pizzapress agosto 2011

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Poste Italiane S.p.a. - 40131 Bologna T (+39) 0514168413 - F (+39) 0514168094 - Sede Legale 00144 Roma Viale Europa 190 Partita IVA 01114601006 Codice Fiscale 97103880585 Capitale Sociale Euro 1.306.110.000 i.v. Registro delle Imprese di Roma n. 97103880585/1996 - Tassa riscossa - Taxe Perçue (in caso di mancato recapito si restituisca al mittente che si impegna di pagare la relativa tassa) Dal 1981 l’A.P.E.S. fa scuola, nella Comunicazione e nella Formazione www.corsidipizza.org www.pizzapress.it QUALITY ANNO XXIX - N° 8 - 9 - 2011 DAL 1982, LA PRIMA PUBBLICAZIONE PROFESSIONALE - SETTORE RISTORAZIONE - PIZZERIA Pizza Italiana Prodotti Italiani

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QUALITYANNO XXIX - N° 8 - 9 - 2011 DAL 1982, LA PRIMA PUBBLICAZIONE PROFESSIONALE - SETTORE RISTORAZIONE - PIZZERIA

Pizza Italiana

Prodotti Italiani

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Le cronache dei telegiornali, inparticolare quelli della RAI, sonoidentiche pur con redazioni diverse,

i servizi sono uguali, terminando connotizie di Borsa e con indici economici efinanziari incomprensibili. Possibile chein Italia e nel mondo accadono soloquelle quattro cose serviteci con serviziidentici?L'unico telegiornale che si distingue fratutti è il regionale RAI. In questo periodol'occhio è sulla "finanziaria", siamo una

Repubblica Democratica da oltre 65 anni, stipendiamolautamente politici e consulenti, con benefit intoccabili estipendi da capogiro e siamo sempre in rosso? Chissàperché!Ora, dopo le scandalose rivelazioni sulla "casta", cheperaltro se non note erano sicuramente immaginabili dasempre, si parla di ridurre i costi della politica. E quali?Ci credete? Secondo me che, da buon commerciante, hosempre e solo fatto i conti della serva, entrate e uscite:anche e qualora approvassero le riduzioni vi immaginatecome saranno attuate?Tolgono da una parte, mettono dall'altra. Se qualcunoandrà a casa, immaginatevi la pensione che riceverà,quindi comunque altri costi per la società.Non ho mai capito quando e quanto lavorino i nostripolitici, mi sembra sia di notte che ci riescono meglio,capaci anche di dichiarare che rinunciano alle vacanze(perché non le chiamano ferie come tutti i lavoratori?).Comunque trovo veramente vergognoso che parlino di"non mettere le mani nelle tasche degli italiani" (questafrase mi ha nauseato!), che parlino degli italiani che nonarrivano a fine mese (se guardate i vecchi film di Sordi eManfredi vi assicuro che sentirete le stesse medesimeparole!!!), di pensioni minime che non vanno toccate.Ricordate quando si parlava delle auto blu? Guardate quelle che trasportano oggi i nostri parlamentarie governanti, sempre più grandi, sempre più straniere.

Solo noi dobbiamo comprare Fiat che per di più costamolto ma molto di più delle auto estere?E non mi vengano a dire che BMW e Audi gliele regalanoper promozione! Non è che ce l'ho solo con i nostrigovernanti, destra sinistra centro, me la prendo anchequando vedo uno sperpero economico nella Chiesa: non ho mai capito perché questa si debba ricoprire di orogemme e argento, mentre altre religioni, per non diredella stessa religione mussulmana, sono decisamente piùdimesse e hanno molto più seguito.Parlo di costi, spese inutili, sproporzionate e anche nongiustificate: di tagli se ne possono fare a iosa, senzatoccare le tasche degli Italiani, senza tante sceneggiate epolemiche, indirizzando nel modo giusto fondi edisponibilità economiche: avete presente l'espressione"operare come un buon padre di famiglia"?I governanti dovrebbero essere per noi dei padri e nonsprecare il loro tempo (pagato) a polemizzare e ainsultarsi pubblicamente.Sempre di più sono le associazioni e le fondazioni onlusche chiedono soldi per la ricerca medica, per i bambiniabusati, per gli animali abbandonati, per ospedali emissioni nel mondo. Questo non è mettere le mani nelletasche degli italiani approfittandosene della bontà ebuona fede di tanti cittadini?La raccolta di questi fondi sappiamo bene che troppevolte (tutte?) coprono innanzitutto i costi dell'organizzaree pagano gli stipendi di quelli che vengono definiti, non sòcome mai, "volontari". Madre Teresa di Calcutta è statafatta santa per scaricarci la coscienza?A San Giovanni Rotondo i soldi raccolti per Padre Pio sonodivenuti un mausoleo di ricchezza come lo sono state letombe egizie: è giusto così? Ma a che scopo? Mi risultache i fedeli siano diminuiti. Per favore, smettetela di dire"non mettiamo le mani nelle tasche degli italiani": lo state facendo tutti.

1IL PUNTO della situazione

Antonio PrimiceriDirettore Editoriale - Presidente Apes

La Finanziaria, i Bilanci ele tasche degli Italiani

Senza fare tanti sondaggi sono sicuro che il 90% degli Italianinon capisce molto quando i telegiornali finiscono conle notizie di Borsa e i vari indici nazionali ed esteri.

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SommarioPIZZAPRESS QUALITY

N° 8-9 Agosto-Settembre 2011

www.pizzapress.it

DIREZIONE E REDAZIONEVia G.B. Bertini, 25 - 20154 Milano

Tel. 02.33.10.48.92 - Fax 02.33.19.131e.mail: [email protected]

EDIZIONEFutura International S.r.l.

DIRETTORE EDITORIALEAntonio Primiceri

DIRETTORE RESPONSABILEMaria Teresa Bandera

IN REDAZIONEMonica Gradilone

COLLABORATORIAlessia CarrerBrigitte Gobert

Paolo MagniRosanna OjettiGiada PanzeriLina Pastori

Maria Concetta PernaEnrico Pezza

Davide PrimiceriGiacomo Pueroni

Attilio Scotti

GRAFICAPoolgrafica - Milano

AREA TEST - SERVIZI SPECIALISalvatore Longo

PUBBLICITÀ ED EVENTIFutura International S.r.l.

COORDINAMENTO CORSI PROFESSIONALIMonica Gradilone

STAMPACantelli Rotoweb - Castel Maggiore (BO)

Registrazione Tribunale di Milano N. 354 del 25/09/1982. Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa, N. 4392 del 13/10/93 - legge5/8/1981 N. 416 art. 11. Manoscritti, fotografie e disegni anche se nonpubblicati, non si restituiscono. PizzaPress Quality lascia agli autoridegli articoli l’intera responsabilità delle loro opinioni. L’editoregarantisce la riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibili-tà di richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo o telefonando a Futura International Srl. Le informazioni verranno uti-lizzate al solo scopo di inviare agli abbonati testata e allegati, anchepubblicitari, legge N. 196/03 - tutela dati personali. Si dichiara che lo spazio pubblicitario relativo a questo numero è inferiore al 45%.

FUTURA INTERNATIONAL S.r.l. è associata:

1 Il Punto della situazione

3 Senza questa storia non ci sarebbe Storia

5 A volte i sogni si avverano

8 Cultura & Ricerca negli impasti

9 Cultura nell’Arte Bianca“Cristoforo Munari”

10 Dehor: croce e delizia

11 Ramzy e il forno Alfa Refrattari

12 Quando la Pizza vola:pizza e prodotti da forno per il catering aereo

14 Raboso, l’interprete di un territorio

17 La vera storia dei grani, raccontata daAndrea Ottolina, Molino Colombo

18 Luca Mantovanipizzaiolo e istruttore, innanzitutto

20 La mosca nella... Ristorazione

21 Arte e Talento in Pizzeria

24 Pizzaglobal

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Storia recente di un piatto antico: continuano gli incontri con i primi grandi personaggi della pizza e dell’A.P.E.S.

Le vicende umane sono sempre stateseguite dalla cultura del cibo, dagli infini-ti perfezionamenti e aggiustamenti che

l’intelligenza dell’uomo ha ritenuto di appor-tare in cucina, qui intesa come metodo di pre-parazione e cottura.Da che mondo è mondo, le ricette sono nate ecresciute sui fornelli, nei camini e nei forni. Trale focacce degli egiziani e la pizza c’è un abissopieno di storia, una storia che ci ha portato len-tamente e naturalmente a cuocere i cibi crudi,dalla caccia all’allevamento, dalla raccolta allacoltivazione.La tecnica ha sempre aiutato la cucina, nondimentichiamo il sottovuoto o le scatolette, matecnica è anche la realizzazione di materie pri-me perfezionate e ottimizzate per un mirato uti-lizzo.Inevitabile pensare fra le materie prime proprioalla farina, non che la farina per pizza esista,precisa il dottor Agugiaro, esistono piuttostomiscele per pizza realizzate con speciali sistemidi produzione.Incontriamo il dottor Giorgio Agugiaro nel suoufficio di Curtarolo, vicino a Padova, per rivive-re con lui i momenti più salienti ed importanti,momenti che in un certo modo hanno dato unadecisiva spinta all’evoluzione e diffusione dellapizza in Italia e nel mondo. Un incontro piace-

vole durante il quale si sono scorsi molti annivissuti insieme ad altri momenti professionali edi valutazione del mercato, passato e futuro.Mentre l’A.P.E.S. si costituiva e andava indivi-duando il suo raggio d’azione coinvolgendo lastampa e la comunicazione con eventi nuovi nelsettore ristorativo, Giorgio Agugiaro, titolaredello storico Molino Agugiaro a Curtarolo diPadova, studiava il mercato che la Cattel diJesolo gli sottoponeva, la pizzeria, come sboccoimportante per la distribuzione delle farine delmolino.Il pizzaiolo, come più volte ricordato, non erauna professione particolarmente ambita, anzi ilpizzaiolo addirittura si arrabattava per il recu-pero delle sue materie prime, ingegnandosi fral’acquistarle dal fornaio vicino a casa, o andan-do dal molino dello stesso panettiere o neisupermercati.I sacchi preparati per i fornai pesavano 50 kg enon erano molto comodi da utilizzare, ma poi ilpizzaiolo aveva anche una sorta di diffidenzaverso i molini, termine che non gli era partico-larmente gradito.Giorgio Agugiaro studiò il problema a fondo,approcciandolo con molta umiltà, soprattuttonei rapporti diretti con i professionisti dellapala, atteggiamento che sempre mantenne neicontatti con questi operatori, incontrandoli in

tutta italia. Prese atto del fatto che il pizzaiolo di suo giàrealizzava delle miscele con le farine che si pro-curava, senza sapere cosa faceva o che cosaquesto comportava, e vi aggiungeva un 10% diManitoba.

Dopo un’attenta analisi, importanti e signifi-cative le modifiche commerciali che Agugiaroattuò per ottenere una significativa penetra-zione nel settore:

✸ Realizzò i primi sacchi di farina di 25 kg,più maneggevoli

✸ Ideò un marchio di prodotti mirati,eliminando il termine molino.

✸ Raggiunse un importante legame grossista/pizzaiolo, considerato che la rete di distribuzione non aveva una grande resa economica ad occuparsi di farina.

✸ Puntò sulla ricerca e le prove di laboratorio presso l’azienda ma non si occupò volutamente di scuole, alle quali lascio la sperimentazione empirica.

✸ Ideò concorsi a premi che allettasseroquesti professionisti del forno.

✸ Scelse come testimonial delle campagne pubblicitarie i migliori pizzaioli.

Nello sviluppo recente del settore pizzeria, molto merito va dato anche allarealizzazione di prodotti creati per questo segmento di mercato.

In primo piano la farina.

Dedicato a chi ha la memoria corta, o è nato dopo

Giorgio Agugiaro

Senza questanon ci sarebbe STORIA

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Rivoluzione non da poco per il settore pizzeria che si stava in quegli anniabbozzando.L’incontro poi con Gabriele Marchesin e la soja nel 1985 fece il resto:nacquero le miscele PizzaSoja e PizzaLight 5 Stagioni.Abbiamo incontrato Giorgio Agugiaro per ricordare questo e molto altroancora, nella ricostruzione di un mercato in continua espansione comela pizzeria. Un’espansione che difficilmente potrà portare in Italia adavere dei gusti omologati come in altre parte del mondo, l’artigianalitàdella pizza italiana sarà sempre e comunque una inimitabile prerogativadel nostro Paese.Sul costo del grano poi, Agugiaro esprime il suo disappunto nel consi-derare come i costi di produzione, nei vari indispensabili passaggi per lasemina, la concimazione, la raccolta, la lavorazione e infine la distribu-

zione e commercia-lizzazione della fari-na, o delle farine chedir si voglia, portaad un costo che vie-ne in generale asso-lutamente sottosti-mato dal consuma-tore. Mentre sovra-stimato è il lavorodel panettiere consi-derato altamenteredditizio. Una pro-fessione quest’ulti-ma dove risultasempre più difficiletrovare mano d’ope-ra a causa degli ora-ri penalizzanti per igiovani, che a quellastessa ora preferi-scono trovarsi indiscoteca e con gli

amici piuttosto che di fronte ad un forno per il pane. Ma non solo, la stessa concorrenza dei supermercati, dei discount, hanotevolmente ridotto le entrate nei negozi artigianali dei fornai.Il discorso cade anche sul costo del pane, del pane comune (che è quel-lo della tradizione locale) e del pane speciale, quando questo pane vie-ne fatto in altre città.A gennaio presso il SIGEP di Rimini, ci annuncia infine il dottor Agugiaro,si conosceranno i risultati del “Premio 5 Stagioni”, indirizzato agli archi-tetti, in sinergia con il Politecnico di Milano, nella ricerca di soluzioni edipotesi nuove nell’arredamenti e nell’architettura delle future pizzerie.

Un invito per tutti a conoscere e incontrare altre nuove idee.

Ai primi del ‘900 il Mulino, di proprietà della famiglia Agugiaro,con i carri trainati da buoi e da cavalli con i contadini in attesa.

A Napoli, Antonio Pace e Antonio Primiceri rin-graziano la presenza e la sponsorizzazione deldott. Giorgio Agugiaro

Innumerevoli i momenti e le partecipazioni del Mulino Agugiaro a favore dello sviluppo e della diffusione dellaPizza in Italia e all’estero: convegni, ricerche, seminari e scuole.

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Suona la sveglia. Guardo l'ora, è presto mami alzo perchè devo prepararmi per la par-tenza e decido per il tailleur blu e camicia

bianca. La mia meta è Alghero in Sardegna.Sono emozionata perchè sono stata scelta a farparte di un folto gruppo per una spedizione aCapo Caccia dove si terrà un concorso per ilmiglior pizzaiolo d'Italia organizzato dall'APEScon Antonio Primiceri e Maria teresa Bandera.Arrivo all'aereoporto dove mi viene consegnatala targhetta di riconoscimento: il mio nome èGrazia Caccia, sono la capo gruppo per CapoCaccia! Parto sotto i migliori auspici.Il volo è breve e arriviamo presto a destinazione.L'albergo è bellisssimo e l'accoglienza calorosa.Ci sistemiamo nelle nostre camere e subito allavoro per preparare al meglio il concorso e laserata conclusiva dove verra' premiato il vincito-re e verranno distribuite a tutto il pubblico pre-sente pizze a volontà.Io nel mio piccolo cerco di fare bella figura equindi do il meglio di me collaborando con entu-siasmo affinchè tutto riesca bene (per fortunac'è Maria Teresa che è il perno dell'organizzazio-ne!). Sono giorni impegnativi per tutti ma il gior-no del concorso tutto e' pronto.I Pizzaioli sono molto bravi e con tanta profes-sionalità ed esperienza uno dopo l'altro sforna-no pizze bellissime e buonissime. La giuria con

competenza assaggia e da i voti, le schede siaggiungono ad altre schede e si arriva allo spo-glio e ai nomi dei primi tre classificati che ver-ranno premiati a fine serata. Tutti i partecipantial concorso generosamente preparano pizze ingrande quantità. La folla è numerosa e si accalcavicino ai forni per ritirare i tranci di pizza; da tut-ti noi collaboratori viene formato un cordoneumano e veniamo quasi calpestati dalle personeaccorse numerose, il clima della serata diventaelettrizzante io sono felice di vedere tante per-sone liete intorno a me. La serata volge al termine, è il momento di pro-clamare il vincitore. Sul palco c'è grande festa eanche un pò di delusione da parte di chi non havinto, ma sono tutti amici e, come diceva Forna-sari, “collega”.A poco a poco la folla se ne è andata, io sonostanca ma molto contenta e mi ritiro nella miacamera.Suona la sveglia, sono a casa a Milano e ho fat-to un sogno meraviglioso: era il 1987 ed io ero adAlghero a Capo Caccia con l'APES, Maria Teresae Antonio Primiceri e tanti amici. Ma tutto questo non l'ho sognato è la realtà.Grazie A.P.E.S.!

Grazia Caccia

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Grazia in due momenti significativi:in alto a Verona con Fabio Testi,in basso a Ragusa con Ruggeri.

A volte i sognisi avverano

Grazia Caccia, assistente per tanti anni del Presidente Primiceri durante i Congressi A.P.E.S.,ci ricorda affettuosamente così

e note bollicine del territorio bresciano sonostate festeggite anche quest’anno durante lariunione delle Confraternite Enogastronomi-che in una manifestazione ottimamente orga-

nizzata e diretta da Ada Castellani, che con perizia e dedi-zione dirige il sodalizio fin dalla sua istituzione avvenutanel 1989 a Rovato, cuore della Franciacorta.Una cinquantina gli associati presenti, ben noti per i son-tuosi “paludamenti”, che si sono ritrovati in una spumeg-giante atmosfera, secondo il nutrito programma proposto.Le attività del Circolo e la presentazione dei rappresentan-ti, nonché le attività svolte, hanno lo scopo di valorizzarele potenzialità del territorio. Dimostrazione chiara delloscopo la stessa scelta del Convegno avvenuto presso il Mo-nastero di San Pietro in Lamosa a Provaglio d’Iseo, in viaSebina, un tuffo in un passato unico..L’inizio di questa costruzione risale al 1098, costruzioneperaltro originale che abbraccio diversi secoli di storia del-

l’architettura: ogni secolo ha lasciato nel Monastero unasua impronta con ampie possibilità di confronti da parte diesperti ed appassionati di “percorsi architettonici”. Nonmeno ricco di fascino il paesaggio che circonda questo sto-rico Monastero.La sosta gastronomica, ovviamente di gran classe, è in lo-calità Pilone d’Iseo con piatti e vini ottimamente serviti nelristorante/hotel Araba Fenice.Fra i i vini proposti abbiamo memorizzato e apprezzato lasingolarità di un bianco dal nome già indicativo di prove-nienza: “muffito”.Omaggio graditissimo una bottiglia di DOCG a tutti i parte-cipanti da parte dei produttori di Franciacorta, per ricorda-re anche a casa una giornata speciale.

Lina Pastori

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Alfa Refrattari s.r.l. Via Villamagna - 03012 Anagni (FR) Tel. 0775.782204 Fax 0775.782222

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CULTURA&RICERCA NEGLI IMPASTIA cura della redazione di Pizzapress Quality

Lavorazione “Primitiva”Molino Pasini

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Relazione sulla prova Farina Primitiva “400”Molino Pasini

Con la Farina tipo 1 “400”predispongo un impastoindiretto partendo da:• 1 l acqua • 1kg farina tipo 1 primitiva “400” • 5g lievitoQuesto impasto indiretto  haavuto una prima fase di  riposodi 15 ore per la fermentazione.Dopo questo periodo hoaggiunto:• 2 l di acqua • 4,200 di Primitiva “400”• 150 gr saleIn questa seconda  fase holasciato riposare ancora  l’im-pasto circa 40 minuti,  dopo diché ho realizzatodelle pezzature da 200 gr

La maturazione in frigo è dura-ta  72 ore.Ho tolto l ‘impasto dal frigo cir-ca 4 ore prima del suo utilizzo.il risultato è stato a dir pocoeccellente, ottima la tenuta del-la lievitazione, come ottimo ilsapore e la friabilità, bellissimala colorazione morbida, il gustoequilibrato ha espresso tutto ilprofondo e caratteristico sapo-re del buon cereale.Rigenerate ancora le palline nel-la seconda lievitazione, i risultati sono stati  decisa-mente superiori all’aspettati-va.Ottima la plasticità e latenuta della maglia glutini-ca, migliorati il profumo lafriabilità, pizza ancora piùleggera e fragrante.Valutazione finale: pro-dotto veramente ecce-zionale in tutti i suoiaspetti sia visivi cheolfattivi, non chedurante le ripetutedegustazioni.Il nome scelto di Primitiva 1 “400” raccoglie in pieno il sen-so del prodotto, avvicinandolo sicuramente nell’immagina-rio a quello che poteva essere la pizza nei secoli scorsi..

La linea “PRIMITIVA”:torniamo al futuro

Nell’ ottica di ampliare la propria gammaper rispondere alle più esigenti domandedel mercato, Molino Pasini ha creato la

sua nuova linea di farine tipo “1” PRIMITIVA perpizzeria: “300” e “400”.

Realizzate a partire dalle migliori materieprime, per far riscoprire il gusto ed il pro-fumo “di una volta”. Ecco la nuova lineaPRIMITIVA di Molino Pasini, 2 farine di

tipo 1 per pizzeria dal gusto inconfon-dibile e dall’aroma insuperabile gra-

zie a una macinazione a tutto corpodel chicco di grano.

Nessuna come PRIMITIVA è ricca difibre, di proteine e di minerali che confe-riscono ai prodotti realizzati un sapore

ed un aroma unico nel suo genere. La nuova linea di Farina Tipo “1”

Molino Pasini PRIMITIVA, con il suogusto inconfondibile, l’ eccezionale

elasticità e la sua elevata digeribilità èconsigliata per la realizzazione di pizze fra-

granti, leggere e digeribili. .

Primitiva: l’evoluzione della specie. L’evoluzione delle farine

PRIMITIVA “300” – W 250-300Farina consigliata per le medio-lunghe lievitazioni

PRIMITIVA “400” – W 350-400Farina consigliata per le lunghe-lunghissime lievitazioni.

Le ricette di Enrico Pezza

MOLINO PASINI OTTIENELE CERTIFICAZIONI BRC/IFS

Da Giugno 2011 Molino Pasini si fregia di queste importanti certifica-zioni, ottenute con il massimo punteggio possibile( HIGHER LEVEL).Questo riconoscimento giunge al termine di un percorso che ha vistoMolino Pasini conquistarsi nel tempo un ruolo di leadership di qualità.Già nel 1997, tra i primi molini in Italia, Molino Pasini ha conseguito lacertificazione UNI EN ISO 9001, ora adeguata alle norme Vision 2000che comportano fra l'altro un rigido controllo e rispetto delle condizio-ni igieniche, in applicazione alle severe regole dettate dall'HACCP.L'azienda è inoltre certificata dal Consorzio di Controllo dei ProdottiBiologici di Bologna per la produzione di farine ottenute dalla macina-zione di grani da agricoltura biologica. Ora, ancora tra i primi molini inItalia, il raggiungimento congiunto di questi elevatissimi standard, chenon sono solo un punto di arrivo, ma una tappa fondamentale per offri-re ai propri clienti la massima affidabilità possibile sulla sicurezza deipropri prodotti.

Contatti: Sito: www.molinopasini.comE-mail: [email protected]

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SEZIONE PROFESSIONALE AL SERVIZIO DELLA PANIFICAZIONE & PASTICCERIA - ANNO V - N° 5/6 - 2011

Cristoforo MunariA cura del Maestro Bruno Tosi,

pittore iperrealista e mosaicista,insignito a Milano dell’Ambrogino d’oro

(www.brunotosi.com)

Cristoforo Munari nasce il 21 luglio1667 a Reggio Emilia e muore a Pisanel 1720. L’artista è considerato uno

dei più grandi protagonisti della pittura dinatura morta italiana tra ’600 e ’700, un ve-ro e proprio “artista di culto”, presente inprestigiose raccolte e musei di tutto il mon-do. Formatosi in Emilia, Munari realizza ele-ganti composizioni con strumenti musicalie le cosiddette “cucine rustiche” (dove, ac-canto agli utensili, al pane, alla selvagginamorta e alle verdure, compaiono alcuni deiprodotti tipici della zona, dalle “punte “diformaggio Parmigiano-Reggiano ai salumi).Alla fine del ’600 l’artista sitrasferisce a Roma, dovepuò contare sulla commit-tenza di Cardinali e nobili fa-miglie gravitanti intorno alPapato; così è che il soggior-no romano, durato quasidieci anni, sarà fondamenta-le per l’evoluzione del suostile. Cominciano a compari-re, nei suoi dipinti, semprepiù raffinati e ricchi nellacomposizione, le ciotole e lebrocche di porcellana cine-se, una vera e propria “sigla”dell’artista. È nella “Firenzedegli ultimi Medici”, doveMunari soggiorna tra il 1706e il 1715, che la pittura del-l’artista raggiunge gli esitipiù alti. Munari si cimentacon nuovi motivi compositi-vi (trofei di guerra e trompe-l’oeil), oltre a riprendere le“tele da salotto” e gli ultimioggetti delle cucine del tem-po. Nel 1715 Munari si trasfe-risce a Pisa, dove si dedica inparticolare all’attività di re-stauro, e dove muore nel1720. Colorista vivace e raf-finatissimo, Munari si se-gnala per il gusto, razionalee raffinato, che esprime nel-

la distribuzione spaziale del suo seducenterepertorio; le sue produzioni, tuttavia, maisono del tutto “bloccate”, statiche, ma sem-pre percorse da un sottile fremito di inquie-tudine. Dopo le notizie su di lui dateci da un contem-poraneo di Munari, il Gabburri, scende persecoli l’oblio sull’artista che si firmava “Cri-stoforo Munari da Reggio”.All’inizio del ’900 il silenzio viene interrottoda Matteo Marangoni, che sbrigativamentelo inquadra come “pittore assai superficiale”.Sarà solo nel 1954 che Giuliano Briganti, inun saggio sul “Paragone”, lo rivaluta com-

pletamente, definendo le sue nature morte“una via di mezzo fra il trompe-l’oeil e le va-nitas stilleben”. Giuseppe De Logu riesamina il problemadella valutazione critica su Munari nel 1962,alla vigilia di alcune importanti esposizioniin cui compaiono opere appunto di Munari,che la città Parma gli dedica nel 1964. Tra le recensioni pubblicate nell’occasioneva segnalata quella di Piero Bigongiari, cheaccuratamente parla di un piccolo “Leibnizpadano”, conteso tra sensi e intelletto.Nell’autunno del 1998 la Fondazione M. Ma-nodori, di Reggio Emilia, promuove la pub-

blicazione della prima mo-nografia su Cristoforo Mu-nari, che ricostruisce il cata-logo generale dell’artista in117 opere. Si tratta, ovvia-mente, di un elenco non de-finitivo: per la recente sco-perta di nuove opere attri-buite al Maestro.In questa natura morta ap-paiono diversi elementi datenersi in considerazione,come per esempio unospartito musicale sul fondodell’opera con pagine stro-picciate, un violino, unabrocca di peltro, alzata conbicchieri di trasparenza lie-ve e poetica, appoggiati suun piatto di peltro; a metàcomposizione ci sono unpiatto con anguria tagliata,una ciotola cinese piegata,uva nera, con fogliame sec-co, e in primo piano biscot-tini e dolciumi, una mela eun raffinatissimo coltello, lacui lama si perde sotto le fo-glie dell’uva. Questa splendida e impa-gabile natura morta, le cuidimensioni sono di 95x74cm, è stata dipinta da Mu-nari nel 1707.

Natura Morta

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Amolti locali, per colpa di un inspiegabileprodigio, spunta una voluminosa protu-beranza, quasi come se fossero appena

stati morsicati da un misterioso e gigantescoinsetto. La vistosa escrescenza, che poi si sgon-fia e scompare all’avanzare dell’autunno, siprotende in genere sul davanti della pizzeria in-globando un’area più o meno estesa.Impiegando un’immagine complessa, la deno-minazione e il fine potrebbero essere “spazioaggiunto e riparato ai fini di incrementare il nor-male volume dei coperti e offrire ai clienti l’eb-brezza di un’alimentazione all’aria aperta”.Sintetizzando in una sola parola: dehors!

VantaggiIl primo vantaggio dei dehors sta proprio nel-l’opportunità di uscire dagli ambienti chiusi e,soprattutto nelle sere estive, quando la morsadella canicola diurna comincia a cedere la pre-sa lasciando il posto alle corroboran-ti brezze notturne, diventa estrema-mente piacevole sedersi sotto unpergolato a gustarsi il fresco dellatemperatura accoppiato alla fra-granza di una buona pizza. In effetti, se la maggior parte dei de-hors è solida e ben costruita, ne esi-stono di fattura più scadente e quin-di capita che un banale temporaluc-cio d’agosto basti, con la complicitàdi una tettoia malandata, a far goc-ciolare la pioggia tra i tavoli con con-seguenze facilmente immaginabili.

SvantaggiAltre volte questi esterni non sonosufficienti a proteggere da insidiosicolpi di vento giungendo questi a mi-nacciare addirittura la buona dige-stione. Non solo, un dehors sistema-to lungo un’ampia via di scorrimen-to di una metropoli si trasforma facil-mente in un calvario, a causa dellapuzza di smog e dell’inquinamentosonoro: non è piacevole ordinare una “capric-ciosa” al biossido di azoto o gustare una “quat-tro stagioni” con i timpani che ballano la rumbaa causa di un ingorgo al semaforo. Tacciamo peropportunità i pareri che potrebbero esprimerechi ha le finestre che si affacciano su di un de-hors. In genere questi tapini, fratelli minori disventura di quelli che abitano sopra i bar, gra-direbbero magari andare a letto prestissimomentre talvolta chi sta divorando una splendi-da “margherita” non riesce a trattenere tutto ilsuo entusiasmo e sente la necessità di gridare

al mondo intero la sua gioia (e così qualcunoarriva anche ad odiare la pizza!).Tutto sommato il vantaggio di mangiare fuorida quattro mura può essere anche questo: sela nostra compagnia del tavolo non è un gran-ché ci si può sempre distrarre guardando le bel-le figliole, o figlioli, che passano sul marciapie-de. Un’altra gradevole occupazione è purequella di fissare le lampade antizanzare presen-ti in tutti i dehors degni di questo nome.

DisagiLa soppressione degli insetti perniciosi me-diante una piccola vampata seguita da un ca-ratteristico sibilo di “frittura”, induce pondera-te meditazioni sulla caducità delle cose: que-ste filosofiche riflessioni rendono la pizza chestiamo consumando più gustosa e senza dub-bio più ricca di contenuti spirituali. Tutte que-ste elucubrazioni si scontano con qualche pic-

colo sacrificio: una delle cose che si perdononei dehors è il controllo delle proprie ordinazio-ni. Infatti, la lontananza dalla sala, accoppiataa leggeri ritardi nella consegna delle pizze, cicausa talvolta ingiustificati timori e risveglial’atavica “paura dell’abbandono”. Superato questo scoglio si affaccia un’altraproblematica: il pasto all’aria aperta ci nascon-de la vista del pizzaiolo e ciò rappresenta unpiccolo danno assolutamente non riparabile.Trovo, infatti, i che in questi locali una compo-nente importantissima sia la visione del pizza-

iolo che fa volteggiare il disco di pasta e lo guar-nisce con gli ingredienti canonici: volete mette-re la soddisfazione di immaginare che la pizzanascente sotto i nostri occhi affamati sarà pro-prio quella che, dopo qualche minuto, ci verràsfornata calda calda sotto il naso?

LimitiI dehors per grandi che siano presentano spes-so un altro inconveniente: in genere lo spaziocoperto a disposizione non è ampio e la tenta-zione di “parcheggiarvi” il maggior numero pos-sibile di persone porta a sistemazioni un po’ af-follate. Senza arrivare ad estremi effetti tipo“scatola di sardine”, soventi ci si trova a contat-to di gomito con il tavolo vicino e quindi senzaaverne l’intenzione si possono riscontrare diffi-coltà oggettive nel proseguire un’amabile con-versazione con i propri amici e commensali.

VisioniPoca cosa in realtà se si tiene pre-sente che da questi prolungamentidei locali si possono ammirare lefalene che volano sbattendo ognidue minuti la capoccia contro i lam-pioni cittadini, i cani che portano aspasso i loro padroni e i motoriniche con grande fracasso evitano al-l’ultimo istante le fioriere dei de-hors con funambolismi così teme-rari da far apparire le manovre delnostro centauro come un tramvierealle prime armi! Insomma, volendo trarre un bilan-cio da questa consuetudine edili-zio-gastronomica tipica dei paesi aclima temperato, si può ben affer-mare che, nonostante i difettuccievidenziati, vale davvero la penafesteggiare il bel tempo estivo fre-quentando i dehors che i nostri bra-vi pizzaioli allestiscono. I più fana-tici, addirittura, dedicano intere se-rate a questa pratica in quanto con-

sumata la regolare pizza all’aperto, cercanouna buona gelateria e, sempre possibilmenteall’aperto. Veleggiando con il vento in poppa di un giudiziosenz’altro positivo concludiamo con la solita,partigiana perorazione: servitele al chiuso o al-l’aperto, o metà dentro e metà fuori dal locale,non fa nulla. L’importante è che continuiate a fa-re delle incomparabili pizze, e sarete perdonati!

DEHOR: croce e deliziaDurante i mesi estivi parecchie pizzerie

diventano preda di una metamorfosi del tutto particolare.

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Venuto dall’Egitto… è in Italia ormai da molti anni. A differenzadi tanti suoi connazionali, già conosceva il mestiere di pizzaio-lo avendolo praticato in un villaggio del suo paese d’origine.

Certo molte cose sono risultate diverse, ma la base c’era e il nostronon ha potuto che migliorare.Ha così rilevato un locale a Fiumicino che da sempre era una pizzeria.Vivendo in un posto di mare con molti ristoranti famosi per il pesce fre-sco, ho voluto puntare sul business della pizza, per aver maggiore op-portunità di lavorare soprattutto in questo momento. I clienti sono lamaggior parte “habitué” che nella pausa pranzo vengono a gustarsiuna pizza. ….non ha una specialità in particolare ma i suoi clienti af-fermano che la sua pizza margherita è la più buona della zona. Unadelle prime cose sulle quali ha voluto intervenire è stato il forno, e suquesto gli abbiamo posto alcune domande.

Perché hai cambiato il forno?Il forno che avevo prima disperdeva calore nel bagno con cui confina-va, d’estate neanche si poteva utilizzare tanto era il calore che riversa-va nei servizi.Inoltre, il piano era troppo alto, pensate che l’ho dovuto cambiare do-po soli 6 mesi.

Com’è arrivato ad essere cliente Alfa?Tramite amici che avevano già installato un forno Alfa in una pizzeria.Loro si sono trovati benissimo ed ho voluto scommettere su Alfa. In ef-fetti non posso dar loro torto, sono soddisfatto del prodotto e di comemi sta facendo risparmiare soldi e tempo.Ma soprattutto, da buon egiziano, posso dire che è un forno vero, co-struito in argilla refrattaria, non in cemento, tiene molto bene la tem-peratura e i clienti si sono subito accorti che la pizza è più buona, puressendo lo stesso impasto di prima.

Come ti trovi?Benissimo! I clienti hanno capito subito che avevo cambiato il forno emi hanno fatto i complimenti perché la temperatura dell'ambiente eranaturale e uniforme ovunque.

Come ci lavori?Adesso trovo che l’altezza sia perfetta, la temperatura del forno la mat-tina si aggira sui 250°C e riesco così a risparmiare di legna quasi il50%. Ringrazio Alfa per questo ottimo lavoro e per la soluzione imme-diata al mio problema.

In quanto te l’hanno montato?Il lunedì sono venuti, hanno smantellato il vecchio, montato il nuovo egiovedì già facevo le pizze. Ho avuto solo l'accortezza nei giorni pre-cedenti alle prime accensioni e alle temperature: lo stesso lunedì del-l'installazione l’ho portato fino ad 80°C, il martedì a 120°C, mercoledìa 180°C e giovedì sono arrivato a 250°C.

Spiegaci come si è svolta la scelta.Ho chiamato Alfa per un preventivo e mi hanno inviato in breve tempoun tecnico per un sopralluogo gratuito. Gli ho spiegato quali erano imiei problemi e come volevo realizzare il mio forno ideale e loro mihanno presentato un progetto su misura che rispondeva in modo chia-ro alle mie esigenze.

“LA CAMICIA”a Fiumicino

Ramzy coniuga l’arte egizia della pizzaal gusto italiano

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Si tratta di un alimento trasversale e com-patibile con le esigenze del cateringaereonautico.

Ad oggi è possibile assaporarla anche in volograzie all’attività di ricerca industriale e relati-va produzione svolta dall’A-R Alimentare, di cuiil dott Diego Bonini è il Responsabile Qualità eNutrizionista.L’A-R Alimentare, con sede a Marsciano, èun’azienda italiana dinamica e moderna cheprogetta e produce soluzioni innovative e alter-native per il settore alimentare: fondata nel2002, è nata per sviluppare prodotti da fornosurgelati in monoporzione per il catering aero-nautico.Il dott. Bonini, ha iniziato il suo intervento chia-rendo un aspetto peculiare del mondo delleproduzioni alimentari: il concetto di qualità,che secondo la normativa vigente rappresenta“l’insieme delle caratteristiche di un prodottoo di un servizio che conferiscono ad esso la ca-pacità di soddisfare esigenze espresse o impli-cite”. Nel settore agro-alimentare questo concettoviene applicato a tutte le fasi del processo in-dustriale di produzione, partendo dall’approv-vigionamento delle materie prime fino alla di-stribuzione passando per la gestione del per-sonale addetto. Il fine ultimo è quello di offriree garantire al consumatore finale prodotti ap-petibili la cui rintracciabilità è garantita ad ognilivello della produzione.Le certificazioni nell’industria alimentare so-no l’ International Food Standard (IFS), FoodBRC, ISO 22000, e non in ultimo per importan-

za tutto il pacchetto che fa riferimento alla ISO9000. Ulteriore misura di controllo imprescin-dibile è l’HACCP (Hazard Analysis and CriticalControl Points). Tale sistema di autocontrolloderiva dall’obbligo di tutelare la salute dei con-sumatori finali attraverso il rispetto delle nor-me igienico sanitarie mediante un’attenta va-lutazione dei rischi insiti ai processi industrialie alla successiva elaborazione delle misure piùidonee per garantirne il controllo.Le principali misure di certificazione volontariae le regole cogenti di sicurezza alimentare do-vrebbero essere note anche al pizzaiolo poichéi suoi interlocutori sono la grande distribuzioneda una parte, e il consumatore finale dall’altra.La pizza per il catering aereo, in quanto prodot-to industriale, subisce il sistema di controlloapplicabile mediante le norme in ambito agro-alimentare. Il punto centrale della relazione del dott. Boni-ni ha riguardato la possibilità di rendere la “piz-za che vola” del tutto simile a quella consuma-ta in pizzeria, oltre che dal punto di vista orga-nolettico, anche da quello nutrizionale, poichéentrambe sono accomunate dalle stesse mate-rie prime.Una pizzetta di 120 g, destinata al catering ae-reo, possiede infatti tutte le caratteristiche nu-trizionali per essere considerata un validosnack. Si tratta di un alimento equilibrato ecompatibile con “la filosofia del benessere”,ipotesi validata dall’analisi comparativa con ivalori di riferimento della GDA’s (Valori giorna-lieri di riferimento).

Una maggiore qualità nutrizionale della pizzain oggetto si potrebbe ottenere migliorando lematerie prime utilizzate.In particolar modo il dott. Bonini ha paragona-to (Tabella) due pizzette ottenute con farine dif-ferenti illustrando come un maggiore apportodi fibra ottenuto dalla scelta di una farina inte-grale, rispetto ad una raffinata, possa renderequesto alimento meglio inseribile in un pianoalimentare razionale. Risulta perciò evidenteche un programma di ricerca industriale voltoal miglioramento delle materie prime di basedell’alimento pizza, in particolar modo delle fa-rine, risulta essenziale per garantire al consu-matore finale una scelta alimentare sempre piùvolta al benessere.

A cura della dottoressaMaria Concetta Perna

NutrizionistaUniversità degli Studi di Perugia

Quando la Pizza vola:pizza e prodotti da forno per il catering aereo

Diego Bonini, dottore ma-gistrale in Scienze dell’Ali-mentazione e NutrizioneUmana, iscritto all’albodei biologi sezione A, at-tualmente ricopre il ruolodi Responsabile Assicura-zione Qualità e Nutrizioni-sta nell’azienda A.R. Ali-mentare S.p.A. di Marscia-no. Svolge inoltre attività

di consulenza presso terzi per lo sviluppo, larealizzazione e la verifica di processi e proce-dure per l’industria alimentare ed enti di cer-tificazione. L’integrazione della formazioneaccademica con l’esperienza professionale loha portato a conoscenze approfondite sia inambito nutrizionale, analitico che gestionale,tecnologico e legale.

“La pizza che vola” non rappresenta solo uno slogan pubblicitario ma anche una realtà

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EVERYTHING ABOUT GDA’s

Web Link: http://gda.ciaa.eu

Of an adult’s Guideline Daily

FARINA INTEGRALE FARINA “00”

1 Pizza – 120g

Calories21811%

Calories25013%

Riferito a 100 g di prodotto Proteine (g) Carboidrati (g) Fibra totale (g) Kcal

Pizza ottenuta con farina 00 7,88 34,51 0,74 209,36

Pizza ottenuta con farina Integrale 9,05 25,50 4,83 181,55

Tabella 1. Valore nutrizionale di una pizza margherita ottenuta con farina 00 vs una pizza margherita ottenu-ta con farina integrale. Riferimento schede tecniche MP Fornitori, tabelle nutrizionali INRAN – www.inran.it.

La pizza, amata in tutto il mondo da grandi e piccini, rappresenta un alimento globale e trasversa-le: la relazione del dott. Bonini, ha illustrato appieno questa possibilità offerta da un prodotto in-dustriale. In realtà si tratta di un alimento appetibile e fragrante che si propone “veicolo” di comu-nicazione del “made in Italy” in tutto il mondo. Attraverso un importante progetto di ricerca, im-piegando un team di lavoro con conoscenze multidisciplinari, ponendo particolare attenzione allasoddisfazione del cliente, e avvalendosi di un complesso sistema di gestione integrato della qua-lità, è stato possibile per AR Alimentare offrire a milioni di passeggeri ogni anno un ottimo snacktotalmente compatibile con un piano alimentare nutrizionalmente corretto.

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Raboso,l’interprete di un t

Dopo la caduta dell’Impero Romano seguìl’oblio della vitivinicoltura che fu salva-ta dall’opera degli ordini monastici:

sembra fosse Raboso il vitigno coltivato nel XIIsecolo dai monaci del Monastero di Sant’An-drea di Busco (Ponte Piave).Una curiosità: documenti del XIV secolo denun-ciano una sofisticazione per l’aggiunta di me-lassa e ruchetta. La Repubblica Veneta ne incrementò la coltiva-zione e ne esportò il vino fino in Oriente, da cuiil nome vin da viajo (vino da viaggio).Il Raboso è un vitigno ricco di tannini e acidità,resistente a muffe e peronospora (come ha di-mostrato l’aver superato quasi indenne la gran-de tragedia di fine Ottocento), al freddo e allasiccità. Ha un ciclo vegetativo molto lungo: ger-moglia per primo ed è una delle ultime uve a es-sere raccolta.

Raboso Piave e Raboso VeroneseIn realtà sono due i vitigni con tale nome: il Raboso Piave e il Raboso Veronese i quali, puravendo notevoli similitudini, sono sostanzial-mente differenti come dimostra il confronto deidna.Incerte le origini sia della provenienza siadel nome del vitigno, anche se le altre denomi-nazioni con cui è conosciuto il Raboso Piave(Friulara o Rabosa Friulara) potrebbero far pen-sare al Friuli (occorre però tener presente chein passato erano definiti ‘Friuli’ tutti i territori fi-no al Piave). Le testimonianze più antiche sonocontenute in documenti della Repubblica Vene-ta da cui risulta che il ‘Friularo’ sarebbe statointrodotto a Bagnoli di Sopra (piccolo comunedel padovano) intorno al 17° secolo e da alloravi è rimasto costantemente presente. Due stu-diosi fondamentali per l’ampelografia italianacome Carpené e Di Rovasenda attestano che ilFriularo (in alcune aree declinato al femminile)era presente da epoca molto antica nella zonacompresa tra l’Istria e il Piave.Secondo alcuni studi dell’Istituto Geisenheimin Germania le origini del Raboso sarebberonella zona a sud di Mainz e in quella di Treviricome indicherebbero il lungo ciclo di matura-zione tipico dei vitigni di queste zone e le simi-lari caratteristiche organolettiche dei vini.Il nome invece potrebbe avere due origini: ogeografica (dall’omonimo affluente del Piave)o dalle caratteristiche molto acide e tannichedel vino al suo primo contatto con il palato: ‘ra-biosa’ in dialetto è chiamata la frutta ancoraacerba e quindi ‘astringente’.

Un vitigno dal lungo ciclo di maturazioneAncora più incerte le origini del Raboso Verone-se di cui, nonostante il nome, non vi sono testi-monianze di una coltivazione - nemmeno remo-ta - nelle terre veronesi. In tale situazione la fan-tasia popolare si è sbizzarrita e la versione piùaccreditata (e simpatica) fa derivare il nome daquello di un certo signor Veronesi cui spette-rebbe il merito della diffusione del vitigno. An-che l’epoca della sua introduzione in Veneto èsconosciuta.Le zone di diffusione dei due vitigni in partecoincidono: il Raboso Piave è presente soprat-tutto nella provincia di Treviso, e in misura mi-nore in quelle di Vicenza, Venezia e Padova,mentre il Raboso Veronese si trova anche nelleprovincie di Rovigo, Ferrara e Ravenna. La mag-giore delicatezza delle sue sensazioni gustati-ve - decisamente più in linea con l’attuale ri-chiesta del mercato - sta determinando unaprogressiva sostituzione del Raboso Piave conil Veronese.Per quanto attiene al vino per entrambi i vitignisi ha un bel colore rosso rubino molto profon-do, mentre al naso i profumi inizialmente vino-si esprimono successivamente un bouquet dinote floreali (violetta), frutta rossa (marasche)e frutti di bosco (lamponi e mora selvatica). È inbocca che si evidenziano le maggiori differen-ze, non tanto a livello struttura (la sua corposi-tà è buona, ma non eccezionale) quanto pertannicità e acidità molto meno accentuate neivini da Raboso Veronese caratterizzati inoltreda notevole eleganza, contrariamente a quelliottenuti dal Raboso Piave che sono un po’ ru-stici. In ogni caso è secco, austero, sapido e leg-germente acidulo. Per le sue caratteristiche ilRaboso Veronesepuò essere bevu-to più giovane.L’affinamento av-viene in genere ingrandi botti di ro-vere e dona al Ra-boso toni granatie profumi intensicon note da fruttasecca, speziate etostate. Per otte-nere la Doc deveinvecchiare alme-no tre anni, di cuiuno in botte.La sua propensio-

ne all’invecchiamento aveva originato una sim-patica usanza: quando nasceva un bambino sene conservavano alcune bottiglie per le suenozze.Nell’area storica di Bagnoli di Sopra vi è il Friu-laro (un biotipo particolare di Raboso Piave) ilcui nome potrebbe derivare dal termine dialet-tale ‘frio’ a indicare una vendemmia che avvie-ne ai primi freddi (la festa del Friulano è tradi-zionalmente nella terza domenica di novem-bre). È un vino strutturato di grande personali-tà dal colore rubino con riflessi granati e con unbouquet speziato con sentori di confetture difrutta. In bocca è caldo e molto equilibrato, sec-co e austero. Ottime anche le tipologie ‘Riser-va’ e ‘Vendemmia Tardiva’

I giusti abbinamentiIl Raboso è ideale con piatti di pasta e riso consughi di carne, con la carne rossa e la selvaggi-na, il goulash e gli umidi come la lepre in salmì.Ovviamente eccezionale l’abbinamento con il‘formaggio ubriaco’ del Piave (un Montasio ma-turato nelle vinacce fermentate di Raboso). Èinoltre ingrediente importante per molti piattitradizionali trevigiani e dell’entroterra venezia-no, specialmente a base di animali da cortile.Il Friularo è particolarmente adatto a piatti ela-borati come brasati, spezzatini e arrosti impor-tanti.Il Raboso oltre a una grappa molto asciutta ori-gina (con erbe, frutta e grappa di Raboso) l’Eli-sir Gambrinus, un liquore nato nel 1847 e servi-to in brocche nelle osterie come ‘specialità del-la casa’ e l’Agricanto (liquore a base di Raboso)splendido da solo a fine pasto e con gelati o dol-ci al cucchiaio.

Deriva da un vitigno coltivato nel Nord-Est del Paese fin dall’epoca preromana, come si deduce daPlinio il Vecchio che nella ‘Naturalis Historia’ descrive un vino “più nero della pece”.

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La schedaAlla vista:rosso rubino intenso con riflessi violaceiAl naso:persistente, fragrante e con sentori di violetta e marascaIn bocca:vivace, fruttato, sapido, asciutto e di delicata tannicità. Lunga la persistenzaGrado alcolometrico:11% vol.Tipologia:frizzante per fermentazione naturale Temperatura di servizio: 8 - 10°Abbinamenti:ottimo come aperitivo con sfiziosi spuntini. Ideale con grigliate e arro-sti di carne, piatti di pesce in umido. Per le sue caratteristiche può es-sere bevuto anche a tutto pasto Produttore:Paladin Spa Via Postumia, 12 - Annone Veneto (VE)Tel. +39 0422 768167, Fax. +39 0422 768590www.paladin.it

A cura di

Salvatore Longo

n territorio

Un vino, un’azienda Raboso Fiore Paladincompie 30 anniFesteggia quest’anno il suo 30° anniversa-rio questo speciale Raboso, perfetto inter-prete di una terra tenace e generosa, del-la sua storia e dei suoi sapori e profumi.È un vino piacevole grazie alle sue rossee allegre bollicine che ne esaltano i pro-fumi avvolgenti e in bocca i sentori vi-vaci e persistenti. Le uve raccolte in autunno inoltrato so-no vinificate senza pressatura dell’aci-no per consentire al vino di essere gra-devolmente amabile, fresco e ricco diprofumi. La presa di spuma dà una viva-ce briosità.Il suo successo (3 milioni di bottiglievendute) è dovuto soprattutto alla pia-cevolezza della sua bevibilità.

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La vera storia dei grani, raccontata daANDREA OTTOLINA, MOLINO COLOMBO

Tutto quello che avreste voluto sapere sui grani utilizzati nell’arte bianca

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Dottor Ottolina, ci parla dei sistemi chegestiscono la vostra macinazione?

Molino Colombo è la coniugazione perfettatra un'altissima tecnologia e i più alti valoridella cultura artigianale. Da un lato abbiamoun molino altamente automatizzato e tecno-logicamente avanzato, questo ci dà la possi-bilità di viaggiare di notte a "luci spente",senza la presenza di personale in azienda.L'operatore può monitorare l'impianto anchein remoto (da casa). Un sistema di passwordci consente di sapere sempre quale operato-re abbia fatto qualsiasi intervento sull'im-pianto.Ma qui abbiamo anche preservato anche i piùalti valori artigianali mantenendo, quandoabbiamo rifatto il molino nel 2001, il medesi-mo diagramma di macinazione del vecchiostorico molino. Oggi nei molini moderni si èorientati alla spasmodica ricerca della pro-duttività a scapito della qualità, in altre paro-le macinare tanto grano con poche macchinee molto in fretta. Molino Colombo ha fatto lascelta opposta: abbiamo un diagramma dimacinazione molto lungo, la macinazione èmolto lenta , il grano viene accarezzato in fa-se di macinazione non si surriscalda, ciò per-mette di mantenere inalterate le qualità pro-teiche dei grani che utilizziamo. Inoltre abbia-mo una ridotta quantità di amidi danneggiatiche permettono di fare impasti molto lunghiin grado di sviluppare al meglio tutti gli aro-mi del pane.Macinare lentamente significa anche avere lapossibilità di non dover inserire alcun tipo dicoadiuvante nella farina mantenendone l’as-soluta genuinità. Certo questo significa an-che ridurre considerevolmente la produttivi-tà dell'impianto che non viene sfruttata ap-pieno: infatti noi potremmo macinare fino a2.500 qli al giorno contro 1.200 qli che in re-altà realizziamo.

Da dove arriva il grano che utilizzate?Dal Canada, dagli Stati Uniti, dall'Australiaperché questi paesi sono i migliori produtto-ri mondiali di grano, poiché in questi paesi lacoltura del grano e' estensiva e non intensi-va quindi la spiga ha più spazio per cresceree ha un contenuto medio di proteine maggiorrispetto a chi deve praticare una coltura in-tensiva. Inoltre in questi paesi le strutture

della filiera agricola sono più moderne, lamaggioranza dei silos è verticale e c'e' la pos-sibilità di omogeneizzare meglio il granoclassificandolo secondo qualità e tenore pro-teico: questo valorizza il lavoro dell'agricol-tore e garantisce una miglior standardizza-zione della qualità generale. Questo non si-gnifica che in Italia non vi siano grani buoni,ma la struttura orografica del nostro paese(lungo e stretto ), la parcellizzazione dei ter-reni e strutture di stoccaggio nella generali-tà obsolete, rendono difficile la valorizzazio-ne del prodotto.A ciò si aggiunga che l'Italia e' importatricedi più del 60% del prodotto macinato.

Che caratteristiche deve avere il grano mi-gliore? I grani devono avere caratteristiche diversein funzione della destinazione d'uso finale(biscotto piuttosto che panettone), in gene-rale dal punto di vista del mugnaio deve ave-re poco scarto (polvere, sassi, cereali diver-si) e deve darci la possibilità di avere unabuona resa in farina (chicco ricco di parteamidacea).

Quali sono le farine migliori per la panifica-zione?In Italia abbiamo moltissimi tipi di pane conlavorazioni molto diverse tra loro ed in fun-zione della lavorazione utilizzata dal fornaioil molino deve fornire la farina adatta.Per esempio, le lavorazioni lunghe con bigafatte con un impasto di farina, acqua e lievitolievitate per 24 ore necessitano di farine conun buon contenuto di proteine cioè l'elemen-to che consente di mantenere all'interno del-l'impasto i gas prodotti durante la fermenta-zione consentendo di avere un pane leggerodigeribile con un alveolatura soffice .Se dovessimo fare un pane con una lavora-zione diretta, la farina dovrà avere caratteri-stiche molto diverse, un minor contenutoproteico (glutine) e delle capacità fermenta-tive maggiori.

E' vero che il diffusissimo pane tartaruga ènato grazie alle caratteristiche della vostrafarina?La forma nasce da un intuizione del presiden-te dei fornai di Bergamo stampo una pastella

di pasta con il materiale che si usa per con-trosoffitature, la nostra farina risultò partico-larmente adatta alla produzione di questomeraviglioso tipo di pane .

Alla farina di frumento si possono aggiun-gere anche altri cereali o ingredienti?Certamente possiamo fare pane al farro, pa-ne al kamut, pane al riso, pane alle patate,pane agli 8 cereali. Il farro è il cereale più an-tico, tanto che la parola farina deriva dalla ra-dice "far" termine latino "farro": è un cerea-le particolarmente resistente alle malattie equindi ha bisogno di minori trattamenti incampo, dal punto di vista nutrizionale il farrofavorisce i processi digestivi .La farina di kamut è un seme trovato nellatomba di un faraone ed esportato in America.Il nome di kamut deriva dal termine “grano”in egiziano, ha qualità nutrizionali molto in-teressanti, è molto ricco vitamine E (+30%),sali oligominerali e di selenio, un antiossi-dante che riduce la formazione dei radicali li-beri, inoltre è molto ricco di proteine . Questi due farine di cereali vengono ancheconsigliate come alternativa per chi ha intol-leranze al glutine di frumento, ma tengo aspecificare non a chi è affetto da celiachia .La farina di riso dona al pane una sofficità ec-cezionale e una fragranza della crosta unicae il suo gusto risulta essere piuttosto neutro,in generale viene incontro alle nuove tenden-ze dei consumatori che prediligono pani mor-bidi.

Per il pane si usano le farine di grano tene-re, ma anche di grano duro ..qual è la diffe-renza?La differenza tra la farina di grano tenero equella di grano duro e' nella durezza della man-dorla esterna del chicco e nella granulonome-tria diversa che si ottiene in macinazione .La semola ha granuli piu' grossi e spigolosiche permettono in panificazione un assorbi-mento dell'acqua lento e progressivo: ricor-diamoci che l'acqua è elemento fondamenta-le per una miglior conservazione del pane,più ce n’è all'interno dell'impasto meglio siconserva, mentre la farina di grano tenero hagranuli più sottili e tondi che assorbono l'ac-qua più velocemente.

fine 1° parte

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“peccato non possiate sentirne il sapore...”

GRAN GUSTO La nuova farina tipo 1 con germe di grano e fibra di frumento

MOLINO COLOMBO

presenta

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Luca Mantovanipizzaiolo e istruttore

innanzitutto

Una storia curiosa quella di Luca Mantovani, dotato di ungrande amore per la farina, per gli impasti, per la ricercanel settore alimentare e della nutrizione e poi la scoperta,

a sorpresa, di un problema che avrebbe potuto limitarlo ma cheinvece gli è stato di stimolo e di nuovo maggior interesse per lasua attività.Andiamo con ordine, dall’inizio. A Luca è sempre piaciuto sin da piccolo avere le mani in pasta. Ter-minate le scuole dell’obbligo, con non poca fatica, ha fatto un an-no di CAPAC, e non lo ha superato.A quel punto ha ricevuto una proposta di collaborazione dal pa-nettiere pasticcere del paese, dove poi di fatto ha lavorato per 8anni imparando molto del settore, compreso il contatto con i clien-

ti, un elemento nella comunicazione e nel rapporto umano che tut-tora lo contraddistingue.Nel frattempo ha svolto il servizio di leva obbligatorio, dove h avu-to modo di conoscere Rino Francavilla junior, per intenderci unodei pizzaioli del Ristorante Garden di via Lopez a Milano. Dopoquasi un anno in caserma insieme, Luca e Rino si erano scambiatinotizie ed esperienze in questo mondo, e per Luca fu una ulterio-re conferma della sua scelta di lavoro. Anzi, da panettiere comin-ciò a sognare di fare il pizzaiolo e di avere una pizzeria tutta sua.Alla fine del servizio militare, Luca conosce anche il fratello di Ri-no, Marco, anche lui esperto professionista ed insegnante di piz-zeria al Capac di Milano.A quel punto Luca voleva fare altre esperienze nel settore ristora-zione, quindi  lavorò in un servizio catering per 5 anni  passandoda apprendista a responsabile, e nel frattempo frequentava uncorso di specializzazione pizzaiolo al CAPAC.Dopodiché sono seguite due stagioni estive come pizzaiolo e altrilavoretti, sempre in pizzerie e sempre per fare maggiore esperien-za e non trovarsi impreparato negli obbiettivi professionali a cuistava puntando.Nel 1994 decide, insieme alla famiglia, di aprire un’attività e nelmese di aprile 1996 ha inaugurato la Pizzeria “Le Coccinelle”.

Pizza dolce all’amaretto

• Sulla base di pizza. Bagnare un attimo con amaretto diSaronno, stendere uno strato dicrema pasticcera e su questadisporre il mascarpone. Una spolverata  di zucchero a velo evia in forno per 1 minuto e mezzo.A fine cottura decorare con amarettidi Saronno  e altro zucchero a velo

Una passione irrefrenabile: la farina

Ultimo sole

• Sul disco di pasta disporre unacucchiaiata abbondante dipomodoro, poi  mozzarella a cubetti, fiori di zucca, taleggio a dadolini, fettine di pancetta arrotolata, zucchine alla julienne,formaggio grattugiato.Tutto a crudo, infornare e cuocerecon particolare attenzione.

Speciale

• Stendere su disco di pasta dellacrema funghi porcini tartufati,la  mozzarella a dadini, foglie di radicchio e di rucola tritate grossolanamente Spolverare il tut-to con  formaggio grattugiato.Infornare e cuocere.A fine cottura stendere crema ai 4formaggi

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In quel medesimo periodo Luca lamentava una serie dibrutti malesseri e dopo molti esami e ricerche gli veni-va diagnosticata la celiachia: la presa di coscienza diquesto problema lo ha portato a documentarsi ad ol-tranza, a provare prodotti realizzati con farine prive diglutine e, giunto ad un buon livello, ha iniziato a pro-durle anche per i suoi clienti. L’alternativa per Luca eratristissima: cambiare lavoro, era come annullare tutti isuoi sogni, buttare via il grande lavoro di esperienza edi studio che aveva realizzato. Impensabile!Alcuni accorgimenti tecnici come guanti e mascherinemonouso lo aiutano nei momenti di crisi sul lavoro. Ma in tutto questo tranbusto professionale ha anche

altre cose nei suoi programmi, da docente teorico pra-tico di pizzeria pasticceria a consulente di varie azien-de alimentari, con delle esperienze anche all’estero,Stati Uniti e Inghilterra, principalmente.Attualmente è uno dei formatori teorico pratico di unente di formazione professionale milanese, dove inse-gna cucina e pasticceria (scuola superiore) e perl’A.P.E.S. svolge test di prodotto e segue i corsi di ag-giornamento per i professionisti interessati all’inseri-mento di prodotti per i celiaci nella ristorazione.

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Ci stanno invadendo i gamberi rossidella Louisiana

Non cercate questa notizia sui quotidianinazionali, forse è apparsa su qualchefoglio locale. Lo scorso anno il lago di

Varese ed i suoi torrenti furono invasi da migliaiae migliaia di questi gamberi di acqua dolce moltoapprezzati per la prelibatezza delle carni.Quest’anno hanno invaso Moglia di Sermide (Mantova)e addirittura hanno fatto crollare un argine di uncanale a causa del loro attivismo a scavare tane edhanno aperto una enorme falla, tanto che sono statinecessari sette camion di terra per arginare il danno. Se ne segnalano anche in grande quantità sui torrenti del parmense ein altre località della pianura lombarda.Non si capisce come riescano ad arrivare in località molto distanti traloro, furono importati in Italia da una azienda di Massarosa vicina al lago diMassaciuccoli e poi sfuggiti al controllo degli allevamenti.Sono voracissimi, mangiano uova di pesci, di anfibi (rane e salamandre), insettiacquatici, distruggono distese di erba e specie vegetali, soprattutto intorno atorrenti e laghi, rischiando di annullare la biodiversità.E’ un segno del cambiamento epocale del nostro ecosistema e nessuno, o pochi, sene rendono conto: ci trastulliamo con l’euro in caduta libera, i giocatori di calcioche vogliono scioperare e guidatori che falciano vite umane andando incontromano sulle autostrade.

Amarcord: carni bovine, oggi

Come cambia il consumo e il mercato delle carni bovine: scompareil macellaio tradizionale (oggi diventato banconiere) edinsieme all’ignoranza delle massaie di oggi, dai vari

pezzi da cucinare si dipanano anche bufale, tarocchi oimbrogli di ogni genere. Una volta le nostre nonne emamme avevano una competenza in materia da farimpallidire tutti coloro che oggi operano nel settore. Un tempo i macellai erano abilissimi a sporzionare lemezzene (ciascuna delle due parti del bovino macellatoche formano la carcassa): oggi nei supermercati le carniarrivano tutte in mini o maxi porzioni, già incelofanate epronte, si pesa, si paga e via. Le carni sui banchi erano del loro colore originale, oggile carni in vendita nei banchi dei supermercati sono rosse e vive, esaltate da lucispeciali ed effetti ottici.Una volta tra gli utensili di cucina c’era la “schiumarola”, serviva a schiumare(togliere) i residui nella bollitura delle carni (immenso il biancostato di vitello omanzo) e consegnare un brodo chiaro e forte; adesso si bolle tutto e abbianobrodi torbidi e dal sapore strano (da dado).Una volta le osse con il midollo andavano a ruba (il risotto milanese con il midolloera una gioia del gusto).Adesso le svendono, nessuno le compra più.Adesso si comprano solo fettine di vitello, filetti di manzo, carne macinata, roastbeef già pronto e cotto. Tutto certamente più veloce ed igienico (salvo mucchepazze o avvelenamenti vari) ma sono finiti per sempre i sapori & saperi che ciconsegnavano le nostre nonne e che ci hanno cresciuto. Gusto e sapore che se non assaggi non lo conosci, e non lo ricosci.

LA MOSCA NELLA...RISTORAZIONE

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PIZZA GLOBALCuriosità, notizie, pettegolezzi, iniziative, incontri nel mondo e dal mondo della pizza

a cura di Monica Gradilone

DEL PROSECCO BRASILIANO NE VOGLIAMO PARLARE?!

La denuncia della casa vinicolaBattistella (di cui riportiamo il testointegrale) segue a quella di Loris Zava per la “Strada del Prosecco

australiano” “La segnalazione alle autorità dell'esistenza di una “Strada del Pro-secco” tarocca in Australia, denunciata da noi della Battistella,comincia a sortire i primi effetti.Siamo soddisfatti di aver innescato questo tamtam, partito da Inter-net (ringrazio blogger e siti che ci hanno fatto da megafono) e che hapoi contagiato i produttori di spumante di tutto il distretto del Pro-secco, scopertisi indignados.Le ultime dichiarazioni di Zava, presidente dell'Associazione Stradadel Prosecco, ci trasmettono fiducia, speriamo solo non si tramutinonel solito pannicello caldo incapace di risolvere il problema. Ma del

Prosecco Brasiliano ne voglia-mo parlare?!Proprio oggi amici in Brasile cisegnalano come stia spopo-lando nei locali alla moda diRio de Jeneiro il ProseccoGaribaldi “Made in Brazil”.Scandaloso. Alla faccia dellacontraffazione alimentare.Da Cortina d'Ampezzo, doveoggi sono presenti a “UnaMontagna di Libri” in qualitàdi partner dell'incontro conGiovanni Sabbatucci, tra i piùautorevoli storici italiani con-temporanei, gli imprenditoriveneti Battistella, produttoridi vero Prosecco doc, che perprimi hanno denunciato sette

giorni fa l'esistenza della Strada del Prosecco nella King Valley, inAustralia, commentano così quanto dichiarato ieri da Loris Zava, chechiede un intervento legale da parte di Bruxelles, del Mipaaf, dellaRegione e della Provincia per “bloccare questo vero e proprio plagioin Australia”. Suggeriamo a Zava di collegarsi al sitohttp://www.vinicolagaribaldi.com.br/pt/produtos/garibaldi-espmantes/espumante-garibaldi-brut-prosecco/ e gli chiediamo cosane pensa del Prosecco Garibaldi “Made in Brazil” e della “Rota dosEspumantes”. Estendiamo l'invito a tutti i policy maker curiosi evolenterosi a darci una risposta - continuano i produttori trevigiani

Battistella, di Pianzano.Che farebbero i produttori del Chianti se ci fosse una “Strada delChianti” nel bel mezzo della California? Oppure un Chianti prodottoa Rio Grande do Sul? Siamo stanchi di dover denunciare questesituazioni. Come già abbiamo detto più volte, la concorrenza non cifa paura; quella sana, anzi, è uno stimolo per farci lavorare bene. Noisiamo una casa spumantistica-boutique specializzata nella produ-zione di Prosecco doc di alta qualità: produciamo circa 20.000 botti-glie, nel cuore del distretto del Prosecco, destinate a hotel e a risto-ranti di alta gamma. Quella che fa paura a Battistella è la concorren-za sleale. Questi sono “pirati della tavola” e basta! Politici, fate qualcosa, subito!”Concludono i vigneron trevigiani in una nota pubblicata anche inwww.proseccobattistella.com.

PIZZA CON LA FARINA DI CANNABISLa sperimentazione in un locale di Conversano

Pizze con farina di canapa. Ora si può. Dadomani un locale di Conversano speri-

menterà questo innovativo e forsetroppo poco conosciuto prodotto.Tutto è nato dall’esperienza di unarealtà associativa creatasi nellostesso paese, «Progetto CanaPu-glia». Nel mese di aprile l’associa-zione ha inaugurato la propriasede, presentando il progetto nellospecifico.L’associazione CanaPuglia nasce conl’intento di incentivare la coltivazionedella canapa in Puglia informando i possibilifruitori dell’utilità e delle potenzialità che la coltu-ra della canapa fornisce e ha fornito nel tempo passato. Con la cana-pa può essere prodotto molto, dai tessuti, ai farmaci. Fino al combu-stibile, alla carta, all’energia, e appunto agli alimenti.La Cannabis è una pianta a fiore appartiene alla famiglia delle Canna-binacee, ma nel caso in questione ci si trova in presenza della cosid-detta «cannabis sativa», ovvero canapa utile. La farina di canapa deri-va da sementi di canapa alimentare ed è indicata per dolci e prodottida forno in generale, oltre che essere utile per gli altri usi classici del-la farina.Fonte: Corriere del Mezzogiorno

le avventure di APESino

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Prosecco brasiliano“Garibaldi”

Vino Prosecco doc“Battistella, il Prosecco”

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