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A cura di Serena Ferrara
Giugno 2013
Tv: futuro presente La trasformazione del medium più amato dagli italiani
Strategie e prospettive per lo schermo connesso
Supplemento al numero 294 di
L’evoluzione del mezzo televisivo dipende da condizioni di carattere economico e infrastrutturale
che sono diverse per ciascun Paese. Le strategie di investimento e di regolamentazione definite
in Europa, quindi, non possono prescindere dai singoli contesti nazionali.
Nel caso della transizione al digitale, per esempio, l’Italia ha intrapreso la propria specifica strada
scegliendo di puntare sul digitale terrestre. Una scelta strettamente legata alla straordinarietà
di un panorama televisivo caratterizzato dalla presenza di un numero assai elevato di emittenti
locali private, nonché alle passate politiche di distribuzione dello spettro.
Queste considerazioni oggi valgono anche rispetto agli scenari di sviluppo della Connected Tv,
che non possono prescindere da una politica dello spettro consapevole e univoca, tale da con-
sentire interventi coordinati da parte degli attori coinvolti. Così come non potranno prescindere
dal quadro delle politiche di investimento in infrastruttura adottate dagli operatori; dalle politiche
regolatorie e tariffarie che definiscono i rapporti tra OTT e gli operatori di rete; dai modelli di
adozione delle diverse piattaforme.
Fino a che punto, dunque, gli scenari delineati a livello internazionale per la Connected Tv sono
realmente riproducibili nel contesto italiano?
Sulla tematica della convergenza tra Internet e televisione, la Commissione Europea ha appena
pubblicato la comunicazione “Green Paper: Preparing for a Fully Converged Audiovisual World:
Growth, Creation and Values”. In Italia, l’Agcom ha avviato un’indagine conoscitiva per la reda-
zione del libro bianco “Televisione 2.0 nell’era della convergenza”. Nelle pagine che seguono sarà
illustrato dettagliatamente il contributo al libro bianco redatto dalla Fondazione Ugo Bordoni.
Negli ultimi anni, FUB è stata protagonista dei processi di switch off e di assegnazione delle
frequenze LTE in qualità di advisor tecnico-scientifico del Ministero dello sviluppo economico.
Proprio il coinvolgimento in tali processi conferisce alla Fondazione una conoscenza approfon-
dita del panorama tecnologico italiano e delle sue peculiarità: presupposto essenziale per la
definizione di strategie che siano a misura della realtà nazionale, senza prescindere dagli scenari
internazionali.
Sviluppo dell’infrastruttura e politiche dello spettro, interoperabilità, nuovi scenari tecnologici e
modelli di business inaugurati dalla Connected Tv, fino al futuro del servizio pubblico in questo
scenario in continua evoluzione. Sono questi i temi affrontati negli articoli che seguono, al fine di
contribuire a una definizione utile del cambiamento in corso.
La televisione ha accompagnato gli italiani nel passaggio dal dopoguerra alla società dei consumi, narrando il boom economico e la ricostruzione della Nazione. Nella sua storia, molte sono state le vicende politiche che hanno contribuito a trasformare il fu-turo del Paese. Così come molte sono state le decisioni di governance del servizio pubblico che, influenzate direttamente dalle scelte dei grandi partiti di massa, hanno visto alternarsi momenti di stallo con momenti di grande creatività e innovazione culturale. Decisamente meno incisive son state invece le (rare) innovazioni tecnologiche che l’hanno interessa-ta direttamente e il cui successo o declino è stato quasi sempre subordinato ai processi di mercato e alle decisioni della politica: queste giunte spesso con notevole ritardo rispetto alla capacità del mercato di assorbire e indirizzare il cambiamento. Nel 1939, l’allora EIAR inaugura le prime trasmissioni televisive, che tuttavia saranno interrotte dalla guerra. Nel 1944 nasce la Rai (Radio Audizioni Italia) e, solo dieci anni più tardi, viene inaugurato il servizio regolare di trasmissioni televisive (1954).Nel secondo dopoguerra due sono i principali problemi infrastrutturali del Paese: il primo è la ri-costruzione di una rete telefonica capace di portare numerosi canali contemporaneamente con la nuova tecnica dei ponti radio; l’altro è di portare il segnale televisivo su tutto il territorio nazionale. Nei primi anni ’50, la FIMM (Fabbrica Italiana Magneti Marelli) riceve l’incarico di costruire un ponte radio che porti il segnale televisivo da Milano fino a Palermo (e viceversa). Il risultato viene raggiunto nel 1956. Da questo momento, occorre aspettare vent’anni perché si realizzi la seconda importante innovazio-ne tecnologica del mezzo: il colore. Inaugurato in Italia nel 1977, viene introdotto con un forte ritardo rispetto al suo reale sviluppo, perché considerato in contrasto con la funzione educativa del mezzo. Nel frattempo, però, la Tv si è già diffusa nelle case degli italiani come il nuovo “fuoco domestico”. Nei primi anni Settanta giunge la prima vera grande “rivoluzione” del sistema radiotelevisivo italiano: la nascita delle emittenti private. Gli anni Ottanta saranno caratterizzati dal progressivo consolidarsi del duopolio Rai/Fininvest e la legge Mammì sarà il primo tentativo di mettere ordine in un contesto normativo quanto meno contraddittorio. Di lì in avanti, vari altri tentativi seguiranno, fino alla legge Gasparri che ribadisce l’importanza del passaggio al digitale e introduce uno scenario di privatizzazione della Rai.Intanto, nel corso degli anni Novanta, si afferma il fenomeno delle pay Tv. La Tv generalista comincia a cedere il passo alla specializzazione dei palinsesti e alla personalizzazione delle scelte di fruizione promuovendo, con la complicità del mercato, un’evoluzione nei comportamenti del pubblico ancor prima che questa sia determinata dalla transizione definitiva al digitale.E, infatti, occorrerà attendere il 2012 perché in Italia si completi lo switch off del segnale analogico e si affermi la piattaforma digitale terrestre, anche grazie all’importante ruolo che la Fondazione Bordoni ha avuto nella governance di questo passaggio.Intanto, già da qualche anno, si assiste a un costante incremento della convergenza tra emittenza radiotelevisiva e Internet. Sta sfumando rapidamente la linea di demarcazione fra trasmissione lineare e servizi a richiesta.Se, in generale, nell’UE si guarda ancora la Tv in modo lineare, l’esperienza della convergenza sta
Alessandro Luciano | Presidente della Fondazione Ugo Bordoni
Giugno 2013
Dal colore alla Tv connessaInnovazione tecnologica e governance
Supplemento al numero 294 di
Giugno 2013Supplemento al numero 294 di
diventando realtà e gli attori del mercato stanno progressivamente sviluppando e adattando i loro modelli d’impresa. I servizi e i dispositivi televisivi connessi sono soggetti a una serie di norme specifiche (norme di radiodiffusione DVB e protocollo Internet di fornitura di contenuti; in futuro potrebbero avere un ruolo rilevante norme come MPEG 25 e HTML-5). La norma HbbTv (Hybrid Broadcast Broadband Tv) è una norma dell’ETSI destinata a collegare i contenuti trasmessi attraverso la radiodiffusione e la banda larga. In Italia, soprattutto per motivi storici, per la Tv connessa si usa la norma MHP. La convergenza ripropone il dibattito sull’approccio da seguire in fatto di normalizzazione. Così co-me pone il tema del futuro ruolo della radiodiffusione terrestre nella fornitura di tali servizi. La Com-missione Europea ha adottato una politica globale per favorire lo sviluppo della banda larga e ha fissato un obiettivo di 1200 MHz di frequenze da destinare al wireless. Ma quale rilevanza avranno le differenze tra singole piattaforme (radiodiffusione terrestre o via satellite, banda larga cablata, banda larga mobile) a livello di esperienza concreta dei consumatori e di obblighi di servizio pubblico?La Commissione ha avviato una consultazione al fine di cogliere le opportunità offerte da quest’am-biente tecnologico in evoluzione, imitata a livello nazionale dall’Agcom. La Fondazione Ugo Bordoni si candida ancora una volta ad essere l’interlocutore privilegiato delle istituzioni oggi chiamate a comprendere e indirizzare gli sviluppi futuri della Tv digitale. Da sempre protagonista dei principali processi di innovazione tecnologica del Paese, la FUB può vantare tra le proprie attività tecniche e di studio nel campo della trasmissione anche quelle rela-tive ai collegamenti televisivi a grande distanza (in cavo coassiale e in ponte radio). Fin dagli anni ‘60, FUB ha fornito al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni il supporto necessario alla scelta degli standard televisivi (dal bianco e nero, al colore; dalla qualità migliorata al 3D), affermandosi come punto di riferimento a livello internazionale nell’area delle metodologie di valutazione della qualità delle immagini televisive. Nell’ambito del Consiglio Superiore delle Poste Telecomunicazioni e Automazione, ha coordinato la Commissione incaricata di riferire sulla scelta da effettuare tra il sistema europeo EUROPSAT e quello italiano SARIT per l’introduzione in Italia della Tv satellitare. A partire dagli anni ‘80, di particolare importanza sono state le sperimentazioni effettuate sulla codifica numerica dei segnali e sulla televisione ad alta definizione. Oggi la Fondazione Ugo Bordoni contribuisce attivamente al dibattito sulla diffusione della Tv con-nessa con studi di scenario e sperimentazioni relative alle opportunità di applicazione della senti-ment analysis. Ma molti altri sono gli aspetti sui quali può mettere a disposizione la propria expertise. Sviluppo dell’infrastruttura e politiche dello spettro, interoperabilità, sicurezza dei dati personali sono temi che vedono la FUB impegnata in primo piano sia nell’ambito di progetti di ricerca europei sia in attività di supporto all’amministrazione pubblica. Su questi aspetti la Fondazione gode di un campo di osservazione privilegiato, che le consente di analizzare le strategie elaborate in ambito internazio-nale e le scelte operate in campo nazionale per presentare piani di intervento concreti ed efficaci.Il nucleo centrale di questo numero è un contributo alla definizione del nuovo fenomeno della Con-nected Tv, sia da un punto di vista socio-economico, sia dal punto di vista degli scenari tecnologici e dei nuovi modelli di business che essa inaugura. A questo nucleo centrale, fanno da cornice la riflessione sull’evoluzione delle politiche dello spettro radio e sul ruolo futuro del servizio pubblico.
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Nei numeri precedenti
Le frontiere dell’intrattenimento domestico Luglio / Agosto / Settembre 2010
(Re)visioni: alcune tracce per interpretare le mutazioni televisive Ottobre 2010
Quanto è larga la banda? Oggi l’utente può misurarla Dicembre / Gennaio 2011
Come misurarsi la banda, contestare gli Operatori e vivere felici Febbraio 2011
Qualità e Internet mobile. Le verità nascoste? | 1 Marzo 2011
Qualità e Internet mobile. Le verità nascoste? | 2 Aprile / Maggio 2011
La sostenibilità energetica non può fare a meno dell’ICT Giugno 2011
Registro Pubblico delle Opposizioni: un’opportunità per i cittadini e le imprese Luglio / Agosto / Settembre 2011
L’opt-out nel telemarketing è sempre più realtà: dal telefono alla posta, con uno sguardo verso Internet Ottobre 2011
PANDORA: l’ICT per il Crisis Management Dicembre / Gennaio 2012
Una nuova generazione di sportelli automatici accessibili e usabili da tutti Febbraio 2012
Campi Elettromagnetici | 1 Marzo 2012
Campi Elettromagnetici | 2 Aprile / Maggio 2012
misurainternet.it Qualità dell’accesso ad Internet da postazione fissa Giugno 2012
Qualità del servizio dati in mobilità: alla partenza la prima esperienza regolamentare
Luglio / Agosto / Settembre 2012
Loudness: questa pubblicità è “troppo forte!” Ottobre 2012
Open Government Data: una roadmap tecnica Dicembre / Gennaio 2013
Un social network a misura della terzà età Marzo / Aprile 2013
TV, un futuro già presente | 1 Maggio 2013
IL QUADERNO DI TELÈMA È STATO REALIZZATO DALLA FONDAZIONE UGO BORDONI
Presidente: Alessandro Luciano | Direttore delle Ricerche: Mario Frullone Curatore del Quaderno: Serena Ferrara
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broadband
di Mario Frullone | Direttore delle Ricerche della Fondazione Ugo Bordoni
Ripensare la Tv e l’uso dello spettro,fra esigenze locali e strategie internazionali
La convergenza fra i tradizionali servizi di broadcasting e il mondo Internet ha aperto nuovi orizzonti allo
sviluppo della televisione digitale. Il modello tradizionale di contenuti distribuiti agli utenti in maniera non
diversificata si evolve costantemente verso modalità di fruizione personalizzate dove i contenuti non
lineari affiancano sempre di più il broadcasting tradizionale.
L’accesso a contenuti non lineari richiede comunicazioni bidirezionali impiegate, in un verso, per la distri-
buzione del contenuto e, nell’altro, per consentire l’interazione dell’utente che può, come minimo, sele-
zionare specifici contenuti o porzioni di essi, decidere quando guardarli e accedere a servizi interattivi.
Le tecnologie broadcast e broadband sono utilizzate nel mondo della Tv connessa in maniera com-
plementare, combinando le potenzialità e i vantaggi offerti da entrambe, e proiettando gli scenari di
riferimento per la televisione in una dimensione più ampia che passa dalla tipica scala nazionale della
televisione al mondo globale di Internet.
Si comprendono quindi le ragioni per cui la Tv connessa sia considerata un driver formidabile per lo
sviluppo di piattaforme distributive e di accesso ad alta velocità.
Il quadro di evoluzione tecnologica della Tv connessa, il ruolo dei diversi attori coinvolti, la competizione
tra le varie piattaforme e le potenzialità del mercato aprono, tuttavia, un dibattito non ancora risolto
che pone la necessità di un’analisi approfondita del contesto globale, con l’obiettivo poi di declinarlo
opportunamente in riferimento alle specificità che caratterizzano il contesto italiano.
Il panorama della televisione in Italia si distingue, infatti, per la pressoché totale assenza dell’accesso
alla Tv via cavo, a favore invece di una predominanza dell’accesso via radio (terrestre o satellitare) che
da solo copre il 98% delle abitazioni (Figura 1). Il panorama nazionale è poi fortemente connotato dalla
predominanza di contenuti free-to-air (65% del totale contro il 35% della pay Tv al termine del 2011,
secondo OFCOM ICMR), con una cospicua presenza di operatori locali. Per quanto riguarda l’accesso
a Internet è poi noto che ci troviamo a dover colmare un forte ritardo di sviluppo delle reti, maturato
nel corso degli anni, con una penetrazione della connettività a banda larga su rete fissa pari al 22,5%
sensibilmente inferiore alla media europea del 28,8% e investimenti per le reti di accesso di nuova
generazione che stentano a decollare, relegando la presenza di infrastrutture di nuova generazione ad
una posizione del tutto residuale (Figura 2). Una delle ragioni principali di questo ritardo risiede di certo
nel freno posto allo sviluppo del broadband fisso dall’assenza di infrastrutture in cavo, sulle quali poggia
invece il 57% delle linee di nuova generazione in Europa (Figura 3).
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L’Italia rimane, all’opposto, tra i Paesi con una più alta penetrazione di connessioni radiomobili ad alta
capacità, con reti 3G in tecnologia HSPA disponibili al 96,5% della popolazione (96,3 in Europa) e un tas-
so di sottoscrizione ben superiore alla media comunitaria (14,3% di sottoscrizioni riferite alla popolazione
in Italia contro il 9% europeo) e stiamo oggi assistendo all’avvio delle reti 4G LTE (DAE Scoreboard).
Le posizioni italiane di fanalino di coda in Europa circa la penetrazione e la velocità delle connessioni
possono costituire un elemento notevolmente frenante per la progressiva introduzione e lo sviluppo dei
servizi di Tv connessa e possono impedire di intercettare le opportunità di sviluppo delle reti che questi
stessi servizi offrono.
È perciò necessario maturare a livello nazionale una più ampia consapevolezza delle opportunità e degli
effetti della Tv connessa sul panorama di sviluppo delle reti nel prossimo futuro, così da consentire a
tutte le diverse piattaforme di cogliere le opportunità di apertura del mercato, evitando rischi di chiusura.
Le cifre portano ad osservare che le diverse infrastrutture e piattaforme presenti in Italia (digitale terrestre,
digitale satellitare, cavo, reti radiomobili) sono contraddistinte da differente penetrazione e offerta di ca-
pacità trasmissiva. Tale disparità può potenzialmente condurre a posizioni di vantaggio rispetto al futuro
sviluppo della Tv connessa, e, in assenza di politiche adeguate, può tradursi in un freno allo sviluppo di
alcune infrastrutture/piattaforme. La definizione di politiche opportune richiede la corretta conoscenza
dello stato di penetrazione e dell’offerta in termini di capacità trasmissiva delle diverse piattaforme per
osservare, analizzare e comprendere le potenzialità del mercato della Tv connessa.
Queste considerazioni devono essere tenute in conto in un momento in cui l’Italia si trova a prendere
importanti decisioni sul futuro della banda larga, nel quadro delle decisioni prese di recente in ambito
europeo ed internazionale in materia di spettro.
Nel 2012, infatti, la Conferenza delle Radiocomunicazioni del 2012 (WRC-12) ha stabilito che la banda
a 700 MHz (6941-790 MHz) sarà destinata al servizio mobile, accanto al broadcasting, con effetto
immediato dopo la successiva Conferenza del 2015 (WRC-15). Nella preparazione della WRC-15 è
stata formulata la duplice richiesta di affrontare il tema della necessità di spettro aggiuntivo per i sistemi
mobili, considerando le bande potenzialmente candidate a tale scopo, e di stabilire le modalità tecniche
di impiego per la banda a 700 MHz per il servizio mobile, compresa la definizione della canalizzazione
opportuna, alla luce dell’elevato valore riconosciuto all’uso armonizzato a livello globale.
Un’ulteriore spinta verso l’evoluzione dell’uso delle frequenze viene poi dal Programma pluriennale euro-1 La definizione del limite inferiore della banda è fissato provvisoriamente a 694 MHz, ma può essere soggetto a leggere modifichein fase di preparazione dei lavori per la Conferenza Mondiale delle Radiocomunicazioni del 2015.
Figura 1. Dotazione di televisione digitale per piattaforma e per Paese al termine del 2011, espressa in termini percentuali rispetto alle abitazioni. Fonte: OFCOM ICMR 2012
IPTV
Analogue terrestrial
Digital terrestrial
Analogue satellite
Digital satellite
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peo per le politiche dello spettro radio (RSPP), adottato dalla Commissione Europea con la Decisione n.
243 del marzo 2012. La Decisione europea, che ha naturalmente carattere cogente per gli Stati Membri,
impone diverse azioni, tra le quali l’identificazione di 1200 MHz per soddisfare la crescente domanda
di banda da parte del traffico dati wireless, e richiede anche di assicurare spettro in quantità sufficiente
per fornire servizi audiovisivi su piattaforma terrestre.
Infine, il Mandato adottato dalla Commissione Europea nel febbraio del 2013, finalizzato alla definizione
di condizioni tecniche armonizzate per la banda a 700 MHz, richiama esplicitamente l’opportunità di
sviluppare una visione di lungo periodo per l’uso dell’intera banda UHF attualmente allocata ai servizi
di broadcasting televisivo, considerando gli sviluppi futuri della televisione digitale terrestre, il loro valore
sociale e la possibile convergenza del servizio broadcasting e delle comunicazioni wireless a banda
larga per la fornitura di voce, dati e servizi audiovisivi.
Si tratta quindi di un quadro in grande evoluzione, in cui la realtà italiana si colloca e si distingue per
molti aspetti. I Paesi europei, infatti, stanno assumendo diversi atteggiamenti rispetto al futuro dell’uso
dello spettro: alcuni di essi hanno preso in considerazione la possibilità di abbandonare la televisione
digitale terrestre, altri invece, riconoscendo una convergenza tra broadcasting e comunicazioni radio
a banda larga per la fornitura di servizi audiovisivi lineari e non lineari, ritengono le diverse piattaforme
complementari e, per questo, meritevoli di essere mantenute entrambe nel prossimo futuro.
Le strategie nazionali sono quindi spesso difformi e a volte non ancora del tutto definite. Dunque si rileva
la necessità di contribuire alla definizione di una strategia comunitaria che accolga, per quanto possibile,
le esigenze dei vari Paesi. In altre parole, in un contesto in cui le decisioni vengono prese ad un livello
sempre più globale, è necessario identificare chiaramente strategie nazionali di medio-lungo periodo e
promuoverle opportunamente nelle sedi comunitarie e internazionali preposte.
Questo costituisce non solo una generale buona pratica, ma diviene un’azione indispensabile per una
partecipazione attiva ai processi decisionali in merito a strategie sovranazionali che interessano settori in-
dustriali economicamente e socialmente importanti per l’Italia come le comunicazioni mobili e la televisione.
Esiste quindi la necessità di definire una strategia nazionale di medio-lungo periodo sullo sviluppo delle
reti a banda larga e sull’uso dello spettro oggi impiegato per il servizio televisivo digitale terrestre.
Recentemente il Presidente francese François Hollande ha annunciato l’intenzione di mettere all’asta
molte frequenze DTT nella banda 700 MHz per operatori telefonici al fine di estendere la disponibilità
Figura 2. Penetrazione delle connessioni a banda larga ad alta velocità nei diversi Paesi europei al gennaio 2013. Le connessioni sono distinte per connettività base e per reti di accesso di nuova generazione NGA che comprendono VDLS, cavo e reti in fibra. Fonte: DAE Scoreboard
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di servizi 4G a tutto il territorio francese. Tale azione renderebbe al governo francese qualcosa come
300.000.0000 Euro da destinare al Ministero della Difesa per aiutarla a finalizzare il suo bilancio. Secon-
do il quotidiano Les Echos, l’asta delle frequenze potrebbe avvenire entro il 2016.
Tuttavia, il piano ha provocato la reazione negativa dei canali DTT francesi. L’impatto, infatti, sarebbe
devastante sul settore, in quanto impedirebbe l’evoluzione verso il DTT HD e Ultra HD (4K).
A quanto pare, Hollande ha preso la decisione senza discutere il progetto con il Primo Ministro fran-
cese, con i Ministeri della Cultura e delle Comunicazioni o con l’Autorità di regolazione competente in
materia televisiva.
Preoccupati dall’eventualità di perdere frequenze audiovisive chiave e dalla minaccia di non essere in
grado di crescere ulteriormente, i canali DTT francesi si stanno mobilitando. Secondo Satellifax, hanno
iniziato un’azione di lobby nei confronti del Primo Ministro Jean-Marc Ayrault per la reiezione del progetto.
La vicenda francese mostra come decisioni di questo tipo non possano essere assunte all’improvviso,
e per esigenze di cassa.
Si tratta infatti di misure che, anche se condivisibili nella sostanza, andrebbero inserite per tempo in
una più ampia strategia di politica industriale, e dunque previa attenta considerazione delle disponibilità
economiche degli operatori cui s’intende vendere le frequenze, ma anche delle possibili conseguenze
sul settore televisivo che ne viene privato.
Ciò vale in misura maggiore nel contesto italiano, caratterizzato dalla presenza delle emittenti locali,
anch’esse migrate alla piattaforma digitale terrestre, e alla vigilia della disponibilità commerciale del
DVB-T2 e dello standard HEVC.
Infine, non va trascurato l’effetto di tali annunci sul futuro della banda larga, dal momento che tali scelte
contribuiscono a spostare l’attenzione degli operatori sul wireless, rendendo sempre meno remunerativi
gli investimenti in infrastruttura.
È ipotesi ricorrente negli articoli di questo numero che proprio la Tv connessa, ovvero l’incontro tra il mondo
broadcast e il mondo Internet, possa essere uno dei principali driver potenziali allo sviluppo della banda larga.
RIFERIMENTI1. OFCOM, International Communications Market Report 2012, 13 dicembre 2012 http://stakeholders.ofcom.org.uk/binaries/rese-arch/cmr/cmr12/icmr/ICMR-2012.pdf 2. Digital Agenda Scoreboard 2013, 12 giugno 2013 https://ec.europa.eu/digital-agenda/sites/digital-agenda/files/DAE%20SCO-REBOARD%202013%20-%20SWD%202013%20217%20FINAL.pdf
Figura 3. Tecnologie per le reti di accesso di nuova generazione NGA in Europa al gennaio 2013. Fonte: DAE Scoreboard
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Ogni volta che si parla di riforma della Rai, il dibattito tra gli addetti ai lavori e nell’opinione pub-
blica scivola lungo la china della “depoliticizzazione” o “departitizzazione” della governance Rai,
intesa come necessaria emancipazione della Tv pubblica dalle logiche spartitorie che da decenni
la dominano.
La Rai riceve gli indirizzi dalla Commissione parlamentare bicamerale di vigilanza, che, al pari del
consiglio d’amministrazione e del direttore generale, è espressione degli schieramenti politici. Il
Ministero del Tesoro è azionista Rai al 99% e quindi risulta alquanto illusorio, stante l’attuale mo-
dello di governance, immaginare un arretramento dei condizionamenti partitici sulla Tv pubblica.
Tuttavia, non bisogna qualunquisticamente bollare come inopportune e screditanti le nomine fatte
dalla politica. Succede anche che gli accordi tra le forze politiche partoriscano designazioni eccel-
lenti e di qualità, sia tra i dirigenti che tra i manager che tra i direttori, conduttori e giornalisti del
servizio pubblico. Il metodo è in astratto non meritocratico e non democratico, ma a volte il risultato
è migliore di quello temuto.
Fatto sta che gli esempi d’oltreconfine evidenziano l’inadeguatezza del servizio pubblico televisivo
italiano, impoverito dai cospicui tagli di bilancio che hanno sottratto ingenti risorse agli investimenti
su prodotto e contenuti.
Il modello di riferimento per una riforma del servizio pubblico radiotelevisivo resta, a sommesso
avviso di chi scrive, la BBC, la più grande azienda radiotelevisiva del mondo. La politica non interfe-
risce in alcun modo con le scelte di governance della Tv pubblica inglese, che ha organi decisionali
non di nomina governativa. Nel BBC trust, che vigila sull’imparzialità delle trasmissioni, entrano 12
membri nominati dalla Regina, che però può farsi consigliare dal Parlamento. La Tv pubblica non
ospita spot e si alimenta quasi esclusivamente con il canone.
Nel risanamento dei conti delle aziende pubbliche, le due tendenze, peraltro sinergiche, sono quelle
al taglio dei costi e alla privatizzazione di porzioni minoritarie di rami d’azienda, per consentire l’in-
gresso di capitali privati. La legge Gasparri n.112 del 3 maggio 2004 prevede la privatizzazione della
Rai, con la permanenza del 51% dell’azienda in mano pubblica. Perché non costituire un tavolo
congiunto Mise-Rai per attuare quell’ipotesi? Nel resto d’Europa (in Norvegia, ad esempio) esisto-
no forme consortili a gestione mista pubblico-privato che garantiscono la transizione alle nuove
piattaforme trasmissive e la copertura dei costi dell’innovazione tecnologica, senza compromettere
di Ruben Razzante | Docente di Diritto dell’informazione e della comunicazione all’Università Cattolica di Milano e alla Lumsa di Roma e consigliere d’amministrazione della Fondazione Ugo Bordoni
Il futuro della RaiCome cambia il ruolo del servizio pubblico
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bbc rai
il carattere pubblico della programmazione radiotelevisiva. Anche in molti altri Stati europei, soprat-
tutto in Danimarca e Portogallo, il dibattito sulla privatizzazione della Tv pubblica è molto acceso.
Sul versante dei costi, allora, perché non prendere esempio dall’Inghilterra? Il governo londinese ha
minacciato la BBC di tagliare i fondi ad essa destinati, se non verranno ridotti i compensi alle star
(conduttori, show-girl, ecc.) che vi lavorano. Nel “guinness” delle retribuzioni, si registrano compensi
record e assolutamente fuori mercato. In Italia c’è una situazione analoga. Perché non ripartire da
qui anche in Italia? Timidi segnali ci sono stati, ma occorre forse fare di più.
La qualità della nostra Tv pubblica è scarsa. Lo pensa la maggioranza dei cittadini (tutti i sondaggi
dicono questo, anche l’ultimo Rapporto Censis sull’informazione). Già nella Relazione annuale del
2008, l’ex Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò, denunciò
“un’omologazione al ribasso che sbiadisce la missione del servizio pubblico e colloca la nostra
televisione al di sotto di altre televisioni europee” e citò l’esempio della BBC che fornisce a tutto il
mondo (Italia compresa) interessanti documentari scientifici, storici, geografici, e, più in generale,
realizza prodotti di valido contenuto culturale con destinazione mirata. Calabrò in quella sede di-
chiarò altresì che l’elevazione della qualità del servizio pubblico radiotelevisivo resterebbe lettera
morta se non permeasse il convincimento della stessa Rai “la quale ha risorse professionali per
tradurla in atto”. Il riferimento esplicito era alla ricchezza di contenuti che la Rai ha già a disposizio-
ne, anche attraverso il suo archivio, “pezzo fondamentale della nostra storia”. Perché non ripartire
da una seria rivalutazione e riqualificazione delle risorse umane e materiali esistenti in Rai? Anche
su questo punto l’attuale governance sta facendo meno di quanto potrebbe.
Negli ultimi anni si sta lavorando alla semplificazione del reticolo di norme amministrativo-contabili
che imbriglia la Tv pubblica anche per coniugare il carattere imprenditoriale della governance con il
perseguimento degli obiettivi di fondo di un servizio pubblico. Sul modello di altre nazioni, il servizio
pubblico radiotelevisivo (public service broadcasting) dev’essere sempre più orientato alla soddisfa-
zione dell’utenza (customer orientation). Anche su questo versante, la direzione verso cui tendere è
quella inglese. Ad ogni inizio di stagione radiotelevisiva, la BBC redige il “Rapporto delle promesse
agli utenti”, che contiene i programmi da trasmettere, gli standard editoriali adottati, le modalità
di consultazione e di risposta agli utenti, i parametri di qualità. Tali parametri riguardano l’effettiva
universalità del servizio (concetto di democrazia dell’informazione, rivolta a tutti e nell’interesse di
tutti), il rispetto degli standard di qualità (equità, imparzialità, puntualità, esattezza e correttezza
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servizio pubblico
delle informazioni e dei contenuti trasmessi), l’uso efficiente delle risorse economiche derivanti dal
canone, il miglioramento dell’accesso ai servizi radiotelevisivi per i soggetti deboli e per i portatori di
handicap, l’effettivo funzionamento dei meccanismi di recepimento dei commenti, dei suggerimenti
e delle valutazioni date dagli utenti. In altre parole, in Inghilterra, la capacità dell’azienda di fornire
risposte pronte ed esaurienti alle lamentele dell’utenza e la sua duttilità nel migliorare il servizio
in funzione delle aspettative dell’opinione pubblica diventa la cartina al tornasole della qualità del
servizio pubblico radiotelevisivo. In questo modo, peraltro, l’utente può diventare il primo controllore
dell’operato di una Tv che lui stesso concorre a finanziare. Sistemi analoghi di consultazione del
gradimento dell’utenza funzionano anche in Irlanda e Norvegia. In Italia, i meccanismi di customer
satisfaction non vengono percepiti come decisivi per la gestione Rai e questo genera disaffezione
verso la Tv pubblica. Bisogna prima rivedere questi meccanismi.
E andrebbe seriamente applicato il Contratto di servizio, che valorizza i concetti di qualità dell’in-
formazione, auspica un potenziamento degli strumenti di interattività con l’utente, orienta l’offerta
televisiva pubblica nella direzione di una crescente integrazione multimediale. Una serie di elementi
utili in tal senso si rintracciano nel Contratto, che auspica lo sviluppo di interfacce tecnologiche
che consentano la diffusione dei contenuti sui principali dispositivi di fruizione audiovisiva di tempo
in tempo disponibili sul mercato e impegna la Rai a varare strategie editoriali coerenti ai mezzi di
distribuzione e progressivamente ottimizzate nel rispetto del principio di neutralità tecnologica, per
i diversi strumenti di fruizione.
Il progresso tecnologico rappresenta, dunque, una preziosa opportunità di crescita per il servizio
radiotelevisivo pubblico, chiamato a garantire soddisfacenti standard trasmissivi ai suoi utenti,
coniugando l’evoluzione delle piattaforme con la qualità dei contenuti.
I contenuti del servizio pubblico devono essere concepiti come multi-piattaforma e risultare acces-
sibili da parte di tutti i cittadini con qualunque apparato o piattaforma. L’irruzione di Internet anche
sulla scena della fruizione televisiva ha certamente messo in crisi i modelli tradizionali di business
e il ruolo dei broadcaster. L’affermazione dei nuovi aggregatori (OTT) e dei modelli di disinterme-
diazione come quelli espressi dai social media sta mutando anche il rapporto con l’utente finale e
pone nuove sfide per gli editori televisivi tradizionali, in particolare per la Rai, chiamata a svolgere
in forme nuove la sua missione di servizio pubblico, puntando sulla qualità del prodotto e sull’in-
novazione dei servizi sui vari devices, come smarthphone, tablet, Connected Tv. n
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Quando nel 2008 si è avviata la transizione dalla televisione analogica a quella digitale, con la
sperimentazione in Sardegna e Valle d’Aosta, è stato chiaro che il mondo della televisione avrebbe
fatto quella variazione di tecnologia che in altri settori delle telecomunicazioni – come nella telefonia
cellulare – era già avvenuta.
Si chiudeva una parentesi, quella delle trasmissioni analogiche, che era durata poco più di centocin-
quant’anni e tutto ritornava digitale, come era prima, dai tempi dei Greci e dei Romani fino a Morse
e Marconi, e come sarà in futuro. Ma spesso la portata delle conseguenze di un evento cruciale si
comprende solo dopo un po’ di tempo. Il termine usato allora, “switch off”, poneva l’accento su
cosa si sarebbe spento, ma non dava spunti per comprendere che cosa in realtà si sarebbe acceso,
“turned on”. Il fatto poi che larghi strati della popolazione abbiano stentato a comprendere i vantaggi
o anche solo le ragioni di questa manovra, che nell’immediato ha creato spese aggiuntive e disagi,
è una ulteriore conferma della necessità di una riflessione a distanza di tempo.
Cominciamo col dire che la transizione ha fatto da spartiacque tra un mondo statico, prevedibile e
gerarchico, qual era quello della Tv analogica, e quello dinamico, più caotico e imprevedibile delle
telecomunicazioni, già contaminato da tempo dai paradigmi informatici.
Una prima conseguenza è che la scala dei tempi per il cambiamento è drasticamente mutata.
Abbiamo appena concluso la liberazione completa della banda sugli 800 MHz, che è passata dalla
Tv alle comunicazioni radiomobili (nello specifico LTE), e sono già in cantiere altre variazioni che
toccano la banda sottostante dei 700 MHz ed alcune risistemazioni rese necessarie dalla coda
del passato, vedi ex Beauty Contest. Non è ancora stato percepito sul campo l’impatto reale del
sistema LTE sugli impianti Tv, che già si preannunciano altre necessità di aggiustamenti per i con-
domini, con scadenza nei prossimi anni. Lo standard ora in uso per la Tv digitale sarà, in un futuro
di Gabriele Falciasecca | Presidente della Fondazione Guglielmo Marconi
Membro del Comitato Scientifico della Fondazione Ugo Bordoni
Alla scoperta del nuovo mondo Una riflessione sulla televisione del futuro
tv digitalelte
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prossimo, soppiantato o affiancato dal nuovo standard DVB-T2 che consentirà una ulteriore molti-
plicazione dei programmi allocabili per MHz di banda. In pratica, mentre un tempo gli interventi sugli
impianti erano solo di ordinaria manutenzione, ora si dovrà immaginare un continuo adattamento
dei medesimi alla dinamica di un sistema in continua evoluzione.
L’apparecchio Tv, a sua volta, dovrà adattarsi a questo continuo cambiamento diventando pro-
grammabile. In sostanza, sarà sempre più caratterizzato dall’integrazione di una parte software
(vicina ad una unità di elaborazione informatica) e di una parte hardware, cui si cercherà di dare
una maggior stabilità. Tuttavia, anche con l’assestamento della transizione tra 2D e 3D, è difficile
che i display tornino stabili come è stato per molte decine d’anni dall’avvento del colore. Questo
aspetto sarà ripreso più avanti quando si parlerà della connessione ad Internet.
Sul piano dei contenuti, tutte le emittenti (nazionali e locali) si sono trovate a disporre di molte più
risorse in termini di programmi di quanti realisticamente potessero sostenerne. L’aspetto positivo
è stato in alcuni casi l’utilizzo di buon materiale disponibile negli archivi, ma anche questo può non
durare a lungo perché esiste già l’alternativa dello streaming, che rende questi contenuti disponibili
su domanda. I programmi sportivi hanno potuto dedicare più spazio anche a sport minori, ma in
generale la qualità media è peggiorata un po’ per tutti. I proventi della pubblicità infine non sono
certo aumentati con l’offerta di più programmi, anzi. Nuove forme di business stentano ad essere
individuate e la stessa Tv a pagamento rimane sostanzialmente un monopolio di Sky. In sintesi,
il sistema è fortemente instabile e se anche la Rai si adeguerà alle leggi del mercato, dobbiamo
attenderci molti aggiustamenti: le televisioni più piccole dovranno trovare forme più strette di col-
laborazione per poter sopravvivere e per selezione naturale avverrà ciò che per via regolamentare
non si è voluto o potuto fare.
Ma certamente la novità più attesa, che porterà a dinamiche ancora più imprevedibili, è la possibilità
per la Tv di giungere a noi attraverso più piattaforme tecnologiche che ne abilitano la fruizione, con
la possibilità di ibridarle per ottenere nuovi servizi o migliorare quelli esistenti. In Italia gli utenti di
Sky hanno già avuto in offerta l’integrazione del digitale terrestre con quello satellitare: il servizio
Sky Go permette di vedere canali attraverso Internet o cellulare e contenuti scaricabili on demand
sia a partire dal decoder, che con normali PC.
dvb-t2, 3d
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hdmi, lte, banda
ultralarga
Cito Sky per semplicità, ma certamente gli altri attori in gioco non stanno con le mani in mano. Si
può avere il timore che si apra una competizione tra tecnologie – e nel nostro Paese non è peregri-
no immaginarlo – ma se ciò non sarà, allora la nuova televisione entrerà in modo totale nel nuovo
mondo, dove la piattaforma tecnologica è scelta dall’utilizzatore sulla base delle proprie esigenze,
preferenze, disponibilità economiche e non sulla base dei contenuti e la fantasia nell’inventare
nuove modalità di servizio potrà scatenarsi. È appunto la competizione sulla qualità e varietà dei
servizi la vera risorsa per chi opera nel settore, la sola alternativa alla battaglia dei prezzi che, si è
già capito, qui come altrove porta tutti ad avere il fiato corto.
È singolare che le più diffuse forme di fruizione della Tv in mobilità siano oggi quelle basate sui
tablet connessi via Wi Fi o cellulare. Per ora le limitazioni di banda portano ad una qualità inferiore
rispetto al broadcasting, ma con LTE e banda ultralarga non sarà più così. Come in albergo sono
praticamente inutilizzati i telefoni fissi, perché tutti abbiamo il cellulare, in un futuro prossimo ognu-
no potrà collegare il proprio tablet con la connessione HDMI al monitor della stanza avendo così
diritto a vedere non solo i programmi free ma anche quelli a pagamento del proprio abbonamento.
Se questi saranno gli sviluppi mi riesce difficile immaginare che i televisori possano adattarsi
agevolmente a questo mondo nuovo in così rapida e imprevedibile evoluzione. Dunque ripren-
do il concetto già prima espresso di una netta distinzione tra una parte più stabile, definiamola
monitor per semplicità, e una parte che evolve rapidamente e che tende ad essere più legata
alla persona che non alla casa. La diffusione di tablet e smartphone spingerà in questa direzione
e la Tv diventerà qualcosa di personale, non tanto per la creazione di un palinsesto particolare,
quanto per la combinazione di software e hardware che ciascuno si procurerà secondo i propri
gusti e la propria tasca.
È un “de profundis” per il broadcasting? Per quello tradizionale col tempo forse sì. Ma non certa-
mente per la nuova versione che emergerà da questo processo di integrazione. È troppo comodo
usare il broadcasting per veicolare contenuti che interessano contemporaneamente milioni di per-
sone! Ma qualche sorpresa certamente ci attende. D’altronde cosa aspettarci da un mondo che
ha dato occasione di dire: “nella vita non avrei mai immaginato di vedere il telefono arrivare via
radio e la televisione via cavo”! L’Italia è pur sempre la patria contemporaneamente di Marconi e di
Meucci, dunque avanti perché il futuro è aperto! n
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Lo scorso febbraio, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha adottato la Delibera n.
93/13/CONS, con la quale ha avviato un’indagine conoscitiva in vista della redazione di un Libro bianco
sulla “Televisione 2.0 nell’era della convergenza”, atteso per il prossimo autunno.
La Fondazione Bordoni ha accolto con estremo favore l’iniziativa dell’AGCOM, che rappresenta l’occa-
sione per poter opportunamente avviare e ampliare un dibattito nazionale sull’evoluzione della televisio-
ne, così come la conosciamo oggi, verso sistemi e servizi innovativi che cambieranno sostanzialmente
le modalità di fruizione dei contenuti da parte degli utenti e che potranno condizionare il futuro sviluppo
delle piattaforme per la connettività a banda larga.
La FUB, in linea con il proprio ruolo e in qualità di Istituzione di alta cultura e ricerca, opera da tempo
sulla convergenza tra i servizi di broadcasting tradizionali e Internet e sulla televisione del futuro, col-
laborando anche per specifici progetti con l’Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie
dell’Informazione del Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento Comunicazioni. Per questo la
Fondazione ha visto nell’iniziativa dell’Autorità un’ottima occasione per fornire il proprio punto di vista e
mettere a disposizione il bagaglio di conoscenze acquisito, con l’intento di fornire utili spunti al dibattito
nazionale sull’evoluzione e gli sviluppi futuri della televisione.
L’indagine conoscitiva avviata dall’Autorità affianca e di fatto anticipa la discussione promossa a livello
europeo con l’adozione, avvenuta lo scorso 24 aprile, del Green Paper “Preparing for a Fully Converged
Audiovisual World: Growth, Creation and Values”. Con il proprio Libro verde, la Commissione invita a
partecipare attivamente e costruttivamente ad un’ampia discussione pubblica sulle implicazioni della
trasformazione del panorama dei media audiovisivi, a fronte di un costante incremento della conver-
genza tra i servizi di broadcasting tradizionali e Internet. Il Libro verde non prevede alcuna azione, ma,
nel darvi seguito, la Commissione potrebbe vagliare diverse risposte normative e politiche, per cogliere
pienamente le opportunità di un ambiente tecnologico così mutevole e assicurare a tutti gli utenti l’ac-
cesso il più vasto possibile a contenuti diversificati e di qualità più elevata. Tali risposte potrebbero avere
impatto su diversi strumenti normativi oggi vigenti, tra cui la Direttiva sui servizi di media audiovisivi e la
Direttiva sul commercio elettronico.
È proprio nella prospettiva di un quadro internazionale che la Fondazione ha svolto i propri studi,
prestando però particolare attenzione al contesto italiano che per molti versi presenta notevoli aspetti
di distinzione. L’analisi interdisciplinare che ne è emersa cerca di porre l’attenzione sui cambiamenti
A cura di Doriana Guiducci | Fondazione Ugo Bordoni
Il contributo della Fondazione al libro bianco“Televisione 2.0 nell’era della convergenza”
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più significativi che derivano dalla convergenza di settori diversi e che stanno riducendo sempre più le
distanze tra i consumatori, le emittenti radiotelevisive e Internet. Gli stessi cambiamenti che da un lato
offrono enormi potenzialità, possono, infatti, presentare profili di possibili criticità che meritano di essere
approfonditi per comprendere quali controindicazioni possano sussistere per effetto della confluenza
di settori tradizionalmente distinti.
Cos’è la Tv connessa La Tv connessa è stata definita da Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione Europea e Com-
missario per l’Agenda Digitale, “la prossima rivoluzione nel mondo creativo e digitale”.
Una simile definizione, se aiuta a percepire la dimensione del contesto, non è però sufficiente ad orien-
tarsi in un panorama tecnologico molto complesso e articolato, caratterizzato da forti spinte innovative
e sul quale non esiste uniformità di vedute. Siamo di fronte ad una materia nuova, ben lontana dall’e-
sprimere in pieno le proprie potenzialità – ma anche le possibili criticità – per la quale non sempre un
certo insieme di parole-chiave è utilizzato con la medesima accezione.
La Tv connessa (Connected Tv) va intesa come una piattaforma con la quale è possibile usufruire di
un’offerta integrata e correlata di contenuti audiovisivi, lineari (in broadcast) e non lineari (in broadband),
attraverso un’unica interfaccia di Guida Elettronica ai Programmi (EPG). Le modalità di “connessione”
alla rete a banda larga possono essere diverse e tale distinzione non ha soltanto ricadute di stampo
tecnologico, ma anche, e soprattutto, influenza i possibili scenari di mercato e il ruolo dei diversi attori
(operatori di telecomunicazione, broadcaster, fornitori di contenuti, costruttori).
Si possono distinguere due diverse modalità di collegamento alla rete per gli apparati di Tv connessa,
intendendo con tale termine sia televisori, sia set top box di cui il televisore diventa solo monitor. Si parla
di apparati connessi duali per indicare la semplice circostanza della copresenza di un’interfaccia di rice-
zione broadcast (digitale terrestre, digitale satellitare o cavo) e di un’interfaccia di ricezione/trasmissione a
banda larga, tra le quali, in principio, non esiste correlazione tra i contenuti ricevibili in broadcast e quelle
ricevibili dalla rete a banda larga. Il caso di un televisore connesso, cui venga collegato, tipicamente su
interfaccia HDMI, un dispositivo dotato di sistema operativo proprio ed accesso alla rete Internet, è un
caso-limite ma non infrequente di televisore che viene utilizzato semplicemente per la sua funzione di
schermo di un altro terminale. Si parla invece più propriamente di apparati connessi ibridi per indicare
la presenza di una piattaforma software (caricata in un firmware eventualmente aggiornabile attraver-
apparati connessi
duali, apparati
connessi ibridi
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so la rete a banda larga), che sfruttando la dualità delle interfacce di ricezione permetta di correlare i
contenuti broadcast e quelli ricevibili dalla rete a banda larga. Quest’ultimo è un esempio più maturo
di convergenza tecnologica.
L’evoluzione della Tv connessa si esplicita in numerose combinazioni delle modalità di accesso a con-
tenuti broadcast e/o disponibili su Internet. Tale evoluzione non ha avuto una ben precisa direzione di
sviluppo e diversi soggetti, come costruttori o fornitori di contenuti, hanno realizzato in modo autonomo
e spesso in forma chiusa le proprie piattaforme tecnologiche producendo di fatto un ambiente caotico,
difficile da decifrare e caratterizzato da una molteplicità di soluzioni tra loro non interoperabili.
Le diverse piattaforme di intrattenimento sono tutte dotate di una connessione ad Internet, ma i paradigmi
per la modalità di accesso ai contenuti del Web appartengono essenzialmente a due famiglie: accesso
libero, tramite Browser, o accesso condizionato, tramite APP o WIDGET (approccio “walled garden”).
In questo secondo caso, ciascun costruttore o gestore di piattaforma di Tv connessa si distingue per il
proprio bouquet di servizi o contenuti ed assume il ruolo di intermediazione tra il contenuto Web e l’utente
finale. L’utente, per accedere al contenuto d’interesse, dovrà necessariamente dotarsi dell’opportuna
piattaforma tecnologica e attivare il WIDGET del servizio, cioè una specifica applicazione software.
Nell’ottica dell’approccio “walled garden”, un sistema di sviluppo software proprietario è necessario per
la realizzazione di servizi Web personalizzati in grado di essere eseguiti sulla propria piattaforma. L’ente
o l’utente che intende sviluppare un proprio servizio o WIDGET, deve diventare partner della piattaforma,
realizzare il WIDGET personale e sottoporlo ad approvazione. In caso di accettazione il costruttore o
gestore della Connected Tv provvederà alla pubblicazione sui propri server del WIDGET approvato,
aggiornando il proprio bouquet su tutte le proprie piattaforme Tv connesse alla rete.
In generale si può affermare che fornitori di contenuti OTT, operatori di telecomunicazioni fornitori di
connettività, costruttori di apparati televisivi e broadcaster si sono mossi in ordine sparso. Il risultato è
che oggi il mercato della Tv connessa si presenta talmente frammentato da essere poco comprensibile
per gli utenti. In assenza di standard condivisi, aperti e interoperabili, il proliferare di soluzioni proprietarie
potrebbe portare ad un significativo numero di controindicazioni per gli utenti sia in termini di acces-
sibilità all’intero insieme dei servizi offerti sia per gli effetti di condizionamento che si potrebbero avere
sul mercato.
Sarebbe inoltre di particolare utilità per gli utenti estendere iniziative istituzionali già esistenti in materia
di Tv digitale all’ambito della Tv connessa, per facilitare la classificazione degli apparati, sulla base delle
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caratteristiche tecniche e di accesso ai servizi. Questo fornirebbe, a tutela dei consumatori, strumenti
utili sia per la scelta sia per l’uso di un apparato e permetterebbe di verificare la congruenza delle carat-
teristiche dichiarate da un apparato con le specifiche tecniche corrispondenti previste a livello normativo.
Le reti a larga banda sono in grado di sostenere i servizi di Tv connessa?Le modalità di distribuzione televisiva hanno vissuto negli anni cambiamenti radicali dovuti principalmente
all’innovazione tecnologica. Si è così passati dalla tradizionale televisione terrestre analogica a quella
digitale, all’utilizzo della piattaforma satellitare fino ad arrivare all’integrazione del protocollo Internet nei
dispositivi moderni (set top box, Tv connesse, tablet e smartphone). Proprio il fenomeno della conver-
genza tecnologica ha modificato l’utilizzo di qualsiasi dispositivo connesso alla rete, ha prodotto un
proliferare di servizi ed ha veicolato la capacità innovativa di alcuni attori globali di creare nuovi modelli di
business, che possono rivoluzionare nel prossimo futuro il settore televisivo, con particolare riferimento
ai soggetti cosiddetti Over The Top (OTT), fornitori di contenuti audiovisivi sulla rete broadband.
La disponibilità di connessioni a larga banda rappresenta quindi il prerequisito perché gli utenti possano
usufruire dei servizi di Tv connessa e l’accesso ai contenuti video costituisce uno dei fattori di spinta
principali per la diffusione delle reti broadband.
L’Italia, tuttavia, occupa uno degli ultimi posti nelle classifiche europee in merito alla penetrazione delle
connessioni fisse a larga banda. I dati presentati recentemente dalla Commissione Europea circa lo
stato di attuazione dell’Agenda Digitale in Italia sono allarmanti. Tra gli obiettivi che l’Agenda Digitale
fissa per l’Europa compare la disponibilità di connessioni con velocità di trasmissione fino a 30 Mbit/s
per tutti i cittadini e fino a 100 Mbit/s per il 50% della popolazione entro il 2020. Ad oggi, tuttavia, in Italia
la penetrazione delle connessioni fisse di nuova generazione (Next Generation Access) interessa una
parte esigua della popolazione, pari al 2%, a fronte dei numeri ben più elevati della media europea al
20% (Figura 1), relegando l’Italia tra i Paesi carenti in termini di presenza di tecnologia VDSL e con una
debole competizione tra piattaforme, assieme a Cipro e alla Grecia. In termini di velocità di connessione
la situazione non è migliore: soltanto lo 0,1% delle connessioni offre velocità superiori a 30 Mbit/s, contro
la media del 14,8% in Europa dove si registra anche un 3,4% di connessioni a velocità pari o superiore
a 100 Mbit/s (EU Digital Agenda Scoreboard 2013) (Figura 2).
Secondo un recente rapporto pubblicato da Akamai (Akamai Q4 2012), predisposto sulla base dei dati
Figura 1. Percentuale di connessioni fisse basate su reti di accesso di nuova generazione NGA, che comprendono VDLS, cavo e reti in fibra. Fonte: EU
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di accesso alla propria piattaforma, anche in termini di velocità di accesso l’Italia risulta penalizzata,
registrando un picco medio della velocità di connessione nel trimestre osservato pari a 19,4 Mb/s. Anche
le connessioni mobili offrono velocità inferiori rispetto alle medie europee: la velocità di connessione
mobile media maggiore offerta da un provider si attesta a 3,1 Mb/s (quasi il doppio della più bassa, pari
invece a 1,6 Mb/s) e le velocità di connessione massime offerte dagli operatori italiani vanno dai 16,5
Mb/s ai 13,1 Mb/s. Nel 2012 solo l’1% del traffico dati radiomobile nel nostro Paese è stato supportato
dalle reti 4G recentemente introdotte, ma si prevede una forte crescita fino ad arrivare al 45% del totale
nel 2017, come conseguenza della proiezione che vede la presenza di un 14% di connessioni mobili
4G nel 2017, contro lo 0,1% registrato nel 2012.
I dati attuali forniscono quindi per l’Italia un quadro di penetrazione delle connessioni a banda larga e
ultralarga, sia su rete mobile sia su rete fissa, che non sarà verosimilmente nel breve e medio periodo in
grado di fornire coperture comparabili a quelle oggi ottenute per i servizi broadcast. Inoltre, non sono
ancora chiari i piani di sviluppo delle infrastrutture, soprattutto per la rete fissa. Sicuramente nei prossimi
anni assisteremo ad un’evoluzione della rete in fibra ottica che dovrà progressivamente sostituire quella
in rame, con due primari scopi: la sostituzione dei doppini dalla centrale al primo armadio di ripartizione,
in modo da eliminare il segmento di connessione in rame oggi più critico, e la connessione in fibra ottica
ben oltre il primo armadio, per realizzare l’infrastruttura di trasporto necessaria per interconnettere le
stazioni radiobase e permettere lo sviluppo di reti radio ad alta capacità (es. HSPA e LTE). In relazione
al primo tipo di interventi, i sistemi VDSL2 Vectoring permetteranno agli utenti connessi con doppino
di raggiungere capacità tra i 30 e i 100 Mb/s, arrivando quindi a soddisfare gli obiettivi dell’Agenda
Digitale Europea.
Parallelamente, sono in forte espansione i sistemi broadband wireless basati su reti radiomobili, che
già oggi consentono di usufruire di connessioni ad alta capacità non solo in ambiente domestico, ma
anche in mobilità. Negli ultimi anni la tecnologia High Speed Packet Access (HSPA) è stata adottata
essenzialmente nella totalità delle reti radiomobili 3G e lo sviluppo dei sistemi 4G basati su reti LTE è
già stato avviato con successo. Lo standard LTE prevede la possibilità di distribuire contenuti audio e
video a più utenti grazie alla tecnologia MBMS (Multimedia Broadcast/Multicast Services) che supporta
tre diverse modalità di distribuzione:
n Unicast – distribuzione dei contenuti ad un singolo utente
Figura 2. Suddivisione delle linee fisse per velocità di connessione al gennaio 2013. Fonte: EU
Above 144 Kbps and below 30 Mbps 30 Mbps and above and below 100 Mbps 100 Mbps and above
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n Multicast – distribuzione dei contenuti ad un gruppo di utenti
n Broadcast – distribuzione dei contenuti ad un ampio pubblico
Attualmente, l’implementazione di funzionalità MBMS, che aprirebbe il palcoscenico ad ulteriori scenari
di mercato, non ha trovato applicazione nelle reti esistenti, sebbene alcuni operatori abbiano dichiarato
piani di sviluppo sul breve periodo (es. trial attesi in Europa, Verizon per il 2014). L’adozione, non an-
cora avvenuta, di questa famiglia di funzionalità sulle reti LTE potrebbe costituire il primo passo verso
piattaforme di distribuzione ibride che combinano all’interno di una stessa rete le potenzialità offerte
oggi individualmente dalle reti broadcast e broadband.
La qualità delle connessioni, al pari della loro disponibilità, ha forti implicazioni sulla garanzia di accesso
ai contenuti. La Tv connessa richiede connessioni “molto buone”; ma la definizione di connessione molto
buona è un tema tecnicamente assai complesso che va coniugato sia in termini di Qualità del Servizio
(QoS), intesa come prestazione della rete, sia di qualità percepita dall’utente, o Qualità dell’Esperienza
(QoE). La garanzia per l’accesso ai contenuti andrebbe quindi definita attraverso una serie di parametri
che riguardano, da un lato, gli aspetti della rete (throughput, data loss, delay, jitter), gli aspetti del tra-
sporto del servizio (e cioè i protocolli utilizzati come, ad esempio, TCP, UDP), i sistemi operativi utilizzati
dal dispositivo e le caratteristiche del servizio e, dall’altro, le tecniche e le modalità di distribuzione
(multicast, Content Delivery Networks, locazione dei server). Alcune attività di studio preliminari condotte
dalla Fondazione (Deliverable MPLANE) suggeriscono che occorra ridefinire il concetto di Service Level
Agreement (SLA) pensando ad una definizione a più livelli che garantisca non solo l’utente, ma anche
per altri attori quali gli operatori di TLC e gli Over the Top. In particolare tre sono gli SLA necessari:
– uno per la verifica della banda offerta dall’operatore attraverso il canale di comunicazione;
– uno per la conoscenza della banda effettiva a disposizione dell’utente (che dipende dai protocolli
di trasporto, ma anche dal sistema operativo utilizzato e dalla distanza dall’utente del server relativo
al servizio utilizzato);
– uno per la verifica delle applicazioni e che quindi tiene in conto della gratificazione dell’utente.
Se già oggi alcuni fornitori di contenuti OTT eseguono speed test per la verifica della banda disponibile
per l’utente, la piena e sistemica comprensione delle potenzialità di supporto dei servizi di Tv connessa
da parte delle diverse piattaforme di accesso, richiederebbe un monitoraggio ben più ampio. L’acquisi-
zione di informazioni su scala nazionale si potrebbe ottenere attraverso un potenziamento dei metodi di
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mercati
a due versanti
monitoraggio che oggi sono già stati attivati dall’Autorità in riferimento alla capacità trasmissiva offerta
dalla rete fissa (www.misurainternet.it) e radiomobile. Le attività di monitoraggio potrebbero essere op-
portunamente adeguate e indirizzate verso caratteristiche che meglio rispondano ai requisiti per la Tv
connessa, con particolare riferimento ad una definizione dei requisiti e dei livelli di servizio che garantisca
l’utente e, più in generale, tutti gli attori coinvolti (es. operatori TLC e di broadcasting, aggregatori di
contenuti, manifatturieri).
Il mercato a più versanti della Tv connessaCome messo in luce recentemente (Simon 2012), il progressivo fondersi dei settori dei media, delle
telecomunicazioni e dell’Information Technology, precedentemente separati, dà luogo a un nuovo eco-
sistema, al cui interno sono presenti imprese di tipo molto diverso, con risultati economici variabili. Ci
sono aziende IT altamente profittevoli, operatori di rete con ricavi declinanti e aziende di media con
margini spesso minimali. Nel “vecchio” mondo, ciascuno di questi settori era concentrato sul proprio
core business e presidiava il proprio mercato di riferimento. Nel nuovo ecosistema digitale convergente,
ogni segmento con il proprio modello di business compete con tutti gli altri per il consumatore finale,
con l’obiettivo di diventare il principale gateway per la fornitura di contenuti. In particolare, i nuovi attori
tecnologici, in quanto agenti di dis-intermediazione, forniscono o forniranno aggregazione e distribuzione
di contenuti e gestione della pubblicità, fornendo, inoltre, servizi aggiuntivi che potrebbero competere
con altri servizi forniti da operatori tradizionali, spesso sottraendo ricavi al produttore di contenuti. La
dinamica del settore si sposta verso il “basso”, allontanando l’equilibrio di potere e la monetizzazione
dal lato della produzione e avvicinandoli al lato della distribuzione di contenuti.
Ne consegue una sfida epocale al tradizionale mercato del settore dei media, storicamente concentrato
e verticalmente integrato. Alla tradizionale catena del valore dominata dal segmento dei produttori/editori
(Richeri 2012), dove l’unico segmento non controllato era quello del dispositivo abilitante (apparecchi
radio e Tv, riproduttori di musica registrata, ecc.), si sostituisce una catena del valore con molti parte-
cipanti, tutti concorrenti nella gestione della base clienti.
Per comprendere la struttura del mercato e della catena del valore è utile richiamare alcuni elementi
introduttivi sulle esternalità di rete e i mercati a due versanti, per passare poi ad una trattazione speci-
ficamente riferita alla Tv connessa.
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custumer lock-in
multi-sided market
Le esternalità di rete (o network effects) caratterizzano quei mercati in cui l’insieme degli utenti di un
determinato bene o servizio forma una rete, fisica o virtuale, il cui valore dipende dal numero di per-
sone che ne fanno parte (Shapiro e Varian 1999). Ne sono influenzate, tra le altre, le tecnologie della
comunicazione – telefonia, fax, e-mail, Internet – e i mercati dei beni informativi. In genere le esternalità
si presentano come esternalità positive, dove il valore delle reti cresce al crescere dei suoi nodi.
Si possono distinguere due tipi di esternalità di rete: dirette ed indirette. Si hanno esternalità dirette quan-
do il numero di utenti che adotta il bene influisce sull’utilità dell’individuo per il fatto che può interagire
con più persone. Un individuo che fa parte di una rete influenza gli altri individui, generando feedback
positivi, senza che per questo ci sia alcuna corresponsione di denaro. Ogni nodo che si unisce alla rete
la rende più grande, aumentandone il valore complessivo e l’utilità che ne deriva a ciascuna persona
che ne fa parte. Questo determina una diffusione di tipo virale.
Le esternalità indirette emergono quando il valore di un bene cresce al crescere del numero o della
varietà di beni e servizi complementari. Per esempio, nel mercato dei PC, all’aumento del numero di
utilizzatori di un tipo di hardware, i produttori di software saranno indotti a produrne una quantità e una
varietà più ampia compatibile con quel determinato hardware, stimolandone così l’adozione da parte
di altri utilizzatori e innestando un circolo virtuoso di feedback positivi.
Ne consegue che nei mercati caratterizzati da esternalità di rete il successo si nutre di successo, l’impresa
più forte diventa ancora più forte e quella debole si indebolisce ancora di più. Nelle sue forme più estreme,
la presenza di feedback positivi può condurre alla situazione in cui il vincitore prende tutto il mercato,
creando un monopolio di fatto e determinando una situazione di customer lock-in, di vera e propria “cat-
tura” dell’utente, per il quale i costi di transizione da una piattaforma ad un’altra diventano insostenibili.
Pertanto, in presenza di esternalità di rete, per favorire la concorrenza e l’interoperabilità, è particolarmente
rilevante la determinazione degli standard tecnici e della compatibilità tra questi, limitando al massimo le
situazioni proprietarie e aprendo le piattaforme consolidate sul mercato all’attività di fornitori terzi.
Nell’economia dei beni informativi, il produttore di un bene o l’erogatore di un servizio si trova ad inter-
mediare tra due tipologie di clienti, che hanno bisogno di quella piattaforma per entrare in contatto tra
loro (Preta 2012).
Le due tipologie di clienti si influenzano a vicenda, dando luogo a esternalità di rete incrociate, che
possono essere di segno positivo o negativo.
Esempi storici di mercati a due versanti sono quello della stampa periodica e quotidiana. La Tv commer-
ciale funziona sostanzialmente allo stesso modo: da una parte gli spettatori che godono del prodotto
televisivo in forma gratuita, dall’altra gli inserzionisti disposti a pagare con investimenti pubblicitari. In
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multi sides market
broadcaster
custumer lock-in
multi-sided market
questo caso, le esternalità tra le due tipologie di clienti sono asimmetriche: positive per gli inserzionisti,
poiché il valore della piattaforma aumenta all’aumentare del numero degli spettatori; negative per questi
ultimi, dato che all’aumento delle inserzioni pubblicitarie corrisponde una diminuzione dell’attrattività
della piattaforma. Nel tempo si sono affermate forme ibride e sono nate la pay Tv, dove gli introiti da
spesa diretta degli spettatori sono di gran lunga superiori a quelli pubblicitari.
Con il digitale, aumentano le “piattaforme” in grado di dar luogo a mercati a due versanti, e gli stessi
versanti possono diventare anche tre o quattro.
Per la Tv connessa, la combinazione al dispositivo utente (televisore integrato o set top box collegato
al televisore) di hardware e di software – compresi i sistemi di sviluppo delle applicazioni, l’accesso a
servizi di video indipendenti, la modalità di integrazione dei WIDGET, le codifiche impiegate, i sistemi di
sicurezza adottati – dà vita a una vera e propria piattaforma in grado di mettere in comunicazione gli
utenti finali di volta in volta con i fornitori di contenuto, con gli inserzionisti pubblicitari, con gli sviluppatori
di applicazioni, con attori in grado di offrire servizi interattivi e transattivi. Le esternalità di rete, dirette
e indirette, in un simile ambiente possono dar luogo ad effetti moltiplicativi e, in assenza di standard
condivisi, aperti e interoperabili, portare ad un significativo customer lock-in. Il rapido successo di una
piattaforma, una volta consolidata, potrebbe trarre un significativo potere di condizionamento del mer-
cato da questa posizione cruciale. Si può quindi parlare di Multi-sided Market: esistono differenti versanti
secondo la collocazione nella catena del valore e il modello di business adottato.
La catena del valore della Tv connessaLe modifiche della struttura del mercato si manifestano in una struttura completamente rinnovata della
catena del valore della Tv connessa. La Figura 5 schematizza graficamente la complessità delle relazioni:
al centro (rettangoli blu) sono riportati i soggetti che si occupano della produzione e distribuzione dei
contenuti video, mentre ai lati (quadrati verdi) troviamo gli attori complementari al processo distributivo,
come investitori pubblicitari e fornitori di piattaforme di pagamento.
Rispetto alla catena del valore della Tv tradizionale, alcuni attori della filiera possono scavalcare i sog-
getti che storicamente hanno intermediato il loro contributo verso gli utenti finali. Ed è proprio questa
la tendenza più comune, in cui diversi soggetti aspirano a sostituire il ruolo dei broadcaster tradizionali,
spesso attraverso tecnologie proprietarie che sfruttano l’assenza di una normativa di standardizzazione
non permettendo interoperabilità sia tecnologica sia di servizio.
Figura 4. Figura - Mercato della Tv connessa a “n” versanti. Figura 3. Figura - Mercato Tv a due versanti.
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Come illustrato, infatti, i produttori di contenuto o chi ne detiene i diritti hanno la possibilità di rivolgersi
direttamente agli aggregatori o di offrire un servizio in proprio senza la necessità di passare per i bro-
adcaster, principalmente grazie alla diversa infrastruttura tecnologica utilizzata per la trasmissione dei
contenuti. Infatti, mentre nel contesto tradizionale, ai fini della distribuzione, è necessaria una rete ad hoc
per trasmettere i segnali video, nello scenario della Connected Tv viene impiegata una rete esistente,
Internet, utilizzata anche per altre finalità e in cui la ripartizione dei costi e dei proventi tra utilizzatore
e fornitore di tecnologia è sbilanciata a favore dei primi. D’altra parte, gli stessi broadcaster possono
eludere gli aggregatori OTT realizzando direttamente un’offerta propria.
Nel nuovo scenario un ruolo fondamentale viene giocato dai dispositivi di utente, che nel corso degli
anni sono passati da strumenti passivi utilizzati solamente per la loro funzione di schermo a strumenti
intelligenti dotati di microprocessori e funzionalità di connessione Internet.
Emerge, inoltre, il ruolo forte di attori nuovi, come gli aggregatori di contenuto e le piattaforme di distri-
buzione del servizio, che, oltre ad interfacciarsi con gli investitori pubblicitari, possono gestire forme di
pagamento diretto da parte degli utenti (linee verdi).
Discorso a parte meritano gli investitori pubblicitari che, ad oggi, costituiscono la fonte principale di
sostentamento dell’intero sistema. Si osserva come le risorse derivanti dalle diverse forme pubblicitarie
(linee gialle) possono intervenire in più punti della filiera (oltre che in forma di spot nei palinsesti lineari e
come product placement in film e telefilm o sponsorizzazione di spettacoli ed eventi sportivi, anche come
Figura 5. Catena del valore della Connected Tv.
Product placement
Spot
Feedback
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pay tv, canone,
pubblicità
pubblicità interattive e profilate), di fatto disintermediando nuovamente il ruolo goduto dai broadcaster
nella catena del valore della Tv tradizionale.
Modelli di businessDal momento che l’universo della Tv connessa è figlio della convergenza tra i settori della Tv broadcast,
delle telecomunicazioni, dell’elettronica di consumo e dei servizi nativi su Internet, i modelli di business
andranno a diversificare ulteriormente quelli adottati dalla Tv broadcast, che nel tempo si sono ibridati:
il servizio pubblico finanziato dal canone di abbonamento; la Tv commerciale, che offre un prodotto
gratuito ai telespettatori sussidiato dagli investimenti pubblicitari; la pay Tv, che prevede un pagamento
diretto da parte degli spettatori.
La composizione dei ricavi del settore televisivo globale continua a mutare con riferimento alle tre fonti
principali (finanziamenti pubblici o canone; pay-Tv; pubblicità). Il finanziamento da canone rimane re-
lativamente stabile nell’arco degli ultimi quattro anni (1,4%), ammontando al 7% dei ricavi del settore
nel 2011. I ricavi provenienti da pay-Tv sono cresciuti ad un ritmo medio annuo del 9% nel periodo
2007-2011, raggiungendo il 52% dei ricavi totali del settore nel 2011 (rispetto al 45% del 2007). Gli
investimenti pubblicitari crescono ad un ritmo inferiore (3,5% nel 2011) ed ammontano al 41% dei ricavi
complessivi del settore, rispetto al 46% del 2007. Il mercato italiano, in linea con quello dei maggiori
Paesi europei, ha visto una crescita tra il 2006 e il 2011, imputabile quasi esclusivamente alla compo-
nente pay che, peraltro, compensa il lieve calo degli investimenti pubblicitari.
Il progressivo successo della pay Tv costituisce un forte vettore per robuste prestazioni economiche e
rappresenta una significativa tendenza anticiclica per il complesso dell’industria televisiva a livello globale
che, dopo una stagnazione nel 2009, dovuta al calo degli investimenti pubblicitari, ha saputo riprendersi
nel 2010 crescendo del 10%, principalmente grazie a un incremento nei ricavi da pay Tv. Una crescita
confermata sugli stessi livelli anche nel 2011 (Ofcom, 2012).
In particolare, con la transizione al digitale, la Tv a pagamento è quella che tende a definire i modelli di
business emergenti, in gran parte fondati su fattori abilitanti di accesso ed esclusività tecnologici e non
tecnologici, che allontanano la Tv dal modello generalista e free-to-air. Ne consegue anche un muta-
mento nelle strategie commerciali e culturali espressamente progettate per un’audience frammentata.
A questa tendenza vanno aggiunte alcune considerazioni che riguardano dinamiche proprie di Internet,
dove crescono incessantemente, a livello globale e nazionale, sia gli investimenti pubblicitari che i ricavi
da commercio elettronico, tanto in ambito fisso quanto mobile. Limitatamente al comparto editoriale
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web tv
catch up tv
(musica, news, audiovisivo), a livello globale l’equilibrio tra ricavi da pubblicità e da pagamenti diretti
degli utenti si sta progressivamente modificando in favore dei pagamenti diretti (Figura 6).
In questo quadro, in Europa i ricavi da VoD rappresentano ancora una piccola parte del mercato
televisivo complessivo (1% ca. a livello europeo) ma risultano in forte crescita (Attentional et al 2011).
Nella Tv connessa, con la trasformazione del mercato Tv a due versanti in un mercato a più versanti, i
modelli di business adottati seguono le differenti strategie che gli attori coinvolti stanno sviluppando a
partire dal loro posizionamento attuale. Inoltre, alcuni modelli di servizi tipici di Internet possono adattarsi
nel corso dei prossimi anni anche al settore televisivo, con offerte di contenuti personalizzati e pubblicità
mirata in funzione della profilazione dell’utente.
Non risulta ad oggi un modello unico o prevalente, essendo il mercato in forte evoluzione e diversi modelli
di business possono essere adottati dai diversi attori interessati alla catena del valore della Tv connessa.
n I broadcaster, perseguendo strategie di diversificazione, offrono i contenuti di cui detengono i diritti
non solo sulle frequenze televisive, ma anche attraverso Internet con le Web Tv, che trasmettono live la
programmazione in onda, e attraverso il modello catch up Tv, che rende possibile su Internet la fruizione
di contenuti messi in onda nei giorni precedenti.
I broadcaster free-to-air (commerciali o di servizio pubblico) tendono a preservare il proprio core busi-
ness (la trasmissione televisiva lineare) affiancandogli nuove forme di fruizione non lineare che possano:
estendere nel tempo l’attrattività dei contenuti a utilità ripetuta mediante la valorizzazione degli archivi
proprietari; fidelizzare gli spettatori di contenuti originali seriali; fornire contenuti aggiuntivi, sia di natura
video (anche in HD) che di altra natura (interattivi, di approfondimento, gaming, social, ecc.); rappresen-
tare un ingresso dello spettatore in un walled garden in cui veicolare servizi non direttamente connessi
con il contenuto video trasmesso (servizi informativi, interattivi e transattivi). La nuova offerta on demand
e di catch-up-Tv è attualmente largamente finanziata dal core business ma in futuro potrebbe avere
una propria sostenibilità economica autonoma, sia attraverso la raccolta pubblicitaria (eventualmente
interattiva e personalizzata), sia mediante piattaforme di commercio elettronico.
Gli operatori di pay Tv si sono adeguati ai nuovi paradigmi offrendo la possibilità ai propri abbonati
di accedere ai contenuti attraverso Internet. In questo scenario si inquadrano le offerte di Mediaset
Premium Play e SkyGo che offrono servizi di diretta streaming via Web e VoD. Nel Regno Unito è stato
recentemente lanciato da Sky il rivoluzionario servizio NowTV che utilizza il modello pay-as-you-go,
Figura 6. Composizione dei ricavi delle industrie dei media su Internet per pubblicità e pagamento diretto degli utenti (2000-2009).Fonte: Waterman e Wook Ji, 2011
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Advertising Revenne, % of Internet Rev.
Direct Payment, % of Internet Rev.
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pay-as-you-go
freemium
permettendo la fruizione di contenuti premium su base temporale senza la necessità di avere un ab-
bonamento con l’emittente.
n Gli operatori di telecomunicazioni hanno tentato di inserirsi nella catena del valore offrendo servizi
multiple play cercando di offrire il servizio televisivo via IP in abbonamento in aggiunta ai servizi telefo-
nici e dati, senza riscontrare grande successo tra gli utenti. Costituiscono uno degli anelli più critici in
quanto la capacità e la qualità della rete messa a disposizione sono essenziali per i servizi video che
vengono veicolati, allo stesso tempo non intravedono dei modelli di business certi che garantiscano un
ritorno degli investimenti nell’upgrade dell’infrastruttura tecnologica. Nuovi modelli che garantiscano un
adeguato revenue sharing possono contribuire alla spinta di sviluppo dell’infrastruttura di connessione.
n Gli aggregatori OTT – principalmente aziende native su Internet e di provenienza nordamericana
(Apple, Google, Netflix, Amazon) – sono in effetti soggetti che hanno rivoluzionato la distribuzione
tradizionale del home video, offrendo nuovi modelli di distribuzione di fruizione e di tariffazione: la
possibilità di diretta streaming, VoD, affitto, download to own, download to rent, download to burn.
Le revenues possono fondarsi su modelli gratuiti supportati dalla pubblicità, dalla cessione di dati
personali o da donazioni volontarie, o su modelli a pagamento, attraverso abbonamenti flat o pay-
as-you-go. Esistono anche modelli misti, come il freemium,dove alcuni contenuti “esca” sono offerti
gratuitamente (puntate pilota, numeri zero, ecc.) per invogliare l’utente ad accedere al grosso delle
teche a pagamento. L’evoluzione della Tv connessa ha contribuito al successo di questi soggetti che
in origine offrivano i propri servizi di distribuzione video agli utilizzatori di personal computer ma che
oggi, anche con la fornitura di hardware dedicato, si affacciano prepotentemente nel salotto di casa.
n I costruttori di Tv hanno nel corso degli anni integrato nello schermo televisivo prima i decoder
digitali (che i rapidi cambiamenti delle tecniche di trasmissione rendono in breve tempo obsoleti) e poi
funzionalità proprie dei personal computer, quali ad esempio micro-processori e connessione ad Inter-
net, aprendo il campo verso nuovi servizi e dando vita ad uno scenario in cui manca una standardizza-
zione sia tecnologica (ad esempio codifica video) sia dei servizi disponibili (ad esempio browser libero).
Stabilendo un rapporto diretto con l’utente finale, l’industria dell’elettronica di consumo tenta di uscire
dal precedente posizionamento ancillare nella catena del valore, mediante un processo di integrazione
a monte che lo porta a posizionarsi nel campo degli aggregatori. Nell’ultimo periodo i costruttori di Tv
hanno assunto un ruolo chiave di intermediazione tra produttore di contenuti e utente, selezionando i
sistemi operativi, le applicazioni e i servizi offerti in base ad accordi commerciali.
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green paper ce
indagine agcom
BIBLIOGRAFIA E FONTI UTILIZZATE
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tv connessa
Il quadro interpretativo dell’evoluzione del mercato Tv nell’universo digitale può essere letto alla luce di
due coppie disgiuntive, caratteristiche di tutti i media digitali: convergenza/divergenza e dis-intermedia-
zione/ri-mediazione. A queste, particolarmente per l’universo televisivo, si aggiunge la tensione tra due
opposte mentalità, entrambe in crescita: la logica dell’apertura, propria del mondo Internet e la logica
della chiusura, tipica della pay Tv.
Convergenza/divergenzaCon la coppia convergenza/divergenza (Ferri 2004), s’intende correggere l’unilateralismo con cui è stato
connotato il processo di convergenza di tutti i mezzi di comunicazione al linguaggio digitale, cui spesso
seguiva l’assunto per cui dovesse rendersi necessario e probabile un terminale utente unificato, in gra-
do di riprodurre tutta la ricchezza dell’universo multimediale in evoluzione. In quest’ottica, una prima,
ingenua visione vedeva nel personal computer l’erede e il sostituto dell’apparecchio televisivo, destinato
presto a un futuro di residuale marginalità. Lo stesso processo di convergenza tra telecomunicazioni
e le diverse articolazioni di media analogici ha però reso evidente che, dopo l’unificazione in un unico
linguaggio informatico, la semplice possibilità che un singolo apparecchio riproduca tutti i tipi di contenuti
di comunicazione (testo, immagini, audio e video) declinati nei versi one-to-one e one-to-many non ne
determina al tempo stesso la necessità. In altre parole, si è sviluppato un ecosistema di dispositivi digitali
multifunzione, senza che se ne affermasse uno egemone. In realtà, già il concetto stesso di convergenza
è declinabile come “convergenza tecnica”, quando gli stessi contenuti sono disponibili su piattaforme
differenti, e “convergenza di servizi”, quando differenti contenuti sono resi disponibili sulla stessa piatta-
forma (Harrison e Woods 2007).
E così, accanto all’apparecchio televisivo (che, lungi dal volersi ritirare nei musei, trova una sua nuova
centralità proprio grazie ad Internet) e al personal computer, si sono via via aggiunti nuovi dispositivi
in grado di connettersi ad Internet in mobilità e di riprodurre comunicazioni vocali, musica, filmati, libri
digitalizzati e altro ancora, trasportando l’utente nel paradigma della connessione continua (always on).
L’introduzione sul mercato degli smartphone e dei tablet ha permesso di concentrare tutte queste attività
in un singolo apparecchio ma sembra che l’ecosistema mediale digitale si stia indirizzando, per ciascun
singolo utente, verso una molteplicità di dispositivi dalle funzioni più o meno specializzate, tutti connessi
ad Internet. I media quindi convergono in rete su protocollo IP ma divergono per reti e tecnologie di
di Robert Castrucci | Fondazione Ugo Bordoni
L’evoluzione del mercato televisivoconvergente
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accesso e per i differenti dispositivi utilizzati – spesso contemporaneamente – a seconda dello specifico
contenuto richiesto e, soprattutto, del differente contesto d’uso.
Al proposito, occorre osservare che la Tv diventa “social” ben prima dell’introduzione delle Connected
Tv, già con l’uso contestuale di Tv e PC (o tablet o smartphone), dove il primo apparecchio è utilizzato
per ricevere un determinato contenuto (trasmesso su frequenze televisive terrestri o satellitari o su banda
larga) e al secondo (second screen) si attribuisce una funzione di conversazione sociale sul contenuto
ricevuto sul primo, anche grazie alla crescente concentrazione delle conversazioni degli utenti Internet
sulle dominanti piattaforme di social networking, come Facebook e Twitter.
Secondo Nielsen (2012), negli Stati Uniti nel giugno 2012, oltre il 33% degli utenti di Twitter (in crescita
rispetto al 27% del mese di gennaio dello stesso anno) ha utilizzato il social network per comunicare su
argomenti connessi alla visione di programmi televisivi (Figura 1).
L’utilizzo dei social media da parte dei consumatori starebbe trasformando la visione di programmi te-
levisivi in un’esperienza di immediata condivisione: lo schermo televisivo “solitario” sta facendo posto a
un’esperienza di “visione connessa”, mediante un’interattività multischermo. Secondo l’istituto di ricerca
Pew Internet & American Life Project (2012), negli Stati Uniti, infatti, il 52% degli adulti in possesso di un
telefono cellulare lo utilizza durante la visione di programmi Tv a fini diversivi, di maggior coinvolgimento o
di vera e propria interazione con il contenuto trasmesso. Una percentuale che sale al 73% se si considera
la fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni (Figura 2). L’attività di “visione connessa” tende ad essere
praticata di più anche in base al tipo di cellulare posseduto. Naturalmente, i possessori di smartphone
utilizzano il dispositivo per interagire con contenuti televisivi in misura decisamente superiore rispetto
ai possessori di telefoni cellulari più basilari: il 74% dei possessori di smartphone ha utilizzato su base
mensile il proprio apparecchio durante la visione di Tv, contro il 27% di possessori di cellulari meno evo-
luti. Il 20% di tutti i possessori di telefono cellulare lo utilizza per visitare un sito Internet menzionato in Tv
e l’11% per sapere cosa dicono altre persone che stanno guardando lo stesso programma e, ancora,
per esprimere online i propri commenti. In aggiunta, il 23% di chi possiede un cellulare e lo utilizza per
inviare e ricevere sms, ha comunicato via sms con qualcuno che stava guardando lo stesso programma
in una località differente.
Figura 1. USA: utenti di Twitter che lo utilizzano per comunicare su argomenti connessi a programmi Tv (2012).Fonte: Nielsen 2012
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Nel complesso, oltre il 32% dei possessori di telefono cellulare usa il dispositivo per approfondire il conte-
nuto trasmesso in Tv. Ne consegue che le attività più sociali, di “Connected Tv” multischermo, riguardano
la possibilità per i membri del pubblico televisivo di connettersi l’un con l’altro comunicando sul contenuto
televisivo stesso, senza che questo particolare “canale di ritorno” sia integrato nel hardware del televisore.
Dis-intermediazione/ri-mediazioneLa coppia dis-intermediazione/ri-mediazione indica un articolato processo di riconfigurazione della distri-
buzione e dell’offerta di contenuti di media con evidenti ricadute sia sul momento della produzione dei
contenuti, sia sul momento del consumo. In generale, la dis-intermediazione consiste nell’eliminazione di
intermediari dalla catena distributiva o dal processo di acquisizione di beni o servizi, in modo che l’offerta
e la domanda possano incontrarsi direttamente, senza la mediazione di importatori, distributori, grossisti,
dettaglianti, agenti commerciali e simili. La diffusione di Internet e del commercio elettronico hanno dato
un enorme impulso a questo fenomeno, in particolare nei mercati dei servizi e dei beni immateriali che
non necessitano di un’infrastruttura di distribuzione fisica e che possono essere distribuiti in formato
elettronico attraverso le reti IP. Così il mercato della musica registrata, dove il formato digitale mp3 ha
permesso di svincolare il contenuto dal supporto fisico tradizionale (cd, disco in vinile o musicassetta)
e di distribuire copie di brani registrati attraverso le reti informatiche. Una conseguenza del processo di
disintermediazione nei mercati dei beni informativi coinvolge la singola unità del bene in transazione. Nei
mercati tradizionali, il contenuto informativo è strettamente legato al supporto fisico che lo contiene: le
notizie sono contenute in articoli e gli articoli in un giornale; nel campo televisivo le news sono contenute
in servizi, inseriti in una o più edizioni di una testata giornalistica, a sua volta contenuta in un palinsesto.
La liberazione del contenuto digitale dal contenitore materiale porta a una dinamica di disintermediazione
delle forme e delle strutture materiali e culturali tradizionali. La singola notizia può viaggiare come breve
testo, il singolo servizio può essere visionato svincolato dal resto del telegiornale e del palinsesto. Anche
nel campo musicale, la forma album (indipendentemente dal fatto che si presenti sotto le vesti di un lp,
di un cd o di una lista di brani mp3) cede il passo all’acquisto di singoli e specifici brani. Così nel mondo
televisivo è il singolo programma ad essere consumato come prodotto autonomo e svincolato dallo
Figura 2. USA: possessori di telefono cellulare che lo utilizzano come mezzo di distrazione durante la visione di programmi Tv, per fasce di età (2012). Fonte: Pew Internet 2012
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ri-mediazione
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specifico canale Tv, ponendo le basi per una convergenza dei mercati televisivo, cinematografico e del
home entertainment. In questo caso, a essere dis-intermediato è il lavoro editoriale, di organizzazione
dell’offerta culturale, con conseguenze non indifferenti sulla forma dell’opera.
Aggregatori OTT come Apple iTunes hanno sostituito, disintermediandola, gran parte della filiera commer-
ciale della musica registrata, dai distributori ai negozi di dischi. Un’analoga trasformazione è avvenuta nel
mercato del home video, dove a livello globale avanzano rapidamente attori del settore particolarmente
innovativi, come Netflix, e attori provenienti da settori contigui, come Amazon e la stessa Apple iTunes.
Un particolare vantaggio competitivo degli aggregatori dell’offerta rispetto ai rivenditori tradizionali sta
nell’ampiezza del catalogo che mettono a disposizione dei clienti finali e che permette di sfruttare le dina-
miche della coda lunga (Anderson 2006). Un secondo vantaggio degli aggregatori risiede nell’estensione
globale del loro mercato di riferimento rispetto alle tradizionali catene distributive, spesso confinate in
ambito nazionale. La combinazione di questi vantaggi porta a inquadrare la disintermediazione in termini
di semplificazione dei mercati di riferimento e, quindi, di concentrazione dell’offerta a livello globale.
La ri-mediazione (Re-mediation) è un termine coniato da J.D. Bolter e R. Grusin (2003), a partire da
una tesi di Marshall McLuhan: “Il contenuto di un medium è sempre un altro medium. Il contenuto della
scrittura è il discorso, così come la parola scritta è il contenuto della stampa e la stampa quello del
telegrafo” (1964; 16). Il contenuto dei nuovi media è così rappresentato dai media precedenti (stampa,
radio, Tv, ecc.), di cui prendono a prestito linguaggi e forme espressive. Tale contenuto subisce però una
nuova mediazione – è ri-mediato – attraverso la forma specifica che assumono i nuovi media, destinati
nel tempo a sviluppare un proprio, originale codice estetico. I media digitali portano tale fenomeno alle
sue conseguenze più estreme, essendo in grado di ri-mediare tutti i media tradizionali su di un unico
formato. Quella che ci viene offerta è un’interpretazione complessiva dei media vecchi e nuovi imperniata
sul concetto di ri-mediazione, sulla “rappresentazione di un medium all’interno di un altro” (J.D. Bolter
e R. Grusin 2003; 73). “Ogni atto di mediazione dipende da altri atti di mediazione. I media operano
attraverso un continuo processo di commento, riproduzione e sostituzione reciproca; e questo processo
è inerente ai media stessi. I mezzi di comunicazione hanno bisogno l’uno dell’altro per poter funzionare”
(p.82). Non ci si riferisce tanto e solo alle caratteristiche attive dell’interattività, per cui il pubblico diviene
esso stesso produttore: il ricevente diviene emittente di contenuti generati “dal basso”, si appropria dei
contenuti dei media “tradizionali” (come stampa e Tv) e li ri-media in forma nuova come contenuto (User
Generated Content, UGC) dei nuovi media (Jenkins, 2007). Tali caratteristiche hanno una crescente
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ugc, canali
televisivi influenza economica: sia perché i nuovi UGC si pongono talora come sostitutivi del tempo di attenzione
dedicato ai media tradizionali, sia perché rappresentano un’opportunità per nuovi attori economici in
grado di valorizzarli e di monetizzarli, sia, ancora, perché spesso si pongono come complementari ai
contenuti prodotti dai network televisivi e dalla stampa ed anzi contribuiscono ad arricchirli e a diffonderli
ulteriormente, rappresentando anche un terreno su cui misurare il successo ed il gradimento presso il
pubblico dei prodotti professionali. La fecondità del concetto di Bolter e Grusin si dispiega su diversi
piani ed è stata utilizzata in maniera massiccia dagli studiosi del linguaggio dei media con particolare
insistenza sul piano culturale, con riferimento alla mutazione del rapporto tra emittente e ricevente, tra
medium e pubblico che continua a verificarsi nell’ecosistema dei media digitali. Ai fini dell’inquadramento
concettuale del rapporto tra Tv e Internet, qui consideriamo principalmente il piano economico di tale
concetto, spesso lasciato in ombra da chi lo impiega.
La ri-mediazione opera infatti come limite concettuale alla dis-intermediazione, per mettere in evidenza
l’emersione di nuovi attori economici globali in grado di ri-mediare su un piano più ampio il rapporto con
un pubblico che le nuove tecnologie tendono a dis-intermediare nel suo rapporto con i media tradizio-
nali. Di più, sul piano dell’analisi economica, la teoria del mercato a due versanti, descritta in un’altra
sezione di questo numero, individua l’offerta di un servizio mediale come una “piattaforma” che media tra
differenti tipologie di clienti (tipicamente: spettatori e investitori pubblicitari). Pertanto, non si può parlare
di dis-intermediazione (degli attori tradizionali) senza contemporaneamente considerare il processo di
ri-mediazione che avviene ad un nuovo e più avanzato livello.
Apertura/chiusura: il nuovo consumo televisivo Il panorama dei media digitali è destinato ad essere segnato dalla relazione tra il mondo Internet e i suoi
valori, con l’industria televisiva (Sanz 2012). Negli anni, l’industria del broadcasting ha saputo beneficiare
sapientemente delle successive ondate di innovazione tecnologica, imboccando la strada verso modelli
di finanziamento pay, in particolar modo a partire dal 2000, quando la digitalizzazione dei segnali televisivi
ha permesso di aumentare la capacità trasmissiva e di dedicare uno spazio crescente a numerosi canali
tematici e focalizzati in grado di attrarre particolari segmenti sociali, disposti a pagare per contenuti di
proprio interesse. Nei Paesi dell’Unione Europea, il numero totale di canali televisivi è passato dalle poche
centinaia di fine secolo alle oltre 9.800 del 2010 (Sanz 2012; 5).
Con il crescere del numero di canali televisivi, cambiano anche i modelli di consumo. Il pubblico si
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frammenta nell’aumentata scelta di canali, con una conseguente diminuzione di share per i canali più
visti, che si erode nel tempo. Ne risulta una tendenza generale in tutti i mercati a una riduzione dello share
complessivo dei cinque canali più visti, man mano che il pubblico scopre nuovi canali e nuovi modi per
fruire i contenuti. Questa tendenza globale è particolarmente marcata in Italia, dove, tra il 2009 e il 2011,
lo share aggregato delle cinque reti maggiori è passato dal 70% al 61%, con una diminuzione relativa
del 5,6% (Ofcom 2012).
Con la pay Tv la distinzione diviene regola: l’enfasi sull’universalismo e l’inclusione (tipico della Tv gene-
ralista free-to-air) lascia il posto all’enfasi su differenza e separazione, generando una nuova ondata di
serie Tv innovative (principalmente sul mercato americano) che lasciano ampi margini di libertà creativa e
di apertura culturale ad autori, attori e registi (Sepinwall 2012), liberi di trattare temi attuali, innovativi ma
anche divisivi. Il quadro normativo europeo non può non interrogarsi su questo mutamento strutturale
del linguaggio televisivo, in particolare con riferimento alla tutela dei minori.
Questa transizione verso la Tv espansa (Carini 2009), tipica dell’età della convergenza ed in grado di
espandere il proprio “testo” ben oltre l’apparecchio televisivo, verso derivazioni destinate al complesso
dell’ecosistema digitale (Web, forum, communities e social network), è resa possibile dalla relativa indi-
pendenza dagli investimenti pubblicitari da parte dei canali televisivi a pagamento. Non a caso il successo
di siti Web dedicati a contenuti televisivi di ogni tipo – ancora marginale nel 2008 – è significativamente
cresciuto negli anni più recenti: i siti Internet di serie e programmi Tv e di canali televisivi sono tra i più
visitati in tutti i Paesi europei (Sanz 2012).
Nonostante la frammentazione del pubblico, il consumo di Tv lineare continua a crescere in termini di
minuti procapite (Figura 3). L’Italia, con 253 minuti al giorno a persona è il secondo Paese per quantità
di Tv vista dopo gli Stati Uniti (293 minuti).
Apertura/chiusura: il consumo di contenuti audiovisivi su InternetI servizi audiovisivi sono in costante crescita su Internet e sono considerati il principale driver per la
diffusione della banda larga e per lo sviluppo della banda ultralarga. Tuttavia, la percentuale di utenti di
Internet che consuma contenuti televisivi su Internet non raggiunge il 50% in alcun Paese, ad esclusione
della Cina (68%), dove la percentuale di utenti Internet è però molto più bassa che negli altri Paesi. La
Figura 3. Tempo quotidiano (minuti) dedicato alla visione di Tv per utente per Paese (2010-2011).Fonte: Ofcom 2012
Min
utes
per
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son
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day
Change in minutes of viewing per person per day, 2010 - 2011
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smart tv
Figura 4 mostra le percentuali di utenti Internet che hanno utilizzato servizi televisivi online almeno una
volta (colonna viola) e che li utilizzano su base settimanale (colonna verde) in alcuni tra i più grandi mercati
televisivi del mondo.
Nel Regno Unito, il 23% degli utenti Internet fruisce di contenuti televisivi via Internet con frequenza set-
timanale e il 42% lo ha fatto almeno una volta. Tra le cause di questa tendenza va senz’altro menzionata
la diffusa presenza di servizi di catch-up Tv, quali l’iPlayer della BBC.
È interessante notare come in tutti i Paesi considerati, gli utenti che possiedono una Connected Tv ten-
dono a guardare la Tv via Internet più degli altri. La percentuale di utenti Internet che fruisce di contenuti
televisivi via Internet su base settimanale aumenta (fino a quasi raddoppiare) nel sotto-universo di chi
possiede anche una Connected Tv (Figura 5). Ne consegue un prevedibile rapido aumento di contenuti
video fruiti via Internet, in linea con la rapida diffusione di apparati Tv connessi.
Al momento, il principale utilizzo della Tv rimane quello della visione di contenuti trasmessi attraverso i
canali tradizionali (digitale terrestre, satellitare) e l’utilizzo del televisore per usi quali giochi online, navi-
gare su Internet, scaricare applicazioni rimane marginale. Di fatto, il punto centrale dell’offerta rimane il
contenuto e il servizio offerto piuttosto che la tecnologia abilitante alla visione del prodotto. Allo stesso
tempo, il consumo di video online cresce di anno in anno (YouTube conta un miliardo di utenti al mese)
così come la durata media dei contenuti visualizzati, spingendo l’utente, nel prossimo futuro, a utilizzare
lo schermo Tv invece del PC o tablet per la fruizione di video online.
Dall’altra parte, la cultura dell’”apertura” associata ad Internet guida la cultura partecipativa nella produ-
zione e nella distribuzione di media audiovisivi, sia online che su reti tradizionali. L’emersione dello spet-
tatore partecipante, in associazione con la frammentazione delle audience, implica uno spostamento dai
tradizionali strumenti quantitativi di misurazione del pubblico a nuovi strumenti qualitativi di costruzione
di comunità e alla connessa necessità di trovare nuovi modi per monetizzarla.
Le caratteristiche di apertura di Internet e della cultura di Internet sono fonti di valore per l’industria tele-
visiva e per i suoi consumatori ma anche fattori essenziali di instabilità e dis-intermediazione. La relazione
tra l’industria televisiva e Internet può infatti essere definita quantomeno ambivalente: la paura della
pirateria ha infatti notevolmente frenato l’utilizzo proficuo della nuova piattaforma tecnologica, ritardando
opportunità di innovazione e potenziali nuove forme di remunerazione. Nello spazio lasciato aperto dai
Figura 4. Utenti Internet che consumano contenuti televisivi via Internet per Paese (2011).Fonte: Ofcom 2012
Proportion of respondents that access online TV (%)
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tradizionali operatori televisivi, si sono così infilati altri soggetti economici dal respiro dinamico e dalla
proiezione globale che sono stati in grado di ri-mediare l’offerta televisiva a proprio vantaggio.
Il tema della “Morte del Web” e la connessa emersione del paradigma delle Apps legata all’accesso
ad Internet in mobilità mette in luce, per altri versi, come la stessa interazione frenetica e manipolativa,
identificata come caratteristica tipica e saliente dell’uso di Internet, sembra declinare verso modelli di
utilizzo dei media digitali fondati su di una maggiore passività. In un articolo comparso sulla rivista Wired,
Chris Anderson e Michael Wolff (2010) focalizzano uno dei cambiamenti più rilevanti che ha investito il
mondo digitale: il passaggio dall’open Web a piattaforme semichiuse che sfruttano Internet per veicolare
informazioni, ma che non utilizzano un browser come strumento di interfaccia. Il passaggio dal mare
aperto del Web ad applicazioni chiuse o semichiuse (dalla combinazione iPod/iPad-iTunes ad applicazioni
come Facebook e Twitter), che possono apparire agli utenti come un porto sicuro, risponde sicuramente
alle necessità delle imprese di monetizzare l’offerta di contenuti, riducendo al minimo i rischi di violazione
della proprietà intellettuale. Tuttavia, la logica del walled garden funziona oggi a differenza che in passato,
soprattutto per un mutato atteggiamento degli utenti, le cui strategie di accesso ai contenuti sembrano
abbandonare una fase “adolescenziale” di compulsiva ricerca di stimoli e novità, per abbracciare una
fruizione “adulta”, fondata sulla qualità e l’affidabilità dei contenuti e la semplicità di accesso. In altre
parole, il brand e la qualità del servizio garantito dalle applicazioni chiuse contano più delle innumerevoli
possibilità di scelta presenti sul Web. Anzi, proprio la sovrabbondanza e il disordine delle informazioni e
dei contenuti presenti sul Web, con tutto il portato negativo e frustrante di fenomeni come l’information
overload, sarebbero alla base del nuovo trade-off che porta a sacrificare la ricchezza e la diversità per
l’affidabilità e la semplicità d’uso.
Da questo punto di vista, la fruizione dei media digitali, dopo un’esuberante giovinezza, sembra prendere
la direzione verso stili d’uso più passivi, in questo più simili all’immagine dell’utente televisivo. O quan-
tomeno, attraverso la stessa rete Internet ma divergendo sui diversi schermi, la fruizione di contenuti si
sta orientando per fasce orarie e per tipologia di contenuti. Filmati brevi consumati a intermittenza da
schermi di PC e smartphone, prevalentemente in orari diurni; video più lunghi, interi programmi Tv e Film
su Tv connessa tramite consolle per videogiochi o Smart Tv.
Figura 5. Utenti Internet che consumano contenuti televisivi via Internet per possesso di Connected Tv per Paese (2011).Fonte: Ofcom 2012
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open web
walled garden
BIBLIOGRAFIA E FONTI UTILIZZATE
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tv++iidi Giuseppe Marcone | Fondazione Ugo Bordoni
Il Progetto TV++ IIServizi avanzati di Tv interattiva
Il progetto TV++ II si inquadra nell’ambito di una Convenzione tra l’Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle
Tecnologie dell’Informazione del MISE – Dipartimento Comunicazioni e la Fondazione Ugo Bordoni.
Costituisce il prolungamento delle attività del precedente progetto TV++ che, nel biennio 2010-2011, ha rea-
lizzato un laboratorio per la sperimentazione di servizi televisivi avanzati sulle Connected Tv e i dispositivi mobili
e per l’implementazione di funzioni di Sentiment Analysis dedicate alla programmazione televisiva nazionale.
Per il periodo 2012-2013 FUB e ISCTI hanno congiuntamente deciso di dar seguito alle sperimentazioni
sulla Sentiment Analysis, cioè l’area di ricerca scientifica finalizzata all’analisi automatica delle opinioni
che gli utenti rilasciano sui social network.
Le nuove tecnologie di recupero ed estrazione dell’informazione permettono il monitoraggio continuo dei con-
tenuti prodotti dagli utenti sul Web, con particolare riferimento ai social network. È possibile effettuare a regime,
con bassissimi costi di gestione e su una copertura significativa della popolazione italiana, il monitoraggio auto-
matico delle opinioni che i telespettatori di programmi televisivi esprimono intervenendo sulle piattaforme Web
di social network più diffuse, come i blog (es. Wordpress), i microblog (es. Twitter) e piattaforme di condivisione
dei contenuti (es. Facebook). In quest’ottica diventa strategico disporre di strumenti in grado di valutare auto-
maticamente le opinioni espresse dai telespettatori italiani, anche al fine di valutare la qualità da loro percepita
relativamente alla programmazione televisiva nazionale o a un particolare programma televisivo.
Il progetto TV++ II si prefigge di sperimentare e ideare tecniche di Sentiment Analysis utili a sondare le opinioni
che i telespettatori condividono su Twitter.
La scelta di focalizzare l’attenzione sul canale Twitter è dettata dalla constatazione che, ad oggi, esso è il social
network più utilizzato dagli utenti per condividere commenti via Web su fatti di cronaca e di attualità nell’imme-
diatezza degli eventi d’interesse. Infatti, tra i siti Web di microblogging e social networking, Twitter è già diventato
molto popolare negli Stati Uniti e il suo utilizzo si sta diffondendo in modo virale anche in Italia.
Il numero sempre crescente di persone che pubblicano quotidianamente le loro opinioni su Twitter rende tale
piattaforma una delle più importanti sorgenti online di opinione. Inoltre, poiché Internet – mediante connes-
sioni fisse e mobili – sta rapidamente evolvendo anche come strumento per la distribuzione supplementare,
complementare e, in alcuni casi, alternativa ai tradizionali canali di distribuzione di contenuti televisivi, e benché
l’attuale panorama televisivo competitivo sia ancora prevalentemente configurato sugli elementi rigidi propri
della divisione tecnologica e nazionale dei mercati, ad oggi è già possibile individuare quegli elementi presenti
nelle strategie di operatori televisivi, fornitori di connettività, aggregatori e imprese tecnologiche che vanno nella
direzione di un superamento delle barriere (di natura tecnologica, economica, giuridica e culturale) fino al pieno
dispiegamento del nuovo paradigma della centralità dell’utente in un mercato essenzialmente globale e preva-
lentemente simultaneo.
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In quest’ottica, un ulteriore obiettivo del progetto TV++II è di condurre un’analisi di scenario riguardo il
comparto televisivo nel suo complesso, che analizzerà lo sviluppo dell’interazione tra mondo televisivo
e Internet con l’obiettivo di individuare, da un lato, punti di forza e di debolezza delle Connected Tv in
Italia e nel panorama internazionale, dall’altro, le potenzialità di utilizzo della Sentiment Analysis da parte
di differenti classi di utenti/stakeholder.
Il principale obiettivo del progetto TV++ II è quello di realizzare un prototipo di una piattaforma software
specializzata nel monitoraggio e nell’elaborazione delle opinioni relative ai programmi televisivi che i
telespettatori pubblicano sul Web via Twitter.
La piattaforma permette di selezionare, tramite interfaccia Web, un qualsiasi programma televisivo del
palinsesto nazionale al fine di avviare la raccolta dei commenti (tweet) che i telespettatori di quel pro-
gramma pubblicano su Twitter.
La piattaforma è in grado di monitorare contemporaneamente un elevato numero di programmi televisivi tramite
un cluster di computer appositamente allestito per l’elaborazione dei tweet di interesse e configurato in modalità
“cloud computing”. I tweet raccolti vengono temporaneamente memorizzati in un apposito registro ai fini del
successivo utilizzo da parte degli algoritmi di Sentiment Analysis.
La piattaforma è inoltre in grado di visualizzare, con opportuni grafici e rapporti, la conoscenza estratta dai tweet
relativi al generico programma televisivo sottoposto a monitoraggio. I risultati ottenuti dalla Sentiment Analysis
abilitano lo sviluppo di applicazioni basate su modalità di visualizzazione alternative.
Riassumendo, la piattaforma di monitoraggio permetterà di rispondere a domande del tipo: “quanto e come si
parla di un programma Tv su Twitter?”.
La metodologia scientifica di indagine relativa alla Sentiment Analysis è basata su tecniche di machine learning
e di information retrieval. Il prototipo viene realizzato a fronte della valutazione sperimentale delle soluzioni inhou-
se e di quelle esistenti in letteratura riguardanti la Sentiment Analysis applicata ai messaggi di Twitter in lingua
italiana. Considerato che la maggior parte delle tecniche esistenti sono di tipo data-driven, cioè tecniche la cui
efficacia dipende da un processo di apprendimento basato su una grande mole di esempi forniti da operatori
umani, il progetto prevede anche la realizzazione di una piattaforma per la valutazione manuale dei dati neces-
sari all’apprendimento dei modelli di Sentiment Analysis da implementare.
La disponibilità di un sistema automatico in grado di effettuare la Sentiment Analysis apre una nuova frontiera
per l’analisi dell’opinione pubblica finalizzata a studi di mercato o di carattere sociale. Ad esempio, un’impresa
può recuperare tempestivamente il feedback su un nuovo prodotto lanciato nel mercato valutando l’opinione
delle persone su Twitter; analogamente un’emittente televisiva potrà valutare in tempi brevi il successo di un
programma televisivo e calibrare di conseguenza il proprio palinsesto. n