dilinguaggio e notazione,

Jdr�.t; s/K Ds@r

@t1.t/C �s

@w

@t1.t/ ;

@r

@t2.t/C �s

@w

@t2.t/ ; �w.t/

{:

Considerando il determinante e ricordando la proprietà di multilinearità dello stesso, abbiamo

det�s

@r

@t1.t/C �s

@w

@t1.t/ ;

@r

@t2.t/C �s

@w

@t2.t/ ; �w.t/

{�D � det

�s@r

@t1.t/ ;

@r

@t2.t/ ; w.t/

{�C o.�/; � ! 0 :

L’ultimo determinante vale ˇ�w.t/;

@r

@t1.t/ ^

@r

@t2.t/

�ˇche per l’ortogonalità del vettori coinvolti è uguale a @r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/

:Inserendo questo risultato nell’integrale otteniamo, con la cancellazione dei fattori �,

1

2�

Z!�.�1;1/

F.r�.t; s// jdet.Jdr�.t; s/K/j dtds

D

Z!�.�1;1/

F.r�.t; s//

@r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/

dtds :

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120 Capitolo 6. Integrazione su curve e superfici

L’integrando è una funzione continua nelle variabili di integrazione t e s ed è certamente limitata uni-formemente in � dalla funzione continuaM

@r@t1 .t/ ^ @[email protected]/ , quindi integrabile su ! � .�1; 1/ e

inoltre, il limite puntuale per � ! 0 è f .r.t// @r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/ , quindi, per il Teorema della conver-

genza dominata di Arzelá, possiamo scambiare il limite con l’integrale e ottenere, dall’indipendenzadella funzione limite dalla variabile s, cheZ

f .x/�.x/dx:D

Z!

.f ı r/.t/

@r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/

dt ;conformemente a quanto trovato nella parte (A).

Come si è visto nelle parti .A/ e .B/, le densità euclidee per le superfici in R3 sono cano-nicamente definite dalla scelta delle basi dei piani tangenti associati alle carte selezionate. Lastessa deduzione si può fare per le curve in Rn, per la quale rimandiamo all’appendice di questocapitolo. Vedremo, dopo avere sviluppato ancora la teorica dell’integrazione nelle prossime sezioni,applicazioni di tali formule per il calcolo di “aree” di superfici e “lunghezze” di curve.

6.3 Integrazione su varietà, densità continueTorniamo alla teorica dell’integrazione su varietà generica e con densità generiche.

La definizione data per l’integrale aveva una richiesta esplicita per la compattezza del supportodella funzione f , tutto interamente contenuto nell’immagine di una sola carta, per semplificareil discorso. Possiamo liberarci di questa richiesta facendo però uso della tecnica della partizionedell’unità vista già nella definizione 1.6.8 e seguenti risultati. Ora la partizione dell’unità saràsubordinata agli aperti Ir che intervengono nelle richieste delle carte locali .!r ; r/ di una atlanteA per una varietàM in Rn di dimensione m e classe C k .

6.3.1 Definizione. SiaM varietà in Rn di dimensione m e classe C k . Sia A un m-atlante perM , ossia una collezione di carte locali .!j ; rj /, j 2 J, tali che per ognuna di essa è associatoun aperto Ij di Rn, tale che rj .!j / D M \ Ij e, inoltre, [j2Jrj .!j / D M . Sia K � M uncompatto. Allora diremo che la famiglia f�j W j 2 Jg è una partizione dell’unità di classe C ksu K subordinata agli aperti fIj W j 2 Jg se valgono le seguenti proprietà:

1. supp�j � Ij ,2. 0 � �j � 1, di classe C k ,3.Pj2J �j .x/ D 1 per ogni x 2 K.

6.3.2 Osservazione. Una prima osservazione importante. Poiché K è compatto la somma della parte 3della precedente definizione è sempre finita, perchè esiste sempre un sottoricoprimento aperto finito di K,quindi un numero finito di indici è sufficiente. �

Abbiamo allora la seguente

6.3.3 Definizione. SianoM varietà e A un suo m-atlante, come nella definizione 6.3.1, f WM ! R funzione limitata e a supporto compatto suppf D K e f�j g partizione dell’unitàassociata aK. Diremo che f è integrabile (secondo Riemann) suM se per ogni carta .!j ; rj / 2A la funzione

.�jf / ı rj W !j ! R ;

è integrabile (secondo Riemann) nell’aperto !j � Rm.Se la precedente affermazione è vera, l’integrale di f suM rispetto alla densità �, viene

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6.4 Integrazione assoluta su varietà, rettificabilità rispetto alla densità 121

definito dalla posizioneZM

f .x/�.x/dx:D

Xj2J

Z!j

..�jf / ı rj /.t/�rj .t/ dt :

6.3.4 Teorema. L’integrale in definizione 6.3.3 è ben definito, ossia non dipende dall’atlantescelto perM e dalla partizione dell’unità associata.

Dimostrazione. �

6.4 Integrazione assoluta su varietà, rettificabilità rispetto alla densità

6.5 Appendice: Fattore di ingrandimento per varietà unidimensionali

Consideriamo per definitezza una varietà unidimensionale � (una curva) in R3 descrivibile tramiteuna sola carta .!; r/. Con la stessa ideologia utilizzata nella sez. 6.2, pensiamo ad un ispessimentodi � facendola diventare una filo a sezione quadrata ��, ossia

(6.1) r�.t; s/ D r.t/C �s1v1 C �s2v2 ;

con v1; v2 2 Nr.t/� , base ortonormale, e s D .s1; s2/ con jsi j < 1. Consideriamo anchel’estensione F della funzione f W � ! R continua e a supporto compatto, come una estensionecostante lungo le direzioni dello spazio normale Nr.t/� per ogni punto r.t/ 2 � .

L’integrale che calcoliamo è un integrale di volume e per ottenere un integrale della funzione fsu � abbiamo bisogno di dividere per l’area della generica sezione del filo, che per costruzione è4�2, quindi Z

f .x/�.x/dx D lim�!0

1

4�2

Z��

F.x/dx :

Per il Teorema del cambiamento delle variabili 5.1.3, poichè ogni x di �� è rappresentato da unelemento di (6.1), si ha

lim�!0

1

4�2

Z��

F.x/dx D lim�!0

1

4�2

Z!�.�1;1/2

F.r�.t; s//j det.Jdr�.t; s/K/j dtds :

Il calcolo esplicito della matrice jacobiana data dalla trasformazione è

Jdr�.t; s/K Dqr 0.t/C �s1v

01.t/C �s2v

02.t/ ; �v1.t/ ; �v2.t/

y:

Per la multilinearità del determinante si ha

det.Jdr�.t; s/K/ D �2hr 0.t/; v1.t/ ^ v2.t/i C o.�2/ ; � ! 0 ;

indipendentemente da s.Si ottiene allora

lim�!0

1

4�2

Z!�.�1;1/2

F.r�.t; s//j det.Jdr�.t; s/K/j dtds

D lim�!0

1

4

Z!�.�1;1/2

F.r�.t; s//jhr0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij dtds

D lim�!0

Z!

F.r�.t; s//jhr0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij dt :

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122 Capitolo 6. Integrazione su curve e superfici

Per il Teorema della convergenza limitata di Arzelà si ottiene

lim�!0

Z!

F.r�.t; s//jhr0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij dt D

Z!

f .r.t//jhr 0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij dt ;

ma fv1; v2g è base ortonormale di Nr.t/� e r 0.t/ è vettore tangente in Tr.t/� per cui

jhr 0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij D kr0.t/k ;

e si ottiene infine Z�

f .x/�.x/dx D

Z!

.f ı r/.t/kr 0.t/k dt ;

sicché la funzione densità per il caso di varietà unidimensionale vale

�r.t/ D kr0.t/k ; t 2 ! :

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7. Lunghezze di curve e aree di superfici

7.1 Calcoli espliciti di lunghezze di curve ed aree di superfici

7.2 Alcuni raffinamenti e semplificazioni

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III8 Aperti con frontiera regolare . . . . . . . . 1278.1 Ipersuperfici in Rn

8.2 Aperti con frontiera regolare e la normale allafrontiera

8.3 Funzioni definite in insiemi chiusi

9 Teoremi fondamentali per aperti regolari135

9.1 Teorema della derivata totale9.2 Teorema della divergenza9.3 Applicazioni

10 Integrazione orientata . . . . . . . . . . . . . . 13910.1 Curve ed archi orientati10.2 Secondo Teorema fondamentale per curve ed

archi10.3 Formula di Green, a.k.a. Stokes in R2

10.4 Formula di Stokes in R3

10.5 Applicazioni

Teoremi Fondamentali delCalcolo

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8. Aperti con frontiera regolare

8.1 Ipersuperfici in Rn

Ricordiamo le ipersuperficiM in Rn, ossia varietà n � 1-dimensionali di classe C k in Rn. Per ilTeorema che classifica nei tre modi equivalenti le varietà, per ogni x0 2 M , con x0 D .x00; xn/

dove x00 2 Rn�1, esiste un intorno aperto I di Rn tale che le tre seguenti caratterizzazioni sonoequivalenti:.a/ Esiste un aperto! � Rn�1 e una funzione iniettiva r W ! ! Rn di classeC k con differenziale

totale dr.t/ surgettivo, alternativamente con matrice jacobiana associata Jr.t/ di rango n�1,per ogni t 2 !, tale che

M \ I D r.!/ ;

.b/ Esiste una funzione g W I ! R di classe C k con gradg.x/ ¤ 0 per ogni x 2 I tale che

M \ I D fx 2 I W g.x/ D 0g ;

.c/ Esiste un intorno aperto I 0 del punto x00 in Rn�1 e una funzione h W I 0 ! R di classe C k ,tali che

M \ I D f.x0; h.x0// W x0 2 I 0g :

Descriviamo anche spazi tangenti e definiamo le normali alla ipersuperficieM . Per la caratte-rizzazione in .c/, si ha che se x D .x0; h.x0// allora

TxM D graf.dh.x0// D f.v; Jh.x0/v/ W v 2 Rn�1g

dove Jh.x0/ D [email protected]/ : : : @n�1h.x0//, la matrice jacobiana di ordine 1 � n � 1, ossia il vettoreriga corrispondente, e dove con il simbolo @jh intendiamo la derivata parziale di h nella componentexj , ossia @jh.x0/ D @h

@xj.x0/ con j D 1; : : : ; n � 1.

Quindi, se e1; : : : ; en�1 è la base standard di Rn�1, si ha che TxM è generato dai vettorivj D .ej ; J h.x

0/ej / D .ej ; @jh.x0//, j D 1; : : : ; n � 1, per cui il vettore w D .w1; : : : ; wn�1/

in .TxM/? è determinato dalle n � 1 relazioni di ortogonalità

0 D hw; vj i D wj C @jh.x0/ ;

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128 Capitolo 8. Aperti con frontiera regolare

per cui si ottiene

w D .�@1h.x0/ ; � � � ;�@n�1h.x

0/ ; 1/ D .�Jh.x0/ ; 1/ :

Ne consegue che la normale aM nel punto x è data del versore

n.x/ D.�Jh.x0/ ; 1/p1C kJh.x0//k

; con x D .x0; h.x0// :

Nella descrizione .b/ si ha come sappiamo

TxM D ker.gradg.x// :

In particolare, usando quanto già fatto in precedenza per la parte .c/, possiamo scegliere g comesegue

g.x/ D xn � h.x0/ ;

per cuigradg.x/ D .�Jh.x0/; 1/ ¤ 0 ;

e quindi riotteniamo la formula per il versore normale aM in x come sopra.Per quanto riguarda la descrizione .a/ in termini di carte locali, sappiamo che lo spazio tangente

TxM è generato dai vettori vj D @j r.t/, j D 1; : : : ; n � 1. Quindi, un vettore w 2 .Tr.t/M/? èdeterminato, a meno di uno fattore scalare, dal sistema di equazioni

hw; vj i D 0 ; j D 1; : : : ; n � 1 :

Come risolvere questo sistema è un fatto che dovrebbe essere noto dal corso di algebretta. Infatti, siconsiderino n � 1 vettori linearmente indipendenti v1; : : : ; vn�1 in Rn. Allora la mappa linearedata dalla posizione

Rn 3 v 7! det.Jv v1 v2 � � � vn�1K/ 2 R ;

(dove Jv v1 v2 � � � vn�1K indica la matrice n�n le cui colonne sono date dai vettori indicati in succes-sione) è non banale, e per il Teorema di Riesz (Teorema dell’isomorfismo lineare, Lin.Rn;R/ ' Rn),esiste un unico vettore w 2 Rn tale che

det.Jv v1 v2 � � � vn�1K/ D hv;wi :

Il vettore w cosí trovato è detto il prodotto vettoriale dei vettori v1; : : : ; vn�1 e viene usualmenteindicato col simbolo v1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1, per cui

det.Jv v1 v2 � � � vn�1K/ D hv; v1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1i :

Poiché hvj ; v1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1i D 0, per ogni j D 1; : : : ; n � 1 e

det.Jw v1 v2 � � � vn�1K/ D hw; v1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1i D kwk2 > 0 ;

allora il vettore w è ortogonale al sottospazio generato dai vettori v1; : : : ; vn�1 ed inoltre la n-pla.w; v1; v2; : : : ; vn�1/ è orientata positivamente1.

Possiamo calcolare componenti del vettore w e la lunghezza, infatti, usando la base standard siha

wj D hej ;wi D detJej v1 v2 � � � vn�1K ;1Ricordiamo che una n-pla di vettori è detta essere orientata positivamente se il determinante della matrice associata

alla n-pla è positivo. In R3 questo equivale a dire che una tripletta di vettori mutuamente ortogonali è destrorsa.

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8.1 Ipersuperfici in Rn 129

mentre la lunghezza è data dalla relazione

(8.1) kv1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1k D

ˇˇ hv1; v1i � � � hv1; vn�1i

::: � � �:::

hvn�1; v1i � � � hvn�1; vn�1i

ˇˇ D det.V T � V / ;

dove V D .v1 v2 � � � vn�1/ 2 Mat.n � .n � 1// e V T la sua trasposta, ossia la matrice inMat..n � 1/ � n/. Possiamo dimostrare direttamente l’eq. (8.1). In fatti, partiamo dal fatto che seA 2 Lin.Rk;Rn/ allora AT � A 2 End.Rk/ ha matrice simmetrica data dagli elementi .hai ; aj i/,i; j D 1; : : : ; k in cui aj è la j -esima colonna di A. Applicando quanto descritto ora primaalla matrice A D Jw v1 v2 � � � vn�1K 2 Mat.n � n/ e poi in successione alla matrice in cuiA D V 2 Mat.n � .n � 1// si ottiene, usando la relazione hvj ;wi D 0, che

kwk4 D .det.w v1 v2 � � � vn�1//2

D .det.A//2 D det.AT /det.A/ D det.AT � A/

D

ˇˇˇhw;wi 0 � � � 0

0 hv1; v1i � � � hv1; vn�1i:::

::: � � �:::

0 hvn�1; v1i � � � hvn�1; vn�1i

ˇˇˇ D kwk

2det.V T � V / ;

per cui l’eq. (8.1) è dimostrata.Da quanto dimostrato finora ne consegue che se x D r.t/, allora

w D@r

@t1.t/ ^ � � � ^

@r

@tn�1.t/ 2 .TxM/? :

Nel caso in cui la descrizione in termine di carte e di grafici di funzione coincide, ossia quandor.t/ D .t; h.t//, per t 2 ! allora sappiamo già che w è proporzionale al vettore .�Jh.t/; 1/.Il fattore di proporzionalità è uguale a .�1/n�1 e per dimostrarlo facciamo uso del fatto che@[email protected]/ D .0; 0; : : : ; 1; 0; : : : ; @h

@tj.t//T , con il valore 1 nella posizione j -esima, j D 1; : : : ; n � 1.

Allora, poiché il secondo vettore ha ultima componente uguale ad 1, è sufficiente compararla con lacomponente n-esima del vettore w ossia

det�sen

@r

@t1.t/ � � �

@r

@tj.t/ � � �

@r

@tn�1.t/

{�

D

ˇˇˇˇ0 1 0 � � �

j�esima colonna°0 � � � 0

0 0 1:::

::::::

:::::: � � � � � � 1 � � � 0

::::::

::::::

:::::: 1

1 @[email protected]/ @h

@t2.t/ � � � @h

@tj.t/ � � �

@h@tn�1

.t/

ˇˇˇˇD .�1/n�1 ;

infatti, la matrice, previa permutazione dell’ultima riga nella prima, si trasforma in una matricetriangolare superiore2 che ha determinante uguale al prodotto degli elementi sulla diagonale. Poichéla diagonale è composta di soli 1 allora il determinate è 1 ma deve essere moltiplicato per il segnodella permutazione dell’ultima riga nella prima ossia il fattore .�1/n�1.

2Ossia una matrice che ha la diagonale principale composta da elementi uguali ad 1, la sottomatrice sotto la diagonaleprincipale composta da elementi nulli e la matrice sopra la diagonale arbitraria

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130 Capitolo 8. Aperti con frontiera regolare

Concludendo, troviamo

w D@r

@t1.t/ ^ � � � ^

@r

@tn�1.t/ D .�1/n�1.�Jh.t/; 1/ ;

e quindi qdet.Jr.t/T � Jr.t// D

@r@t1 .t/ ^ � � � ^ @r

@tn�1.t/

Dq1C kJh.x0/k :8.2 Aperti con frontiera regolare e la normale alla frontiera

Gli aperti in Rn possono avere una forma “selvaggia.” Infatti, prendiamo come esempio l’insiemecostituito dall’unione numerabile delle palle aperte con centro in un vettore a componenti razionalirk e di raggio Rk D 1

2krkk

˝ D[k2N

B

�rk;

1

2krkk

�:

L’insieme ˝ è certamente un aperto in Rn essendo unione numerabile di aperti, inoltre è uninsieme denso in Rn perchè l’insieme di tutti i vettori rk , k 2 N, centri delle palle aperte, formauna numerazione di tutto Qn, che è certamente denso in Rn. La frontiera di ˝ è quindi unoggetto “selvaggio,” ben difficilmente immaginabile, e lontano dall’essere di ogni significativaregolarità di tipo C k , k 2 N [ f1g. Quello che vogliamo è una famiglia di aperti di Rn la cuifrontiera sia invece un oggetto quanto più regolare possibile, ad esempio una varietà liscia, nelnostro caso una ipersuperficie liscia. Tuttavia, anche questa richiesta ammette regioni aperte concaratteristiche che non vogliamo. Ad esempio, possiamo considerare una generica retta in R2 eprenderne il complemento. Otteniamo così un aperto la cui frontiera è proprio la retta prefissata,che è certamente una (curva) varietà regolare. Il problema con questa tipologia di insiemi è chepercorrendo la frontiera troviamo che l’aperto giace da entrambi i lati. Nel secondo teoremafondamentale del calcolo in R, la frontiera di un intervallo .a; b/, i punti a; b, hanno invece l’apertorispettivamente a destra e sinistra, non da entrambi i lati, e se vogliamo fare una generalizzazionedi questo risultato in R dobbiamo restringere la nostra scelta a degli aperti la cui frontiera ha unasimile caratteristica, ossia l’aperto deve giacere da un solo lato della frontiera. Vediamo comeformalizzare questa classe di insiemi di Rn.

La richiesta primaria è che la frontiera fr.˝/ dell’aperto ˝ sia una ipersuperficie in Rn diclasse C k . Naturalmente, possiamo utilizzare una delle caratterizzazioni equivalenti già viste inprecedenza, ad esempio, se x0 2 fr.˝/, esiste una carta locale .!; r/, con ! � Rn�1 aperto e unintorno aperto I � Rn di x0 e una mappa r W ! ! Rn di classe C k e con Jr di rango n � 1 taleche

fr.˝/ \ I D r.!/ :

Per ogni x D r.t/ 2 fr.˝/ \ I , i vettori @[email protected]/ della matrice Jr.t/ formano una base per

Tx.fr.˝//. Scegliamo quindi x0 D r.t0/ 2 fr.˝/ \ I e se v 2 Rn con v … Tx0.fr.˝//3 alloradet.Jv Jr.t0/K/ ¤ 0 per la lineare indipendenza dei vettori. Definiamo una variazione della mappar�, ossia la mappa

r W R � ! ! Rn

.s; t/ 7! r.t/C sv

3Si dice che v è trasversale alla ipersuperficie fr.˝/

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8.2 Aperti con frontiera regolare e la normale alla frontiera 131

La mappa è chiaramente di classe C k per costruzione ed il suo differenziale totale è scrivibile informa matriciale

Jdr.s; t/K D Jv Jr.t/K ;

quindi det.Jdr.s; t0/K/ ¤ 0, per ogni s 2 R. Siamo dunque nelle condizioni di applicabilità delteorema della funzione inversa e quindi esiste ı > 0 e (eventualmente restringendo sia l’aperto !sia l’aperto I ) si ha che

r W .�ı; ı/ � ! ! I

è un diffeomorfismo di classe C k tra aperti di Rn, ossia un cambio di coordinate. È infatti il cambiodi coordinate che permette di vedere fr.˝/, almeno localmente, come un Rn�1, e “piatto” in Rn.Infatti, è chiaro che fr.˝/ \ I � r.f0g � !/ e inoltre, se avessimo che

r.t/C sv D r.t 0/ 2 fr.˝/ \ I ;

con jsj < ı e t; t 0 2 !, si ha necessariamente che s D 0 e t D t 0, per l’iniettività della carta localer . Ne concludiamo che

fr.˝/ \ I D r.f0g � !/ ;

risultato che implica chiaramente che nelle coordinate locali .s; t/ la parte di frontiera interessataè caratterizzata dall’equazione s D 0 in Rn, ossia l’iperpiano Rn�1, che quindi rende esplicita erigorosa l’intuizione dell’“appiattimento” di fr.˝/ \ I .

Concludiamo ricordando anche che, come luogo (locale) degli zeri della funzione g, si ha cheesiste I aperto in Rn tale che

(8.2) fr.˝/ \ I D fx 2 I W g.x/ D 0g :

Sintetizzando quanto scritto, abbiamo che

8.2.1 Teorema. Per un insieme aperto ˝ � Rn le seguenti affermazioni sono equivalenti:.a/ fr.˝/ è una ipersuperficie in Rn di classe C k e per ogni x0 2 fr.˝/ non esiste nessun

intorno aperto I � Rn di x0 tale che

˝ \ I D I n fr.˝/ :

.b/ Per ogni x0 2 fr.˝/ e ogni v 2 Rn per cui v … Tx0.fr.˝//, esistono I , !, ı e r comevisto nella discussione precedente , per cui si ha che

˝ \ I D r..�ı; 0/ � !/ D fr.t/C sv W �ı < s < 0 ; t 2 !g ;

oppure˝ \ I D r..0; ı/ � !/ D fr.t/C sv W 0 < s < ı ; t 2 !g :

.c/ Per ogni x0 2 fr.˝/ esistono I e una funzione g, come discusso in precedenza, tali che

˝ \ I D fx 2 I W g.x/ < 0g ;

con gradg.x0/ ¤ 0..d/ Per ogni x0 2 fr.˝/ esistono un suo intorno aperto I � Rn e un diffeomorfismo ' di

classe C k tra I e la palla aperta centrata nell’origine e di raggio 1, B.0; 1/ � Rn, taleche l’immagine di '.I \˝/ sia la semisfera di Rn i punti della quale hanno una dellecoordinate positiva.

Dimostrazione. da scrivere �

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132 Capitolo 8. Aperti con frontiera regolare

Questo Teorema è un’ottima occasione per una definizione

8.2.2 Definizione. (Aperti Regolari) Diremo che l’insieme aperto ˝ � Rn possiede nelpunto x0 2 fr.˝/ frontiera di classe C k e giace da un solo lato di fr.˝/ se vale una dellecondizioni equivalenti del Teorema 8.2.1. Se questo è il caso per ogni punto x0 2 fr.˝/, alloradiremo che˝ ha una frontiera di classe C k e giace da un solo lato di essa. Utilizzeremo spessola locuzione abbreviata che, nella condizione appena espressa, ˝ è un aperto con frontieraregolare di classe C k , oppure, più brevemente, un aperto regolare di classe C k .Un primo risultato interessante è il seguente:

8.2.3 Lemma. Se n > 1, la frontiera di un aperto regolare ˝ di Rn di classe C k è una varietàcompatta di classe C k e dimensione n � 1.

Dimostrazione. L’aperto regolare ˝ è per definizione limitato, e la frontiera soddisfa l’eq. (8.2),per cui è anche chiuso, data la continuità della funzione g. Quindi è un compatto in Rn. �

8.2.4 Osservazione. Notiamo che se x0 2 fr.˝/ è un punto per cui la definizione è vera e prendiamov 2 Rn con v … Tx0.fr.˝// allora si hanno solo due possibilità, prendendo in considerazione il caso .c/ delTeorema 8.2.1:

.1/ hgradg; vi > 0 ; oppure .2/ hgradg; vi < 0 :

È allora naturale la seguente definizione:

8.2.5 Definizione. Sia ˝ aperto regolare in Rn. Allora se x 2 fr.˝/, v 2 Rn con v …Tx.fr.˝//, diremo che v punta all’esterno di˝ se è vera la condizione .1/, mentre diremo chev punta all’esterno di ˝ se è vera la condizione .2/. In particolare, la normale a fr.˝/ chepunta all’esterno è detta normale esterna di fr.˝/, con notazione �.x/. L’altra ��.x/ è dettanormale interna a fr.!/ in x.

8.2.6 Lemma. Sia˝ � Rn aperto regolare. Siano x 2 fr.˝/ e v 2 Rn con v … Tx.fr.˝// chepunta all’esterno di ˝. Allora la condizione .b/ del Teorema 8.2.1, assume la seguente forma

˝ \ I D r..�ı; 0/ � !/ D fr.t/C sv W �ı < s < 0 ; t 2 !g :

La normale esterna �.x/ a fr.˝/ in x D r.t/, con la sostituzione �t1 per t1 quando necessario,è data da

(8.3) �.x/ D

@[email protected]�1.x// ^ � � � ^ @r

@tn�1.r�1.x// @r@t1 .r�1.x// ^ � � � ^ @r

@tn�1.r�1.x//

2 Rn :

Inoltre,

det.Jdr.s; t/K/ D�v;@r

@t1.t/ ^ � � � ^

@r

@tn�1.t/

�> 0 ; .s; t/ 2 R � ! :

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8.3 Funzioni definite in insiemi chiusi 133

Nel caso in cui x D r.t/ D .t; h.t// per una funzione di classe C k h W ! ! R, si ha invece

�.x/ D .�1/n�1.�dh.t/; 1/p1C kdh.t/k2

2 Rn :

Se fr.˝/ è localmente descritta come luogo degli zeri di una funzione g allora si ha

�.x/ Dgradg.x/kgradg.x/k

2 Rn :

Dimostrazione. Sappiamo che @[email protected]�1.x// ^ � � � ^ @r

@tn�1.r�1.x// 2 .Tx˝/

? quindi la formu-la (8.3) è corretta a meno di un possibile segno. Nel caso in cui il prodotto vettoriale desse lanormale interna, allora rimpiazzeremo la componente t1 con quella del segno opposto, risultato concui il prodotto vettoriale cambierebbe segno e darebbe allora la normale esterna. Le altre formulesono state viste in precedenza. �

8.2.7 Esempi. Vediamo qualche esempio:1. Consideriamo ˝ � B.0; 1/ la palla unitaria aperta in R3 centrata nell’origine, e prendiamo,

ad esempio, il punto x D .0; 0; 1/. Una normale esterna a fr.˝/ in .0; 0; 1/ è ad esempio�..0; 0; 1// D e3, per cui possiamo utilizzare come intorno aperto I � R3 di x l’insiemeI D f.x; y; z/ 2 R3 W x2 C y2 < 1

4; jz � 1j < ıg con ı > 0 per il quale definiamo

r.s; t/ D r.t/C se3 ; jsj < ı ;

con r.t/ D .t1; t2;

q1 � t21 � t

22 /, e ! D f.t1; t2/ 2 R2 W t21 C t

22 < 1=4g, per cui i punti

di ˝ sono caratterizzati dall’avere s < 0 mentre la frontiera è chiaramente s D 0.2. Consideriamo ora il disco unitario ˝ in R2. Un qualunque punto x0 della frontiera lo

esprimiamo nella forma x0 D .cos �0; sin �0/. Prendiamo come I intorno aperto di x0 ilseguente insieme

I D f.er cos �; er sin �/ W j� � �0j <�

4; jr j < 2g :

Poichè la normale esterna per i punti della frontiera è sempre in direzione radiale, allora�.x0/ D .1=

p2; 1=p2/, quindi, usando la funzione segno (sign) di un numero reale,

r.er ; �/ D .cos �; sin �/�sign.r/er�1p2;1p2

�; � 2 ! D

��0 �

4; �0 C

4

�; jr j < 2 :

Il vecchio parametro s è ora �sign.r/er , per cui ˝ \ I si descrive con la disuguaglianzar > 0, che corrisponde a s < 0, mentre la corrispondente parte della frontiera è l’immaginedei punti con r D 0 (con sign.0/ :D 0).

3. Non è difficile mostrare che i seguenti aperti sono regolari e di classe C1: .a/ la parte di R2

racchiusa da un’ellisse, .b/ la corona circolare del piano di centro l’origine e raggi 1 e 2, .c/l’insieme dei punti x 2 R2 tali che kxk4 C kxk2 < 1, .d/ la parte di spazio compresa tra ledue sfere di centro l’origine di R3 e raggi 1 e 2.

8.3 Funzioni definite in insiemi chiusiAvremo spesso a che fare con funzioni definite in insiemi non necessariamente aperti, anzi in generechiusi, quindi dobbiamo generalizzare e precisare cosa intendiamo con la nozione di differenziabilità.Il concetto può essere formulato in modo puramente locale e, in senso assiomatico, viene dato dallaseguente

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134 Capitolo 8. Aperti con frontiera regolare

8.3.1 Definizione. Sia K � Rn compatto e f W K ! Rm. Diremo che f appartiene allospazio delle funzioni k-volte differenziabili con continuità suK a valori in Rm, simbolicamentef 2 C k.K;Rm/, se per ogni x 2 K esistono un intorno aperto Ix � Rn del punto x ed unafunzione fx 2 C

k.Ix;Rm/, tali che

fx.y/ D f .y/ ; per ogni y 2 K \ Ix :

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9. Teoremi fondamentali per aperti regolari

9.1 Teorema della derivata totaleIn questo capitolo cominciamo a discutere i teoremi fondamentali del calcolo per gli aperti regolari.La strategia è un pò differente da quanto si trova in letteratura, si privilegia l’analogo multidimen-sionale del secondo teorema fondamentale del calcolo (forma derivata), nel nostro caso si usa ildifferenziale totale di una funzione a valori reali, interpretandone l’integrale come un vettore riga lecui componenti danno gli integrali usuali.

9.1.1 Teorema. (Teorema dell’integrazione della derivata totale) Sia ˝ � Rn un apertoregolare di classe C 1. Sia �.y/T la normale esterna (come vettore riga) a fr.˝/ in y e siadmn�1.y/ la misura d’integrazione rispetto alla densità euclidea .n � 1/-dimensionale sullaipersuperficie di classe C 1 fr.˝/. Sia f W ˝ ! R una funzione di classe C 1. Allora la seguenteidentità per vettori riga vale in Rn

(9.1)Z˝

df .x/ dx D

Zfr.˝/

f .y/�.y/T dmn�1.y/ :

Dimostrazione. Omessa. �

9.1.2 Osservazione. La frontiera fr.˝/ è un sottoinsieme di Rn a misura nulla, quindi ˝ è un insiemelimitato aperto rettificabile. Questo comporta che il membro a sinistra dell’eq. (9.1) è ben definito. �

Possiamo dedurre delle formulazioni equivalenti alla (9.1). Prendendo l’equazione per compo-nenti si ha Z

˝

@f

@xj.x/ dx D

Zfr.˝/

f .y/�j .y/ dmn�1.y/ ; 1 � j � n :

Inoltre, considerando il prodotto scalare con un qualsiasi vettore v 2 Rn si haZ˝

hdf .x/; vi dx D

Zfr.˝/

f .y/h�.y/; vi dmn�1.y/ ;

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136 Capitolo 9. Teoremi fondamentali per aperti regolari

oppure anche Z˝

gradf .x/ dx DZfr.˝/

f .y/�.y/ dmn�1.y/ ;

che è forse la forma più nota in letteratura, detta del gradiente.

9.1.3 Osservazione. Interpretando opportunamente le grandezze matematiche coinvolte, il teorema èvalido anche se n D 1. Infatti, in tal caso, ˝ D .a; b/ e fr.˝/ D fa; bg, varietà a dimensione 0 perchècomposta da un numero finito di punti differenti, come abbiamo già visto in precedenza. La normale allafrontiera vale �.a/ D �1 e �.a/ D C1, e interpretando l’integrazione su varietà 0-dimensionale rispetto alladensità euclidea come la valutazione nel punto considerato si haZ b

a

df

dxdx D

Zfag

f .y/.�1/dm0.y/C

Zfbg

f .y/.C1/dm0.y/ D f .b/ � f .a/ ;

come ci aspettavamo. �

Il teorema ammette una generalizzazione al caso in cui la frontiera contiene sottoinsiemi chepossiamo trascurare, in un senso ben preciso ma che non espliciteremo ulteriormente. Tuttavia lageneralizzazione permette l’applicazione del teorema a situazioni in cui alcune delle grandezzecoinvolte non sono definibili, tipo la normale esterna. Pensiamo ad esempio al caso del cubo apertoin R3. La frontiera è l’unione delle 6 facce, ma esse si intersecano negli spigoli, regioni nellequali noi non sappiamo come definire le grandezze che servono all’enunciato del teorema. In ognicaso, queste regioni sono trascurabili e quindi possiamo ammettere anche aperti più complicatidi quelli trattati nel capitolo precedente come aperti regolari. Una trattazione rigorosa è possibilema farebbe intervenire alcune sottigliezze come la definzione di varietà con angoli (vedi http://math.stanford.edu/~conrad/diffgeomPage/handouts/corners.pdf), che vanno ben oltreil livello elementare di questo testo.

9.2 Teorema della divergenzaRicordiamo una definizione in genere ampiamente nota:

9.2.1 Definizione. Siano A � Rn aperto e f W A ! Rn. Una tale mappa è detta campovettoriale in A.

9.2.2 Esempi. Alcuni esempi:1. L’associazione x 2 A 7! f .x/ 2 TxA ' Rn è un campo vettoriale2. Se ' W A ! B con A;B � Rn aperti e di classe C 1, è un diffeomorfismo, detto anche

cambio di variabili, allora è un campo vettoriale.3. Se g W A ! R è di classe C 1 su A � Rn aperto, allora il gradiente gradg W A ! Rn è un

campo vettoriale.�

Sia ora f W A ! Rn un campo vettoriale di classe C 1 su A � Rn aperto. Allora df .x/ 2End.Rn/ per ogni x 2 A. Chiamiamo traccia di questo endomorfismo, in simboli tr.df .x// ilcoefficiente di ordine �n�1 nel polinomio caratteristico di Jdf .x/K, ossia

det.�1n � Jdf .x/K/ D �n � �n�1tr.df .x//C � � � C .�1/n det.Jdf .x/K/ :

Questa definizione non dipende dalla scelta delle coordinate in Rn. Se invece consideriamo la basestandard di Rn, si ha

tr.df .x// DnX

jD1

@fj

@xj.x/ :

Abbiamo allora la seguente definizione

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9.2 Teorema della divergenza 137

9.2.3 Definizione. Sia f W A ! Rn un campo vettoriale di classe C 1 su A � Rn aperto.Definiamo la funzione divf W A! R detta divergenza del campo vettoriale f come

divf .x/ D tr.df .x// DnX

jD1

@fj

@xj.x/ :

Mentre, se g W A! R è di classe C 2 definiamo il laplaciano di g come

�g:D div.gradg/ D

nXjD1

@2g

@x2j:

9.2.4 Esempio. Campo vettoriale newtoniano.Definiamo il campo vettoriale f W Rn n f0g ! R tramite la posizione

f .x/ Dx

kxk;

ossiafj .x/ D

xj

kxk; j D 1; : : : ; n :

Si ha@fj

@xjD

1

kxkn� n

x2j

kxknC2;

di conseguenza

divf .x/ Dn

kxkn� n

kxk2

kxknC2D 0 ; x 2 Rn n f0g :

Notiamo che se n > 2, allora

f .x/ D grad�

1

2 � n

1

kxkn�2

�;

e quindi

�1

kxkn�2

�D 0 ; su Rn n f0g :

Il campo vettoriale

Rn n f0g 3 x 7!1

voln�1.Sn�1/1

kxkn2 Rn ;

è detto campo vettoriale newtoniano. �

Consideriamo un campo vettoriale f W ˝ ! Rn con˝ � Rn aperto regolare di classe C 1. Perogni y 2 fr.˝/ definiamo �

f�T�.y/ 2 End.Rn/ ;

ossia il prodotto righe per colonne tra la matrice colonna f e la matrice riga �T , quindi

�f�T

�.y/ D

ˇˇˇf1.y/�1.y/ � � � f1.y/�n.y/

f2.y/�1.y/ � � � f2.y/�n.y/::: � � �

:::

fn.y/�1.y/ � � � fn.y/�n.y/

ˇˇˇ 2 Mat.n � n/ :

Questo implica che tr.f�T / D hf ; �i W fr.˝/! R.

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138 Capitolo 9. Teoremi fondamentali per aperti regolari

Applicando la formula del Teorema dell’integrazione della derivata totale, Teorema 9.1.1, sitrova una identità tra elementi di End.Rn/, o volendo, semplicemente matrici in Mat.n � n/Z

˝

df .x/ dx D

Zfr.˝/

.f�T /.y/ dmn�1.y/ ;

da cui, prendendo le tracce in entrambi i membri otteniamo

9.2.5 Teorema. (Teorema della divergenza o di Gauss) Supponiamo di avere gli stessi datidel Teorema 9.1.1. Sia f W ˝ ! Rn campo vettoriale di classe C 1 (componenti di classe C 1).Allora si ha

(9.2)Z˝

divf .x/ dx DZfr.˝/hf ; �i.y/ dmn�1.y/ :

Il secondo membro dell’eq.(9.2) è anche detto il flusso uscente del campo f da˝ attraverso lasua frontiera fr.˝/.

9.3 Applicazioni

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10. Integrazione orientata

10.1 Curve ed archi orientatiCominciamo col definire l’orientamento di una curva

10.1.1 Definizione. Data una curva (varietà differenziabile 1-dimensionale) � in R3, chiamia-mo orientamento di � un campo vettoriale continuo � W � ! R3 tale che

�.x/ 2 Tx� ; k�.x/k D 1 ; per ogni x 2 �

e chiamiamo curva orientata una coppia .�;�/ composta da una curva ed un suo orientamento.È possibile dimostrare che se � è connessa allora esistono solo due possibili orientamenti, unoopposto all’altro.

10.1.2 Teorema. Sia � curva connessa in R3. Se � non è compatta, allora esiste un intervalloaperto I � R e una parametrizzazione per lunghezza d’arco r W I ! � bigettiva.

Se � è curva compatta, allora esiste una funzione periodica surgettiva r W R ! � le cuirestrizioni iniettive parametrizzano localmente � per lunghezza d’arco.

10.1.3 Esempio. Orientamento della circonferenza � W x2 C y2 D R2.�

Se la curva � è immagine di una sola carta r allora

�.x/ Dr 0.r�1.x//

kr 0.r�1.x//k; per ogni x 2 � :

Questa è una formula generale e fornisce quello che si chiama un orientamento indotto dalla carta r .

10.1.4 Definizione. Sia A � R3. Diciamo che A è un arco di classe C k , quando esistono unintervallo compatto Œa; b� e una funzione r W Œa; b�! R3 di classe C k , iniettiva, la cui derivata

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140 Capitolo 10. Integrazione orientata

non si annulla mai e tale che r.Œa; b�/ D A.Una funzione di questo tipo viene detta parametrizzazione, oppure semplicemente carta di

classe C k dell’arco considerato.10.1.5 Esempio. Semicirconferenza, A W x2 C y2 D 1 ; y � 0. È l’immagine della cartar.t/ D .cos t; sin t / ; t 2 Œ0; ��. �

L’esempio precedente suggerisce che una carta per un arco sia la restrizione ad un intervallochiuso di una carta locale per una curva, nel caso in esame, ad esempio, la restrizione della cartalocale r.t/ D .cos t; sin t / ; t 2 Œ��=2; �=2�, carta locale per la circonferenza completa. In effetti,è possibile dimostrare che questo è sempre vero in generale.

Siamo ora pronti a definire l’integrazione sugli archi. Sia quindi A � R3 un arco e f W A! Runa funzione ad esempio continua, alloraZ

A

f .y/ dm1.y/:D

Z b

a

f .r.t//kr 0.t/k dt :

Ad esempio, possiamo pensare di integrare il fattore scalare definito da un campo vettorialef W A! R3, ossia il termine hf ;�i, dove � è un orientamento indotto da una carta r per l’arco A.Allora Z

A

hf ;�i.y/ dm1.y/:D

Z b

a

�f .r.t//;

r 0.t/

kr 0.t/k

�kr 0.t/k dt

D

Z b

a

˝f .r.t//; r 0.t/

˛dt ;

e si ha quindi

10.1.6 Teorema. Con le notazioni appena stabilite, siano f continua sull’arco A a valori in R3

e � un orientamento indotto dalla carta r . Allora si haZA

hf .y/;�.y/i dm1.y/ D

Z b

a

˝f .r.t//; r 0.t/

˛dt :

Notare che l’integrale al primo membro non è altro che la generalizzazione del concetto di lavorocompiuto dalla forza f per trasportare un corpo lungo l’arco A in R3 noto dai corsi elementari.

10.2 Secondo Teorema fondamentale per curve ed archi

10.3 Formula di Green, a.k.a. Stokes in R2

10.4 Formula di Stokes in R3

f jVU ” f 2 Maps.U; V D f .U // .r1jM12!1

/�1 Aᵀ Aᵀ xᵀ AT

f 2 Maps.A;Rm/ f 2M.A;Rm/

10.5 Applicazioni

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IV

11 Densità e forme di volume . . . . . . . . . . 14311.1 Preliminari

L’integrazione delle formedifferenziali e delle densità

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11. Densità e forme di volume

11.1 PreliminariRicordiamo l’enunciato del Teorema del cambiamento delle variabili, Teorema 5.1.3

Sia ' W A ! B un cambiamento di variabili di classe C k tra insiemi aperti di Rn. Siaf W B ! R una funzione continua a supporto compatto in B . Allora la funzione f è integrabile suB se e solo se la funzione .f ı '/j det d'j è integrabile su A. Se si verifica una delle due proprietàallora si ha

(11.1)ZB

f .y/ dy D

ZA

f .'.x//j det d'.x/j dx :

Se volessimo determinare una cosa analoga per le forme differenziali, dovremmo considerarela n-forma ! D f .y/dy1 ^ dy2 ^ � � � ^ dyn. Sotto l’azione del diffeomorfismo ' avremmo, perpullback,

'�! D f ı ' d'1 ^ � � � ^ d'n

ossia, per differenziazione esterna, poiché d'j DPk@'j@xk

dxk , si ha

'�! D f ı 'Xk1

Xk2

� � �

Xkn

@'1

@xk1: : :

@'n

@xkndxk1 ^ � � � ^ dxkn :

Poiché abbiamo comunque n indici, nelle sommatorie solo i termini in cui gli indici k sono tutti edn differenti contribuiscono, e allora si ha sempre

dxk1 ^ � � � ^ dxkn D sign�1 � � � n

k1 � � � kn

�dx1 ^ � � � ^ dxn

ossia,

'�! D f ı 'Xk1

Xk2

� � �

Xkn

@'1

@xk1: : :

@'n

@xknsign

�1 � � � n

k1 � � � kn

�dx1 ^ � � � ^ dxn

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144 Capitolo 11. Densità e forme di volume

ma in quest’ultima sommatoria riconosciamo la scrittura del determinante in termini delle permuta-zioni di n elementi, e quindi

'�! D .f ı '/ .x/ det .d'.x// dx1 ^ � � � ^ dxn :

Confrontando questa formula con quella del cambiamento di variabili notiamo che c’è una valoreassoluto di differenza. A questo punto si possono prendere due strade, non completamente equiva-lenti, la prima forza il formalismo a rispettare i segni del determinante della linearizzazione deldiffeomorfismo ', imponendo solo quelli per cui tale determinante è positivo, ossia, si impone unacondizione sull’orientamento determinato dalla base nella quale si calcola in determinante ed i dif-feomorfismi dovranno essere solo quelli che non cambiano tale scelta. La seconda opzione prevedeuna sorta di generalizzazione delle forme in densità, che hanno come caratteristica principale dicambiare sotto diffeomorfismi in modo coerente con quanto visto nel Teorema di cambiamentodelle variabili, quindi non necessitando di orientamenti predeterminati.

Percorriamo prima la seconda strada. A tal proposito è ragionevole ridiscutere come calcolareil volume dei k-parallelepipedi in Rn. Ricordiamo che la formula per P.v1; : : : ; vk/ con v1 � � � vkvettori linearmente indipendenti in Rn, è data da

volk.P.v1; : : : ; vk// D jdetB .v1; : : : ; vk/ j ;

dove il determinante è calcolato tramite una base ortonormale B D fb1; : : : ;bkg del sottospazio Vgenerato dai vettori v1; : : : ; vk . Si tratta dunque del valore assoluto del determinante della matriceA D .aij / 2 Matk.R/ di cambiamento di base tra B e la base determinata dai vettori v1; : : : ; vk ,ossia

vj D

kXiD1

ai;jbi ;

in termini matriciali, con V D Œv1 � � � vk� e B D Œb1 � � �bk�, entrambi matrici n � k, si ha

V D BA :

In termini della matrice di Gram si ha, usando il prodotto scalare euclideo,

det.vi � vj / D det.VᵀV / D det.AᵀBᵀBA/ D det.AᵀA/ D det.A/2 ;

visto che det.BᵀB/ D 1 essendo B una base ortonormale. Il k-volume è quindi dato dalla relazioneqdet.vi � vj /, che ha il merito di dimostrare che il valore del k-volume non dipende dalla scelta

della base B.È interessante dimostrare che tale k-volume possa essere calcolato a partire da opportune forme

differenziali, ossia è possibile scrivere che

(11.2) det.vi � vj / DX

I2Ck.n/

.dxI .v1; : : : ; vk//2 ;

oppure, più in generale,

det.vi � v0j / DX

I2Ck.n/

dxI .v1; : : : ; vk/ dxI .v01; : : : ; v

0k/

per tutte le coppie di k-ple di vettori .v1; : : : ; vk/ e .v01; : : : ; v0k/.

La dimostrazione non è difficile, tenendo conto del fatto che il determinante è lineare nellevariabili vj e v0

ke alternante, si ha, per necessità, una rappresentazione nella forma seguente

det.vi � v0j / DX

I2Ck.n/

XJ2Ck.n/

˛I;JdxI .v1; : : : ; vk/dxJ .v01; : : : ; v

0k/ :

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11.1 Preliminari 145

con ˛IJ coefficienti opportuni. A questo punto non è difficile capire che prendendo per v1; : : : ; vke v0; : : : ; v0

kelementi della base standard e1; : : : ; en si ottiene che ˛IJ D 1 se I D J e ˛IJ D 0 in

caso contrario, infatti è sufficiente notare che se I e J hanno k � 1 elementi uguali ma i rimanentisono differenti, allora nel membro di destra potremmo anche avere che i determinanti associati alleforme siano entrambi uguali ad 1, ma il membro di sinistra sarebbe il determinante di una matriceche ha una riga composta solo da zeri, e quindi il determinante sarebbe nullo. Ne risulta che l’unicapossibilità per avere determinante non nullo è che I D J . Da questo si ottengono le formule sopradelineate. Per quanto riguarda la prima, si ottiene formalmente che il differenziale di k-volume inRn è dato dall’espressione

dHk:D

s XI2Ck.n/

.dxI /2 :

La simbologia dHk rimanda alla nozione di elemento di misura di Haussdorf, che generalizza lanozione di misura di Lebesgue nei casi in cui si tratti di misurare il k-volume di oggetti in Rn. Non sivenga però tratti in inganno dalla notazione. Infatti, il simbolo dHk non ha a che fare con la nozionedi forma differenziale. Il motivo è presto compreso, le forme sono oggetti lineari nelle variabili,mentre l’espressione che definisce dHk non lo è, infatti, se nell’espressione (11.2) moltiplicassimoper � 2 R uno qualsiasi dei vettori vj , ad esempio v1, vista la linearità di dxI otterremos X

I2Ck.n/

.dxI .�v1; : : : ; vk//2D

s XI2Ck.n/

�2 .dxI .v1; : : : ; vk//2

D j�j

s XI2Ck.n/

.dxI .v1; : : : ; vk//2 ;

quindi, non otteniamo la relazione di linearità a causa della presenza del valore assoluto. Questoperò fa anche notare che, a differenza di quanto visto per le n-forme, ora questi oggetti sembranoessere insensibili ai segni dei coefficienti. Infatti si ha la seguente definizione, che mostra comedHk è da intepretare come una densità:

11.1.1 Definizione. (Densità) SiaU � Rn un aperto. Diremo una k-densità di classeC1.U /(oppure, una qualsiasi classe di differenziabilità continua finita) ogni applicazione

� W U � .Rn/k ! R ; .x; v1; : : : ; vk/ 7! �.x/.v1; : : : ; vk/ ;

di classe C1 come funzione in U per la quale vale, per ogni trasformazione lineare T W Rn !Rn,

�.x/.T v1; : : : ; T vk/ D j det.T /j�.x/.v1; : : : ; vk/ ;

per ogni k-pla di vettori linearmente indipendenti v1; : : : ; vk in Rn.

11.1.2 Esempio. Abbiamo già visto un esempio nella k-densità dHk , e quindi se !1; : : : ; !m sonok-forme differenziali in U e f1; : : : ; fm funzioni di classe C1 in U , si ha che

� D

mXjD1

fj j!j j ; � D

pmXjD1

!2k ;

sono k-densità in U di classe C1. �

Se abbiamo che k D n allora ogni n-pla di vettori v1; : : : ; vn linearmente indipendenti èl’immagine della base standard e1; : : : ; en per qualche matrice A, in cui possiamo prendere comeelementi colonna proprio l’n-pla v1; : : : ; vn, per cui si ha

�.x/.v1; : : : ; vn/ D j det.A/j�.x/.e1; : : : ; en/ D f .x/j detŒv1; : : : ; vn�j

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146 Capitolo 11. Densità e forme di volume

con f .x/ :D �.x/.e1; : : : ; en/, oppure, in modo formale,

�.x/ D f .x/jdx1 ^ dx2 ^ � � � ^ dxnj ;

in cui si riconosce in modo evidente l’espressione di volume del teorema di cambio delle variabili.Le principali proprietà delle densità vengono collezionate nel seguente teorema, in cui denotiamo

col simbolo Dk.U / l’insieme di tutte le k-densità sull’aperto U � Rn.

11.1.3 Teorema. (Proprietà delle densità) Sia U � Rn un aperto. Si ha:.a/ Dk.U / è un modulo sull’anello delle funzioni C1, per ogni k D 1; : : : ; n..b/ Sia v1; : : : ; vm insieme di vettori linearmente indipendenti. Sia V lo spazio vettoriale

generato da tale insieme. Allora, se �1 e �2 sono due m-densità in V e se, per ogni basew1; : : : ;wm di V e per ogni x 2 V si ha �1.x/.w1; : : : ;wm/ D �2.x/.w1; : : : ;wm/

allora �1 D �2 in V ..c/ Se ! 2 An.U /, allora la mappa j!j W U � .Rn/n ! R definita come

j!j.x/.v1; : : : ; vn/:D j!.x/.v1; : : : ; vn/j ;

fornisce una n-densità.

È naturale ora porci il problema di come integrare le densità. Sia U � Rk un insieme aperto,limitato e connesso e sia r W U ! Rn una funzione di classe C 1 (su un aperto A � U ). Diremoche l’immagine r.U / è una superficie S e che la coppia .U ; r/ fornisce una rappresentazioneparametrica di S . Inoltre, diremo che S è una superficie regolare se la rappresentazione parametrica.U ; r/ è tale da avere, oltre la regolarità già introdotta,� r è iniettiva quando ristretta ad U (punti interni a U ).� La matrice associata a dr è di rango k in ogni punto di U .

È chairo che la differenza tra superfici regolari e non è che le seconda possono avere autointsersezioni.Mettiamoci nella situazione di avere superfici regolari, quello che diremo comunque non dipendeda tale scelta. Supponiamo di avere un’altra coppia .V ; s/. Diremo che r e s sono equivalenti seesiste un diffeomorfismo ' W U ! V tale che r D s ı '. È facile mostrare che si ha una classe diequivalenza e che si ha, chiaramente s.V / D S . La definizione più corretta della superficie regolareS sarebbe quella per cui S � Œr�, classe di equivalenza di rappresentazioni parametriche, cosí danon dipendere più dalla scelta della parametrizzazione. Ora, se ˛ è una k-densità, allora, poichéanche S ha dimensione k, la densità ˛ avrà la forma ˛.x/ D f .x/jdx1 ^ � � � ^ dxkj per qualchefunzione f . Il suo pullback tramite r sarà allora dato dalla sostituzione x D r.t/ per cui abbiamo

r�.˛/.t/ D f .r.t//jdt1 ^ � � � ^ dtkj ;

per cui possiamo a questo punto definire l’integrazione nel modo seguente:ZS

˛:D

ZŒr�

˛ D

ZU

r�.˛/ D

ZU

f .r.t//jdt1 ^ � � � ^ dtkj:D

ZU

f .r.t//dt1 � � � dtk ;

dove l’ultimo integrale è quello canonico di Riemann in Rk .La cosa più importante da notare in questa nuova definizione di integrazione è la indipendenza

dalla scelta della parametrizzazione della superficie, in parte già innestata dalla nostra notazione.L’argomentazione che da corpo a questa idea è la seguente. Siano r e s nella stessa classe diequivalenza per la superficie S . Allora esiste un diffeomorfismo ' che lega le due parametrizzazioni,ossia r D s ı '. Considerando la k-densità ˛ si ha, usando anche il cambio di variabili � D '.t/,che, a partire da s�˛.�/ D F.�/jd�1 ^ � � � ^ d�kj,

.sı'/�.�/ D '�.s�.˛//.�/ D '�.F.�/jd�1^� � �^d�kj/ D F ı'.t/j det.d'.t//jjdt1^� � �^dtkj :

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11.1 Preliminari 147

Se ricordiamo quanto fatto nel teorema del cambiamento di variabili otteniamoZU

F ı '.t/j det.d'.t//jjdt1 ^ � � � ^ dtkj DZV

F.�/jd�1 ^ � � � ^ d�kj

da cui si evinceRU r�˛ D

RV s�˛, come ci aspettavamo.

Possiamo applicare quanto fatto finora a casi particolari, ad esempio al caso delle densitàeuclidee di volume k-dimensionale dHk , e ottenere per il volume della superficie regolare S che

volk.S/:D

ZS

dHk D

ZU

r�.dHk/ :

Possiamo dare una forma esplicita alla seconda integrazione, scrivendo

r�.dHk/ D

s XI2Ck.n/

.drI /2

ed ora calcolare in modo esplicito .drI /2, infatti

drI D dri1 ^ � � � ^ drik

D

Xj1

� � �

Xjk

@ri1@tj1

@ri2@tj2� � �@rik@tjk

dtj1 ^ � � � ^ dtjk

D

X�2�k

@ri1@t�.1/

@ri2@t�.2/

� � �@rik@t�.k/

dt�.1/ ^ � � � ^ dt�.k/

D

X�2�k

.�1/�@ri1@t�.1/

@ri2@t�.2/

� � �@rik@t�.k/

dt1 ^ � � � ^ dtk

D Jac.rI / dt1 ^ � � � ^ dtk :

Da cui si ottiene

volk.S/:D

ZS

dHk D

ZU

s XI2Ck.n/

.Jac.rI //2 dt1 � � � dtk :

Allo stesso modo, un’altra formula utile viene dalla determinazione della superficie S comegrafico di funzione, infatti si ha r.t/ D .t; f .t//, da cui si deduce, tramite semplici calcoli che

volk.S/ DZU

q1C kgradf .t/k2 dt1 � � � dtk :

Possiamo vedere immediatamente dei casi specifici semplici. Ad esempio possiamo determinarela forma classica dell’area di una superficie regolare bidimensionale in R3, parametrizzata dar.t/ D .r1.t/; r2.t/; r3.t// con t 2 R2 e notare che gli unici indici che contribuiscono alla sommasotto la radice quadrata sono I D f1; 2g, I D f1; 3g e I D f2; 3g, per cui si ottiene

XI2C2.3/

.Jac.rI //2 D

ˇˇ@r1@t1 @r2

@t1

@r1

@t2

@r2

@t2

ˇˇ2

C

ˇˇ@r1@t1 @r3

@t1

@r1

@t2

@r3

@t2

ˇˇ2

C

ˇˇ@r2@t1 @r3

@t1

@r2

@t2

@r3

@t2

ˇˇ2

;

da cui s XI2C2.3/

.Jac.rI //2 D @r@t1 � @r@t2

;

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148 Capitolo 11. Densità e forme di volume

che infine fornisce la seguente espressione

vol2.S/ DZU

s XI2C2.3/

.Jac.rI //2 dt1dt2 DZU

@r.t/@t1�@r.t/

@t2

dt1 dt2 :In molti testi elementari tale formula viene scritta in una forma differente definendo le seguentiquantità

E:D

@r.t/@t1

2 ; F:[email protected]/

@t1�@r.t/

@t2; G

:D

@r.t/@t2

2 ;per cui

vol2.S/ DZU

pEG � F 2dt1 dt2 :

Vediamo esempi espliciti di uso di tale formula.

11.1.4 Esempi. 1. Supponiamo di voler calcolare l’area della superficie laterale del cilindrocircolare retto C con base la circonferenza di raggio R D 1 e z 2 Œ0; 2�. Una ragionevoleparametrizzazione viene fornita dalle coordinate cilindriche per cui r.�; z/ D .cos �; sin �; z/,in cui U D Œ0; 2��� Œ0; 2� (bisognerebbe dimostrare che tale parametrizzazione fornisce unasuperficie regolare). Applicando la formula vista prima, si ha

@r

@��@r

@zD cos �e1 C sin �e2 ;

la cui norma vale 1, e quindi

vol2.C / DZŒ0;2���Œ0;2�

d� dz D 4� ;

come c’era da aspettarsi.2. Calcoliamo ora l’area laterale del tronco di cono C circolare retto con vertice nell’origine e

con altezza h e raggio di circonferenza R. L’equazione che definisce tale superficie laterale è

z D cost:qx2 C y2 ;

con una costante da determinare in base al problema. Infatti, se prendiamo la quota dell’altezzamassima, allora z D h e x2C y2 D R2 per cui si ha h D cost:R ossia cost: D h=R. Quindi

l’equazione definente la superficie laterale del tronco di cono è z D h=Rqx2 C y2.

Tolto il vertice e la circonferenza alla sommità, si tratta di una superficie regolare che possiamoparametrizzare con coordinate cilindriche nel modo seguente,

r.�; �/ D

�� cos �; � sin �;

h

R�

�; .�; �/ 2 U

:D Œ0; R� � Œ0; 2�� :

Per applicare la formula dobbiamo calcolare la norma del prodotto vettoriale dei vettoritangenti, ossia

@r

@��@r

@�D

ˇˇˇ

e1 e2 e3

cos � sin �h

R

�� sin � � cos � 0

ˇˇˇ

D

��h

R� cos �

�e1 C

�h

R� sin �

�e2 C � e3 ;

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11.1 Preliminari 149

per cui @r@� � @r@� D �

s1C

�h

R

�2:

La superficie laterale è quindi

vol2.C/ DZU

s1C

�h

R

�2d�d� D �R

ph2 CR2 ;

dove l’ultima radice rappresenta la lunghezza dell’apotema.�

Un sottocaso utile è l’integrazione per una superificie di dimensione 1, ossia una curva regolare.In questo caso se chiamiamo con � la classe di equivalenza delle parametrizzazioni equivalentia r W U ! Rn, con U �2 R intervallo limitato, allora si ha che la lunghezza di � è, come giàvedemmo in Analisi II,

vol1.� / DZ�

dH1 D

ZU

pnXkD1

r 0k.t/2 dt D

ZU

kgradr.t/k dt :

11.1.5 Esempio. Vediamo un esempio. Sia r W Œ0; 2��! R2 di equazioni

r.t/ D .r.t � cot t /; r.1 � cos t //

con r > 0. Si tratta di un arco della curva � detta “cicloide.” Si ha: r 01.t/ D r.1 � cos t / er 02.t/ D r sin t , per cui

vol1.� / DZ 2�

0

qr2.1 � cos t /2 C r2 sin2 t dt

D r

Z 2�

0

p2.1 � cos t / dt

D 2r

Z 2�

0

sin�t

2

�dt

D 8r :

Possiamo definire l’integrazione superficiale, per una superficie k-dimensionale S in Rn e peruna funzione continua a valori reali f se il suo dominio contiene S , come la regolaZ

S

fdHk:D

ZU

f .r.t//

s XI2Ck.n/

.Jac.rI //2 dt1 � � � dtk ;

11.1.6 Esempio. Si consideri l’integrale superficiale seguenteZS

.x2 C y2/ dH2

in cui la superficie S è la porzione di grafico della funzione g.x; y/ D xy interna al cilindro diequazione x2 C y2 D 8.

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150 Capitolo 11. Densità e forme di volume

La funzione g ha come insieme di definizione l’interno del cilindro, per cui, se denotiamo conU D f.x; y/ 2 R2 W x2 C y2 � 8g tale insieme si ha r W U ! R3 con r.x; y/ D .x; y; xy/, percui, applicando la formula definenteZ

S

.x2 C y2/ dH2 D

ZU

.x2 C y2/

q1C y2 C x2 dxdy :

Vista la funzione integranda e il dominio di integrazione possiamo agevolmente eseguire l’integralepassando a coordinate polari, per cuiZ

U

.x2 C y2/

q1C y2 C x2 dxdy D

Z 2�

0

d�

Z 2p2

0

�3q1C �2 d�

D 2�

Z 2p2

0

..1C �2/ � 1/

q1C �2 �d�

D 2�

Z 2p2

0

h.1C �2/3=2 � .1C �2/1=2

i�d�

D 2�

�1

5.1C �2/5=2 �

1

3.1C �2/3=2

��D2p2�D0

D 2�

�35 � 1

5�33 � 1

3

�:

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V

12 *L’integrale di Lebesgue* . . . . . . . . . . . 153

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155TestiArticoli

**L’integrazione secondoLebesgue**

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12. *L’integrale di Lebesgue*

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Bibliografia

Testi

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8. M. Bramanti, Esercitazioni di Analisi Matematica 2, Editrice Esculapio.[v-515.076 BRA (II)]

9. B. P. Demidovic, Problemi di Analisi Matematica, Mir Publisher.[v-515.076 DEMI]

10. S. Salsa & A. Squellati, Esercizi di Analisi Matematica 2, Zanichelli.[Ingegneria, sala lettura, v1MATH ANL- 114]

11. D. W. Stroock, “A Concise Introduction to Analysis,” Springer-Verlag, 2015.[non presente in CBT]

Page 156: Note di Analisi Matematica III Romeo/analisi3...3 Integrazione assoluta.....65 3.1 Funzioni assolutamente integrabili65 3.2 Insiemi rettificabili per integrazione assoluta69 3.3 Criteri

156 Capitolo 12. *L’integrale di Lebesgue*

12. G. Gilardi, “Analisi due,” McGraw-Hill, seconda edizione, 1996.[v-Corso Mat 105, v-515 GIL (06)]

Articoli1. P. Lax, Change of Variables in Multiple Integrals, The American Mathematical Monthly, Vol.

106, No. 6 (Jun. - Jul., 1999), pp. 497-501. Disponibile in http://www.jstor.org/stable/25894622. I. Netuka, The Change-Of-Variable Theorem For The Lebesgue Integral, ACTA UNIVER-

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