meccanismi di regolazione non bayesiani versione e learning … · 2020-04-08 · versione e...

68
124 CAPITOLO II Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino, Giappichelli, 2020 SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La Rate of Return Regulation. – 2.1. Rate of Return Regu- lation: trattazione grafica. – 2.2. Rate of Return Regulation: trattazione analitica. – 2.3. Rate of Return Regulation e prezzi alla Boiteux-Ramsey. – 2.4. Aspetti applicativi della Rate of Return Regulation. – 3. La regolamentazione Yardstick (o per confronto). – 3.1. La regola- mentazione Yardstick e il meccanismo alla Clarke (facoltativo). – 3.2. Applicazioni pratiche della regolamentazione Yardstick. – 3.3. Limiti della regolamentazione Yardstick. – 3.4. Qualche ovvio (e perciò inutile) accenno al buon senso. – 4. Il Price-Cap. – 4.1. Il caso dell’impresa multi-prodotto. – 4.2. Alcuni problemi posti dal Price-Cap. – 4.3. Price-Cap e Rate of Return Regulation: confronti. – 4.4. La variante Revenue Cap. – 4.5. Il (segno del) fattore Z. – 5. I Sussidi pari al surplus incrementale. Ovvero: riusciremo mai a liberarci di Löb e Magat? – 5.1. Il modello di Sappington e Sibley o ISS. – 5.2. Il modello di Finsinger e Vogelsang. – 5.3. Il modello di Sibley o ISS-R. – 5.4. Meccanismi dinamici e prezzi di second best. – 5.4.1. Il modello di Vogelsang e Finsinger. – 5.4.2. Il modello di Sappington. – 5.4.3. I modelli di Hagerman e Lyon. – 6. Regolamentazione non bayesiana in presenza di risorsa strumentale necessaria. L’accesso ad una rete. – 6.1. Il sistema ECP. – 6.2. L’appli- cazione di prezzi à la Boiteux-Ramsey. – 7. Il condizionamento del regolatore da parte del regolato (Regulatory capture). – 8. Sintesi del capitolo e collegamento con altri capitoli. – Bibliografia Capitolo II. La Compagnia inglese delle Indie Orientali aveva ottenuto, oltre al potere politico nelle Indie Orientali, il monopolio assoluto del commercio del tè, del commercio con la Cina in generale e del trasporto delle merci dall’Europa all’Asia e viceversa. Ma la

Upload: others

Post on 21-May-2020

3 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

124

CAPITOLO II

Meccanismi di regolazione non Bayesiani

VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da

B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino, Giappichelli, 2020

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La Rate of Return Regulation. – 2.1. Rate of Return Regu-

lation: trattazione grafica. – 2.2. Rate of Return Regulation: trattazione analitica. – 2.3. Rate

of Return Regulation e prezzi alla Boiteux-Ramsey. – 2.4. Aspetti applicativi della Rate of

Return Regulation. – 3. La regolamentazione Yardstick (o per confronto). – 3.1. La regola-mentazione Yardstick e il meccanismo alla Clarke (facoltativo). – 3.2. Applicazioni pratiche della regolamentazione Yardstick. – 3.3. Limiti della regolamentazione Yardstick. – 3.4. Qualche ovvio (e perciò inutile) accenno al buon senso. – 4. Il Price-Cap. – 4.1. Il caso dell’impresa multi-prodotto. – 4.2. Alcuni problemi posti dal Price-Cap. – 4.3. Price-Cap e Rate of Return Regulation: confronti. – 4.4. La variante Revenue Cap. – 4.5. Il (segno del) fattore Z. – 5. I Sussidi pari al surplus incrementale. Ovvero: riusciremo mai a liberarci di Löb e Magat? – 5.1. Il modello di Sappington e Sibley o ISS. – 5.2. Il modello di Finsinger e Vogelsang. – 5.3. Il modello di Sibley o ISS-R. – 5.4. Meccanismi dinamici e prezzi di second best. – 5.4.1. Il modello di Vogelsang e Finsinger. – 5.4.2. Il modello di Sappington. – 5.4.3. I modelli di Hagerman e Lyon. – 6. Regolamentazione non bayesiana in presenza di risorsa strumentale necessaria. L’accesso ad una rete. – 6.1. Il sistema ECP. – 6.2. L’appli-cazione di prezzi à la Boiteux-Ramsey. – 7. Il condizionamento del regolatore da parte del regolato (Regulatory capture). – 8. Sintesi del capitolo e collegamento con altri capitoli. – Bibliografia Capitolo II.

La Compagnia inglese delle Indie Orientali aveva ottenuto, oltre

al potere politico nelle Indie Orientali, il monopolio assoluto del

commercio del tè, del commercio con la Cina in generale e del

trasporto delle merci dall’Europa all’Asia e viceversa. Ma la

Page 2: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

125

navigazione costiera dell’India e quella inter-insulare, come an-

che il commercio all’interno dell’India, erano divenuti monopo-

lio degli alti funzionari della Compagnia. I monopoli di sale,

dell’oppio, del betel e di altre merci erano inesauribili miniere

di ricchezza. I funzionari stabilivano di persona prezzi e spella-

vano a discrezione l’infelice indù. Il governatore aveva la sua

arte in questo commercio privato. I suoi favoriti riuscivano a

stipulare contratti in base ai quali, i più capaci degli alchimisti,

riuscivano a creare l’oro dal nulla. Grandi patrimoni cresce-

vano in un sol giorno come i funghi, l’accumulazione originaria

veniva fatta senza aver anticipato neanche uno scellino. Il pro-

cesso di Warren Hastings è pieno di esempi del genere. (…) In

base a una lista presentata al parlamento, la Compagnia e i suoi

funzionari s’erano fatti donare dagli indiani, tra il 1757 e il

1766, sei milioni di sterline. Dal 1769 al 1770 gli inglesi fabbri-

carono una carestia facendo incetta di tutto il riso e rifiutando

di venderlo se non a prezzi favolosi.

C. Marx, Il Capitale, I, cap. 24, p. 541

1. Introduzione

L’esistenza di un monopolio naturale privato in un qualche settore è causa di inefficienza allocativa e genera perdite di benessere per la società poiché l’impresa privata fissa necessariamente il prezzo del bene/servizio che produce ad un livello superiore al costo marginale e non può minimizzare i costi medi 1. Ne consegue un prezzo maggiore e una quantità minore rispetto ai valori efficienti. Il surplus totale da scambi (supponendone esistenza e univoca misurabilità 2 …) non è massimizzato e la mano invisibile di Smith non mantiene le sue inverosimili promesse. La conse-guente inefficienza allocativa imporrebbe l’intervento pubblico correttivo nelle forme della nazionalizzazione dell’impresa monopolistica privata, come studiato nel Capitolo I. L’esperienza non europea, però, presenta storicamente anche altre forme di intervento nelle situazioni citate 3. Si tratta dell’intervento attuato attraverso la re-golamentazione delle imprese (che rimangono private) operanti nei settori interessati e realizzato mediante il disegno di meccanismi giuridici (leggi, regolamenti, ecc.)

1 Gli ingenti costi fissi tipici ad esempio delle produzioni a rete sono causa, nel caso mono prodotto, di funzioni di costo medio sempre decrescente e sempre superiore al costo marginali per qualsiasi livello di quantità domandata (elevate economie di scala). Vedi Capitolo I.

2 Nel Capitolo I ho supposto preferenze individuali omotetiche o quasi-lineari. Manteniamo, per pura inerzia, questa ipotesi.

3 Dopo le privatizzazioni delle imprese pubbliche europee tale esperienza non europea venne in qual-che modo travasata in Europa ed applicata nei settori privatizzati. Vedi Capitolo su Privatizzazioni.

Page 3: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

126

che, a torto o a ragione, si ritengono idonei a spingere le imprese private a perseguire di fatto l’obiettivo di una qualche massimizzazione del benessere sociale, congiun-tamente ad una seconda finalità (non un vero e proprio vincolo) che è quella di con-sentire loro di non subire perdite operative derivanti dall’intervento regolatore e/o di conseguire una remunerazione del capitale impiegato almeno sufficiente a non di-sincentivare gli investimenti. Detto in altri termini, anche fuori dall’Europa si rico-nosceva che, in regime di monopolio naturale privato, in assenza di regole di con-dotta, esisteva il rischio della realizzazione in certi mercati di un prezzo superiore al costo marginale perché questo esito dell’iniziativa privata era reso più che probabile dalle caratteristiche tecnologiche delle imprese (private) operanti in detti mercati. Anche i più aperti sostenitori delle opzioni liberiste dovevano perciò riconoscere che le imprese avrebbero sfruttato il conseguente potere di mercato, ovvero la loro capa-cità di applicare prezzi superiori al costo marginale, a danno dei consumatori, di altre imprese e dell’efficienza allocativa. Che fare in tali contesti, se si scartava a priori la nazionalizzazione? La risposta ovvia è che, se non esistono diritti di proprietà sociale sulle imprese e quindi se manca una forma diretta di controllo del loro comporta-mento, questo controllo deve essere realizzato in altri modi. Quali? Attraverso la definizione di regole di condotta (obbligatorie o di indirizzo) atte a configurare

una cornice giudica tale da spingere le imprese a tenere comportamenti da cui

derivi o un risultato somigliante a quello del SB (senza perdite gestionali per

l’impresa) oppure una specie di illusorio “ripristino” delle (inesistenti) condi-

zioni di first best. In quest’ultimo caso si rendeva necessaria anche una conseguente applicazione di sistemi di trasferimento di fondi all’impresa per valori adeguati alla copertura della perdita risultante dall’applicazione del prezzo inferiore al costo me-dio. Poiché il costo sociale di questi trasferimenti poteva essere elevato – sia perché in genere il regolatore non disponeva di imposte non distorsive da utilizzare come strumento di raccolta dei fondi necessari a sussidiare l’impresa privata, sia perché in taluni casi l’entità della perdita gestionale poteva essere così elevata da eccedere il valore del surplus del consumatore (vedi la c.d. critica di Coase nel Capitolo I) – questi ultimi schemi di “sussidiazione” di imprese private pur regolamentate erano politicamente “impopolari”, specie negli USA. Queste considerazioni stimolarono la ricerca di interventi regolatori capaci di garantire una qualche tariffazione che somi-gliasse di più a quella di second best e che quindi generasse prezzi superiori al costo marginale. Ciò spiega in parte perché gli schemi di regolamentazione trattati in que-sto capitolo sono prevalentemente schemi che non mirano a indurre prezzi efficienti di first best 4.

Purtroppo gli schemi trattati in questo capitolo non rappresentano soltanto una curiosità storica corrispondente alla descrizione dell’esperienza di alcuni importanti

4 Vedi nel Capitolo I il modello di Löb e Magat (1979) quale apparente eccezione.

Page 4: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

127

Paesi (USA 5, Canada, Australia, ecc.). Nel periodo successivo alla fine degli anni settanta del XX secolo anche in Europa, in presenza di mutati rapporti di forza tra i blocchi politico-sociali all’interno delle singole economie, molti governi (a comin-ciare da quello britannico di M. Thatcher) ritennero di dover chiudere l’esperienza delle imprese pubbliche e, seguendo l’esempio dato pochi anni prima dal Cile di Pinochet 6, privatizzarono le imprese pubbliche e applicarono alle imprese privatiz-zate alcuni dei citati schemi di regolamentazione, o ne idearono di nuovi. Di conse-guenza anche in Europa si passò, in parte, dalla regolazione attraverso la proprietà

sociale delle risorse impiegate nei settori di monopolio naturale (con gestione economica delle imprese almeno in parte coerente con tale configurazione dei diritti di proprietà) alla “regolazione attraverso imposizione ai privati di (non meglio

precisate) regole”. Da ciò la necessità di analizzare gli schemi regolatori di cui al presente capitolo in quanto schemi corrispondenti a forme concrete di regolamen-

tazione storicamente applicate, anche in Europa. Per farsi una prima idea sugli strumenti e le finalità delle regole in questione può

essere utile leggere la definizione di regolamentazione (e del suo contrario) adottata dall’OCSE e riportata nel riquadro seguente.

Definizioni di Regolamentazione e del suo contrario (OECD: Glossary of Statistical

Terms, https://stats.oecd.org/glossary/detail.asp?ID=3295)

• Regulation is broadly defined as imposition of rules by government, backed by the use of penalties that are intended specifically to modify the economic behaviour of individu-als and firms in the private sector. Various regulatory instruments or targets exist. Prices,

5 Non è del tutto corretto pensare che negli USA non ci sia mai stato un periodo di “nazionalizza-zione” almeno potenziale dei monopoli naturali. È importante a riguardo il caso delle utilities elettriche della fine del XIX secolo (ai quei tempi, dei monopoli naturali su scala locale). Geddes (1992) rico-struisce molto bene le varie fasi dell’intervento pubblico in questo settore. Riporto in particolare quanto segue.

The period of municipal regulation by competitive franchises is generally considered to run from

1879 to 1907. It is generally acknowledged that 1907 was a landmark year for municipal regulation as

a result of the passing of laws in Wisconsin and New York, which created powerful state commissions.

The Wisconsin law, a model used by other states, gave its commission the power to convert existing

franchises to “indeterminate franchises”, whereby a municipality could terminate a franchise by buy-

ing the assets of the utility, to establish entry control through a “certificate of public convenience and

necessity”, to fix rates, and to regulate capacity additions and the issuance of securities by the utility.

The passing of those two state laws was followed by a flurry of legislative activity between 1907 and

1914, in which twenty-seven other states passed similar laws. Subsequently, almost all states passed

such laws. The passing of those laws signalled the end of municipal regulation, as local ordinances and

municipal authority to grant franchises were superseded by state regulatory commission authority. Geddes (1992, 76).

6 Sugli ispiratori della cultura economica del fascismo cileno (ovvero quegli economisti chiamati i Chicago Boys) vedi Valdes (1995).

Page 5: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

128

output, rate of return (in the form of profits, margins or commissions), disclosure of in-formation, standards and ownership ceilings are among those frequently used. Different rationales for economic regulation have been put forward. One is to curb potential market power and increase efficiency or avoid duplication of facilities in cases of natural monop-oly. Another is to protect consumers and maintain quality and other standards including ethical standards in the case of professional services provided by doctors, lawyers, etc. Regulations may also be enacted to prevent excessive competition and protect suppliers from unstable output and low price conditions, to promote employment and more equita-ble distribution of income. Excessive competition, sometimes also called ruinous competition, is a controversial term without precise meaning in economics. It usually refers to a condition of excess capacity and/or declining demand in an industry, which causes prices to fall to the level of average variable costs, discouraging new investment and causing some incumbents to leave the industry until capacity is reduced to the point where supply once again intersects with demand at a price sufficient to cover all costs. When regulatory authorities interfere with this process by setting minimum price levels, excess capacity and its attendant resource misallocation will tend to persist in the industry. Many economists use this as an example of the use of regulation to promote the private interests of producers at the expense of the public interest.

• Deregulation refers to the relaxation or removal of regulatory constraints on firms or individuals. Deregulation has become increasingly equated with promoting competition and market-oriented approaches toward pricing, output, entry and other related economic decisions.

Ma c’è di più. Una motivazione (un tantino speciosa) che giustificava il ricorso agli schemi di cui a questo capitolo in luogo della nazionalizzazione emerge dalle considerazioni seguenti. Nelle situazioni caratterizzate da impresa pubblica il sog-getto politico (diciamo il governo) che le controlla interviene per massimizzare il benessere sociale, scegliendo la regola di prezzo che meglio ottempera al suo scopo a seconda dei vincoli che si autoimpone. Evidentemente, entrambe le regole di prezzo applicabili (prezzo di First Best e prezzo di Second Best con p > MC di quel minimo compatibile con il massimo possibile benessere sociale e con l’assenza di perdite per l’impresa) si basano sull’ipotesi irrealistica che il governo conosca esat-tamente la funzione di costo dell’impresa, e/o di altre variabili rilevanti. Nel Capitolo I abbiamo mostrato che l’esistenza di una pura condizione di incertezza sulle varia-bili non modifica di per sé i risultati ottenuti: ai valori certi di prezzi e costi si sosti-tuiscono i corrispondenti valori attesi. La stessa conclusione non può essere mante-nuta se sulle variabili in questione esiste c.d. asimmetria informativa fra regolatore e impresa (più realisticamente, dirigenti dell’impresa). Il governo può solo ipotizzare le caratteristiche (forma e momenti) della distribuzione di probabilità delle variabili casuali ma non ne osserva la realizzazione, né prima (diciamo: caso di selezione avversa) né dopo (diciamo: caso di azzardo morale) lo svolgimento delle attività. Il

Page 6: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

129

governo di basa su quanto gli comunicano i dirigenti dell’impresa. Questi ultimi non solo conoscono la distribuzione di probabilità ma anche l’effettiva realizzazione della variabile casuale (ad esempio, la realizzazione effettiva del costo marginale o il valore che il costo marginale potrebbe avere se essi si “sforzassero” di più per ottenerlo). Ovviamente, se il regolatore chiedesse all’impresa (pardon, ai dirigenti) di rivelare tali informazioni, questi sarebbero incentivati a dichiarare valori non ve-ritieri. Semplificando un po’, se immaginiamo dirigenti affetti da individualismo me-todologico (ovvero desiderosi di massimizzare una qualche loro funzione di utilità che, nel caso di dirigenti pubblici, non tiene in alcun conto il valore sociale della funzione da loro svolta), essi dichiareranno (ex post) costi più elevati di quelli effet-tivamente realizzati o (ex ante) faranno intenzionalmente in modo da generare costi più alti di quelli possibili. Ciò consentirà loro di applicare prezzi maggiori di quelli minimi possibili e di beneficiare di profitti “occulti” da impiegare per il proprio be-nessere (ad esempio, per restare nel campo di attività “ingenue”, un corso di golf o di tennis in più pagato dall’impresa; un bel viaggio a tropici; altro …) a danno dei consumatori e dell’efficienza allocativa. Il riconoscimento dell’esistenza di questo problema (nebulosamente anticipato da Coase con la sua critica ai sussidi alle im-prese pubbliche o private e alla teoria del prezzo pari al costo marginale; vedi Capi-tolo I) è chiamato a fondamento di molti degli schemi regolamentativi di cui a questo capitolo. Questi avrebbero quindi una superiorità allocativa rispetto alla nazionaliz-zazione proprio perché concepiti, almeno in parte, al fine di ovviare alle conseguenze del problema informativo richiamato in precedenza (trascurato, secondo i paladini dell’impostazione liberista, da quei poveri sprovveduti di Hotelling, Lange, Boiteux, ecc.). Il ricorso a schemi regolamentativi, e quindi l’opzione politica della regola-mentazione di imprese che restano private in luogo della loro nazionalizzazione, ter-rebbe invece conto, esplicitamente o implicitamente, del problema informativo e per-metterebbe di disegnare meccanismi regolatori robusti rispetto ai comportamenti di-rigenziali prima menzionati.

Ai fini della configurazione degli schemi regolamentativi robusti (rispetto alle distorsioni decisionali indotte da asimmetria informativa) di cui sopra, la letteratura ci consegna due i principali opzioni teorico-pratiche. Abbiamo, in primo luogo 7, i meccanismi così detti bayesiani. Essi sono costruiti a) assumendo che il regolatore

condivida con i dirigenti solo la conoscenza della distribuzione di probabilità della/e variabile/i casuale/i su cui si concentra l’asimmetria informativa; e b) incor-

porando esplicitamente tale distribuzione di probabilità nel problema dalla ri-cerca delle condizioni di massimo benessere sociale definite, grosso modo, come nei modelli trattati nel Capitolo I, ovvero utilizzando la nozione di surplus sociale. I valori ottimi del prezzo e del trasferimento alle imprese così ottenuti sono valori “corretti” sulla base di alcune caratteristiche della distribuzione di probabilità (ad

7 La “classificazione” non segue l’ordine cronologico della produzione letteraria.

Page 7: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

130

esempio il suo hazard rate o la sua funzione inversa 8). Ovviamente, data l’ipotesi circa il vantaggio informativo dei dirigenti, i modelli del Capitolo I vengono in qual-che modo riformulati secondo la logica degli schemi del c.d. Principale (il regola-

tore) e del c.d. Agente (i dirigenti delle imprese) “completati” dalla presenza dei vincoli alle funzioni di surplus propri di tali schemi. Li tratteremo nel Capitolo III.

Al contrario di quelli bayesiani, i meccanismi detti non bayesiani (o anonimi) non prevedono esplicitamente alcuna conoscenza da parte del regolatore della distri-buzione di probabilità delle variabili in questione, né tanto meno della loro specifica realizzazione. Essi “risolvono” il problema dell’asimmetria informativa proponendo schemi di regolamentazione cui le imprese devono obbligatoriamente attenersi, ma non derivano le regole di condotta da modelli contenenti esplicite ipotesi sulla distri-buzione di probabilità della variabile casuale oggetto di asimmetria informativa (che è quindi irrilevante). I meccanismi in questione sono pensati per indurre comporta-

menti conformi alle regole da parte di chiunque venga ad essi assoggettato a

prescindere dalla condizione soggettiva del regolato (che avrebbe influito sulla distribuzione soggettiva di probabilità). Pertanto, mentre i meccanismi bayesiani prendono di petto il problema dell’asimmetria informativa (almeno dal punto di vista della modellizzazione del surplus atteso e della definizione dei vincoli al problema di massimo), i meccanismi anonimi cercano di “girare attorno” al problema in-formativo definendo regole di condotta derivanti da modelli che non incorporano le distribuzioni soggettive di probabilità (alla fine dei conti, l’aggettivo anonimi vuol dire questo). Caso mai, le loro proprietà rispetto all’asimmetria informativa potranno essere valutate ex post, ovvero valutando la robustezza delle soluzioni di equilibrio ottenute rispetto al problema informativo.

Questo Capitolo analizza i meccanismi appartenenti alla seconda categoria ed è strutturato come segue: i paragrafi 2 e 3 (e sotto paragrafi) descrivono i meccanismi della rate of return regulation e della regolamentazione Yardstick (di cui ho pensato di enfatizzare, per le ragioni che dirò, la somiglianza con la c.d. tassa alla Clarke) mentre i paragrafi 4, 5 e 6 sono rispettivamente dedicati agli schemi basati sul Price

Cap e agli sistemi basati sull’erogazione di sussidi pari al surplus incrementale, ov-vero quei meccanismi dinamici che conseguono allocazioni efficienti con o senza ricorso a tariffe a più parti.

Per completezza riporto nel riquadro seguente un primo accenno (tratto da OCSE) a cosa si debba intendere anche per Indice di Regolamentazione. La/il lettrice/ore interessata/o a capire come vengono costruiti gli indici che misurano la forza della regolamentazione può approfondire il tema “visitando” il sito dell’OECD e togliersi (quasi) ogni curiosità circa la loro costruzione e l’uso che ne viene fatto a fini di comparazione tra Paesi; la/il lettrice/re lo faccia se le/gli avanza tempo …

8 Per i fondamenti dei modelli bayesiani consiglio la lettura del capitolo 2 di Bosco e Parisio (2007).

Page 8: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

131

OECD Regulation Indices (OECD: Glossary of Statistical Terms, https://stats.oecd.org/glossary/detail.asp?ID=3295)

• Product Market Regulation (Conway et al., 2005): index designed to reflect the extent to which the regulatory environment is conducive to competition including indicators of state control, barriers to entrepreneurship, etc.

• Employment Protection (OECD, 2004): index designed to reflect legislation as employer-borne tax on employment adjustment including difficulty of dismissal and extent of sev-erance pay.

In conclusione è opportuno ribadire che questo capitolo tratta prevalentemente di prezzi (privati) di second best derivanti dall’applicazione di regole di condotta pensati per le imprese private e coerenti con l’idea che i prezzi di first best e i trasfe-rimenti a copertura delle perdite non debbano essere usati se si desidera evitare che le imprese (eventualmente anche pubbliche) sfruttino il loro vantaggio informativo (ad esempio, sui costi) a danno del soggetto pubblico. Ma è altrettanto opportuno

anticipare che una possibile rivalutazione teorica delle politiche di first best at-

tivabili anche mediante imprese pubbliche (e quindi attraverso la proprietà e non solo le regole) verrà dalla letteratura che, sempre in contesto di asimmetrie infor-mative, analizzerà i modelli di determinazione dei prezzi per la massimizzazione

del benessere sociale incorporando esplicitamente l’asimmetria informativa: i modelli bayesiani di regolamentazione generano risultati di first best corretto sulla base dell’asimmetria informativa, certamente estendibili al caso di proprietà sociale delle imprese. Essi verranno analizzati nel Capitolo IV.

2. La Rate of Return Regulation

La Rate of Return Regulation (RRR) rappresenta una forma di regolamentazione utilizzata nella pratica negli Stati Uniti approssimativamente tra il 1930 e il 1990. Essa si basava fondamentalmente, sul principio etico-giuridico che gli stati potevano regolamentare i tassi di profitto delle imprese private. Negli Stati dell’Unione tale diritto venne affermato inizialmente per via giudiziaria (vedi Corte Suprema degli Stati Uniti nel caso Munn contro lo Stato dell’Illinois nel 1877). Il caso Munn venne rapidamente seguito da altri casi analoghi, tutti soprannominati “i casi Granger” e tutti riguardanti il giusto grado di regolamentazione dell’industria privata. Nel 1898 la Corte suprema definì i limiti costituzionali che il potere governativo doveva ri-spettare nel determinare le tariffe applicate da imprese monopolistiche private ame-ricane (ferrovie private, nel caso specifico) al fine di controllarne il tasso di profitto.

Page 9: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

132

La Corte dichiarò che le industrie regolamentate avevano il diritto a un “giusto ren-dimento” e da quel momento tale vaga espressione costituì una sorta di (altrettanto vaga) ispirazione delle politiche pubbliche verso i monopoli privati. All’inizio del Novecento però il criterio del giusto rendimento prese la forma giuridica della rego-lamentazione del tasso di rendimento del capitale investito e la RRR, venne uti-lizzata per regolamentare le imprese private che fornivano beni come elettricità, gas, servizi telefonici, acqua e, successivamente, televisioni via cavo, emissioni radio, ecc. Nonostante il relativo successo iniziale, la RRR venne però gradualmente sosti-tuita, alla fine del ventesimo secolo, da nuove forme di regolamentazione ritenute relativamente più efficienti.

In quanto segue vediamo gli aspetti organizzativi e concettuali della RRR. La RRR essenzialmente era stata ideata per assolvere a due funzioni principali.

Da un lato, la sua applicazione doveva garantire, in teoria, un’adeguata accumula-

zione di capitali (ovviamente privati) nei settori dei servizi di pubblica utilità caratterizzati dalla presenza di elevati costi fissi e irrecuperabili. Ciò avveniva attra-verso la fissazione legale di un rendimento massimo del capitale investito, chiamia-molo s, che essendo superiore al tasso di rendimento richiesto dal mercato per i ca-pitali impiegati, chiamiamolo r, garantisse un margine di profitto alle imprese, ma nel contempo non consentisse loro di massimizzare i propri profitti nella misura in cui esse avrebbero fatto in assenza di intervento pubblico (vedi paragrafo succes-sivo). In questo modo, i rischi relativi alla remunerazione degli investimenti non ri-cadevano sugli azionisti dell’impresa regolamentata ma sui consumatori. Accettando di “pagare” il premio assicurativo implicito s* – s (con s* = massimo rendimento possibile), ovvero accontentandosi di s e rinunciando ad ottenere s*, gli azionisti pri-vati si assicuravano contro gli stati del mondo a loro più avversi 9. Ciò perché la fissazione di s > r da parte del soggetto regolatore consente all’impresa di applicare prezzi à la Boiteux-Ramsey, e quindi almeno di coprire i costi senza incorrere in perdite. Lo vedremo più avanti.

Dall’altro lato la RRR aveva la funzione di spingere (indirettamente) le imprese

a contenere i prezzi non applicando quei prezzi monopolistici che avrebbero con-sentito loro di massimizzare i propri profitti. Il regolatore, quindi, si “consolava” per il mancato risultato di first best pensando che, comunque, la legge riusciva ad eser-citare un controllo sul potere di mercato dell’impresa. Su chi ricade l’onere di tale risultato lo vedremo nel prossimo paragrafo.

La RRR si basava quindi su una specie di patto consociativo tra governo e mono-polisti privati: in cambio dell’applicazione di prezzi minori di quelli massimi i mo-nopolisti ottenevano rendimenti praticamente certi e assicurati dalla legge. La RRR è quindi uno dei migliori esempi della vecchia massima di J. Hicks (1935): The best

of all monopoly profits is a quiet life.

9 Anche se il rendimento s non era certo, la probabilità di non conseguirlo era effettivamente bas-sissima.

Page 10: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

133

Nella sua versione base 10, però, la RRR non prevede che i prezzi vengano fissati direttamente dal regolatore e calcolati in anticipo in modo che (ex post) i conseguenti ricavi siano tali da coprire i costi e da garantire esattamente il rendimento “equo” del capitale investito. Il processo regolatorio è esattamente l’opposto: data la Rate Base dell’impresa regolamentata (vedi più avanti), viene fissato s e lasciata libera l’im-presa di fissare i prezzi compatibili con il vincolo. Di conseguenza, la RRR prevede che l’impresa sia libera di scegliere il livello di input utilizzati, la quantità di output e i prezzi purché la scelta non determini profitti in eccesso rispetto al livello compa-tibile con quel rendimento definito “equo” fissato dalla legge 11.

Data l’apparente semplicità della RRR, gli aspetti rilevanti del suo meccanismo di applicazione sono:

a) la determinazione della misura del tasso di rendimento s sul capitale investito ed i sui effetti;

b) i criteri di inclusione delle spese di investimento nella Rate Base.

Per quel che riguarda il primo punto, s è definito come il rendimento minimo necessario per attrarre l’accumulazione di capitale in settori con elevati costi fissi irrecuperabili (per farmi capire da tutti: sunk o stranded costs). In questo senso, gli azionisti non sopportano alcun rischio per gli investimenti che vengano consentiti dall’autorità di regolamentazione (vedi sopra) e da questa ritenuti prudenti ex ante. L’incertezza grava interamente sui consumatori e, come vedremo, sui lavoratori.

Per quanto concerne invece la determinazione degli investimenti da includere nella Rate Base, la decisione è presa in comune da impresa e regolatore (attraverso audizioni delle imprese presso l’agenzia preposta all’applicazione della RRR), e il valore del capitale impiegato per fornire il servizio è generalmente calcolato sulla base del suo costo storico al netto degli ammortamenti. Si tenga presente che il mec-canismo di negoziazione non riguardava solo gli investimenti ammessi dalla legge, ma anche la durata delle regole, le eccezioni possibili e perfino lo stesso valore del coefficiente s. Come si intuisce, la RRR sembrava fatta apposta per generare margini di contrattazione tra i soggetti regolatori e i soggetti regolati, o per spingere questi ultimi a cercare di portare (in qualche modo) sulle proprie posizioni le decisioni dei primi.

Ma i problemi della RRR non sono stati solo di tipo applicativo, contabile o di “etica pubblica”. In un contributo del 1962, gli economisti americani Harvey Averch e Leland L. Johnson hanno evidenziato l’esistenza di significative distor-sioni allocative nel comportamento dell’impresa sottoposta a RRR. Infatti, poiché i profitti che all’impresa è concesso realizzare nel rispetto del vincolo regolatorio sono

10 La formula base della RRR la vediamo analizzando l’effetto A-J nel paragrafo seguente. È inutile anticiparla qui. Un po’ di pazienza: comparirà tra breve.

11 Varianti della RRR sono discusse da Train (1991).

Page 11: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

134

proporzionali alla quantità di capitale impiegata, gli autori hanno dimostrato che l’impresa ha l’incentivo a sovra-investire in capitale, a scapito di altri fattori pro-duttivi (tipicamente il lavoro) e che la risultante quantità prodotta è comunque

sub-ottimale dal punto di vista del benessere sociale (inteso come somma del sur-plus dei consumatori e dei profitti dell’impresa) rispetto a quella che, a parità di

tecnologia, produrrebbe un’impresa non regolamentata con RRR. La quantità prodotta con RRR risulta infatti maggiore di quella del monopolista non regolamen-tato ma, in quanto corrispondente al minimo necessario per avere ricavi non negativi, minore di quella efficiente.

Altri problemi sorgono nel caso di imprese multi-prodotto: se l’impresa opera su diversi mercati, solo alcuni dei quali regolamentati, può esserci, secondo Averch e Johnson, l’incentivo a espandersi nei mercati non regolamentati (se aperti e compe-titivi) praticando prezzi inferiori ai costi marginali per aumentare (attraverso un con-trollo, magari momentaneo, del volume dei profitti totali) la Rate Base su cui è cal-colato il rendimento totale consentito, creando così inefficienze in quei mercati, con la possibile estromissione di produttori con strutture di costi più efficienti e in pratica limitando l’entrata. Sempre con riferimento al caso multiprodotto, Breutigam e Pan-zer (1989) si soffermano invece sul problema del metodo di allocazione dei costi comuni alla produzione dei vari prodotti venduti in mercati regolamentati e non. La scelta della ripartizione dei costi nel calcolo del vincolo regolatorio ha infatti riper-cussioni sui profitti complessivi consentiti alle imprese ed è un ulteriore strumento a disposizione del regolatore e fornisce ulteriori ambiti di contrattazione tra questo e i monopolisti privati.

Nei paragrafi seguenti presento gli elementi principali dell’analisi economica della RRR e delle sue conseguenze, facendo riferimento tanto al caso monoprodotto quanto al caso multiprodotto, con e senza riferimento alle attività dell’impresa in mercati non regolati da RRR. Come nel Capitolo I sarà necessario (divertente?) accettare di far ricorso ad un po’ di trattazione in forma matematica. Presento scuse reiterate per l’inevitabile oscurità che tale trattazione comporta rispetto al semplice uso della lingua italiana. Ma bisogna sforzarsi di farsi capire da tutti.

2.1. Rate of Return Regulation: trattazione grafica

Sintetizziamo le finalità della RRR nel modo seguente. All’impresa è concesso di recuperare attraverso i ricavi derivanti dalle vendite (TR) i costi operativi in cui è incorsa (OC) e di aggiungervi un “ragionevole” rendimento (s) del capitale investito (c.d. Rate Base). Pertanto:

TR = OC + s(RB)

Page 12: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

135

Utilizziamo strumentalmente il modello di Averch e Johnson (1962) per presen-tare in forma grafica il meccanismo RRR i cui tratti fondamentali sono stati illustrati nel precedente paragrafo. Formalmente, e nella sua versione più semplice presentata nella prima parte del loro articolo, le conclusioni di Averch e Johnson ricordate in precedenza sono ottenute considerando un’impresa che opera in un monopolio pro-ducendo un bene omogeneo impiegando due input, capitale K e lavoro L, attraverso una funzione di produzione standard. L’analisi riguarda dapprima il caso dell’im-presa operante nel solo mercato regolamentato e successivamente il caso di un’im-presa operante anche in altri mercati in alcuni dei quali vi siano altre imprese con-correnti (ovviamente non regolamentate). Iniziamo dal primo caso. Siano

TC = rK + wL

i costi sostenuti e

∏ = TR – TC

i profitti di un’impresa che produce un solo output, z, impiegando i due input (capi-tale e lavoro), con r = tasso di interesse da pagare sul mercato dei capitali per il fattore capitale K e w il salario unitario da corrispondere ai lavoratori impiegati, L.

TR = pz(p)

indica i ricavi totali. Supponiamo che l’impresa venga assoggettata alla Rate of Re-

turn Regulation. La legge impone che si rispetti il seguente vincolo:

PROFITTI + COSTO DEL CAPITALE tasso di rendimentoammesso dalla legge

INPUT DI CAPITALEs≤ ≡

dove s > r è il saggio di rendimento scelto dalla legge 12. Questa accezione di tasso di rendimento (il termine a sinistra nella disequazione precedente) soffre di una evi-dente distorsione filo capitalistica, o anti lavoro se si preferisce. Citando Bös (1989, 204) possiamo riflettere sul fatto che

The definition of this rate of return discloses a capitalistic bias as it implicitly assumes

all profits to be earned by the capital inputs only: the rate of return equals profit plus

capital costs per unit of capital. Capital is assumed implicitly to earn its own costs and

the whole profit.

In altre parole, l’adozione ai fini legali della suddetta definizione di tasso di ren-dimento del capitale presuppone che i lavoratori non apportino nulla alla generazione

12 La letteratura più antica ha studiato anche vincoli tipo RRR, parzialmente endogeni e ugualmente inefficienti. Tra questi elenchiamo almeno la fissazione di un mark-up “ragionevole” e la fissazione di un “ragionevole” valore del profitto per unità di prodotto (Bailey et al., 1970).

Page 13: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

136

del prodotto e del ricavo totale. Sia come sia, la diseguaglianza si riscrive come se-gue:

( )TR wL rK rK TR wLs

K K

− − + −= ≤

Sostituendo (nell’equazione del profitto otteniamo, dopo elementari passaggi,

∏ + rK = TR – wL

che sostituita nella disequazione dà:

rKs

K

Π + ≤

ovvero

( )s r KΠ ≤ − per ogni valore di K ≥ 0 da cui ( )s rK

Π ≤ − .

Il rapporto tra capitale impiegato e profitto ottenuto usando detto capitale non può quindi superare, per ogni valore di K, la soglia data dall’ordinata della semiretta di coefficiente angolare (s – r) > 0.

Nella figura seguente la parabola 13 indica i valori di Π che si potrebbero ottenere variando, a parità di lavoro, l’impiego di K (tenendo conto di rendimenti decrescenti di breve periodo). Essa indica una specie di frontiera dei profitti tecnicamente con-seguibili: tutti i punti appartenenti all’area delimitata dalla parabola ma non com-prendenti la parabola sono valori del profitto tecnicamente conseguibili per ciascun valore di K; tutti i punti appartenenti alla parabola sono i valori massimi del profitto tecnicamente conseguibili per ciascun valore di K. Esiste quindi un valore efficiente di K, cioè un valore K*, che massimizza il profitto. Se non ci fosse alcuna regolamenta-zione, l’impresa privata sceglierebbe esattamente quel valore. Con il vincolo RRR, tutti i valori di Π appartenenti alla semiretta di equazione ∏ = (s – r)K e tutti i punti del piano del primo quadrante sottostanti alla semiretta indicano invece tutti i valori di Π ottenibili, se le condizioni tecniche della produzione lo consentono, rispettando la RRR: tutti i punti sotto la semiretta sono valori del profitto legalmente otteni-

bili per ciascun valore di K; tutti i punti sulla semiretta indicano i valori mas-

simi del profitto ammessi dalla legge per ogni valore di K. Si evidenzia quindi un potenziale contrasto tra comportamenti che l’impresa terrebbe in assenza di regola-mentazione e comportamenti che essa deve tenere data la regolamentazione al punto che il valore migliore di K che l’impresa sceglie dovendo rispettare la RRR non è più K* ma K^. Come mai? Il massimo profitto con il vincolo regolamentativo deve essere

13 Una più elegante versione grafica con due input è illustrata in Berg e Tschirhart (1988, 329) ed è ripresa in Cervigni e D’Antoni (2001, 240). Se ne raccomanda vivamente la visione.

Page 14: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

137

quel valore di Π che è tecnicamente conseguibile (deve quindi appartenere alla pa-rabola) ma deve essere anche legalmente ammesso (deve quindi appartenere anche alla semiretta o all’area da questa limitata). Da m in giù lungo la parabola avremo valori di Π possibili tecnicamente e consentiti dalla legge. A ciascuno di essi corri-sponderà un valore di K > K^ > K*. Ma tra tutti questi valori di Π quello più alto è dato proprio da m, cui corrisponde il valore K^ del capitale utilizzato, e non valori maggiori. Non è quindi razionale impiegare quantità di K maggiori di K^.

Figura 1. – Profitto tecnicamente ottenibile e profitto legalmente ottenibile con la RRR

Profitto

Π = (s – r)K

K* K̂

m

Analogamente, valori minori di K^ darebbero luogo sulla parabola ad un maggior profitto tecnicamente possibile ma legalmente non ammesso: la situazione è specu-lare a quella generata da valori maggiori di K^, che ci porterebbero a destra di m. Il risultato è quindi che l’impresa impiega K^ per soddisfare simultaneamente le

condizioni tecniche e legali della massimizzazione del profitto: ma K^ è mag-

giore di K*. In conclusione, l’impresa si sente spinta dalla RRR ad impiegare una quantità del capitale in eccesso rispetto a quella efficiente (per il massimo profitto) che impiegherebbe in sua assenza. Allora:

1. L’impresa regolamentata RRR impiega una quantità di capitale superiore a

quella impiegata da un’impresa non regolamentata avente pari tecnologia. 2. Il rapporto K/L è inefficientemente alto per il livello di output prodotto. Lo

stesso output si potrebbe ottenere usando meno capitale e più lavoro. 3. Se la legge riduce il valore di s l’impresa aumenta ancora di più il capitale

Page 15: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

138

impiegato.

Usando le parole di Averch e Johnson (1962, 1056-1057)

The firm adjusts to the constraint, then, by substituting capital for the cooperating factor

[il lavoro nel nostro caso] and by expanding total output. … The extent to which regula-

tion affects output depends upon the nature of the production function. If it involves fixed

proportions (…) the regulated firm is constrained to the efficient expansion path …. If the

production function is linear and if the isooutput curves have a slope equal to w/r [nel nostro caso] the firm could substitute K for L [nel nostro caso] and, with no change in

marginal rate of substitution, hold output constant. In this case it could remain at (…) the

unregulated monopoly output (…)

Attraverso la figura seguente 14 (Figura 2) è possibile evidenziare il costo del-l’inefficienza indotta sull’impresa dalla RRR. Supponiamo che un’impresa si trovi inizialmente nel punto 1 in cui il vincolo di costo AB (con pendenza r/w) è tangente all’isoquanto e che, quindi, la quantità ottima di K sia K*. Tale valore è quello in cui, nella figura precedente, veniva massimizzato il profitto. Dopo l’introduzione della RRR il valore di K diventa K** e l’equilibrio non può essere mantenuto nel punto 1. Possiamo alternativamente illustrare la perdita di efficienza della RRR supponendo che l’impresa vari il rapporto K/L a parità di output prodotto o a parità di spesa totale. Nel primo caso il punto 1 si sposta sino al punto 3 con innalzamento parallelo di AB sino ad A′B′ e il segmento BB′ misura, usando K come numerario, il maggior costo indotto dalla RRR. Nel secondo caso, l’equilibrio si sposta nel punto 2 e il costo della RRR viene misurato dalla perdita di output che si ha passando su un isoquanto di indice minore di quello iniziale.

Figura 2. – Costo della RRR partendo da un vincolo di costo (AB): TC = wL + rK

14 Le due figure che seguono sono ispirate alla figura 1 del lavoro originario degli autori.

Page 16: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

139

A′

B′ B K** K*

A

L*

2

3

1

La RRR è quindi una regolamentazione costosa per l’impresa che vede i profitti diminuire o per via dell’aumento della spesa effettivamente sostenuta per impiego dei fattori (a parità di volume di produzione) o per via della riduzione del ricavo indotto dalla riduzione del volume di produzione (a parità di spesa per i fattori).

Le due precedenti esposizioni grafiche possono essere combinate assieme per rendere più evidente in che modo i profitti sono condizionati dal (distorto) rapporto tra i fattori indotto dalla RRR. Nella figura 3 viene riprodotta, nella parte superiore, la figura 2 con riferimento all’isoquanto iniziale e all’equilibrio di partenza (no RRR) nel punto 1 con output pari a y0 cui corrisponde il punto h nella curva del profitto nella parte inferiore della figura. Chiaramente l’uso di un’altra combinazione di fat-tori (dopo l’introduzione della RRR) implicherebbe un minor profitto (punto m) ot-tenibile con lo stesso output per via di una maggiore spesa per i (punto 3 nella parte superiore). Con una tecnologia avente maggiore o minore elasticità di sostituzione tra K ed L (più o meno ampia curvatura dell’isoquanto), l’effetto sul fattore regola-mentato potrebbe essere più accentuato o più attenuato.

Esercizio 1

Siano ∏ = K – K2 s = 0,20 r = 0,10. Determinare a) l’intervallo (chiuso) di R+ di K che rende tutta positiva la funzione del profitto; b) il valore di K*; c) il valore di K^; d) il valore di K^^ con s = 0.12 e tutto il resto invariato. Commentare ogni risultato.

Esercizio 2

Replicare la costruzione di cui alla figura 3 supponendo che l’impresa di adegui alla RRR mantenendo costanti i costi. Come si determinerà l’equilibrio di sovracapitalizzazione nel pan-nello superiore? Come dovremo modificare la curva del profitto nella parte inferiore?

Page 17: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

140

Figura 3. – Rappresentazione sintetica degli effetti della RRR

L

K** K* K

y = y0

Π(y = y0)

Π(s – r)K

Π

h m

3

1

2.2. Rate of Return Regulation: trattazione analitica

Nel caso di un solo mercato si considera un’impresa mono-prodotto caratterizzata dalla seguente funzione di produzione (della quale non diciamo nulla se non che essa è continua crescente e a derivate continue)

z = z(K,L)

e che abbia una domanda di mercato in forma inversa (di nuovo, non diciamo niente di particolare su tale funzione tranne che essa è continua decrescente) data da

p = p(z).

I profitti sono quindi definiti da

π = p(z)z – rK 0150 wL

dove w ed r sono, come prima, il salario unitario ed “prezzo” del capitale. Suppo-nendo che l’impresa sia sottoposta a regolamentazione del tipo RRR, il vincolo cui deve sottostare l’impresa che massimizza il profitto “legalmente ammesso” può es-sere espresso nella seguente forma

(p(z)z – wL)/K ≤ s ovvero p(z)z – wL – rK ≤ (s – r)K.

Page 18: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

141

Il problema di massimizzazione del profitto (usando la seconda versione del vin-colo) è quindi il seguente:

MaxK,L π(K,L) ≡ p(z)z – rK – wL,

con la relativa Lagrangiana data da

Ʌ = p(z)z – rK – wL – λ[p(z) – wL – sK].

Dalle condizioni di Kuhn-Tucker, necessarie e sufficienti per un massimo rispetto a K e d L, se p(z)z(K,L) è concava, si può vedere innanzitutto che s ≥ r. Le condizioni per un massimo rispetto a K e L sono

(1 ) ( )p z

r p z z sz K

∂ ∂ = − + + ∂ ∂ λ λ (1)

(1 ) (1 ) ( )p z

w p z zz L

∂ ∂ − = − + ∂ ∂ λ λ (2)

( ) 0 0con p z z sK wL− − = ≥λ (3)

( ) 0 0conp z z sK wL− − < =λ (4)

Dalla (1) ricaviamo che ( )1K

p z r sMP p z z

z K

∂ ∂ − λ ≡ + = ∂ ∂ − λ che è uguale ad r

solo se s = r. Invece ( )L

p zMP p z z w

z L

∂ ∂ ≡ + = ∂ ∂ . È evidente che al margine la

scelta di K non è ottimale. Per capire in che senso non lo è (troppo capitale o troppo poco?), dobbiamo analizzare le condizioni di Kuhn-Tucker. Consideriamo congiun-tamente la (1) e la (3). Dalla (1) si vede 15 che se λ = 1 allora r = s ma ciò è in contrasto con il vincolo legale. Se λ > 1 allora r > s ma anche ciò è in contrasto con il vincolo regolamentativo. Il caso interessante è quindi quello in cui s > r, per cui 0

< λ < 1. Dalle condizioni (1) e (2) si può quindi calcolare il saggio marginale di sostituzione tecnica tra K ed L, SMSTLK, e confrontarlo con il risultato relativo ad un monopolista non regolamentato:

( )

( )LK

p zp z zK rz

SMST Senza RRR (s = r nel vincolo)p wzp z z

Lz

∂ ∂+ ∂∂ = = ∂ ∂ + ∂∂

15 Riscrivere la (1) come segue:

(1 ) (1 - ) ( ) ( )p z

r p z z s rz K

∂ ∂ − λ = λ + + λ − ∂ ∂

Page 19: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

142

( )( )

(1 )( )

LK

p zp z zs rK rz

SMST Con RRR (s al posto di r nel vincolo)p w wzp z z

Lz

∂ ∂+ λ −∂∂ = = − ∂ − λ ∂ + ∂∂

Quindi

Prezzo Relativo Saggio Marginale di dei fattoriSostituzione Tecnica con RRR

(1 ) ( )(1 )

r s r r

w w�������������������

− λ − λ − <− λ (5)

Si può così verificare formalmente come le imprese possano avere un incentivo a sovra-investire in capitale, con la conseguenza che il rapporto fra i due fattori pro-duttivi è sub-ottimale. Perciò:

( ) ( )RRR NORRR

dK w dK

dL r dL< =

Data la tecnologia che è stata sbrigativamente definita “standard” 16, il Saggio Marginale di Sostituzione Tecnica tra i due input è decrescente, pertanto il risultato ottenuto nella (5) indica che l’impresa sottoposta a RRR usa un rapporto capitale-

lavoro più alto di quello compatibile con la minimizzazione dei costi di produ-

zione di un dato output (passaggio dal punto 1 al punto 3 sullo stesso vincolo di bilancio nella figura 2), o un rapporto capitale-lavoro più alto di quello compati-

bile con la massimizzazione dell’output, dato un certo costo totale (passaggio dal punto 1 al punto 3 sullo stesso isoquanto nella figura 2) o, infine, un rapporto ca-

pitale-lavoro più alto di quello che consentirebbe la massimizzazione del pro-

fitto. Ne risulta in ogni caso un impiego “eccessivo” di capitale (sovracapitalizza-zione) 17. Tale risultato è noto come effetto Averch-Johnson (1962).

Usando i risultati discussi in precedenza possiamo riassumere le condizioni per l’impiego dei fattori dell’impresa soggetta e non soggetta a RRR come segue.

Max W Max W con Π ≥ 0 RRR Monopolio Privato

16 Questa espressione per fortuna non vuol dire nulla. Si può sostituire tranquillamente con “una tecnologia falsa e inventa”.

17 Trascuriamo per semplicità il caso in cui l’output dovesse addirittura aumentare. Le condizioni vennero discusse da Baumol et al. (1970).

Page 20: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

143

senza vincoli

p = MC

Boiteux_Ramsey

( )(1 )

z

z

p z C

p

− λ=−

+λ η

Boiteux_Ramsey 18

( )(1 ) z

p z C

p

λ

λ η

−=−

+

RM = MC

p = pM > MC

dK

dL=

r

w

(1 ) ( )(1 )

a parità di output

r s r

w

λ λ

λ

− − −

− r

w

dK

dL=

r

w

r

w

(1 ) ( )(1 )

a parità di costo

r s r

w

λ λ

λ

− − −

− r

w

Π ≤ 0 0 ≤ Π < Π* 0 < Π < Π*

Π* = Max profitto

Nel caso di impresa multi-prodotto, si ipotizza l’esistenza di due mercati tali che il fatto di operare nel mercato competitivo, in cui l’impresa riesce appena a coprire i costi, permette all’impresa di comportarsi come un monopolista senza vincoli nel mercato regolamentato. Formalmente, nel primo mercato competitivo, mercato 1, il profitto è dato da:

p1z1 – rK1 – wL1 = 0.

Nel complesso, considerando tutti i mercati in cui opera l’impresa (diciamo da 1 a M), invece, il vincolo di regolamentazione complessivo è dato da:

1 1

1

( )M M

i i i ii iM

ii

p z z w Ls

K

= =

=

−≤

.

A questo punto l’impresa potrebbe scegliere opportunamente l’uso dei fattori pro-duttivi nel mercato concorrenziale in maniera tale da avere in tale mercato un profitto negativo:

1 1 1 1 1 0p z sK wL− − =−π < .

Viceversa, in qualcuno dei mercati non concorrenziali in cui opera (ad esempio il mercato 2) l’impresa potrebbe non rispettare il vincolo di regolamentazione ed ottenere extra profitti pari a:

18 Vedi paragrafo successivo.

Page 21: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

144

2 2 2 2 2p z sK wL π− − = .

Il fatto di operare anche sul mercato competitivo (o comunque non regolamen-tato) permette all’impresa di soddisfare complessivamente il vincolo pur violandolo, se ciò può essere utile, in un qualche mercato non competitivo regolamentato. Se nelle formule di cui sopra poniamo ad esempio M = 2 otteniamo

1 2 1 2

1 2

( )( )

r K Ks

K K

π + π + + ≤+

da cui:

1 2

1 2( )

( )s r

K K

π + π ≤ −+

.

I segni discordi dei profitti realizzati nei due mercati (numeratore) permettono di aggiustare i valori del denominatore (quantità di capitale nei due mercati) in modo da rispettare un vincolo definito sul rendimento del capitale totale, e di aggirarlo a piacere in qualche mercato singolo.

In conclusione, i principali risultati di questa analisi sono che:

a) l’impresa sottoposta a RRR non sceglie la combinazione di input tale da egua-gliare il saggio marginale di trasformazione tecnica al rapporto fra prezzi (suppo-sti concorrenziali) dei fattori;

b) l’impresa può avere un incentivo a espandersi nei mercati non regolamentati, an-che se questo non è tecnicamente efficiente, al solo fine di aggirare il vincolo sul rendimento del suo capitale totale. Da ciò ne può derivare che nei mercati non regolamentati il comportamento di prezzo dell’impresa sfavorisce o ostacola l’eventuale entrata di altre imprese nel settore.

2.3. Rate of Return Regulation e prezzi alla Boiteux-Ramsey

LEGGERE La tabella precedente pone in relazione la RRR con i prezzi di SB del tipo Boi-

teux-Ramsey. Approfondiamo brevemente la questione. riprendendo la condizione ottenuta nel Capitolo I paragrafo 5.1:

( )( ) (1 )

dC x dxp x x

dx dp

− + λ = −λ

Adesso usiamo una nozione di costo marginale coerente con le condizioni della RRR. Nel nostro caso

Page 22: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

145

ˆ( , )( ) (1 )

dC z s dzp z z

dz dp

− + λ = −λ

con

12

1Valore marginale

Costo marginale totale Costo marginale Variazionesociale del vincolo di produzione inversa della

ˆ ( , ) ( ) ( , )( ) i i

i

dC z s dC z f z vs r

dz dz z���������������� �������

=

∂= + λ − ∂

quantità

Valore marginale sociale del costo indotto da RRR

���������������

���������������������������������

dove vi indica il fattore (ovvero: v1 =K e v2 = L). Dalle condizioni K-T è evidente che se λ = 0 non vi è distorsione ma il profitto è negativo ponendo s = r. Se λ > 0 il rendimento legale s è sufficiente a garantire il pareggio dei ricavi e dei costi, e quindi un profitto effettivo positivo poiché il prezzo realmente pagato per ogni unità di ca-pitale è r < s. Di conseguenza l’ultimo termine dell’espressione del costo marginale con RRR è positivo. Allora se deriviamo la lagrangiana rispetto a p e manteniamo l’ipotesi di esistenza della funzione inversa tra fattori e prodotto, otteniamo una ver-sione specifica delle condizioni di SB

( )

0

ˆ( , )( )1 0

( ) (1 ) z p

dC z sp z

dz

p z����������� �������

Θ <

−λ= − >η+ λ

.

La RRR genera quindi prezzi analoghi (ma ovviamente non coincidenti) a quelli ottenuti con il modello di Boiteux-Ramsey. L’impresa si comporta come un qualsiasi monopolista privato che fissa i prezzi seguendo la regola di SB. La differenza rispetto al caso alla Boiteux-Ramsey “ordinario” è che fissando i prezzi l’impresa non solo tiene conto del prezzo ombra (dC(z)/dz) ma anche del costo opportunità sull’uso marginale del fattore capitale misurato dalla differenza tra s ed r. Questo conferma la distorsione anti salariale (o anti salariati …) della RRR: che deriva dal peso

asimmetrico del vincolo sui fattori di produzione. Al contrario, i prezzi alla Boi-

teux-Ramsey (unico vincolo Π ≥ 0) generano sempre un rapporto capitale/la-

voro efficiente (vedi tabella) perché il vincolo tratta i fattori in modo simme-

trico. Ciò conferisce alla regolamentazione alla Boiteux-Ramsey un grande vantag-gio rispetto alla RRR: con la RRR l’onere della correzione dell’inefficienza derivante dal monopolio naturale è indirettamente addossato ai precettori di salario impiegati o impiegabili presso l’impresa regolamentata oltre che su quelle imprese che doves-sero avere difficoltà nel reperimento di capitale per via dell’eccesso di domanda di

Page 23: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

146

beni capitali inclusi nella Base Rate dell’impresa sottoposta a RRR. 2.4. Aspetti applicativi della Rate of Return Regulation

La pratica determinazione di K ai fini della RRR non è stata sempre agevole e ha

generato spesso contenziosi tra imprese e autorità preposte alla regolamentazione. Le difficoltà originavano dal fatto che l’applicazione pratica della RRR avveniva utiliz-zando dati contabili, fonte di eterne controversie. Ad esempio, ai fini della determina-zione del capitale su cui applicare la regolamentazione poniamo K = Assets – Deprecia-

tion. Quindi, l’impresa potrebbe non concordare con l’Agenzia pubblica o la Commis-sione governativa sul valore corretto delle voci (e sotto voci) che determinano il K con-tabile di riferimento per la RRR. Ad esempio: quali ammortamenti ammettere ai fini della determinazione del K valido ai fini della regolamentazione? Ogni qual volta si profilava un contrasto di questo genere si iniziava una procedura basata su audizioni presso una commissione e spesso si procedeva indicando i valori di s e i criteri per la determinazione di K validi per un periodo di prova (scusate, a test period), da sottoporre a successive revisioni 19. È chiaro che il meccanismo si inceppava ad ogni passaggio.

Le fonti delle possibili (ed effettive) controversie tra impresa e regolatore appena accennate si colgono meglio se lo schema della RRR viene riproposto in termini di ricavi e costi dell’impresa. La RRR, di fatto, veniva formulata fissando ricavi e costi contabili come segue 20:

19 La letteratura citata ritiene anche che: To assess whether the rate of return the operator is able to receive is sufficient to attract investor

capital, the regulator must determine operator’s cost of capital. Generally the cost of capital is esti-mated as the weighted average cost of capital (WACC), which is a weighted average of the operator’s cost of debt and cost of equity. Unless the regulator believes that the operator has an inefficient capital

structure, the weighting for debt (respectively, equity) is the amount of the operator’s debt (respectively, equity) divided by the operator’s total invested regulatory capital. Capital structure refers to the pro-portions of debt and equity that the operator uses to finance her operations.

The calculation of WACC requires market data. If these data are unavailable, close comparators may be used. The capital asset pricing model (CAPM) is the most common model for estimating the cost of equity. Cost of equity is adjusted to reflect the operator’s income tax rate. An adjustment for foreign currency risk

may be needed if the operator obtains investment that is denominated in a foreign currency. 20 Si veda anche Solomon (1970).

Page 24: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

147

Costi Operativi Imposte

Ammortamenti Ammessianche per altri beni strumentaliecc.

Ricavi Ammessi dal Regolatore = Costi Totali Riconosciuti

= Costi Variabili

�������������������������� վ

Rendimento “ragionevole” Basata sulla la quotaammesso di degli investimenti rilevanti (una stima del ai fini della costo del capitale)

(ROR Rate Base)

K

վ

����

��������������������������

���������������

regolamentazione(al lordo degli ammortamenti)

վ����������������������������

�����������

.

Se supponiamo che i costi variabili siano pari alla sola spesa wL e che Rate Base sia pari a 1, il tasso di rendimento del capitale (no RRR) torna ad essere

Π + rK

K

se approssimiamo a r il costo del capitale. Ma se, come nella pratica, la Rate Base (ossia, quel coefficiente che abbiamo sintetizzato nella variabile s) dipende dalla quota (sul totale degli investimenti) degli investimenti annuali che la legge ritiene pertinenti all’attività regolamenta, essa è inferiore a 1. Poniamola pari ad α < 1. Se, per pura semplicità espositiva, s = r(1 + α) perveniamo alla formula usata nei modelli descrittivi impiegati sin qui.

Applicare lo schema contabile (dove inevitabilmente tutti i costi sono al valore storico!) nel tempo e in presenza di variazioni dei costi non previste nel momento della definizione di ROR e di Rate Base (fatta generalmente ogni 3 anni e per i 3 anni a venire) conduceva a perenni contrattazioni e ricontrattazioni tra impresa e regola-tore (cui però partecipavano in qualche modo anche i consumatori) e ad una continua rincorsa tra prezzi e costi. L’oggetto delle ricontrattazioni riguardava, in particolare, come ripartire le spese ammesse in deduzione dei ricavi tra attività regolamentate e attività non regolamentate quando, come accadeva di frequente, l’impresa operava in più settori.

Queste conclusioni negative riguardo alle conseguenze dell’applicazione della RRR appena evidenziate sono discusse da vari autori. Se Baumol e Klevorick (1970) so-stengono che non è sempre vero che l’impresa regolamentata produrrà l’output con un rapporto capitale/lavoro maggiore rispetto al caso monopolistico non regolamen-tato (ma rivavano comunque altre possibili manifestazioni di inefficienza della RRR), Breutigam e Panzar (1989) considerano esplicitamente il problema della difficile corretta ripartizione dei costi dei vari servizi nella definizione del vincolo della re-golamentazione. Formalmente, essi analizzano un’impresa che opera su due mercati, il primo dei quali è un monopolio sottoposto a regolamentazione, sia del tipo RRR

Page 25: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

148

sia del tipo Price-Cap (vedi apposito paragrafo), e un secondo mercato di tipo com-petitivo con altre n imprese concorrenti. In questi l’impresa è libera di scegliere le quantità da produrre prendendo per dato il prezzo. Il loro modello può essere sinte-tizzato come segue. La struttura di costi dell’impresa sia data da:

C(yM,yC) = F + cM(yM) + cC(yC),

dove yM e yC sono le quantità prodotte nel mercato monopolistico e concorrenziale, F i costi fissi comuni e cM e cC i costi specifici dei due mercati. Il regolatore deve decidere il metodo di allocazione e ripartizione dei costi tra i due prodotti con una funzione che dipende dal volume delle due produzioni del tipo:

0 ≤ f(yM,yC) ≤ 1 con ' '( , ) 0 ( , ) 0eM CM C M Cf y y f y y> > .

Il vincolo di regolamentazione nel (solo) mercato monopolistico è del tipo:

RM(yM) = pM(yM)yM ≤ f(yM,yC) F + cM(yM).

Il profitto complessivo è

π(yM,yC) = pM(yM)yM + pCyC – [F + cM(yM) + cC (yc]

Il problema di massimizzazione vincolata del profitto dell’impresa è quindi dato dalla funzione Lagrangiana

Ʌ = π(yM,yC) + λ [RM(yM) – f yM,yC)F – cM(yM)].

Le condizioni di primo ordine sono:

(1 ) 0

0

M

M M M M

CC

C C C

TR c fF

y y y y

c fp F

y y y

∂Λ ∂ ∂ ∂ = − + λ − λ = ∂ ∂ ∂ ∂

∂Λ ∂ ∂= − − λ =∂ ∂ ∂

Dalle due condizioni si può verificare che senza il vincolo (λ = 0) avremmo prezzi determinati dall’indice di Lerner nel mercato monopolistico, con p = pM, e prezzi efficienti in quello concorrenziale. Viceversa, con λ > 0, la prima condizione si scrive:

[ ][ ]/ / (1 ) /1 /M

RRR

M

RRRM M M

DRRR

p c y f y

p

− ∂ ∂ + λ + λ ∂ ∂= η .

Dalla seconda condizione si può invece vedere come

Page 26: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

149

CC

C

cp

y

∂>∂

.

Sul mercato competitivo, l’impresa produce una quantità inferiore a quella otti-male (Liston, 1993), corrispondente a un prezzo maggiore del costo marginale. La ragione di tale comportamento dipende dal fatto che ogni unità prodotta nel mercato concorrenziale diminuisce l’ammontare dei costi comuni assegnati alla produzione nel segmento regolato dalla RRR. Pertanto, se si considera la scelta della tecnologia, si ricava che in presenza di vincolo regolatorio, l’impresa sceglie un livello di input comune inefficientemente basso. Infatti, in questo caso, la struttura di costo sui due mercati dipende esplicitamente da F:

C(yM,yC) = F + cM(yM,F) + cC (yC,F)

e la condizione del primo ordine per F è data da:

1 ( , ) 0M C MM C

L c c cf y y

F F F F

∂ ∂ ∂ ∂ = − + + + + ≤ ∂ ∂ ∂ ∂ λ λ

Se si considerano gli incentivi a investimenti per la riduzione dei costi, si può dimostrare che l’impresa ha incentivo a non scegliere il livello ottimale in entrambi i mercati. Assumendo invece che la RRR sia applicata a entrambi i mercati, si ottiene un risultato più simile al modello di Averch e Johnson: l’impresa produce nel mer-

cato competitivo praticando un prezzo inferiore al costo marginale per aumen-

tare la quota di costi comuni attribuiti alle attività regolamentate. Infatti se il vincolo è applicato anche al bene sul mercato competitivo, la condizione del primo ordine relativa a yC sarà:

01

cC

C C C

c fp F

y y y

∂Λ ∂ ∂= − + <∂ ∂ − ∂

λλ .

Un ulteriore tipo di comportamento strategico dell’impresa multiprodotto sotto-posta a RRR è quello discusso da Crew e Crocker (1991). Essi ipotizzano che l’im-presa potrebbe avere la possibilità di scegliere tra più tecnologie produttive che per-mettono all’impresa di la produzione congiunta nel settore regolamentato e in quello non regolamentato e conseguire economie di scopo. In questo caso l’impresa po-trebbe non solo distorcere la combinazione efficiente tra i due output e tenere com-portamenti non competitivi sul mercato concorrenziale (come illustrato precedente-mente) ma scegliere perfino la tecnologia meno efficiente al fine in modo da atte-nuare il vincolo sul rendimento del fattore cui è tenuta dalla RRR.

In conclusione, un’impresa monopolistica regolamentata con RRR con un rendi-mento consentito s superiore al costo del capitale, può ricorrere a vari accorgimenti

Page 27: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

150

per utilizzare a proprio vantaggio un rapporto capitale lavoro inefficiente rispetto a quello che avrebbe scelto in assenza di regolamentazione (potrebbe cioè produrre la stessa quantità di output con meno capitale e più lavoro). Inoltre, è possibile che essa produca meno output di quello ottimale ad un prezzo più elevato per i consumatori. La presenza di questi incentivi negativi legati alla regolamentazione del tipo RRR, insieme agli alti costi amministrativi e informativi di quest’ultima, ha quindi portato, tanto nella teoria quanto nella pratica, alla ricerca di altre forme di regolamentazione che potessero generare per altra via i risulti di miglioramento allocativo che l’intro-duzione della RRR aveva cercato di ottenere 21. Al fine di offrire una qualche sintesi di queste considerazioni raggruppo i principali punti nello schema seguente.

SINTESI RRR

Vantaggi della RRR

• Garantisce l’integrità finanziaria all’impresa. • Permette di esercitare un qualche controllo sui profitti. • Può generare prezzi Boiteux-Ramsey. • Non incentiva di per sé riduzioni di qualità.

Svantaggi della RRR

• Non incentiva la riduzione dei costi e l’efficienza produttiva (in questo è simile ad un meccanismo cost plus). • Con s > r induce l’effetto Averch-Johnson. • Incentiva forme di manipolazione contabile e comportamenti “tattici” circa i profitti con-

seguibili su più mercati. • Richiede una base informative molto ampia e perciò genera alti costi di transazione. • Può indurre la c.d. Cattura del Regolatore nelle contrattazioni relative ad s e alle altre

regole. • Penalizza i percettori di salario. Una variante della RRR. Il sistema ESSS (Earnings Sharing Sliding Scale). È un sistema con cui si cerca di suddividere il rischio tra investitori e consumatori. Ponendo

*( ) con 0 1RRR t tr r h r r h= + − < < dove rRRR indica il tasso RRR modificato da applicare, r* quello che risulterebbe dall’appli-cazione di prezzi liìberi e rt quello in corso (e da modificare), ricaviamo che con h = 0 la RRR si trasforma in un sistema a prezzi fissi mentre con h = 1 la RRR si trasforma in un sistema c.d. Cost Plus (rimborso dei costi a piè di lista).

21 La RRR non è però del tutto sparita. Nello stato australiano di Victoria, ad esempio, è impiegata nel settore del gas per stabilire un valore di riferimento per la determinazione delle tariffe di accesso alla rete che vengono poi definitivamente fissate con il metodo del Price-cap.

Page 28: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

151

Il ricorso alla RRR ha evidentemente sollevato numerosi problemi. Non è chiaro,

ad esempio, il modo in cui la RRR consente di far fronte al rischio anche se i capita-listi privati sanno (in anticipo) che potranno tranquillamente recuperare le spese per gli apporti di capitale all’impresa (investimenti). Tale assicurazione sociale degli in-vestimenti privati di lungo periodo spiega il ricorso alla RRR per attività che richie-dono elevate spese di tipo infrastrutturale. È invecec chiaro che la RRR induce un livello eccessivo di investimenti (viene spesso usato il termine gold-plating) senza incentivare la riduzione dei costi a meno che il periodo regolamentato sia talmente lungo da impedire alle imprese un pronto recupero dell’eventuale aumento dei costi. Più evidente è che le inefficienze derivanti dalla RRR riguardano il livello dell’out-put e la scelta dei fattori, con un più che possibile rallentamento della crescita della loro produttività totale nel tempo. Resta ambiguo l’effetto sul livello qualitativo dei beni e dei servizi offerti anche se non ci sono ragioni a priori per pensare che tale livello venga abbassato.

Il saldo netto tra vantaggi e svantaggi della RRR pende quindi dalla parte degli svantaggi e ciò spiega in parte la scelta fatta da molti governi europei (in primo luogo quello del Regno Unito) di adottare altri sistemi per regolare il comportamento delle imprese di monopolio naturale già pubbliche e poi sottratte alla proprietà sociale, privatizzate e gestite dai soggetti privati subentrati nella proprietà.

3. La regolamentazione Yardstick (o per confronto)

Dalla RRR passiamo subito al meccanismo che, per certi versi, può essere visto più di ogni altro come il suo opposto – anche se non è questo lo schema esplicita-mente pensato e applicato al fine di evitare gli svantaggi della RRR (tale schema è il price-cap).

La regolamentazione Yardstick è uno schema di regolamentazione studiato da Scheifer (1985) per incentivare le imprese a praticare un prezzo pari al costo mar-

ginale e per determinare l’ammontare dei trasferimenti da erogare alle imprese

utilizzando indicatori di performance non manipolabili da parte dei regolati. Tali indicatori sono collegati ai costi dei servizi erogati e alle politiche seguite dalle im-prese per ridurre i costi. Ovviamente il meccanismo si fonda sul presupposto che i costi di produzione e la tecnologia utilizzabile per la loro riduzione (aumento dell’ef-ficienza) siano un’informazione di cui dispongono solo le imprese e che il governo

Page 29: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

152

(regolatore) non le può conoscere. Anche in questo caso, il meccanismo che viene costruito non mira a risolvere ma ad aggirare il problema posto dall’asimmetria in-formativa. Nel caso specifico, il meccanismo proposto consente di raggiungere l’ef-ficienza anche senza conoscere la tecnologia produttiva (funzione di costo) e la tec-nologia impiegabile dalle imprese ai fini di ottenere una riduzione dei costi. Il si-stema di incentivi costruito applicando la Yardstick regulation è tanto più efficace quanto più omogenee tra loro sono le imprese da regolamentare, ma può permettere di conseguire un ottimo sociale anche nel caso di imprese eterogenee, se l’eteroge-neità è ben corretta.

Per illustrare lo schema proposto da Scheifer (1985 iniziamo con il formulare le seguenti ipotesi:

• Esistono N imprese pubbliche o private che producono la stessa tipologia di pro-dotti (trasporti locali, ospedali, ecc.) i cui i manager sono neutrali al rischio ed operano in un ambiente senza incertezza.

• Ogni impresa è un “monopolista locale” e ha di fronte una domanda inclinata negativamente x(p).

• Il regolatore (governo) conosce solo la domanda specifica di ogni singolo mer-cato locale.

• Sia c0, il costo marginale costante iniziale che può essere ridotto a c sostenendo una spesa per il miglioramento dell’efficienza R(c) con R(0) = 0, R′(c) < 0, R″(c) > 0: più alto è l’investimento in riduzione dei costi, più basso sarà il valore del costo unitario. L’impresa ha quindi costi medi decrescenti. Supponiamo per sem-plicità che non esistono costi fissi.

Il regolatore stabilisce la regola di prezzo, poi l’impresa investe nella riduzione dei costi e il regolatore osserva c e R(c) e rimborsa la spesa R(c) con un trasferimento T(c).

Per ogni dato livello di prezzo, l’impresa deve produrre la quantità che risponde alla domanda e non può decidere di uscire dal mercato, una volta fissato il prezzo dal regolare anche qualora tale prezzo non la soddisfi. Date le ipotesi fatte, i profitti dell’impresa sono:

∏= (p – c) x(p) + T(c) – R(c)

Supponiamo inizialmente di essere in condizioni di perfetta osservazione dei co-sti. Il regolatore in caso di first best sceglie p, c e T in modo da massimizzare il benessere sociale (surplus del consumatore più il profitto) soggetto al vincolo di par-tecipazione dell’impresa:

Maxp ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )p

x p dp T c p c x p R c T c

− + − − + ɶ ɶ con il vincolo Π ≥ 0.

Se il regolatore è perfettamente informato, può decidere di tenere l’extraprofitto

Page 30: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

153

nullo. La funzione da massimizzare è

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )p

W x p dp T c p c x p R c T c

= − + − − + ɶ ɶ .

Derivando rispetto a p si ha:

( ) ( ) ( ) 0dx

x p x p p cdp

− + + − =

da cui p = c che in presenza di perfetta informazione diventa

p* = c*

con c* = minimo costo marginale possibile. Risolvendo per T(c*) l’equazione Π = 0, il governo ricava che il trasferimento sarà

T* = R(c*).

Derivando W rispetto a c si ha:

x(p*) = – R′(p*).

La prima condizione dice che i prezzi dovranno essere uguali al costo marginale e la seconda condizione (ottenuta dal vincolo sul profitto nullo) dice che il trasferi-mento serve solo per coprire esattamente le spese che l’impresa sostiene per miglio-rare la propria efficienza interna. La terza condizione dice che il guadagno di effi-cienza ottenuto dalla variazione marginale della spesa per miglioramenti viene (all’ottimo) valutata in una unità di quantità.

Se adesso abbandoniamo l’ipotesi di perfetta osservazione dei costi minimi pos-sibili e pensiamo che esista asimmetria informativa tra dirigenti e governo, la regola del prezzo uguale al costo marginale minimo possibile non può più essere diretta-mente realizzata, dato che p = c e R(c) = T(c) (si noti che c non è c*) sono eguaglianze valide per qualunque valore dei costi. Pertanto, i dirigenti, anticipando che i loro profitti saranno (contabilmente) nulli non avranno incentivo a ridurre i costi al mi-nimo. Anzi, essi tenteranno di aumentarli (ufficialmente) per beneficiare indiretta-mente di tale aumento nella forma del profitto occulto già discusso in altro paragrafo. Di conseguenza, un sistema di trasferimenti a fronte di esposizione dei costi (per farci capire: a cost of service regulation) attuato nella forma “dimmi quanto hai speso e io ti rimborso l’intero importo” non funzionerebbe, perché il governo osserverebbe dei costi certamente realizzati e non inventati su due piedi ma mai pari ai valori

minimi possibili. Per ovviare a questo inconveniente Shleifer (1985) propone di eliminare la di-

pendenza del prezzo di ogni impresa dal proprio costo e di usare il livello dei

costi delle altre N – 1 imprese sottoposte alla stessa regolamentazione per fissare

Page 31: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

154

il prezzo di ciascuna singola impresa. A tale fine il governo stabilisce quali termini confronto soggettivo (naturalmente, dobbiamo dire benchmark) su cui calibrare la sua politica i seguenti valori:

11i j

i j

c cN ≠

=− e 1

( )1i j

i j

R R cN ≠

=−

e fissa la seguente regola: i costi (e le spese di miglioria) riconosciuti ad ogni im-

presa i ∈ N non sono quelli comunicati dai suoi manager ma quelli calcolati

come media delle altre N – 1 imprese. Il regolatore stabilisce inoltre che il prezzo

e il trasferimento a copertura delle spese di miglioramento siano fissati come segue

i i

i i

p c

T R

=

=

In questo caso è facile dimostrare che nel gioco tra dirigenti e governo esiste un unico equilibrio di Nash per ogni impresa i in cui il prezzo sarà ci = ic. A questo punto l’impresa troverà conveniente per sé portare i propri costi al livello minimo possibile perché solo in questo modo massimizzerà i profitti. Per ricavare questo risultato ri-scriviamo la funzione del profitto alla luce della regola introdotta dal governo e co-nosciuta ex-ante dalle imprese:

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )i i i i i i i i ip c x p R c T c c c x c R c TΠ = − − + = − − +

La funzione di profitto può essere massimizzata da i unicamente rispetto a ci

(unica variabile di scelta) e quindi 0i

ic

∂Π =∂

dà luogo a

( )( ) i i

ii

R cx c

c

∂= −∂

Il termine di sinistra dipende dal valore dei costi scelto dalle altre imprese ed è un valore fisso per l’impresa i che, a questo punto, si vede costretta a scegliere ci = c*. Schleifer (1985, 322) dimostra che non esiste alcun altro equilibrio asimmetrico (i sce-glie il valore minimo dei costi e j sceglie invece un valore maggiore del minimo) possibile per tutte le N imprese e che la minimizzazione dei costi al valore minimo possibile è l’unica strategia comune per massimizzare il profitto. Come osserva giu-stamente Schleifer (1985, 322):

Yardstick competition works because it does not let an inefficient cost choice by a firm

influence the price and transfer payment that that firm receives. It is essential for the

regulator to commit himself not to pay attention to the firms’complaints and to be pre-

pared to let the firms go bankrupt if they choose inefficient cost levels. Unless the regu-

lator can credibly threaten to make inefficient firms lose money (or, alternatively, can

Page 32: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

155

prove in court that firms chose to be inefficient and that their practices were imprudent),

cost reduction cannot be enforced. But if the regulator can make such a commitment,

Yardstick competition actually delivers the first best.

Naturalmente il meccanismo proposto da Shleifer funziona tanto meglio quanto più omogenee tra loro sono le N imprese o quando l’eventuale eterogeneità viene adeguatamente tenuta in conto. Ma, dice Shleifer, anche nel caso in cui le differenze tra imprese non fossero adeguatamente considerate, la Yardstick regulation funzio-nerebbe meglio (ai fini della massimizzazione del benessere sociale) del meccanismo cost-of-service. Quanto all’eventuale caso di imprese multiprodotto con costi comuni alle produzioni, è evidente il vantaggio della Yardstick regulation rispetto alla RRR anche sul piano dell’incentivo al miglioramento tecnologico (vedi il modello di Crew e Crocker, 1991, discusso nel paragrafo precedente).

Il risultato di Shleifer non è isolato nella letteratura economica ma è imparentato con simili risultati derivanti dalla ricerca, in altri contesti, di schemi aventi simili proprietà di incentivo. Nel Capitolo III tratteremo il caso di un parente prossimo (l’asta al secondo prezzo, o alla Vickrey). Nel paragrafo successivo facciamo visita ad un parente solo apparentemente più lontano, la Tassa alla Clarke.

Scheda 2. Esempio Yardstick Regulation con N = A, B, C, D, E

Supponiamo che 5 imprese presentino i seguenti dati

A B C D E Media

Costi minimi veri 10 5 15 20 8 11.6

Costi “allegri” 100 25 225 400 64 40.7

Costi Yardstick 12 13.25 10.75 9.5 12.5

R

con Costi “allegri”

50

20

70

100

40

56

R

con Costi minimi

4

1

2

5

3

3

T con Yardstick

2.75

2.75

3.25

2.25

3

• Il profitto di A senza Yardstick (cost-of-service) è (quantità venduta = 1)

ΠA = (100 – 10) + 50 – 4 = 136.

• Il profitto di A con Yardstick è (quantità venduta = 1)

ΠA = (12 – 10) – 4 + 2.75 = – 0.75.

• Il profitto di A con Medie Nazionali (usando i dati di tutti e 5) per Costi, R e T è (quantità

Page 33: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

156

venduta = 1)

ΠA = (40.7 – 10) – 50 + 56 = 36.7.

Ripetere il calcolo per le imprese B, C, D ed E e interpretare i risultati. In che misura l’eterogeneità dei costi incide sulle differenze di profitto netto?

3.1. La regolamentazione Yardstick e il meccanismo alla Clarke (facolta-

tivo)

no

3.2. Applicazioni pratiche della regolamentazione Yardistick

Il meccanismo Yardstick ha trovato varie applicazioni. È utilizzato nel settore degli acquedotti in GB (Helm 1994; Sawkins 1995), Italia (Antonioli e Filippini, 2001) e in Portogallo (Marques, 2006); nel settore della erogazione di energia elet-

trica in Svezia (Kumbhakar e Hijalmrsson 1998), UK (Prices, 2003), Giappone (Ito e Miyazone 1994) e Canada (Yatchew 2001); nel settore ferroviario in Giappone (Mizutani 2005); nel settore del trasporto passeggeri con autobus extraurbani in Norvegia (Dalen e Gomez-Lobo 2003); e in altri ancora. La logica della regolamen-tazione per confronto valuta le performance storiche relative di organizzazioni tra loro comparabili, controllando per le condizioni esterne. Una volta che gli scopi dell’analisi comparativa sono noti, il primo passo consiste nel verificare le informa-zioni disponibili al fine della costruzione degli indicatori. Tali informazioni potreb-bero includere le operazioni richieste al sistema, la capacità di rete, i flussi finanziari, il volume del prodotto, ecc. Una volta chiariti scopi e indicatori, il regolatore può scegliere le metriche da utilizzare ai fini del confronto (ovviamente, del benchmar-

king) e il modo in cui esse verranno utilizzate per fornire gli incentivi utili per mi-gliorare le prestazioni. Utilizzando i criteri ampiamente discussi negli studi riportati in Appendice osserviamo che, in generale, ci sono cinque tipi di metriche che pos-sono essere utilizzate per i confronti. Le informazioni di cui all’Appendice possono essere utili a chi è interessato a singoli casi di applicazione della regolamentazione per confronto. È importante comprendere i punti di forza e i limiti delle diverse me-todologie in modo che vengano utilizzati in modo appropriato.

Un primo tipo di metrica – denominato Metodo degli Indicatori generali di

prestazione caratteristica (Core Overall Performance Indicators) – include misure generalmente disponibili e semplici da comprendere, come output per dipendente,

Page 34: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

157

numero di reclami, perdite del sistema, grado di copertura e indici finanziari di qual-che tipo. Questi indicatori aiutano le autorità di regolamentazione a identificare eventuali linee di tendenza, ma è difficile che essi non siano potenzialmente distorti dalle relazioni esistenti tra i diversi fattori. I regolatori possono allora utilizzare un altro tipo di metrica, quali gli Indicatori di punteggio assegnati sulla base di stime

di funzioni di produzione o di costo, per identificare i migliori e i peggiori soggetti regolati (ovviamente, Performance Scores based on Production or Cost Estimates). Questa impostazione può utilizzare tecniche statistiche (ad esempio DEA) per deter-minare le relazioni tra i risultati misurati (come il costo per unità di prodotto) e i fattori che influenzano i risultati ma sono al di là del controllo dei regolati (ad esem-pio, la densità della popolazione; le caratteristiche oleografiche del territorio; ecc.). L’eventuale ridotta disponibilità dei dati può rendere complesso questo tipo di ana-lisi, così come la difficoltà di contabilizzare pienamente le differenze tra gli operatori rispetto a quelle che sfuggono al controllo degli operatori.

Un terzo tipo di metrica – il modello o l’approccio dell’Impresa Virtuale (the Virtual Company) – viene talvolta utilizzato per stabilire una linea di base comune per misurare le prestazioni di ogni “operatore”. Questo metodo crea un modello eco-nomico e ingegneristico ottimizzato di una impresa inesistente con cui confrontare le imprese effettive. È chiaramente un metodo complesso e controverso che sostituisce il criterio del confronto basato su una metrica endogena con quello di un confronto eso-geno. Esiste infine, la metrica del confronto tra singole attività di processo (Process

Benchmarking) è il quarto approccio e si concentra sui singoli processi di produzione, supponendo un’autonoma rilevanza per ciascuno di essi. Questo approccio fornisce agli enti regolatori informazioni dettagliate su fasi specifiche della produzione, ma non determina uno schema di incentivi normativi di ordine generale.

L’indagine sul grado di soddisfazione comparata dei “clienti” (metrica certa-mente nota al lettore come Customer Survey Benchmarking) rappresenta l’ultima forma di confronto con un qualche termine (pardon, standard) di riferimento e si concentra, come per i beni privati venduti su mercati non regolamentati, sulle perce-zioni dei consumatori. Le percezioni del consumatore possono essere misurate attra-verso sondaggi, creazione di gruppi di valutatori (scusate, di focus groups 22), moni-toraggio dei reclami e simili. Questo approccio ha il vantaggio di misurare diretta-mente l’esperienza del cliente, ma le opinioni dei clienti possono essere influenzate da informazioni, atteggiamenti ed esperienze che vanno oltre il controllo degli ope-ratori. In questo modo l’asimmetria informativa a danno dei consumatori e del rego-latore fa danno due volte.

La diversità dei criteri di applicazione rende difficile la valutazione degli effetti della Yardstick sull’efficienza nei settori in cui è stata applicata. Ito e Miyazone

22 Nel mondo accademico italiano il più noto focus group è tristemente conosciuto con il nome di ANVUR e dispone di potenti strumenti di incentivo sui regolati tra i quali il terribile VQR (Violations

of Quasi-orthodoxy Register).

Page 35: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

158

(1994) analizzano gli effetti della Yardstick nel settore dell’energia elettrica in Giap-pone e concludono che essa ha effettivamente avuto effetti positivi sull’efficienza. Analogamente, Ylvinger (1998) analizzando l’applicazione della Yardstick al si-stema delle ispezioni e del controllo degli standard del parco automobilistico circo-lante in Svezia concludono che essa ha significativamente contribuito all’efficienza del sistema dei controlli. Di contro, Kumbhakar e Hjalmarsson (1998) analizzando il settore dell’erogazione dell’energia elettrica ai consumatori finali in Svezia sti-mano che la Yardstick ha generato bassi incentivi alla minimizzazione di costi. Al contempo, Dalen e Gonzalez-Lobo (2003) trovano risultati opposti nel caso del tra-sporto via autobus in Norvegia.

In molti degli studi citati è però difficile separare gli effetti sull’efficienza attri-buibili alla Yardstick da quelli attribuibili ad altri fattori, proprio in ragione delle diverse metriche applicative. Lo studio presentato da Mitzutani, Kozumi e Matsu-shina (2009) è condotto sulle ferrovie urbane giapponesi e sembra separare efficace-mente gli effetti attribuibili alla Yardstick da quelli attribuibili ad altri fattori interni ed esterni alle imprese, quali le caratteristiche dei vari networks viari e il grado di competitività/concentrazione dei vari mercati urbani. Gli autori concludono che la Yardstick diminuisce i costi variabili e spiegherebbe i differenziali di efficienza ri-spetto a imprese non sottoposte a Yardstick.

Applicazioni della Yardstick a livello della EU

There are examples of yardstick regulation in the European airport industry23 where benchmarking studies have been used in regulatory proceedings. Dublin Airport Au-thority plc (DAA), for example, has been subject to a form of yardstick regulation to determine the prices an airport is allowed to charge. Data collection, as well as the performance measurement that were used in the analysis, aimed at identifying ‘‘per-formance targets’’ for Dublin, Shannon, and Cork Airport. There was a group of peers chosen for each airport according to volume of services (e.g. annual passen-gers, aircraft movements) and airport characteristics (e.g. terminal capacity, CAPEX levels, number of stands) and it was also taken account of the fact that there would be no direct comparability between the investigative airports in the peers. Other examples include electricity (e.g. Netherlands and UK) and water (in the UK price caps are based on comparisons). Yet, these sectors exhibit characteristics such as homogeneous products, which make yardstick regulation easier to apply.

23 See H. Niemeiera, V. Kampa, J. Muller (2010), An evaluation of yardstick regulation for Euro-pean airports, Journal of Air Transport Management, 74-80

Page 36: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

159

Pharmaceutics is another example since reference pricing system can establish a common reimbursement level or reference price for a group of interchangeable med-icines, called the reference group.24

3.3. Limiti della regolamentazione Yardstick

Anche se per l’applicazione della regolamentazione Yardstick r è sufficiente avere solo due imprese anche identiche, queste potrebbero non esistere. Tuttavia il regolatore può comunque applicare uno schema di questo tipo se riesce ad identifi-care gli eventuali elementi di eterogeneità e ne tiene conto. La regolamentazione Yardstick consente di raggiungere un risultato di equilibrio efficiente sia nel caso in cui nel mercato operano imprese identiche, sia con eterogeneità, se spiegata corret-tamente e completamente. E in ogni caso questo tipo di regolamentazione sembra sia migliore di quella basata sul solo costo del servizio erogato perché le perdite di be-nessere sono minori.

Una limitazione, riconosciuta dallo stesso Shleifer, è la possibilità di comporta-menti collusivi, le imprese soggette a regolamentazione potrebbero accordarsi per dichiarare costi più alti e avere rendite maggiori. A tal proposito Tangeras (1999) mostra che se le imprese hanno l’opportunità di scrivere accordi collusivi prima che l’informazione privata sui costi sia rivelata, le imprese ad alta produttività pretende-ranno di dichiarala bassa per prevenire gli effetti della Yardstick. Per evitare la col-lusione il regolatore dovrebbe compensarli, generando attraverso opportuni stru-menti un trade-off tra l’estrazione della rendita e l’efficienza.

Pertanto l’attrattiva di uno schema alla Yardstick dipende almeno in parte dalla possibilità del regolatore di prevenire condotte collusive. Schemi di attuazione di-versi da quello tradizionale danno luogo a diversi incentivi. Potters et al (2004) esplorano la possibilità di effetti collusivi in un ambiente in cui gli agenti interagi-scono ripetutamente sotto schemi alla Yardstick. In particolare essi confrontano schemi discriminatori, nel quale i due agenti hanno differenti Yardstick e schemi uniformi con un solo prezzo per entrambi gli agenti. L’equilibrio non cooperativo dello schema con discriminazione è una soluzione di first best, mentre quello con prezzo uniforme genera perdite in termini di efficienza. Allo stesso tempo però gli agenti hanno minori rendite con il primo schema (quello con discriminazione) e per-tanto avranno maggiori incentivi a colludere.

24 See P. Dylst, D. Pharm, A. Vulto and S. Simoens (2012), Reference pricing systems in Europe: characteristics and consequences, Generics and Biosimilars Initiative Journal (GaBI Journal), 1 (3-4), 127-31. gabi-journal.net/reference-pricing-systems-in-europe-characteristics-and-consequences.html

Page 37: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

160

3.4. Qualche ovvio (e perciò inutile) accenno al buon senso

Lo sviluppo di misure di performance internazionali, permettendo di confrontare le prestazioni effettive con i benchmark internazionali, offre un ulteriore modo per assoggettare indirettamente le imprese a pressioni competitive perché allarga i ter-mini dei possibili confronti. Si dice: confrontando le prestazioni tra imprese simili in diverse regioni, stati o in diversi paesi, la conseguente misurazione dell’efficienza relativa può promuovere il raggiungimento delle migliori pratiche. A tali fini si pos-sono tener presente diverse impostazioni di base per la regolazione dei criteri di con-fronto, tra cui la definizione di livelli target, il confronto di una serie temporale delle prestazioni dell’organizzazione, il confronto delle prestazioni delle unità aziendali all’interno di una stessa organizzazione e il confronto con le agenzie esterne. Ad esempio, il confronto tra unità aziendali simili all’interno dell’impresa può fungere da utile meccanismo di incentivo in assenza di concorrenza esterna. Se collegato a un sistema di valutazione delle prestazioni o di rendimento, tali confronti possono fungere da valido strumento per migliorare le prestazioni complessive dell’impresa. All’interno di questi quadri di base, il passo successivo consiste nella selezione ap-propriata di misure del rendimento. Per le industrie infrastrutturali le misure di ren-dimento sono generalmente suddivise in tre grandi categorie: indicatori contabili, non finanziari ed economici.

Le misure di prestazione devono però essere comprensibili, complete, utilizzabili e tempestive. Per essere comprensibili, le misure di rendimento devono essere poche, ma devono comunque fornire un’indicazione generale delle prestazioni dell’impresa. Un gran numero di misure tecniche può in generale fornire una visione globale e panoramica dell’azienda, ma potrebbe essere difficile da interpretare, soprattutto se alcuni gli indicatori si muovono in direzioni opposte. Come nel caso della regola-mentazione RRR o del Price-Cap (vedi paragrafo successivo), occorre prestare at-tenzione all’attuazione pratica della misura in questione. I tentativi di regolamentare i criteri di confronto sono quasi sempre criticati dalle imprese regolamentate sulla base del fatto che, guarda caso, ciascuna di esse si trova in una condizione tanto particolare da rendere inappropriato il suo confronto con le altre. Queste critiche sono generalmente guidate da opportunismo. Ciò nonostante, è chiaro che bisogna prestare attenzione quando si confrontano due o più imprese. È improbabile che an-che meccanismi complessi e sofisticati possano generare confronti attendibili in tutte le circostanze. Di conseguenza, è necessario utilizzare un certo grado di soggettività nell’attuazione della normativa sui criteri di valutazione. La definizione di misure di performance obiettive può rappresentare una sfida per il regolatore, soprattutto quando la prestazione di servizi è oggetto dello studio. A volte, possono verificarsi incentivi perversi se non tutte le attività dell’impresa sono incluse nel confronto. Ad esempio, se le società di telecomunicazioni vengono confrontate in base al tempo necessario per correggere i guasti e non sulla base del numero di guasti segnalati, le imprese possono allocare il personale per correggere i guasti ma non impedirli.

Page 38: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

161

Nonostante queste osservazioni, la regolamentazione Yardstick fornire alcune im-portanti informazioni sulle prestazioni delle imprese. In particolare, i confronti in-ternazionali possono fornire una misura utile del rendimento del rendimento rispetto a organizzazioni analoghe operanti in contesti esteri. La regolazione Yardstick, inol-tre, può essere più efficace se utilizzata in combinazione con altri tipi di regolamento o se utilizzata come guida per impostare il fattore X utilizzato nella regolamentazione Price-Cap (vedi paragrafo successivo).

4. Il Price-Cap

Uno schema ampiamente utilizzato nella pratica della regolamentazione è il co-siddetto Price-Cap, o schema “RPI-X”. Esso consiste nella fissazione, da parte del regolatore, di un “tetto” all’aumento, da un periodo all’altro, dei prezzi pratica-

bili dall’impresa. Questo metodo nacque come risposta ad alcuni dei problemi rile-vati nell’applicazione dello schema RRR negli USA e venne proposto formalmente in letteratura dall’economista inglese Stephen Charles Littlechild (1943, vivente) e successivamente ampiamente applicato nella pratica, a cominciare dal Regno Unito e dalle utilities di rete britanniche (in primo luogo la B.T.) privatizzate dai governi della Signora Thatcher.

La dedizione britannica al Price-Cap fu tanto forte che si potrebbe sostenere che:

[The] British approach (is) based on price capping whereas traditional American version

used rate of return (for) RPI – X aims to stimulate cost reduction as well as preventing

high price cost margins.

Ma il Price-Cap varcò rapidamente la Manica e gli Oceani. Dal 1989, il Price–

Cap è impiegato anche negli Stati Uniti per adeguare i prezzi praticati dalla società di telefonia interurbana AT&T. In Nuova Zelanda viene utilizzata una variante del Price-Cap per adeguare la tariffa della Telecom New Zealand al caso delle chiamate su linee telefoniche residenziali. Il Price-Cap è utilizzato anche in alcuni paesi in via di sviluppo: Malesia, Messico e Perù, ad esempio, usano il Price-Cap nei settori delle telecomunicazioni, e l’Argentina lo usa anche per il gas e l’elettricità. Molti Paesi dell’Unione Europea, Italia compresa, applicano in Price-Cap in vari settori. In-somma, non sembra esserci stato un cap al ricorso al Price-Cap.

Politicamente, il Price-Cap deve essere visto come la risposta che i governi eu-ropei (iniziando da quello britannico 25) e non solo hanno dato alle ovvie preoccupa-

25 Il governo britannico di allora doveva convincere gli elettori della piccola borghesia conserva-trice (e non solo) che la privatizzazione delle grandi utilities avrebbe permesso loro di sottoscrivere

Page 39: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

162

zioni indotte dalle loro decisioni di privatizzare molte imprese pubbliche di mono-polio naturale. Rinviando le questioni relative alle privatizzazioni ad altra tratta-zione, illustriamo il Price-Cap per il momento semplicemente dal solo punto di vista della struttura e del funzionamento del meccanismo che lo definisce.

Il Price-Cap è visto, secondo la terminologia tipica della letteratura corrente, come un meccanismo di incentivazione non bayesiano o anonimo, perché anche in questo caso il regolatore prende le proprie decisioni basandosi su una conoscenza generale delle condizioni economiche e sulla tecnologia dei regolati non su ipotesi circa le distribuzioni di probabilità delle variabili rilevanti di costo e domanda. La scelta ottima avviene attraverso aggiustamenti dei prezzi che hanno luogo nel corso del tempo e che devono però essere comunicati in anticipo dal regolatore. Se è vero che ciò inserisce un qualche elemento aleatorio nel meccanismo, non lo trasforma come sostenuto da (Train, 1991) in bayesiano. Per una definizione dettagliata del Price-Cap si può fare riferimento alle caratteristiche principali evidenziate da Acton e Vogelsang (1989):

• Il regolatore impone un tetto superiore ai prezzi praticabili dall’impresa, che può decidere però di fissarli al di sotto di questa soglia.

• Se l’impresa è multi prodotto, i tetti sono definiti per i panieri dei servizi offerti dall’impresa. Possono essere espressi come prezzi indice e essere differenti per diversi panieri di beni.

• Questi indici di prezzo sono corretti tramite un fattore di aggiustamento, che chia-meremo X, esogeno all’impresa regolata, che possiamo considerare allla stregua di un guadagno atteso di produttività.

• Il fattore di aggiustamento, i panieri di riferimento e il metodo di ponderazione utilizzato nella definizione dei prezzi indice sono rivisti periodicamente ed even-tualmente modificati. In sintesi in un qualsiani anno t, dato un tasso di inflazione IPC ed un valore atteso

della crescita della produttività X:

1(1 )t tp IPC X p −= + −

Caratteristica fondamentale di questo sistema è che solo il prezzo iniziale dipende

le azioni delle imprese privatizzate, ovvero di comprare ciò che già era loro (azionariato popolare poi svanito nei portafogli degli investitori istituzionali), percependo in cambio i relativi dividendi senza subire eccessivi aumenti dei prezzi al consumo. Naturalmente, si garantiva loro che vi fos-sero ampi margini per fare ciò. All’impresa privatizzata bastava infatti procedere risolutamente all’eliminazione degli sprechi dell’ex impresa pubblica, naturalmente causati da lavoratori negli-genti, da sindacati opportunisti, da associazioni di consumatori poco trasparenti, da dirigenti pubblici conniventi e, magari, anche da qualche vescovo della Chiesa d’Inghilterra. Una valutazione positiva dei risultati della regolamentazione delle imprese britanniche privatizzate, in particolare in materia di competitività dei mercati e innovazione tecnologica, esprimono Besley e Littechild (1989, 469-470). Sull’intera questione vedi Florio (2004).

Page 40: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

163

dai costi storici messi a bilancio mentre la dinamica dei prezzi è indipendente dai costi, e dipende invece dalle aspettative del regolatore sui costi futuri dell’impresa (e quindi dai guadagni di produttività), fornendo così un incentivo alla riduzione de-gli stessi da parte dell’impresa. Viene in questo modo risolto il potenziale problema dello scarso incentivo a investire per ridurre i costi tipico degli schemi di regolamen-tazione dove i prezzi dipendono positivamente dai costi effettivi dell’impresa.

Se l’evoluzione dei costi è correttamente anticipata dal regolatore 26, la compo-nente RPI-X rappresenta l’effettiva dinamica dei costi e il Price-Cap impone prezzi in linea con i costi marginali. Se l’impresa riesce a ridurre i costi più di quanto pre-visto può beneficiare di un maggiore margine di profitto dovuto alla differenza fra costi effettivi e prezzo imposto. La struttura di questo schema di regolamentazione implica che il rischio connesso a possibili variazioni nel valore economico del capi-tale dell’impresa regolamentata gravi principalmente sugli azionisti, piuttosto che sui consumatori, come invece avviene nel contesto della RRR (Cervigni e D’Antoni, 2001). Infatti, Price-Cap regola i prezzi dell’operatore in base all’indice dei prezzi che riflette il tasso generale di inflazione nell’economia, rendendo cruciale la capa-cità del regolato di ottenere efficienze rispetto all’impresa media nell’economia e all’inflazione dei prezzi degli input dell’operatore all’azienda media nell’economia.

La regolamentazione del Price-Cap è talvolta denominata “CPI – X” dopo il varo della formula di base utilizzata per fissare i massimali di prezzo nel Regno Unito. Il prezzo del periodo regolato diventa pari al tasso di inflazione, misurato dall’Indice dei prezzi al consumo (UK Retail Prices Index, RPI) cui viene sottratta una parte, l’X factor, che corrisponde ai risparmi di efficienza che si intendono conseguire. In alcuni casi la formula è “RPI – X + K”, dove K è un coefficiente introdotto nel caso in cui l’impresa si impegni ad effettuare spese di investimento. Il sistema è inteso a fornire incentivi per guadagni di efficienza, poiché qualsiasi risparmio di costo su-periore al tasso previsto X può essere trasferito agli azionisti, almeno fino a quando i massimali di prezzo non saranno rivisti (di solito ogni cinque anni). Una parte fon-damentale del sistema è che il fattore X si basa non solo sulle prestazioni passate dell’impresa, ma sulle prestazioni di altre imprese del settore (più o meno ampia-mente definito): X è quindi destinato a essere una specie di indice approssimato dell’inesistente mercato competitivo, utilizzato in settori che sono invece dei mono-poli naturali.

Consideriamo ora in che modo un operatore di servizi pubblici potrebbe essere di-verso dall’impresa media esistente nel settore o nell’intera economia. In primo luogo, supponiamo che l’operatore sia come l’impresa media, tranne che i prezzi dei suoi input cambiano a un tasso diverso dal tasso di variazione relativo all’impresa media. Se i prezzi di input dell’operatore aumentano più velocemente rispetto al (al contrario, più

26 Più in generale sulla questione della “raccolta” delle informazioni nel Price-Cap e in altri schemi si veda Iossa e Stroffolini (2002, 2005).

Page 41: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

164

lentamente) del tasso di inflazione, allora i prezzi al dettaglio dell’operatore (entrate) dovranno aumentare più rapidamente (al contrario, diminuire più rapidamente) del tasso di inflazione per consentire all’operatore di essere in grado di avere guadagni almeno pari al costo del capitale investito. Supponiamo ora che l’operatore sia come l’impresa media, tranne per quanto riguarda la sua capacità di migliorare l’efficienza. Se l’opera-tore aumenta la propria produttività più velocemente rispetto a (al contrario, più lenta-mente) dell’azienda media, allora i prezzi al dettaglio dell’operatore (entrate) dovranno diminuire (al contrario, aumentare) rispetto al tasso di inflazione.

Combinando queste due possibili differenze tra l’operatore e l’impresa media nell’economia, i prezzi al dettaglio dell’operatore (entrate) dovrebbero cambiare al tasso di inflazione, meno (al contrario, più) la misura in cui i prezzi di input si gon-fiano meno di (al contrario, maggiore del) tasso di inflazione e meno (al contrario, più) la misura in cui si prevede che la produttività dell’operatore migliori a un tasso superiore (al contrario, inferiore) all’azienda media nell’economia.

L’analisi di cui sopra mette in luce due elementi. Innanzitutto, il tasso di inflazione utilizzato nell’indice dei prezzi rappresenta il tasso generale di inflazione per l’econo-mia. In secondo luogo, il fattore X serve a catturare la differenza tra l’operatore e l’im-presa media nell’economia rispetto all’inflazione nei prezzi degli input e alle variazioni di produttività. Vale a dire, la scelta dell’indice di inflazione e del fattore X vanno di pari passo. Alcuni regolatori scelgono una misura generale dell’inflazione, come un indice dei prezzi del prodotto nazionale lordo. In questo caso, il fattore X riflette la differenza tra l’operatore e l’impresa media nell’economia in relazione alla capacità dell’operatore di migliorare la propria produttività e l’effetto dell’inflazione sui costi di produzione dell’operatore. Altri regolatori scelgono invece un indice dei prezzi al dettaglio. In questi casi, il fattore X rappresenta la differenza tra l’operatore e l’impresa media al dettaglio. Infine, alcuni regolatori costruiscono specifici indici dei prezzi de-gli input riferendosi ai dati degli operatori regolati. In questi casi, il fattore X riflette i cambiamenti di produttività dell’operatore.

Nella maggior parte delle industrie del Regno Unito, la stima dell’efficienza di un’impresa viene effettuata confrontando i monopoli regionali e utilizzando un me-todo basato sulla stima della produttività totale dei fattori. Nel caso delle telecomu-nicazioni, Ofcom si affida invece a confronti internazionali. Ciò implica, però, che potrebbe essere persa o almeno attenuata la distinzione tra regolamentazione Price

Cap e RRR, in quanto i regolatori per determinare i limiti di aumento del prezzo potrebbero finire per basarsi sui tassi reali di rendimento del capitale impiegato rite-nuti accettabili. Questa è stata l’esperienza nel settore idrico del Regno Unito, dove che la prima revisione periodica effettuata nel 1999 ha portato Ofwat a determinare un costo del capitale standard (reale al netto delle imposte) del 4,75%, con aggiusta-menti minori per le società più piccole. Questa percentuale standard è stata quindi utilizzata per aiutare a calcolare X.

Page 42: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

165

Il primo caso di applicazione del Price-Cap 27:

ovvero

“RPI − X in the UK”

The Littlechild Report, The Regulation of British Telecommunications’Profitability

(Littlechild 1983), proposed that the privatized British Telecom should face a system of price control to be enforced by the Office of Telecommunications (OFTEL). The formula finally adopted after the sale of British Telecom shares in November 1984, requires the company, under the terms of its license, to limit its price increases to a level of 3 per cent below the rate of increase of the retail price index (RPI). It was argued that this RPI – 3 formula would protect the consumer from monopolistic exploitation whilst giving incentives to the company to look for cost-reducing improvements in its activities. The price control scheme refers to a ‘basket’ of services within which some ‘rebalancing’ is permitted.

The scheme has been criticized on the grounds that the necessity of periodic renegotiation will effectively turn it into a regime of rate of return regulation. How would the new value of ‘X’ be fixed in 1989? If it simply took account of the productivity improvements actually achieved by British Telecom, it would undermine the future incentives to pursue such im-provements. On the other hand, it is not clear upon what other grounds a suitable figure could be imposed. Ideally, the figure should reflect the cost improvements potentially achievable by an efficient company, but to assume that a regulatory body could be in possession of information of this order would be totally unrealistic.

In the event, the formulae arrived at have been as follows: 1984-89, RPI – 3; 1989-91,

RPI – 4.5; 1991-93, RPI – 6.25; 1993-97, RPI – 7.5; 1997-2000, RPI – 4.5. Since 1989, the value for ‘X’ has been reviewed at two-year intervals.

An application of price-cap at the EU level

The introduction of some form of cap regulation in Europe was initially limited, at the European Community level, to the agricultural sector and it was seen as an im-portant step in establishing food security for Europe. Price support schemes, such as guaranteed prices, were first introduced in 1962, and became the main means of sup-porting European farmers. The extension to other sector was limited. However, the idea gained ground. The most relevant case is now the telecommunication sector. The European Parliament has recently approved (November 2018) new telecommu-nications rules (previously agreed upon with ministers of the EU member states) that

27 In realtà il primo caso in assoluto verificatosi nel Regno Unito fu quello ricordato da Armtrong et al. (1994) relativo ai prezzi al dettaglio di una categoria di anticoncezionali maschili. Nel 1982 la Monopolies and Merger Commission stabilì che l’incremento annuale del loro prezzo doveva essere pari, nei 5 anni successivi, al tasso di inflazione meno un X Factor dell’1.5%. Come è facile immagi-nare, il caso ebbe la sua rilevanza, anche sulla stampa. Non mi risultano però studi circa l’effetto che questa regolamentazione ebbe sul tasso di natalità britannico successivo al 1982.

Page 43: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

166

will cap prices of intra-EU phone calls and push for fast 5G connections across Eu-rope. The new rules are:

i. Cheaper intra-EU phone calls: phone charges within the EU will be capped at 19 cents per minute for calls and 6 cents per text message, starting on May 15, 2019

ii. Protection for smartphone users: telephone providers must use encryption systems to prevent security incidents and reduce their impact on users.

iii. More rights for users: providers must help consumers monitor their data use; they should make it easier for consumers to compare offers and switch op-erators; they must provide a concise and readable contract summary.

iv. Push for 5G: the agreement lays the foundation for the activation of high-speed 5G networks across the EU by 2020. This aims to ensure the develop-ment of technologies such as autonomous vehicles and e-healthcare.

v. Text message alert system: in case of a serious emergency or disaster, citi-zens in affected areas will be alerted by text message or mobile apps.

Member states have 42 months to set up the system after the directive comes into effect.

Si noti, infine, che l’andamento temporale del prezzo non deve necessariamente

essere decrescente. Aumenti dei prezzi sono possibili se a) l’inflazione è più alta del guadagno di efficienza richiesto dal regolatore ovvero l’X factor; b) è richiesto un volume di investimenti molto alto e il regolatore permette di tenere conto delle rela-tive spese o nei ricavi nella formula che applica il price-cap; c) taluni costi valutati con la metodologia OPEX (ad esempio le spese per il fattore lavoro) aumentano nel tempo ad un tasso più alto dell’nflazione e il regolatore scorpora l’aumento di tali spese dall’X factor; d) la formula del controllo dei prezzi incorpora (ovvero, aumenta con) il tasso di crescita della domanda ed i conseguenti aggiustamenti dei ricavi (c.d. hybrid revenue cap); e) il prezzo iniziale al momento dell’entrata in vigore del mec-canismo è inferiore al prezzo corrispondente ai costi e il regolatore ritiene necessario garantire all’impresa una convergenza graduale e non immediata verso tale livello di prezzo.

4.1. Il caso dell’impresa multi-prodotto

Page 44: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

167

no

4.2. Alcuni problemi posti dal Price-Cap

Pur rappresentando una risposta a alcuni problemi che caratterizzano altri schemi di regolamentazione, in particolare la RRR, anche il Price-Cap è stato oggetto di critiche. In particolare: i) occorre stabilire il periodo di applicazione dello schema per evitare che l’incentivo all’investimento nella riduzione dei costi sia solo tempo-raneo; ii) esistono problemi di credibilità, in quanto l’impresa potrebbe temere che si verifichino revisioni dei prezzi prima della scadenza mettendo in atto comporta-menti strategici; iii) l’attenzione alla diminuzione dei costi può portare a riduzioni nella qualità dei beni e servizi offerti. Gli aspetti evidenziati dai primi due punti por-tano a un investimento sub-ottimale in tecnologie per l’abbattimento dei costi. Una possibile soluzione consiste nell’applicazione di una earning sharing clause in cui si considera anche il surplus dei consumatori, oltre ai profitti dell’impresa, nella de-finizione dei prezzi.

Per quel che riguarda il punto i), tipicamente la dinamica dei prezzi è definita per cinque anni, e poi si ripete il processo basandosi sui nuovi costi. Il problema può sor-gere se, al momento della revisione dello schema, i costi sono talmente bassi rispetto ai prezzi iniziali da non offrire più un ulteriore incentivo alla loro riduzione.

Per affrontare direttamente i problemi di credibilità del regolatore sono stati in-vece proposti degli schemi di revisione dei prezzi basati sui profitti effettivamente realizzati:

1 1 0 1 0

1 0 1 0

: (1 )

(1 ) conse

set p p RPI X

p p RPI X X' X

= + − π ≤ π′= + − π > π >

ɶ

ɶ

dove il vincolo sui prezzi diventa più stringente se l’impresa ha sperimentato profitti elevati.

Nel caso di un’impresa multi prodotto, la variazione dei prezzi basata sui profitti passati dell’impresa è stata proposta da Vogelsang (1989):

1 1 1 ,t t t t t ti i i i

i i

p q p q ɶ− − −≤ − π

con X = 0 e dove tt ,~π rappresenta la media dei valori attualizzati al tempo t – 1 dei profitti precedenti.

Per quel che riguarda il problema della qualità dei servizi offerti, la preoccupa-

Page 45: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

168

zione nasce dal fatto che le riduzioni di costo si traducono in maggiori profitti, di-sincentivando l’impresa a investire per migliorare la qualità dei servizi erogati. Una possibile soluzione è affiancare al Price-Cap vero e proprio degli standard di qualità, imposti dal regolatore e verificati da un’autorità indipendente, che l’impresa regola-mentata deve soddisfare. Sappington (2005) propone una serie di indicazioni di po-licy per risolvere questo problema. Un primo strumento a disposizione del regolatore che può osservare e verificar l’effettivo livello di qualità dei prodotti è appunto l’im-posizione di standard minimi di qualità che l’impresa deve soddisfare (Minimum

Quality Standards), in particolare in settori caratterizzati da un’elevata asimmetria informativa a scapito dei consumatori sul livello di qualità dei servizi erogati. Questo sistema presenta però dei problemi, in quanto non tiene conto della struttura di costi dell’impresa, portando magari a un decremento complessivo del benessere sociale. Un’altra possibilità è rappresentato da un sistema di bonus e penalità legate al livello complessivo di qualità dei vari servizi. Nella pratica, il regolatore non specifica espli-citamente delle strutture di premi, ma disegna opportuni contratti incentivanti.

Se invece il regolatore non osserva direttamente la qualità offerta dall’impresa, il trade-off tra incentivazione all’abbattimento dei costi e all’incremento della qualità è più evidente. In questo caso, un suggerimento è di permettere e incentivare una maggiore concorrenza nel settore.

Un ulteriore importante problema che si pone con il Price-Cap è il seguente. Nei mercati concorrenziali il prezzo è pari al costo marginale e al minimo costo medio di lungo periodo, comprensivo della c.d. remunerazione normale del capitale. In as-senza di crescita della produttività dei fattori nel tempo (diciamo la produttività totale dei fattori, TFP) i prezzi degli output crescerebbero allo stesso tasso (media ponde-rata) dei prezzi degli input. Più in generale i prezzi degli output crescono in mercati concorrenziali ad un tasso dato dalla differenza tra tasso di crescita dei prezzi degli input e tasso di crescita della TFP. Se i prezzi degli output possono legalmente au-mentare nella misura RPI-X le imprese appartenenti all’industria regolamentata con il Price Cap saranno in condizione di mantenere i profitti normali se riescono ad ottenere una TFP pari a quella nazionale aumentata del fattore X. Se invece la cre-scita della TFP in quella specifica industria è minore (maggiore) della TFP nazionale aumentata del fattore X, le imprese di tale industria otterranno perdite (sovraprofitti).

4.3. Price-Cap e Rate of Return Regulation: confronti 28 SOLO LETTURA Il confronto tra Price-Cap e RRR in termini di benessere sociale può essere fatto

28 In questo paragrafo devo fare inevitabilmente riferimento ad alcuni strumenti tipici dell’analisi del Principale e dell’Agente, che utilizzerò nel Capitolo IV. Ad una prima lettura il paragrafo può essere saltato, con esclusione della tabella finale riassuntiva dei confronti tra Price-Cap e RRR.

Page 46: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

169

iniziando da una riformulazione dello schema del price-cap che parta da una fun-zione di benessere sociale e dall’esistenza di fattori casuali che influiscono sui co-sti.

Supponiamo che il consumatore consumi solo una unità della merce regolata con

Price-Cap e che la sua utilità (lorda) sia u mentre la sua utilità netta sia u – p. I costi. TC, dell’impresa hanno due componenti:

a) Un fattore casuale ϴ noto solo all’impresa e di cui il governo conosce solo la distribuzione F(ϴ) con f (ϴ) = dF/dϴ sul dominio [ϴ–, ϴ–].

b) Un livello di impegno dirigenziale (effort) e che abbassa i costi (come le spese di miglioria nel modello Yardstick) che il governo, ovviamente, non osserva.

La somma delle componenti a) e b) danno luogo ai costi di produzione per l’im-presa. Li chiameremo

c = ϴ – e.

L’esercizio di uno sforzo per l’efficienza costa ai manager øe2/2, con ø > 0. Il profitto (al netto di tutti i costi) è quindi valutabile come

�2

Costo di per i managers

/ 2c e

p e e π = − θ − + φ

���

mentre il surplus sociale è

� ( )

( )

2

Surplus Netto ProfittoConsumatore

2

/ 2 con 0 1 (peso assegnato al profitto)

= / 2 (1 )

W u p p e e

u e e

= − + α − θ − + φ < α <

− θ − + φ − − α π

�����������

Il fatto che in W il profitto pesi meno del surplus del consumatore incorpora l’idea che il regolatore non desidera che l’impresa massimizzi il profitto (come con la RRR) e, al tempo stesso, che minimizzi i costi che è in grado di controllare (come nel Price-

Cap). In condizioni di informazione perfetta, il governo direbbe all’impresa di mini-

mizzare i costi massimizzando e senza conseguire i profitti massimi. Ovvero impor-rebbe e* = 1/ø che sostituito nel profitto genera un valore nullo quando si impone p = [ϴ + 1/(2ø)] = costo marginale comprensivo del costo dello sforzo ottimo. Tutto ciò non può essere fatto in presenza di asimmetria informativa. Allora, che può fare il governo? Può stabilire una regola per la traslazione dei costi sui consumatori, fis-sando

0, 0 simula la regola del Price-Cap dove

0,0 1 simula in varia misura la regola

a bp a bC

a b RRR

> == + = < ≤

Page 47: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

170

Nello scegliere a e b per massimizzare W il governo deve considerare due vin-coli: un vincolo di partecipazione dell’impresa (copertura dei costi anche con il ϴ più alto possibile) e un vincolo di incentivo alla scelta dell’ottimo e (la scelta dell’ottimo e deve essere nell’interesse dell’impresa che con tale scelta massimizza il profitto per qualsiasi versione della regola di prezzo definita sopra). Usando il prezzo p = a – bc il beneficio marginale per l’impresa (ovvero valutando il profitto senza considerare il costo dello sforzo manageriale) di una variazione dell’effort è

[ ]( ) ( ) 1a b e e be

θ θ∂+ − − − = −

Mentre per i dirigenti il costo dell’incremento infinitesimale (sigh!) dello sforzo è ∂(øe2/2)/∂e = øe. Quindi, uguagliando le due derivate otteniamo quel livello di sforzo che soddisfa simultaneamente manager e impresa, Il valore di equilibrio di e sarà

1*

be

−=φ

che diminuisce (aumenta) se b aumenta (diminuisce) e aumenta (diminuisce) se ø diminuisce (aumenta). Se sostituiamo e* nella funzione W otteniamo:

2

Surplus LordoCosti Sociali TotaliConsumatore

Ricavi Impresa Costi Impresa

1 12

1 1(1 )

b bW u p

b ba b

− φ − = − − θ − + φ φ

− − + − α − θ − − θ − φ φ

���������������

��������� �����

.

Derivando per b otteniamo 29

( )* 1b

αθφ

α

−=

Per α = 1 (nessun rilievo al profitto dell’impresa nella funzione di benessere so-ciale), b = 0. In questo caso la regola del Price-Cap permette di conseguire i risultati desiderati dal regolatore perché non prevede alcuna traslazione di eventuali incre-menti dei costi sui consumatori. In questo caso lo sforzo dei manager è massimo ed è pari a 1/ø. Il governo confida nel fatto che lo sforzo massimo abbasserà i costi e permetterà almeno di non conseguire perdite calcolando quel valore di a che azzera il profitto, ovvero ponendo a = ϴ + 1/ø.

Con α ↦ 0 (l’impresa conta come i consumatori ed estrarre la rendita dall’impresa

29 In Cowan (2002) si trova una versione più generale del risultato riportato nel testo.

Page 48: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

171

non è un obiettivo del regolatore), b ↦ ∞ e la regola migliore che consente di soddi-sfare le decisioni del regolatore è invece la RRR. Questa consente infatti all’impresa di traslare ogni aumento dei costi sui consumatori e di minimizzare lo sforzo dei management. La ripartizione del rischio tra impresa e consumatori è quindi opposta rispetto a RRR.

4.4. La variante Revenue Cap

Il metodo del Revenue Cap impone all’impresa regolamentata il rispetto di un limite di ricavo massimo conseguibile. Essa è importante per le imprese multi pro-dotto. Meccanismo che si basa sulla separazione netta tra costi e ricavi e mira a for-nire un incentivo al contenimento e alla diminuzione delle spese per l’impresa. Dif-ferenza con la formula del Price-Cap consiste principalmente nell’introduzione di un fattore di adeguamento (FCU) relativo alla variazione della struttura della clien-tela. La versione più semplice della formula per il Revenue Cap è:

R1 = (Rt – 1 + FCU ×∆C) × (1 + RPCt – 1 – Xt) ± (1 – St/St –1)

dove: R1 = ricavi nel periodo 1; Rt – 1 = ricavi nel periodo t –1; RPCt – 1 = tasso di variazione dell’indice dei prezzi al consumo; X = tasso di variazione della produttività; St/St – 1 = variazione dei costi tra due anni contigui dovuto a fattori esogeni; FCU = Indicatore della struttura dei clienti; ΔC = variazione del numero dei consumatori/clienti.

Una versione spesso applicata in campo energetico è la seguente

( ) ( )1 1 1(1 ) / /t t t t t t t tR RPI X R E E C Cα β δ− − − = + − + +

I ricavi ammessi durante il periodo oggetto di regolamentazione dipendono, attra-verso coefficienti positici (α e β) dall’aumento dell’energia fornita (E) e dal numero dei consumatori connessi alla rete (C) oltre che da “premi” in valore fisso (δ). In questo modo viene fortemente limitato il rischio finanziario delle imprese attraverso l’integrazione nella formula dei potenziali aumenti prezzo. L’applicazione di queste forme di price-cap rende l’investimento nelle imprese pri-vate molto attraente per i capitalisti privati e li libera da quasi ogni forma di rischio d’impresa, addossando tale rischio alla collettività.

Page 49: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

172

Un ulteriore aspetto negativo sottolineato da Crew e Kleindorfer (1996) della Re-

venue Cap è che le imprese possono essere spinte a diminuire l’output prodotto at-traverso un aumento del prezzo di vendita e quindi a riprodurre una situazione di inefficienza allocativa tipica del monopolio naturale. Affinché tale strategia possa essere sfruttata dal monopolista occorre comunque che si verifichino due condizioni: o una domanda particolarmente sensibile al prezzo o dei costi totali costituiti in gran parte da costi variabili.

SINTESI Price-Cap

Vantaggi del Price-Cap

• Garantisce i consumatori da aumenti “eccessivi” di prezzo anche in presenza di aumenti di costo non determinati da opportunismo dirigenziale (in questo è opposto ad un mecca-nismo cost plus).

• Permette di esercitare un qualche controllo sui costi ed incentivare l’efficienza (effetto

più forte se il meccanismo è applicato nella versione Revenue Cap). • Non genera l’effetto Averch-Johnson. • Permette in teoria di fissare i prezzi di imprese operanti in rete (pardon, in network) • Nella sua versione più semplice non richiede basi informative molto ampie ed è molto

facile da applicare (… fa la felicità del regolatore “pigro”).

Svantaggi del Price-Cap

• Non incentiva aumenti di qualità ma sue possibili riduzioni compensative (per l’impresa) del mancato aumento completo dei prezzi.

• Può indurre la c.d. Cattura del Regolatore (vedi) nelle contrattazioni sul fattore X da ap-plicare.

• Il ricorso all’indice generale dei prezzi implica riferimento al tasso di aumento nominale medio dei costi anche per imprese che possono essere più o meno efficienti rispetto alla media.

• Se lo specifico fattore X applicato dipende da attività che l’impresa deve svolgere (ad esempio, investimenti migliorativi), l’impresa può avvantaggiarsi dell’asimmetria infor-mativa a suo favore (in questo il Price-Cap è meno efficiente della Yardstick).

Svantaggi specifici della versione Revenue Cap

• Variazioni della domanda possono non riflettersi nei prezzi • Può indurre una sovrastima della crescita della domanda nel periodo di applicazione del

meccanismo • Può far crescere il rischio finanziario per operatori in network

SINTESI Price-Cap contro RRR

Page 50: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

173

RPI-X

← Dati su Costi e Domanda →

← Efficienza →

← Libertà Governo →

← Livello Informazioni →

← Flessibilità Prezzi →

← Onere aumento Costi, C →

← Beneficio riduzione Costi, C →

RRR

Futuri Storici

Produttiva Interna Allocativa di SB

? ?

Basso Alto

L’impresa non sceglie Sceglie l’impresa

Su impresa Su consumatori

Su impresa Su consumatori

a > 0 con b = 0 ← Se prezzo: p = a + bC → a = 0 con 0 ≤ b ≤ 1

In sistesi si può affermare che il price-cap incoraggia una maggiore celerità

nella riduzione dei costi nel corso del tempo rispetto alla RRR (da cui forse un qual-che effettivo incentivo all’efficienza che in parte viene trasferito persino sui consu-matori) e questo, insieme alla sua almeno apparente semplicità (che non è affatto sinonimo di trasparenza almeno con riferimento agli aggiustamenti da apportare nel tempo al fattore X), spiega la larga diffusione di questo schema regolativo ricordata all’inizio di questi paragrafi. 4.5. Il (segno del) fattore Z

Poiché anche il più omnisciente tra i regolatori non conosce in anticipo tutti gli

eventi futuri, molti schemi Price-Cap includono il riferimento ad un c.d. fattore Z (Sappington e Weisman, 2010, 240) che ha il compito di adattare il fattore X sulla base dell’impatto finanziario attribuito o attribuibile ad eventi non anticipati/bili. Se, in considerazione delle sue riconosciute capacità, chiamate sergente Garcia il fattore X, potete intendere il fattore Z come quel segno lasciato sul fattore X – al fine di correggerne il comportamento – da un celeberrimo e illuminato riparatore di torti. In questo caso, però, i regolatori non hanno agito in modo mascherato e hanno proposto la correzione in modo meno spettacolare. Nel nostro caso, il segno lasciato sulla X appare chiaramente nella formula “aumentata” del Price-Cap, che diventa Pt + 1 =

(CPI + Z – X)Pt. Al fine di ridurre i costi di capitale dell’impresa senza limitare gli incentivi agli investimenti, gli aggiustamenti del fattore Z devono essere progettati e attuati in modo appropriato. Se, in pratica, questi aggiustamenti vengono impiegati per escludere tutti i profitti imprevisti e inattesi (chiamateli windfall gains, ovvia-mente) senza compensare mai l’impresa per perdite inevitabili e impreviste, allora i fattori Z possono di fatto aumentare il costo del capitale dell’impresa, esattamente

Page 51: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

174

come fanno i piani ESR (Earnings Sharing Regulation Plans) che limitano i grandi guadagni finanziari degli azionisti del monopolista regolamentato senza compensa-zione per eventuali gravi perdite finanziarie. (Si noti che se un fattore Z modifica il costo del capitale, esso potrebbe influenzare il tasso di crescita dei prezzi degli input e quindi il fattore X appropriato. Pertanto, i vari parametri nelle formule di Price-

Cap sono sempre strettamente collegati. Un evento per il quale viene considerata una regolazione del fattore Z nel Price-

Cap presenta in genere tre caratteristiche distintive. Innanzitutto, l’evento è al di fuori del controllo dell’impresa regolamentata. In secondo luogo, l’evento ha un mar-cato impatto finanziario sull’impresa. In terzo luogo, l’evento ha un effetto spropor-

zionato sull’impresa regolamentata di cui non è possibile tener conto ricorrendo ad altri elementi del meccanismo Price-Cap. Gli eventi tipici che possono giustificare aggiustamenti attraverso il fattore Z in alcuni Paesi includono un cambiamento di im-posta specifico del settore, una nuova legislazione, un fatto di forza maggiore (ad es. Alluvioni, uragani e tornado), ecc. Gli aggiustamenti del fattore Z sono quindi proget-tati per assicurare l’impresa regolamentata contro grandi e imprevisti shock finanziari che sfuggono al suo controllo. In assenza di qualsiasi prospettiva di aggiustamento del fattore Z, l’impresa regolamentata deve fornire i propri servizi ai prezzi obbligatori indipendentemente dai guadagni realizzati/bili e potrebbe registrare un’ampia variabilità degli introiti. Tale variabilità comporta un rischio per gli investitori, e può aumentare il costo del capitale dell’impresa regolamentata. Le rettifiche del fattore Z opportuna-mente progettate dovrebbero mirare a ridurre i costi di capitale dell’impresa senza li-mitare l’incentivo a innovare e ridurre i costi operativi. Gli aggiustamenti del fattore Z sono effettuati solo per eventi esogeni e per evitare di compensare l’impresa per perdite finanziarie che avrebbe potuto ragionevolmente evitare. Alla fine dei conti, il fattore Z avvicina un po’ il Price-Cap alla RRR.

5. I Sussidi pari al surplus incrementale. Ovvero: riusciremo mai a

liberarci di Löb e Magat?

NO

6. Regolamentazione non bayesiana in presenza di risorsa strumen-

tale necessaria. L’accesso ad una rete

Come ampiamente discusso nel Capitolo I, l’esistenza di una rete fissa (binari, cavi alta tensione, tubature, ecc.) è essenziale alla determinazione delle condizioni di monopolio naturale mono-prodotto. Che succede se, per qualche ragione, la rete

Page 52: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

175

appartiene ad un soggetto diverso da quello/i che svolge/ono, grazie ad essa, l’atti-vità produttiva? La faccenda è tutt’altro che strettamente accademica perché dopo lo tsunami delle privatizzazioni europee la configurazione di molti di questi settori (elettricità, gas, ferrovie, ecc.) appare effettivamente quella appena descritta. In par-ticolare, l’assetto determinatosi dopo le riforme degli anni novanta del 900 in Europa (e non solo) è ispirato al principio/criterio della separazione tra le varie componenti della filiera produttiva di un’impresa verticalmente integrata (naturalmente i più ca-piscono meglio se dico unbundling, così come se chiamo la risorsa strumentale ne-cessaria essential facility). Pertanto, nel nuovo assetto ad un soggetto (in qualche caso ancora pubblico o semi pubblico) proprietario della rete altri soggetti do-

mandano l’uso della risorsa strumentale necessaria (ma eventualmente anche lo stesso proprietario della risorsa, o “sue” imprese separatesi giuridicamente da esso quasi per “gemmazione liberale” obbligatoria) che “servono” la domanda della

merce finale per la cui produzione la risorsa in questione è essenziale. Se si prende per buona la tesi per la quale è preferibile avere una configurazione del settore definita nella forma della “separazione” (esiste, come spiegato sopra, un proprietario della rete che ne “noleggia” l’uso agli erogatori del servizio finale al dettaglio, even-tualmente in concorrenza con lui o con imprese di sua emanazione ma contabilmente e amministrativamente separate) anziché avere una configurazione del settore defi-nita nella forma della “integrazione verticale” (esiste una sola impresa che è proprie-taria della rete e che eroga anche il servizio finale), il problema che si pone è: posto che la separazione implica che le imprese che erogano il servizio finale hanno il diritto di poter accedere alla rete30 (senza tale mercato “artificialmente creato” crol-lerebbe tutto il disegno…) quanto deve pagare l’erogatore del servizio finale (ov-

vero il produttore “al dettaglio”) al proprietario della rete perché si possa affer-mare che la transazione tra i due (o più) sia efficiente? Se il proprietario della rete svolge anche il servizio di erogazione al dettaglio, il problema, come si vede, è simile a quello della determinazione del prezzo efficiente dei beni prodotti da un monopo-lista multi-prodotto (il proprietario della rete) con la differenza che, nel caso del prezzo di accesso alla risorsa essenziale all’erogazione del servizio, alcune forme di discriminazione del prezzo applicabili nel caso del prezzo finale del monopolista multi prodotto potrebbero non essere altrettanto applicabili al prezzo della ven-dita/affitto dell’accesso alla rete, e avere conseguenze non desiderabili sul prezzo finale al dettaglio. Supponete, ad esempio, che un monopolista (magari pubblico) sia proprietario dell’area cimiteriale extraurbana e egli che svolga contemporaneamente (magai in condizioni di unbundling) il servizio di trasporto funerario delle salme e di sepoltura delle stesse nello spazio cimiteriale. Il bene finale, che in questo caso possiamo chiamare l’eterno riposo (trasporto, sepoltura e “custodia” in luogo adatto delle salme) richiede necessariamente l’esistenza di un bene strumentale (scusate, di

30 Per un’analisi di queste regole e della loro efficacia, Armstrong (2002) e Joskow (2007)

Page 53: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

176

una essential facility) – almeno dopo l’Editto di Saint-Cloud. Questo bene strumen-tale è dato dalla terra extraurbana, benedetta o meno, deputata alla sepoltura. Sic-come non possiamo chiedere ad ogni impresa privata di trasporto, sepoltura e custo-dia di costruirsi la sua essential facility fuori le mura, essa dovrà affittare o comprare parte di quella del monopolista. La teoria in questione, in questo contesto di separa-zione verticale tra imprese, si porrebbe la domanda: quanto deve pagare al monopo-lista l’impresa di pompe funebri per comprare qualche metro cubo di essential faci-

lity in maniera tale che l’uso del bene strumentale all’eterno riposo sia ceduto ad un prezzo ritenuto “ottimo” persino da un cliente finale esigente in materia di prezzi come il professor Vilfredo Pareto? Come illustrato nella scheda seguente, la risposta alla domanda dovrebbe essere: nessun prezzo; le due o più imprese dovrebbero fon-dersi in un’impresa verticalmente integrata per evitare il fenomeno della doppia mar-ginalizzazione 31. Purtroppo però l’integrazione verticale pubblica nei settori dei ser-vizi a rete è stata generalmente smantellata dal ricordato tsunami e così un problema che non esisteva ha cominciato ad esistere, offrendo occasioni di profitto e di ricerca “scientifica” 32. Quest’ultima ha prodotto due tipologie di determinazione del prezzo dell’accesso alla rete 33: il sistema ECP (Efficient Component Price), e il sistema dei prezzi à la Boiteux-Ramsey. Li discutiamo nel contesto di un settore in cui opera un monopolista (della rete) che grazie ad operazioni di unbundling non solo possiede l’essential facility ma vende il bene finale anche ai consumatori finali (o al loro aventi causa) e l’essential facility ad un numero N – 1 di potenziali imprese al detta-glio che denomineremo “gli indipendenti” a cui il regolatore conferisce il diritto di accedere alla risorsa necesaria posseduta dal monopolista. Prima di trattare tali si-stemi, nel riquadro (volevo dire, nel box) seguente ricordo con un semplice esempio le ragioni che consiglierebbero il ricorso all’integrazione verticale delle attività in una impresa pubblica.

31 Un esempio più accademico è riportato da Armstrong, Doyle e Vickers (1996, 132) e si riferisce ad una causa legale tra compagnie di telecomunicazioni in Nuova Zelanda. Il problema della doppia mar-ginalizzazione (e della perdita di economie di scopo) è analizzato da Domon e Ota, (2001).

32 Nel caso di cui all’esempio, il problema fu risolto dalla separazione delle attività e dei prezzi. Data una domanda di eterno riposo, alcuni trasportano e altri custodiscono: i primi non possono custo-dire dopo aver trasportato e gli altri non possono trasportare per poi custodire. Venne così saggiamente eliminato il problema del prezzo efficiente (o alla Pareto) per l’uso dell’essential facility. Più in gene-rale, sulle circostanze che definiscono i presupposti della nascita delle teorie che stiamo esaminando, ovvero l’esistenza di una previa grande Svendita (pubblica o privata) di parti di imprese integrate, ri-porto le affermazioni di Crew e Kleindorfen (2000, 9): Twenty years ago, concerns over access pricing

were a practical issue in telecommunications. With the Divestiture these concerns increased signifi-

cantly. However, theoretical contributions to address the problem of access pricing came later. Access

to an essential or bottleneck facility is the issue. 33 Per un’analisi molto più approfondita e argomentata, vedi Armstrong, Doyle e Vickers (1996) e

Vogelsang (2003). Una trattazione molto ampia e particolareggiata è quella di Joskow (2007, paragrafo 10). Purtroppo, il già ricordato professor Pareto non può più occuparsi della questione.

Page 54: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

177

L’integrazione verticale

Si supponga che in un mercato la domanda del bene finale sia x = a – p con a > 0 e che l’attività produttiva richieda due fasi lavorative: la gestione di una essential facility da utiliz-zare strumentalmente alla produzione e all’offerata di x e la produzione e vendita al dettaglio di x sul mercato finale attuata utilizzando l’essential facility oltre a fattori propri. Se due imprese distinte gestiscono le due fasi possiamo immaginare che l’impresa che chiamiamo E venda all’impresa che chiamiamo I una quantità di essential facility proporzionale a x, di-ciamo γx, con γ > 1, al prezzo w in modo che I possa offrire x al consumatore finale. Suppo-niamoche le due imprese abbiano costi fissi nulli e costi marginali costanti pari a c e z rispet-tivamente. (per semplicità escludiamo in questa sede che E venga direttamente ai confìsuma-tori finali) Sia a > c + z. E dovrà porsi la seguente domanda: quanta γx mi domanderà I al prezzo w data la suddetta domanda finale? Mettendosi nei panni di I, e conoscendo il valore del parametro tecnologico γ, E risolverà il seguente problema di ricerca del massimo profitto di I: ( )( )pMax p w z a p− − − da cui / 2p a w z = + + che implica

( ) / 2x a w zγ γ = − + . Questo è il valore di x che per massimizzare i propri profitti I domanderà ad E. Allora E userà tale valore di x per risolvere il suo problema:

( ) / 2w

Max w c a w zγ − − − che richiede * / 2w a c z = + − . Per massimizzare il suo profitto E chiederà ad I il pagamento di w*. Dato questo specifico valore del prezzo dell’essential facility I calcola la sua x ottimale di bene finale ed il suo prezzo, che sono:

3 / 4p a z c = + + e / 4x a c z = − − .

Al conytrario, con integrazione verticale delle due imprese E e I (ovvero una sola impresa che usa l’essential facility e vende x) il problema diventa

( )( )p

Max p c z a p− − −

da cui / 2 3 / 4p a c z a c z = + + < + + che, data la domanda, implica / 2 / 4x a c z a c z = − − > − − .

Con integrazione verticale, una sola impresa (che possiede l’essential facility e che eroga

al contempo il servizio finale) persino se dedita alla massimizzazione del profitto genera

un prezzo di mercato minore ed una quantità finale consumata maggiore rispetto ai

valori generabili con separazione (due imprese “specializzate” in livelli diversi della fi-

liera produttiva e legate da non eliminabili rapporti di scambio data la necessaria com-

plementarietà dell’essential facility al bene finale). I profitti complessivi saranno minori

ma il surplus sociale maggiore. Calcolarli per esercizio.

Se poi l’impresa verticalmente integrata fosse pubblica e massimizzasse il benessere so-

ciale (surplus netto dei consumatori più profitto) avremmo x = a – c –z e p = c +z = MC. Per esercizio confrontare in termini di efficienza le due ultime soluzioni ottenute.

Il caso trattato in questo riquadro è quello in cui E non eroga anche il servizio finale. Questo secondo caso è trattato più avanti.

Page 55: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

178

Nei paragrafi seguenti esaminiamo in modo sintetico la situazione creata dall’esi-stenza di un’impresa privata proprietaria della risorsa strumentale necessaria che opera nella cornice giuridica che le impone di mettere la risorsa a disposizione di N – 1 produttori finali. Il punto è: a quali condizioni? Due sono gli scenari studiati dalla letteratura. Nel primo scenario il mercato finale è regolato e il governo fissa i prezzi applicati dal monopolista sia per la vendita della risorsa essenziale sia per il bene finale, con i produttori finali che operano subendo il prezzo regolato. Nel se-condo caso il governo fissa solo il prezzo della risorsa essenziale che il monopolista può richiedere ai produttori finali e compete con loro nel mercato finale34.

6.1. Il sistema ECP

Il sistema ECP prevede che al monopolista verticalmente integrato venga ricono-sciuto da parte dell’impresa “indipendente” (l’erogatore del solo servizio finale) un prezzo di accesso uguale al costo marginale direttamente collegabile alla fornitura del servizio di accesso più una compensazione pari al costo opportunità (minori in-troiti) derivante della mancata erogazione in prima persona di quella quota del ser-vizio ai clienti finali che, dopo l’acquisto dell’uso della rete, passa all’impresa indi-pendente. Questa particolare versione del meccanismo viene spesso chiamata regola M-ECP, dove la M indica il riferimento ai criteri di “mercato” nella misurazione del suddetto costo opportunità (Sibley, Doane, Williams e Tsai, 2004; Sibley, Doane e Williams, 1999). Quest’ultimo costo si pone generalmente pari al prezzo (pre-en-trata) netto di costi che il monopolista avrebbe potuto chiedere al cliente finale sulla base di un qualche schema di regolazione determinato dalle autorità (Baumol, 1999; Kahn e Taylor, 1994; Baumol e Sidak, 1994a, 1994b) e che ovviamente non gli chiede perché, dopo l’entrata, il consumatore si rivolge all’impresa indipendente. M-ECP è molto gradito dai monopolisti privati verticalmente integrati proprietari di reti mentre è avversato dalle imprese indipendenti prive di rete; comprensibilmente, esse preferirebbero pagare solo la prima delle due componenti.

Facendo riferimento alla letteratura richiamata sopra 35 passiamo a discutere le

34 Per semplicità trattiamo solo il caso in cui il mercato finale sia competitivo. Kao et al. (2014) trattano il caso di assetti non competitivi nel mercato del bene finale con imprese operanti in tale mer-cato dotate di un qualche potere di mercato.

35 Sull’applicazione di questi schemi al caso delle telecomunicazioni avrei citato volentieri uno scritto del 2012 di due (più o meno) giovani studiosi italiani. Nella prima pagina del lavoro (pardon, del paper) essi hanno però richiesto la non citazione. E io, non sapendo come chiedere il loro permesso (manca nel

Page 56: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

179

caratteristiche del sistema ECP ovviamente adottando (pur malvolentieri) i criteri del celebre consumatore di eterno riposo di cui al paragrafo precedente.

Siano

X = xV + (N – 1)xI ≡ Output di mercato del bene finale offerto dal monopolista verti-calmente integrato, (il signor V) e dalle N – 1 imprese indipendenti (i signori I; tutti uguali tra loro);

P(X) ≡ Domanda inversa di mercato del servizio finale X (usuali proprietà); w ≡ Prezzo per unità di “accesso pagato da ogni I a V (fissato dall’autort; da precisare); c ≡ Costo marginale della fornitura e/o dell’uso del bene “accesso”; si ≡ Altri costi marginali per l’erogazione del servizio finale (i = V,I); Costi fissi = 0.

Facendo l’ipotesi semplificatrice di una tecnologia di offerta del bene finale per la quale una unità di output richiede una unità di accesso (I e V trasformano gli ac-cessi utilizzati in output finale in relazione 1 a 1), il profitto del monopolista V e di un I qualsiasi sono:

( ) Introito netto da Profitto netto dacessione di N 1 accessivendite ai consumatori

finali

Profitto netto dav

( ) ( 1)

( )

V V V I

I I I

P X c s x w N x

P X w c s x

Π = − − + −

Π = − − −

��������������������������������

endite ai consumatori finali

�����������������������

La massimizzazione delle due funzioni di profitto (ricordando che w è esogeno) genera

( ): ( ) 0

( ): ( 1) ( ) 0

V V

I I

P XV x P X c s

X

P XI N x P X w s

X

∂ + − − =∂

∂ − + − − =∂

Seguendo Armstrong, Doyle e Vickers (1996, 132) definiamo il prezzo per l’ac-cesso o come M-ECP o come costo marginale:

Costo Opportunità di

( ) Regola M-ECP

Regola Costo Marginale (e nulla più)

V

V

c P X c s

w

c

+ − − =

�������������

frontespizio del testo ogni riferimento a indirizzi, terrestri o mediatici), rispetto la richiesta. Più agevole è invece l’accesso ai lavori contenuti nel testo curato da Bulckaen e Cambini (1998).

Page 57: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

180

A differenza della versione utilizzata dagli Autori citati sopra (la loro equazione 7), la definizione di ECP qui utilizzata aggiunge solo gli altri costi marginali opera-tivi di V.

Se si applicasse la regola del costo marginale, che comporterebbe P(X) – c – sV = 0, la prima componete del profitto di V sarebbe pari a zero. La condizione per il mas-simo profitto indica infatti che xV deve essere pari a zero visto che la derivata della domanda inversa è diversa da zero non essendo V un produttore in concorrenza per-fetta. Di conseguenza il profitto di V sarebbe dato tutto dalla vendita diretta agli I dell’accesso al prezzo imposto pari a c:

∏V = c(N – 1)x1

Se potessimo applicare il Teorema di Hotellig alla funzione del profitto ottenuta avremmo:

con( 1) 0V

I V

w c

N x X xc

=

∂Π = − = =∂

La funzione di offerta di V sarebbe data dall’accesso ceduto agli N – 1 produttori indipendenti affinché essi vendano tutta la quantità possibile. Si consideri che in as-senza di regolamentazione, V massimizzerebbe il profitto applicando un prezzo di monopolio che ricorderebbe quello Sappington (solo che adesso c non è lo spreco opportunistico ma il costo marginale per l’uso di una risorsa essenziale)

( ) ( ) 10

( ) ( ) V

V V

PXx X

P X c s P X x

P X X P X =

− − ∂= − = − >∂ η .

Se V è invece costretto a cedere l’accesso al prezzo w = c, il profitto è minore rispetto al caso in cui P(X) – c – sV > 0.

Se le imprese I acquisissero l’accesso pagandolo al costo marginale, per ciascuna di esse il profitto con P(X) – c – sV = 0 sarebbe pari a:

( )( ) ( ) ( )I I I I V I IP X w c s x P X c c s x s s c x − − − = − − − = − +

e il profitto dell’industria sarebbe

( 1) ( ) ( 1) ( 1)T V I I I V I In s s c x c N x n s s x Π = − − + + − = − −

Nel caso in cui le I non fossero tutte uguali e non per tutte valesse la condizioneV Is s c> + , il profitto sarebbe positivo solo per quegli I che avessero un vantaggio

di efficienza rispetto al monopolista integrato verticalmente, ovvero per coloro i quali sI + c < sV. Con la regola del costo marginale (e nulla più) il risultato sarebbe che il monopolista verticalmente integrato potrebbe non erogare mai il servizio fi-nale; in questo caso venderebbe l’accesso ai dettaglianti se questi sono (tutti) più

Page 58: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

181

efficienti di lui. Questi ultimi offrirebbero il servizio ai consumatori finali al prezzo c+sV ottenendo come profitto il differenziale di efficienza rispetto a V al netto di c.

Valutiamo adesso gli effetti della regola alternativa M-ECP. In questo caso

( ) ( )V Vw c P X c s P X s= + − − = −

Il profitto di V diventa

( ) Introito netto da Profitto netto dacessione di N 1 accessivendite ai consumatori

finali

( ) ( ) ( 1)

( ) ( 1)

V V V V I

V I V

P X c s x P X s N x

P X s N x x

Π = − − + − −

= − − +

����������������������������������������

se( 1) ( ) 0V I Vcx c N x P X s c− > − − − >

È facile verificare che il meccanismo applicato con la regola del costo marginale generava un profitto che è un sotto caso del valore ricavato sopra. Infatti, ponendo

P(X) – c – sV = 0 ritorniamo al profitto ∏V = c(N – 1)xI mentre ponendo

1( 1)

NV Iii

x N x x X=+ − = = il prezzo applicato da V è identico al prezzo tipo Sap-

pington ricavato prima. Valutiamo adesso il profitto che dovrebbe avere ogni I con M-ECP. Poiché

adesso P(X) – c – sV > 0, P dovrà essere maggiore rispetto al caso precedente, visto che c e sV sono costanti; allora, per avere un prezzo che renda i due casi equivalenti occorre che il nuovo prezzo sia decurtato di un qualche importo positivo per ripor-tarlo al vecchio valore. Se il nuovo prezzo P′(X) lo poniamo per semplicità pari al vecchio prezzo più una costante a > 0, il prezzo da utilizzare nella formula di w è P′(X) – a = P(X). Pertanto il profitto di I sarà:

( )( ) ( ) V I I V I I

w

P X a c P X a c s s c x s s c x

+ − + + − − − − = − + ���������������������

che, rispetto al caso della regola alternativa, comporta la stessa condizione per un valore positivo del profitto di I. Non occorre che I sia più efficiente di quanto neces-sario con la regola del prezzo d’accesso pari al costo marginale del suo uso (e nulla più) per trovare profittevole comprare l’essential facility ed erogare il servizio finale: la maggiorazione del costo dell’accesso è trasferita sui consumatori finali. Ovvia-mente se il trasferimento non avviene in modo completo la regola M-ECP favorisce il proprietario dell’essential facility e sfavorisce gli “indipendenti”: il profitto di V è più alto rispetto al caso del costo marginale mentre quello degli “indipendenti” è minore.

6.2. L’applicazione di prezzi à la Boiteux-Ramsey

Page 59: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

182

In presenza di costi fissi o quando l’esistenza di obbligazioni particolari per V comportano che l’impresa non copra i costi per il servizio di fornitura dell’accesso, i prezzi pari al costo marginale non permetterebbero a V di evitare defict per l’attività di fornitura dell’essential facility. In questi casi possono essere utilizzati i prezzi à

la Boiteux-Ramsey. Per illustrare questo sistema alternativo facciamo le seguenti ipotesi. Esiste il monopolista verticalmente integrato che vende il bene accesso (lo chiamiamo bene 1) ad una moltitudine di concorrenti che erogano il bene finale (lo chiamiamo bene 2). Siano

1 1 2

2 1 2

1

2

Domanda del bene finale offerto dagli indipendenti

Domanda del bene finale offerto dal monopolista

Costo marginale dell’accesso se ceduto agli indipendenti

Costo marginale dell’

( , )

( , )

x p p

x p p

c

c

====

1

2

Costi Fissi

accesso se utilizzato dal monopolista

0

ˆ

ˆ

I

V

c s

c s

=

=

=

Il surplus totale da scambi in questa situazione è

1 2 1 21Surplus Consumatori Profitto della

intera industria

ˆ( ) ( , ) ( , )N

i i i iiSW p c c x p p CS p p== − − + ������������������������������������

Se massimizziamo senza vincoli la SW otteniamo prezzi pari al costo marginale. Se invece massimizziamo SW con un vincolo sul profitto dell’industria otteniamo, chiamando λ il moltiplicatore e ipotizzando per semplicità che gli effetti incrociati siano nulli

1

1

2

2

1 1 1 11 1 1

1 1 1

2 2 2 22 2 2

2 2 2

ˆ 1ˆ 0

1 / 1

ˆ 1ˆ 0

1 / 1

p

p

x

x

x p c cp c c

x p p

x p c cp c c

x p p

λ − − λ= + + = − >+ λ ∂ ∂ + λ η

λ − − λ= + + = − >+ λ ∂ ∂ + λ η

Il prezzo è quindi legato non solo ai costi, come nella versione precedente, ma anche all’elasticità della domanda finale e a λ (vedi sotto). Il prezzo di accesso è il prezzo finale che V avrebbe introitato, aumentato dalla componente di correzione di second best e al netto di tutti i costi:

11 1 1 1

1

0

ˆ[ ]1

xw p x c c

p

>

λ ∂ = − − − + λ ∂

Page 60: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

183

Il requisito informativo è maggiore rispetto al sistema precedente anche perché le elasticità realmente coinvolte sono pure quelle incrociate – che non possono essere arbitrariamente azzerate (come appena fatto da me). Ciò rende l’applicazione di que-sto sistema più macchinosa rispetto al caso precedente. Con l’esercizio seguente ri-caviamo alcuni casi particolari che interpretiamo in relazione a ECP.

Occorre inoltre soffermarsi un momento sull’interpretazione da dare in questo caso al moltiplicatore. Avremmo potuto scrivere la lagrangiana del problema di cui sopra come segue:

1 2 1 21ˆ( , ) (1 ) ( ) ( , )

N

i i i iiCS p p p c c x p p=Λ = + + λ − −

Se λ indica il prezzo-ombra del profitto dell’intera industria (misura in euro del beneficio “sociale” derivante dalla riduzione di 1 euro del valore del profitto mi-nimo previsto nel vincolo), il termine (1 + λ) è la valutazione sociale del costo opportunità della riduzione del profitto di V imposta dal meccanismo che fissa w. In altre parole è la misura del sacrificio marginale imposto a V dalla mancata mas-simizzazione del suo profitto rispetto al bene essential facility, che è un sacrificio maggiore di c. Quando il proprietario della rete è ancora un soggetto pubblico (1 + λ), sarebbe l’equivalente su scala ridotta del c.d. costo opportunità dei fondi pub-blici 36 (marginal costs of public funds) solo che in questo caso non si tratterebbe di un trasferimento da erogare ad una impresa il cui costo di efficienza è maggiore dell’importo da raccogliere con imposte distorsive; si tratta invece di un mancato introito che in termini di efficienza costa all’interessato (ovvero a V) più del suo corrispondente valore monetario.

Esercizio

Siano

1 1 1 2

2 2 1 2

X A bp dp

X A dp bp

= − += + −

Supponendo che 1 2 1 2 1 2ˆ ˆ, eA A c c c c= = = , dopo aver calcolato le elasticità in assenza di effetti incrociati, dimostrare (sottraendo la seconda equazione dalla prima) che il prezzo di ac-cesso torna ad essere una versione del ECP. In particolare 1 1 2 2ˆ ˆw p c p c= − = − . In altre parole il prezzo di accesso è dato dal “prezzo” che l’impresa integrata si auto-attribuisce per auto-approvvigionarsi dell’essential facility.

36 Vedi Capitolo I.

Page 61: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

184

7. Il condizionamento del regolatore da parte del regolato (Regula-

tory capture)

Come già accennato nel caso della RRR può accadere che gli schemi disegnati per la regolamentazione di alcune attività facilitino la creazione di relazioni non tra-sparenti tra soggetti regolatori e soggetti privati regolati, consentendo (ovviamente, solo di fatto) a questi ultimi di incastrare i primi in una rete di relazioni non traspa-renti. Il soggetto regolatore può quindi trovarsi invischiato (magari su malgrado) in una relazione di scambio con il soggetto regolato, anche se la legge e lo schema specifico regolatorio di volta in volta in questione prevedono che la relazione tra i due soggetti rispetti una netta separazione di interessi: il regolato dovrebbe agire per i suoi interessi (ovviamente, quelli legittimi) e il regolatore per quelli sociali (co-munque definiti). Per cattura del regolatore si intende quella situazione in cui al re-golato è riuscito di deviare gli interessi del regolatore da quelli sociali verso propri. Come suggerito dalle immagini che seguono.

Questa impostazione “analitica” è sostenuta dagli autori della c.d. scuola di Chi-

cago come Stigler e Peltzman, al fine di dare maggior dignità al pregiudizio relativo all’inefficacia (sempre e comunque) di un intervento pubblico nei settori di mono-polio naturale. Nel caso specifico l’intervento pubblico sarebbe inefficace le imprese soggette ai vincoli amministrativi, mediante opportune pressioni, artifizi e raggiri, sarebbero in grado di «catturare» gli organi politici e/o amministrativi, influenzan-done le decisioni a proprio favore.

Come si verifica la cattura normativa? Supponiamo che il governo abbia delegato le funzioni regolatorie ad una Agenzia (i Regolatori) e che quindi i soggetti poten-zialmente coinvolti nella “tresca” siano tre: Governo, regolatori e imprese private. E allora:

Page 62: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

185

• Flusso di simpatia. Spesso il meccanismo di regolamentazione richiede che i Re-

golatori passino del tempo con i regolati e ciò li rende più comprensivi, se non solidali, con il loro punto di vista.

• Informazioni asimmetriche. I Regolatori possono doversi basare su informazioni provenienti dalle imprese. Con informazioni distorte, essi possono essere indotti ad essere generosi verso le imprese, ad esempio consentendo aumenti dei prezzi ipoteticamente finalizzati agli investimenti necessari a svolgere l’attività regolata.

• Inefficienze del settore pubblico. Si sostiene che coloro che lavorano per i Rego-

latori non hanno gli stessi incentivi allo sforzo che si presume esistano a favore di coloro che operano nel mercato privato. La competizione tra dipendenti dell’agenzia dei Regolatori e dipendenti dei regolati è sbilanciata a favore di que-sti ultimi.

• Possibilità di corruzione. Anche la carne dei Regolatori è debole … • Insufficienza di risorse tecnico-scientifiche e di personale. I Regolatori spesso

hanno penuria di personale qualificato. Negli ultimi anni l’OFGEM (il più volte ricordato ente britannico Regolatore dei settori del gas e dell’elettricità) ha avuto mediamente 878 dipendenti all’anno. Contro i 28.579 dipendenti di British Gas, i 10.000 di National Grid e i 15.000 di EDF Energy. Anche in altri Paesi i Rego-

latori hanno problemi analoghi. Ma in altri ancora i Regolatori sono principal-mente giuristi …

• Il caso raccontato da Posner. Talvolta, le imprese possono avere – loro per prime – un interesse a spingere per la regolamentazione della loro industria. Secondo lo studioso americano Posner le ferrovie statunitensi non osteggiarono ma sosten-nero la promulgazione della prima legge americana sul commercio interstatale, che impediva di praticare la discriminazione dei prezzi. Forse perché la discrimi-nazione dei prezzi stava minando il cartello delle ferrovie? Analogamente, l’Ame-

rican Telephone and Telegraph sollecitò la regolamentazione statale del servizio telefonico perché voleva porre fine alla competizione tra le imprese telefoniche. Sempre negli USA, casi simili sono stati quelli relativi alle imprese di autotra-sporto e alle compagnie aeree. In generale, le imprese possono essere mosse dall’idea che se c’è una qualche regolamentazione, pur apparentemente avversa – perché ad esempio introdotta per controllare i prezzi che esse possono applicare – questa ha anche l’effetto di definire un quadro giuridico entro il quale è mag-giormente possibile agli operatori di limitare, anziché potenziare, la concorrenza. Pertanto, meglio avere i Regolatori che l’esposizione alle forze del “libero mer-cato”.

Il secondo dei punti sollevati sopra rinvia al vero contesto entro il quale occorre condurre l’analisi della cattura: occorre ipotizzare che tra i tre soggetti coinvolti ci sia asimmetria informativa, mettere da parte l’idea che i Regolatori agiscano per il bene comune e sostituirla con l’ipotesi che essi perseguano un proprio obiettivo di massimizzazione del reddito (Armostrong e Sappington, 2007, 1583). Poiché

Page 63: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

186

l’aspetto dell’asimmetria informativa è cruciale in quest’analisi, rinviamo la tratta-zione al Capitolo IV.

8. Sintesi del capitolo e collegamento con altri capitoli

Questo Capitolo inizia con la citazione della definizione OCSE della regolamen-tazione. In essa sono già evidenti le due principali funzioni che devono essere asse-gnate alle regole per il controllo dei prezzi: a) proteggere i consumatori da un “ec-cessivo” sfruttamento della loro disponibilità a pagare; b) garantire agli investitori (privati) condizioni tali da rendere profittevole lìinvestimento dei loro capitali nelle imprese regolamentate. La citazione però fa anche riferimento all’idea che Regula-

tions may also be enacted to prevent excessive competition (…) and reduce excess

capacity (…). L’eccesso di capacità produttiva è costoso (vedi ad esempio RRR e peak load pricing) e può richiedere non l’aumento del numero delle imprese ma la loro riduzione. A tutte queste esigenze cercano di rispondere gli schemi di regola-mentazione trattati in questo capitolo. Benchè tali schemi siano stati trattati, a fini espositivi, in modo separato occorre riconoscere che le differenze esistenti sono in effetti minime nella pratica e che in realtà la regolamentazione effettiva si basa su forme ibride (ovvero, combinazioni) degli schemi descritti in questo capitolo. In quasi tutti i regimi applicati è necessario effettuare calcoli o stime dei costi e dei prezzi applicati; in quasi tutti i regimi le imprese devono richiedere al regolatore l’approvazione dei prezzi applicabili, e delle loro variazioni nel tempo; in quasi tutti i regimi le imprese devono interagire con le agenzie preposte alla regolamentazione mediante partecipazione ad un percorso di “contrattazione” variamente articolato e variamente permeabile ad abusi e corruzione; in quasi tutti i regimi le imprese de-vono farsi approvare le richieste di aumento dei prezzi “convincendo” le autorità della genuinità delle loro motivazioni (aumento esogeno e da loro non controllabile dei costi); in quasi tutti i regimi le imprese devono attrezzarsi per fronteggiare ini-ziative dei consumatori o del regolatore volte ad ottenere riduzioni dei prezzi (in presenza, ad esempio, di riduzioni di costi).

Il corretto funzionamento di queste politiche non possiamo attendercelo dall’ap-plicazione dei modelli non-bayesiani trattati in questo capitolo perché non sempre il problema informativo presente nella realtà (asimmetria informativa tra decisori, di-sinformati, e soggetti regolati dotati delle informazioni rilevanti) può essere “aggi-rato” attraverso i meccanismi c.d. anonimi. L’ampiezza e il costo della eventuale capacità produttiva da utilizzare nei casi di domanda incerta o il valore del capitale cui riferirsi nel caso della RoRR sono solo esempi delle informazioni che mancano al regolatore che spesso di trova a regolare comportamenti (di prezzo, ad esempio) che dipendono da caratteristiche o da azioni dei reglati che egli non osserva e che questi ultimi possono “distorcere” a proprio vantaggio. Allora l’ottima politica di regolamentazione deve essere riformulata per tener conto della dell’informazione

Page 64: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

187

privata delle imprese, del contesto informativo in cui opera il governo e della sua capacità di impegnarsi credibilmente nelle misure che annuncia. Il conteso analitico deve quindi ampliarsi e l’analisi della regolamentazione deve tenere conto almeno dei seguenti fattori chiaramente enunciati da Armostrong e Sappington, 2007, 1562):

1. the regulator’s objective (when he is benevolent);

2. the cost of raising revenue from taxpayers;

3. the range of policy instruments available to the regulator, including his ability to tax

the regulated firm or employ public funds to compensate the firm directly;

4. the regulator’s bargaining power in his interaction with the firm;

5. the information available to the regulator and the firm;

6. whether the regulator is benevolent or self-interested; and

7. the regulator’s ability to commit to long-term policies.

Alcuni di questi fattori già li abbiamo incontrati in questo capitolo e nel Capitolo I. Non li tratteremo più se non per esigenze di confronto, se necessario. Quello sotto il numero 5 ha richiesto lo sviluppo di un’ampia e complessa letteratura che segna il passaggio dall’impostazione tipica dei modelli non-bayesiani a quelli c.d. bayesiani. L’analisi dei fattori di cui (almeno) ai punti 1, 2 3 richiede invece di impostare l’ana-lisi nella prospettiva dell’equilibrio generale e non parziale. Il Capitolo III approfon-dirà la letteratura sviluppatasi a partire dagli anni ottanta del Novecento in materia di regolamentazione con asimmetria informativa tra governo e impresa/e che scola-sticamente definiamo modelli bayesiani mentre il Capriolo IV riprenderà il tema della definizione ottima dei prezzi in un contesto di analisi dell’efficienza di equili-brio generale.

Page 65: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

188

Bibliografia Capitolo II

Agrell P.J. e Bogetoft P. (2018), Theory, Techniques, and Applications of Regulatory Bench-

marking and Productivity Analysis in The Oxford Handbook of Productivity Analysis, Edited by Emili Grifell-Tatjé, C.A. Knox Lovell, and Robin C. Sickles.

Angelucci M., Estrin S., Konings J. e Zolkiewsk Z. (2001), The Effect of Ownership and

Competitive Pressure on Firm Performance in Transition Countries: Micro Evidence

from Bulgaria, Romania and Poland, CEPR Discussion Papers 2985. Antonioli B. e Filippini M. (2001), The use of a variable cost function in the regulation of

the Italian water industry, Utility Policy, 10(3-4), 181-187. Armstrong M. e Sappington D. (2006), Regulation, Competition and liberalization, Journal

of Economic Literature, XLIV, 325-366. Armstrong M. e Sappington D. (2007), Recent developments in the theory of regulation, in

M. Armstrong e R.H. Porter (a cura di), Handbook of Industrial Organization, Amster-dam North-Holland, 1560-1697.

Armstrong M. e Vickers J. (1991), Welfare effects of price discrimination by a regulated monopolist, The RAND Journal of Economics, 22(4), 571-580.

Armstrong M., Cowan S. e Vickers J. (1994), Regulatory Reform: Economic analysis and

British Experience, MIT Press, Cambridge, MA. Armstrong M., Doyle C. e Vickers J. (1996), The access pricing problem: a synthesis, Jour-

nal of Industrial Economics, 44, 131-150. Arnold J.M., Nicoletti G. e Scarpetta S. (2011), Does Anti-Competitive Regulation Matter

for Productivity? Evidence from European Firms, IZA discussion paper No. 5511, IZA, Bonn.

Averch H. e Johnson L. (1962), Behavior of the Firm under Regulatory Constraint, Ameri-

can Economic Review, 52(5): 1052-69. Bailey E. e Malone J. (1970), Resources allocation and the regulated firm, Bell Journal of

Economics and Management Science, 1, 129-142. Baumol W. (1999), Having your care: how to preserve universal-service cross subsidies

while facilitating competitive entry, Yale Journal Of Economics, 16(1), 131-150. Baumol W. e Sidak J. (1994a), The price of input sold to competitors, Yale journal of eco-

nomics, 11, 171-102. Baumol W. e. Sidak J. (1994b), Towards competition in local telephony, MIT Press. Baumol W. e Klevorick A. (1970), Input choices and rate of return regulation: an overview

of the discussion, The Bell Journal of Economics and Management Science, 1(2), 162-190.

Baumol W., Panzar J. e. Willig R. (1982), Contestable Markets and the Theory of Industry

Structure. New York, Harcourt Brace Jovanovich. Beesley M. e Littlechild S. (1989), The regulation of privatized monopolies in the United

Kingdom, Rand Journal of Economics, 20(3): 454-472. Best Practices LLC. (2005), Achieving Process Excellence: Benchmarking Productivity

Measurement, http:// www.best-in-class.com/ bestp/ domrep.nsf/products/achieving-

process-excellence-benchmarking-productivity-measurement. Bonbright J. (1961), Principles of Public Utility Rates, Columbia University Press, New

York.

Page 66: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

189

Bös D. (1989), Public Enterprise Economics. Theory And Application, Elsevier Science Pub-lishing Company, Inc. (seconda edizione).

Bradley I. e Price C. (1988), The economic regulation of private industries by price con-straints, The Journal of Industrial Economics, 37(1), 99-106.

Braeutigam R. e Panzar J., (1989), Diversification incentives under “price-based” and “cost-based” regulation”, The RAND Journal of Economics, 20(3), 373-391.

Brennan T. (1989), Regulating by Capping Prices, Journal of Regulatory Economics, 1, pp. 133-147.

Bulckaen F. e Cambini C. (a cura di), (1998), La regolamentazione delle Public Utilities, Edizioni ETS, Pisa.

Cambini C., Regulation: from Theory to Practice, http://turinschool.eu/files/turinschool/

ISS12_Cambini.pdf. Caves D., Christensen L. e Diewert W. (1982), Multilateral Comparisons of Output, Input,

and Productivity Using Superlative Index Numbers. The Economic Journal, 92(365): 73-86.

Cervigni G. e D’Antoni M. (2001), Monopolio naturale, concorrenza e regolamentazione, Carocci Editore, Roma.

Clark J. (1940), Toward a Concept of Workable Competition, The American Economic Re-

view, 30(2): 241-256. Cowan S. (2002), Price-cap regulation, Swedish Economic Policy Review, 9, 169-188. Crafts N., (2006), Regulation and Productivity Performance, Oxford Review of Economic

Policy, 22(2): 186-202. Crew M. e Kleindorfen P. (2000) Regulatory Economics: Twenty Years of Progress?

http://opim.wharton.upenn.edu/risk/downloads/archive/arch292.pdf.

Dylst P., D. Pharm, A. Vulto and S. Simoens (2012), Reference pricing systems in Europe: characteristics and consequences, Generics and Biosimilars Initiative Journal (GaBI Journal), 1 (3-4), 127-31. http://gabi-journal.net/reference-pricing-systems-in-europe-characteristics-and-onse-quences.html Djankov S, La Porta R., Lopez-de-Silanes F. e Shleifer A., (2002), The Regulation of

Entry, Quarterly Journal of Economics, 117: 1-37. Djankov S. e Murell P. (2002), Enterprise restructuring in transition: A quantitative survey,

Journal of Economic Literature, 40: 739-92. Domon K. e Ota K. (2001), Access pricing and market structure, Information economics

and policy, 13(1), 77-93. Doucet J. e Littlechild S. (2006), Negotiated settlements: The development of legal and

economic thinking, Utilities Policy, 14(4): 266-77. Finsiger J. e Vogelsang I. (1985), Strategic management behaviour under reward structures

in a planned economy, Quarterly Journal of Economics, 100. Florio M. (2002), The Great Divestiture, MIT Press. Geddes R. (1992), A historical perspective of electric utility regulation, Cato Review of Busi-

ness & Government Regulation, Winter, 75-82. Guthrie G. (2006), Regulating Infrastructure: The Impact on Risk and Investment, Journal

of Economic Literature, 44(4), 925-972.

Page 67: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

190

Hagerman J., (1990), Regulation by price adjustment, The Rand Journal of Economics, 21, pp. 72-82.

Helm D. (1994), British Utility Regulation: Theory, practice, and reforms, Oxford Review of

Economic Policy, 10(3), 17-39. Iossa E. e Stroffolini F. (2002), Price cap regulation and information acquisition, Interna-

tional Journal of Industrial Organization, 20(7), 1013-1036. Iossa E. e Stroffolini F. (2005), Price cap regulation, revenue sharing and information ac-

quisition, Information Economics and Policy, 17(2), 217-230. Jamasb T., Nillesen P. e Pollitt M. (2003), Strategic Behaviour under Regulation Bench-

marking, DAE Working Paper 312, University of Cambridge, Cambridge. Joskow P. (2007), Regulation of Natural Monopoly, in A. M. Polinsky e S. Shavell (a cura

di) Handbook of Law and Economics, Vol. 2, Elsevier, pp. 1229–1348 Joskow P. e Noll R. (1980), Theory and practice in public regulation: A current over-

view, Conference Paper 64, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA. Kahn A. e Taylor W. (1994), The prices of inputs sold to competitors: a comment, Yale

Journal of Economics, 11, 225-240. Kao T., F.M. Menezes e J. Quiggin (2014), Optimal access regulation with downstream

competition, Journal of Regulatory Economics, 45, pp. 75–95 Kumbahakar S.C. e Hjalmarsoon L. (1998), Relative performance of public and private

ownership under yardstick competition: electricity retail distribution, European Eco-

nomic Review, 42(1), 97-122. Liston C. (1993), Price-Cap regulation, Journal of Regulatory Economics, 5, 25-48. Littlechild S. (1983), Regulation of British Telecommunications’profitability: report to the

Secretary of State, Department of Industry, London. Löb G. e Magat W. (1979), A decentralized method for utility regulation, Journal of Law

and Economics, 93, 399-404. Lyon P.T. (1996), Evaluating the performance of non-bayesian regulatory mechanism, Jour-

nal of Regulatory Economics, 9, 41-60. Machek O. e Hnilica J. (2012), Total Factor Productivity Approach in Competitive and

Regulated World, Procedia – Social and Behavioural Sciences, 57, 223-230. Makholm J. (2007), Elusive Efficiency and the X-Factor in Incentive Regulation: the

Törnqvist v. DEA/Malmquist Dispute, NERA Publications. Marques R.C. (2006), A yardstick competition model for Portugues water and sewage ser-

vice regulation, Utility Policy, 14(3), 174-184. Mitzutani F., Kozumi H. e Matsushima N. (2009), Does Yardstick regulation really work?

Empirical evidence from Japan’s rail industry, Journal of Regulatory Economics, 36, 308-323.

Niemeiera H, V. Kampa, J. Muller (2010), An evaluation of yardstick regulation for Eu-ropean airports, Journal of Air Transport Management, 74-80

Orazem P. e Vodopivec M. (2007), Do Market Pressures Induce Economic Efficiency? The Case of Slovenian Manufacturing, 1994-2001, Southern Economic Journal, 76(2): 553-576.

Pedell B. (2006), Regulatory Risk and the Cost of Capital: Determinants and Implications

for Rate Regulation, Springer, New York. Phillips C. (1993), The Regulation of Public Utilities: Theory and Practice, Public Utilities

Reports, Vienna.

Page 68: Meccanismi di regolazione non Bayesiani VERSIONE E LEARNING … · 2020-04-08 · VERSIONE E LEARNING RIDOTTA tratta da B. Bosco, Lezioni di teoria della regolamentazione, Torino,

191

Poschke M. (2010), The Regulation of Entry and Aggregate Productivity, Economic Journal, 120(549): 1175-200.

Potters J., Rockenbach B., Sadrieh A. e van Damme E. (2004), Collusion under Yardstick competition: an experimental study, International Journal of Industrial Organization, 22, 1017-1038.

Sappington D. (1980), Strategic firm behaviour under a dynamic regulatory adjustment pro-cess, The Bell Journal of Economics, 11, 360-372.

Sappington D. (2005), Regulating service quality: a survey, Journal of Regulatory Econom-

ics, 27:2, 123-154. Sappington D. e Sibley D. (1988), Regulating without cost information: the incremental

surplus subsidy scheme, International Economic Review, 29, 297-306. Sappington D. e Weisman D. (2010), Price cap regulation: what have we earned from 25

years of experience in the telecommunications industry?, Journal of Regulatory Econom-

ics, 38: 227-257. Sawkins J.W. (1995), Yardstick competition in the English and Welsh water industry: Fic-

tion or reality?, Utility Policy, 5(1), 27-36. Schleifer A. (1985), A theory of Yardstick competition. Rand Journal of Economics; 16(3):

319-328. Sibley D. (1989), Asymmetric information, incentives and price cap regulation, The RAND

Journal of Economics, 20(3), 392-404. Sibley D., Doane M. e Williams M. (1999), Having your cake – How to preserve universal

service cross subsidies while facilitating competitive entry. Response, Yale Journal of

Regulation, 16(3), 311-326. Sibley D., Doane M., Williams M. e Tsai S. (2004), Pricing access to a monopoly input,

Journal of Public Economics, 6(4), 541-555. Solomon E. (1970), Alternative Rate or Return Concepts and Their Implications for Utility

Regulation, The Bell Journal of Economics and Management Science, Vol. 1, 65-81. Spann R.M. (1974), Rate of Return Regulation and Efficiency in Production: An Empirical

Test of the Averch-Johnson Thesis, Bell Journal of Economics and Management Science, Vol. 5, 1, 38-52.

Tangeras T.P. (1999), Collusion-proof Yardstick competition, Institute for International Economics Studies Seminar Paper n. 674.

Train K. (1991), Optimal Regulation: The Economic Theory of Natural Monopoly, The MIT Press, Cambridge.

Valdes J.G. (1995), Pinochet’s economists. The Chicago school in Chile, Cambridge Uni-versity Press, Cambridge.

Vogelsang I. (1991), A Non-Bayesian Incentive Mechanism Using Two-Part Tariffs, in M. Einhorn (1991), Price Caps and Incentive Regulation in Telecommunications, Kluwer Academic Press, Norwell (MA), 15-31.

Vogelsang I. (2003), Price regulation of access to telecommunications networks, Journal of

Economic Literature, XLI, 830-862. Vogelsang I. e Finsiger J. (1979), A regulatory adjustment process for optimal pricing by

multi-product monopoly firms, Bell Journal of Economics, 10, 157-171.