il management in sanità. riflessioni per la governance nell'epatite c

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CASE-FINDING EPIDEMIOLOGIA DELL’INFEZIONE CRONICA HCV: SCREENING VERSUS “CASE FINDING” ALGORITMI DI GESTIONE DEL PAZIENTE UN MODELLO DI PERSONALIZZAZIONE DEGLI ESITI DI CURA PROSPETTIVE DI CAMBIAMENTO NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE HCV MODELLO ORGANIZZATIVO PER LA GESTIONE DEL PAZIENTE AFFETTO DA HCV RAZIONALIZZAZIONE DELLE INDAGINI DI LABORATORIO IL RIGORE METODOLOGICO NEL WORK-UP DIAGNOSTICO E PROGNOSTICO DI LABORATORIO RAZIONALIZZAZIONE DEI TEST NELLE DIVERSE TAPPE DEL PERCORSO

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Page 1: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c
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Il “TECHNICAL REPORT Hepatitis B and C in the EU

neighbourhood: prevalence, burden of disease and screening

policies September 2010” riporta che l’Italia è il Paese europeo

con il maggior numero di soggetti HCV positivi e detiene il

triste primato di mortalità in Europa per tumore primitivo del

fegato (HCC). In Italia circa un milione e mezzo di persone

è infetto dal virus dell'epatite C (HCV), la più comune

indicazione per il trapianto di fegato.

Dall'introduzione dell’interferone pegilato e ribavirina, quasi

10 anni fa, i tassi di risposta sono stati poco soddisfacenti, con

meno della metà dei pazienti trattati capaci di raggiungere una

risposta virologica sostenuta. Quasi un decennio dopo, ci

troviamo all’inizio di una nuova era della terapia anti-HCV.

I dati degli studi clinici registrativi dei farmaci antivirali diretti

(DAAs) dimostrano una maggiore efficacia rispetto all’attuale

standard of care e questo ci permetterà di curare molti più

pazienti.

Una maggiore comprensione della storia naturale dell’HCV, e

l'individuazione di fattori di rischio per la progressione della

malattia epatica avanzata, ha permesso a molti medici di

raccomandare il differimento di cura standard in attesa della

disponibilità dei DAAs. La scarsità delle risorse sarà un

problema, una volta che la terapia con i DAAs diventerà

disponibile, in quanto le Agenzie regolatorie nazionali

porranno delle limitazioni all’uso degli stessi ed i medici si

vedranno costretti a negare la terapia ai pazienti a cui

avevano promesso questa nuova “panacea”.

Storicamente, l'entusiasmo su un'innovazione scientifica ha

causato al medico dei problemi di sostenibilità. Nel 1922,

Frederick Banting e Charles Best con l'insulina e vent'anni

dopo con la penicillina.

Nel 2011, quasi un secolo dopo la scoperta dell'insulina,

continuiamo a lottare con problemi di scarsità di risorse.

Con l'arrivo dei DAAs, saremo in grado di trattare tutti i

pazienti che avranno necessità di questa terapia?

Bisogna considerare farmaci e vaccini un investimento, che va

valutato in ottica di costo/valore/beneficio, ovvero tenendo

conto, oltre che delle spese sostenute per garantire l’accesso

ai farmaci, anche dei loro risultati in termini di miglioramento

delle cure. Un investimento per la vita nella società attiva; per

la crescita economica senza la quale concetti quali benessere

e sostenibilità perdono di significato.

Il nuovo Welfare vedrà un cambiamento di approccio: da uno

impositivo di tipo top down, a uno fondato su una

maggiore responsabilità di tutti gli attori del sistema (cittadini,

medici, aziende, istituzioni). Una responsabilità di tipo

intergenerazionale, verso il presente, ma anche verso il

futuro, per garantire alle giovani generazioni la sostenibilità del

sistema. In quest’ottica si orienta il manoscritto che ho il

piacere di introdurre che è un esempio di collaborazione tra

i vari attori coinvolti nella cura dell’epatite C.

Raffaele Bruno

Dipartimento di Malattie Infettive

Università degli Studi di Pavia-Fondazione IRCCS

San Matteo Pavia

Segretario AISF

(Associazione Italiana per lo Studio del Fegato)

INTRODUZIONE

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 1

Page 3: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

Editore:AboutPharma S.r.l. a socio unicoVia Cherubini, 6 - 20145 MilanoTel. 02 78623650Fax. 02 78623669REA 1685941

Direzione, Redazione,Amministrazione, Pubblicità:AboutPharma S.r.l. a socio unicoVia Cherubini, 6 - 20145 MilanoTel. 02 78623650Fax. 02 78623669Email: [email protected] Internet: www.aboutpharma.com

Direttore Responsabile:Massimo [email protected]

Coordinamento Editoriale:Walter [email protected]

Direttore Commerciale:Domenico [email protected]

In redazione:Adiam [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected]

Hanno collaborato:Alfredo Alberti - Università degli Studi di PadovaMaurizia R. Brunetto - Azienda Ospedaliero Universitaria PisanaFerruccio Bonino - Azienda Ospedaliero Universitaria PisanaAntonio Craxì - Università di PalermoGiovanni Battista Gaeta - Seconda Università di NapoliMario Angelico - Università di Roma Tor VergataAntonino Picciotto - Università di Genova

Stampa:Promografica – Paderno Dugnano

Autorizzazione:Tribunale di Milano n. 451 del 20/09/2002

I contenuti della presente pubblicazione nascono dal ProgettoJanssen-Cilag/IMS e sono di proprietà di Janssen-Cilag.

Immagine di copertina: copyright Vertex

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Page 4: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

CASE-FINDING

EPIDEMIOLOGIA DELL’INFEZIONE CRONICA HCV:SCREENING VERSUS “CASE FINDING”Alfredo Alberti 4

ALGORITMI DI GESTIONE DEL PAZIENTE

UN MODELLO DI PERSONALIZZAZIONE, OTTIMIZZAZIONE EVALUTAZIONE DEGLI ESITI DI CURAFerruccio Bonino

Maurizia R. Brunetto 7

PROSPETTIVE DI CAMBIAMENTO DELL'ALGORITMO DI GESTIONE DEL PAZIENTE HCVAntonio Craxì 12

MODELLO ORGANIZZATIVO PER LA GESTIONE DEL PAZIENTE AFFETTO DA HCVGiovanni Battista Gaeta 16

RAZIONALIZZAZIONE DELLE INDAGINI DI LABORATORIO

IL RIGORE METODOLOGICO NEL WORK-UP DIAGNOSTICO E PROGNOSTICO DI LABORATORIO DEL PAZIENTE CON INFEZIONE CRONICA DA HCVMario Angelico 19

RAZIONALIZZAZIONE DEI TEST NELLE DIVERSE TAPPE DEL PERCORSO DEL PAZIENTE PER OTTIMIZZARE LE RISORSEAntonino Picciotto 22

SOMMARIO

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 3

Page 5: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

L’infezione cronica da HCV rappresenta oggi in molte parti del

mondo, particolarmente nei Paesi industrializzati occidentali e

certamente in Italia, un’importante causa o concausa di

malattia cronica del fegato, di cirrosi e di epatocarcinoma, con

tutte le conseguenze cliniche e gli oneri sociali ed economici di

queste condizioni morbose.

L’infezione presenta alcuni aspetti peculiari che condizionano

la scelta delle strategie più opportune per un efficace controllo

della malattia nella popolazione, in primis delle strategie volte

alla identificazione dei portatori di infezione e di quelli con

malattia evolutiva.Va infatti sottolineato che:

a) la maggior parte dei portatori cronici non

presenta sintomi o segni evidenti di malattia, con un

numero di casi non ancora identificati che è stimato

essere molto elevato in tutti i Paesi del mondo.

b) Solo una parte dei portatori cronici di HCV presenta

evoluzione sfavorevole della patologia epatica e sviluppa le

complicanze della malattia.

c) La terapia antivirale, d’altra parte, è più efficace nella fase

asintomatica, in assenza di complicanze.

L’epidemiologia dell’infezione cronica da virus dell’epatite C

presenta alcune caratteristiche ben definite:

1) variazioni geografiche molto evidenti tra le varie

regioni del mondo che riflettono fattori di rischio,

modalità di trasmissione, condizioni socio-economiche

ed anche differenze razziali e genetiche.

2) Tassi di incidenza e di prevalenza anch’essi molto

variabili geograficamente, e per i quali si sono

verificate negli ultimi decenni e si verificheranno nel

futuro importanti modifiche, non necessariamente

sincronizzate nelle diverse regioni del mondo, con

profondi riflessi sugli scenari epidemiologici attuali e

futuri.

3) Dati ancora molto incompleti sui reali tassi di

prevalenza nella popolazione generale, con stime

spesso non aggiornate o solo parziali, derivate da studi

di sottogruppi selezionati con conseguente sottostima

(es.: donatori di sangue) o sovrastima (es.: categorie ad

alto rischio) dei reali tassi di prevalenza globale. A tale

proposito un gruppo di esperti internazionali,

affiancati da un’agenzia specializzata in modelli

epidemiologici e di outcome clinico, ha deciso

recentemente di tentare una revisione estensiva dei

dati disponibili sulle incidenze e prevalenze delle

infezioni da HCV nel mondo, utilizzando per la prima

volta non solo pubblicazioni su riviste internazionali ma

anche documenti e fonti locali. I primi risultati di

questo studio collaborativo sono stati oggetto

nell’estate 2011 di pubblicazione di un supplemento

di Liver International e possono rappresentare

un primo punto di partenza per sviluppare modelli più

“realistici” di quelli disponibili sull’attuale e futuro

impatto dell’infezione da HCV, sulla patologia cronica

del fegato e, più in generale, sulla salute pubblica nelle

diverse regioni del mondo.

Il peso dell’epatite C in Europa e in Italia

Come conseguenza delle varie lacune ancora presenti nella

definizione di una precisa mappatura epidemiologica

dell’epatite C e delle patologie croniche ad essa correlate, ci

sono stati incertezze e ritardi nel riconoscimento da parte

delle organizzazioni ed autorità sanitarie ed internazionali

dell’epatite C come problema di salute pubblica di rilevanza

prioritaria. Solo recentemente Oms ha inserito le epatiti

virali (B e C) tra i problemi sanitari di grande impatto globale,

approvando una prima risoluzione volta allo sviluppo di un

network collaborativo tra Stati per rendere più efficace la lotta

contro queste patologie.

Anche la comunità europea, in una recente conferenza di

esperti, ha posto l’attenzione sulla necessità di dare priorità ad

interventi volti al miglioramento del riconoscimento e

al trattamento più precoce dei pazienti con epatite virale da

HCV ed HBV in Europa. Gli elementi più significativi che

emergono da questi documenti riguardano:

1) il fatto che l’infezione cronica da HCV abbia decorso del

tutto asintomatico per decenni sino al raggiungimento

EPIDEMIOLOGIA DELL’INFEZIONE CRONICA HCV:SCREENING VERSUS “CASE FINDING”

Alfredo AlbertiDipartimento

di Medicina MolecolareUniversità degli Studi

di Padova

4IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

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Page 6: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

delle complicanze più avanzate rendendone pertanto

improbabile un riconoscimento precoce sulla base dei soli

elementi clinici.

2) La considerazione che la malattia cronica da HCV abbia

decorso evolutivo in almeno il 30-40% dei soggetti

cronicamente infettati, e ciò è del tutto indipendente dalla

presenza di sintomatologia avendo, come diretta

conseguenza, il fatto che in molte parti d’Europa e

certamente in Italia la maggior parte dei portatori cronici

a reale rischio di sviluppare patologie invalidanti ed

eventualmente letali non risultano essere stati ancora

identificati.

3) La conclusione che una diagnosi “precoce” dell’infezione

cronica da HCV sia pertanto fondamentale per prevenire

con efficacia lo sviluppo di complicanze in quanto

permette: a) di fornire al portatore tutte le

raccomandazioni sui fattori di malattia modificabili

(abitudini di vita, alcol, alimentazione, fumo, obesità,

farmaci, ecc); b) di identificare i soggetti a maggior rischio

e velocità di progressione; c) di iniziare eventualmente

un’adeguata terapia antivirale, con possibilità di

eradicazione del virus che è ben dimostrata essere

inversamente correlata alla durata dell’infezione e allo

stadio di malattia raggiunto dal paziente.

4) La convinzione che i bassi tassi di prevalenza dell’infezione

cronica HCV attualmente stimati nella popolazione

generale e la conoscenza di fattori di rischio ben definiti

favoriscano senz’altro l’implementazione di strategie

basate sul “case finding” piuttosto che sullo screening

universale come metodo più efficace ed economicamente

vantaggioso per identificare i portatori cronici da HCV

ancora non diagnosticati e rendere possibile un più

efficace controllo delle patologie correlate attraverso

il “counselling” e le terapie antivirali.

In Italia l’infezione cronica da HCV rappresenta oggi

un’importante causa o concausa di malattia cronica del fegato,

ed è senz’altro al primo posto nella eziologia delle cirrosi

epatiche e degli epatocarcinomi. Per quanto concerne la

prevalenza dell’infezione cronica da HCV nella popolazione

italiana, i dati ottenuti sono stati ovviamente influenzati dal

campione analizzato. Studi condotti in donatori di sangue,

tipicamente associati a sottostima della reale prevalenza nella

popolazione generale, hanno spesso evidenziato prevalenze

<1%, mentre gli studi più rappresentativi hanno riportato

prevalenze tra 2,5% e 5%.

Esiste in Italia un importante gradiente Nord-Sud nella

prevalenza dell’infezione cronica HCV, e un gradiente ancor

più marcato relativo alle diverse fasce di età. Cosicchè, nelle

Regioni del Nord, la prevalenza dei portatori di HCV nella

popolazione passa da valori < 0,5% negli adolescenti a valori

attorno al 3-5% negli ultrasessantenni, mentre al Centro-Sud

la prevalenza in quest’ultima categoria può superare il

15-20%, soprattutto in aree non urbane. Ciò è una conseguenza

dei tassi molto elevati di prevalenza osservati in soggetti di età

superiore ai 60 anni, come effetto coorte per un’infezione che

ebbe grande diffusione negli anni ‘50-60 attraverso

modalità iatrogene di trasmissione ed in particolare per l’uso

“promiscuo” di siringhe in vetro utilizzate seriatamente

“porta a porta” nella somministrazione di polivitaminici,

epatoprotettori, ricostituenti e di altre terapie parenterali.

Nella popolazione più giovane, l’infezione da HCV è invece

strettamente correlata ai vari fattori di rischio, storicamente

associati all’infezione da HCV.

Allo scopo di definire le prevalenze dell’infezione cronica da

HCV nella popolazione italiana e nei diversi gruppi a rischio,

l’Istituto Superiore di Sanità organizzò nel 2005 a Roma una

“Expert Consensus Conference” che aveva anche lo scopo di pro-

porre le strategie più adeguate da implementare per un miglior

controllo della malattia da HCV. Le prevalenze di

infezione cronica da HCV descritte nelle conclusioni di questa

Conferenza nella popolazione generale e nei diversi gruppi a

rischio analizzati sono descritte nella tabella 1.

5IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

TABELLA 1: Prevalenza di infezione cronica da HCV in Italia

POPOLAZIONE GENERALE

nati prima del 1940 >5%nati 1940-1949 >3%nati 1950-1959 <1.5%nati dopo il 1959 <1%

SOGGETTI CON ESPOSIZIONE PARENTERALE

di droga 32-84%emodializzati 13-35%trasfusi prima del 1992 >10%riceventi emoderivati prima del 1987 >10%

FAMILIARI DI SOGGETTI HCV+ 6-15%SOGGETTI CON ATTIVITÀ SESSUALE PROMISCUA >3%OPERATORI SANITARI <3%SOGGETTI CON ALT ELEVATE (INDIPENDENTEMENTE DAL RICONOSCIMENTO DI FATTORI DI RISCHIO) 20-47%SOGGETTI ISTITUZIONALIZZATI 5-50%

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Page 7: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

Screening vs case finding

In considerazione dei dati epidemiologici disponibili in Italia sulla

prevalenza dell’infezione cronica da HCV e delle fasce di età

e categorie più interessate, le conclusioni della Conferenza di

Roma del 2005 furono orientate a raccomandare strategie di

“case finding” piuttosto che una implementazione di screening

su vasta scala.

Nonostante le evidenze di elevata prevalenza di infezione

cronica da HCV nei soggetti di età superiore a 65 anni, la

Conferenza ha ritenuto questi soggetti non candidabili ad uno

screening di massa in quanto generalmente non eleggibili ad

una terapia antivirale a causa di controindicazioni, patologie

associate o scarsa tollerabilità.

Anche per i nati dopo il 1950 lo screening per HCV fu ritenuto

non appropriato, questa volta in quanto in questi soggetti la

probabilità di essere portatori cronici di HCV è molto bassa

al di fuori di casi appartenenti a specifici gruppi di rischio.

In accordo con queste conclusioni sono disponibili in

letteratura vari studi, anche con analisi del rapporto

costo-efficacia, che hanno sottolineato come lo screening

universale per HCV non sia razionale in presenza di prevalenze

di infezione cronica globalmente basse (<1-3%), con netta

indicazione a strategie di “case finding” in sottogruppi con ben

definiti fattori di rischio.

La tabella 2 descrive le categorie di soggetti per le quali la

Conferenza di Roma ritenne giusto raccomandare la ricerca

di infezione cronica da HCV, aggiornate in base ad una

successiva raccomandazione dell’Associazione Italiana per lo

Studio del Fegato (AISF), condivisa dalla Società Italiana di

Medicina Generale (SIMG).

TABELLA 2: Gruppi per i quali è raccomandato lo screening per epatite C, secondo l’Istituto Superiore di Sanità; l’Associazione ItalianaStudio Fegato e la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG)

1. Chi fa o ha fatto uso di stupefacenti per via endovenosa2. Soggetti sottoposti ad emodialisi3. Chi ha ricevuto emotrasfusioni o trapianti d’organo prima del 19924. Chi ha ricevuto fattori della coagulazione emoderivati prima del 19875. I conviventi o chi abbia convissuto con individui con infezione da HCV6. Soggetti con attività sessuale promiscua7. Soggetti che presentano una storia di malattie sessualmente trasmesse8. Nati da madre anti-HCV positiva9. Soggetti con crioglobulinemia mista essenziale10. Soggetti con tatuaggi e body piercing

(se eseguiti in ambienti non igienicamente protetti, ad esempio carceri o istituti non certificati)11. Soggetti con infezione da HIV12. Soggetti immigrati provenienti da Regioni ad endemia elevata

6IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

A quanto riportato in tabella 2 vanno senz’altro aggiunti tutti

i soggetti con alterazioni, anche minime, delle transaminasi,

persistenti o altalenanti, o con segni clinici o ecografici

suggestivi per epatopatia (compresi i casi di steatosi epatica).

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Zeuzem, U. Siebert

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AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 6

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7IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

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Maurizia R. BrunettoUnità di Epatologia

(out-patient liver clinic)Unità di Medicina Generale 2,

Epato-Digestiva (in-patient liver clinic)Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana,

Pisa

Ferruccio Bonino Unità di Medicina Generale 2,Epato-Digestiva (in-patient liver clinic)Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana,Pisa

UN MODELLO DI PERSONALIZZAZIONE,OTTIMIZZAZIONE E VALUTAZIONE DEGLI ESITI DI CURA

La grave crisi economica mondiale attuale mette alla corda i

sistemi sanitari e impone la ricerca del miglior risultato di cura

al minor costo, ovvero la cura giusta al momento giusto. Il

personale sanitario acquisisce perciò un nuovo ruolo: proporre

e attuare un’efficace strategia di diagnosi e terapia precoce

dell’epatite cronica virale C per ridurre l’incidenza di

malattia, la morbilità e mortalità e i costi relativi.

Oggi, grazie alla combinazione di peg-interferone e ribavirina,

l’epatite cronica C guarisce dal 55% al 95% dei casi, in

dipendenza dal tipo di infezione e della gravità di malattia.Tale

risposta potrà essere migliorata con l’introduzione di nuovi

farmaci antivirali, che però aumenteranno gli effetti indesiderati

di cura che sono già elevati con l’attuale schema terapeutico.

Inoltre l’efficacia terapeutica potrebbe essere significativamente

aumentata se, anziché attendere di curare l’epatite cronica

virale quando si è già sviluppata la cirrosi del fegato, si

intraprendesse la terapia nella fase pre-cirrotica, oggi

identificabile con metodiche non invasive.

Nel 1998 nell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana è

stata istituita un’Unità Operativa di Gastroenterologia a

indirizzo Epatologico, il cui target assistenziale prevalente è

stato individuato nel paziente epatopatico in fase asintomatica

(condizione che caratterizza circa l’80% dei pazienti con

epatopatia cronica: cioè il paziente affetto da epatite cronica,

cirrosi compensata e neoplasia epatica in stadio iniziale). Per

rispondere alle esigenze assistenziali sopra indicate è stato

sviluppato un modello organizzativo di Unità Clinica ad

indirizzo Fisiopatologico, con forte specializzazione in

Medicina di Laboratorio. L’attività di elevata complessità

clinica è svolta in regime di bassa intensità di cura, utilizzando

il regime ambulatoriale e di Day Hospital (DH), integrato

con il laboratorio di fisiopatologia. Tutta l’attività è stata

organizzata in percorsi diagnostico-terapeutici a pacchetti

mirati a rispondere alle specifiche esigenze assistenziali del

paziente epatopatico (inquadramento diagnostico del paziente

con epatite cronica virale, epatopatia non virale, tumore del

fegato; gestione del trattamento antivirale e del tumore del

fegato; monitoraggio del paziente epatopatico non trattato)

sviluppando modelli organizzativo-assistenziali ad hoc.

Per le specifiche competenze clinico-organizzative e il know

how scientifico l’UO è diventata nel 1999 Centro di

Riferimento Regionale per la diagnosi e cura delle epatopatie

e del tumore di fegato.

Un’importantissima attività, necessaria alla realizzazione del

Centro è stata la formazione ad hoc degli operatori sanitari, in

particolare degli infermieri professionali. Infatti, la cura con

elevata complessità specialistica di pazienti in fase di malattia

asintomatica "pre-acuta" in regime ambulatoriale comporta un

nuovo approccio diagnostico e terapeutico ed un trattamento

personalizzato. Fondamentale è il lavoro di squadra del

personale medico ed infermieristico nei ruoli innovativi,

rispettivamente, di case manager e case tutor dei percorsi di

diagnosi e cura, con il coinvolgimento del territorio e medici

di medicina generale e, in modo direttamente partecipativo,

del paziente e suoi famigliari.

Il modello organizzativo-assistenziale è realizzato e gestito

tramite un programma dedicato di information technology. Il

programma consente la gestione, in bassa intensità di cura

(ambulatorio), di malati ad alta complessità, ovvero con

epatite cronica, cirrosi e neoplasia del fegato in fase

asintomatica.

L'applicazione di questo chronic care model per i malati di

fegato non necessita di costose strutture ad alta intensità di

cura (in quanto l’attività è svolta in regime ambulatoriale e di

Day e Week Hospital), ma l’alta formazione della squadra degli

operatori sanitari.

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 7

Page 9: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

FIGURA 1: CRONICITÀ

8IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

La cura dell’epatite cronica C riconosce due momenti

fondamentali: la fase di malattia pre-sintomatica e la fase

post-sintomatica. Il passaggio dalla prima alla seconda fase

identifica la transizione da una condizione nella quale la cura

della patologia d'organo deve essere sempre valutata nel

contesto delle esigenze globali del paziente, ad una fase nella

quale la cura della lesione coincide con la cura della persona.

Le competenze specialistiche, i percorsi assistenziali ed i

modelli organizzativi che devono essere utilizzati nelle 2 fasi

sono sostanzialmente diversi e vedono il medico specialista

lavorare in sinergia con il medico di medicina generale e

l’infermiere.

Il modello organizzativo operativo di cura della fase

asintomatica è centrato sulla persona e non sulla malattia, per

rispondere al meglio al bisogno di cura, grazie alla costante

integrazione dell'attività assistenziale di tutto il personale

dell’Unità. Un'efficace azione preventiva è particolarmente

difficile, in quanto comporta un’elevata complessità

diagnostico-terapeutica per garantire appropriatezza. Da ciò

deriva l’importanza della formazione, in quanto soltanto

specifiche competenze mediche e infermieristiche integrate

sinergicamente tra loro sono in grado di evitare che erronei

progetti di cura, applicati in modo sistematico senza

personalizzazione della cura, si ripercuotano sulla salute dei

pazienti e comportino costi per i sistemi sanitari regionali,

inducendo pericolose e incurabili resistenze ai farmaci antivirali.

Per il paziente con epatite cronica C la personalizzazione del

trattamento antivirale richiede la valutazione dell’eterogeneità

genetica di virus e ospite e dei diversi co-fattori di

malattia con specifici algoritmi.

Nel Laboratorio di Fisiopatologia Epatica e Digestiva è stato

costituito un gruppo multi-competente di esperti (medici,

biologi molecolari, fisici, matematici e bio-informatici) per lo

studio e la messa a punto di modelli bio-matematici di

simulazione della dinamica dell’infezione (es. cellule infette) in

corso di trattamento.

Tale approccio è in grado di modulare la durata della terapia

nel singolo paziente con risparmio significativo (fino al 40%) dei

costi. La logica e la struttura dei processi operativi principali

dell’UO è riassunta nei successivi schemi e figure.

• Target assistenziale: paziente epatopatico in fase

asintomatica (epatite cronica, cirrosi compensata e

neoplasia epatica in stadio iniziale).

• Modello organizzativo: Out Patient Clinic, Unità Clinica

ad indirizzo Fisiopatologico con forte specializzazione in

Medicina di Laboratorio.

• Attività di elevata complessità clinica svolta in regime di

bassa intensità di cura (Ambulatorio e DH), integrato con

il laboratorio di fisiopatologia.

• Attività organizzata in percorsi diagnostico-terapeutici a

pacchetti mirati a rispondere alle specifiche esigenze

assistenziali del paziente epatopatico.

In sintesi l'attività assistenziale dell’UO si svolge secondo un

orario compreso fra le 8 e le 19. Nel pomeriggio

(ore 14.30-19) vengono effettuate le prime visite, cioè le

prime valutazioni di pazienti inviati dal Medico di Medicina

U.O. di Gastroenterologia a prevalente indirizzo Epatologico

Centro di Riferimento Regionale per la Diagnosi e Trattamento delle Epatopatie Croniche e del Tumore di Fegato

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Page 10: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

FIGURA 2: PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO DEL PAZIENTE AFFERENTE ALL’UO EPATOLOGIA

9IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

Generale o da altri Epatologi per second opinion. Al mattino

(ore 8-13.30), invece, viene svolta l'attività di approfondimento

diagnostico o di gestione terapeutica dei pazienti per i quali

durante la prima visita si è ritenuta necessaria una presa in

carico da parte dello specialista epatologo.

Le prima valutazione avviene attraverso visite specialistiche

con pacchetto diagnostico complesso (esami emato-chimici +

ecografia epatopancratica + elastometria).

L’ approfondimento diagnostico include:

- accertamenti specialistici in day service (esami

ematochimici e strumentali mirati dopo la prima visita

specialisitica);

- accertamenti specialistici e terapie invasive in day hospital

(es. biopsia epatica, paracentesi,..);

La presa in carico assistenziale comprende il monitoraggio

con controllo clinico specialistico (presa in carico da parte

dell’equipe medica dell’ UO del paziente per periodi di 12-24

mesi in fasi di particolare criticità diagnostico-terapeutica).

Una tale organizzazione dell'attività assistenziale rispecchia

le diverse necessità diagnostico-terapeutiche del paziente

con epatite cronica C e cerca di ottimizzarne il percorso

sanitario.

Controllo Clinico Specialistico (CCS)

Il paziente per il periodo di presa in carico presso il Centro

(12-24 mesi):

• è seguito da un Medico di Riferimento e dal personale

infermieristico.

• Effettua gli esami (ematochimici o strumentali) e le visite

di controllo secondo le frequenze richieste dal programma

di monitoraggio/terapia e con una pianificazione su base

semestrale o annuale.

• In caso di urgenza specialistica, questa è coperta

dall’equipe medica secondo 2 modalità: reperibilità

telefonica (in fasce orarie prestabilite) e pronta

disponibilità medica (visita entro 24 ore).

• Gli esami sono visionati entro 24 ore dal medico di

riferimento, che richiama il paziente se sono necessarie

variazioni nel monitoraggio, per garantire continuità

assistenziale.Tutta la documentazione clinica del paziente

risiede in un database dedicato e in cartella clinica

cartacea.

• Il paziente partecipa ai progetti di ricerca in corso presso

il Centro, in quanto in occasione dei controlli un’aliquota

di siero viene raccolta e conservata nella sieroteca

dell’UO (gestione informatizzata).

Personale infermieristico (Capo Sala, 2 infermiere tempo

pieno e 2 part-time):

• accoglienza del paziente e preliminare valutazione delle

sue condizioni cliniche.

• Accettazione amministrativa del paziente*.

• Gestione dei prelievi (preparazione schede, effettuazione

prelievi, invio, monitoraggio del ritorno degli esiti,

smistamento degli esiti).

• Prenotazione di tutta l’attività su agende informatizzate

dedicate (secondo le direttive dell’UO GASPS).

• Organizzazione dei programmi diagnostico-terapeutici.

• Assistenza dei pazienti in ricovero diurno.

• Attuazione delle procedure invasive.

• Registrazione dell’attività infermieristica (cartella) e del

reparto (post-erogazione)*.

• Gestione del farmaco: richiesta, consegna al paziente,

rendicontazione*.

• Programmazione dei turni di attività dei medici.

* Tutta l’attività è informatizzata

Prima visitaPrenotazione CUP I Livello - Attività svolta il pomeriggio

Risoluzione del problema clinico

PAZIENTE RITORNA AL MEDICO

INVIANTE

Necessità di approfondimento diagnostico

IN REGIME DI D.H. OAMBULATORIALE (DAY SERVICE)

Necessità di monitoraggio nel tempo presso l’UO Epatologia

APERTURA DEL CONTROLLO CLINICO SPECIALISTICO (CCS) IN REGIME DI RICOVERO (DH) O AMBULATORIALE

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 9

Page 11: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

10IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

FIGURA 3: LE INTERFACCE DEL SISTEMA

In occasione della prima visita il medico specialista valuta se,

sulla base dei dati a sua disposizione (gli esami già effettuati dal

paziente in occasione dell'identificazione del problema di

salute e gli approfondimenti diagnostici strumentali, ecografia

ed elastometria, eventualmente effettuati in corso di visita) sia

possibile giungere alla definizione di un programma di

monitoraggio gestito dal medico di medicina generale

oppure sia necessario procedere con ulteriori

approfondimenti diagnostici o si passi alla diretta presa in carico

del paziente per la terapia antivirale. Circa l'80% dei pazienti

con questa singola visita ambulatoriale (in genere corredata di

indagine strumentale) possono tornare al medico inviante con

un programma compiutamente definito. Nei restanti casi la

gestione del problema diagnostico o terapeutico verrà

direttamente presa in carico dal personale dell'UO: il paziente

verrà rivisto il mattino per l'approfondimento diagnostico (in

regime ambulatoriale, Day Service o di ricovero diurno,

Day Hospital diagnostico) o la presa in carico assistenziale

(controllo clinico specialistico, CCS: in regime ambulatoriale o

di DH). L'approfondimento diagnostico (Day Service o DH

diagnostico) è finalizzato a garantire il completo inquadramento

della patologia epatica (biopsia epatica, etc..) grazie ad un

programma diagnostico personalizzato, pianificato, gestito e

eseguito dal personale dell'UO. A seconda dell'esito

dell'inquadramento il paziente ritornerà al medico inviante o

verrà preso in carico presso l'UO.

Interfaccia con i servizi diagnostici ed importazione diretta dei dati

Interfaccia con Amministrazione Aziendale

Laboratorio chimica-clinica

Analisi

Modulo Esami

Bioumorali

Modulo Anagrafica

ModuloGestioneSieroteca

Modulo DatiClinici

Modulo Terapia

ModuloRegistrazionePrestazioni

Modulo AnalisiModello

Biomatematico

Modulo Gestione del Farmaco

Modulo Programmazione eprescrizione esami

CUPControllo di

Gestione

MMG

e

SpecialistiArea Vasta

Laboratorio diFisiopatologia

Epatica e Digestiva

Altri laboratori eAnatomie

PatologicheRadiologie

Accesso con IDe PW. ScadenzaPW trimestrale,tracciabilitàaccessi e modifiche

Cartella Clinica Epatologica

InterfacciaWEB

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 10

Page 12: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

Attività assistenziale

Controllo di gestione Area

amministrativa

Organizzazione/gestione del rischio clinico

Area sanitaria

Flussoinformativo

11IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

FIGURA 4: FLUSSO INFORMATIVO

I risultati del progetto

L'efficacia applicativa del modello di Pisa è oggi testata per una

valutazione oggettiva della riduzione dei costi di gestione

dell’epatite cronica, cirrosi e tumore del fegato dal

Laboratorio di Ricerca e Formazione per il Management dei

Servizi alla Salute della Scuola Superiore S.Anna di Pisa. Il

progetto ha permesso:

a) il diretto coinvolgimento dei pazienti, medici di famiglia e

specialisti del territorio e dei centri di riferimento

collegati in rete tra loro;

b) la sperimentazione allargata (in corso) di un modello di

controllo di gestione e analisi dei costi indirizzati per

pacchetti diagnostici ed esiti di cura piuttosto che per

semplice somma di uso strumentale di test diagnostici e

farmaci e il confronto in termini di qualità e costi dei due

sistemi gestionali, quello innovativo e quello tradizionale.

L’analisi e il monitoraggio, sia della qualità e dei costi dei

risultati, che di qualità ed esiti di cura conseguenti al modello

gestionale innovativo e alla modalità corrente, è condotta

utilizzando come indicatore i costi complessivi per esito

(outcome), la persistente normalizzazione di transaminasi e

negativizzazione di HCV-RNA sierico (sustained response) per

le diverse tipologie cliniche di pazienti infettati con

diversi genotipi virali (ovvero numero di sustained responders

divisi per il costo globale della gestione di tutti i pazienti

trattati, intention to treat analysis).

I risultati generali evidenziati sono stati:

a) utilizzo corretto del modello di Out Patient Clinic;

b) miglioramento del grado di appropriatezza delle indagini

dopo l’applicazione del modello e conseguente riduzione

dei costi;

c) riduzione dei tempi necessari alla diagnosi dopo

applicazione del modello organizzativo.

Bibliografia

• Bonino F, Brunetto MR, Casati S, Manca L.

Complessità in Medicina 2010

Edizioni Universitarie Plus, Pisa

• Brunetto MR, Colombatto P, Bonino F.

Personalized therapy in chronic viral hepatitis

2008 Molecular Aspects of Medicine 29: 103–111.

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 11

Page 13: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

Antonio CraxìProfessore Ordinario di Medicina Interna e Gastroenterologia,Direttore della Scuola di Specializzazione in GastroenterologiaUniversità di Palermo

PROSPETTIVE DI CAMBIAMENTO DELL'ALGORITMODI GESTIONE DEL PAZIENTE HCV

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12IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

L’attuale Standard di Cura (SoC) e sviluppo di nuove terapie

Il principale obiettivo della terapia dell’HCV è la cura

dell’infezione, risultante nell’eliminazione del virus erpetico

circolante dopo la fine del trattamento. L’eradicazione

dell’infezione deve essere ricercata al fine di prevenire le

complicazioni epatiche correlate all’HCV, che includono

l’infiammazione con necrosi, la fibrosi, la cirrosi, il carcinoma

epatocellulare (HCC) ed infine la morte.

Esistono alcuni indicatori utili nell’identificazione della risposta

al trattamento, la Sustained Virological Response (SVR), ad

esempio, rappresenta l’endpoint primario e viene raggiunto

quando i livelli di HCV RNA sono impercettibili (<50 IU/ml)

a distanza di 24 settimane dal termine del trattamento (Figura.1).

Nei pazienti che ottengano questo risultato, la probabilità di

recidiva è inferiore al 5%, pertanto si può ritenere con buona

approssimazione che l’infezione da HCV sia stata eradicata.

FIGURA 1: LIKELIHOOD OF SVR ACCORDING TO VIRAL RESPONSE IN THE FIRST WEEKS OF THERAPY

Diversi endpoints intermedi vengono comunemente utilizzati

al fine di valutare la probabilità di raggiungere l’SVR e, in

secondo luogo, per personalizzare al meglio la terapia. Questi

indicatori, tramite la misurazione dei livelli di HCV RNA a 4, 12

e 24 settimane dalla terapia, permettono di compare i valori

con quelli dell’HCV RNA basale ed interpretarne i risultati.

Le modalità di gestione del paziente HCV possono variare

sensibilmente a seconda del centro trattante; è comunque

opportuno analizzare i seguenti parametri:

Follow up in terapia (monitoraggio):

Visita ed esami 1 volta al mese:

• Transaminasi ALT

• Emocromo completo

• Acido urico

• Glicemia

• Azotemia

• Creatinina, clearance creatinina

• Viremia HCV RNA dopo 1 mese, 3 mesi, 6 mesi e a fine

terapia

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 12

Page 14: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

13IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

TABELLA 1: MONITORING OF ON THERAPY RESPONSE TO PEG IFN PLUS RIBAVIRIN

Follow up conclusa la terapia:

Il paziente viene visto dopo 3 mesi, al 6°, al 12° mese, 1 volta

anno per 5 anni:

• Transaminasi al 3° e al 6° mese di follow up per gli ETR

• Viremia se negativizzato per valutare la SVR al 3°, al 6°, al

12° mese. A seconda del centro considerato, il paziente

può essere monitorato anche ogni 6 mesi per i primi 3

anni.

Quando l’HCV viene eradicato in pazienti non cirrotici, sia

l’infiammazione con necrosi sia la fibrosi si arrestano.

Nei pazienti in cui non sia presente cirrosi, l’SVR è solitamente

associata alla cura dalla malattia epatica (Tabella 1). Quando

invece il paziente è caratterizzato da uno stadio cirrotico,

purtroppo rimane in pericolo di vita, in quanto il carcinoma

epatocellulare può verificarsi anche a seguito dell’eradicazione

del virus.

L’attuale Standard di Cura (SoC) dell’Epatite C Cronica è

rappresentato dalla terapia in combinazione di ribavirina ed

interferone pegilato (PEG-IFN-a). (1,2)

Nei pazienti in cui sia identificato un HCV con genotipo 1, i

tassi di SVR nella maggior parte degli studi, raggiungono il 40%

nel Nord America ed il 50% nell’Europa Occidentale.

Decisamente più alti sono i livelli di SVR nei pazienti affetti dai

genotipi 2, 3, 4, 5 e 6, i quali raggiungono l’80%.

Ad oggi sono disponibili due molecole di IFN-a pegilato,

l’IFN-a2a e l’IFN-a2b, e sono entrambe utilizzabili nella terapia

con ribavirina. Nonostante abbiano una differente

farmacocinetica, non esistono ancora delle solide evidenze su

quale tra le due molecole sia da preferire nella terapia di

prima linea.

Trattamento ripetuto dei pazienti non-sustained virological

responders alla terapia con IFN-a pegilato e ribavirina

Nei pazienti che non abbiano ottenuto una SVR al primo ciclo

di terapia, devono essere valutati alcuni fattori specifici che

possono influenzare l’efficacia del ritrattamento. Come per i

pazienti naive, devono essere analizzati la tollerabiltà,

l’aderenza, la severità della malattia, il genotipo e la carica

virale, inoltre è opportuno prendere in considerazione anche

il precedente tipo di risposta e la maggiore potenza della

nuova terapia rispetto alla precedente.

I pazienti con infezione da HCV con genotipo 1, non SVR

reponders alla terapia standard, hanno una scarsa probabilità di

raggiungere una SVR. Quando questi pazienti vengono trattati

nuovamente con la terapia standard, la probabilità di SVR non

supera il 10-15% nei non responder ed il 30-40% nei recidivi.

I pazienti appena descritti dovrebbero avere un trattamento

differito ed essere rivalutati per la nuova terapia, non appena

sarà disponibile, con IFN-a pegilato e ribavirina in combinazione

con gli antivirali ad azione diretta (es. inibitori delle proteasi

dell’HCV).

Gli inibitori delle proteasi di prima generazione saranno

approvati per il trattamento esclusivamente dell’HCV genotipo

1, in quanto non risultano efficaci contro le altre forme.

I pazienti con HCV non-genotipo 1 e non responders alla SoC,

potranno quindi essere trattati esclusivamente con un nuovo

ciclo della medesima terapia quando essi presentino l’urgenza

o nel caso in cui vi sia stata scarsa aderenza o

problemi con il regime posologico durante il primo ciclo di

trattamento.

Dovrebbe essere consigliabile un altro trattamento la

cui durata sia implementata (48 settimane per i genotipi 2

e 3, 72 settimane per il genotipo 4), in particolare, nei

pazienti con DVR e con recidiva durante il primo ciclo di

trattamento. (2,3,4,5)

Si raccomanda che i pazienti non-responders alla SoC,

qualora sia possibile, vengano inseriti all’interno degli studi

clinici con i nuovi farmaci per il trattamento della HCV

cronica.

Sustained virological response (SVR) Undectable HCV RNA level (<50IU/ml), 24 weeks after treatmentRapid virological response (RVR) Undectable HCV RNA in a sensitive assay (lower limit of detection ≤50 IU/ml) at week 4 of

therapy, maintained up to end of treatmentEarly virological response (EVR) HCV RNA detectable at week 4 but undetectable at week 12, maintained up to end of treatmentDelayed virological response (DVR) More than 2 log10 drop but detectable HCV RNA at week 12, HCV RNA undetectable at week 24,

maintained up to end of treatmentNull response (NR) Less than 2 log10 IU/ml decrease in HCV RNA level from baseline at 12 weeks of therapyPartial nonresponse (PR) More then 2 log10 IU/ml decrease in HCV RNA level from baseline at 12 weeks of therapy

but detectable HCV RNA at weeks 12 and 24Breakthrough (BT) Reappearance of HCV RNA at any time during treatment after virological response

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 13

Page 15: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

14IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

Infatti, la terapia di mantenimento con basse dosi di IFN-a

pegilato non è solitamente raccomandata, in quanto è stata

dimostrata una generale mancanza di efficacia nel prevenire le

complicazioni da epatite C cronica nel lungo periodo. (6)

Terapia dei pazienti con cirrosi compensata

I pazienti con cirrosi compensata devono essere trattati ,

in assenza di controindicazioni, al fine di prevenire le

complicazioni dell’infezione cronica da HCV che in questo

gruppo si verificano nel breve/medio periodo.

I tassi di SVR con IFN-a pegilato e ribavarina risultano inferiori

nei pazienti con fibrosi avanzata o cirrosi, rispetto a quelli con

fibrosi lieve o moderata. Per questo motivo può essere

comunque opportuno aspettare l’approvazione delle triplici

terapie con inibitori delle proteasi (genotipo 1), quando alla

disponibilità manchino pochi mesi.

Prospettive relative alla triplice terapia con interferone

pegilato, ribavirina e inibitori delle proteasi

Sono stati riportati importanti passi avanti negli studi relativi

ai nuovi trattamenti per l’epatite C, i quali si basano su inibitori

specifici ed inibitori diretti antivirali.

E’ in corso un notevole numero di studi clinici su inibitori delle

proteasi, inibitori delle polimerasi, inibitori della ciclofillina, nuove

tipologie di Interferone, derivati della ribavirina e

vaccini. La maggior parte di questi trial sono rivolti a pazienti

con HCV di genotipo 1. (7)

Sono stati invece già completati studi clinici di fase III sulla

combinazione di IFN-a pegilato, ribavirina ed inibitori diretti

dell’HCV proteasi.

Tali nuovi farmaci, assunti per via orale nei soggetti infetti,

hanno la capacità di inibire il virus dell’epatite C determinando

una caduta dei livelli del virus nel sangue.Tuttavia, se utilizzati

da soli, determinano la rapida insorgenza di mutazioni che

conferiscono la resistenza al farmaco utilizzato. (8,9)

Per tale motivo essi sono stati sperimentati in associazione a

IFN-a pegilato e ribavirina.

Grazie ai dati derivanti dagli studi, è molto probabile che sia

approvata una tripla terapia nei pazienti infettati da HCV

genotipo 1 che siano naïve o che non abbiano risposto in

precedenza alla terapia standard.

Gli studi pivotali di cui sopra, hanno evidenziato che una parte

di pazienti ha ottenuto precocemente una risposta

soddisfacente ed in questo caso, la durata del trattamento è

stata significativamente più breve. (10,11)

I due inibitori delle proteasi che hanno completato gli studi di

fase III, vengono somministrati tre volte al giorno; uno

necessita di una fase di lead-in di 4 settimane con IFN-a

pegilato e ribavirina.

Nei pazienti naïve la percentuale di SVR è stata del 27-31%

più alta con la terapia triplice.

Sono utilizzati trattamenti adattati alla risposta; a seconda del

farmaco considerato, una terapia di 24 settimane è

somministrata ai pazienti che diventino HCV RNA negativi

alla quarta ed alla dodicesima settimana (eRVR), o a quelli che

diventino negativi dall’ottava alla ventiquattresima settimana.

Per i pazienti che non raggiungano un eRVR è richiesto un

trattamento di 48 settimane.

E’ probabile un trattamento più breve nel 50-66% dei

pazienti; in quelli con una recidiva precedente è stato

evidenziato un tasso molto alto di SVR 75-86%, mentre è

risultata inferiore per i pazienti in cui la risposta fosse parziale

50-60% e per quelli non-responder 33%. (12)

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 14

Page 16: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

15IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

Bibliografia

1) Ghany MG, Strader DB,Thomas DL, Seeff LB.

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an update.

Hepatology 2009;49:1335–1374.

2) Sarrazin C, Berg T, Ross RS, Schirmacher P,Wedemeyer H,

Neumann U, et al.

Prophylaxis, diagnosis and therapy of hepatitis C virus

(HCV) infection: the German guidelines on the

management of HCV infection.

Z Gastroenterol 2010;48:289–351.

3) Hadziyannis SJ, Sette H, Morgan TR, Balan V, Diago M,

Marcellin P, et al.

Peginterferon-alpha 2a and ribavirin combination therapy in

chronic hepatitis C – a randomized study of treatment

duration and ribavirin dose.

Ann Intern Med 2004;140:346–355.

4) Jensen DM, Marcellin P, Freilich B, Andreone P, Di Bisceglie

A, Brandao-Mello CE, et al.

Re-treatment of patients with chronic hepatitis C who do not

respond to peginterferon-alpha 2b a randomized trial.

Ann Intern Med 2009;150:W97–W528.

5) Zeuzem S, Berg T, Moeller B, Hinrichsen H, Mauss S,

Wedemeyer H, et al.

Expert opinion on the treatment of patients with chronic

hepatitis C.

J Viral Hepat 2009;16:75–90.

6) Di Bisceglie AM, Shiffman ML, Everson GT, Lindsay KL,

Everhart JE,Wright EC, et al.

Prolonged therapy of advanced chronic hepatitis C with low-

dose peginterferon.

N Engl J Med 2008;359:2429–2441.

7) Flisiak R, Parfieniuk A.

Investigational drugs for hepatitis C.

Expert Opin Invest Drugs 2010;19:63–75.

8) Reesink HW, Zeuzem S,Weegink CJ, et al.

Rapid decline of viral RNA in hepatitis C patients treated with

VX-950: a phase Ib, placebo-controlled, randomized study.

Gastroenterology 2006; 131: 997-1002.

9) Zeuzem S, Hezode C, Ferenci P, et al.

Telaprevir in combination with peginterferon-alpha-2a with or

without ribavirin in the treatment of chronic hepatitis C: final

results of the PROVE2 study.

Hepatology 2008; 48 (suppl): 418A-419A.

10)Bacon BR, Gordon SC, Lawitz E, Marcellin P,Vierling JM,

Zeuzem S, et al.

HCV RESPOND-2 final results: high sustained virologic

response among genotype1 previous nonresponders and

relapsers to peginterferon/ribavirin when retreated with

boceprevir plus PegIntron/ribavirin.

Hepatology 2010;52:430A.

11)Sherman KE, Flamm SL, Afdhal NH, Nelson DR, Sulkowski

MS, Everson GT, et al.

Telaprevir in combination with peginterferon alfa2b and

ribavirin for 24 or 48 weeks in treatment-naive genotype 1

HCV patients who achieved an extended rapid viral

response: final results of Phase 3 ILLUMINATE study.

Hepatology 2010;52:401A.

12)Zeuzem S, Andreone P, Pol S, Lawitz EJ, Diago M, Roberts

S, Focaccia R,Younossi ZM, Foster GR, Horban A,

Pockros PJ,Van Heeswijk R, de Meyer S, Luo D, Picchio G,

Beumont M.

Realize trial final results: telaprevir-based regimen for

genotype 1 hepatitis C virus infection in patients with prior

null response, partial response or relapse to

peginterferon/ribavarin.

Abstracts of the International Liver Congress™ 2011.

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 15

Page 17: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

16IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

Giovanni Battista GaetaMalattie Infettive,

Seconda Università di Napoli

MODELLO ORGANIZZATIVO PER LA GESTIONE DEL PAZIENTE AFFETTO DA HCV

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Centri abilitati alla gestione dei nuovi farmaci indicati per

cura dell’epatite C e requisiti minimi da rispettare

Gestire in maniera ottimale i pazienti affetti da HCV con

l’impiego dei nuovi farmaci antivirali implica sicuramente una

grande competenza, intesa non solo come la preparazione dei

singoli medici, presupposto comunque imprescindibile in ogni

area d’intervento, ma anche come capacità di ogni struttura di

riuscire a gestire e pianificare le molteplici sfaccettature

organizzative che il governo di questa tipologia di pazienti

comporta.

Un esempio di problematica, associata alla gestione del

paziente con epatite C, può essere rappresentato dalla

capacità di programmazione ed organizzazione del

laboratorio d’analisi; punto, spesso focale, del percorso

diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) di questi

pazienti.

FIGURA 1: IL PROFILO DI UN CENTRO PRESCRITTORE

Requisiti di un centro prescrittore

STRUTTURA

LogisticaNumero pazienti/annoRete con altri centri

PERSONALE

Numero specialistiAmbulatori

DegenzaAltri specialisti

Figure non mediche

LABORATORIO

Diagnostica immagini

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 16

Page 18: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

17IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

In questa sede è opportuno evidenziare, in particolare, due

punti critici che un laboratorio deve affrontare in sede di

revisione dell’organizzazione dei servizi diagnostici, erogabili

durante la gestione del paziente affetto da HCV: il primo è

rappresentato dalla scelta della metodologia per la

determinazione della viremia HCV , in quanto il test ottimale

dovrebbe avere un limite inferiore di sensibilità pari a 10-12

unità internazionali per millilitro, che solo una PCR Real Time

può fornire; il secondo elemento da considerare attentamente

è la capacità del laboratorio di fornire delle risposte in tempi

rapidi.

Infatti, le tempistiche di follow-up del paziente con epatite C in

trattamento con i nuovi antivirali sono estremamente

rigorose e stringenti, con lo scopo primario di evitare

l’esposizione al farmaco in presenza di viremia persistente,

cosa che comporta un rischio elevato di insorgenza di

resistenze. In pratica, il livello di viremia determinato

periodicamente tra le settimane 4 e 24 di terapia (a seconda

del farmaco e del protocollo utilizzato) costituisce la base per

le decisioni cliniche, quali l’interruzione della terapia

(“stopping rule”) o la durata della stessa. E’ quindi

indispensabile che il laboratorio fornisca l’esito dei test di

risposta virologica in tempi estremamente ristretti per

giungere ad una decisione clinica tempestiva ed efficace.

Per esempio, se prendessimo in considerazione un tempo

medio di due settimane (rilevato come tempistica media in

molte delle strutture considerate) per la consegna dei risultati

d’indagine, sarebbe evidente l’impossibilità di prendere una

decisione in tempi utili. Gli esami necessari alla quarta settimana

verrebbero consegnati alla sesta, comportando così un ritardo

decisionale che, quanto meno, può comportare una inutile se

non dannosa esposizione a farmaci in pazienti non responsivi.

Ritardare la possibilità di decisione e di conseguenza la scelta

della terapia più opportuna, può esporre i pazienti, che non

abbiano risposto adeguatamente al trattamento somministrato,

a potenziali rischi di sviluppare resistenze ai farmaci, che allo

stato attuale non sono gestibili con terapie alternative e le cui

conseguenze nel tempo non sono pienamente conosciute.

A tale proposito sarebbe opportuno identificare un centro di

riferimento regionale al fine di permettere lo studio e

l’identificazione, tramite il sequenziamento del virus, delle

mutazioni di resistenza.

Un altro elemento chiave del modello organizzativo per la

presa in carico ed il trattamento del paziente con HCV è la

cooperazione tra centri nella prevenzione e nel controllo

delle possibili resistenze. E’ necessario, infatti, organizzare

la scelta dei centri di riferimento, secondo un chiaro

modello organizzativo a rete, su scala regionale, o addirittura

FIGURA 2: PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO

AmbulatorioElegibilità

Dati relativi a trattamentiprecedenti

Rete conaltri centri

Counselling

NaiveNon-responder/relapser

Trattamento

MonitoraggioLaboratorio di riferimento

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 17

Page 19: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

18IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

sovra-regionale. Uno scambio di informazioni è particolarmente

importante per la gestione dei pazienti già precedentemente

trattati con la terapia standard e risultati non responsivi, per i

quali le probabilità di risposta ad un nuovo trattamento con

gli antivirali diretti dipende dalla cinetica virale mostrata al

precedente trattamento (null responder? partial responder?

relapser?) e potrebbe essere determinante in futuro per la

gestione con terapie di seconda o terza linea dei casi risultati

resistenti agli attuali trattamenti.

Modello organizzativo per la scelta e la supervisione dei

pazienti eleggibili alla nuova terapia. Impegno richiesto con

l’utilizzo dei farmaci di nuova generazione rispetto a quello

necessario con l’utilizzo dell’attuale Standard of Care (SoC)

L’organizzazione del reparto, del Day Hospital o

dell’ambulatorio, a seconda del regime assistenziale

considerato, diventa un fattore di notevole rilevanza per il

processo di scelta del paziente e, maggiormente, nel follow-up

in corso di terapia. A tal proposito, devono essere

attentamente valutati non solo l’organizzazione del controllo

virologico, ma anche la gestione di tutte le problematiche

legate alla diagnosi e alla gestione degli eventi avversi dovuti

alla tossicità del farmaco.

Mentre l’utilizzo dello Standard of Care (Peg-IFN + ribavirina)

è associato ad un’enorme e diffusa esperienza nella rilevazione

e nella gestione degli effetti collaterali ad esso associati, con

l’introduzione di una nuova terapia bisogna essere preparati

ad affrontare un “territorio nuovo”, praticamente inesplorato

nella pratica clinica.

Bisogna considerare che con il passaggio dai clinical trials alla

pratica clinica il bacino di pazienti aumenta enormemente e,

con esso, anche la possibilità che emergano nuovi effetti

collaterali, che possono anche non essersi verificati durante gli

studi clinici, visto il limitato numero di persone arruolate.

Altro elemento differenziante la pratica clinica è la variazione in

termini qualitativi della casistica dei pazienti, che, essendo

meno selezionati, di solito sono più anziani, con malattia

epatica in stadio più avanzato e con differenti comorbilità.

L’individuazione di referenti medici e di personale

infermieristico a supporto, che abbiano effettuato un training

specifico, è un elemento cardine per il follow-up dei pazienti.

Fin dalla fase pre-terapia un counselling adeguato serve a

rendere consapevole il paziente delle fasi e delle aspettative

della terapia, istruendolo sulle modalità di somministrazione

dei farmaci (può essere necessaria l’assunzione di 12 pillole al

giorno!) e sui possibili eventi avversi. In aggiunta, un altro

valido strumento di supporto è la predisposizione di una linea

telefonica dedicata che permetta al malato di contattare il

proprio referente all’interno del centro ed esporre le sue

problematiche. L’entità di quest’ultime potrebbe rendere

necessaria una visita del paziente in tempo reale, per la quale

il centro deve poter garantire un accesso prioritario al fine di

evitare un turno di appuntamento ambulatoriale che potrebbe

non essere adeguato. E’ chiaro che queste proposte si pongono

in forte contrasto con l’attuale realtà organizzativa che, vede

particolarmente diffusa una generale ristrettezza di personale.

Ulteriore punto chiave che deve caratterizzare un centro

preposto alla gestione del paziente affetto da epatite C è la

costruzione di una rete interna di consulenze cliniche.

L’intervento di un dermatologo potrebbe essere molto utile

nella diagnosi e nel supporto ai pazienti che presentino effetti

collaterali come il rash. Ad altre figure professionali come lo

psichiatra invece, avendo già un importante ruolo anche

durante il supporto al trattamento con lo Standard of Care,

sarebbe richiesto di estendere il loro appoggio anche durante

l’utilizzo della nuova terapia.

Da un punto di vista prettamente tecnico, per affrontare la

criticità relativa all’eleggibilità dei pazienti, bisogna affidarsi

all’approfondita conoscenza, da parte dello specialista, delle

problematiche legate alla gestione dei pazienti con HCV, che

in questo contesto, risulta essere il fattore maggiormente

discriminante.

“Scegliere” un paziente implica, infatti, fargli intraprendere un

percorso terapeutico non semplice, nel quale investire risorse

rilevanti. Tutto ciò presuppone l’avere un quadro ben chiaro

di tutte le sue caratteristiche, delle reali probabilità di

successo ed, in particolare, essere estremamente preparati a

tutti gli eventi che si potrebbero verificare durante la durata

del trattamento.

In questo caso, oltre alle molteplici possibilità di trattamento

dovrebbe essere anche valutata l’opzione del non-trattamento,

in attesa che si rendano disponibili ulteriori nuovi farmaci.

Il delicato momento decisionale appena esposto presume

appunto una conoscenza estremamente approfondita dei

trattamenti disponibili, delle possibilità d’efficacia, delle

controindicazioni e dei possibili eventi avversi.

Infine, ulteriore aspetto organizzativo che dovrà essere

attentamente preso in considerazione al fine di ottenere

un’ottimale gestione del paziente affetto da epatite C, sarà

quello regolatorio/amministrativo per l’erogazione dei nuovi

farmaci.

AP EpatiteC 16-11-2011 12:12 Pagina 18

Page 20: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

19IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

L’utilizzo delle indagini di laboratorio finalizzate alla definizione

diagnostica e all’inquadramento clinico del paziente con

epatite cronica C è notevolmente cambiato negli ultimi anni.

Si sono infatti progressivamente sviluppati nuovi test

diagnostici, sempre più sofisticati, precisi ed affidabili, che

utilizzando metodologie d’indagine diverse, hanno consentito

una più fine caratterizzazione del paziente, processo che

d’altra parte ha richiesto un crescente livello di

specializzazione dei laboratori che si occupano di infezione da

HCV.

Ai giorni nostri le indagini diagnostiche di laboratorio

necessarie per la corretta gestione del paziente con infezione

da HCV comprendono principalmente: analisi virologiche, sia

di tipo qualitativo che quantitativo, analisi biochimiche, analisi

molecolari e genetiche, il cui utilizzo integrato consente di

monitorizzare le diverse fasi di malattia, sia nel corso della sua

storia naturale che durante i cicli di trattamento. A queste

indagini “di laboratorio” si aggiungono valutazioni strumentali

oggi sempre più indispensabili, quali ad esempio la

fibroelastometria epatica mediante Fibroscan, uno strumento

molto utile per stimare con ragionevole approssimazione

l’entità della fibrosi tissutale.

L’evoluzione tecnologica occorsa in questi ultimi anni ha avuto

un profondo impatto in tutte le fasi della gestione clinica del

paziente con infezione cronica da HCV, sia nell’iniziale

work-up diagnostico, che nel monitoraggio in corso di terapia,

sia nella verifica di avvenuta guarigione. Questo processo,

grazie alla messa a punto di test sempre più sofisticati, ha

permesso di rilevare livelli di viremia molto inferiori rispetto a

quelli misurabili 5-10 anni fa, e di conseguenza di

identificare con molta maggiore accuratezza stati di infezione

persistenti, o di ripresa/riattivazione virologica, o di effettiva

eradicazione virale. Naturalmente l’uso corretto di queste

metodiche ha richiesto un livello crescente di specializzazione

ed un particolare rigore metodologico, fattori fondamentali

nel definire l’affidabilità di un laboratorio. I test di biologia

molecolare per la determinazione di HCV-RNA utilizzano

tecniche di amplificazione del segnale (bDNA) o dell’acido

nucleico. Fino ai primi anni 2000 si utilizzava il sistema Cobas

Amplicor come test di massima sensibilità per la misurazione

dell’HCV-RNA; questo strumento utilizza il principio della

PCR (Polymerase Chain Reaction) per l’amplificazione delle

molecole “target” ed una reazione enzimatico-colorimetrica

per la rilevazione delle molecole amplificate. Il limite di

sensibilità di questa metodica era inizialmente di 600 copie

virali per millilitro, valore estremamente alto rispetto al livello

di sensibilità diagnostica dei metodi di real-time PCR oggi

disponibili (Taqman), che raggiungono 10-15 unità

internazionali/IU di HCV-RNA per millilitro. Ciò ha di fatto

cambiato profondamente le modalità di gestione e di

interpretazione dei risultati della terapia antivirale dell’epatite

C, soprattutto in relazione agli aspetti di maggior rilievo che

sono rappresentati dalla verifica degli outcomes virologici, cioè

la sustained virological response (SVR), la ripresa virologica in

corso di terapia (break-through) o al termine del trattamento

(relapse virologico). E’ oggi del tutto evidente, ad esempio, che

molti pazienti categorizzati in passato erroneamente come

“relapsers virologici”, lo erano perché il dato era basato

sull’utilizzo di test di misurazione di HCV-RNA di sensibilità

insufficiente, e che oggi questi pazienti sarebbero stati

verosimilmente classificati come partial non responders.

L'importanza del laboratorio di virologia

Oggigiorno il laboratorio di virologia è innanzitutto di

fondamentale importanza nella caratterizzazione dei genotipi

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Mario AngelicoCattedra di GastroenterologiaUniversità di Roma Tor Vergata

IL RIGORE METODOLOGICO NEL WORK-UP DIAGNOSTICO E PROGNOSTICO DI LABORATORIO DEL PAZIENTE CON INFEZIONE CRONICA DA HCV

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Page 21: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

20IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

virali e nella quantificazione dei livelli di HCV-RNA nel siero.

La maggiore linearità dei test attuali consente una maggiore

accuratezza nella valutazione delle cariche virali alte, che

erano in precedenza quasi sempre sottostimate, fattore

rilevante perché l’alta carica virale rappresenta un predittore

sfavorevole di risposta al trattamento convenzionale con

Peg-interferone alfa e ribavirina. Il laboratorio ha acquisito una

importanza crescente anche nel monitoraggio virologico in

corso della terapia, soprattutto nella fase di valutazione della

risposta virologica precoce, dopo 4 settimane di terapia, o

rapid virological response (RVR); e dopo 12 settimane di

terapia, o Early virological response (EVR). Una accurata ed

affidabile valutazione di RVR ed EVR è di fondamentale

importanza perché rappresenta il principale predittore di

risposta favorevole alla terapia, e può consentire di modularne

la durata ed ottimizzarne i risultati ed il rapporto

costo/beneficio. Il principio della “Response Guided Therapy” si

basa infatti sulla possibilità di personalizzazione della terapia

antivirale sulla base della valutazione della risposta virologica a

4 settimane (RVR) o a 12 settimane, sia completa (cEVR) che

parziale (pEVR). Questo approccio assumerà grande rilevanza

anche nella gestione dei nuovi schemi di terapia basati

sull’utilizzazione di tre farmaci, cioè con l’introduzione dei

cosiddetti Direct Antiviral Agents (DAAs), i quali consentono di

ottenere migliori livelli di SVR anche in conseguenza del fatto

che inducono una più rapida negativizzazione della viremia.

Ulteriori momenti di grande importanza dove è necessario

l’utilizzo di metodiche di alta sensibilità ed elevato rigore

metodologico, onde minimizzare il rischio di misclassificazione

delle risposte terapeutiche, sono quelli della valutazione di

HCV-RNA al termine della terapia (end-of treatment response,

ETR) e soprattutto a 24 settimane dal suo termine (sustained

virological response SVR).

Il trattamento antivirale dell’infezione da HCV è oggi

diversificato in base a molteplici fattori. Tra questi ha una

notevole importanza la determinazione del genotipo virale.

I genotipi 1 e 4 sono abitualmente considerati genotipi

“difficili”, e per questo richiedono schedule di trattamento più

estese, mentre il genotipo 3 è oggi considerato un genotipo

“intermedio” ed il genotipo 2 è considerato “facile”, perché

molto più responsivo al trattamento. Accanto a queste

distinzioni virologiche di massima, è oggi ben accertato che

altri fattori possono influenzare in modo rilevante la risposta

alla terapia antivirale, fattori correlati all’ospite piuttosto che al

virus, e che è altrettanto importante ben caratterizzare nella

stadiazione iniziale del paziente con infezione da HCV.

Queste considerazioni assumono oggi ancor maggiore

attualità in previsione del prossimo utilizzo esteso dei DAA.

Con l’introduzione di questa nuova classe di farmaci sarà

necessario, ad esempio, sequenziare alcune porzioni del

genoma virale per evidenziare possibili resistenze, sia presenti al

baseline che insorte a seguito del trattamento. In questo

ambito è stata di grande utilità l’esperienza virologica fatta

negli scorsi anni nel trattamento poli-farmacologico

dell’infezione da HIV e, più recentemente, da HBV, condizioni

nelle quali lo studio sistematico delle resistenze virali ha

infatti assunto un ruolo cruciale per la gestione globale della

terapia. Questo tema, ancora relativamente nuovo o poco

conosciuto per l’infezione da HCV, è prevedibile che

diventerà di grande attualità dal momento che la selezione

di quasi-specie virali resistenti ai DAA, anche di tipo

cross-reattivo, si profila come uno degli aspetti più

determinanti per il successo delle nuove terapie. E’ quindi

evidente che occorrerà poter disporre di un laboratorio

capace di monitorizzare l’insorgenza delle resistenze

attraverso il sequenziamento dell’HCV-RNA virale. Questa

metodica non sarà certamente di utilizzo allargato, così come

ormai sono divenute la misurazione dell’HCV-RNA e la

determinazione del genotipo, ma sarà, almeno inizialmente,

ristretta a laboratori di biologia molecolare selezionati e di

solida esperienza (HUB).

Il work-up diagnostico e prognostico del paziente

Il work-up diagnostico del paziente con infezione cronica da

HCV deve sempre comprendere anche un’attenta stadiazione

clinica della malattia HCV relata, che necessita anch’essa di

avvalersi dell’uso metodologicamente corretto del

laboratorio biochimico e di specifiche indagini strumentali e,

ove necessario, istologiche. Ciò è fondamentale per definire in

modo adeguato lo stato di evoluzione ed attività della

malattia. In questo ambito, accanto alla valutazione sequenziale

dei comuni parametri di citolisi epatica, rappresentati dalle

transaminasi, tradizionalmente considerati come il più semplice

indicatore surrogato di attività di malattia, e della cosiddetta

funzionalità epatica, altre valutazioni di laboratorio hanno

assunto notevole importanza, anche di tipo prognostico,

come lo studio di fattori metabolici associati all’infezione da

HCV. In particolare, è sempre buona norma oggi valutare

l’eventuale presenza di tutte le componenti della cosiddetta

“sindrome metabolica”, e più specificamente l’entità della stea-

tosi epatica e dell’insulino-resistenza, fattori potenzialmente

correggibili capaci di influenzare l’outcome della terapia

antivirale.

Un altro aspetto diagnostico di grande importanza nel

work-up diagnostico e prognostico del paziente con infezione

cronica da HCV è la misurazione almeno semi-quantitativa

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21IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

dell’evoluzione irreversibile della malattia, attraverso la

valutazione della fibrosi epatica, la cui evoluzione è noto

essere inversamente correlata con la probabilità di risposta

alla terapia antivirale. Ciò si avvale modernamente, accanto ad

alcuni test bioumorali, oggi di modesta utilità, soprattutto della

già citata fibro-elastometria epatica mediante Fibroscan. Questa

metodica, la cui corretta utilizzazione richiede personale

qualificato e un adeguato training, permette di studiare i livelli

di progressione della fibrosi epatica e l’eventuale transizione

del paziente da un quadro di epatite cronica ad un quadro di

cirrosi. Come già accennato, l’estensione della fibrosi e la sua

progressione nel tempo, influenzano la prognosi e la gestione

clinica dei pazienti, ed anche le scelte terapeutiche, che

richiedono sempre nel caso di fibrosi avanzata una maggior

livello di “personalizzazione”basata sulle caratteristiche cliniche,

bioumorali, ematologiche e prognostiche di ciascun paziente.

In questo ambito, sino a poco tempo fa, la biopsia epatica

rappresentava l’unico strumento di valutazione della fibrosi

epatica ed ancor oggi in effetti rappresenta il gold standard per

questa valutazione.Tuttavia, essendo la biopsia una procedura

invasiva, non esente da rischi, seppur minimi, essendo

difficilmente ripetibile sequenzialmente e richiedendo

comunque un elevato livello di expertise nella sua valutazione

anatomopatologica, in questi ultimi anni si è assistito ad un

progressivo decremento del numero di biopsie epatiche

eseguite nei pazienti con epatite cronica C. La biopsia diventa

poi inutile, o controindicata, nei pazienti con chiari segni di

evoluzione fibrotica, o con iniziali segni di ipertensione portale

o cirrosi franca. Ecco perché l’introduzione della fibro-elastometria

con Fibroscan ha avuto ed avrà sempre maggior utilizzo,

proponendosi come metodica utile per la valutazione

sequenziale del paziente durante e dopo la terapia.

Naturalmente, anche la fibroelastometria epatica non è esente

da imprecisioni e/o problemi metodologici che ne possono

falsare i risultati, e di cui l’operatore deve essere ben

consapevole. Tra questi particolare importanza hanno la

concomitante presenza di steatosi epatica o di marcata

infiammazione epatica, motivo per il quale l’interpretazione

del dato elastometrico (misurato in K-Pascal) deve essere

sempre effettuata nel contesto di una valutazione clinica

complessiva.

Un ulteriore test di laboratorio che sta assumendo grande

rilevanza nella caratterizzazione del paziente con infezione da

HCV, e la cui disponibilità aiuta nella gestione del paziente e

nelle scelte terapeutiche, è rappresentato dalla determinazione

del pattern dell’Interleuchina 28B (IL28B), un determinante

genetico la cui tipologia di espressione (CC, CT o TT) si

correla fortemente sia con la probabilità di risposta alla

terapia antivirale con PegIFN e ribavirina che con la risoluzione

spontanea dell’infezione da HCV. Anche se al momento

esistono relativamente pochi dati circa l’influenza del pattern

di IL28B sulla risposta alle terapie triple comprensive dei nuovi

DAA, è verosimile che a breve questa valutazione assumerà

notevole importanza anche in questo contesto. E’ quindi

necessario che chi gestisce il paziente con infezione cronica da

HCV, ed è responsabile delle scelte terapeutiche, disponga

della possibilità di misurare questo predittore genetico di

risposta, la cui conoscenza, come già nel caso sopra discusso

del genotipo virale e della fibrosi epatica, può essere di

rilevante ausilio nella personalizzazione ed ottimizzazione

della terapia.

Conclusioni

Con il passare degli anni il laboratorio diagnostico ha assunto

molteplici sfaccettature permettendo, a seconda dell’area di

competenza e delle strumentazioni disponibili, la realizzazione

di un ampio spettro di test divenuti oggi indispensabili per la

caratterizzazione iniziale del paziente, per la sua valutazione

prognostica, e quindi per le scelte terapeutiche e la

monitorizzazione della terapia. Questo approccio

multidisciplinare richiede un costante aggiornamento ed un

particolare rigore metodologico in tutte le sue componenti, e

ciò diventerà sempre più ineludibile con la prossima

introduzione dei DAAs nella terapia della malattia HCV-relata.

Tabella 1: Fattori indispensabili nel algoritmo decisionale e nellagestione terapeutica del paziente con infezione cronica da HCV

• Conoscenza dei livelli di transaminasi, con valutazioni sequenziali nel tempo

• Test di funzione epatica• Valutazione emocitometrica completa• Studio dell’insulino-resistenza, con particolare attenzione alla

presenza di sindrome metabolica e della funzione tiroidea• Misurazione semiquantitativa della fibrosi epatica

(fibroelastometria)• Misurazione clinica e strumentale dell’ipertensione portale• Marcatori sierologici di infezione da HCV e di coinfezioni

HBV e HIV• HCV-RNA quantitativo e qualitativo• Genotipo HCV• Pattern di IL28B• Studio delle resistenze di HCV

(eventuale sequenziamento virale)

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22IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

La diagnosi e la caratterizzazione dell’infezione da HCV si basa

su specifici test virologici. Il loro impiego deve rispondere alle

esigenze diagnostiche nell’ambito del contesto clinico del

paziente: screening per sospetta infezione da HCV, conferma

di infezione, gestione terapeutica.

Test virologici (Figura 1)

Anticorpi anti-HCV

Si tratta del più comune test di screening, effettuato con

tecnica immunoenzimatica, che determina la presenza di

anticorpi diretti verso antigeni ricombinanti del core (c22) e

delle proteine non-strutturali 3 (c33), 4 (c100, c200) e 5. La

procedura diagnostica ha molti vantaggi tra cui la facilità di

esecuzione ed il basso costo. La specificità e la sensibilità dei

test di terza generazione sono alte, rispettivamente del 98% e

del 97%. Il tempo medio della loro comparsa nel siero del

paziente è di 2-3 settimane, ridotto rispetto a quello dei test

di seconda generazione che era di circa 4-6 settimane

dall’infezione.

La presenza di anticorpi anti-HCV di tipo IgM non ci permette

di distinguere un’epatite acuta da un’epatite cronica. In effetti

non tutti i pazienti con epatite acuta da virus C producono

anti-HCV IgM ed inoltre i pazienti con epatite cronica possono

saltuariamente produrre anti-HCV IgM. Dopo molti anni dal

termine di un ciclo di terapia antivirale che ha indotto una

risposta virologica sostenuta gli anticorpi anti-HCV possono,

raramente, risultare negativi.

HCV-RNA

Si tratta del test, effettuato con tecniche di biologia molecolare,

che permette di identificare il portatore cronico del virus C,

completando così lo screening. Inoltre, l’esecuzione dell’HCV-

RNA è essenziale per la gestione della terapia dell’epatite C.

Il test “qualitativo” ha un cut-off di 50 UI/ml, quello

“quantitativo” di 500 UI/ml. I più recenti test si basano

sull’impiego della Reazione Polimerasica a Catena (PCR)

real-time, che fornisce con un unico esame il livello della

viremia, variabile da minime quantità (inferiori a 15 UI/ml) sino

a livelli di 107 UI/ml. Questo range di quantizzazione risponde

adeguatamente alle esigenze cliniche per la diagnosi ed il

monitoraggio. Con l’avvento dei nuovi farmaci antivirali che

agiscono direttamente sul virus C (DAAs) l’alta sensibilità del

test è indispensabile per la caratterizzazione della risposta

virologica e quindi per il conseguente approccio terapeutico.

Genotipo dell’HCV

Il genotipo dell’HCV può essere determinato per mezzo di

vari metodi: l’analisi della sequenza virale, l’ibridizzazione, la

PCR real-time specifica per il genotipo. I test commerciali

disponibili sono in grado di identificare accuratamente i sei

genotipi dell’HCV. La determinazione è solo in funzione della

terapia antivirale. Non deve quindi essere effettuata se non

quando si avvia il processo di valutazione della terapia. Il

genotipo dell’HCV fornisce informazioni sulla teorica

percentuale di risposta virologica sostenuta e sulla durata del

trattamento. La determinazione dei sottotipi dell’HCV non ha

rilevanza clinica per l’attuale terapia standard con PEG-IFN e

ribavirina. Potrebbe diventare importante nella futura pratica

clinica quando si definiranno i profili di resistenza dei nuovi

agenti DAAs in accordo ai genotipi ed ai sottotipi dell’HCV.

Antonino PicciottoU.O. s “Diagnosi e Terapia delle Epatiti”

Cattedra di GastroenterologiaUniversità di Genova

RAZIONALIZZAZIONE DEI TEST NELLE DIVERSE TAPPE DEL PERCORSO DEL PAZIENTE PER OTTIMIZZARE LE RISORSE

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23IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

FIGURA 1: TEST IMPIEGATI PER LA CARATTERIZZAZIONE VIROLOGICA DELL’HCV

FIGURA 2: IMPIEGO SEQUENZIALE E RAZIONALE DEI MARCATORI DEL VIRUS C

Applicazione dei test virologici nella terapia dell’epatite

cronica da virus C

E’ fondamentale nel contesto terapeutico definire esattamente

il tipo di risposta virologica del paziente. Il monitoraggio

dell’HCV-RNA è considerato come un parametro chiave nella

gestione della terapia guidata in base alla risposta virologica.

Nella Tabella 1 sono riportate le varie definizioni. Da essa si

evince che l’esecuzione dell’ HCV-RNA è di cruciale importanza

alle settimane di terapia 4, 12 e 24 e a 24 settimane dal

termine, per definirne la risposta virologica sostenuta.

Dovrebbe essere impiegato un test sensibile, accurato, con un

ampio range dinamico di quantizzazione: idealmente un test

basato sulla PCR real-time eseguito nello stesso laboratorio.

I livelli delle transaminasi dovrebbero essere valutati

contemporaneamente a quelli dell’HCV-RNA. La risposta

biochimica (normalizzazione delle ALT) segue generalmente

di alcune settimane quella virologica. La negativizzazione

dell’HCV-RNA dopo 4 settimane di terapia pone in

discussione un’eventuale riduzione della durata della terapia.

Genotipo

HCV-RNAAnti-HCV

Non-responder/relapser

Infezione con ilvirus C

Il virus replica?

Nella Figura 2 è rappresentata una flow-chart diagnostica che,

partendo dalla positività dell’anti-HCV, suggerisce l’esecuzione

sequenziale degli altri marcatori. Dalla figura si evince che

l’HCV-RNA quantitativo ed il genotipo virale si debbano

riservare al contesto terapeutico. Nell’immediato futuro è

auspicabile che diventi di routine l’impiego della PCR

real-time. In tal modo un solo test fornirà il livello di viremia

con una soglia minima estremamente bassa.

Anti-HCV

Negativo Positivo

HCV-RNAQualitativo

Positivo

Terapia

HCV-RNAQuantitativo

Genotipo

Quanto virus è presente?

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Page 25: Il management in sanità. Riflessioni per la governance nell'epatite c

24IL MANAGEMENT IN SANITÀ – RIFLESSIONI PER LA GOVERNANCE NELL’EPATITE C

La disponibilità a breve termine nella pratica clinica di agenti

DAAs (boceprevir e telaprevir) rende indispensabile la

disponibilità di una PCR real-time con un cut-off di almeno 15

UI/ml.

Devono essere analizzati i risultati dei livelli dell’HCV-RNA

durante la terapia per tracciare algoritmi che si basino sulla

correlazione della carica virale basale con la Risposta

Virologica Rapida e la Risposta Virologica Sostenuta. Gli

algoritmi di trattamento dei due inibitori delle proteasi

saranno diversi.

In particolare, l’extended rapid viral response (eRVR) dovrà

essere valutata alla 4a e 12ma settimana con telaprevir ed alla

8a e 24ma settimana con boceprevir. Sarà cruciale in entrambi

la valutazione dell’HCV-RNA per la sospensione o il

proseguimento della terapia. Le problematiche da affrontare

rappresentano una sfida per il clinico: 1) la rapida emergenza di

farmaco resistenza, in particolare nei pazienti non responder alla

terapia standard con PEG-IFN e ribavirina; 2) soggetti non

pienamente aderenti alla terapia; 3) soggetti che non tollerano

le dosi ottimali della terapia standard con PEG-IFN e ribavirina.

Punti chiave

• La diagnosi e la terapia dell’epatite cronica da virus C

richiedono l’esecuzione di test virologici.

• Per razionalizzarne l’impiego, riducendo quindi i costi, è

necessario conoscere il loro significato e l’utilità che può

derivare dalla loro esecuzione.

• L’HCV-RNA è un test fondamentale sia per la diagnosi che

per il contesto terapeutico.

• E’ auspicabile che entri nella pratica clinica la ricerca

dell’HCV-RNA con PCR real-time, per ottenere una

standardizzazione dei risultati tra i vari laboratori ed anche

per semplificare la diagnostica: un unico test che

permetta sia la diagnosi qualitativa che quantitativa.

• L’anti-HCV è un test di screening e la sua positività deve

indurre all’esecuzione dell’HCV-RNA per confermare lo

stato di portatore cronico del virus C.

• E’ superfluo ripetere il test quando si procede al

monitoraggio del paziente: non vi è spontanea clearance

del virus C nè la carica virale correla con l’andamento

clinico della malattia.

• Solo quando si prende in considerazione la terapia

antivirale è necessario conoscere il livello della viremia ed

il genotipo dell’HCV.

• Il genotipo correla con la risposta virologica sostenuta

• L’HCV-RNA assume un ruolo fondamentale durante la

terapia: ne condiziona la gestione, la durata, la risposta

virologica sostenuta.

• E’ cruciale il “timing” di esecuzione del test.

• I nuovi antivirali, associati alla terapia standard, necessitano

di standardizzazione del test e di rapidità nel fornire i

risultati.

TABELLA 1: DEFINIZIONE DI RISPOSTA VIROLOGICA ALLA TERAPIA ANTI-HCV STANDARD

RISPOSTA VIROLOGICA DEFINIZIONE

RVR HCV-RNA negativo a 4 settimane inteso come HCV-RNARapid Virologic Response < 50 IU/mLEVR HCV-RNA negativo o calo di HCV-RNA > 2 log10 a 12Early Virologic Response settimane- Complete EVR (cEVR) No RVR ma HCV-RNA negativo (< 50 IU/mL)

a 12 settimane- Partial EVR (pEVR) No RVR e HCV-RNA rilevabile ma calo > 2log10

di HCV-RNA a 12 settimaneEoTR HCV-RNA negativo alla fine del trattamentoEnd of Treatment ResponseSVR HCV-RNA negativo 24 settimane dopo la fine delSustained Virologic Response trattamentoRelapse HCV-RNA negativo alla fine del trattamento e

positivizzazione dell’HCV-RNA immediatamente dopoil termine della terapia

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