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BIBLIOGRAFIA P. Erto, “Probabilità e statistica per le scienze e l’ingegneria”, McGrawHill, 1999, Cap. 8 e 9 Taguchi, Clausing: Robust quality, HBR,jan-feb 1990 J. S. Hunter, “Statistical design applied to product design”, Journal of Quality Technology, Vol 17, n°4, oct 1985 N. Ryan, “I metodi Taguchi e il QFD”, Franco Angeli, 1989 Pagina 1

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BIBLIOGRAFIA

P. Erto, “Probabilità e statistica per le scienze e l’ingegneria”, McGrawHill, 1999, Cap. 8 e 9

Taguchi, Clausing: Robust quality, HBR,jan-feb 1990

J. S. Hunter, “Statistical design applied to product design”, Journal of Quality Technology, Vol 17, n°4, oct 1985

N. Ryan, “I metodi Taguchi e il QFD”, Franco Angeli, 1989

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Genichi Taguchi associa una perdita ad ogni prodotto che raggiunge il consumatore; tale costo include, tra le altre voci, l’insoddisfazione del consumatore, costi di garanzia per il produttore, perdite di reputazione e di quote di mercato per la società produttrice. La qualità di un prodotto è inversamente proporzionale alla perdita che esso impartisce alla società.

Secondo l’ottica “zero difetti”, un prodotto è difettoso quando il valore di una sua caratteristica esce dalle tolleranze prefissate.

Sebbene questo approccio alla qualità sia molto diffuso, esso non concepisce la qualità dal punto di vista del cliente. Al cliente, infatti, interessa in particolar modo che il prodotto abbia prestazioni stabili anche ad alte temperature, in ambienti polverosi, in seguito a cadute accidentali, ecc.

Il ribaltamento della logica “zero difetti” operato da Taguchi parte dalla considerazione che i fattori non controllabili nell’utilizzo del prodotto sono maggiori dei fattori controllabili durante il processo produttivo.

Un prodotto è tanto più robusto quanto più riesce a mantenere la prestazione nominale al variare di fattori non controllabili (fattori di disturbo).

Le tecniche Taguchi consentono, tramite l’individuazione di un opportuno piano di esperimenti, di progettare un prodotto robusto.

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Quattro fabbriche producono prodotti dello stesso tipo e li vendono allo stesso prezzo. Tutte e 4 le fabbriche effettuano controlli in uscita (che assumiamo perfetti) al 100% dei pezzi prodotti, e commercializzano solo i prodotti che soddisfano le specifiche.

Se voi foste il cliente, quale fabbrica scegliereste? Anche se tutte le fabbriche commercializzano prodotti che rientrano nelle specifiche, la ③ produce i prodotti più omogenei.

Il seguente brano è tratto da: Taguchi, Clausing: Robust quality, HBR,jan-feb 1990.

Alcune indagini di mercato avevano indicato che i consumatori gradiscono maggiormente immagini

aventi una particolare densità di colore: poniamo che il valore nominale (ottimale) della densità di

colore sia 10 Quando la densità di colore si discosta da 10, la visione diviene via via più

insoddisfacente, cosicché nelle specifiche funzionali era stato fissato dalla Sony un intervallo di

tolleranza compreso fra 7 e 13.

I televisori venivano fabbricati sia a Tokio sia a San Diego. A San Diego vigeva la prassi di non

consegnare a Cliente nessun apparecchio con densità di colore al di fuori dell’intervallo di tolleranza

ammesso (‘zero difetti’): la densità di colore risultava distribuita uniformemente all’interno

dell’intervallo di tolleranza stesso; i televisori di Tokio si concentravano invece attorno al valore

nominale, anche se - su 1000 apparecchi - circa 3 finivano al di fuori dell’intervallo: Tokio peraltro

consegnava tutti gli apparecchi che produceva. Qual è la ‘politica’ più conveniente?

Supponiamo di comperare un apparecchio con densità di colore 12.9, mentre il nostro vicino ne ha

comperato uno con densità 13.1. Ovviamente non siamo in grado di distinguere la differenza,

guardando le immagini dei due apparecchi.

Ma Supponiamo che entrambi i clienti vedano le immagini di un apparecchio con densità 10:

l’indomani tutti e due chiameranno il servizio assistenza o chiederanno la sostituzione

dell’apparecchio.

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Per progettazione robusta s’intende una tecnica finalizzata all’individuazione della combinazione dei parametri di progetto (detti anche “fattori di controllo”) che renda la prestazione di un sistema (prodotto o processo) le più insensibili possibile all’effetto dei “fattori di disturbo” (che tendono ad ampliare la varianza delle prestazioni suddette oltre a farne deviare la media dal valore obiettivo). Questa tecnica richiede una notevole conoscenza del sistema e delle sue condizioni ambientali in cui verrà utilizzato.

P. Erto, “Probabilità e statistica per le scienze e l’ingegneria”, McGrawHill, 1999

La slide riassume la sequenza logica della metodologia Taguchi. E’ importante come l’approccio tradizionale alla progettazione non considera il secondo punto, mentre le tecniche Taguchi tendono a sfruttarlo al massimo.

La Progettazione di sistema coinvolge innovazioni e richiede conoscenze tecnico-scientifiche di Prodotto (selezione materiali, componenti, …) e di Processo (selezione macchine, attrezzature, …)

La Progettazione parametrica (passaggio chiave per raggiungere alta qualità contenendo i costi) consiste in test per tentativi per individuare la migliore combinazione dei differenti parametri di prodotto e di processo, e per individuare quelli che minimizzano la sensibilità ai fattori di disturbo

La Progettazione delle tolleranze è impiegata nel caso che non fossero sufficienti i risultati ottenuti con la progettazione parametrica:

• Vengono ridotte le tolleranze dei parametri di prodotto/processo con maggiore impatto sulle variazioni di prestazioni

• Comporta maggiori costi per acquisire migliori materiali, componenti, macchine, attrezzature , ...

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La metodologia Taguchi prevede di valutare la qualità di un prodotto tramite la funzione di perdita (Quality Loss Function).

La forma funzionale dipende dal tipo di caratteristica da misurare

La funzione di perdita del tipo lower is better (LB) è adatta per grandezze tipo rumorosità, consumi, perdite, emissioni inquinanti, impurità.

La funzione di perdita del tipo higher is better (HB) è adatta per grandezze quali la velocità, la durata, la ripresa.

Sull’andamento della Loss Function è possibile agire sia on-line (controllo statistico del processo) che off-line (progettazione), ma è solo off-line che è possibile restringerne l’ampiezza, riducendo la variabilità delle prestazioni intorno alla media.

Nei casi LB e HB lo studio delle interazioni tra fattori ha minore importanza rispetto al caso NB. Per massimizzare una certa prestazione, quindi, può essere conveniente progettare gli esperimenti in modo da considerare esclusivamente gli effetti principali.

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Taguchi afferma che la qualità di un prodotto si costruisce nel Processo di Sviluppo del Prodotto con le scelte tecniche, tecnologiche e operative che, per la natura del processo, si è costretti ad intraprendere.

Il Robust Design è un modello decisionale per il progettista e per l'innovatore: gli permette di aumentare l'affidabilità del componente, del sistema e del prodotto garantendo la massima stabilità delle prestazioni offerte.

Un'analogia sportiva può essere utile a chiarire il concetto: tutti i professionisti dello sport sono capaci di giocare bene e fornire prestazioni soddisfacenti (es. i giocatori di una squadra di calcio blasonata della serie o i giocatori di una squadra di pallacanestro dell'NBA); pochi, però, possono annoverarsi fra i fuori classe! Ma qual è una possibile identificazione del fuori classe: colui che è in grado di fornire prestazioni soddisfacenti in qualsiasi condizione fisica / di condizioni meteo / di condizioni del terreno / di avversario che si sta incontrando / …

Ad esempio, un fuori classe è quel giocatore che, a più riprese, riesce a segnare in qualsiasi posizione del campo, nonostante lo specchio della porta sia coperto dagli avversari, nonostante sia in corsa e sia contrastato da un avversario durante il tiro.

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Nel progetto di un prodotto lo spazio dei disturbi è costituito da tutte le variabili non controllabili (o troppo costose da controllare) che influenzano il prodotto durante il suo ciclo di vita:

• condizioni di impiego (temperatura, vibrazioni, umidità, abilità dell’operatore,…)

• logorio interno del prodotto (usura dei componenti, disallineamenti,…)

• difetti del processo di fabbricazione (gli esemplari prodotti non sono completamente uniformi).

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Le finalità del Robust Design sono ambiziose e molto complesse. Per garantire dei risultati soddisfacenti è necessario imparare a governare il sistema che si vuole studiare:

• comprendere bene quali siano le variabili che influiscono sui risultati della lavorazione o del processo;

• identificare i fattori di rumore nei confronti dei quali si desidera ridurre la sensibilità.

Per ottemperare a questi obiettivi bisogna ricorrere a sperimentazioni, cioè a test operativi durante i quali si eseguono le lavorazioni o le operazioni del processo in diverse condizioni dei fattori di rumore. L'esito di ciascun test ci consente di eseguire delle analisi comparative sui comportamenti del prodotto / sistema in esame nelle diverse configurazioni dei fattori di rumore. Il fine ultimo di queste sperimentazioni è:

• individuare la migliore soluzione progettuale – quella meno sensibile ai disturbi;

• quantificare l’efficacia dell’intervento – misurare quanto abbiamo attenuato il rumore.

Qualsiasi sia la tecnica utilizzata, occorre stabilire in anticipo la strategia con cui si condurranno gli esperimenti, assicurando la compatibilità con la successiva analisi dei risultati.

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Tra gli approcci alla progettazione degli esperimenti, quelli più comuni nel mondo occidentale sono l’approccio classico e l’approccio statistico.

L’approccio statistico permette di considerare sia gli effetti semplici che le sinergie (effetti composti) tra fattori. L’approccio statistico si basa sull’esposizione di un fattore a tutte le combinazioni possibili degli altri fattori.

Con l’approccio classico si considerano gli effetti semplici dei singoli fattori variando un fattore alla volta.

Poniamo di aver identificato 13 variabili (caratteristiche tecniche) che influenzano le prestazioni di uno sterzo per auto.

Si registra la prestazione (ad esempio la velocità a cui lo sterzo sbanda in curva) ottenuta nel primo esperimento, in cui a ognuna delle 13 variabili era stato assegnato un determinato valore. Nel secondo esperimento si modifica il valore di una sola delle 13 variabili, ad esempio la rigidità della molla, facendole assumere sia un valore superiore sia un valore inferiore a quello del primo esperimento, registrando la prestazione e scegliendo quello dei 3 valori provati che dà la prestazione migliore: tale valore viene poi tenuto fisso in tutti i successivi esperimenti, in cui - uno alla volta - si scegli il valore migliore da dare a ognuna delle 13 variabili; con questo modo di procedere occorrono ovviamente 39 esperimenti, ma non si riesce a tenere conto di interazioni potenzialmente critiche fra variabili (mentre ad esempio una certa rigidità della molla può dare la prestazione migliore quando la pressione dei pneumatici è corretta, avverrà lo stesso quando la pressione è troppo alta o troppo bassa?).

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Una volta progettato il piano di esperimenti e condotte le prove si passa all’analisi dei risultati.

Le tecniche ANOVA (Analysis Of Variance) risultano particolarmente idonee per misurare gli effetti dei singoli fattori e gli effetti incrociati tra fattori.

Taguchi propone una metodologia alternativa che limita l’analisi ai soli effetti principali dei fattori e richiede di norma un numero molto limitato di trattamenti.

Inoltre, le tecniche Taguchi considerano non solo i fattori controllabili di progetto, ma anche i fattori di disturbo: riproducendo in laboratorio gli effetti dei fattori di disturbo è possibile ottenere informazioni sulla robustezza del prodotto durante le reali condizioni d’uso.

Se dall’applicazione della metodologia Taguchi risulta che la migliore combinazione dei parametri di controllo non è tra quelle effettivamente sperimentate, allora è necessario procedere ad una sperimentazione successiva con i parametri di progetto trovati. Tale sperimentazione, nel caso in cui non confermi le previsioni, dovrebbe fornire indicazioni sulla causa del fallimento del metodo.

Non è vero, infatti, che dalla combinazione dei migliori livelli dei fattori di controllo si ottenga sempre il migliore risultato; la ragione di questo risiede nell’avere assunto come base di analisi il modello lineare, e nell’avere quindi trascurato gli effetti incrociati tra fattori.

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La metodologia Taguchi assume come riferimento il modello lineare.

La slide presenta il modello lineare per la stima degli effetti dei fattori A e B in un progetto. Gli effetti di A e di B sono additivi. I livelli dei fattori A e B sono a e b rispettivamente.

La prestazione x del sistema in corrispondenza dei livelli i e j dei parametri A e B si esprime come la somma tra la media globale delle prestazioni, l’effetto di A a livello i, l’effetto di B al valore j e l’errore sperimentale.

In alcuni casi risulta utile studiare gli effetti incrociati tra fattori di progetto e stimarne l’entità. Ad esempio l’interazione tra principi attivi di un farmaco può aumentarne l’efficacia globale, oppure l’interazione tra due fattori tecnologici può rendere il prodotto qualitativamente migliore o più stabile rispetto ad azioni esterne di disturbo.

L’interazione fa sì che, dal punto di vista analitico, cada l’ipotesi di additività. La slide mostra come il modello lineare a due fattori possa essere corretto aggiungendo l’addendo relativo all’effetto composto di A e B.

Dato che la metodologia Taguchi trascura gli effetti composti dei fattori, il suo impiego:

1. Deve essere attentamente valutato

2. Non è sostitutivo delle tecniche ANOVA

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La scelta del livello di ciascun fattore non è correlata al valore di nessuno degli altri fattori. In altre parole, la stima dell’effetto medio di ciascun fattore è indipendente dal livello degli altri fattori (condizione di ortogonalità).

Se il prodotto dei vettori dei simboli (-1 e +1) che rappresentano due colonne in un piano sperimentale in cui tutti i parametri hanno due livelli è nullo, allora le due colonne sono tra loro ortogonali. Ad esempio, per le colonne A e C:

(-1,-1,-1,-1,+1,+1,+1,+1) X (-1,+1,-1,+1,-1,+1,-1,+1) = +1-1+1-1+1-1+1-1+1 = 0.

La stima dell’effetto complessivo del fattore A (vedi formula in slide) non dipende dal fattore B (risp. da C) perché sia α-1 che α+1 derivano dalla media di 4 valori, di cui 2 calcolati con B (risp. C) a livello -1 e due calcolati con B (risp. C) a livello +1.

La stima di ciascun effetto semplice non è influenzata dall’interazione sistematica con un livello degli altri fattori.

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Per aggiungere un fattore (a due livelli) al piano fattoriale 23 è possibile creare una colonna i cui valori sono il prodotto (o l’opposto del prodotto) dei livelli delle altre tre colonne.

Ad esempio, il primo valore della colonna D è dato da:

• -1 x -1 x -1 = -1, oppure

• -(-1 x -1 x -1) = +1.

Il piano di esperimenti riportato nella slide corrisponde ad un piano fattoriale di tipo 24-1, cioè è un piano che rappresenta 4 fattori ma ha un numero di esperimenti come se fosse da 3 fattori. Il piano alternativo si ottiene dal piano 23 di origine aggiungendo la colonna D alternativa.

In pratica, ogni volta che non è possibile fare 2k esperimenti, è possibile utilizzare un piano fattoriale ridotto a metà ottenuto da un piano fattoriale 2k-1 a cui si aggiunge una colonna con la “regola dei prodotti”.

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La slide rappresenta uno dei tre piani ortogonali 23 ridotti a metà ottenibili dal piano fattoriale completo 22.

Proprietà dei piani fattoriali ridotti a metà: al piano 2n corrisponde un insieme di 2n-1 vertici che hanno proiezioni sugli n piani geometrici tali da rappresentare tutte le 2n-1 combinazioni dei livelli degli n-1 fattori appartenenti a quel piano.

Nel caso del piano 23 presentato in slide si hanno 4 vertici. La loro proiezione sul piano AB, ad esempio, è formata da 4 punti che rappresentano tutte e 4 le combinazione dei livelli dei fattori A e B.

Se gli esperimenti dimostreranno che solo 2 fattori hanno un effetto significativo, allora si avrà comunque a disposizione il piano fattoriale completo relativo a quei due fattori.

Questa proprietà è comune a tutti i piani ortogonali; la sua utilità pratica consiste nel fatto che, di molti fattori da esaminare, solitamente solo pochi risultano davvero efficaci.

Caratteristiche dei piani ortogonali:

1. Il numero colonne è pari al numero di fattori di progetto

2. Ogni riga rappresenta un differente esperimento, cioè un differente progetto del prodotto

3. Il livello di ogni fattore compare lo stesso numero di volte

4. Ogni livello di ogni fattore è esposto a tutti i livelli di ognuno degli altri fattori (e quindi alla media di ognuno dei fattori), anche se non è esposto a tutte le possibili combinazioni di valori di progetto.

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Il piano fattoriale completo 23 può essere la base per realizzare piani fattoriali ridotti fino ad un massimo di 7 fattori, mantenendo la condizione di ortogonalità.

Se si è interessati solo agli effetti principali dei fattori, e quindi se si trascurano gli effetti incrociati, il piano ortogonale a 7 fattori derivato dal piano 23 completo permette di poter eseguire solo 8 trattamenti invece dei 128 (27) del piano fattoriale completo!

Per introdurre le altre variabili, si utilizza il metodo dei prodotti applicati alle interazioni doppie e triple:

• abbiamo già visto che il fattore D rappresenta il prodotto di A * B * C

• il fattore E rappresenta la colonna alternativa del prodotto A * C

• il fattore F rappresenta la colonna alternativa del prodotto B * C

• il fattore G rappresenta la colonna del prodotto A * B

Oltre a questi 7 fattori non ho possibilità di inserire un'ipotetica colonna 'H', poiché questa potrei ottenerla solo come prodotto di multipli delle precedenti 7: si può verificare sperimentalmente che con qualsiasi combinazione di

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Vogliamo ora stimare l’interazione tra il fattore A e il fattore B, ovvero vogliamo verificare se nel passaggio di un fattore dal livello 1 al livello 2 si abbia un effetto diverso a seconda che l’altro fattore sia al livello 1 oppure al livello 2:

Dal piano fattoriale ridotto a metà mostrato nella slide notiamo che:

• alle combinazioni (+1,+1) e (-1,-1) di A e B corrisponde sempre il livello -1 di C

• alle combinazioni (+1,-1) e (-1,+1) di A e B corrisponde sempre il livello +1 di C

Questo comporta che la stima dell’interazione tra A e B si confonda con la stima dell’effetto complessivo di C nel passaggio da -1 a +1.

Analogamente:

• la stima dell’interazione tra B e C si confonde con la stima dell’effetto complessivo di A

• la stima dell’interazione tra A e C si confonde con la stima dell’effetto complessivo di B

In conclusione, quando si ritiene che l’interazione tra i fattori A e B non sia trascurabile, allora è opportuno non allargare il piano completo 22 aggiungendo una terza colonna, cioè dovrò passare ad un piano completo 23.

( ) )()()()( 1112212211211222 xxxxxxxx −−−=−−−=αβ^

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Per ridurre un piano a 3 fattori con n livelli ciascuno in un piano n2 occorre che ogni coppia (Ai, Bj), (Bj, Ck), (Ai, Ck) compaia una e una sola volta. Questa condizione di ortogonalità garantisce che la stima dell’effetto semplice di ciascun fattore non sia influenzata dall’interazione sistematica con un livello di uno degli altri fattori.

Il primo piano sperimentale nella slide si riferisce a 3 fattori con 4 livelli ciascuno. Il livello del primo fattore si legge dal numero di riga, il livello del secondo fattore dal numero di colonna, e il valore del terzo fattore si legge dal numero della cella della matrice.

Il secondo piano sperimentale risulta dalla riduzione di un piano 44 con un piano 42 mediante la sovrapposizione di due piani 42 ortogonali tra loro.

In questo caso, 44 = 256 prove sono sostituite da 42 = 16 prove.

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Esempio: progettazione di un utensile.

La prestazione principale x � vita utile.

I fattori di progetto:

• trattamento termico (A)

• tipo di metallo (B).

Fattori di disturbo:

• durezza del materiale da lavorare (C)

• velocità di taglio (D).

Questi ultimi non sono controllabili sul campo ma lo sono in laboratorio.

Consideriamo due livelli per ciascuno dei fattori controllabili (codificati con -1 e +1) e una lista di condizioni ambientali che comprende solo due condizioni: (C=-1,D=+1), corrispondente a materiale di bassa durezza e alta velocità di taglio, e (C=+1,D=-1), corrispondente a materiale ad elevata durezza e bassa velocità di taglio.

Il risultato è un insieme di 8 combinazioni di prova (TCij) che permettono di studiare l’effetto di ogni combinazione dei fattori di progetto in tutte le situazioni ipotizzate.

Il piano sperimentale 4X2 incrociato è identico al piano di destra, ma è più comodo da utilizzare e più compatto. Nella fase di elaborazione dei dati, infatti, i fattori di disturbo sono completamente ignorati e l’analisi si concentra sui fattori controllabili.

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Il progetto dei parametri è la fase cruciale della metodologia Taguchi. L’obiettivo della progettazione per parametri è trovare i valori nominali per i fattori di controllo tali da raggiungere la massima prestazione del prodotto con la minima sensibilità al disturbo, e fare questo al minimo costo.

Durante l’analisi dei dati si fa uso del rapporto segnale disturbo (signal to noise ratio, S/N ratio) per misurare le prestazioni. Il rapporto S/N è inversamente proporzionale al costo valutato con la funzione di perdita. Massimizzare il rapporto S/N equivale a minimizzare la perdita, cioè a migliorare la qualità.

La slide mostra le formule proposte da Taguchi per calcolare il rapporto segnale / rumore nei tre casi in cui si declina la funzione di perdita:

- NB (nominal is better): il valore obiettivo della prestazione è finito e diverso da zero

- LB (lower is better): il valore ideale è nullo

- HB (higher is better): il valore ideale non ha alcun limite

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I fattori di progetto si possono dividere in:

1. Scaling factors, utilizzati per minimizzare la dispersione della risposta attorno alla media (progetto robusto).

Gli scaling factors nulli permettono di minimizzare la dispersione senza influire sulla media della prestazione; l’utilizzo di scaling factors positivi (la varianza della prestazione cresce al crescere della media) o negativi (la varianza della prestazione decresce al crescere della media) comporta invece una prestazione media non coincidente con quella nominale: il questo caso occorre agire anche sui leveling factors.

2. Leveling factors, utilizzati per fare coincidere la prestazione media con il valore nominale.

3. Leve inefficaci, per cui al variare del valore assegnato, le prestazioni non cambiano significativamente. Le tolleranze delle leve inefficaci possono essere rilassate (risparmio di costi) senza compromettere la qualità del progetto.

L’utilizzo combinato degli scaling factors e dei leveling factors è l’essenza della progettazione parametrica.

La metodologia Taguchi in sede di progettazione di un prodotto permette:

a) l’ottimizzazione delle process capability attraverso la modulazione degli scaling factors

b) il rispetto delle specifiche funzionali con la minore dispersione possibile (realizzazione di un prodotto con il minimo impatto sulla società)

c) risparmi di costo dovuti al rilassamento delle tolleranze delle leve inefficaci.

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L’analisi del rapporto segnale-rumore spesso elimina la necessità di esaminare l’interazione tra fattori controllabili e fattori di disturbo.

Tale analisi, tuttavia, può fornire utili elementi di valutazione.

Consideriamo, l’interazione tra il fattore di controllo A ed il fattori di disturbo G mostrata in slide (grafico 2).

Ai livelli 1 e 3 la variabilità delle prestazioni del sistema al variare del fattore di disturbo G è molto elevata (pendenze di A1 e A3 elevate), questo indica una elevata sensibilità dei livelli 1 e 3 del parametro A al disturbo. Il livello 2 di A è invece più “robusto” nei confronti del fattori di disturbo G, dato che la variazione della prestazione x quando A=A2 è relativamente modesta al variare del disturbo.

Questa analisi conferma la scelta del livello 2 per il fattore A dall’analisi del rapporto segnale/rumore. Il livello 2 è quello che massimizza il rapporto (grafico 1). In questo caso l’analisi del rapporto S/N e l’analisi dell’interazione con il fattore di disturbo si rafforzano a vicenda.

Nel caso del fattore di controllo D e del fattore di disturbo F siamo in presenza di indicazioni contrastanti. L’analisi del rapporto S/N (grafico 3) suggerisce l’adozione del livello 1 per il fattore D, mentre l’analisi dell’interazione tra D e il disturbo F (grafico 4) mostra come i livelli 1 e 3 siano più sensibili del livello 2 alla variazione di F.

Nel caso specifico può essere conveniente adottare il livelli 2 per il parametro D. Tale scelta permette infatti di stabilizzare la prestazione rispetto al disturbo F, diminuendo di una quantità trascurabile il rapporto S/N.

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Adattato da: Brandolese, 1998

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