the brain that changes itself

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Cap. 8 Imagination How Thinking Makes It So

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Page 1: The brain that changes itself

Cap. 8 Imagination

How Thinking Makes It So

Page 2: The brain that changes itself
Page 3: The brain that changes itself

“The brain that changes itself”, è un libro di

Norman Doidge contenente alcune storie di

pazienti e illustri medici, incontrati durante i

molti viaggi intrapresi, al fine di approfondire

il suo interesse per la “neuroplasticità”.

Page 4: The brain that changes itself

La neuroplasticità è la capacità naturale di modificare il

modo in cui i neuroni cerebrali sono collegati ed

organizzati in circuiti definiti connessioni sinaptiche del

cervello.

Page 5: The brain that changes itself

Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, il

cervello crea connessioni sinaptiche per formare

nuovi schemi o reti neurali.

Page 6: The brain that changes itself

Pascual-Leone è un leader mondiale nel campo delle

neuroscienze cognitive e le sue ricerche mirano alla

comprensione dei meccanismi che controllano e

modificano la plasticità del cervello nel corso della vita

di un soggetto.

Page 7: The brain that changes itself

Usando la TMS (stimolazione magnetica transcranica) per mappare il cervello delle

persone cieche che imparano a leggere il Braille,

l’autore ha concluso che quando gli esseri umani

imparano una nuova abilità si verificano dei

cambiamenti plastici.

Page 8: The brain that changes itself

Pascual-Leone, usando la TMS per mappare la corteccia motoria, trovò che le

mappe delle persone che leggono il Braille erano più grandi rispetto a quelle

di coloro i quali non erano in grado di farlo.

La mappatura è avvenuta il venerdì (al termine della settimana di

formazione), e il lunedì (dopo la sosta del fine settimana).

Fin dall'inizio dello studio, le mappe del venerdì mostravano un rapido

ampliamento, mentre quelle del lunedì non subivano alcuna variazione, se

non dopo il sesto mese di allenamento.

Page 9: The brain that changes itself

L’autore arrivò alla conclusione che le

differenze riscontrate (tra il lunedì e il

venerdì) erano da accreditare a diversi

meccanismi plastici: i cambiamenti

rapidi del venerdì rinforzavano le

connessioni neurali già esistenti mentre

il lento e più permanente cambiamento

del lunedì suggeriva la costituzione di

nuovissime strutture e la probabile

germinazione di nuove connessioni

neurali e sinapsi.

Page 10: The brain that changes itself

Ulteriori evidenze empiriche hanno

mostrato che è possibile cambiare la nostra

anatomia cerebrale semplicemente

utilizzando l’immaginazione.

Da uno studio emerge che gli individui che

IMMAGINAVANO di eseguire un pezzo al

pianoforte ottenevano una prestazione

quasi simile a coloro i quali

ESEGUIVANO realmente il brano.

Page 11: The brain that changes itself

Soggetti che suonano il pianoforte

Soggetti che immaginano di suonare il pianoforte

Eseguivano il pezzo due ore al

giorno per cinque giorni.

Erano seduti di fronte alla

tastiera del pianoforte due ore

al giorno per cinque giorni, e

immaginavano sia la

riproduzione della sequenza sia

il suono emesso.

Sorprendentemente, la pratica mentale da sola produceva, nel sistema motorio, gli stessi cambiamenti fisici riscontrati in chi REALMENTE eseguiva il brano.

Page 12: The brain that changes itself

Doidge spiega: "possiamo cambiare il nostro cervello

semplicemente immaginando”, poiché da un punto di

vista neuroscientifico, immaginare di fare e agire non sono

poi così diversi.

Quando le persone chiudono gli occhi e visualizzano un

semplice oggetto, come ad esempio la lettera A, la

corteccia visiva primaria si attiva, proprio come farebbe se

i soggetti stessero effettivamente guardando la lettera A.

Le scansioni del cervello mostrano che nell’azione e

nell’immaginazione molte delle stesse parti sono

attivate ed è per questo motivo che la visualizzazione può

migliorare le prestazioni.

Page 13: The brain that changes itself

Una delle forme più avanzate di pratica mentale è

“mental chess“ utilizzata da Anatoly Sharansky

(sovietico attivista dei diritti umani) per sopravvivere in

carcere: immaginando di giocare a scacchi, egli riuscì a

prevenire la possibile deprivazione sensoriale data dalla

condizione di prigionia e a preservare così la sua mente

dal degrado cognitivo.

In seguito divenne ministro in Israele.

Page 14: The brain that changes itself

Un altro caso è quello di Rudiger Gamm, un giovane tedesco di intelligenza normale, che si trasformò in un

fenomeno matematico in seguito ad una pratica computazionale di quattro ore al giorno.

I ricercatori lo sottoposero alla PET, durante un’esecuzione di un compito matematico, e trovarono

che egli era in grado di attivare più di cinque aree cerebrali per il calcolo rispetto alle persone "normali". Soggetti come Gamm confidano sulla memoria a lungo

termine per la risoluzione di problemi matematici e utilizzano concetti-chiave e strategie finalizzati ad

ottenere una risposta immediata; al contrario, soggetti normodotati si affidano esclusivamente alla memoria a

breve termine.

Page 15: The brain that changes itself

In un esperimento simile è stato osservato che l'esercizio fisico “praticato” aumenta la forza muscolare

del 30%, mentre quello “immaginato” del 22%. La spiegazione di ciò risiede nel fatto che sono i motoneuroni del cervello che programmano i

movimenti.

Page 16: The brain that changes itself

Da simile studi si è giunti allo sviluppo delle prime macchine che effettivamente "leggono" i pensieri

della gente. Esse funzionano grazie alla plasticità del cervello

che cambia fisicamente il suo stato e la struttura in relazione al nostro modo di pensare.

Page 17: The brain that changes itself

Tali dispositivi vengono attualmente sviluppati per consentire alle persone completamente paralizzate di spostare gli oggetti con i loro

pensieri. Ciò fu messo in pratica nel 2006 dal neuroscienziato John Donoghue, che si occupò

del caso di un giovane paralizzato in tutti e quattro gli arti a causa di una lesione del midollo

spinale.

Page 18: The brain that changes itself

Una piccola placca di silicone con un centinaio di elettrodi fu impiantata nel suo cervello e collegata ad

un computer. Dopo quattro giorni di pratica il soggetto fu in grado, con il pensiero, di muovere un cursore del computer su uno schermo, aprire e-mail, giocare con

videogames e controllare un braccio robotico.

Page 19: The brain that changes itself

Se i nostri cervelli sono così plastici e mutevoli, perché

spesso si bloccano nella ripetizione rigida?

Page 20: The brain that changes itself

Pascual-Leone risponde usando la metafora del Play-Doh:

“l'attività del cervello è come modellare il Play-Doh”. Se si forma un quadrato e poi si fa una palla con esso è

possibile successivamente tornare al quadrato il quale però non presenterà le stesse caratteristiche di

quello inizialmente creato.

In altre parole, un paziente con un problema neurologico o psicologico può "guarito” ma non otterrà

mai lo stato di salute precedente la malattia.

Page 21: The brain that changes itself

I nostri cervelli sono così plastici che, anche quando noi

eseguiamo il medesimo comportamento giorno dopo

giorno, le connessioni neuronali responsabili sono ogni

volta leggermente diverse ……….

Page 22: The brain that changes itself

Se il cervello è come Play-Doh, come è possibile rimanere sempre

noi stessi?

Page 23: The brain that changes itself

Pascal- Leone risponde affermando che il cervello

plastico è come una collina ricoperta di neve.

Quando scendiamo con una slitta da una sommità

innevata non possiamo prevedere il punto in cui ci

fermeremo.

Sappiamo però che se scendiamo una seconda volta

percorreremo un tragitto diverso dal primo.

Allo stesso modo nel nostro cervello si formano tracce

che non sono geneticamente determinate ma sono

dovute alle nostre abitudini. Per tale ragione, dopo

averle create e acquisite è complicato individuarne altre.

Page 24: The brain that changes itself

Anche Norman Doidge sostiene l’ipotesi della

plasticità neurale, intendendola come

malleabilità e propensione al cambiamento.

Quest’idea rivoluziona la medicina e le scienze

tradizionali, secondo cui l’anatomia del cervello

sarebbe immutabile e destinata ad un progressivo

deterioramento.

Page 25: The brain that changes itself

Gli studi di Broca, Wernicke e Penfield sulla mappatura

delle aree del cervello, in base alla quale a ogni

funzione corrisponde una sede precisa, sono troppo

rigidi. Questo non vuol dire che la genetica non abbia

un ruolo, ma non bisogna lasciarsi inghiottire dalla

visione meccanicistica della localizzazione delle

funzioni. Mentre un tempo si pensava al cervello come

ad una macchina le cui parti, una volta danneggiate, non

erano più recuperabili (localizzazionismo), oggi si è

dimostrata l’attivazione di aree non specializzate che

compensano il deficit delle aree soggette a lesioni.

Page 26: The brain that changes itself

L’idea del cervello come

macchina è stata un prodotto della

visione meccanicistica della natura,

portata avanti dalla fisica

galileiana.

Page 27: The brain that changes itself

Alcuni scienziati (i cosiddetti “neurologi dinamici”) si

sono orientati verso la neuroplasticità, in quanto si sono

accorti che quando una parte del cervello smette di

funzionare, un’altra può sostituirla. E la cosa molto

interessante è che questa sostituzione può essere

accelerata e incrementata da una riabilitazione

neuroplastica.

Il che significa che l’ambiente, cioè fattori esterni al

cervello stesso, possono contribuire, ad una sostituzione

più o meno parziale, di una parte del cervello rispetto ad

un’altra.

Page 28: The brain that changes itself

Questi scienziati hanno dimostrato come alcuni pazienti

dichiarati incurabili riuscissero invece a guarire, e non

per merito di cure farmacologiche, bensì grazie

alla capacità del cervello di ri–calibrarsi, ovvero grazie

alla sua plasticità. In pratica se alcune componenti

cerebrali subiscono un danno, altre possono venir loro

in soccorso e sostituirle, sopperendo a quelle carenze e

rimettendo in moto un congegno che altrimenti

resterebbe inceppato.

Page 29: The brain that changes itself

Il “cablaggio” è una metafora che avvicinava il

cervello alle macchine, in particolare

all’hardware di un computer, con circuiti

connessi in modo permanente,

ciascuno progettato per svolgere una funzione

specifica e immodificabile.

Page 30: The brain that changes itself

Il darwinismo neurale (Gerald Edelman )

Questa teoria fornisce un ponte tra la prospettiva localizzazionista (ogni area è strettamente deputata a una funzione) e quella neuroplastica (abilità del cervello di ristrutturarsi). L’obiettivo è formulare una teoria del cervello che tenga conto della complessità dei fenomeni neurobiologici non solo nella loro specificità e unicità, ma anche al di là dell’analisi del funzionamento dell’una o dell’altra regione cerebrale.

Page 31: The brain that changes itself

Cartesio e il suo modello del "cervello meccanicistico" sembravano aprire un divario

incolmabile tra mente e cervello. Invece, secondo Doidge “ogni pensiero altera lo stato

fisico delle sinapsi cerebrali a livello microscopico.”

Ne consegue che immaginare un atto e compierlo realmente coinvolge le stesse aree

sensoriali.

Page 32: The brain that changes itself

CONCLUSIONI

La conclusione a cui è giunto Norman Doidge

è che sia possibile, senza uso di farmaci o di

interventi, aiutare le persone affette da deficit

cerebrali a operare le giuste trasformazioni: il

motto è use it or loose it, usalo o lo perderai.

«Come diceva Socrate: è possibile esercitare

l’organo del pensiero così come gli atleti

esercitano il loro corpo».

Page 33: The brain that changes itself

Insomma, l’idea che la natura non abbia posto

limiti alla perfettibilità delle facoltà umane è

davvero confortante. E per quanto questa teoria

aprirà inevitabilmente la strada a dibattiti e

ipotesi contrastanti, mi piace, perché mi stimola

a guardare avanti con ottimismo, sempre più

convinta che non si finisce mai di imparare e di

godere della vita.