ad tartaros - martino martini center · 2020. 4. 3. · ad tartaros i mongoli tra oriente ed...

14
SULLa Via deL CaTai Rivista semestrale sulle relazioni culturali tra Europa e Cina ad TaRTaROS I mongoli tra Oriente ed Occidente A cura di Davor Antonucci Dicembre 2016 Anno IX - Numero 14 C ENTRO S TUDI MARTINO MARTINI

Upload: others

Post on 31-Jan-2021

1 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

  • SuLLa Via deL CataiRivista semestrale sulle relazioni

    culturali tra Europa e Cina

    ad tartaroSI mongoli tra Oriente ed Occidente

    A cura di Davor Antonucci

    Dicembre 2016 Anno IX - Numero 14

    CENTRO STUDI MARTINO MARTINI

  • -3-

    Ragazza mongola vestita con costume tradizionali e copricapo in pelliccia, 2007, fotografia a colori, Collezione privata

    CENTRO STUDI MARTINO MARTINIper le relazioni culturali Europa-Cina

    Il Centro Studi intitolato a Martino Martini (1614-1661), missionario gesuita trentino che visse eoperò in Cina, autore di importanti opere in campo storico, geografico e filologico, ha sede a Trento,dove svolge attività di ricerca, studio e documentazione sulla storia, la cultura e la realtà socio-economica della Cina.Pubblica in edizione critica l’Opera Omnia di Martino Martini, la collana storico-scientifica OrsaMinore, la rivista Sulla via del Catai, semestrale sulle relazioni culturali tra Europa e Cina, e la collanaMiscellanea di testi biografici, letterari e teatrali.Promuove e organizza convegni, workshop, seminari, mostre e attività divulgative su temi di caratterestorico, economico, geografico, artistico, filosofico e linguistico.Opera in stretta connessione con l’Università di Trento e intrattiene relazioni e scambi con istituticulturali e accademici italiani, europei e cinesi.

    SULLA VIA DEL CATAIRivista semestrale sulle relazioni culturali tra Europa e Cina

    Direttore responsabile: Riccardo Scartezzini

    Capo-redattore: Aldo Caterino

    Comitato di redazione: Davor Antonucci, Michele Castelnovi (Coordinatore di redazione),Piergiorgio Cattani, Elena Dai Prà, Laura De Giorgi, Paolo De Troia,Elisa Gagliardi Mangilli, Luisa Maria Paternicò (Coordinatrice diredazione), Paolo Rosa, Wang Leilei, Yu Weiwei, Zhang Gangfeng

    Comitato scientifico: Federico Masini (Presidente)Luigi Bressan, Patrizia Carioti, Lucia Caterina, Claudia von Collani, NoelGolvers, Isaia Iannaccone, Alessandra Lavagnino, Tiziana Lippiello,Giuseppe O. Longo, Renato Mazzolini, Francesco Montessoro, BarbaraOnnis, Massimo Quaini, Guido Samarani, Francesco Surdich, MarinaTimoteo, Gong Yingyan, Han Qi, Zhang Xiping

    Autorizzazione del Tribunale di Trento Abbonamento annuale: 30 euron. 1321 del 5 aprile 2007 Un numero: 20 euro

    Sulla via del Catai è una rivista referata a livello nazionale e internazionale. Tre membri del Comitatoscientifico operano la peer review, ricorrendo, ove necessario, anche a esperti esterni.Amministrazione, Direzione, Redazione, Acquisti e Abbonamenti:CENTRO STUDI MARTINO MARTINIVia Tommaso Gar, 14 - 38122 TRENTOtel. 0039 0461 881343fax 0039 0461 881348e-mail: [email protected]: www.centrostudimartini.it

    In copertina: Figuranti vestiti come guerrieri mongoli medievali, 24 giugno 2007, fotografia a colori,Collezione privata

  • In alto: François Philipp, Monumento a Činggis Qan, in Mongolia, 2010, fotografia a colori, Collezione privata

    In basso: Taylor Weidman, Una donna mongola munge una femmina di yak a Ikh Tamir, 3 agosto 2016, fotografia a colori, Collezione privata

    In alto: Cacciatore con aquila posata sul braccio destro, 2 ottobre 2010, fotografia a colori, Collezione privata

    In basso: Interno di tenda kazaka a Bayan-Olgii, in Mongolia, 21 luglio 2011, fotografia a colori, Collezione privata

  • -7-

    INDICE

    i MongoLi tra oriente ed oCCidente: La rappreSentazione deLL'aLterità....................................................... 11Davor Antonucci – Sapienza Università di Roma

    iL futuro degLi Studi MongoLi............................................................... 17Igor de Rachewiltz † - Australian National University, Canberra

    i MongoLi e L’“aLtro” ai teMpi deLL’iMpero MongoLo....................... 29Volker Rybatzki - University of Helsinki

    eSt VS oVeSt in terMini MongoLi: i Qan, Le Loro Corti e iL Mondo eSterno.............................................. 41Paul D. Buell - Western Washington University (Bellingham, WA)Francesca Fiaschetti - Hebrew University of Jerusalem

    uoMini d’oLtreCortina inContro aLL’aLtro........................................ 67Giuseppe Buffon - Pontificia Università Antonianum (Roma)

    Le fonti MedieVaLi ruSSe SuLLa SubordinazionedeLLa ruS’ aLL’iMpero MongoLo............................................................ 79Roman Hautala - Università di Oulu, Finlandia

    daLu YuQuan e gLi aLtri: funzionari MongoLi aLLa Corte dei Ming............................................. 93Donatella Guida - Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”

    tra Mito e reaLtà: La tartaria negLi SCritti dei SeCoLi XVii-XViii.............................. 107Davor Antonucci - Sapienza Università di Roma

    gLi interSCaMbi Sino-MongoLi e L’iMpreSa MiSSionaria: La CoMunità CattoLiCa a boro baLγaSun (ChengChuan 城川)........ 121Patrick M.W. Taveirne - The Chinese University of Hong Kong

    L’autonoMia buriato-MongoLae La deCoLonizzazione in aSia, 1917-1923........................................... 145Ivan Sablin - National Research University Higher School of Economics, San Pietroburgo Lama nel monastero di Gandan, a Ulan Bator, capitale della Mongolia, 1981,

    fotografia a colori, Collezione privata

  • In alto: Un monaco buddista prega davanti a una statua colossale, 2011, fotografia a colori, Collezione privata

    In basso: Piazza Sukhbaatar a Ulan Bator, il cuore della capitale mongola, 2011, fotografia a colori, Collezione privata

    In alto: Cammelli battriani da corsa in attesa della partenza di una gara, 18 marzo 2007, fotografia a colori, Collezione privata

    In basso: Due giovani mongoli vestiti all’occidentale, 31 ottobre 2011, fotografia a colori, Collezione privata

  • Nel periodo di massimo splendore l'Im-pero mongolo arrivò a toccare un'areavastissima dall'Estremo Oriente – Cina,Giappone, Giava, Vietnam – fino all'Occi-dente – i principati della Rus' di Kiev,l'Ungheria, la Polonia, fino a lambire Vi-enna, passando per gli immensi spazi del-l'Asia centrale e della Persia; non tuttiquesti paesi furono sottomessi al giogomongolo ma subirono comunque le con-seguenze dell'espansionismo dei nomadidelle steppe. La furia conquistatrice messain moto da Činggis Qan (questo il nomedel grande condottiero mongolo meglionoto con la trascrizione anglofona ČinggisQan) e portata avanti dai suoi successorisembrò destinata a travolgere il mondo al-lora conosciuto e assoggettarlo al dominiodel cavaliere mongolo. La Storia segretadei mongoli, il racconto epico sull'originee la vita del condottiero mongolo, narrache alla sua nascita Temüjin – questo ilnome di Činggis Qan prima della sua sca-lata al potere – stringesse un grumo disangue nella mano, segno della sua futuraascesa e sete di conquista. Ed invero le ar-mate mongole sotto il suo comando sem-bravano non trovare avversari in grado difermarne l'avanzata. Solo agenti esterni sifrapponevano tra i mongoli e la conquistadel mondo: il vento divino (kamikaze) inGiappone, le giungle paludose del sud-estasiatico impraticabili per la cavalleriamongola, o la morte improvvisa del caposupremo che salvò l'Europa da una con-quista che appariva certa. Se da una parteinizialmente i mongoli nella loro spintaconquistatrice avevano ovunque seminatodistruzione e terrore, tanto che in Europavennero chiamati “tartari” accostando perassonanza il nome di una delle principalie più temute tribù della Mongolia, i“tatari”, con gli abissi infernali del Tar-tarus, dall'altra l'ascesa della potenza mon-gola e il periodo di pace e stabilità che neseguì – la cosiddetta pax mongolica – rap-

    presentò un punto di svolta nei rapportitra Oriente e Occidente. Infatti, le immensedistanze che nell'antichità avevano sepa-rato i più grandi imperi, quello romano equello cinese degli Han, improvvisamentesvanirono sotto il giogo del dominio mon-golo. Fu questo un periodo ricco di scambi,soprattutto commerciali, durante il qualeun numero crescente di mercanti e mission-ari europei fu in grado di raggiungere, conuna certa tranquillità, l'altro estremo delcontinente eurasiatico. Nella costruzionedel loro grande impero i mongoli dovetteroquindi incontrarsi e scontrarsi con popo-lazioni, culture e usanze, così come credireligiosi, estremamente variegati e nuoviai loro occhi. Difficilmente si può trovarenel mondo premoderno una simile congeriedi genti e popoli sotto un unico dominatore.Quale fu l'atteggiamento dei mongoli neiconfronti delle popolazioni e delle culturesottomesse? E come vedevano le popo-lazioni assoggettate il dominatore mon-golo? Il rapporto tra nomadi e sedentariha determinato e plasmato il dialogostorico, economico e culturale tra Orientee Occidente nei secoli XIII-XVIII lasciandoprofonde influenze e cicatrici che ancoraoggi affascinano per la loro complessità.

    Se è attraverso il dialogo e laconoscenza che una cultura “conquistapiena coscienza di sé e rappresenta il pro-prio passaggio da uno stadio «insulare»ad uno «relazionale»”, il superamentodelle steppe mongole – le “isole” verdi deinomadi – e la conseguente cavalcata finoai confini del mondo ha imposto al cava-liere mongolo la necessità di relazionarsicon l'altro, con un diverso che non di radoè rappresentato dall'agricoltore sedentariocon il suo bagaglio di tradizioni e culture.Dunque il confronto con l'alterità ha cer-tamente giocato un ruolo fondamentale inquesto rapporto dialogico tra i mongoli e ipopoli con cui vennero in contatto e vicev-ersa. Ad esempio l'Europa del Settecento

    -11-

    i MongoLi tra oriente ed oCCidente: La rappreSentazione deLL'aLterità

    Davor Antonucci – Sapienza Università di Roma

    In alto: Jim Garamone, Guardia d’onore mongola porge il saluto al generale americano Richard B.Myers durante la sua visita in Mongolia, 13 gennaio 2004, fotografia a colori, Collezione privata

    In basso: Allevatori di cavalli bradi portano gli animali al pascolo, 10 luglio 2010, fotografia a colori, Collezione privata

  • ha fatto ampio uso di questo “Oriente bar-barico” e della figura di Činggis Qan dec-linandolo come paradigma di impero illu-minato o della barbarie secondoconvenienza. Il confronto con l'alterità, siaessa culturale, politica, economica o reli-giosa, rappresenta il filo conduttore diquesto numero monografico che si dipanalungo un percorso diacronico partendodalla fondazione dell'Impero mongolo egiungendo fino alle prime decadi del secoloscorso, abbracciando dunque periodistorici differenti, così come luoghi tra lorolontani, da un capo all'altro del continenteeurasiatico.

    Nei contributi al volume sono ben iden-tificabili le diverse percezioni in campo:da una parte i mongoli – quali conquista-tori ma anche promotori, più o meno con-sapevoli, di politiche di adattamento erielaborazione culturale –, dall'altra ipopoli sottomessi o semplicemente minac-ciati dalla presenza mongola con le loronarrazioni ricche di elementi utili sulla per-cezione dell'alterità.

    Del primo gruppo si è sottolineatocome i mongoli medioevali manifestasserotanto negli editti, nei sigilli, quanto nellelettere inviate a sovrani europei un assolutosenso di superiorità nei confronti degli altripopoli e nazioni, e di disprezzo per tuttociò che non fosse mongolo (Rybatzki); altempo stesso si è rilevato come influenzeesterne – si pensi al nestorianesimo – fos-sero già presenti prima dell'inizio dell'epo-pea mongola. In che modo la combinazionedi elementi nuovi e tradizionali abbia in-fluenzato la visione del mondo dei mongolie la loro percezione dell'altro risulta quindiun aspetto di fondamentale importanza(Buell-Fiaschetti). È indubbio che l'espan-sione mongola e il bisogno di nuove forzemilitari abbiano portato ad una visionedell'altro più flessibile e a processi di assi-milazione. Tuttavia il mantenimento dellaidentità e delle tradizioni imperiali permise

    ai mongoli di operare all'interno di unacornice di valori condivisi, seppur immersiin contesti culturali e geografici assai di-versi. Ciononostante la caduta della dina-stia mongola degli Yuan in Cina ha dimo-strato che la lunga permanenza tra i cinesiaveva finito col sinizzare una parte deimongoli che preferirono giurare fedeltàalla nuova dinastia Ming piuttosto che ri-tornare nella terra dei propri avi (Guida).Ancora durante le prime decadi del secoloscorso il problema dell'identità delle di-verse anime del popolo mongolo emergein tutta la sua drammaticità allorché i mon-goli buriati si trovarono stretti nelle contesepolitiche in Asia orientale, tra interessigiapponesi, americani e russi, e la con-trapposizione con i coloni contadini russi(Sablin).

    La percezione dei mongoli come ele-mento di alterità è l'oggetto degli altri studiin questo volume. Gran parte della narra-zione dell'altro è opera in questo caso direligiosi cristiani, per lo più missionari chesi recarono in partibus infidelium che cihanno lasciato preziose fonti di informa-zioni. A cominciare dalle cronache russeche, sebbene poco conosciute, rappresen-tano fonti di estrema importanza, le deva-stazioni che descrivono dimostrano al con-tempo la totale ignoranza sull'origine deimongoli. L'arrivo dei mongoli e la nascitadell'Orda d'Oro è ricordata non solo comela fine del periodo di prosperità, ma anchecome rinuncia all'identità cristiana dei so-vrani che dovevano partecipare ai riti pa-gani del conquistatore mongolo (Hautala).Sebbene i mongoli avessero causato distru-zione e terrore in Occidente, la loro com-parsa sulla scena europea fornì anche ter-reno di conquista spirituale per lacristianità, e per gli ordini mendicanti inparticolare, sull'onda della conversioneomnium gentium; questi ultimi si dimo-strarono decisi a creare un cristianesimomongolo come ponte tra le culture (Buffon).

    -13-

    In alto: Lottatori mongoli al Naadam Festival di Washington DC, 10 luglio 2013, fotografia a colori, Collezione privata

    In basso: Pastori mongoli a cavallo passano vicino a un villaggio di yurte, nella valle dell’Orkhon,vicino a Kharkhorin, 26 maggio 2005, fotografia a colori, Collezione privata

  • La fine della pax mongolica, e le divisionitra i successori di Činggis Qan determi-narono la caduta nell'oblio dei mongolinell'immaginario europeo; furono i mis-sionari gesuiti verso la fine del XVII secoloa ripercorrere nuovamente le steppe e arelazionare sui “tartari”. Esponenti dellacultura europea del Seicento, essi si pre-occuparono di trasmettere da una parteuna descrizione della Tartaria e dei tartarisecondo i canoni moderni, scevra cioè deglielementi fabulistici e delle mirabilia deiracconti medioevali, dall'altra di narrarnela storia e i costumi sulla base dell'osser-vazione diretta e delle fonti (Antonucci).Infine furono i padri Scheut a riuscire astabilire nella seconda metà del XIX secolouna missione permanente nella MongoliaInterna. Tuttavia la loro presenza e attivitàsuscitarono attriti e aperta opposizione,soprattutto dell'aristocrazia mongola,cionondimeno mongoli, cinesi e missionarieuropei furono attori di scambi culturaliin un periodo caratterizzato da grandi cam-biamenti nelle steppe al di là della GrandeMuraglia (Taveirne).

    Dai contributi contenuti in questo vol-ume appare evidente come l'argomento del-l'alterità e dei rapporti culturali sia dec-linabile in diversi termini; ma soprattuttoemerge la complessità e la ricchezza deglistudi mongoli che spesso richiedono allostudioso – in considerazione proprio delle

    molteplici culture, da Oriente a Occidente,con cui vennero in contatto – competenzelinguistiche specifiche tali da permetterglidi accedere alle fonti scritte, presuppostoindispensabile per lo studio della storia edella cultura mongola nelle sue molteplicisfaccettature.

    Igor de Rachewiltz (Roma 1929 - Cam-berra 2016) ha rappresentato il modellodi studioso rigoroso e appassionato,grande conoscitore della lingua e culturasia mongola sia cinese, ha dedicato tuttala sua carriera ad approfondire con rigorescientifico la storia politica e culturaledella Mongolia e della Cina dei secoli XIIIe XIV, così come i contatti culturali tra Ori-ente e Occidente nello stesso periodo. Lasua traduzione commentata ed annotatadella Storia segreta dei mongoli in due vo-lumi rappresenta il frutto di decenni diricerche, un opus magnum di impareg-giabile valore. Studioso e divulgatore ri-conosciuto e apprezzato in tutto il mondoha trascorso tutta la sua carriera accad-emica in Australia, spesso è tornato inItalia, da dove aveva mosso i suoi passi,per tenere corsi e seminari a noi giovanistudenti di Studi Orientali. La sua pas-sione per la ricerca e per il futuro deglistudi mongoli si può apprezzare nell'ar-ticolo che ci ha inviato come sorta di tes-tamento. Questo numero è dedicato allasua memoria.

    -15-

    Figurante vestito da guerriero mongolo medievale con arco, faretra, spada e fodero, 8 luglio 2011,fotografia a colori, Collezione privata

  • (traduzione dall'inglese di Davor Antonucci)

    Abstract: Historically Europe met theMongols for the first time in the XIII c.through the onslaught of their horsemenfollowed by diplomatic missions and travelaccounts, notably by Franciscan monksand Marco Polo. After a break of severalcenturies, the West rediscovered the Mon-gols, mainly through the reports of Catholicmissionaries in the XVII c. and the Russ-ian expansion in Central Asia and the FarEast. Ever since, the  Mongol language,history and culture have been assiduouslyinvestigated in Europe, Asia and America.After the collapse of Communism in 1990and the subsequent revival of liberal artsand  culture in Mongolia, combined withthe discovery of vast mineral resources inthe Gobi, the country has become the focusof attention in many fields. Its cultural andmaterial riches offer new and ample op-portunities for scholars, archaeologists andanthropologists, as well as for businessmenand adventurous travellers. 

    Secondo la tradizione storica tibeto-mongola, i mongoli si convertirono al bud-dismo due volte: una volta sotto QubilaiQan (r. 1260-1294), e l’altra sotto AltanQan dei Tümed (r. 1542-1582). La cosid-detta “prima conversione” fu il risultato diun particolare interesse da parte dell’im-peratore mongolo per il paese, la cultura eil clero del Tibet, piuttosto che un’adozioneformale della fede lamaista. La nomina delmonaco tibetano ‘Phagspa Lama (1235-1280) della potente scuola Saskya, a pre-cettore imperiale fu, infatti, ampiamentedeterminata da raison d’État.

    A causa della posizione geografica delTibet, che dominava i confini occidentalidella Cina, e del carattere fiero e abbastanzaimprevedibile dei suoi abitanti, il controllosulla “Terra delle Nevi” era di primaria im-portanza per un principe mongolo, la cui

    carica era quanto mai precaria, essendostata l’ascesa al trono di Qubilai nel 1260tutt’altro che regolare. Inoltre, Qubilaiaveva tutte le intenzioni di fare del norddella Cina il suo centro di potere e, di con-seguenza, il centro del suo vasto regno. Maè anche vero che il nuovo imperatore avevastretti legami personali con ‘Phagspa, uomodi straordinaria intelligenza, a tal punto dafarne il tutore del figlio ‡inggim e affidan-dogli nel 1269 la riforma della scritturamongola. Questo comportò la sostituzionedi un alfabeto stilisticamente bello, ma fo-neticamente inadeguato, con meno di ventilettere, preso dai turchi uiguri mezzo secoloprima, con un alfabeto fonetico veramenteinternazionale, il primo del suo genere, conil doppio delle lettere. Possiamo inoltresupporre che le pratiche religiose sia delclero che dei laici tibetani, intrise di cre-denze sciamaniche, il variopinto pantheonlamaista e la generale dipendenza da sorti-legi, danze e riti magici, attraessero Qubilaie la sua corte mongola più delle altre fedimeno variopinte del loro impero multicul-turale.

    Tuttavia, e a dispetto di tutte le sue at-trattive, il lamaismo non penetrò nella so-cietà mongola dei secoli XIII-XV per man-canza di interesse e di attività missionaria.Cinquant’anni dopo la morte di Qubilai, lacorte mongola manteneva del buddismosolamente le pratiche tantriche più disdi-cevoli, mentre la maggioranza (se non latotalità) dei mongoli in Cina e in Mongoliacontinuava a praticare lo sciamanesimo el’animismo autoctoni. È interessante notareche il cristianesimo, nella sua forma ne-storiana, per giunta ampiamente corrotta,sopravvisse tra le tribù di lingua turca, gliönggüt, che erano stanziate lungo il confinesettentrionale della Cina, nell’odierna Mon-golia Interna.

    Pertanto, la conversione di QubilaiQan, e la “prima conversione” dei mongoli(e così le cronache mongole successive)

    -17-

    iL futuro degLi Studi MongoLiIgor de Rachewiltz † - Australian National University, Canberra

    Anige, Ritratto di Qubilai Qan, 1294, dipinto su seta, Taipei, National Palace Museum

  • furono in gran parte, se non completa-mente, fittizie, certamente un evento dibreve durata nella storia politica della di-nastia mongola. Di contro, la “seconda con-versione” fu un evento serio e globale. Que-sta volta la ragione fu una vera esplosionedi fervore religioso di un sovrano mongolodiscendente di Činggis Qan, Altan Qan(1507-1582), della lega delle tribù tümed.Altan Qan si convertì formalmente al bud-dismo tibetano nel 1577 e subito dopodiede il titolo di Dalai Lama al capo dellascuola tibetana dei Berretti Gialli (Gelug-pa), conferendo questo titolo mongolo po-stumo ai suoi due predecessori. Il DalaiLama appena nominato dichiarò che AltanQan fosse la reincarnazione di Qubilai Qaned egli stesso quella di ‘Phagspa Lama.

    Mentre la conversione di Altan Qangettò le basi per le future relazioni tra Tibete Mongolia, in cui il primo svolse il ruoloche la Grecia ebbe nei confronti dell’anticaRoma, l’ampia diffusione del lamaismo trai mongoli fu resa possibile dall’intensa at-tività di stampa di libri nei secoli XVII-XVIII nella Cina dei Qing. L’apice si rag-giunse con la traduzione e la pubblicazione,sotto il patronato mancese, delle scritturebuddiste in mongolo (sia il Kan†ur che ilTan†ur), e la loro distribuzione nei mona-steri antichi e in quelli nuovi e tra i nobilimongoli. Molte di queste xilografie, la granparte prodotte nella capitale Pechino, rag-giunsero infine anche la Russia e altri paesidell’Europa e, molto più tardi, l’America,dopo essere state acquistate o trafugate. Inquesto modo, la Mongolia divenne un paesebuddista lamaista fino agli anni Trenta delNovecento, quando la religione venne bru-talmente repressa dal regime comunista.

    Un fenomeno alquanto simile, mutatismutandis, si può osservare nella prima enella seconda “scoperta” dei mongoli daparte dell’Occidente. In effetti, fu propriopoco prima e durante il regno di Qubilaiche un pugno di frati francescani, in qualità

    di inviati dell’Occidente, e il venezianoMarco Polo nei loro vividi racconti diederola prima immagine veritiera del mondomongolo osservato dall’interno. Questi fu-rono seguiti da ambasciate più formali daentrambe le parti e, infine, da un’improba-bile alleanza tra le nazioni cristiane e imongoli che, come sappiamo, non ebbeconseguenze. Tuttavia alla fine del XIII se-colo l’Europa aveva scoperto i temuti tartariche avevano provocato così tanto scompi-glio in Occidente solamente sessant’anniprima: e difatti aveva ben presente il regnodi quei “diavoli venuti dall’inferno”. In se-guito questo contatto si perse improvvisa-mente a causa del collasso della dinastiaYuan in Cina avvenuto nel 1368: fu cosìche il primo breve incontro tra Oriente eOccidente cadde nell’oblio per entrambi,eccetto che per la Russia la quale, per suagrande sventura, rimase sotto il giogo mon-golo per altri cent’anni. Scese una cortinadi silenzio e tenne i due mondi separati per250 anni, i.e. fino a quando i primi missio-nari cattolici non arrivarono in Cina allafine del XVI secolo e, ivi stabilitisi, inizia-rono ad inviare in Italia e in Francia le lorotestimonianze oculari. A questo punto lastampa, come in altre occasioni, giocò unruolo fondamentale nella diffusione dellaconoscenza della Cina e dei “tartari” nel-l’Europa della Rinascenza e della post-Ri-nascenza affamata di notizie e informazionisu popolazioni quasi completamente di-menticate e sulle loro steppe nell’UltimaThule. Interessi di tipo religioso, politico ecommerciale stimolarono il processo di ri-scoperta dell’Estremo Oriente e, inevita-bilmente, dei mongoli, i diretti discendentidel fondatore del più vasto impero della sto-ria, che per primo creò una Cina veramenteunificata e il miglior sistema di comunica-zioni che il mondo avesse mai visto.

    I gesuiti e altri missionari in Cina fu-rono degli instancabili scrittori e traduttoridal cinese. I loro racconti e le loro tradu-

    -19-

    Bogdo Gegen Zanabazar, Statua del Panchen Lama, XVII secolo, scultura in bronzo dorato, Collezione privata

  • zioni erano ricercatissimi e pubblicati sianella lingua originale che in altre lingueeuropee. Dopo i lavori pioneristici di M.Ricci (1552-1610) e di F. Verbiest (1623-1688), che tuttavia non riguardavano i mon-goli e la loro storia, arrivò un secolo di “ri-velazioni” dominato dai gesuiti francesi A.Gaubil (1689-1759) e J.A.M. Moyriac deMailla (1669-1748), i quali scrissero am-piamente sulla storia cinese e, nel primocaso, su Činggis Qan e i mongoli. Tra il1739 e il 1785 i loro lavori, insieme a quellidell’orientalista francese J. De Guignes(1721-1800), il quale si occupò anche dimongoli, furono pubblicati a Parigi. Nellostesso periodo (1741), usciva a Helmstedtla Historia Tartarorum ecclesiastica di J.L.Mosheim. Alla fine del XVIII secolo la“seconda scoperta” dei mongoli da partedell’Occidente era un fait accompli.

    Se il merito della loro riscoperta va at-tribuito alla Francia, quello per lo studioapprofondito della loro lingua e cultura nelsecolo successivo va attribuito senza dub-bio alla Russia (per ragioni socio-politiche,molti mongolisti “russi” erano tedesco-olandesi, come I.J. Schmidt, polacchi, comeJ. Kowalewski e perfino mongoli buriati,come D. Banzarov). Tutto ciò avvenne sullascia dell’espansione della Russia imperialenell’Asia centrale e in Siberia sotto i Ro-manov. Vennero stabilite cattedre di studimongoli a San Pietroburgo, Kazan e Vla-divostok, tipografie che utilizzavano ricer-cati caratteri mongoli stamparono splendidegrammatiche e dizionari; perfino i missio-nari evangelici scozzesi aprirono una lorotipografia nel cuore della Siberia, nellaquale nel 1840 stampavano la loro tradu-zione del Vecchio Testamento in mongololetterario: un risultato straordinario per queitempi. Ai mongolisti russi si aggiunserostudiosi provenienti dalla Scandinavia,dalla Finlandia e dalla Germania tra la se-conda metà del XIX e la prima metà delXX secolo, quando si unirono a loro altri

    eccellenti studiosi interessati alla storia,alla lingua e alla società mongola prove-nienti da altri paesi come Polonia, Unghe-ria, Belgio, Giappone, Francia – con ununico ma straordinario studioso – e StatiUniti. Nell’arco di quattro o cinque gene-razioni troviamo, accanto ai fondatori diquesta nuova disciplina (Schmidt, Kowa-levski, A. Bobrovnikov, A.M. Pozdneev eK.F. Golstunskii), i nomi di A.D. Rudnev,V.L. Kotwicz, G.J. Ramstedt, B. Vladimir-cov, N. Poppe, P. Pelliot, E. Haenisch, K.Grønbech, A. Mostaert, L. Ligeti, P. Aalto,H. Serruys e W. Heissig, solo per menzio-nare i più importanti. Questa costellazionedi geni, con una conoscenza impareggiabiledel mongolo e dei mongoli, ebbe una seriedi allievi “ufficiali”, ma fu seguita ancheda un certo numero di giovani studiosi che,prendendoli a modello, portarono avanti latradizione accademica. Ricercatori comeF.W. Cleaves, J.R. Krueger e J.E. Bossonnegli USA, G. Kara e i suoi colleghi a Bu-dapest e Szeged, C.R. Bawden in Inghil-terra, G. Doerfer, K. Sagaster con i suoicolleghi e E. Chiodo in Germania, e l’au-tore di queste righe in Australia, hanno con-solidato tutti quanti, con le loro pubblica-zioni, il lavoro dei loro predecessori. Adispetto dei suoi sconvolgimenti politici,la Russia non ha trascurato il campo deglistudi mongoli con importanti contributisulla storia, la linguistica, la bibliografia,la letteratura epica e l’archeologia ad operadi M. Orlovskaja, N. Yakhontova, P. Rykin,T. Skrynnikova, A.G. Sazykin, V.L. Uspen-sky, S. Nekljudov e N. Kradin, di nuovosolo per citarne alcuni. Negli Stati Uniti,dopo la scomparsa dei grandi maestri, lamongolistica è stata mantenuta in vita e resafruttuosa grazie ad alcuni zelanti studiosiin centri quali le università dell’Indiana, diWestern Washington e del Wisconsin.

    Finora nella mia breve analisi mi sonolimitato esclusivamente agli studiosi occi-dentali, autori di libri ed articoli su vari

    -21-

    Bogdo Gegen Zanabazar, Statua di Begtse, divinità mongola della guerra, XVII secolo, scultura in bronzo dorato, Collezione privata

  • aspetti della cultura mongola nelle lingueeuropee, ma devo subito aggiungere che,nelle ultime decadi, un numero ancoramaggiore di studiosi mongoli, cinesi, giap-ponesi e coreani sono stati impegnati nellastessa ricerca accademica e che oggi il lorocontributo complessivo alla mongolisticaè enorme. In cima alla lista ci sono centricome Ulan Bator, Huhehot, Pechino, To-kyo, Sendai, Osaka e Seoul. Fino a tempirecenti, i propulsori di questa intensa atti-vità sono stati i ricercatori con il loro desi-derio di utilizzare la grande quantità dinuovi materiali in mongolo - manoscritti,xilografie e libri - che vengono costante-mente alla luce. Questi preziosissimi do-cumenti si trovano in molte biblioteche ecollezioni private di tutto il mondo: in Mon-golia, Danimarca, Belgio, Svezia, Turchia,Russia, Germania, Iran, Cina, Corea, Giap-pone, India, Tibet, Australia e altri paesi. Aquesti si devono aggiungere gli abbondantireperti archeologici ritrovati in anni recentiin Mongolia e nella Mongolia Interna. La“tavola mongola” è continuamente arric-chita di nuove delizie da mantenere felice-mente occupati un esercito di filologi e ar-cheologi per molte generazioni a venireperché, nel caso di questi ultimi, abbiamoappena scalfito la superficie. Sorprenden-temente le persone - specialmente i giovani- si stanno sempre più interessando allaMongolia, a giudicare dai libri di viaggio,dai documentari e dalle vendite di tradu-zioni delle cronache epiche mongole comela Storia segreta dei mongoli, che sta rapi-damente divenendo uno dei dieci libri piùtradotti dei nostri tempi. Senza dubbio l’at-tuale boom economico della Mongolia, in-nescato dallo sfruttamento internazionaledelle sue vaste risorse minerarie, ha ag-giunto un incentivo in più per quella cheio chiamo la “terza scoperta” della Mon-golia, questa volta in gran parte dovuta aiMongoli stessi. Con la riscoperta del pro-prio patrimonio culturale dopo le restrizioni

    imposte dal governo della Repubblica Po-polare tra il 1925 e il 1990, essi sono oggidesiderosi di promuovere e diffondere i ri-sultati delle loro recenti ricerche e, invero,delle nuove scoperte che hanno fatto inmolti campi degli studi umanistici. Ed è inquesto, ne sono certo, che si trova il futurodegli studi mongoli in Occidente. La col-laborazione con i nostri colleghi mongolinon è più un desideratum, ma un sine quanon. I campi in cui vi è ampio spazio peruna collaborazione che porterà beneficitanto ai nostri studiosi quanto ai loro e, inultima analisi, a noi occidentali e ai mon-goli in generale sono, secondo la mia opi-nione, i seguenti:

    1. La traduzione in inglese di molti ca-polavori della letteratura mongola clas-sica e moderna che sono stati ristampatiin Mongolia in superbe edizioni critichee che sono, ancora oggi, totalmente sco-nosciuti in Occidente;2. La riscrittura della storia mongolaalla luce delle recenti esplorazioni ar-cheologiche portate avanti da teammongoli, giapponesi, tedeschi e russiin varie parti della Mongolia e dellaTransbaikalia;3. L’effettiva partecipazione di nostrigiovani archeologi a queste spedizionicongiunte;4. Lo studio comparativo delle nume-rose lingue mongole e la registrazionedella letteratura orale popolare primadella sua definitiva scomparsa. È risa-puto che, da un punto di vista lingui-stico, il valore del mongolo per gli studicomparativi è particolarmente signifi-cativo, a causa della ricchezza del suovocabolario.Per impegnarsi nei progetti summen-

    zionati, alcuni dei quali richiedono impegnia lungo termine, i nostri ricercatori devonoprima prendere confidenza con il mongolo

    -23-

    In alto: Abraham Ortelius, Theatrum orbis terrarum. Mappa dell’Asia, Anversa, 1598,incisione acquarellata, Collezione privata

    In basso: Abraham Ortelius, Theatrum orbis terrarum. Mappa della Tartaria, Anversa, 1598,incisione acquarellata, Collezione privata

  • -25-

    scritto e parlato, sia classico che moderno.Questo non sarebbe un compito facile senon fosse per il fatto che attualmente il go-verno mongolo è desideroso di fornire as-sistenza e materiale didattico proprio a que-sto fine. Oggigiorno corsi di linguamongola si tengono in molti istituti e uni-versità in Europa, America e Australia, egli insegnanti mongoli sono reclutati diret-tamente dalla Mongolia o dalla MongoliaInterna. Il lavoro sul campo può essere pia-nificato e sia la Mongolia che la Cina (M.I.)organizzano corsi estivi di mongolo mo-

    derno per studenti stranieri. Una gran quan-tità di materiale d’archivio e ricche colle-zioni di libri e documenti mongoli in Mon-golia e altrove attendono studiosi che vifacciano ricerca. Grandi ricompense atten-dono il ricercatore intraprendente, poichénon sono solo le risorse minerarie del sot-tosuolo mongolo ad essere vaste ed allet-tanti, ma anche i tesori culturali ancora na-scosti nel sottosuolo, per non parlare diquelli in superficie, ci stanno chiamandoin modo forte e chiaro. Che cosa stiamoaspettando?

    In alto: Abraham Ortelius, The Theatre of the Whole World. Mappa della Russia, della Moscovia edella Tartaria, Londra, 1606, incisione acquarellata, Oxford, Bodleian Library

    In basso: Abraham Ortelius, Theatrum orbis terrarum. Mappa della Cina, Anversa, 1589, incisione acquarellata, Collezione privata

    Qian Xuan, Palafreniere mongolo con cavallo, XIII secolo, dipinto su seta, Freer Gallery of Art, Washington DC

  • Rashid al-Din Hamadani, Jāmiʿ al-tawārīkh (Storia universale). L’esercito mongolo di Hülegü Qan conquista Baghdad nel 1258, Tabriz, XIV secolo,

    disegno acquarellato, Berlino, Staatsbibliothek

    Rashid al-Din Hamadani, Jāmiʿ al-tawārīkh (Storia universale). La corte mongola con Činggis Qan e una delle sue mogli, Tabriz, XIV secolo,

    disegno acquarellato, Berlino, Staatsbibliothek