la banconota - numero 59 - ottobre 2009
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N. 59 - Ottobre 2009
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Storia Le trasformazioni del dopoguerra:l’Italia cresce, il Banco si sviluppa
Anniversari100 anni or sono…
ManagementQuando il cliente è all’estero
Nuove fi lialiImperia tra Genova e i Savoia
I Greppi a Rubiera
Origine e sviluppodi Guidonia
Da re Pipino al Regno d’Italia
FuoritemaVive la France!
100 anni
Tutta Desioin festa
Sommario
3La Banco nota
la Banco nota
Nuova Serie N. 59 - Ottobre 2009
Direttore Responsabile:Luigi Gavazzi
Comitato di Direzione:Riccardo Battistel, Luigi Gavazzi,Alberto Mocchi, Marco Sala, Umberto Vaghi
In Redazione:Alessandra Monguzzi
Collaboratori:Enrico Casale, Giovanni Cec ca tel li, Alessandra Monguzzi, Francesco Ronchi
Impaginazione:Diego Poletti
StampaFaenza Industrie Grafi che S.r.l.Costo copia: € 2,00
Iscrizione al Re gi stro degli Operatori di Comunicazione (ROC) N° 6357
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Editore incaricato:
4 Una storia centenaria
6 Tutta Desio in festa
8 Gran fi nale... con i botti
10 Le trasformazioni del dopoguerra: l’Italia cresce, il Banco si sviluppa
18 100 anni or sono…
22 Quando il cliente è all’estero
26 Imperia tra Genova e i Savoia
28 I Greppi a Rubiera
30 Origine e sviluppo di Guidonia
32 Da re Pipino al Regno d’Italia
34 Vive la France!
p. 10
p. 34
p. 7
Una storia Una storia centenariacentenaria100 anni
4 La Banco nota
Il 2009 è stato un anno denso di avvenimenti per tutto il
Gruppo Banco Desio, che ha voluto celebrare degnamente il
primo secolo di vita della capogruppo con tutta una serie di
appuntamenti che hanno coinvolto inizialmente il personale,
quindi la clientela, ed infine - ed è ciò che documentiamo in
queste pagine - la stessa Desio e tutti i suoi cittadini.
Alla città desiana, infatti, sono state dedicate due giornate
di festa, sabato 17 e domenica 18 ottobre, con un programma
che ha visto svolgersi un insieme di iniziative tese da un lato
a raccontare la vita del Banco, da un altro lato a celebrare
degnamente il centenario insieme alla cittadinanza.
Per quanto riguarda il primo punto - la vita del Banco nel
contesto degli avvenimenti mondiali -, presso la sede di via
Rovagnati nel pomeriggio di sabato è stato aperto a tutta la
cittadinanza un percorso storico, “100 anni insieme”, che ha
guidato i visitatori attraverso gli anni del Novecento, raccon-
tando loro, tramite scenografi e, immagini, fi lmati, documenti
originali, auto e moto d’epoca, la nascita e la crescita della
banca, e illustrando lo sviluppo del Banco da piccola Cassa
Rurale a Gruppo presente in Italia e all’estero.
Ulteriori opportunità per approfondire la conoscenza della
banca sono state off erte tramite la possibilità di visitare gli
uffi ci della Direzione generale, e partecipare alla presentazio-
ne del libro “Banco Desio 1909-2009 - Il valore di una storia
centenaria” che raccoglie e racconta appunto il primo secolo
di vita dell’Istituto.
Una storia centenaria100 anni
5La Banco nota
Il presidente
del Banco
Desio
Agostino
Gavazzi, a
destra, con gli
autori del libro
sulla storia
della banca,
Riccardo
Battistel e
Francesco
Ronchi
100 anni
6 La Banco nota
Tutta Desio Tutta Desio in festain festaN
ella mattinata di domenica 18 ottobre, i festeggia-
menti dedicati alla cittadinanza desiana sono iniziati
inaugurando per i visitatori più piccoli l’ampia area,
nelle vicinanze della sede del Banco, dove è stata allestito
“FantaDesio”, un insieme di momenti ludici espressamente
dedicati ai bambini.
Contemporaneamente sono stati riaperti al pubblico sia
il percorso storico “100 anni insieme”, sia gli uffi ci della sede
dell’istituto per la visita guidata.
Il clou della giornata è stato riservato al pomeriggio: mentre
nella sala congressi del Banco aveva luogo un’ulteriore presen-
tazione del libro sulla storia del Banco e “FantaDesio” riapriva
le porte ai bambini, a partire dalle ore 16 una mongolfi era ha
consentito a decine e decine di cittadini di provare il brivido
di un volo, favorito peraltro dalla bella giornata di sole.
Intanto… intanto il PalaDesio si preparava ad aprire le
sue porte allo show di un personaggio di grande richiamo
che ritornava a Desio dopo una lunga assenza e gli Alpini
cominciavano ad accendere i fuochi delle loro cucine per
garantire un dopo spettacolo di sicura soddisfazione…
gastronomica.
100 anni
7La Banco nota
Da sinistra
a destra: il
presidente del
Banco Desio
Agostino
Gavazzi, il vice
presidente
Guido Pozzoli
e il sindaco
di Desio
Giampiero
Mariani
100 anni
8 La Banco nota
Gran fi nale... Gran fi nale... con i botticon i botti
100 anni
9La Banco nota
Dopo il ringraziamento agli oltre 5000 convenuti del
presidente del Banco Desio Agostino Gavazzi e il
saluto del sindaco della città Giampiero Mariani, ha
preso il via lo show di Giorgio Panariello, un artista che non
ha bisogno di ridondanti presentazioni.
Il suo spettacolo è stato una performance capace di cala-
mitare l’attenzione del pubblico del PalaDesio grazie ad un
insieme di battute, di impareggiabili imitazioni e di provo-
cazioni dalla carica comica irresistibile: un’autentica ovazio-
ne lo ha accolto al suo apparire, uragani di applausi hanno
sottolineato di continuo i momenti salienti dello spettacolo
sino ad una interpretazione conclusiva, toccante e di grande
maestria.
E mentre si chiudevano le porte dello show, si aprivano
quelle ideali che consentivano l’accesso all’ultimo avvenimen-
to in calendario: il grandioso spettacolo pirotecnico atteso da
grandi e piccini . E così, ai primi botti, al primo balenare di luci,
tutti con il naso all’insù, stretti gli uni con gli altri per il gran
freddo a salutare il Banco, nella città dove una storia lunga
cento anni ha avuto inizio e continua a svolgersi.
Storia
10 La Banco nota
Le trasformazioniLe trasformazionidel dopoguerra:del dopoguerra:l’Italia cresce, l’Italia cresce, il Banco si sviluppa il Banco si sviluppa
Il ventennio che segue la fi ne
della seconda guerra mondiale
si caratterizza per il nostro Paese
come un periodo di profonde
trasformazioni: l’Italia rompe con il
passato su di un fronte amplissimo
e si trasforma radicalmente
di Riccardo Battistel
Un ciclo espansivo di assoluta ed irripe-
tibile rilevanza facilitò cambiamenti
economici, finanziari, sociali e culturali
di vasta portata che culminarono tra la seconda
meta degli anni Cinquanta ed i primi anni Ses-
santa in quello che sarà comunemente ricono-
sciuto come il cosiddetto “miracolo italiano”.
Declinò il Paese povero e contadino e la-
sciò spazio ad una progressiva e massiccia
industrializzazione: nel 1953 una imponente
ristrutturazione della Finsider la pose nelle
condizioni di off rire acciaio a prezzi competitivi
per un’industria meccanica italiana in pieno
fermento, nacque l’Eni (Ente Nazionale Idro-
carburi) di Enrico Mattei per lo sfruttamento
dei giacimenti di metano nella Valle Padana
e la più importante industria automobilistica
del Paese si impegnò in un investimento da
Storia
11La Banco nota
Fra gli anni Cinquanta
e Sessanta del secolo
scorso, la Brianza si
aff ermò come distretto
produttivo d’eccellenza
nei settori della
lavorazione del legno,
dell’arredamento, della
meccanica e del tessile
veniva dal direttore Danesin inquadrato con
lungimiranza: “Questo fenomeno già in fase di
avanzata realizzazione, nel giro forse di pochi
anni determinerà un radicale cambiamento
della fi sionomia economica della zona crean-
do nuove necessità anche creditizie alle quali
il Banco deve fi n da ora prepararsi”.
300 miliardi di lire per la costruzione di un
nuovo stabilimento a Mirafori. Dalle sue cate-
ne di montaggio sarebbero uscite nel 1955 la
“Seicento” e due anni dopo la “Cinquecento”,
due utilitarie che sarebbero divenute l’icona
automobilistica di quel periodo.
Gli Italiani ebbero accesso a beni, servizi ed
in generale ad un tenore di vita impensabili solo
pochi anni prima e così si esprimeva il Gover-
natore della Banca d’Italia Guido Carli nelle sue
considerazioni fi nali sul 1960: “Se il reddito reale
per abitante si è complessivamente triplicato
dal 1861 al 1960, più della metà dell’incremen-
to è stata ottenuta nel periodo relativamente
breve compreso tra il 1951 ed il 1960”.
Il Nord-ovest del Paese giocò un ruolo rile-
vante in questa fase di crescita esplosiva e la
Lombardia nella fattispecie con lo sviluppo di
attività produttive in diversi comparti. Sempre
in Lombardia si assistette anche alla progres-
siva trasformazione del capoluogo di regione
da città manifatturiera a capitale del terziario
con il decentramento delle unità produttive
in provincia, fuori dal contesto cittadino. La
Brianza infi ne consolidò tra il Cinquanta ed
il Sessanta il suo primato di distretto produt-
tivo nei settori della lavorazione del legno e
dell’arredamento (ma anche della meccanica
e del tessile), promuovendo un modello di svi-
luppo sostanzialmente caratterizzato da unità
produttive di piccole e medie dimensioni, abili
nel produrre, innovare e diversifi care rispetto
sia ai mercati tradizionali di sbocco sia ai nuovi
- quelli esteri in particolare - che in quegli anni
progressivamente si aprono all’imprenditoria
locale.
Il Banco di Desio accompagnò ovviamente
in questa fase di sviluppo la propria clientela, e
sulla copertina del bilancio del 1958 si riportava
orgogliosamente che “la sede di Desio e le fi liali
di Bovisio, Cesano, Lissone e Nova sono in sedi
di proprietà”. L’economia della zona prosperava,
grazie all’apporto dell’attività artigianale che
continuava a costituire la principale fonte di
reddito per le “laboriose popolazioni locali”. An-
che il fenomeno del decentramento produttivo
L’anno successivo il Banco festeggiò i primi
cinquant’anni di vita e prese avvio per l’azienda
una fase di profondi cambiamenti. Il primo ri-
guardò l’amministrazione, con la morte di Luigi
Lado Manca, per trentacinque anni consigliere
e per vent’anni presidente del Banco. Si proce-
dette quindi alla nomina del nuovo presidente:
Pietro Gavazzi, consigliere dal marzo del 1943.
Nato a Desio nel 1913, nipote di Egidio e fi glio
di Luigi, Pietro Gavazzi aveva sposato nel ’38 la
cugina Maria Luisa Lado. Dopo la laurea in in-
gegneria elettrotecnica era entrato nella Egidio
e Pio Gavazzi spa, affi ancando inizialmente lo
GLI ANNI DEL “BOOM“
IL BANCO COMPIE I PRIMI 50 ANNI
DI VITA
Storia
12 La Banco nota
zio Simone e ricoprendo negli anni successivi
incarichi di responsabilità crescente: dirigen-
te nel 1945, consigliere nel 1950 e, nel 1953,
amministratore delegato.
Il secondo cambiamento riguardò la dire-
zione. Danesin aveva più volte manifestato il
desiderio di un suo collocamento
a riposo.
Due anni dopo - nel 1961 - Danesin lasciò
pur confermandosi a disposizione per eventuali
altri incarichi. Che gli vennero puntualmente
affi dati, con la costituzione di un “Comitato Fidi”
che “collabori con la Direzione per disciplinare
l’erogazione del credito e studiare
problematiche che di volta in vol-
ta il Consiglio riterrà di affi dargli”.
Uffi cialmente analizzerà tutti gli
affi damenti in facoltà del Consi-
glio, ma sarà anche autorizzato
a spaziare su tutti i rischi del
Banco indipendentemente
dall’importo.
Alla proclamazione uffi -
ciale della propria nomina
a direttore, le parole di
ringraziamento di Mario
Veneziani al Consiglio
furono di completa as-
sicurazione sulla conti-
nuità di gestione, nella
consapevolezza che
trent’anni di storia del
Banco portavano il
Da trent’anni alla guida del Banco, era stato
il principale artefi ce del suo sviluppo: da cinque
dipendenti ed una sola fi liale (Nova) aperta un
giorno alla settimana ad una realtà di quasi
cento dipendenti.
Il successore designato fu Mario Veneziani
- allora condirettore -, ma Danesin volle comun-
que garantirsi una continuità e nella seduta del
consiglio del luglio ’59 propose l’affi ancamento
al direttore di due vicedirettori di cui uno da
scegliere tra i funzionari attualmente in servizio,
proponendo il desiano Luigi Como. L’”esterno”
- un uomo di Veneziani - fu il milanese Ambro-
gio Calenzani, funzionario del Mediocredito
Regionale Lombardo, già funzionario della sede
di Milano della Banca d’Italia. Al Como venne affi -
data la clientela della sede e lo sviluppo di nuove
relazioni, al Calenzani la sorveglianza delle fi liali
ed attività di coordinamento organizzativo.
Gli amministratori, la
dirigenza e il personale
del Banco festeggiano
i 25 anni di lavoro del
direttore Mario Danesin
Storia
13La Banco nota
marchio indelebile del comasco, con il quale
Veneziani avrebbe dovuto fare i conti ancora
per lungo tempo. La banca che prendeva in
mano il nuovo direttore era una realtà da 11,7
miliardi di massa fi duciaria, che imponeva un
nuovo (l’ennesimo) aumento di capitale (pas-
serà da 175 a 300 milioni)
Tra i primi interventi del nuovo direttore vi
fu quello relativo alla necessità di meccanizzare
l’uffi cio portafoglio, letteralmente sommerso
dagli eff etti che quotidianamente affl uivano al
Banco per lo sconto. Un esperimento eff ettua-
to con una macchina “Burroughs” aveva dato
lusinghieri risultati. Fu il primo passo di quel
processo di automatizzazione, prima meccani-
co poi elettronico ed informatico, che sarebbe
diventato per il Banco - come per l’intero si-
stema bancario fra la metà degli anni ’70 e ’80
- fattore imprescindibile di sviluppo e crescita
e che avrebbe innovato profondamente modi
di lavorare, gestire e proporre prodotti e servizi
al mercato.
Sempre nel 1961, la Banca d’Italia concedette
l’apertura delle fi liali di Cusano e di Cinisello,
piazze importanti per il Banco sia perché for-
temente interessate dal fenomeno di deloca-
lizzazione delle strutture produttive da Milano
verso la provincia, sia per i settori produttivi e
merceologici nei quali operavano le imprese
locali (infatti le attività del legname e del mo-
bilio erano scarsamente rappresentate).
Il cambio di marcia innescato dal cambio di
direzione fu da subito evidente: se da un lato
si tranquillizzava la proprietà sulla continuità
gestionale in tema di affi damenti, sul taglio di
banca locale legata al territorio, con una forte
tensione alla crescita ed allo sviluppo, dall’altro
Veneziani avvertiva la necessità per il Banco di
compiere alcune scelte innovative. Complice gli
studi, le frequentazioni e le esperienze svolte
in passato, fu il primo direttore del Banco ad
attivare stabilmente una fi tta rete di rapporti e
relazioni con l’esterno (concorrenza, mercato,
istituzioni), promuovendo incontri e contatti
direttamente o tramite le associazioni di ca-
tegoria.
Sempre lui avrebbe inaugurato - selezionan-
do ed assumendo risorse con professionalità
e competenze maturate all’esterno del Banco
- una modalità di crescita che non sarebbe
stata più abbandonata. Ma non dimenticò an-
che gli “interni”, designando come suo stretto
collaboratore il funzionario capo contabile
Paolo Gelosa, coordinatore della contabilità
e del bilancio.
Nel 1963 lo scenario internazionale vide
l’uscita di scena di due protagonisti: nel giugno
morì papa Giovanni XXIII - era stato eletto nel
’58 alla morte del suo predecessore Pio XII - e
nel novembre a Dallas venne assassinato il pre-
sidente degli USA John Kennedy. Ad Est l’anno
dopo il russo Kruschov veniva destituito dalla
direzione collettiva di Breznev e Kossighin, ed
in Italia moriva Palmiro Togliatti, segretario del
più importante Partito Comunista fuori dalla
Cortina di ferro.
Il 1963 rappresentò per il nostro Paese un
anno importante anche per altre ragioni: con la
fi ne del “boom”, gli italiani scoprirono un nuovo
termine: “congiuntura”. Per alcuni settori la crisi
fu strutturale e non legata al momento (basti
pensare al comparto tessile). Le aziende che
avevano assorbito per anni manodopera, ora
riducevano gli orari e dovevano incominciare
a far fronte a ad un progressivo aumento del
costo del lavoro e di una confl ittualità crescente.
Al centro, come
la stampa illustrò
l’inizio del processo di
automatizzazione del
lavoro al Banco Desio
Storia
14 La Banco nota
Altri nodi irrisolti dello sviluppo di quegli anni
riemersero in tutta evidenza: il divario tra Nord
e Sud del paese, gli investimenti in infrastruttu-
re che, pur rilevanti, non avevano risolto il gap
con gli altri Paesi europei, per esempio in tema
comunicazioni e trasporti. E nel 1965 si registrò
una prima rilevante accelerazione dell’infl azio-
ne dopo anni di grande stabilità. Sul fronte dei
rapporti di lavoro, le organizzazioni sindacali
indissero scioperi nazionali per rivendicazioni
economiche e normative.
Si era, infatti, aperta per il Paese una fase
importante di tornate di rinnovo dei contratti
in ogni settore, compreso quello bancario. Fase
caratterizzata anche da forti tensioni e confl it-
tualità crescenti ma che avrebbero consentito
- tramite provvedimenti legislativi specifi ci in
quegli anni - un accesso e una permanenza sul
posto di lavoro maggiormente remunerata e
garantita rispetto al passato.
fi coltà. Il Banco si preoccupò di mantenere gli
affi damenti concessi senza acquisire in generale
nuova clientela ed evitando dunque i drastici
ed impopolari provvedimenti di rientro dai fi di”.
Venne ribadita comunque la politica di controllo
e sorveglianza delle posizioni debitorie, come
già in passato.
Il 25 marzo 1966 furono riconfermati per il
biennio 1966/68 i componenti del Consiglio:
Pietro Gavazzi presidente, Ignazio Lado, Franco
Gavazzi e Mario Danesin consiglieri e Veneziani
segretario. Questo il gruppo di governo e direzio-
ne del Banco che si accingeva a varare un’ope-
razione storica per il futuro dell’azienda.
I parcheggi dello stadio
Meazza, a Milano, pieni
di auto a dimostrazione
dell’aumentato tenore di
vita degli italiani
Al Banco l’analisi del momento venne svol-
ta da Veneziani in modo puntuale: “L’incerta
situazione politica, la stretta creditizia attua-
ta dal governo e la conseguente confusione
del mercato fi nanziario caratterizzato dalla
depressione della Borsa valori e dalla fuga di
capitali all’estero, convinsero le grandi banche
in particolare ad attuare una rapida politica di
rientro degli affi damenti concessi alle aziende,
che vennero a trovarsi pertanto in grande dif-
L’INCORPORAZIONE DELLA BANCA
DELLA BRIANZA
Storia
15La Banco nota
Il 15 aprile 1966 il presidente comunicò ai
consiglieri di aver ricevuto l’off erta di acquistare
6.555 azioni (l’11% del capitale sociale) della
Banca della Brianza, di Carate Brianza, precisando
che la Banca d’Italia aveva accordato la prescritta
autorizzazione. E nella seduta del settembre suc-
cessivo il presidente riferì che c’era la possibilità
di acquisire un’ulteriore partecipazione fi no a
raggiungere l’80% del capitale.
Fino agli inizi degli anni ’50 l’evoluzione com-
piuta dalle due banche brianzole presenta molte
analogie: gruppi familiari - imprenditori e profes-
sionisti - come azionisti di maggioranza, stesso
capitale sociale (36 milioni la Brianza e 40 milioni
il Banco) depositi fi duciari per poco più di un mi-
liardo di lire ciascuna, quasi lo stesso numero di
fi liali (6 la Banca della Brianza e 4 il Banco Desio),
tutte collocate sul territorio compreso nel
triangolo Milano, Como e Lecco.
Gli sportelli gravitavano più a nord
lungo la direttrice per Lecco per la
banca caratese, più a sud per il Banco,
con la diff erenza non marginale - a
favore della Banca della Brianza - di
poter contare su una piazza importan-
te come Monza. La banca caratese po-
teva anche contare già da un ventennio
sull’importante gestione dell’Esattoria
di Carate e fungeva da tesoreria per i
comuni di Besana, Biassono, Giussano, Sovico,
Vedano al Lambro oltre che per svariate opere
pie, enti assistenziali comunali ed asili infantili.
Nel decennio successivo si realizzò il distacco
tra le due banche, ed è a favore del Banco: tra il
1950 ed il 1960 la banca desiana raddoppiò gli
sportelli mentre la Banca della Brianza aprì una
sola fi liale, il capitale sociale del Banco salì a 175
milioni, quello dell’altra banca restò fermo a 60
(e non subirà variazioni sino alla fusione).
Negli anni successivi la Banca della Brianza
reagì - approfi ttando anche della favorevole
congiuntura - aprendo altre fi liali ma privile-
giando piccoli centri (da 2.000 a 3.500 abitanti) -
Veduggio, Carugo, Briosco -, mentre nello stesso
periodo il Banco aprì su piazze
ben più importanti (Cinisello, Palazzolo, Meda
e Cusano, dove si impose proprio sulla banca
di Carate, che aveva fatto analoga richiesta nel
gennaio del 1957).
Ma è sul fronte organizzativo, gestionale
e di governo complessivo che il Banco dimo-
strò negli anni precedenti la fusione di aver
elaborato un modello effi ciente e funzionale
al proprio sviluppo: Il rapporto tra proprietà
e management era chiaro, defi niti gli ambiti e
le possibilità di intervento, chiarite deleghe e
responsabilità.
Questo equilibrio complessivo ebbe eff etti
benefi ci sugli assetti organizzativi, sull’ope-
ratività, sulla motivazione del personale e, in
Al centro, un certifi cato
azionario della Banca
della Brianza
Storia
16 La Banco nota
generale, sulla capacità del Banco di adeguarsi
ai tempi, rendendo possibile una nuova fase
di sviluppo.
Nella seduta del consiglio del Banco del 16
gennaio 1967 Veneziani dichiarava: “L’esercizio
può defi nirsi eccezionale per un avvenimento
che negli anni futuri imprimerà alla storia del
nostro istituto una svolta decisiva verso mag-
giori aff ermazioni, si vuole alludere all’acquisto
del 93,66% suscettibile di incremento del
pacchetto azionario della Banca della
Brianza avvenuto nel novembre 1966
dopo lunghe e laboriose trattative e
con il determinante appoggio della
Banca d’Italia e sono in corso di studio
le possibilità per addivenire nel corso
del corrente esercizio alla fusione per
incorporazione. Si darà quindi vita ad
un organismo che estenderà la sua
infl uenza su tutta la Brianza con 23
fi liali e con una massa di manovra
iniziale di circa 43 miliardi.
Tenuto presente che le piazze
attualmente servite dalla Banca
della Brianza sono complemen-
tari a quelle servite dal Banco”
- salvo per Giussano dove il
Banco operava in una sua fra-
zione, Paina - “e considerato
che con tale acquisto abbiamo
L’incorporazione della
Banca della Brianza
consentì al Banco Desio
di disporre di una rete di
23 fi liali disposte su un
territorio compreso fra
Milano, Lecco e Como
sottratto la banca dalle mire di qualche istitu-
to a carattere nazionale, si tratta di una svolta
decisiva nella storia del nostro istituto”.
Non va altresì dimenticato che ben sette
degli sportelli acquisiti agivano in regime di
monopolio su piazza (Albiate, Briosco, Carugo,
Renate, Sovico, Veduggio e Verano).
Il 1966 rappresentò anche una data im-
portante per l’ autorizzazione ottenuta di
aprire a Seregno. La cittadina era già servita
da cinque banche e pertanto l’autorizzazione
assunse un carattere di assoluta eccezionalità
e rappresentò per il Banco la conferma della
fi ducia che l’ Organo di vigilanza nutriva nei
suoi confronti.
Nella primavera del 1967 fu deliberata la
variazione di ragione sociale, il nome scelto fu
quello di “Banco di Desio e della Brianza”, anche
per soddisfare un esplicita richiesta formalizza-
ta dai vecchi azionisti che desideravano fosse
conservata parte della ragione sociale della
banca incorporata.
Nel dicembre successivo venne presentata
la struttura di vertice della nuova banca: Ma-
rio Veneziani direttore generale; Ambrogio
Calenzani vicedirettore generale; Paolo Ge-
losa vicedirettore capocontabile; Luigi Como,
Giuseppe Morganti , Libero Fugazza e Augusto
Masperi (questi ultimi provenienti dalla banca
incorporata) vicedirettori.
La banca incorporata constava di 91 dipen-
denti: oltre a Fugazza ed a Masperi, 11 funzio-
nari e 78 elementi tra impiegati, commessi ed
operai. Tutti vennero confermati nei gradi, nelle
categorie e nelle retribuzioni.
La fi ne degli anni Sessanta sancì per il Paese
l’inizio di una fase di forti tensioni politiche e
sociali che coinvolse dapprima il mondo uni-
versitario, con occupazioni a Milano, Torino e
Trento, sino agli scontri alla facoltà di architet-
tura a Roma del marzo 1968.
Successivamente la protesta si allargò anche
al mondo del lavoro. Il rinnovo d’importanti
contratti collettivi costituì il contesto entro il
quale alle rivendicazioni salariali si affi ancarono
LA CONTESTAZIONE GIOVANILE E GLI ANNI
DI PIOMBO
Storia
17La Banco nota
richieste di un miglioramento complessivo del-
la condizione operaia e del lavoro in fabbrica.
Nel dicembre 1969 una bomba collocata
all’interno della Banca Nazionale dell’Agricol-
tura di Milano provocò una strage, ponendo il
primo sanguinoso tassello di quella che venne
defi nita la “strategia della tensione”. Per tutto
il decennio successivo - in un clima politico e
sociale connotato da forti contrapposizioni
ideologiche e da critiche nei confronti dello
Stato e delle istituzioni cui si disconoscevano
autorità e legittimazione - il Paese conobbe
una lunga e tragica serie di attentati, seque-
stri, omicidi e rapimenti: quel periodo sarebbe
passato alla storia con la fosca defi nizione di
“anni di piombo”.
Ma il 1969 fu anche l’anno dello sbarco del
primo uomo sulla Luna. L’avvenimento assun-
se valenze simboliche di grande impatto e
rilevanza: la spedizione lunare divenne - tra l’
altro - metafora celebrativa di una tecnologia al
servizio del progresso e di uno sviluppo senza
apparenti limiti e confi ni.
Solo quattro anni dopo un altro avvenimento
evidenziò - a livello internazionale - i limiti di
tale sviluppo e pose una pesante ipoteca sugli
anni a venire: per la prima volta nella storia
un improvviso e vertiginoso aumento della
quotazione del petrolio. Nei primi giorni di ot-
tobre del 1973, l’esercito egiziano con un blitz
ai danni degli israeliani attraversò il canale di
Suez. La controff ensiva israeliana e le decisioni
successive del Consiglio di sicurezza dell’ONU
scatenarono reazioni nel mondo arabo, segna-
tamente nei Paesi produttori di greggio, con
l’embargo sulle forniture ai Paesi occidentali.
Fu il primo “shock petrolifero” che in Italia, più
che in altri Paesi europei, ebbe un impatto
rilevante ed impose al nostro governo il varo
di provvedimenti eccezionali per ottenere un
consistente risparmio energetico.
Un altro importante aspetto che caratteriz-
zò l’economia e lo sviluppo del nostro Paese
in quegli anni fu l’infl azione. Attestata dalla
seconda metà degli anni Sessanta su valori
medi annuali intorno al 3%, dal 1970 riprese
a crescere, raggiungendo prima valori a due
cifre e superando poi il 20%. Per tutti gli anni
Settanta e per parte del decennio successivo,
l’infl azione costituì un aspetto strutturale del-
l’economia italiana.
Al Banco - nel 1969 a sessant’anni dalla fon-
dazione - si procedette con un aumento del
capitale sociale da 500 a 750 milioni. Si trattava
di un aumento insuffi ciente per la Banca d’Italia
(che infatti aveva richiesto almeno il raddoppio
del capitale) ma Veneziani riuscì tramite i suoi
“contatti informali” a far accettare il criterio di
un aumento del capitale limitato a 250 milioni,
con l’impegno a varare in fasi successive ulte-
riori congrui raff orzamenti. Nel gennaio di due
anni dopo infatti si procedette ad un ulteriore
aumento a 1.250 milioni, cui seguirono negli
anni successivi continui e congrui aumenti,
Si susseguirono nel frattempo le aperture
degli sportelli già autorizzati in nuove sedi
più funzionali. Ma era Milano la piazza alla
quale il “milanese” Veneziani mirava in modo
particolare, ritenendo maturi i tempi per le
raggiunte dimensioni del Banco e le sue pro-
spettive di sviluppo. E nel gennaio del 1971
Banca d’Italia autorizzò l’apertura a Milano di
un uffi cio di rappresentanza “nello stabile di via
Bocchetto angolo via del Bollo” dietro Piazza
Aff ari, in affi tto. 1969: il primo sbarco
dell’uomo sulla Luna
Anniversari
18 La Banco nota
di Enrico Casale
IL 5 FEBBRAIO……per la prima volta viene pubblicato sulla
Gazzetta dell’Emilia il «Manifesto di fondazione
del movimento futurista». Il 9 febbraio il docu-
mento viene pubblicato ancora su L’Arena di
Verona e il 20 sul quotidiano parigino Le Figaro.
Prende così il via il futurismo, una corrente ar-
tistica italiana che ebbe una grande risonanza
sia a livello nazionale sia a livello internazionale
(dove infl uenzò movimenti artistici simili).
Il Futurismo si colloca sull’onda della rivolu-
zione tecnologica che ha interessato l’Europa a
cavallo tra il XIX e il XX secolo. I seguaci di questa
corrente esaltano il progresso. Filippo Tommaso
Marinetti (1876-1944), che ne fu il promotore
e uno dei massimi esponenti, esaltava il dina-
mismo, la velocità, l’industria e la guerra vista
come l’unica «igiene del mondo».
Si narra che Marinetti scrisse ìil «Manifesto»
dopo essere uscito indenne da un incidente
automobilistico. Per evitare due ciclisti ave-
va sbandato fi nendo con la sua automobile
in un fossato. L’episodio viene trasfi gurato
nel «Manifesto»: Marinetti estratto dalla sua
auto incidentata è un uomo nuovo che vuole
liberarsi dagli orpelli decadentisti e che vuole
chiudere con il passato, distruggere «i musei,
le biblioteche, le accademie di ogni specie»
e cantare le lodi alle «grandi folle agitate dal
lavoro, dal piacere o dalla sommossa; glorifi -
100 anni or sono...100 anni or sono...Il Futurismo, la
corrente artistica
italiana infl uenzata
dall’avanzante
rivoluzione tecnologica
Anniversari
19La Banco nota
care la guerra, il militarismo, il patriottismo, il
gesto distruttore, le belle idee per cui si muore».
Inizialmente quindi il futurismo si accostò alle
ideologie guerrafondaie e anarchiche per poi
in seguito avvicinarsi al fascismo.
IL 25 LUGLIO……Louis Bleriot compie per la prima volta la
traversata aerea del Canale della Manica. Qual-
che tempo prima il quotidiano britannico Daily
Mail aveva messo in palio un premio di mille
sterline per chi avesse attraversato la Manica in
aereo. Bleriot, laureato in ingegneria, esperto
in volo planato (una tecnica che è oggi alla
base del volo degli alianti) e primo francese a
ottenere il brevetto di pilota d’aereo, decide di
raccogliere la sfi da.
Inizialmente cerca di modifi care il biplano
costruito dai fratelli Wright. Poi opta per la solu-
zione del monoplano dotandolo di un motore di
motocicletta costruito dall’italiano Alessandro
Anzani. Il piano di volo messo a punto da Ble-
riot prevede di attraversare il tratto che separa
Calais da Dover a un’altezza di 100 metri di quo-
ta. La traversata dura 32 minuti. La leggenda
vuole che i doganieri britannici al suo arrivo
fossero sprovvisti di moduli attinenti l’arrivo
di velivoli. Così usarono quello per i piroscafi
e registrarono l’arrivo a Dover di un piroscafo
con un solo passeggero a bordo.
Dopo l’impresa, Bleriot fondò una fabbrica
di aeroplani in Inghilterra e una in Francia.
Sopra, Louis Bleriot, che
attraversò per primo la
Manica in aeroplano.
A fi anco, l’attore Errold
Flynn
Una curiosità: nel 1929, a vent’anni
dalla trasvolata, Bleriot attraversò di
nuovo la Manica con lo stesso apparec-
chio che, nel frattempo, era diventato
un esemplare da museo.
IL 20 GIUGNO……a Hobart, nasce Errold Flynn, at-
tore e regista statunitense di origine
australiana. Negli anni Trenta e Quaranta fu
uno dei divi più popolari non solo negli Stati
Uniti, ma anche in Europa. Alto, agile, scat-
tante ed elegante nel portamento piaceva al
pubblico per la sua immagine allegra e per il
suo fascino di seduttore. Girò alcuni dei fi lm
di maggior successo dell’epoca tra i quali «La
leggenda di Robin Hood» (diretto nel 1938 da
Muchael Curtiz), «Il principe e il povero» (1937),
«La storia del generale Custer» (1941), «La
bandiera sventola ancora» (1943), «La saga dei
Forsythe» (1949), «Kim» (1950), «Il sole sorgerà
ancora» (1957).
Errold Flynn studiò a Londra e a Parigi e,
prima di esordire nel cinema, fece i mestieri e
le professioni più disparate: impiegato, cuoco
sulle navi, poliziotto, sorvegliante in una pian-
tagione, contadino, manovale, giornalista, com-
merciante, pescatore di perle, cercatore d’oro,
pugile. Al cinema arrivò dopo aver recitato a
teatro. La sua ultima apparizione fu nel fi lm
«Furia d’amare», nel quale impersonò l’attore
e star del cinema muto John Barrymore. Errold
Flyn morì a soli 50 anni nel 1959. Un infarto lo
stroncò dopo una vita segnata dagli eccessi e
soprattutto dall’alcolismo.
Anniversari
20 La Banco nota
L’ 8 APRILE……nasce a Denver (Usa), John Thomas Fante
scrittore americano di origini italiane. Figlio di
immigrati italiani vive un’infanzia turbolenta
caratterizzata dalla povertà e dai continui liti-
gi con il padre Nick. Nonostante le diffi coltà,
riesce a frequentare le scuole cattoliche e a
diplomarsi. Nel 1932, lascia Boulder, dove vive-
va con la famiglia, per tentare la fortuna a Los
Angeles dove svolge lavori di ogni genere. Nel
1932 viene pubblicato un suo racconto su «The
American Mercury». Cinque anni dopo sposa
Joyce Smart, da cui avrà quattro fi gli, e inizia a
lavorare per Hollywood come sceneggiatore,
un lavoro che non amerà mai, ma che gli per-
metterà di guadagnare molto (lavorerà anche
per il produttore italiano Dino De Laurentiis).
Nel frattempo, scrive il suo primo romanzo: «La
strada per Los Angeles». Lo inizia nel 1935 e lo
conclude nel 1936, ma vedrà la sua pubblica-
zione solo postumo nel 1985.
Maggiore fortuna avrà invece «Aspetta
primavera»: dato alle stampe nel 1937 avrà un
grandissimo successo di pubblico. Negli anni
successivi pubblica «Ask the Dust» (1939) e
«Dago Red» (1940). Durante la guerra, John
Fante vive un periodo di crisi narrativa e per
mantenersi collabora con i servizi di informa-
zione statunitensi. Nel 1952 pubblica il romanzo
«Full of Life» che avrà un grande successo in
tutto il mondo con traduzioni in portoghese,
tedesco, svedese, francese, ebraico, giappo-
nese e italiano.
Nel 1977 esce «The Brotherhood of Grape», il
suo ultimo romanzo. Nei mesi successivi il dia-
bete, diagnosticato nel 1955 e mai curato con
attenzione, lo porterà progressivamente alla
cecità e all’amputazione di entrambe le gambe.
Nel 1979 detta alla moglie il suo ultimo libro,
«Dreams from Bunker Hill», che uscirà nel gen-
naio 1982. L’8 maggio 1983 John Fante muore
a 74 anni, lasciando numerosi inediti.
IL 19 SETTEMBRE… …a Wiener Neustadt nasce Ferdinand An-
ton Ernst Porsche, meglio conosciuto come
Ferry Porsche. Imprenditore austriaco, è fi glio
di Ferdinand Porsche e la sua vita lavorativa
sarà sempre molto legata a quella del padre,
con cui nel 1931 aprirà uno studio di progetta-
zione meccanica a Stoccarda, in Germania.
Quando Adolf Hitler, negli anni Trenta,
vuole dare ai tede-
schi un’automobile
popolare che per-
metta di motoriz-
zare la Germania,
Lo scrittore John Thomas
Fante
Una colonna di
Volkswagen presso la
Porta di Brandeburgo,
a Berlino.
Nella pagina seguente,
in alto a destra,
il “maiale”, il siluro
a lenta corsa ideato
da Teseo Tesei
Anniversari
21La Banco nota
IL 3 GENNAIO… …nasce a Marina di Campo Teseo Tesei, militare e inventore italiano.
Maggiore del Genio Navale della Regia Marina prestò servizio come incur-
sore durante la seconda guerra mondiale venendo decorato con la medaglia
d’oro al valor militare.
Ferry e il padre elaborano il progetto di una
vettura molto semplice, con motore posteriore
raff reddato ad aria. Nasce così la Volkswagen
Maggiolino, automobile che entrerà nella sto-
ria delle motorizzazione mondiale e che verrà
prodotta in diverse versioni fi no al 2003.
Dopo la seconda guerra mondiale, mentre
Ferdinand Porsche è imprigionato in Francia
per crimini di guerra (sarà poi scarcerato grazie
all’ingente riscatto pagato dall’imprenditore
italiano Piero Dusio), Ferry guida l’impresa di
famiglia. Utilizzando i primi e precari impianti
della ricostruita Volkswagen, crea la prima
auto «fi rmata» Porsche, la 356, così chiamata
dal numero del progetto.
La 356 è stata un’automobile che ha fatto
epoca vantando eccezionali livelli di maneg-
gevolezza, leggerezza, affi dabilità e tenuta di
strada e spianando la strada alla futura Porsche
911. Ancora oggi è una vettura apprezzata
dagli appassionati di auto storiche di tutto il
mondo, e alcuni esemplari (specie le versioni
Speedster destinate al mercato USA) raggiun-
gono quotazioni da capogiro.
Teseo Tesei entra in accademia nel 1925 dove si distingue per la perseve-
ranza e l’inventiva. Con l’aiuto di Elios Toschi, ingegnere navale, ripensa alla
mignatta di Raff aele Rossetti e Raff aele Paolucci; il concetto ispiratore fu que-
sto: partendo dalla mignatta, mirò ad arrivare a costruire un’arma che avesse
su quella importanti vantaggi, che permettesse cioè a due uomini di vivere,
navigare, dirigersi contro un bersaglio e attaccarlo liberamente sott’acqua.
Nacque così il siluro a lenta corsa, meglio conosciuto come «maiale» per la
sua forma tozza. Un’arma quest’ultima che fu protagonista di alcune delle più
brillanti operazioni della Marina militare nella seconda guerra mondiale.
Teseo Tesei però è diventato famoso anche per un’altra invenzione.
Esisteva, all’epoca, un autorespiratore a ossigeno a ciclo chiuso, chiamato
maschera Davis, che veniva utilizzato per le fuoriuscite dell’equipaggio da
sommergibili in avaria. Questo autorespiratore, che aveva causato diversi
incidenti, aveva una scarsa autonomia e un’ancora più scarsa affi dabilità.
A questi problemi lavorava il comandante Angelo Belloni alla direzione dei
corsi e alla Scuola sommozzatori di Livorno. Questi, con l’aiuto di Tesei, portò
l’autonomia dell’autorespiratore da venti minuti a qualche ora e soprattutto
lo rese più affi dabile.
Tesei fu però anche un uomo d’azione. Il 26 luglio 1941 tentò di forzare la
base inglese di La Valletta a Malta. Verifi catosi nel corso dell’azione un ritardo,
dovuto a imprevisti tecnici, che avrebbe potuto compromettere l’esito della
missione, allo scopo di riguadagnare il tempo perduto e di portare a termine
a ogni costo il suo compito decise di «spolettare a zero» rinunciando cioè
ad allontanarsi dall’arma prima che esplodesse contro l’obiettivo, e peren-
do assieme al suo fedele secondo, Alcide Pedretti. Per tale atto fu insignito
della medaglia d’oro.
Management
22 La Banco nota
Quando il cliente Quando il cliente è all’esteroè all’estero
Per l’azienda che esporta, il rischio di mancato pagamento dei prodotti/servizi forniti è un
elemento critico della pianifi cazione commerciale e della gestione fi nanziaria:
ecco come farvi fronte ricorrendo all’assicurazione del credito
Il primo problema che l’esportatore deve
affrontare nel processo decisionale relativo
alla possibilità d’instaurare un rapporto eco-
nomico vantaggioso con un potenziale cliente
estero è sicuramente quello della concessione
di credito alla propria controparte.
Cioè, fi no a quale importo massimo e per
quanto tempo è possibile esporsi senza correre
alcun rischio di mancato pagamento?
Per l’azienda che esporta, il rischio di manca-
to pagamento delle proprie forniture è senz’al-
tro uno degli elementi di maggiore criticità nella
pianifi cazione commerciale e nella gestione
fi nanziaria delle proprie vendite all’estero.
Manca, spesso, nelle aziende una cultura del
rischio capace di gestire e risolvere situazioni
complesse che, se non adeguatamente aff ron-
tate, possono vanifi care gli sforzi aziendali e la
redditività delle singole operazioni con l’estero.
In alcuni casi, un rischio non ponderato può
addirittura compromettere la sopravvivenza di
una azienda di piccole dimensioni. Non sempre
sono suffi cienti un rapporto fi duciario con il
proprio cliente estero e l’inserimento di ap-
posite clausole contrattuali per ridurre, se non
eliminare, il rischio di mancato pagamento.
Management
23La Banco nota
credito documentario o altra forma comun-
que garantita, l’unica soluzione che permette
al venditore di tutelarsi in modo effi cace e di
sterilizzare il rischio di mancato pagamento
è costituita dall’assicurazione dei propri cre-
diti verso l’estero. L’assicurazione del credito
rappresenta infatti un valido strumento non
solo di protezione dal rischio di insolvenza
del debitore ma si rivela anche una utile op-
In questa categoria di rischio rientrano tutti
i casi di concessione al proprio cliente di una
dilazione di pagamento rispetto alla consegna
della merce. Può assumere aspetti diversi a
seconda del Paese in cui risiede la controparte
estera e può confi gurarsi in un rischio commer-
ciale ovvero in un rischio paese.
In una situazione di mercato che denota
ancora una forte crisi di liquidità, una genera-
lizzata diffi coltà di accesso al credito bancario
soprattutto per gli operatori economici che
risiedono nei paesi in via di sviluppo, e per-
durando l’assenza di veri e solidi segnali di
ripresa dell’economia, abbiamo rivolto alcune
domande a Michele Montanaro, responsabile
Area Estero del Banco Desio.
Che cosa suggerire ad un cliente espor-
tatore per evitare di incorrere in un rischio
di mancato pagamento?
“Innanzitutto è opportuno che l’esportatore,
prima ancora di concordare la forma tecnica di
pagamento della fornitura, eff ettui tre fonda-
mentali verifi che:
• sulle condizioni di solvibilità del paese del
compratore
• sulle condizioni di solvibilità del compratore
• sull’effi cienza del sistema giudiziario del
paese del compratore
Soltanto dopo avere eff ettuato queste ve-
rifi che - sottolinea il nostro interlocutore - il
venditore potrà decidere a quali condizioni
stipulare il contratto con la controparte estera
e quale il mezzo di pagamento più adatto a
quella transazione commerciale, tenendo altre-
sì conto che la scelta di una particolare forma
di pagamento rispetto ad altre può infl uire
positivamente o negativamente sia sul livello
del rischio di credito sia sull’esito della tratta-
tiva commerciale stessa. Non bisogna infatti
trascurare il fatto che operiamo in un contesto
dove la competizione non si basa più soltanto
sui prezzi; diventano infatti sempre più deter-
minanti sia le forme sia i tempi di pagamento
proposti all’acquirente estero”.
Che alternative ha l’esportatore se l’im-
portatore estero non è in grado di off rire
forme di pagamento cosiddette garantite?
“Quando nelle vendite internazionali non
è possibile ottenere un pagamento a mezzo
Michele Montanaro,
responsabile Area Estero
del Banco Desio
Management
24 La Banco nota
portunità per migliorare la qualità dei crediti a
breve termine iscritti a bilancio. L’esportatore,
che per necessità di liquidità aziendale ricorre
generalmente allo smobilizzo dei crediti, non
dovrebbe trascurare quest’ultimo aspetto.
Diventa infatti più agevole ottenere dalla pro-
pria banca l’anticipazione di detti crediti com-
merciali in quanto la polizza assicurativa può
rappresentare una ulteriore forma di garanzia
per la banca stessa”.
In che cosa consiste una copertura assi-
curativa?
“Riguarda la copertura del rischio di perdita
defi nitiva, originato da insolvenza e/o manca-
to pagamento di crediti commerciali a breve
termine (entro i 12 mesi), sorti nei confronti
di operatori economici esteri, a seguito di un
contratto di fornitura o di una prestazione di
servizi.
A diff erenza delle polizze assicurative di altri
rami, la stipula di un contratto di ‘assicurazione
del credito’ non rende automatica la copertura
- ci spiega Michele Montanaro -. È infatti neces-
sario che l’esportatore avanzi alla Compagnia
una formale e preventiva richiesta di limite di
credito per ciascun debitore estero. Per limite
di credito (oppure fi do o massimale) si inten-
de l’importo massimo entro cui una società di
assicurazione accorda, dopo avere eff ettuato
tutte le valutazioni del caso, la propria garanzia
per ciascun debitore dell’assicurato”.
Quali sono i rischi assicurati?
“La copertura assicurativa può riguardare il
‘rischio commerciale’ (insolvenza del cliente)
oppure il ‘rischio politico’ (eventi politici ca-
tastrofi ci che impediscono il pagamento del
credito) in conseguenza dei seguenti eventi:
esportazione di merci e servizi, prestazione
di servizi/studi/progettazione, esecuzione di
opere e lavori”.
E quali le altre principali caratteristiche
dell’assicurazione?
“Quella principale si riferisce senza dubbio
al principio di globalità su cui si basa l’assicura-
zione dei crediti. È il principio secondo il quale
Management
25La Banco nota
l’assicurato dovrà dichiarare all’assicuratore
l’intero volume del fatturato export. Da questo
principio è, in linea di massima, possibile de-
rogare defi nendo con l’assicuratore un tipo di
polizza che consenta, ad esempio, di escludere
i crediti garantiti, quelli cioè assistiti da una
garanzia bancaria a ‘prima domanda’ o quelli il
cui pagamento concordato con il cliente estero
è a mezzo credito documentario.
È possibile inoltre stipulare una polizza ‘sin-
gola’ che riguarda solo i crediti vantati verso
determinati Paesi o quelli riguardanti soltanto
una linea di prodotti. Un’altra importante carat-
teristica riguarda il valore assicurabile che non
rappresenta mai il 100% del credito. General-
mente l’importo assicurabile varia a seconda del
tipo di polizza e, soprattutto, della rischiosità
del Paese estero, e si aggira indicativamente
intorno all’80-85% se il compratore risiede in
un Paese di 1° categoria e al 70-75% nel caso
di Paesi di 2° categoria”.
L’esportatore che ricorre all’assicurazione
dei crediti ottiene altri vantaggi?
“Oltre ad una analisi preventiva degli ac-
quirenti esteri che eff ettua la Compagnia, i
vantaggi per l’esportatore sono molteplici e si
possono riassumere come segue:
• ampliare il proprio mercato vendendo ad
acquirenti anche sconosciuti sapendo che
il rischio di mancato pagamento è coperto
• accrescere la spinta commerciale conce-
dendo alla controparte estera dilazioni di
pagamento diversamente non proponibili
• benefi ciare di un monitoraggio costante
sulla solvibilità della clientela affi data dalla
Compagnia di assicurazione
• attuare una effi cace programmazione com-
merciale che consenta importanti vantaggi
gestionali
• ridurre l’onere amministrativo dovuto alla
gestione dei crediti non pagati
• assicurarsi il recupero dei crediti, nella mi-
sura pattuita contrattualmente, in caso di
insolvenza del debitore estero”.
In questo settore, quali sono i principali
operatori?
“Nel mercato italiano operano ormai da molti
anni alcune Compagnie appartenenti a gruppi
assicurativi di standing internazionale che of-
frono la più completa gamma di prodotti. Nel
ramo crediti a breve termine (fi no a 12 mesi) i
principali operatori sono Euler Hermes - Siac,
Coface Assicurazioni, Atradius e, da pochi anni,
anche Sace B/T.
Come si colloca il Gruppo Banco Desio in
questo contesto operativo?
“Consapevoli di una domanda in forte
crescita, stiamo perfezionando un importan-
te accordo di collaborazione con una delle
Compagnie sopra citate i cui termini verranno
a breve resi noti alla nostra rete con apposita
comunicazione.
Possiamo solo anticipare - conclude Michele
Montanaro - che si tratta di una collaborazione
che ha come scopo quello di sfruttare sia le
sinergie operative tra la nostra banca e la com-
pagnia di assicurazione sia la forte contiguità
territoriale delle rispettive reti distributive. Il
tutto con l’obbiettivo primario di potere off ri-
re alla nostra clientela che opera con i mercati
esteri un supporto consulenziale e operativo
di qualità sempre più elevata”.
l.b.n.
Nuove Filiali
26 La Banco nota
Imperia tra Imperia tra Genova e i SavoiaGenova e i Savoia
Un Palio ricorda oggi la rivalità esistente un tempo fra Oneglia e Porto Maurizio, le due cittadine
che solo nel 1923 si sono fuse in un unico comune
Nella rada di Imperia, capoluogo del Po-
nente Ligure, s’è svolto a Ferragosto il
Palio del Mare. I duelli, a eliminazione
diretta, si svolgono su due gozzi a remi, sulla cui
poppa prende posto, armato di lancia e scudo,
il campione d’uno degli otto rioni cittadini. La
singolar tenzone è stata introdotta da un corteo
in costume, accompagnato da sbandieratori
giunti dalla vicina Ventimiglia. Il Palio, giunto
alla seconda edizione dopo un’interruzione di
oltre mezzo secolo, trae motivazione dall’antica
e mai sopita rivalità tra Oneglia e Porto Maurizio,
le due cittadine poste, rispettivamente, a est e
ad ovest della foce del fiume Impero, che dal
1923 ha dato nome alla città.
Porto Maurizio, sorta in un punto dominan-
te della costa, alla fi ne del 1200 s’era legata
alla Repubblica marinara di Genova, che la
considerava il capoluogo amministrativo e
giudiziario dei propri domini nel Ponente. La
cittadina anticamente traffi cava legname, fi chi
e il sale indispensabile per la conservazione
delle acciughe destinate alle valli dell’entroter-
ra; signifi cativa anche la produzione di cuoio,
vino e d’olio.
Oneglia, sviluppatasi nella piana dell’Impe-
ro, aveva esteso alle colline dell’entroterra la
tecnica del terrazzamento; commerciava vino
ed olio, ma anche mandorle, canapa e lino.
Ai primi del ‘400 i nobili Doria, che dal 1298
avevano acquistato dai vescovi di Albenga
questo territorio, diedero un ulteriore impulso
alla macinazione del grano, tanto che la pro-
duzione locale dovette presto essere integrata
dal frumento importato dalla Toscana. La costa
era inadatta all’approdo delle navi, perciò i
di Francesco Ronchi
Nuove Filiali
27La Banco nota
Ad Imperia la fi liale del
Banco Desio è in via
Giuseppe Berio 20
mercanti/armatori dovevano lasciarle in rada
e far ricorso ai piccoli gozzi dei pescatori. Tale
circostanza favoriva la circolazione monetaria e
la nascita d’iniziative imprenditoriali “dal basso”:
i pescatori nei periodi favorevoli tendevano ad
investire nell’agricoltura e nei commerci; se su-
bentrava una crisi economica, però, diventava
quasi obbligato il ricorso all’emigrazione.
Nella seconda metà del ‘500 il duca Ema-
nuele Filiberto, grazie alle vittorie ottenute al
comando delle truppe spagnole nelle Fiandre,
riuscì a farsi restituire dai francesi le piazzeforti
piemontesi, e fece di Torino la propria capitale.
I Savoia possedevano dal 1388 il porto di Nizza,
ma era importante disporre d’un approdo al
di qua delle Alpi; nel 1575 i Doria cedettero al
duca, per 1.200 zecchini d’oro, tutti i diritti e le
signorie su Oneglia e le valli di Maro, Pietralata,
Pornassio e Carpasio.
Gli Onegliesi furono ben contenti di legar-
si ad una potenza emergente; Genova fece
ricorso, tuttavia i forti legami economici con
la Spagna l’indussero ad accettare, nel 1585,
l’acquisizione savoiarda. A stendere l’atto fu il
notaio Pompeo Belgrano Peri, esponente d’una
famiglia ch’ebbe per secoli un ruolo rilevante
ad Oneglia, analogamente ad altre dinastie lo-
cali, come i Berio e gli Amoretti. I Belgrano Peri
erano per tradizione giuristi, tuttavia la fedeltà
ai Savoia indusse i discendenti di Pompeo ad
assumere anche incarichi militari; Saverio, capo
del Genio Militare realizzò nel 1761-69 a Cagliari
numerosi edifi ci pubblici e religiosi.
Le divisioni tra Porto Maurizio e Oneglia
erano ormai giustifi cate anche a livello politi-
co, tuttavia nel corso del ‘600 non mancarono
i tentativi d’integrazione tra due centri dagli
interessi economici fatalmente convergenti.
Giovanni Domenico Belgrano, laureato in me-
dicina a Pisa, aveva sposato la fi glia del nobile
portese Tommaso d’Acquarone, e quando la
crisi dinastica dei Savoia portò alla nascita del
Principato di Oneglia si fece suddito genove-
se. Il fi glio Paolo sposò nel 1691 la sorella del
banchiere portese Pantaleone Ricci, e solo nel
‘700 i suoi discendenti riportarono gl’interessi
familiari a Oneglia, a seguito di matrimoni con
i Berio (armatori), i Musso (notai), e i Delbecchi,
proprietari terrieri.
Il 27 giugno 1798 circa settemila armati
“genovesi” partiti da Porto Maurizio e da Dia-
no attaccarono Oneglia; ma il coraggioso go-
vernatore sabaudo, Giorgio De Geneys, riuscì
con soli 800 uomini, in gran parte volontari, a
riportare una clamorosa vittoria. Pochi mesi
dopo Napoleone avrebbe chiuso la partita,
sconfi ggendo a Marengo gli austro-piemontesi,
tuttavia quell’episodio segnò profondamente i
rapporti tra le due sponde dell’Impero e anche
la fi ne delle ambizioni politiche dell’ambizioso
orafo Giovanni G. Belgrano, capo del partito
fi lo-francese ad Oneglia.
Nuove Filiali
28 La Banco nota
I Greppi I Greppi a Rubieraa Rubiera
Come le antiche opere pie presenti nel paese passarono
di mano attraverso i secoli, fi no ad entrare in possesso di
una delle famiglie più ricche di Milano
Rubiera, caposaldo dei Reggiani là dove
la Via Emilia incrocia il Secchia, ai piedi
dell’Appennino, nel 1423 venne “scip-
pata” ai Boiardo dal duca Niccolò III d’Este, in
cambio della contea di Scandiano.
Pochi anni dopo il duca diede campo libero
a Rubiera ai Sacrati: dopo il clamoroso caso
della moglie Parisina Malatesta, che aveva
fatto decapitare nel 1425 insieme all’amante
(Ugo, uno dei suoi fi gli), per il geloso Niccolò
era indispensabile conservare l’appoggio delle
maggiori casate ferraresi. Il controllo dei Sacrati,
un ramo dei quali s’era inserito con successo
anche a Firenze, venne sancito a Rubiera dalla
costruzione del Palazzo oggi sede municipale.
Tuttavia il borgo - come ribadì nel 1442 Leonello
d’Este - rimase soggetto ai duchi, che preferi-
vano lasciare sia ai reggiani che ai modenesi
la speranza d’assicurarsi il controllo delle rive
d’un fi ume soggetto a piene rovinose, ma che
consentiva acqua e foraggio al bestiame.
I rapporti con il governo divennero pro-
blematici dopo il 1523: i duchi, coinvolti nella
complessa lotta tra gli Asburgo e i Valois per la
supremazia in Italia, decisero di trasformare le
mura del Forte in bastioni resistenti alle artiglie-
rie e fecero abbattere gli edifi ci circostanti nel
raggio di 500 metri. Venne distrutto anche l’an-
tico “hospitale” di S. Maria, situato al’imbocco
del ponte sul Secchia, che da secoli garantiva ai
viandanti cibo, alloggio per una notte e anche
qualche cura medica. Aldobrandino Sacrati, i
cui avi sin dal 1433 ne amministravano il patri-
monio fondiario, decise allora di far costruire
un nuovo grandioso edifi co su terreni propri
posti a nord dell’abitato, in corrispondenza d’un
antico guado, i cui diritti di passaggio furono
concessi all’hospitale. La costruzione di questo
grande complesso rinascimentale, restaurato
e riaperto al pubblico in anni recenti, non fu
suffi ciente a segnare un’inversione di tenden-
za nella realtà economica locale, fortemente
condizionata dalle servitù militari.
Nel 1569 il Podestà Battista Cefalo segnalava
al Duca la continua emorragia di abitanti, che
abbandonavano le case. Lui si preoccupava
più per la conseguente diffi coltà di difendere
il borgo che per i rifl essi sull’economia. Non
era infrequente tra i giovani la scelta d’andare
a prestare il servizio militare in altre zone, no-
nostante la minaccia di sanzioni pecuniarie e
corporali.
Nel XVIII secolo, durante la lunga perma-
nenza al potere di Francesco III, andò ulterior-
mente consolidandosi il ruolo di Modena quale
eff ettiva capitale del ducato; lo era diventata
legalmente dal 1598, dopo che il papa Cle-
mente VIII era riuscito a sottrargli la signoria su
Ferrara, grazie al decisivo sostegno della nuova
dinastia francese, i Borbone. Francesco III, molto
legato alla corte austriaca, introdusse nei suoi
stati alcune riforme di matrice illuministica.
Tra queste, l’accentramento a Modena delle
funzioni assistenziali, sia per i malati che per
gl’indigenti, con conseguente soppressione
di Francesco Ronchi
Nuove Filiali
29La Banco nota
delle antiche opere pie diff use sul territorio, il
cui patrimonio fondiario venne utilizzato per
portare a termine la costruzione dell’Ospedale
di S. Agostino e dell’Albergo delle Arti (oggi
Palazzo dei Musei).
Così scriveva confi denzialmente nel 1767 il
segretario del duca: “Fra i Luoghi pii soppressi...
[gli] Ospedali di Pellegrini, divenuti ricettaco-
lo di vagabondi e birbanti, infesti moltissimo
alla pubblica quiete; e tra questi è stato un
luminoso colpo ... la soppressione [di quello di
Rubiera], di cui oltre ai ragguardevoli fondi... si
sono ritirate anche tutte le suppelletili mobili
e utensili...” . Nell’atto pubblico d’acquisizione
(maggio 1765) il duca aveva promesso che i
poveri di Rubiera non sarebbero stati dimenti-
cati, ma da Modena non giunsero che briciole,
se paragonate al gettito assicurato dalle mille
biolche di terreno sino ad allora gestite dai Sa-
crati. Le proteste servirono solo ad aggravare
la situazione: nel 1768 il governo requisì anche
l’antico convento dei francescani, cui erano sta-
ti legati dai nobili personaggi ivi sepolti varie
forme d’elemosina ed assistenza.
A togliere il duca dall’imbarazzo di cercare tra
i suoi sudditi un compratore disposto a sfi dare
il risentimento della popolazione pensò uno
degli uomini più ricchi di Milano, strettamente
legato a Vienna: Antonio Greppi (1722-99), un
mercante originario della Val Gandino che solo
dal 1778 poté fregiarsi del titolo di conte. Egli
investì subito forti somme nella trasformazio-
ne dell’Ospedale in un’azienda agricola e del
convento in un palazzo nobiliare, affi dato al
fi glio Marco, sposo dal 1785 della nobile pavese
Teresa Opizzoni.
La fi liale del Banco Desio
a Rubiera si trova in Via
Emilia Ovest 7
Nuove Filiali
30 La Banco nota
Origini e sviluppi Origini e sviluppi di Guidoniadi GuidoniaLa zona, che nel 1916 aveva accolto un campo di volo
militare, col fascismo divenne prima la sede dell’Istituto
Sperimentale Aeronautico, e poi del Centro Studi ed
Esperienze dell’Aeronautica
Nel 1887 entrò in funzione la ferrovia Roma-Sulmona. Poiché le gallerie
incidevano sui costi, la stazione “Montecelio – S. Angelo” sorse a 5
km dai due antichi paesi, posti sulla sommità dei colli. Montecelio,
noto per le cave di travertino, nei secoli era appartenuto ad alcune grandi
famiglie romane, tra cui i Crescenzi . La grande Rocca, rinnovata agli inizi
del ‘500 dal cardinal Giovanni Battista Orsini, a fine ‘700 era mezza diruta;
i Borghese, che l’acquistarono dai Cesi poco dopo quella di S. Angelo, vi
ricavarono due cisterne per l’acqua potabile.
Nell’estate del 1916, in pieno confl itto mondiale, i campi di grano intorno
al Casale dei Prati, prossimi alla linea ferroviaria, vennero trasformati in un
campo di volo militare; esso venne intitolato ad Alfredo Barbieri, un aviatore
romano caduto pochi mesi prima durante un duello aereo sopra Lubiana.
Nel Casale ebbe sede il comando, mentre per gli uffi ciali istruttori della
scuola di volo si trovò posto a Montecelio. Alla fi ne della guerra gli allievi
erano circa 500, tuttavia la rapida smobilitazione rese la struttura presso-
ché inutilizzata sino al 1923, quando il generale Alberto Bonzani, legato a
Mussolini ma anche alle aziende costruttrici
(un settore ad alto tasso di malversazione)
decise di collocarvi l’Istituto Sperimentale
Aeronautico, dotato l’anno seguente d’una
galleria aerodinamica.
Il 27 aprile 1935, sette anni dopo la tragica
scomparsa d’uno dei primi referenti militari
dell’I.S.A, l’ ing. Alessandro Guidoni, precipitato
durante la sperimentazione d’un paracadute, il
Duce pose la prima pietra d’una città giardino,
La fi liale del Banco Desio Lazio
a Villanova di Guidonia è in
Viale Maremmana Inferiore 218di Francesco Ronchi
Nuove Filiali
31La Banco nota
destinata al personale del nuovo Centro Studi
ed Esperienze dell’Aeronautica. Si trattava d’un
intervento sponsorizzato da Italo Balbo, dive-
nuto il dominus dell’aviazione fascista dopo
il passaggio di Bonzani ai vertici dell’Esercito;
la scelta di dedicare il nuovo centro ad un an-
ziano tecnico noto ormai quasi soltanto agli
addetti ai lavori era funzionale all’annosa lotta
del “tecnocrate” Balbo contro i vecchi uffi ciali
dell’aeronautica ancora legati ad una visione
eroico-dannunziana. Altro protagonista della nascita di Guidonia, e della
sua inclusione tra le cosiddette Città di Fondazione (più tipicamente “fasci-
ste”, per l’ostentata monumentalità, rispetto alle città giardino) fu Alberto
Calza Bini, presidente dell’ Istituto Case Popolari della capitale, cui venne
affi dato l’onere della costruzione; egli scelse quale progettista principale il
fi glio Giorgio, un architetto razionalista ancor fresco di studi. La costruzione
fu realizzata in tempi rapidi; nell’ottobre 1937 venne costituito il comune
di Guidonia, ma uno degli edifi ci più signifi cativi, la chiesa di N.S. di Loreto,
venne completata solo nel 1938.
In quegli anni si stabilirono a Guidonia diversi scienziati e furono messe
a loro disposizione strutture d’avanguardia nel campo dell’avionica e della
meteorologia.
Ciò implicò un notevole impegno fi nanziario, cui Balbo dovette far fronte
limitando l’acquisto di nuovi apparecchi. Alle nuove gallerie del vento e alle
imponenti installazioni del Centro Studi s’accedeva dal Largo Duca d’Aosta;
data la vastità del complesso e l’abbondanza di alberi, che servivano anche
a scopo mimetico, era questa la vera città giardino. Essa venne gravemente
danneggiata dai bombardamenti angloamericani, ed alcuni edifi ci venne-
ro poi minati dai tedeschi in fuga. Nei primi anni del Dopoguerra i ruderi
rimasero una sorta di terra di nessuno, utilizzati come cava e/o discarica,
mentre il quartiere di Calza Bini potè presto accrescere il numero dei resi-
denti grazie al rapido ripristino funzionale del campo di volo, uno dei primi
cui pervennero a Roma gli aiuti alimentari degli Alleati.
Dagli anni ‘60 la prossimità alla Capitale ha favorito un notevole incre-
mento dell’edilizia - anche sotto forma di quartieri-satellite sostanzialmente
autosuffi cienti - del vasto territorio comunale di Guidonia, suddivisa in nove
circoscrizioni per complessivi 75 mila abitanti. La conformazione collinosa,
ma soprattutto la presenza d’infrastrutture che intersecano il territorio (non
ultima la “bretella” autostradale) ha reso e rende diffi cile l’integrazione tra
le varie frazioni; uno dei campi su cui si punta è la valorizzazione del patri-
monio archeologico, testimoniato soprattutto dai resti di numerose ville
d’epoca romana del Parco regionale Archeologico dell’Inviolata.
Nuove Filiali
32 La Banco nota
Da re Pipino Da re Pipino al Regno al Regno d’Italiad’Italia
Decisamente ricca la storia di Bussolengo, paese dalle origini antiche ma dalla metà del 1900
proiettato senza preoccupazioni verso il futuro
La ricchezza d’acque e il clima dei territori
attorno alla sponda orientale del lago di
Garda hanno favorito lo stanziamento di
diverse popolazioni fin dall’età del bronzo, circa
1500 anni prima di Cristo.
Di questi insediamenti primitivi se ne sono rile-
vate tracce nella zona di Bussolengo, parte di un
più ampio territorio che sarebbe stato interessato
prima dagli stanziamenti dei Reti, dei Veneti e dei
Celti, e poi - ormai in epoca storica - dei Romani,
dei quali sempre la zona di Bussolengo mantiene
qualche testimonianza, come quelle che sono
conservate all’interno della chiesa di San Salvor,
un’enorme pietra trasformata in battistero e un
cippo con un’iscrizione in latino.
Di certo interessata da tutti gli accadimenti che
si successero a partire dal periodo romano su su
nel tempo fi no al Medio Evo, della zona di Bus-
solengo si hanno le prime notizie nell’anno 807,
quando re Pipino, il fi glio di Carlo Magno, dona
all’abate del monastero di san Zeno di Verona un
terreno in San Vito al Mantico. Il territorio non ha
ancora il nome di Bussolengo, ma di Gussilingus,
da cui dovrebbe derivare, e di cui si ha traccia in
un documento dell’epoca.
Da quel periodo in poi, non si riscontrano
eventi importanti per il territorio fi no al XII seco-
lo, quando sembra essere entrato a far parte dei
possedimenti di una signoria locale, quella degli
Olderico, dedita allo sfruttamento dei terreni
ma anche al mestiere delle armi visto che il suo
esponente più famoso è Garzapane, un soldato e
un uomo di un certo peso visto che faceva parte
della cerchia degli amici dell’imperatore Federico
Barbarossa. Proprio sotto gli Olderico - riporta
il sito internet del municipio di Bussolengo - la
di Alessandra Monguzzi
Nuove Filiali
33La Banco nota
La fi liale di Bussolengo
del Banco Desio Veneto
si trova in Via Gardesana
70, Ang. Via San
Crispino 16
zona si sarebbe organizzata sotto la forma di un
primitivo comune, il cui primo podestà fu Garzeto
fi glio di Olderico di Garzapane.
Certo, sotto il dominio delle grandi famiglie
che si susseguirono nel controllo di quel territorio,
gli Scaligeri, i Visconti, i Carraresi, le prerogative
del comune non poterono superare certi limiti,
e ciò fi no agli inizi del XV secolo. Poi, fra il 1404
e il 1405, tutta la zona passa sotto il dominio di
Venezia la quale, per tenere sotto controllo le
vie di comunicazione e i guadi dell’Adige, fece
edifi care nel territorio di Bussolengo un accam-
pamento fortifi cato, nei luoghi dove ora sorge
il convento di San Francesco.
L’impronta veneziana da quel momento in poi
si fa decisamente sentire: viene avviata la riforma
del sistema amministrativo locale e viene stilato
l’elenco (il “Catastico”) delle proprietà terriere.
Inoltre, visto che la zona è una delle più fl oride
di tutto il Veronese, diventa sede di un mercato
settimanale (dal 1409) ed è luogo di passaggio
delle merci provenienti da nord.
Bussolengo dunque segue le sorti della Se-
renissima attraverso i secoli successivi fi no alla
fi ne del 1700 quando il vento napoleonico im-
pose nuove situazioni in Italia come in Europa.
Con il trattato di Campoformio (ottobre 1797),
Napoleone strappa all’Austria il Belgio e Milano
in cambio di Venezia. Una manciata d’anni e Na-
poleone è ancora in Italia, sbaraglia gli austriaci
a Marengo, e impone la pace di Luneville, che
prevede per il Veneto la sottomissione alla Re-
pubblica cisalpina e quindi alla Francia.
Scomparso Napoleone, il congresso di Vien-
na ristabilisce e ridisegna le linee politiche in
Europa, cosa che per l’Italia settentrionale si-
gnifi ca il passaggio defi nitivo sotto l’infl uenza
e il dominio austriaco. Vi si riscatterà solo con
le guerre d’indipendenza, da cui scaturirà quel
Regno d’Italia cui nel 1866 tutto il Veneto ade-
rirà dopo un referendum.
Per quanto riguarda l’economia di Busso-
lengo, occorre ricordare che le attività princi-
pali cui è dedita la popolazione sono ancora
quelle legate all’agricoltura, specialmente da
quando, verso la metà del secolo scorso, la
costruzione del canale Biffi s ha reso possibile
la coltivazione intensiva del pesco, grazie alle
migliori possibilità d’irrigazione. Dal versante
dell’industria, con l’inizio del 1900 anche questa
zona ha benefi ciato di un certo sviluppo, ma
sarà l’artigianato, ed in particolar modo quello
legato al settore delle calzature, a far decollare
il paese negli anni Cinquanta e a farlo guardare
al futuro senza troppe preoccupazioni.
Nel 2000, ricorda sempre il sito del Comu-
ne, erano presenti sul territorio 1131 imprese
presso le quali trovano lavoro 5808 addetti
e particolare rilevanza stavano assumendo il
commercio e i servizi.
Fuoritema
34 La Banco nota
Vive la France!Vive la France!È
indubitabile che ogni lingua accolga, più o
meno favorevolmente, al suo interno paro-
le ed espressioni di altre lingue. La lingua
italiana è sempre stata molto ospitale da questo
punto di vista e se ai giorni nostri è l’inglese a farla
da padrone, nei tempi passati era il francese.
Negli anni ’30 del secolo scorso - con intenti
non solo linguistici - si tentò di arginare l’invasione
e, per la lingua francese, la Valle d’Aosta divenne la
palestra per una “italianizzazione” dagli esiti dubbi
ed anche risibili. La regione montana di confi ne
fu oggetto infatti di una revisione sistematica dei
nomi delle sue valli e delle sue località. Come nel
caso della bella Courmayeur che diventò l’orribile
Cormaiore. A Ollomont e Brusson andò relativa-
mente meglio con Ollomonte e Brussone, mentre
le ridenti valli di Valtournanche e Valsavaranche si
ritrovarono tradotte in Valtornenza e Valsavara. E
non andò di certo meglio alla povera La Thuile, cui
toccò in sorte il celebrativo Porta Littoria….
Fu comunque inutile, molti vocaboli ed espres-
sioni della lingua transalpina si erano insediati già
da tempo e resistettero così tenacemente anche
alle veline del MinCulPop (nda: abbreviazione di
Ministero della Cultura Popolare, organo di go-
verno preposto nel ventennio fascista anche al
presidio della “purezza” della lingua) da arrivare
sino ai nostri giorni vivi e vegeti. Qualche esem-
pio? Menu era già entrato stabilmente nella risto-
razione (liquidando l’italianissima lista) e non ci
avrebbe più abbandonato. Anzi avrebbe goduto
del privilegio di occuparsi - molti anni dopo - an-
che di elettronica e di telefonia cellulare. Hanno
resistito e godono tutt’ora di buona salute anche
toilette, gaff e, reclame, charme per fare qualche
esempio. Ma anche molti termini, celando più o
meno subdolamente la loro origine transalpina,
hanno soppiantato nel tempo l’omologo italico:
fl acone (per boccetta), debutto (per esordio), gilet
(per panciotto), pistone (per stantuff o), pantaloni
(per calzoni).
La lingua francese ci è sempre piaciuta al punto
che se non abbiamo disponibili termini francesi
arriviamo ad inventarceli. Qualche esempio? La
claire (intesa come saracinesca) che i francesi
chiamano rideau, il vin brulé che i francesi chia-
mano semplicemente vin chaud, e, per restare sul
gastronomico, la paillard che in Francia diventa
un escaloppe grillé. Per non citare la più straordi-
naria invenzione sempre di natura gastronomica:
il famoso vitel tonné. Se tentate di ordinarlo in
Francia, dando per scontato che sul menu non
appare, se vi va bene vi guarderanno con bonaria
commiserazione. “Ah les Italiens...”
Datini
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