caos

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by Jacopo Mazzonelli, 2010

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caos Jacopo Mazzonelli / Gianni Pellegrini

24 aprile / 30 maggio 2010

24th april / 30th may 2010

Casa de Gentili, Sanzeno (TN)

a cura di / curated by

Marco Tomasini

testi critici / critical texts

Daniele Capra, Marco Tomasini

traduzione inglese / english version

Francesca Dal Bosco, Alina Damian

foto / photos

Nadia Baldo

progetto grafi co / graphic project

DEA Adv. Srl

stampa / print

La Reclame

ringraziamenti / thanks to

Silvia Balzan, Fabio Bartolini, Alessandro Branz, Paolo Maria Deanesi, Enrico Lorenz

COMUNE DI SANZENO

PROVINCIA

AUTONOMA DI TRENTO

REGIONE AUTONOMA TRENTINO

ALTO ADIGE

jacopo Mazzonelli

caos

caos Jacopo Mazzonelli / Gianni Pellegrini

24 aprile / 30 maggio 2010

24th april / 30th may 2010

Casa de Gentili, Sanzeno (TN)

a cura di / curated by

Marco Tomasini

testi critici / critical texts

Daniele Capra, Marco Tomasini

traduzione inglese / english version

Francesca Dal Bosco, Alina Damian

foto / photos

Nadia Baldo

progetto grafi co / graphic project

DEA Adv. Srl

stampa / print

La Reclame

ringraziamenti / thanks to

Silvia Balzan, Fabio Bartolini, Alessandro Branz, Paolo Maria Deanesi, Enrico Lorenz

COMUNE DI SANZENO

PROVINCIA

AUTONOMA DI TRENTO

REGIONE AUTONOMA TRENTINO

ALTO ADIGE

jacopo Mazzonelli

caos

L’esposizione di questa mostra in Casa de Gentili appare quanto mai ap-

propriata. Infatti la residenza cinquecentesca, che si erge maestosa nel

mezzo dell’abitato di Sanzeno, con i suoi ampi saloni, gli ambienti ben illu-

minati, gli stucchi e gli affreschi carichi di storia e di richiami al passato, si

presta in modo ineccepibile ad ospitare opere studiate ad hoc per esal-

tarne gli spazi, la luminosità e la bellezza, in una singolare contaminazione

di stili e culture. Non si creda, infatti, che l’arte contemporanea, con la sua

vasta disponibilità di mezzi espressivi, dall’astrazione pittorica alla video-

installazione ambientale stoni al cospetto di una struttura così antica ed

austera. Al contrario: quando l’arte è tale e la proposta intelligente, la

sintonia fra epoche e fasi storiche diverse viene esaltata a testimonianza

dell’universalità e trasversalità temporale del messaggio artistico.

In tal senso Casa de Gentili, per la varietà e ricchezza degli eventi ospitati,

si qualifi ca da tempo come uno dei centri culturali più vivaci della Valle di

Non e ciò nonostante i lavori di allestimento defi nitivo non siano ancora ulti-

mati. E la mostra “Caos”, con le opere di Jacopo Mazzonelli e di Gianni Pel-

legrini volte a stimolare la percezione dello spettatore, valorizzerà in modo

inedito e ulteriore questo percorso, al quale l’amministrazione comunale di

Sanzeno ha dedicato in questi anni tutte le sue energie.

Marcello Bonadiman

Sindaco Comune di Sanzeno

Alessandro Branz

Assessore alla Cultura e Attività Sociali Comune di Sanzeno

Franco Panizza

Assessore alla Cultura Provincia Autonoma di Trento

Margherita Cogo

Assessore agli Enti locali Regione Autonoma Trentino - Alto Adige

Hosting this exhibition in Casa de Gentili is extremely appropriate. In fact,

this 16th century residence, which majestically rises in the middle of Sanze-

no, with its large salons, the well lighted rooms, the stuccoes and the fresco-

es heavy with history and calls to the past, is perfect to host master works

purposefully studied to intensify its spaces, its light and beauty, in a unique

contamination of styles and cultures. One must not believe that contempo-

rary art, with its numerous available expressive means, going from abstract

painting to video-installations, clashes with such an antique and austere

structure. On the contrary: when art is such and the proposal is intelligent,

the harmony between different ages is intensifi ed to prove the universality

and temporal transversality of the artistic message.

Thus, Casa de Gentili, for the variety and the richness of the events that it

hosted, has always qualifi ed as one of the most vivid cultural centres of the

Valle di Non, despite the fact that there is still mounting work in progress.

The exhibition “Chaos”, with the works of Jacopo Mazzonelli and Gianni

Pellegrini, meant to stimulate the spectator’s perception, will enhance in an

original way this course, to which the local administration in Sanzeno has

dedicated all its energies for the past years.

Marcello Bonadiman

Sindaco Comune di Sanzeno

Alessandro Branz

Assessore alla Cultura e Attività Sociali Comune di Sanzeno

Franco Panizza

Assessore alla Cultura Provincia Autonoma di Trento

Margherita Cogo

Assessore agli Enti locali Regione Autonoma Trentino - Alto Adige

L’esposizione di questa mostra in Casa de Gentili appare quanto mai ap-

propriata. Infatti la residenza cinquecentesca, che si erge maestosa nel

mezzo dell’abitato di Sanzeno, con i suoi ampi saloni, gli ambienti ben illu-

minati, gli stucchi e gli affreschi carichi di storia e di richiami al passato, si

presta in modo ineccepibile ad ospitare opere studiate ad hoc per esal-

tarne gli spazi, la luminosità e la bellezza, in una singolare contaminazione

di stili e culture. Non si creda, infatti, che l’arte contemporanea, con la sua

vasta disponibilità di mezzi espressivi, dall’astrazione pittorica alla video-

installazione ambientale stoni al cospetto di una struttura così antica ed

austera. Al contrario: quando l’arte è tale e la proposta intelligente, la

sintonia fra epoche e fasi storiche diverse viene esaltata a testimonianza

dell’universalità e trasversalità temporale del messaggio artistico.

In tal senso Casa de Gentili, per la varietà e ricchezza degli eventi ospitati,

si qualifi ca da tempo come uno dei centri culturali più vivaci della Valle di

Non e ciò nonostante i lavori di allestimento defi nitivo non siano ancora ulti-

mati. E la mostra “Caos”, con le opere di Jacopo Mazzonelli e di Gianni Pel-

legrini volte a stimolare la percezione dello spettatore, valorizzerà in modo

inedito e ulteriore questo percorso, al quale l’amministrazione comunale di

Sanzeno ha dedicato in questi anni tutte le sue energie.

Marcello Bonadiman

Sindaco Comune di Sanzeno

Alessandro Branz

Assessore alla Cultura e Attività Sociali Comune di Sanzeno

Franco Panizza

Assessore alla Cultura Provincia Autonoma di Trento

Margherita Cogo

Assessore agli Enti locali Regione Autonoma Trentino - Alto Adige

Hosting this exhibition in Casa de Gentili is extremely appropriate. In fact,

this 16th century residence, which majestically rises in the middle of Sanze-

no, with its large salons, the well lighted rooms, the stuccoes and the fresco-

es heavy with history and calls to the past, is perfect to host master works

purposefully studied to intensify its spaces, its light and beauty, in a unique

contamination of styles and cultures. One must not believe that contempo-

rary art, with its numerous available expressive means, going from abstract

painting to video-installations, clashes with such an antique and austere

structure. On the contrary: when art is such and the proposal is intelligent,

the harmony between different ages is intensifi ed to prove the universality

and temporal transversality of the artistic message.

Thus, Casa de Gentili, for the variety and the richness of the events that it

hosted, has always qualifi ed as one of the most vivid cultural centres of the

Valle di Non, despite the fact that there is still mounting work in progress.

The exhibition “Chaos”, with the works of Jacopo Mazzonelli and Gianni

Pellegrini, meant to stimulate the spectator’s perception, will enhance in an

original way this course, to which the local administration in Sanzeno has

dedicated all its energies for the past years.

Marcello Bonadiman

Sindaco Comune di Sanzeno

Alessandro Branz

Assessore alla Cultura e Attività Sociali Comune di Sanzeno

Franco Panizza

Assessore alla Cultura Provincia Autonoma di Trento

Margherita Cogo

Assessore agli Enti locali Regione Autonoma Trentino - Alto Adige

(ri)partire dal caosMarco Tomasini

“Il caos”, nota Heidegger, “è qualcosa di assolutamente diverso da un

qualsivoglia disordine nel campo delle percezioni sensoriali e forse neppu-

re disordine: è il nome per indicare il corpo che vive, la vita come vivente

in grande”; come “ latenza della insoggiogabile ricchezza del divenire e

dello scorrere del mondo nella sua totalità”. Disordine e ordine convivono

quindi in un rapporto di intima necessità tanto da regolare, in una suc-

cessione di eventi solo apparentemente casuali, la nostra intera esistenza.

Situazioni caotiche, come l’elementare espressività di un rumore o di un

gesto impulsivo tradotto su una tela in segno possono tramutarsi in un qual-

cosa di regolato e organizzato, risultanti sonore e visive che si esplicitano

attraverso l’arte. Titolare una mostra “caos” implica quindi un’incessante

sfasamento percettivo da parte dell’osservatore; è un mettere alla prova

le sue capacità sensoriali, rompere le sue certezze percettive, creargli delle

domande e allo stesso tempo renderlo consapevole di come da elementi

quotidiani visivi e sonori si possano generare dei cortocircuiti che introdu-

cono a una zona metafi sica e mentale. La mostra Caos è tale anche per-

ché pone a confronto due artisti di generazioni diverse, due percorsi stilistici

differenti, due poli energetici che alimentano e condizionano lo spazio in

cui operano. Non l’asettico “white cube” di una galleria: ambienti bianchi

e anonimi da riempire.

Jacopo Mazzonelli e Gianni Pellegrini si sono misurati con la storia, con le

sale di un palazzo che risale alla seconda metà del Cinquecento. Un caos

temporale, in cui passato e presente, arte antica e contemporanea risal-

tano l’una con l’altra. È un fascino importante quello di Casa de Gentili di

Sanzeno: una classicità un po’ rurale, dove affreschi e stucchi decorano

con eleganza un secondo piano fatto di stanze comunicanti e antichi pa-

vimenti in legno. I due artisti l’hanno capito da subito: uno spazio così va

rispettato, non va sminuito della sua portata storica, bisogna dialogarci,

propagare in quelle sale, attraverso il poliedrico mezzo dell’arte contem-

poranea, una corrente d’aria diversa, vitale. Inevitabili sono i contrasti vi-

sivi e sonori che si vengono a creare, come inevitabile è d’altronde quel

baratro temporale che divide quell’architettura cinquecentesca dai lavori

dei due artisti trentini. Ma quando si lavora con le idee e le si realizza in un

modo o nell’altro il tempo, anziché frazionare la realtà, diventa complice

assieme allo spettatore di un’avvincente esperienza estetica.

(re)starting from chaosMarco Tomasini

“Chaos”, Heidegger writes, “is something completely different from any di-

sorder in the fi eld of sensorial perceptions and maybe not even disorder:

it represents a name by which we indicate a body that is alive, life as a

high living”; as “latency of the subdued richness of the becoming and of

the fl owing of the world as a whole”. Disorder and order cohabit therefore

in a relationship of intimate necessity such as to regulate, in a succession

of events which are only apparently casual, our entire existence. Chao-

tic situations, such as the elementary expressiveness of a sound or of an

impulsive gesture translated into a sign onto a canvas can change into

something regular and organized, sonorous and visual results that beco-

me explicit though art. Entitling an exhibition “chaos” implies therefore a

never-ending confused perception on behalf of the observer; it is about

testing his/her sensorial capacities , breaking his/her perceptive certainties,

creating questions and at the same time making him/her aware of how

everyday sonorous and visual elements can generate short circuits that

lead to a metaphysical and mental zone. The exhibition Chaos does this

also because it compares two artists belonging to different generations,

two different stylistic courses, two energetic poles that fi ll and condition the

space in which they operate. We are not talking about the aseptic “white

cube” of a gallery: white and anonymous environments to fi ll.

Jacopo Mazzonelli and Gianni Pellegrini have measured themselves against

history, against the rooms of a palace that goes back to the second half of

the 16th Century. A temporal chaos, in which past and present, antique art

and contemporary art emphasize one another. That of the Casa de Gentili

in Sanzeno is an important charm: a slightly rural classicism, where frescoes

and stuccoes elegantly decorate a second fl oor made of communicating

rooms and old wood pavements. The two artists have understood this im-

mediately: such a space requires to be respected, it cannot be diminished

or deprived of its historical importance; one has to communicate with such

an environment, spread in its rooms, by means of the polyhedral instrument

of contemporary art, a new, vital breath. Visual and sonorous contrasts are

inevitable, as is, on the other side, the temporal abyss which separates that

16th century architecture from the master works of the two artists from the

Trentino. But when one works with ideas, and transforms them into reality

in one way or another, time, instead of fractioning reality, becomes an ac-

complice, together with the spectator, of a fascinating esthetic experience.

(ri)partire dal caosMarco Tomasini

“Il caos”, nota Heidegger, “è qualcosa di assolutamente diverso da un

qualsivoglia disordine nel campo delle percezioni sensoriali e forse neppu-

re disordine: è il nome per indicare il corpo che vive, la vita come vivente

in grande”; come “ latenza della insoggiogabile ricchezza del divenire e

dello scorrere del mondo nella sua totalità”. Disordine e ordine convivono

quindi in un rapporto di intima necessità tanto da regolare, in una suc-

cessione di eventi solo apparentemente casuali, la nostra intera esistenza.

Situazioni caotiche, come l’elementare espressività di un rumore o di un

gesto impulsivo tradotto su una tela in segno possono tramutarsi in un qual-

cosa di regolato e organizzato, risultanti sonore e visive che si esplicitano

attraverso l’arte. Titolare una mostra “caos” implica quindi un’incessante

sfasamento percettivo da parte dell’osservatore; è un mettere alla prova

le sue capacità sensoriali, rompere le sue certezze percettive, creargli delle

domande e allo stesso tempo renderlo consapevole di come da elementi

quotidiani visivi e sonori si possano generare dei cortocircuiti che introdu-

cono a una zona metafi sica e mentale. La mostra Caos è tale anche per-

ché pone a confronto due artisti di generazioni diverse, due percorsi stilistici

differenti, due poli energetici che alimentano e condizionano lo spazio in

cui operano. Non l’asettico “white cube” di una galleria: ambienti bianchi

e anonimi da riempire.

Jacopo Mazzonelli e Gianni Pellegrini si sono misurati con la storia, con le

sale di un palazzo che risale alla seconda metà del Cinquecento. Un caos

temporale, in cui passato e presente, arte antica e contemporanea risal-

tano l’una con l’altra. È un fascino importante quello di Casa de Gentili di

Sanzeno: una classicità un po’ rurale, dove affreschi e stucchi decorano

con eleganza un secondo piano fatto di stanze comunicanti e antichi pa-

vimenti in legno. I due artisti l’hanno capito da subito: uno spazio così va

rispettato, non va sminuito della sua portata storica, bisogna dialogarci,

propagare in quelle sale, attraverso il poliedrico mezzo dell’arte contem-

poranea, una corrente d’aria diversa, vitale. Inevitabili sono i contrasti vi-

sivi e sonori che si vengono a creare, come inevitabile è d’altronde quel

baratro temporale che divide quell’architettura cinquecentesca dai lavori

dei due artisti trentini. Ma quando si lavora con le idee e le si realizza in un

modo o nell’altro il tempo, anziché frazionare la realtà, diventa complice

assieme allo spettatore di un’avvincente esperienza estetica.

(re)starting from chaosMarco Tomasini

“Chaos”, Heidegger writes, “is something completely different from any di-

sorder in the fi eld of sensorial perceptions and maybe not even disorder:

it represents a name by which we indicate a body that is alive, life as a

high living”; as “latency of the subdued richness of the becoming and of

the fl owing of the world as a whole”. Disorder and order cohabit therefore

in a relationship of intimate necessity such as to regulate, in a succession

of events which are only apparently casual, our entire existence. Chao-

tic situations, such as the elementary expressiveness of a sound or of an

impulsive gesture translated into a sign onto a canvas can change into

something regular and organized, sonorous and visual results that beco-

me explicit though art. Entitling an exhibition “chaos” implies therefore a

never-ending confused perception on behalf of the observer; it is about

testing his/her sensorial capacities , breaking his/her perceptive certainties,

creating questions and at the same time making him/her aware of how

everyday sonorous and visual elements can generate short circuits that

lead to a metaphysical and mental zone. The exhibition Chaos does this

also because it compares two artists belonging to different generations,

two different stylistic courses, two energetic poles that fi ll and condition the

space in which they operate. We are not talking about the aseptic “white

cube” of a gallery: white and anonymous environments to fi ll.

Jacopo Mazzonelli and Gianni Pellegrini have measured themselves against

history, against the rooms of a palace that goes back to the second half of

the 16th Century. A temporal chaos, in which past and present, antique art

and contemporary art emphasize one another. That of the Casa de Gentili

in Sanzeno is an important charm: a slightly rural classicism, where frescoes

and stuccoes elegantly decorate a second fl oor made of communicating

rooms and old wood pavements. The two artists have understood this im-

mediately: such a space requires to be respected, it cannot be diminished

or deprived of its historical importance; one has to communicate with such

an environment, spread in its rooms, by means of the polyhedral instrument

of contemporary art, a new, vital breath. Visual and sonorous contrasts are

inevitable, as is, on the other side, the temporal abyss which separates that

16th century architecture from the master works of the two artists from the

Trentino. But when one works with ideas, and transforms them into reality

in one way or another, time, instead of fractioning reality, becomes an ac-

complice, together with the spectator, of a fascinating esthetic experience.

un pensiero che fa rumoredaniele capra

Il pensiero non è la riproduzione intellettuale di ciò che co-

munque esiste. Finchè non si interrompe, il pensiero ha salda

presa sul possibile. Il suo carattere incontentabile e la sua indi-

sponibilità a farsi soddisfare rapidamente e facilmente respin-

gono la saggezza stolta costituita dalla rassegnazione. […] Il

pensiero aperto punta oltre se stesso1.

La capacità di generare nuove forme in campo della musica d’arte (quel-

la che erroneamente viene categorizzata “classica”) sembra completa-

mente essersi sopita dopo la sbornia delle avanguardie del Novecento.

In maniera particolare nemmeno le grandi sperimentazioni degli anni

Cinquanta-Sessanta e l’aleatorietà hanno nel complesso cancellato quel-

le modalità compositive che si sono cristallizzate tra Settecento ed Otto-

cento. Gli schemi strutturali su cui è modellata la musica sono cioè rimasti

nel complesso ineludibili, sia che vengano adottati che, per contrarium, si

decida programmaticamente di non prenderli in considerazione. In uno

sperimentalismo esasperato, seppure attraente nella sua intima fragilità,

si sono cancellate – senza apparente opportunità alcuna di ritorno – le

possibilità di sviluppare nuovi codici. Inevitabilmente al grande sferragliare

di menti e concetti non è seguito un puntuale riscontro nella realtà, con

l’effetto che la musica contemporanea di ricerca langue in diffi coltà, e,

ahinoi, con il respiro troppo corto. Ma soprattutto molte persone che hanno

ricevuto una formazione musicale hanno rivolto la loro attenzione altrove, in

maniera particolare all’arte, dove hanno trovato possibilità creative prima

sconosciute. È quello che, ad esempio, è capitato presso il Black Mountain

College a John Cage, il quale dopo le esperienze di musica seriale ha

gettato gli occhi altrove, in un terreno liminare di confi ne tra arte performa-

tiva e musica. Ed è quello che, in forma assolutamente diversa nella sostan-

za ma simile nella modalità, è capitato a Jacopo Mazzonelli.

L’artista trentino infatti ha ricevuto una formazione musicale fortissima, ma è

impossibile non rilevare come stia portando altrove il suo campo d’indagine.

La circonferenza prodotta dal sasso gettato nello stagno lo sta infatti

traghettando in un contesto differente, mentre lui sta vivendo il fecondo

momento transitorio in cui la sperimentazione avviene in ogni direzione e

non è soffocata dalla sicurezza del mestiere, come testimoniano le opere

ibride (o meglio sarebbe dire anfi bie) pensate e realizzate per Caos, che

sono collocate in un contesto – come Casa De Gentili di Sanzeno – fortemente

caratterizzato dalle sedimentazioni della storia.

a sound-making thought daniele capra

Thinking is not the intellectual reproduction of what already

exists anyway. As long as it doesn’t break off, thinking has a

secure hold on possibility. Its insatiable aspect, its aversion to

being quickly and easily satisfi ed, refuses the foolish wisdom of

resignation. [. . .] Open thinking points beyond itself1.

The capacity of generating new forms in the fi eld of artistic music (the one

we by mistake call “classical music”) seems to have fallen asleep after the

drinking binge of the avant-garde movements of the 20th century. Particularly,

not even the great experimentations of the Fifties and the Sixties and the

randomness have managed on the whole to cancel those compositional

modalities which crystallized between the 18th and the 19th century.

The structural patterns on which music models itself have, that is, remained

unavoidable, both whether adopted and, per contrarium, whether it was

systematically decided against considering them. In a sort of exasperated

experimentation, though fascinating in its intimate fragility, the possibilities

of developing new codes have been cancelled – without any apparent

way back. Inevitably, the great rattle of minds and concepts has not been

followed by a punctual concrete realization, with the result that research

contemporary music languishes in pain and has, alas, too short a breath.

But, especially many people who have received a musical training have

turned their attention to something else, particularly to art, where they have

found creative opportunities that were unknown in the fi rst place. It is what

happened, for example, to John Cage in the Black Mountain College, who

after having experienced serial music glanced somewhere else, in a border

place in between performance art and music. And it is what happened

to Jacopo Mazzonelli, in a completely different form as far as substance is

concerned, but very similar as modality.

In fact, this artist from the Trentino has received an extremely important

musical training, but it is impossible not to notice how he has taken his research

onto a different fi eld. The circles produced by the stone thrown into the lake

are in fact pulling him towards a different context, while he is living the fertile

transitory moment in which experimentation happens in every direction and

is not suffocated by the self confi dence of one’s art, as demonstrate the

hybrid (or should we say amphibious) works planned and realized for Caos

(chaos), which are placed against a background – like the Casa de Gentili in

Sanzeno – that is strongly characterized by historical sedimentations.

un pensiero che fa rumoredaniele capra

Il pensiero non è la riproduzione intellettuale di ciò che co-

munque esiste. Finchè non si interrompe, il pensiero ha salda

presa sul possibile. Il suo carattere incontentabile e la sua indi-

sponibilità a farsi soddisfare rapidamente e facilmente respin-

gono la saggezza stolta costituita dalla rassegnazione. […] Il

pensiero aperto punta oltre se stesso1.

La capacità di generare nuove forme in campo della musica d’arte (quel-

la che erroneamente viene categorizzata “classica”) sembra completa-

mente essersi sopita dopo la sbornia delle avanguardie del Novecento.

In maniera particolare nemmeno le grandi sperimentazioni degli anni

Cinquanta-Sessanta e l’aleatorietà hanno nel complesso cancellato quel-

le modalità compositive che si sono cristallizzate tra Settecento ed Otto-

cento. Gli schemi strutturali su cui è modellata la musica sono cioè rimasti

nel complesso ineludibili, sia che vengano adottati che, per contrarium, si

decida programmaticamente di non prenderli in considerazione. In uno

sperimentalismo esasperato, seppure attraente nella sua intima fragilità,

si sono cancellate – senza apparente opportunità alcuna di ritorno – le

possibilità di sviluppare nuovi codici. Inevitabilmente al grande sferragliare

di menti e concetti non è seguito un puntuale riscontro nella realtà, con

l’effetto che la musica contemporanea di ricerca langue in diffi coltà, e,

ahinoi, con il respiro troppo corto. Ma soprattutto molte persone che hanno

ricevuto una formazione musicale hanno rivolto la loro attenzione altrove, in

maniera particolare all’arte, dove hanno trovato possibilità creative prima

sconosciute. È quello che, ad esempio, è capitato presso il Black Mountain

College a John Cage, il quale dopo le esperienze di musica seriale ha

gettato gli occhi altrove, in un terreno liminare di confi ne tra arte performa-

tiva e musica. Ed è quello che, in forma assolutamente diversa nella sostan-

za ma simile nella modalità, è capitato a Jacopo Mazzonelli.

L’artista trentino infatti ha ricevuto una formazione musicale fortissima, ma è

impossibile non rilevare come stia portando altrove il suo campo d’indagine.

La circonferenza prodotta dal sasso gettato nello stagno lo sta infatti

traghettando in un contesto differente, mentre lui sta vivendo il fecondo

momento transitorio in cui la sperimentazione avviene in ogni direzione e

non è soffocata dalla sicurezza del mestiere, come testimoniano le opere

ibride (o meglio sarebbe dire anfi bie) pensate e realizzate per Caos, che

sono collocate in un contesto – come Casa De Gentili di Sanzeno – fortemente

caratterizzato dalle sedimentazioni della storia.

a sound-making thought daniele capra

Thinking is not the intellectual reproduction of what already

exists anyway. As long as it doesn’t break off, thinking has a

secure hold on possibility. Its insatiable aspect, its aversion to

being quickly and easily satisfi ed, refuses the foolish wisdom of

resignation. [. . .] Open thinking points beyond itself1.

The capacity of generating new forms in the fi eld of artistic music (the one

we by mistake call “classical music”) seems to have fallen asleep after the

drinking binge of the avant-garde movements of the 20th century. Particularly,

not even the great experimentations of the Fifties and the Sixties and the

randomness have managed on the whole to cancel those compositional

modalities which crystallized between the 18th and the 19th century.

The structural patterns on which music models itself have, that is, remained

unavoidable, both whether adopted and, per contrarium, whether it was

systematically decided against considering them. In a sort of exasperated

experimentation, though fascinating in its intimate fragility, the possibilities

of developing new codes have been cancelled – without any apparent

way back. Inevitably, the great rattle of minds and concepts has not been

followed by a punctual concrete realization, with the result that research

contemporary music languishes in pain and has, alas, too short a breath.

But, especially many people who have received a musical training have

turned their attention to something else, particularly to art, where they have

found creative opportunities that were unknown in the fi rst place. It is what

happened, for example, to John Cage in the Black Mountain College, who

after having experienced serial music glanced somewhere else, in a border

place in between performance art and music. And it is what happened

to Jacopo Mazzonelli, in a completely different form as far as substance is

concerned, but very similar as modality.

In fact, this artist from the Trentino has received an extremely important

musical training, but it is impossible not to notice how he has taken his research

onto a different fi eld. The circles produced by the stone thrown into the lake

are in fact pulling him towards a different context, while he is living the fertile

transitory moment in which experimentation happens in every direction and

is not suffocated by the self confi dence of one’s art, as demonstrate the

hybrid (or should we say amphibious) works planned and realized for Caos

(chaos), which are placed against a background – like the Casa de Gentili in

Sanzeno – that is strongly characterized by historical sedimentations.

Un rumore cadenzato, un rintocco sordo e soffocato di una campana o

qualche strumento simile. Ogni due secondi un tonfo lugubre, come di una

persona che cade dalla sedia colpita improvvisamente da un infarto: un

suono che potrebbe stare in uno dei Racconti del mistero di Edgard Allan

Poe o tra il vuoto spinto di Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni.

È accolto da questa fastidiosa presenza sonora l’osservatore che sale le

scale della residenza trentina in cui è allestito Organico di Mazzonelli. Ma

non è uno speaker a diffondere l’improbabile tappeto sonoro bensì una

carcassa sventrata di pianoforte, collocata dietro una ringhiera. Lo stru-

mento ha solo la cordiera, essendo stata completamente rimossa la parte

anteriore, mentre dietro c’è evidentemente un meccanismo che lo per-

cuote sulle assi di legno della cassa armonica. Una lampadina, fi oca,

collocata di fronte alle corde, illumina chi guarda e talvolta dà l’impres-

sione di scuotersi leggermente ad ogni colpo, e viene voglia di andare a

vedere cosa ci sia dietro, nascosto agli occhi. Il dispositivo che gene-

ra il rumore è semplice: un motorino elettrico alimentato da un batteria

da auto trasforma l’andamento circolare nel movimento percussivo di un

martello. Al botto sordo sul legno si aggiungono gli armonici delle corde

libere, ma è quasi impossibile scomporre i due componenti, tanto l’uno si

innesta e si fonde nell’altro. È una meccanica lo-fi , da hobbysta della

domenica, senza alcuna apparente raffi natezza formale. Un bicchiere

illuminato e contente un liquido giallo vibra anch’esso in concomitanza

dei rintocchi.

L’intervento lascia interdetti, sembra un lavoro sulle potenzialità ambientali

del suono, quasi uno sfogo onanistico delle capacità sonore del vecchio

pianoforte. In realtà invece è solo – per dirla con un linguaggio musicale –

la fi ne dell’esposizione con l’enunciazione dei temi, ossia la prima sezione

della forma sonata in cui vengono presentate tutte le potenzialità

espressive, sonore, melodiche e ritmiche che possono abitare dentro delle

idee musicali.

Segue la seconda parte (quella che pomposamente viene defi nita

elaborazione) che, invece, è nascosta e si può capire solo a ritroso, mentre

lo spettatore è buttato, dopo un corridoio, in medias res dentro la terza ed

ultima sezione.

La terza parte (la ripresa) è cartesiana: tre stanze affi ancate in ognuna

delle quali è montato un monitor su cui viene trasmesso un dettaglio degli

elementi in movimento del piano, che si scopre ora, sono fi lmati da una

telecamera. I due monitor laterali mostrano gli effetti della vibrazione

nell’inquadratura del bicchiere, e quello centrale mostra una porzione

dell’elemento percussivo con un contacolpi che enumera i battiti.

È evidente la simbologia dei canali destro e sinistro con le orecchie, mentre

il centrale è evidentemente metafora cerebrale.

Vista nelle sua totalità, è così possibile cogliere il valore della seconda

parte, in cui le immagini vengono elaborate e trasmesse, benché in forma

nascosta: non è possibile percepire nessuna connessione se non nel

A rhythmic sound, a dull and suffocated toll made by a bell or by a similar

instrument. Every two seconds a sombre thud, like the sound made by a

person falling off a chair because suddenly struck by a heart attack: a

sound that could belong to one of Edgar Allen Poe’s Tales of Mystery or to

the risky emptiness in Michelangelo Antonioni’s Zabriskie Point.

The spectator going up the staircase of this residence in the Trentino which

hosts Mazzonelli’s Organico is welcome by this nasty sonorous presence. But

this unlikely noise is not delivered by an announcer but by the disemboweled

wreck of a piano, placed beyond a banister. The instrument only has its cast

iron plate left, since the front part has been completely removed, while at

the back there obviously is a mechanism that beats the wooden ribs of

the harmonic soundboard. A dim light bulb, placed in front of the chords,

illuminates the spectator and sometimes gives the impression of trembling

slightly with every beat, and one has the urge to see what stands behind,

hidden from sight. The sound-producing device is simple: a small electrical

engine supplied by a car battery transforms the circular movement into

the beat-action of a hammer. The dull thud on wood is followed by the

harmonic sounds of the free chords, but it is almost impossible to separate

the two elements, since they connect and melt completely. It is an example

of lo-fi , the Sunday-hobby type, without any apparent formal refi nement.

An illuminated glass full of a yellow liquid vibrates at the sound of the tolls

as well.

The intervention leaves us dumbfounded, it looks like a work on the

environmental potentials of the sound, almost an onanistic vent of the

sonorous capacities of the old piano. Actually, it is merely – putting it down

in musical terms – the end of the exposition with the enunciation of the

thematic material, that is the fi rst section of the sonata form in which all the

expressive, sonorous, melodic and rhythmic potentialities which can inhabit

musical ideas are presented.

There follows the second part (the one we pompously defi ne development)

which is actually hidden and can be understood only backwards, while the

spectator is launched, after a hall, into the medias res in the third and last

section.

The third part (the recapitulation) is Cartesian: three rooms one after

another, and in each of them there is a monitor on which one can see

a detail of the moving elements of the piano which, one discovers at the

moment, are fi lmed by a video camera. The two side monitors show the

effects of the vibration in the shot of the glass, while the central one shows

a piece of the percussion element with a timer which counts the beats.

The symbolic correspondence of the right and left canals to the ears is

undeniable, while the central one is an obvious metaphor of the brain.

Contemplating it on the whole, one can thus seize the importance of the

second part, in which images are elaborated and broadcast, although in

a hidden form: it is impossible to understand there is a connection, except

for the sound that binds and synchronizes the mute video with the sound of

Un rumore cadenzato, un rintocco sordo e soffocato di una campana o

qualche strumento simile. Ogni due secondi un tonfo lugubre, come di una

persona che cade dalla sedia colpita improvvisamente da un infarto: un

suono che potrebbe stare in uno dei Racconti del mistero di Edgard Allan

Poe o tra il vuoto spinto di Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni.

È accolto da questa fastidiosa presenza sonora l’osservatore che sale le

scale della residenza trentina in cui è allestito Organico di Mazzonelli. Ma

non è uno speaker a diffondere l’improbabile tappeto sonoro bensì una

carcassa sventrata di pianoforte, collocata dietro una ringhiera. Lo stru-

mento ha solo la cordiera, essendo stata completamente rimossa la parte

anteriore, mentre dietro c’è evidentemente un meccanismo che lo per-

cuote sulle assi di legno della cassa armonica. Una lampadina, fi oca,

collocata di fronte alle corde, illumina chi guarda e talvolta dà l’impres-

sione di scuotersi leggermente ad ogni colpo, e viene voglia di andare a

vedere cosa ci sia dietro, nascosto agli occhi. Il dispositivo che gene-

ra il rumore è semplice: un motorino elettrico alimentato da un batteria

da auto trasforma l’andamento circolare nel movimento percussivo di un

martello. Al botto sordo sul legno si aggiungono gli armonici delle corde

libere, ma è quasi impossibile scomporre i due componenti, tanto l’uno si

innesta e si fonde nell’altro. È una meccanica lo-fi , da hobbysta della

domenica, senza alcuna apparente raffi natezza formale. Un bicchiere

illuminato e contente un liquido giallo vibra anch’esso in concomitanza

dei rintocchi.

L’intervento lascia interdetti, sembra un lavoro sulle potenzialità ambientali

del suono, quasi uno sfogo onanistico delle capacità sonore del vecchio

pianoforte. In realtà invece è solo – per dirla con un linguaggio musicale –

la fi ne dell’esposizione con l’enunciazione dei temi, ossia la prima sezione

della forma sonata in cui vengono presentate tutte le potenzialità

espressive, sonore, melodiche e ritmiche che possono abitare dentro delle

idee musicali.

Segue la seconda parte (quella che pomposamente viene defi nita

elaborazione) che, invece, è nascosta e si può capire solo a ritroso, mentre

lo spettatore è buttato, dopo un corridoio, in medias res dentro la terza ed

ultima sezione.

La terza parte (la ripresa) è cartesiana: tre stanze affi ancate in ognuna

delle quali è montato un monitor su cui viene trasmesso un dettaglio degli

elementi in movimento del piano, che si scopre ora, sono fi lmati da una

telecamera. I due monitor laterali mostrano gli effetti della vibrazione

nell’inquadratura del bicchiere, e quello centrale mostra una porzione

dell’elemento percussivo con un contacolpi che enumera i battiti.

È evidente la simbologia dei canali destro e sinistro con le orecchie, mentre

il centrale è evidentemente metafora cerebrale.

Vista nelle sua totalità, è così possibile cogliere il valore della seconda

parte, in cui le immagini vengono elaborate e trasmesse, benché in forma

nascosta: non è possibile percepire nessuna connessione se non nel

A rhythmic sound, a dull and suffocated toll made by a bell or by a similar

instrument. Every two seconds a sombre thud, like the sound made by a

person falling off a chair because suddenly struck by a heart attack: a

sound that could belong to one of Edgar Allen Poe’s Tales of Mystery or to

the risky emptiness in Michelangelo Antonioni’s Zabriskie Point.

The spectator going up the staircase of this residence in the Trentino which

hosts Mazzonelli’s Organico is welcome by this nasty sonorous presence. But

this unlikely noise is not delivered by an announcer but by the disemboweled

wreck of a piano, placed beyond a banister. The instrument only has its cast

iron plate left, since the front part has been completely removed, while at

the back there obviously is a mechanism that beats the wooden ribs of

the harmonic soundboard. A dim light bulb, placed in front of the chords,

illuminates the spectator and sometimes gives the impression of trembling

slightly with every beat, and one has the urge to see what stands behind,

hidden from sight. The sound-producing device is simple: a small electrical

engine supplied by a car battery transforms the circular movement into

the beat-action of a hammer. The dull thud on wood is followed by the

harmonic sounds of the free chords, but it is almost impossible to separate

the two elements, since they connect and melt completely. It is an example

of lo-fi , the Sunday-hobby type, without any apparent formal refi nement.

An illuminated glass full of a yellow liquid vibrates at the sound of the tolls

as well.

The intervention leaves us dumbfounded, it looks like a work on the

environmental potentials of the sound, almost an onanistic vent of the

sonorous capacities of the old piano. Actually, it is merely – putting it down

in musical terms – the end of the exposition with the enunciation of the

thematic material, that is the fi rst section of the sonata form in which all the

expressive, sonorous, melodic and rhythmic potentialities which can inhabit

musical ideas are presented.

There follows the second part (the one we pompously defi ne development)

which is actually hidden and can be understood only backwards, while the

spectator is launched, after a hall, into the medias res in the third and last

section.

The third part (the recapitulation) is Cartesian: three rooms one after

another, and in each of them there is a monitor on which one can see

a detail of the moving elements of the piano which, one discovers at the

moment, are fi lmed by a video camera. The two side monitors show the

effects of the vibration in the shot of the glass, while the central one shows

a piece of the percussion element with a timer which counts the beats.

The symbolic correspondence of the right and left canals to the ears is

undeniable, while the central one is an obvious metaphor of the brain.

Contemplating it on the whole, one can thus seize the importance of the

second part, in which images are elaborated and broadcast, although in

a hidden form: it is impossible to understand there is a connection, except

for the sound that binds and synchronizes the mute video with the sound of

suono che unisce e sincronizza il video muto con il suono del pianoforte.

Suono che, alla lunga, diventa un’ossessione, se ascoltato attentamente:

l’unica via di fuga è quella che il nostro cervello lo equalizzi sotto il livello

di attenzione.

Mazzonelli ama infatti sfi dare l’osservatore in maniera sibillina (l’annuncio

attraverso la curiosità del suono), ama spiazzarlo (inscenando un delitto

che non è), condurlo altrove (rivelando la verità) per poi far pesare

l’ossessione della ricerca (l’elemento ansiogeno del rumore reiterato).

Ed è consapevole, in questo gaddiano groviglio alla ricerca della verità,

di sferrare dei colpi micidiali.

Words è un’opera parlante. Un’opera che è in senso lato sinestetica, che

mischia le carte visive, audio e concettuali. È costituita da un semplice paio

di occhiali rotondi in fi lo metallico, con due piccoli altoparlanti al posto

delle lenti. In loop una voce scandisce un cortissimo elemento dialogico

tratto da un’intervista. Domanda: “In generale lei diffi da delle parole?”.

Risposta “Certo, non accetto le parole se non nella loro accezione poetica:

cioè il loro suono, la loro musica, senza nessun rapporto con il loro senso”.

Frase piacevolmente condivisibile nella sua decadente sottigliezza, se non

contenesse lo stesso ambiguo grado di verità delle note affermazioni di

Epimenide sui compaesani di Creta: ha cioè il difetto di predicare qualcosa

riguardo a sé stessa, mostrando la paradossale aporia a cui possono

condurre le parole. E ovviamente il più ludico e sottile degli artisti concettuali

– Duchamp, era lui ad aver rilasciato l’intervista – lo sapeva benissimo.

Uno degli elementi di interesse di Words è la sua natura estremamente

contraddittoria, tra essere strutturalmente fragile, minimale, e nel contempo

sviluppare una rifl essione potente sul senso del linguaggio. Utilizzare le

parole solo “nella loro accezione poetica”, in senso cioè esclusivamente

connotativo, signifi ca sostanzialmente decretarne la loro inutilità, la

loro incapacità a descrivere e predicare il mondo: se spingiamo sul

pedale dell’acceleratore nel considerare la loro bellezza esterna, quella

percettiva, arriveremo a celebrarne l’intimo funerale. Nel momento infatti

in cui cioè la parola è usata solo per le sue proprietà sonore essa stessa

smarrisce il suo senso, perde il motore primo che sostiene la sua necessità

di esistere. Se la procedura enunciata da Duchamp fosse condotta fi no in

fondo arriveremmo quindi alla spassosa (e farsesca) condizione di poesia

metasemantica, in maniera non dissimile da quella teorizzata da Fosco

Maraini2 che trova uno dei massimi esiti ne Il lonfo.

Words è allestita sopra svariate risme impilate di carta bianca, riferimento

evidente alla parola che perde la propria capacità di dire nero su bianco,

di defi nire in forma univoca. L’estetica è minimalista, mentre il volume

della traccia sonora, piuttosto basso, costringe l’osservatore ad accostare

l’orecchio, anche se la tentazione più grande è quella paradossale di

indossarli – ridicolo nel ridicolo – per sentire forte e chiaro quello che il

vecchio e saggio Marcel aveva immaginato.

the piano. A sound that in the long run becomes an obsession, if listened to

carefully: the only escape is for our brain to equalize it under the attention

level.

Mazzonelli loves, in fact, to challenge the spectator in a sybilic manner (the

announcement made by means of a curious sound), to shock him/her

(by means of a crime that does not exist), to lead him/her somewhere else

(by revealing the truth) in order to eventually emphasize the obsession for

the quest (the reiterated sound that causes anxiety). And he is aware, in

this gaddian tangle while looking for comprehension, that he infl icts some

mortal blows.

Words is a speaking art work. It is, broadly speaking, a synaesthetics art

work, where visual, audio and conceptual elements are mingled together.

It composed just by a pair of plain round glasses made of wire, where the

lens are replaced by two loudspeakers. A voice articulates a very short

piece of a dialogue from an interview. Question: “ Do you generally distrust

words?” “ Of course, I do not accept words, but only in their poetic use:

their sound, music, with no relation to their meaning”. It is a sharp, decadent

and sharable assertion, still it holds that same ambiguous level of truth of

Epimenides’ statement about his countrymen in Crete: it has the limit of

preaching something about itself, thus showing the paradoxical aporia to

where words can take. And of course Duchamp, the interviewed of this

short piece of dialogue - the most acute and recreational among the

conceptual artists – knew that very well.

One the most interesting elements of Words lays in its extremely

contradictory nature: it is fragile and minimalist but, at the same, it enacts

a deep discourse on the meaning of language. Using words only in their

“poetical use”, as to say in their exclusively connotative meaning, means

to assert that they are useless, incapable of describing and preaching the

world. If we push that to the point of considering only their exterior beauty,

the perceptive one, we would be celebrating their intimate and secret

funeral. In the very moment the word is used only for how it sounds, it loses

its sense. If we brought Duchamp’s practice to the end, we would get into

the hilarious (farcical, I would say) situation of having a meta-semantics

poetry, as it had been thought, by Fosco Maraini2 and fully developed in

his Il Lonfo.

Words is installed on few reams of white paper, with a clear reference to

the word as loosing its capability to speak on paper, to explain without any

ambiguity. The aesthetic of the work is minimalist, while the volume of the

audio trace is rather low and forces the viewer to get closer to it; though the

temptation, paradoxically, would be that of wearing the glasses in order to

be able to hear clearly what the old wise Marcel had imagined.

Mazzonelli’s works are often nourished by lateral thoughts, by unusual

research fi elds, which are never fully explored, where the overlapping of

suono che unisce e sincronizza il video muto con il suono del pianoforte.

Suono che, alla lunga, diventa un’ossessione, se ascoltato attentamente:

l’unica via di fuga è quella che il nostro cervello lo equalizzi sotto il livello

di attenzione.

Mazzonelli ama infatti sfi dare l’osservatore in maniera sibillina (l’annuncio

attraverso la curiosità del suono), ama spiazzarlo (inscenando un delitto

che non è), condurlo altrove (rivelando la verità) per poi far pesare

l’ossessione della ricerca (l’elemento ansiogeno del rumore reiterato).

Ed è consapevole, in questo gaddiano groviglio alla ricerca della verità,

di sferrare dei colpi micidiali.

Words è un’opera parlante. Un’opera che è in senso lato sinestetica, che

mischia le carte visive, audio e concettuali. È costituita da un semplice paio

di occhiali rotondi in fi lo metallico, con due piccoli altoparlanti al posto

delle lenti. In loop una voce scandisce un cortissimo elemento dialogico

tratto da un’intervista. Domanda: “In generale lei diffi da delle parole?”.

Risposta “Certo, non accetto le parole se non nella loro accezione poetica:

cioè il loro suono, la loro musica, senza nessun rapporto con il loro senso”.

Frase piacevolmente condivisibile nella sua decadente sottigliezza, se non

contenesse lo stesso ambiguo grado di verità delle note affermazioni di

Epimenide sui compaesani di Creta: ha cioè il difetto di predicare qualcosa

riguardo a sé stessa, mostrando la paradossale aporia a cui possono

condurre le parole. E ovviamente il più ludico e sottile degli artisti concettuali

– Duchamp, era lui ad aver rilasciato l’intervista – lo sapeva benissimo.

Uno degli elementi di interesse di Words è la sua natura estremamente

contraddittoria, tra essere strutturalmente fragile, minimale, e nel contempo

sviluppare una rifl essione potente sul senso del linguaggio. Utilizzare le

parole solo “nella loro accezione poetica”, in senso cioè esclusivamente

connotativo, signifi ca sostanzialmente decretarne la loro inutilità, la

loro incapacità a descrivere e predicare il mondo: se spingiamo sul

pedale dell’acceleratore nel considerare la loro bellezza esterna, quella

percettiva, arriveremo a celebrarne l’intimo funerale. Nel momento infatti

in cui cioè la parola è usata solo per le sue proprietà sonore essa stessa

smarrisce il suo senso, perde il motore primo che sostiene la sua necessità

di esistere. Se la procedura enunciata da Duchamp fosse condotta fi no in

fondo arriveremmo quindi alla spassosa (e farsesca) condizione di poesia

metasemantica, in maniera non dissimile da quella teorizzata da Fosco

Maraini2 che trova uno dei massimi esiti ne Il lonfo.

Words è allestita sopra svariate risme impilate di carta bianca, riferimento

evidente alla parola che perde la propria capacità di dire nero su bianco,

di defi nire in forma univoca. L’estetica è minimalista, mentre il volume

della traccia sonora, piuttosto basso, costringe l’osservatore ad accostare

l’orecchio, anche se la tentazione più grande è quella paradossale di

indossarli – ridicolo nel ridicolo – per sentire forte e chiaro quello che il

vecchio e saggio Marcel aveva immaginato.

the piano. A sound that in the long run becomes an obsession, if listened to

carefully: the only escape is for our brain to equalize it under the attention

level.

Mazzonelli loves, in fact, to challenge the spectator in a sybilic manner (the

announcement made by means of a curious sound), to shock him/her

(by means of a crime that does not exist), to lead him/her somewhere else

(by revealing the truth) in order to eventually emphasize the obsession for

the quest (the reiterated sound that causes anxiety). And he is aware, in

this gaddian tangle while looking for comprehension, that he infl icts some

mortal blows.

Words is a speaking art work. It is, broadly speaking, a synaesthetics art

work, where visual, audio and conceptual elements are mingled together.

It composed just by a pair of plain round glasses made of wire, where the

lens are replaced by two loudspeakers. A voice articulates a very short

piece of a dialogue from an interview. Question: “ Do you generally distrust

words?” “ Of course, I do not accept words, but only in their poetic use:

their sound, music, with no relation to their meaning”. It is a sharp, decadent

and sharable assertion, still it holds that same ambiguous level of truth of

Epimenides’ statement about his countrymen in Crete: it has the limit of

preaching something about itself, thus showing the paradoxical aporia to

where words can take. And of course Duchamp, the interviewed of this

short piece of dialogue - the most acute and recreational among the

conceptual artists – knew that very well.

One the most interesting elements of Words lays in its extremely

contradictory nature: it is fragile and minimalist but, at the same, it enacts

a deep discourse on the meaning of language. Using words only in their

“poetical use”, as to say in their exclusively connotative meaning, means

to assert that they are useless, incapable of describing and preaching the

world. If we push that to the point of considering only their exterior beauty,

the perceptive one, we would be celebrating their intimate and secret

funeral. In the very moment the word is used only for how it sounds, it loses

its sense. If we brought Duchamp’s practice to the end, we would get into

the hilarious (farcical, I would say) situation of having a meta-semantics

poetry, as it had been thought, by Fosco Maraini2 and fully developed in

his Il Lonfo.

Words is installed on few reams of white paper, with a clear reference to

the word as loosing its capability to speak on paper, to explain without any

ambiguity. The aesthetic of the work is minimalist, while the volume of the

audio trace is rather low and forces the viewer to get closer to it; though the

temptation, paradoxically, would be that of wearing the glasses in order to

be able to hear clearly what the old wise Marcel had imagined.

Mazzonelli’s works are often nourished by lateral thoughts, by unusual

research fi elds, which are never fully explored, where the overlapping of

L’opera di Mazzonelli è di fatti molto frequentemente alimentata da

pensieri laterali, da campi d’indagine curiosi e mai adeguatamente

sondati, in cui la sovrapposizione e stratifi cazione di layout concettuali

avviene per gradi incrementali sempre più distanti dall’origine (come

capita ad esempio nell’abitudine di ricorrere a materiale e strumenti

impiegati nella musica, privati però dalla loro funzione originaria). La

defi nizione del campo d’indagine è soggetta cioè alle modulazioni e

permutazioni che classicamente abitano il tessuto musicale, seppure con

differenze evidenti, in primis la capacità di essere stimolato dalle variabili

ambientali senza ricercare l’adeguamento ad uno standard fi ssato. Anzi lo

standard va inteso come nel jazz, ossia come melodia nota da cui l’artista

parte per proporre in affondo il proprio assolo: non c’è spazio per la forma,

ma il discorso si compie per successive elaborazioni, per amplifi cazioni,

per allontanamenti ed avvicinamenti. Non rimane all’osservatore che

tendere l’orecchio per sentire i futuri pensieri. Anche prima che facciano

prepotentemente rumore.

1 T. W. Adorno, Critical Models, Columbia University Press, New York, 1998, p.2922 F. Maraini, Gnosi delle fanfole, Milano, 1978-1994, Baldini & Castoldi Editore

conceptual layouts happens by incremental grades, taking the distance

from their origins (as it happens for example when using music material

and music instruments deprived of their real function). The research fi eld is

subjected to that same kind of modulations and permutations inhabiting

music, but with some differences: the capability of being stimulated by

environmental variables without the need of tailoring it to a given standard.

On the contrary, the standard is the jazz standard: the known melody from

which the artist starts his solo. There is no space for the pure form, and the

discourse takes place by a succession of elaborations, amplifi cations,

separations and approaches. We can only listen carefully trying to hear

future thoughts; even before they make a sound.

1 T. W. Adorno, Critical Models, Columbia University Press, New York, 1998, p.2922 F. Maraini, Gnosi delle fanfole, Milano, 1978-1994, Baldini & Castoldi Editore

L’opera di Mazzonelli è di fatti molto frequentemente alimentata da

pensieri laterali, da campi d’indagine curiosi e mai adeguatamente

sondati, in cui la sovrapposizione e stratifi cazione di layout concettuali

avviene per gradi incrementali sempre più distanti dall’origine (come

capita ad esempio nell’abitudine di ricorrere a materiale e strumenti

impiegati nella musica, privati però dalla loro funzione originaria). La

defi nizione del campo d’indagine è soggetta cioè alle modulazioni e

permutazioni che classicamente abitano il tessuto musicale, seppure con

differenze evidenti, in primis la capacità di essere stimolato dalle variabili

ambientali senza ricercare l’adeguamento ad uno standard fi ssato. Anzi lo

standard va inteso come nel jazz, ossia come melodia nota da cui l’artista

parte per proporre in affondo il proprio assolo: non c’è spazio per la forma,

ma il discorso si compie per successive elaborazioni, per amplifi cazioni,

per allontanamenti ed avvicinamenti. Non rimane all’osservatore che

tendere l’orecchio per sentire i futuri pensieri. Anche prima che facciano

prepotentemente rumore.

1 T. W. Adorno, Critical Models, Columbia University Press, New York, 1998, p.2922 F. Maraini, Gnosi delle fanfole, Milano, 1978-1994, Baldini & Castoldi Editore

conceptual layouts happens by incremental grades, taking the distance

from their origins (as it happens for example when using music material

and music instruments deprived of their real function). The research fi eld is

subjected to that same kind of modulations and permutations inhabiting

music, but with some differences: the capability of being stimulated by

environmental variables without the need of tailoring it to a given standard.

On the contrary, the standard is the jazz standard: the known melody from

which the artist starts his solo. There is no space for the pure form, and the

discourse takes place by a succession of elaborations, amplifi cations,

separations and approaches. We can only listen carefully trying to hear

future thoughts; even before they make a sound.

1 T. W. Adorno, Critical Models, Columbia University Press, New York, 1998, p.2922 F. Maraini, Gnosi delle fanfole, Milano, 1978-1994, Baldini & Castoldi Editore

opere works

Organico, 2010

installazione audio-video / audio-video installation

pianoforte verticale, motore con martello e contafi li analogico, bicchiere e bacchetta,

sistema di telecamere a circuito chiuso, 3 monitor / vertical piano, electric motor with

hammer and analogue pulse counter, glass and drumstick, camera’s sistem CCTV, 3 monitors

dimensioni variabili / variable dimensions

Words, 2010

2 altoparlanti, audio loop, ferro e risma di carta / 2 speakers, audio loop, iron, paper’s ream

dim.160x30x21cm

jacopo Mazzonelli

Organico, 2010

installazione audio-video / audio-video installation

pianoforte verticale, motore con martello e contafi li analogico, bicchiere e bacchetta,

sistema di telecamere a circuito chiuso, 3 monitor / vertical piano, electric motor with

hammer and analogue pulse counter, glass and drumstick, camera’s sistem CCTV, 3 monitors

dimensioni variabili / variable dimensions

Words, 2010

2 altoparlanti, audio loop, ferro e risma di carta / 2 speakers, audio loop, iron, paper’s ream

dim.160x30x21cm

jacopo Mazzonelli

formazione education Nasce a Trento nel 1983, dove vive e lavora. Si diploma in pianoforte presso

il Conservatorio F.A.Bonporti di Trento e in musica contemporanea presso

l’Accademia Internazionale TEMA di Milano.

formazione education Nasce a Trento nel 1983, dove vive e lavora. Si diploma in pianoforte presso

il Conservatorio F.A.Bonporti di Trento e in musica contemporanea presso

l’Accademia Internazionale TEMA di Milano.

mostre personali solo exhibitions 2010 Caos (con Gianni Pellegrini), Casa de Gentili, Sanzeno (TN)

Double silence, L‘Ozio, Amsterdam

Archetypical, Galleria Studio 44, Genova

2009 Intermission, NeroCubo Project / Room Project, Rovereto (TN)

Playlist: Ex Ignorantia Ad Sapientiam; E Luce Ad Tenebras, Neon>Campobase, Bologna

2008 Parallels, Numerouno artecontemporanea, Trento

40.208, Festival dell’Economia, Trento

Ascension, performance audio/video, Lavis (TN) / Merano (BZ)

2007 Parziale/8, Scirocco, Pergine Valsugana (TN)

Ask the dust (con Piero Cavagna), Foyer del Centro S.Chiara, Trento

2006 [S]oggetto, NuovoSpazioArte L’OFFicina, Trento

mostre personali solo exhibitions 2010 Caos (con Gianni Pellegrini), Casa de Gentili, Sanzeno (TN)

Double silence, L‘Ozio, Amsterdam

Archetypical, Galleria Studio 44, Genova

2009 Intermission, NeroCubo Project / Room Project, Rovereto (TN)

Playlist: Ex Ignorantia Ad Sapientiam; E Luce Ad Tenebras, Neon>Campobase, Bologna

2008 Parallels, Numerouno artecontemporanea, Trento

40.208, Festival dell’Economia, Trento

Ascension, performance audio/video, Lavis (TN) / Merano (BZ)

2007 Parziale/8, Scirocco, Pergine Valsugana (TN)

Ask the dust (con Piero Cavagna), Foyer del Centro S.Chiara, Trento

2006 [S]oggetto, NuovoSpazioArte L’OFFicina, Trento

mostre collettive selezionate selected group shows 2010 Who want to use my windows?, Paolo Maria Deanesi Gallery, Rovereto (TN)

Artefi era, Paolo Maria Deanesi Gallery, Bologna

2009 Visione Video, Artverona, Verona

Artverona, Paolo Maria Deanesi Gallery, Verona

Dream room project, Palazzo Dalla Rosa Prati, Parma

2008 Auguri ad Arte, Mart, Rovereto (TN)

Videoarch, CITRAC, Trento

Artverona, Paolo Maria Deanesi Gallery, Verona

Videoart Yearbook, Chiostro di Santa Cristina, Bologna

Radar.01, Museo Civico di Riva del Garda, Riva del Garda (TN)

Premio Internazionale della Performance, Teatro Sociale, Trento

Kunstart, Numerouno artecontemporanea, Bolzano

All Levels 2, Offi cine Monzani, Trento

2007 Workshow_in_progress, Galleria Civica di arte contemporanea di Trento, Trento

All Levels, Offi cine Monzani, Trento

Emotional Maps, The Microsoft Research Centre, Povo (TN)

Video.it, Accademia Albertina di Belle Arti, Torino

2006 Kunstart, Amici dell’arte contemporanea, Bolzano

Rotarycontainerart, Trento

mostre collettive selezionate selected group shows 2010 Who want to use my windows?, Paolo Maria Deanesi Gallery, Rovereto (TN)

Artefi era, Paolo Maria Deanesi Gallery, Bologna

2009 Visione Video, Artverona, Verona

Artverona, Paolo Maria Deanesi Gallery, Verona

Dream room project, Palazzo Dalla Rosa Prati, Parma

2008 Auguri ad Arte, Mart, Rovereto (TN)

Videoarch, CITRAC, Trento

Artverona, Paolo Maria Deanesi Gallery, Verona

Videoart Yearbook, Chiostro di Santa Cristina, Bologna

Radar.01, Museo Civico di Riva del Garda, Riva del Garda (TN)

Premio Internazionale della Performance, Teatro Sociale, Trento

Kunstart, Numerouno artecontemporanea, Bolzano

All Levels 2, Offi cine Monzani, Trento

2007 Workshow_in_progress, Galleria Civica di arte contemporanea di Trento, Trento

All Levels, Offi cine Monzani, Trento

Emotional Maps, The Microsoft Research Centre, Povo (TN)

Video.it, Accademia Albertina di Belle Arti, Torino

2006 Kunstart, Amici dell’arte contemporanea, Bolzano

Rotarycontainerart, Trento