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14 giugno 2016 PAMBIANCO MAGAZINE 45 B PAMBIANCO MAGAZINE 10 maggio 2016 I CREATIVI supported by I CREATIVI supported by 44 PAMBIANCO MAGAZINE 14 giugno 2016 Come è arrivata l’idea di lanciare un tuo brand? È un sogno che inizia da lontano. Fin da quando ero bambina, la mia passione erano le scarpe: le rubavo a mia mamma e le indossavo per casa. Poi ho iniziato a scrivere, e dopo una laurea allo Ied in comunicazione della moda, ho comin- ciato a lavorare come stylist per L’Uomo Vogue e Gq. Ma la voglia di esprimere la mia creatività senza freni ha preso il sopravvento, e così mi sono buttata. Quali sono gli step imprescindibili per creare da zero un marchio? Non c’è una ricetta da seguire alla let- tera, ma sicuramente bisogna lavorare sodo. Ho avuto la fortuna di condividere il sogno con un’amica, che ha finanziato il progetto sin dall’inizio e che tutt’ora si occupa della parte amministrativa. Ma a fare la differenza è la produzione: per iniziare mi sono trasferita per un anno nella Riviera del Brenta, per seguire da vicino gli artigiani e i fornitori. Sono par- tita da zero, imparando a fare i tacchi, le suole e le forme. Senza questo ‘appren- distato’ non avrei potuto costruire nulla. Dove produci le tue calzature? Ogni dettaglio arriva dall’Italia. Da un anno ci siamo affidati a un’azien- da di Parma, la migliore nel Paese. Anche se mi sono affezionata ai miei fornitori veneti, e tutte le componenti sono realizzate ancora nel Brenta. Come sei arrivata ‘ai piedi’ delle attrici di Hollywood sui red carpet? Sin dalla mia prima collezione, quella per la primavera/estate 2014, ho avuto buoni riscontri sia dalla stampa che dai Amina Muaddi: “SCARPE COME PORTAFORTUNA” C on il suo marchio di calzature di lusso, Oscar Tiye, ad appena trent’anni la stilista metà giordana e metà rumena è arrivata a vestire le celebrità sui red carpet. E a fatturare 2 milioni di euro. Merito dell’attenzione quasi maniacale per la qualità. E di un simbolo propiziatorio e sacro che arriva direttamente dall’Egitto. di Caterina Zanzi In queste pagine, alcune proposte Oscar Tiye In apertura, Amina Muaddi buyer. Avevo già avuto qualche contatto dopo aver partecipato a Vogue Talents e a Who Is On Next?, di cui sono stata finalista per la sezione scarpe l’anno scorso. E poi c’è stato un forte passa- parola, fino al giorno in cui celebrities come Gigi Hadid, Kylie Jenner e Heidi Klum hanno scelto di indossare le mie proposte. Una soddisfazione enorme. Il simbolo di Oscar Tiye è uno scarabeo, come mai questa scelta? Tutta la storia del marchio ruota attorno a questo animale, che nel mondo arabo è un simbolo sacro e un portafortuna prediletto dai Faraoni. Come lo è per me, mi piace pensare possa esserlo per chiunque indossi le mie scarpe. Oltre al logo, che viene ripreso su ogni modello in colori diversi, il nome stesso del mar- chio riporta alle mie origini. Tiye era una regina d’Egitto cui un re aveva regalato proprio uno scarabeo per propiziarle l’immortalità, mentre Oscar è una crasi dei nomi dei miei nonni. Qual è la donna a cui pensi quando disegni i tuoi modelli? Il riferimento è sicuramente quello di una donna cool, chic, ma anche diver- tente. C’è il lato sensuale del sandalo Malikah, con le sue ali da scarabeo che decorano le caviglie, ma anche quel- lo scanzonato e ironico delle pump Minnie. Il prezzo medio delle mie pro- poste si aggira sui 600 euro. Un investi- mento, certo, ma motivato dall’alta qua- lità dei materiali. Quando disegno un modello, mi piace pensare che riman- ga nei guardaroba delle mie clienti per diverse stagioni: le mie scarpe, insomma, non sono un capriccio. Come siete distribuiti? Oscar Tiye è presente in oltre 100 nego- zi multimarca, tra cui Luisa Via Roma a Firenze, Tsum a Mosca e il Level Shoe District di Dubai. Abbiamo bandieri- ne un po’ in tutto il mondo, e soprat- tutto siamo forti in Europa e Medio Oriente. Da due anni siamo distribuiti da Massimo Bonini, e con lui stiamo lavorando all’espansione del marchio in maniera capillare su ogni singolo merca- to. L’ultimo anno l’abbiamo chiuso a 2 milioni di euro: posso dirmi soddisfatta. Ti piacerebbe aprire un negozio mono- marca? Certamente, è un progetto a cui penso da parecchio. Sogno di inaugurare un flagship store a Los Angeles, città a cui sono molto legata e che penso sia l’epi- centro del glamour, oppure a Milano. Ricerca, innovazione, continuità, risorse umane e prodotti che coniughino stile e performance. Sono questi i cardini della filosofia di Bonaudo, conceria con alle spalle 90 anni di tradizione, guidata dal 1994 da Alessandro Iliprandi. Specializzata nel- la produzione dei grandi classici della tradizione conciaria italiana destinati ai marchi del lusso e dello sportswear, l’azienda da sempre investe for- temente nel made in Italy e nella creatività, alla ricerca costante del bello. E proprio al fine di per- seguire la propria mission aziendale, la realtà con sedi produttive nelle provincie di Milano, Verona e Firenze da due anni ha instaurato un fruttuoso dia- logo con le arti, perché è dalla ricerca del bello che nasce il nuovo. Bonaudo collabora con Pambianco Magazine per dare risalto alla nuova generazione di fashion designers. www.bonaudo.com ABOUT BONAUDO Alessandro Iliprandi

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14 giugno 2016 pambianco magazine 45 b pambianco magazine 10 maggio 2016

I creatIvI supported by I creatIvI supported by

44 pambianco magazine 14 giugno 2016

Come è arrivata l’idea di lanciare un tuo brand? È un sogno che inizia da lontano. Fin da quando ero bambina, la mia passione erano le scarpe: le rubavo a mia mamma e le indossavo per casa. Poi ho iniziato a scrivere, e dopo una laurea allo Ied in comunicazione della moda, ho comin-ciato a lavorare come stylist per L’Uomo Vogue e Gq. Ma la voglia di esprimere la mia creatività senza freni ha preso il sopravvento, e così mi sono buttata.

Quali sono gli step imprescindibili per creare da zero un marchio? Non c’è una ricetta da seguire alla let-tera, ma sicuramente bisogna lavorare sodo. Ho avuto la fortuna di condividere il sogno con un’amica, che ha finanziato il progetto sin dall’inizio e che tutt’ora si occupa della parte amministrativa. Ma a fare la differenza è la produzione: per iniziare mi sono trasferita per un anno nella Riviera del Brenta, per seguire da vicino gli artigiani e i fornitori. Sono par-tita da zero, imparando a fare i tacchi, le suole e le forme. Senza questo ‘appren-distato’ non avrei potuto costruire nulla.

Dove produci le tue calzature?Ogni dettaglio arriva dall’Italia. Da un anno ci siamo affidati a un’azien-da di Parma, la migliore nel Paese. Anche se mi sono affezionata ai miei fornitori veneti, e tutte le componenti sono realizzate ancora nel Brenta.

Come sei arrivata ‘ai piedi’ delle attrici di Hollywood sui red carpet? Sin dalla mia prima collezione, quella per la primavera/estate 2014, ho avuto buoni riscontri sia dalla stampa che dai

Amina Muaddi: “ScarPe come Portafortuna”

Con il suo marchio di calzature di lusso, Oscar Tiye, ad appena trent’anni la stilista metà giordana e metà rumena è arrivata a vestire

le celebrità sui red carpet. E a fatturare 2 milioni di euro. Merito dell’attenzione quasi maniacale per la qualità. E di un simbolo propiziatorio e sacro che arriva direttamente dall’Egitto.

di Caterina Zanzi

In queste pagine, alcune proposte Oscar Tiye

In apertura, Amina Muaddi

buyer. Avevo già avuto qualche contatto dopo aver partecipato a Vogue Talents e a Who Is On Next?, di cui sono stata finalista per la sezione scarpe l’anno scorso. E poi c’è stato un forte passa-parola, fino al giorno in cui celebrities come Gigi Hadid, Kylie Jenner e Heidi Klum hanno scelto di indossare le mie proposte. Una soddisfazione enorme.

Il simbolo di Oscar Tiye è uno scarabeo, come mai questa scelta?Tutta la storia del marchio ruota attorno a questo animale, che nel mondo arabo è un simbolo sacro e un portafortuna prediletto dai Faraoni. Come lo è per me, mi piace pensare possa esserlo per chiunque indossi le mie scarpe. Oltre al logo, che viene ripreso su ogni modello in colori diversi, il nome stesso del mar-chio riporta alle mie origini. Tiye era una regina d’Egitto cui un re aveva regalato proprio uno scarabeo per propiziarle l’immortalità, mentre Oscar è una crasi dei nomi dei miei nonni.

Qual è la donna a cui pensi quando disegni i tuoi modelli? Il riferimento è sicuramente quello di una donna cool, chic, ma anche diver-tente. C’è il lato sensuale del sandalo Malikah, con le sue ali da scarabeo che decorano le caviglie, ma anche quel-lo scanzonato e ironico delle pump Minnie. Il prezzo medio delle mie pro-poste si aggira sui 600 euro. Un investi-mento, certo, ma motivato dall’alta qua-lità dei materiali. Quando disegno un modello, mi piace pensare che riman-ga nei guardaroba delle mie clienti per diverse stagioni: le mie scarpe, insomma, non sono un capriccio.

about bonaudo

Come siete distribuiti? Oscar Tiye è presente in oltre 100 nego-zi multimarca, tra cui Luisa Via Roma a Firenze, Tsum a Mosca e il Level Shoe District di Dubai. Abbiamo bandieri-ne un po’ in tutto il mondo, e soprat-tutto siamo forti in Europa e Medio Oriente. Da due anni siamo distribuiti da Massimo Bonini, e con lui stiamo lavorando all’espansione del marchio in maniera capillare su ogni singolo merca-to. L’ultimo anno l’abbiamo chiuso a 2 milioni di euro: posso dirmi soddisfatta.

Ti piacerebbe aprire un negozio mono-marca? Certamente, è un progetto a cui penso da parecchio. Sogno di inaugurare un flagship store a Los Angeles, città a cui sono molto legata e che penso sia l’epi-centro del glamour, oppure a Milano.

Ricerca, innovazione, continuità, risorse umane e prodotti che coniughino stile e performance. Sono questi i cardini della filosofia di Bonaudo, conceria con alle spalle 90 anni di tradizione, guidata dal 1994 da Alessandro Iliprandi. Specializzata nel-la produzione dei grandi classici della tradizione conciaria italiana destinati ai marchi del lusso e dello sportswear, l’azienda da sempre investe for-temente nel made in Italy e nella creatività, alla ricerca costante del bello. E proprio al fine di per-seguire la propria mission aziendale, la realtà con sedi produttive nelle provincie di Milano, Verona e Firenze da due anni ha instaurato un fruttuoso dia-logo con le arti, perché è dalla ricerca del bello che nasce il nuovo.

bonaudo collabora con pambianco magazine per dare risalto alla nuova generazione di fashion designers.

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