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FARMACO ITALIANO EFFICACE CONTRO IL MORBO DI CROHN Dieta e malattie infiammatorie intestinali PROFESSIONAL EDITION rettocolite ulcerosa & Morbo di Crohn IBD Un secondo anti-TNF se il primo fallisce? C. DIFFICILE E MORBO DI CROHN Pochi test

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Farmaco italianoeFFicace

contro il morbo di

crohn

Dieta e malattie infiammatorie intestinali

Professionaledition

rettocolite ulcerosa&Morbo di Crohn

ibdUn secondo

anti-tnF se il primo

fallisce?

C. diffiCile e morbo di crohn

Pochi test

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24 Magazine di patologia

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Hightlights, Report Congressuali, Evidence Based Medicine,Journal Article, Clinical Game, Review

TARGETMIRATO

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sommario

SCIENCE SHOT

8 Cellule dendritiChe Con ruoli distinti in Colon e ileo

11Malattie infiaMMatori e intestinaliViroma enterico alterato

12CaPire i disturbi intestinaliingoiando un mini-computer

HIGHLIGHTS

14Malattie infiaMMatorie intestinaliBPCO ed asma aumentano il rischio

15teraPia anti-tnf siCura in gravidanza

16Morbo di Crohn Nei bambini gli inibitori del TNF aumentano la densità ossea

17ibdLa guarigione mucosale non garantisce la remissione

18farMaCo ‘italiano ’ Efficace contro morbo di Crohn

19PoChi test Per C. diffiCile nelle ibd

EVIDENCE BASED MEDICINE

22Agenti bloccanti del TNF-alfa (infliximab) per l’induzione della remis-sione nella rettocolite ulcerosa

22Acido 5-aminosalicilico per via orale per il mantenimento della remis-sione nella rettocolite ulcerosa

23Nutrizione enterale per il mantenimento della remissione nel morbo di Crohn

23Probiotici per il mantenimento della remissione nel morbo di Crohn

INSIDE

24 Malattie infiaMMatorie intestinaliUn secondo anti-TNF se il primo fallisce?

28dieta e Malattie infiaMMatorie intestinali

THE CLINICAL GAME

30 Fai la tua diagnosi e scopri se è esatta

Professional E dit ionMorbo di Crohn & rettoColite ulCerosa

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direttore responsabile Francesco Maria Avitto

direttore editoriale Vincenzo Coluccia

direttore Scientifico Lucia Limiti

e d i t o r i a l S ta F Fmedical editor Patrizia Maria Gatti, Sara Raselli, Leonardo Scalia,magazine editor Marco LanducciWeb editor Marzia Caposio, Manuela Biello

a r tart director Francesco Moriniimpaginazione Niccolò IacovelliWeb developer Roberto Zanetti, Paolo Cambiaghi, Paolo Gobbi

i t & d i G i ta lict manager Giuseppe Riccidigital operation manager Davide Battaglino

diStribUZione diGitale

Supplemento al n°4 di Popular ScienceGiugno 2015

www.kekoa.it

redaZione• Via Boncompagni, 16

00187 (Roma)• Viale Monza, 133

20125 (Milano)[email protected]

Viale Zara, 129 a20159 (Milano)

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© Kekoa Publishing S.r.l.REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N. 82/2014 DEL 24/04/2014

Iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione in data 28/05/2013 con numero 23556.Via Mantova 44, 00198 ROMA

Farmacisti ospedalieri 2.275

Mmg 35.815

Internisti 17.056

Gastroenterologi 8.705

rettocolite ulcerosa&Morbo di Crohn

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clinical Shotla scienza in immagini

Cellule dendritichecon ruoli distintiin colon e ileo

colon ed ileo contengono cellule dendritiche con ruoli distinti nell’immunità mucosale. Secondo l’autrice di uno studio in materia, Elizabeth Mann, della Johns Hopkins University di Baltimora (USA), queste due parti dell’intestino dovrebbero essere considerate entità separate. Secondo l’autrice, le pro-prietà regolatorie delle cellule immuni osservate nell’intestino crasso rispetto al tenue potrebbero essere dovute alla carica batterica di gran lunga maggiore legata alla microflora commen-sale del crasso.Lo studio ha una rilevanza diretta per le malattie infiammatorie intestinali che interessano compartimenti specifici dell’intestino, come il morbo di Crohn, che possono colpire il tenue, il crasso o entrambi simultaneamente. I ricercatori affermano che i me-dici dovrebbero usare cautela nel tentare di manipolare la flora batterica intestinale, con procedure come il trapianto fecale, come parte del trattamento clinico per le malattie gastrointe-stinali, benché esse siano sempre più popolari nel trattamento di alcune malattie come le infezioni da Clostridium difficile e le malattie infiammatorie intestinali. Queste procedure infatti, possono portare a conseguenze impreviste ed indesiderate legate alla potenziale incapacità o alla ridotta efficienza da parte dell’intestino a riadattarsi al carico batterico alterato rispetto a quello che è l’adattamento evolutivo preesistente.L’intestino differisce da ogni altro tessuto dell’organismo in quanto è esposto ad un enorme bombardamento di antigeni derivanti dagli alimenti ingeriti e dalla microflora, e pertanto le risposte immunitarie intestinali sono uniche. Quanto riscontrato suggerisce anche che potrebbe essere possibile manipolare cli-nicamente la sottopopolazione delle cellule immunitarie innate, come quelle dendritiche, onde incrementare selettivamente le popolazioni regolatorie, tollerogene o immunosoppressive nel ridurre quelle infiammatorie.

Fonte: Gut online 2015, pubblicato il 9/2

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i pazienti con malattie infiammatorie intestinali manifestano specifiche alterazioni nel viroma enterico che non possono essere spiegate dalla riduzione della diversità batterica. L’autore di un recente studio in materia, Herbert Virgin IV della Washington University di St. Louis, ha dichiarato di aver riscontra-to nei pazienti affetti da queste malattie distorsioni dell’ecologia intestinale che sono molto più estensive di quelle riguardanti la sola flora batterica riportate in precedenza.I cambiamenti nel viroma e, principalmente, nei batteriofagi e in quelli nella flora batterica intestinale, potrebbero essere correlati; ciò apre una nuova prospettiva per il trattamento di queste malattie. Alcuni dati emergenti implicano la componente virale del contenuto microbico intestinale (ossia il viroma) in vari aspetti della fisiologia umana, ma sinora non era mai stato studiato nel dettaglio il possibile ruolo del viroma nelle malattie infiammatorie intestinali.I dati raccolti derivano dal sequenziamento del DNA delle parti-celle virali contenuti dai campioni fecali di soggetti con rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn e pazienti sani di controllo. Probabil-mente i cambiamenti nel viroma sono ancora più significativi di quelli che avvengono nella flora batterica e, in futuro, sarà possibi-le manipolare l’uno per ottenere effetti terapeutici sull’altra, ma si tratta di una prospettiva ancora piuttosto lontana.I batteriofagi, comunque, costituiscono eccellenti biomarcatori, forse anche migliori rispetto ai batteri e la comprensione del ruo-lo del viroma potrebbe rappresentare la chiave per la progettazio-ne di nuove e creative strategie per il trattamento delle malattie infiammatorie intestinali.

Fonte: Cell online 2015, pubblicato il 22/1

Malattie infiammatorie intestinaliViroma enterico alterato

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Capire i disturbiintestinali, ingoiandoun mini-computer

Per capire subito la natura di ‘quel disturbo intestinale’, sara’ presto facile quanto ingoiare una capsula e poi control-lare sul telefonino. Ricercatori dell’Università di Tecnologia di Melbourne (Rmit) hanno sviluppato una capsula high-tech che puo’ monitorare i gas nell’intestino e trasmettere i dati a un ricevitore fuori del corpo.Il congegno, descritto sulla rivista Trends in Biotechnology, misura i gas prodotti da trilioni di batteri nell’intestino, che spesso sono collegati al cancro del colon, alla sindrome dell’intestino irritabile e a infiammazione cronica dell’intesti-no. La capsula, di 27 mm per 11, e’ rivestita di una plastica il cui consumo e’ innocuo. Contiene una membrana che assor-be i gas, una batteria e un sensore che produce un segnale e lo trasmette a un ricevitore esterno, che può essere anche un telefono cellulare.“è come un minuscolo computer, che legge i dati, converte il segnale da analogo a digitale, lo codifica e lo manda a un trasmettitore”, spiega il responsabile del progetto, kourosh kalantar-zadeh del Centro di Elettronica Avanzata e Senso-ri dell’ateneo. austaliano. Simili capsule sono già in uso per monitorare le emissioni del gas serra metano nella flatulenza e nella ruminazione di bovini e ovini. "Le nuove capsule sono state testate con successo su maiali e l’inizio di sperimenta-zioni umane è previsto fra breve", aggiunge lo studioso.Oltre a diagnosticare malattie, il congegno può essere usato per mettere a punto la dieta e la salute digestiva. “Queste capsule possono aiutare a stabilire con precisione l’impatto di particolari cibi sul sistema digestivo. I gas sono prodotti da una funzione metabolica e possono essere usati come un bio-marker per la digestione. Rivelano molte cose che non sappiamo sulla digestione, se si trasformano correttamente in energia o causano problemi”, spiega kalantar-zadeh.

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highlights

L’incidenza delle malattie infiammatorie intestinali risulta significativamente aumentata nei soggetti affetti da asma o BPCO. Questi dati hanno importanti implicazioni per il rilevamento precoce delle malattie infiammatorie intestinali nei pazienti con patologie delle vie aeree, come confermato da Paul Brassard del Jewish General Hospital di Montreal (USA), autore di uno studio in materia su quasi 300.000 pazienti.Benché in precedenza sia già stato sug-gerito un legame del genere, si tratta del primo studio a rilevare un significativo aumento dell’incidenza di queste malattie nei pazienti con asma o BPCO. Se verrà

confermato, ciò aiuterà a giungere a dia-gnosi e terapie precoci che ridurrebbero i sintomi e migliorerebbero la qualità della vita per questi pazienti.Secondo l’autore, malattie infiammato-rie intestinali e patologie delle vie aeree potrebbero essere associate tramite cascate infiammatorie comuni e fattori genetici o ambientali. Gli epiteli intesti-nale e respiratorio condividono la stessa origine embriologica, hanno una struttura anatomica simile e servono da barriere organiche fra il corpo e l’ambiente. Le disfunzioni immunologiche scatenate da fattori ambientali sono un elemento comune nella patogenesi di tutte queste

malattie. Le donne asmatiche hanno mag-giori probabilità di sviluppare il morbo di Crohn rispetto agli uomini e gli uomini con BPCO hanno maggiori probabilità di sviluppare rettocolite ulcerosa rispetto alle donne.I medici coinvolti nell’assistenza di pazien-ti con malattie delle vie aeree che svilup-pano sintomi digestivi dovrebbero essere consapevoli della possibile comparsa di nuovi casi di malattie infiammatorie inte-stinali anche nelle fasce d’età più avanzate a prescindere dall’abitudine al fumo.

Fonte: Eur Respir J onloine 2014, pubblica-to il 19/11)

Malattie infiaMMatorie intestinaliBPCO ed asma aumentano il rischio

300I pazIentI presi in

esame nello studio

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Durante la gravidanza la terapia an-ti-TNF per le malattie infiammatorie intestinali appare sicura per madre e feto. Ciò è emerso da uno studio prospettico condotto su 106 donne da Alison de Lima della Erasmus Univer-sity di Rotterdam (Olanda), che non si è detta sorpresa del fatto che l’analisi non abbia mostrato alcun incremento del rischio di recidiva della malattia a seguito della sospensione degli an-ti-TNF in gravidanza ma si è detta pia-cevolmente sorpresa del fatto che gli esiti a carico dei bambini esposti agli anti-TNF erano paragonabili a quelli di bambini non esposti nati da madri

teraPia anti-tnf siCura in gravidanza

non affette da malattie infiammatorie intestinali.In termini di teratogenicità, gli agenti anti-TNF sono considerati relati-vamente a basso rischio durante la gravidanza, ma sono disponibili dati limitati sulle conseguenze immuno-logiche e sullo sviluppo in seguito all’esposizione agli anti-TNF in utero.Secondo l’autrice, il più importante fattore ai fini della decisione di prose-guire o sospendere la terapia dovrebbe essere lo status di remissione pro-lungata della paziente. Se la malattia rimane in remissione a partire da tre mesi prima del concepimento sino alla

ventesima settimana di gestazione, il medico potrebbe decidere in sicurezza di sospendere gli anti-TNF alla ven-tiduesima settimana di gestazione. L’ equilibrio fra un adeguato trattamento delle madri con malattie infiammato-rie intestinali ed il simultaneo scongiu-ramento di danni a carico del feto può risultate difficile da ottenere e l’autrice spera di aver dato il suo contributo nel processo decisionale sul prolunga-mento del tratto anti-TNF durante la gravidanza.

Fonte: Gut online 2015, pubblicato il 12/5

106le donne incluse

nello studio prospettico

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morbo di crohnNei bambini gli inibitori del TNF aumentano la densità ossea

in 12 mesi, i pazienti affetti da morbo di Crohn partecipanti allo studio hanno mostrato

significativi miglioramenti in tutte le aree

i bambini affetti da malattia di Crohn (CD) sottoposti a una terapia a base di inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF) alfa, mostrano miglioramenti nella densità e struttura ossea. È quanto emerge da una ricerca condotta dal Children’s Hospital di Philadelphia (USA), su 74 bambini, di età compresa dai 5 ai 21 anni, che stavano iniziando ad assumere infliximab per curare

il Morbo di Crohn .Al basale e ai 12 mesi dall’inizio del trattamento sono stati sottoposti a tomografia computerizzata quantitativa periferica (pQCT) alla tibia. Più di 650 bambini sani, partecipanti ad uno studio più ampio sulla salute ossea, sono stati presi come riferi-mento. I bambini con il Morbo di Crohn hanno una bassa den-sità ossea e notevoli deficit muscolari. Poiché gli anti-TNF-alfa hanno effetti avversi sul metabolismo osseo, obiettivo dei ricercatori era rilevare che i deficit nella densità minerale ossea (BMD) trabecolare e nell’area corticale mostrassero dei miglio-ramenti con il trattamento con questi tipi di farmaci. Rispetto al gruppo di riferimento, all’inizio della malattia i pazienti avevano punteggi-Z più bassi relativamente ad altezza, BMD trabecolare, zona corticale e area muscolare.In 12 mesi, i pazienti affetti da Morbo di Crohn hanno mostrato significativi miglioramenti in tutte le aree. Inoltre, i pazienti più piccoli hanno fatto registrare punteggi-Z relativi alla BMD trabecolare più elevati, una maggiore crescita lineare e una più evidente guarigione dell’area corticale rispetto ai soggetti più grandi (per entrambi p<0.001).I ricercatori hanno rilevato che, ad esempio, nei piccoli malati il cambiamento medio relativo all’altezza era di 4,9 cm. Tuttavia, dopo un anno, i punteggi relativi all’altezza erano rimasti più bassi rispetto ai partecipanti al gruppo di riferimento. Inoltre, i punteggi sulla BMD trabecolare nei 12 mesi erano aumentati, ma si registravano ancora deficit significativi. Durante l’indu-zione degli inibitori, il livello di fosfatasi alcalina osseo-specifica era aumentato in media del 75% ed era risultato associato a mi-glioramenti dopo 12 mesi nei punteggi relativi all’area corticale e alla BMD trabecolare (p<0.001 per entrambi).Al momento del reclutamento, il 50% dei partecipanti aveva una forma grave di malattia. Tale percentuale è scesa al 6% al trascorrere di 10 settimane e al 7% ai 12 mesi. Alla fine dello studio, 67 partecipanti (91%) hanno continuato la terapia con gli inibitori del TNF alfa: 62 con infliximab, 4 con adalimumab e uno con certolizumab. “Abbiamo assolutamente bisogno di dati più a lungo termine per dire se questi cambiamenti nell’arco di un anno sono sostenibili, se i pazienti continuano a migliorare e infine se, somministrando a questi bambini farmaci biologici anti-TNF, si abbassa la percentuale di fratture” ha concluso la dottoressa Lindsay Griffin, della New York University School of Medicine.

FoNTE: Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, 2015

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ibdLa guarigione mucosale non garantisce la remissione

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Nei pazienti con malattie infiammato-rie intestinali che completano la tera-pia di mantenimento con infliximab, la guarigione delle mucose non predice la remissione clinica prolungata. Le attuali linee guida cinesi richiedono la sospensione delle terapie biologiche

per rettocolite ulcerosa e morbo di Crohn dopo un anno di mantenimento della remissione clinica ma, secondo uno studio effettuato da Ming-Jun Sun della China Medical University di Shenyang City, autore di uno studio su più di 200 pazienti in materia, la remissione clinica si ottiene rispettiva-mente nell’81% e nell’84% dei pazienti e la guarigione delle mucose rispettiva-mente nel 69% e 72% dei casi.Nelle malattie infiammatorie intesti-nali, né la remissione clinica né la gua-rigione della mucosa sono associate al momento in cui viene reintrodotta la terapia con infliximab. Gli stessi autori

dello studio ammettono che non vi sia un consenso diffuso su una defini-zione accettabile di guarigione delle mucose, tuttavia essa rappresenta un marcatore più affidabile ed obiettivo per la valutazione della risposta tera-peutica rispetto agli indici di attività clinica.Nel complesso, secondo i ricercatori, varrebbe la pena di prendere in consi-derazione l’ipotesi di effettuare esami endoscopici di routine al termine di un anno di terapia con infliximab, ma la decisione di sospendere o prose-guire la terapia con questo farmaco potrebbe essere determinata dalla valutazione della condizione generale del paziente e dell’attività clinica della malattia. Sono comunque necessarie ampie indagini cliniche controllate per confermare i risultati del presente studio.

Fonte: PloS ONE online 2014, pubblica-to il 20/10

la reMissione CliniCa si ottiene risPettivaMente nell’81% e nell’84% dei Pazienti e la guarigione delle MuCose risPettivaMente nel 69% e 72% dei Casi.

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Farmaco ‘italiano’ eFFicace contro il morbo di crohn

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Un nuovo farmaco chiamato Monger-sen, ideato da un ricercatore italiano, è efficace contro il morbo di Crohn, l’in-fiammazione cronica del tratto gastroin-

testinale che in Italia colpisce circa 100mila persone. Lo afferma uno studio coordinato dall’Università di Roma Tor Vergata pubblicato dal New England Journal of Medicine. La sperimentazio-ne clinica di fase 2, a cui seguirà a breve uno studio più ampio, ha coinvolto 16 centri in Italia ed uno in Germania ed e’ stata condotta in 166 pazienti con malattia di Crohn attiva e resistenti al trattamento con convenzionali farmaci anti-infiammatori.L’efficacia clinica del trattamento, dura-to soli 14 giorni, è stata documentata in oltre l’ 80% dei pazienti ed oltre il 60% dei pazienti trattati ha raggiunto uno stato di completa remissione clinica, poi mantenuta fino al termine dell’ osserva-

zione, durata 3 mesi. Il farmaco agisce sopprime selettivamente la produzione di Smad7, una proteina espressa ad ele-vati livelli nell’ intestino dei pazienti con malattia di Crohn e coinvolta nell’ampli-ficazione e mantenimento dei processi infiammatori.”La soppressione di Smad7, essendo questo un inibitore dell’attività del Transforming Growth Factor-beta, il più potente immunosoppressore intesti-nale – dichiara il Giovanni Monteleone, inventore del farmaco e coordinatore dello studio – consente di ripristinare nell’ intestino dei pazienti con malattia di Crohn i normali e fisiologici mecca-nismi anti-infiammatori operanti nei soggetti sani.

La sperimentazione

clinica di fase 2, a cui

seguirà a breve uno

studio più ampio, ha

coinvolto 16 centri in

italia ed uno in Germania

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Pochi test per C. difficile nelle IBD

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Molti pazienti con diarrea che han-no ricevuto diagnosi di una malattia infiammatoria intestinale non vengono sottoposti di routine al controllo della presenza di possibili infezioni da Clo-stridium difficile (CDI). Secondo Samir Shah dell’Università di Providence, autore di uno studio condotto su 320 pazienti, “il test per la CDI nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali e diarrea è di importanza critica, ma non viene sempre praticato: lo studio dimostra che ciò avviene soltanto in circa la metà dei pazienti, e questo è un problema che deve essere evidenziato per migliorare la qualità assistenziale di

questi pazienti. È possibile che, alcuni di essi, debbano i propri sintomi alla CDI piuttosto che alla malattia di base e la CDI potrebbe anche causarne la riacutizzazione, esacerbarne i sintomi o peggiorarne il decorso, ad esempio a causa del maggior tasso di colectomie effettuate nei pazienti con rettocolite ulcerosa ricoverati per riacutizzazione”.Secondo l’autore, la situazione potrebbe essere migliorata tramite interventi educativi per il paziente ed il personale sanitario e tramite l’incorporazione del test della CDI nella Physician Quality Reporting Initiative. Il test peraltro può essere facilmente incorporato all’interno

della colonscopia diagnostica, prelevan-do direttamente dal colon un campione di fluido da analizzare. Questa strategia garantirebbe campioni più affidabili e dovrebbe essere raccomandata a tutti i pazienti sottoposti ad una prima colon-scopia.L’ottimizzazione del trattamento delle malattie infiammatorie intestinali richiede la diagnosi delle sovrainfezioni, che hanno un impatto sia immediato che a lungo termine sulla salute del paziente.

Fonte: Inflamm Bowel Dis online 2015, pubblicato il 9/1

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LA RIVISTA DI SCIENZAPIù DIFFUSA AL MONDO

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a = eleVata Abbiamo molta fiducia nel fatto che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale negli esiti con-siderati. Le evidenze accumulate presentano deficit scarsi o nulli. E’ nostra opinione che i dati siano stabili, ossia che un nuovo studio non porterebbe ad un cambiamen-to nelle conclusioni.

b = moderataSiamo moderatamente certi che la stima dell’efficacia sia vicina alla re-ale efficacia per gli esiti considerati. Le evidenze accumulate presentano alcuni deficit. E’ nostra opinione che i dati siano probabilmente stabili, ma permangono alcuni dubbi.

c = baSSaLa certezza del fatto che la stima dell’efficacia sia vicina alla reale efficacia per gli esiti considerati è limitata. Le evidenze accumulate presentano deficit numerosi o importanti (o entrambi). E’ nostra opinione che siano necessarie ulteriori evidenze prima di poter concludere che i dati siano stabili o che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale.

d = inSUFFicienteNon abbiamo evidenze, non siamo in grado di stimare l’efficacia, o non abbiamo fiducia nella stima dell’ef-ficiacia per quanto riguarda l’esito considerato. Non sono disponibili evidenze, oppure le evidenze accu-mulate presentano deficit inaccetta-bili, precludendo il raggiungimento di una conclusione.

Solidità delle evidenze: gradi e definizioni

evidence based Medicine

ebm

cosa sono?

L’EBm, in italiano “medicina basata sulle prove di efficacia”, ha come obiettivo quel-lo di assicurare che le decisioni cliniche siano informate dai risultati della ricerca, in particolare della ricerca clinica. Tra le sue funzioni chiave c’è quella di forni-re uno strumento di lettura rispetto ai dati della ricerca e di ricondurli al singolo paziente. Per accresce-re la credibilità delle deduzio-ni di un medico – rispetto, per esempio, all’utilità di un test o all’efficacia di una terapia o per una corretta prognosi – e per trasformare tali deduzioni in nozioni condivisibili dai colleghi e dall’intera comunità scientifica, diventa imprescindibile lo sforzo di standardizzare e validare le osservazio-ni maturate nel contesto della pratica medica. E per interpretare la letteratura scientifica esistente su eziologia, diagno-si, prognosi ed efficacia delle strategie terapeutiche è necessario comprendere e condividere le regole metodologiche di base. Non tutti gli studi clinici forniscono informazioni di uguale affidabilità, quin-di nella decisione clinica le prove di effi-

cacia avranno un peso maggiore a secon-da della robustezza della fonte che le ha prodotte. La visualizzazione più efficace di questa gerarchia è quella della pirami-de delle evidenze, che posiziona al pro-

prio vertice le prove sperimentali più af-fidabili e alla base quelle aneddotiche.

Sebbene esistano diverse varianti di piramide delle evidenze, la scala ge-rarchica di ciascuna pone al primo posto le informazioni desunte da revisioni sistematiche che inclu-dono studi clinici controllati di buona qualità; all’opposto, il pa-

rere degli esperti senza supporto di studi empirici occupano l’ultima

posizione. Nelle posizioni intermedie si trovano gli studi di popolazione e gli

studi osservazionali, nei quali la relazione tra l’intervento e l’effetto (o tra l’esposizio-ne a un fattore di rischio e l’effetto) non è causale e le inferenze di associazione sono spesso esposte a errori sistematici.

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mensile - Numero 3 - Anno IIAprile 2015 - Euro 3,50

Edizione italiana

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E BM

Evidence summaries6.12.2006LiVELLo EViDENZE = a

Nei pazienti con rettocolite ulcerosa moderata-grave refratta-ria al trattamento convenzionale infliximab è efficace nell’in-duzione della remissione e della risposta clinica, nella promo-zione della guarigione della mucosa e nella riduzione della necessità di una colectomia, almeno a breve termine.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 7 studi per un totale di 860 soggetti. Nei pazienti con rettocolite ulcerosa moderata-grave - la cui malattia era refrattaria al trattamento convenzionale con corticosteroidi e/o agenti immunosoppres-sivi - infliximab (tre infusioni per via endovenosa a 0, 2 e 6 set-timane) è risultato più efficace del placebo nell’induzione del-la remissione clinica (RR 3.22, 95% CI 2.18 / 4.76) ed endoscopica (RR 1.88, 95% CI 1.54 / 2.28) ed in quella della risposta clinica (RR 1.99, 95% CI 1.65 / 2.41) dopo 8 settimane. Una singola infusi-one di infliximab è risultata anche più efficace del placebo nel ridurre la necessità di una colectomia entro 90 giorni dall’in-fusione (RR 0.44, 95% CI 0.22 / 0.87).

Bibliografia: Lawson MM, Thomas AG, Akobeng AK. Tumour necrosis factor alpha blocking agents for induction of remis-sion in ulcerative colitis. Cochrane Database Syst Rev 2006 Jul 19;3:CD005112

Agenti bloccanti del TNF-alfa (infliximab) per l’induzione della remissione nella rettocolite ulcerosa

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Evidence summaries20.7.2006LiVELLo EViDENZE = a

Le nuove preparazioni a base di 5-ASA sono più efficaci del placebo nel mantenimento della remissione nella rettocolite ulcerosa, ma sembrano essere meno efficaci rispetto alla sul-fasalazina (SASP).

Una revisione del database Cochrane ha incluso 5 studi che hanno paragonato il 5-ASA al placebo, per un totale di 881 sog-getti. Le preparazioni a base di 5-ASA sono risultate più efficaci del placebo: l’OR per il fallimento del mantenimento della re-missione clinica o endoscopica (sospensione o recidive) era pari a 0,47 (95% CI, 0.36 / 0.62) con un NNT pari a 6. Rispetto alla SASP (11 studi, 1598 pazienti), le preparazioni a base di 5-ASA risulta-vano meno efficaci (OR 1.29, 95% CI, 1.05 / 1.57, NNT -19). Sette studi hanno dimostrato proporzioni similari di pazienti anda-ti incontro a effetti collaterali nei gruppi trattati con 5-ASA e SASP. Il 6,7% dei pazienti nei gruppi trattati con SASP ed il 9,2% dei pazienti in quelli trattati con olsalazina hanno sospeso il trattamento per via degli effetti collaterali.

Bibliografia: Sutherland L, Macdonald JK. Oral 5-aminosa-licylic acid for maintenance of remission in ulcerative colitis. Cochrane Database Syst Rev 2006 Apr 19;(2):CD000544.

Acido 5-aminosalicilico per via orale per il mantenimento della remissione nella rettocolite ulcerosa

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Nutrizione enterale per il mantenimento della remissione nel morbo di Crohn

Evidence summaries25.2.2007LiVELLo EViDENZE = D

Le evidenze sull’effetto dei probiotici nel morbo di Crohn sono insufficienti. Una revisione del database Cochrane ha incluso 7 studi. Non sono state raccolte evidenze a suggerire che i probioti-ci siano di beneficio per il mantenimento della remissione nel morbo di Crohn.Commento: Tutti gli studi inclusi hanno arruolato un nu-mero di pazienti limitato, e potrebbero aver mancato della potenza statistica per dimostrare differenze qualora ve ne fossero state.

Bibliografia: Rolfe VE, Fortun PJ, Hawkey CJ, Bath-Hextall F. Probiotics for maintenance of remission in Crohn's dis-ease. Cochrane Database Syst Rev 2006 Oct 18;(4):CD004

Probiotici per il mantenimento della remissione nel morbo di Crohn

Evidence summaries27.12.2007LiVELLo EViDENZE = C

L’integrazione nutrizionale enterale con formule elementari o polimeriche potrebbe essere efficace nel mantenimento della remissione nel morbo di Crohn.Una revisione del database Cochrane ha incluso 2 studi per un totale di 84 soggetti, In uno studio, i pazienti che hanno ricev-uto la metà del loro fabbisogno calorico giornaliero in forma di dieta elementare, e il resto come dieta normale, sono andati incontro ad un tasso di recidiva significativamente inferiore rispetto ai pazienti che hanno ricevuto una dieta normale sen-za limitazioni (9 su 26 vs 16 su 25; OR 0.3, 95% CI 0.09 / 0.94). Nell’altro studio, i pasti polimerici ed elementari (che garanti-vano fra il 35% ed il 50% dell’apporto calorico del paziente pri-ma dello studio, oltre al cibo normale senza limitazioni) sono risultati ugualmente efficaci per il mantenimento della remis-sione e per la sospensione della terapia steroidea (8 su 19 vs 6 of 14; OR 0.97, 95% CI 0.24 / 3.92).Commento: La qualità delle evidenze è ridotta per via dell’inco-erenza (eterogeneità in interventi ed esiti) e dell’imprecisione dei risultati (pochi pazienti ed ampi intervalli di confidenza).

Bibliografia: Akobeng AK, Thomas AG. Enteral nutrition for maintenance of remission in Crohn's disease. Cochrane Data-base Syst Rev 2007 Jul 18;(3):CD005984.

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MALATTIE INFIAMMATORIE

intestinaliUn secondo anti-TNF se il primo fallisce?

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L’impiego di farmaci mirati verso il TNF-alfa (anti-TNF) ha aumentato enormemente l’arsenale terapeutico disponibi-le per il trattamento delle malattie infiammatorie intesti-nali. L’infliximab (IFX), seguito dall’adalimumab (ADA) e dal certolizumab-pegol (CZP), ha dimostrato una significa-tiva efficacia contro le forme di morbo di Crohn e retto-colite ulcerosa refrattarie ai trattamenti convenzionali, anche tenendo conto dei trattamenti immunosoppressivi. Questa efficacia clinica è associata a guarigione mucosale e miglioramento nella qualità della vita. L’efficacia degli agenti anti-TNF produce anche un importante impatto su-gli esiti relativi ai parametri chiave della malattia, come la riduzione del numero di ricoveri ospedalieri e degli inter-venti chirurgici. Purtroppo, circa un terzo dei pazienti con malattie infiammatorie intestinali sotto agenti anti-TNF non risponde al trattamento (fallimento primario), e una proporzione ancora maggiore va incontro alla scomparsa nel tempo dell’efficacia della terapia (fallimento seconda-rio) oppure sviluppa intolleranza al trattamento. Nella pra-tica clinica di routine viene impiegato un secondo farmaco anti-TNF laddove il primo ha fallito, a prescindere dal fatto che il paziente presenti una mancata risposta primaria o secondaria o abbia sviluppato intolleranze; ma la reale efficacia di questa strategia non è stata mai valutata in modo appropriato. È stata dunque effettuata una revisio-ne sistematica della letteratura su efficacia e sicurezza di un trattamento anti-TNF dopo il fallimento di un prece-dente trattamento analogo, con lo scopo di valutare anche i diversi fattori che possono influenzare questa risposta. Il dato principale emerso dall’analisi riguarda l’efficacia del secondo anti-TNF, che risulta chiaramente dipendente dalla ragione per cui la terapia è stata cambiata: i tassi di remissione sono risultati massimali quando il motivo per la sospensione del primo farmaco è dovuto all’intolleranza. Alla luce della struttura e funzionalità simili condivise da IFX ed ADA, si potrebbe pensare che i pazienti che non rispondono primariamente all’IFX non lo faranno nemme-no con l’ADA; pertanto la mancanza di efficacia dell’agente anti-TNF in questi pazienti potrebbe essere dovuta a specifiche caratteristiche della malattia in cui il TNF-alfa non svolge un ruolo centrale. Questa ipotesi, a sua volta, suggerirebbe la potenziale importanza di altre molecole pro-infiammatorie diverse dal TNF-alfa. Tuttavia, in alcuni studi, una proporzione relativamente elevata di sogget-ti che non rispondono primariamente all’IFX va invece incontro ad un beneficio clinico prolungato con l’ADA; ciò indica che la mancata risposta primaria a un agente biologico non si estende necessariamente ad altri agenti simili. Il 20-50% dei pazienti riporta la perdita di risposta all’agente anti-TNF in uso dopo 12 mesi di terapia, ed in questi casi la variazione del dosaggio o degli intervalli di somministrazione ed il passaggio ad altri agenti anti-TNF

risultano efficaci come strategie d’emergenza. Dato che l’IFX è stato sul mercato molto più a lungo rispetto ad ADA o CZP, non deve sorprendere che la maggior parte

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dei dati disponibili riguardino pazienti che hanno perso la responsività all’IFX e che sono poi passati ad uno degli altri due agenti. Analogamente, la metanalisi ha riscontra-

to che uno studio ha riportato il passaggio da IFX a CZP, ed altri 10 da IFX ad ADA. Quando viene prescritto un secondo anti-TNF a seguito di un fallimento secondario, il tasso di remissione medio è del 45% circa. Questo valore, relativamente elevato, probabilmente suggerisce che la risposta iniziale all’IFX possa essere stata modificata da anticorpi verso lo stesso IFX, e che la risposta alla terapia anti-TNF possa essere ripristinata cambiando l’agente biologico. Dieci studi hanno riportato i tassi di remissione dopo la comparsa di intolleranza al primo farmaco an-ti-TNF, e in ognuno di essi è stato effettuato un passaggio da IFX ad ADA. Nel complesso, i tassi di remissione sono stati del 61% circa, ancora una volta un valore relativa-mente elevato, il che indica che il passaggio ad un farmaco anti-TNF alternativo rappresenti una strategia efficace e di prima scelta nei pazienti che manifestano forme di in-tolleranza. Questi risultati indicano anche che il passaggio da un anti-TNF ad un altro possa portare a maggiori tassi di efficacia nei pazienti che hanno sviluppato intolleranze, rispetto a quelli andati incontro a fallimenti primari o se-condari. Tutto ciò risulta coerente con quanto riportato in reumatologia. Sono stati identificati solamente sei studi nei quali pazienti con rettocolite ulcerosa sono passati a un farmaco anti-TNF alternativo, e solo 4 di essi hanno riportato tassi di remissione, peraltro variabili dallo 0% al 50%. I design eterogenei degli studi non hanno consentito di effettuare stime complessive dell’efficacia di questa pratica tramite una meta-analisi formale, e sono pertanto necessari ulteriori studi proprio sull’efficacia della varia-zione della terapia anti-TNF nei pazienti con rettocolite ulcerosa.

Fonte: Aliment Pharmacol Ther. 2015; 41: 613-23

È stata dunque effettuata una revisione sistematica della letteratura su efficacia

e sicurezza di un trattamento anti-TNF dopo il fallimento di un precedente

trattamento analogo, con lo scopo di valutare anche i diversi fattori che

possono influenzare questa risposta. il dato principale emerso dall’analisi

riguarda l’efficacia del secondo anti-TNF, che risulta chiaramente dipendente

dalla ragione per cui la terapia è stata cambiata.

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intestinali

INFIAMMATORIE

dieta E MALATTIE

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Si ipotizza che le ma-lattie infiammatorie intestinali derivino da un fattore scate-nante ambientale che interviene in un sog-getto geneticamente suscettibile. L’inci-

denza del morbo di Crohn e della rettocolite ulcerosa è in aumento sia in Europa e nell’America settentriona-le, sia in Paesi nelle quali in preceden-za si pensava che malattie di questo tipo fossero poco diffuse, come Cina, Corea del Sud o Porto Rico. I rapidi cambiamenti nell’epidemiologia delle malattie infiammatorie intestinali sembrano indicare la presenza di un preciso fattore scatenante ambien-tale. La diffusione della cosiddetta dieta “occidentale”, ricca di grassi e proteine ma povera di frutta e ver-dura, è stata proposta come possibile spiegazione dell’incremento dell’inci-denza delle malattie infiammatorie intestinali. Il lume intestinale viene continua-mente esposto a numerose sostanze e molecole con potere antigenico, provenienti dal cibo che consumiamo e dai microorganismi che compongo-no la flora batterica intestinale. Sono state avanzate diverse ipotesi circa i meccanismi tramite i quali la dieta potrebbe influenzare l’inci-denza di queste malattie; tra questi, figura l’azione diretta degli antigeni introdotti con la dieta, che alterano la flora batterica intestinale e influen-zano la permeabilità delle pareti gastrointestinali. I pazienti spesso richiedono al medi-co raccomandazioni su alimentazione e dieta, alla ricerca di metodi per migliorare o addirittura curare la pro-pria malattia infiammatoria intesti-nale. La combinazione fra la scarsità di dati di qualità e il forte interesse da parte del paziente potrebbe portare quest’ultimo a ricercare fonti non mediche di raccomandazioni dieteti-che, come il web e la stampa genera-

lista. È stata dunque effettuata una revisione della letteratura in cui sono state discusse le raccomandazioni nutrizionali dirette al paziente pro-venienti dal web e sono state definite le diete per le malattie infiammatorie intestinali, valutando le evidenze scientifiche a sostegno. È stato ancora una volta osservato che questi pazienti presentano un forte interesse nella modifica della propria alimentazione come parte di un approccio olistico alla gestione della propria malattia. Sussistono evidenze scientifiche che dimostrano che alcuni fattori relativi alla dieta possano influenzare sia il rischio di sviluppare malattie infiammatorie intestinali, sia lo stato di infiamma-zione delle mucose dell’intestino. Vi è tuttavia una certa carenza di ampi studi prospettici controllati in grado di fornire le indicazioni che i pa-zienti desiderano. Nel complesso, gli studi su nutrizione esclusivamente enterale, diete di esclusione e diete semivegetariane, suggeriscono che la minimizzazione dell’esposizione del lume intestinale ad alimenti sele-zionati possa prolungare lo stato di remissione nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali. Sussistono evidenze ancora minori sull’efficacia delle diete SCD (senza carboidrati), FODMAP (a base di oligo, di- mono-saccaridi e Polioli fermentabili,) o sulla paleo-dieta; inol-tre la possibilità pratica di mantenere interventi di questo tipo per lunghi periodi di tempo è veramente bassa. A livello pratico, in una categoria di pazienti che si trova già a rischio di malnutrizione proteico-calorica, l’aderenza a diete definite potrebbe causare la riduzione dell’apporto calorico complessivo e rappresentare anche un aggravio economico non giustificato.Molte delle raccomandazioni deri-vanti dal web e dalle diete predefi-nite ripercorrono quelle relative alla sindrome del colon irritabile e dei

disordini gastrointestinali funzionali. Benché i dati disponibili non suppor-tino queste raccomandazioni come mezzo di riduzione dell’infiammazio-ne della mucosa intestinale, la rispo-sta occasionale a queste restrizioni dietetiche potrebbe evidenziare una componente funzionale nei sintomi gastrointestinali del paziente con malattie infiammatorie intestinali. Sono in aumento i dati a supporto dell’esistenza di forme di intolleranze al glutine non celiache, che potrebbe-ro a loro volta essere contrastate da queste restrizioni dietetiche. Evita-re questi alimenti comporta pochi pericoli e potrebbe potenzialmente migliorare i sintomi gastrointesti-nali. I pazienti con malattie infiam-matorie intestinali talora si dicono capaci di identificare gli alimenti che potrebbero esacerbare i loro sintomi.Ma essenzialmente ogni categoria di alimenti (frutta, verdura, carne e granaglie) è stata inserita in questo elenco, per cui non è possibile ricavar-ne informazioni generalizzabili a tutti i pazienti colpiti da queste malattie. I pazienti potrebbero invece essere istruiti a prestare attenzione alla pro-pria dieta tenendo diari alimentari nei quali annotare sia il contenuto dei pasti, sia i propri sintomi; ciò con-sentirebbe al medico dii effettuare modifiche specifiche per ogni singolo paziente. L’ approccio personalizzato, inoltre, potrebbe conferire al paziente un senso di maggiore controllo sui propri sintomi, ma sono necessari ulteriori e approfonditi studi per for-mulare raccomandazioni più solide sul ruolo della dieta nel decorso delle malattie infiammatorie intestinali.

Fonte: Clin Gastroenterol Hepatol. 2014; 12: 1592-600

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GAME

THECLINICAL

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risposta corretta: malattia infiammatoria intestinale

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PaZiENTEUn uomo di 61 anni di razza bianca si presenta in PS con dolore addominale diffuso e crampiforme, che dura da circa 1 settimana.

aNamNEsi FisioLoGiCaPensionato, lavorava come contabile e vive con la moglie. Non ha viaggiato di recente. Ha fumato sigarette per oltre 25 anni, ma non fuma più da circa 10 anni. Beve alcol in occasioni conviviali e nei fine settimana e nega l'abuso di droghe illecite. Riferisce allergia alla penicillina.

aNamNEsi FamiLiarEPadre deceduto per IMA a 60 anni, madre deceduta per carcinoma mammario a 40 anni. Non ha fratelli.

aNamNEsi PaToLoGiCa rEmoTaNegli ultimi due mesi, riferisce diarrea con melena. Anamnesi negativa per patologie del tratto gastrointestinale; colonscopia di screening eseguita 2 anni fa negativa. Assume da anni atorvastatina per ipercolesterolemia non meglio precisata e paracetamolo per dolore intermittente al ginocchio e al rachide lombare.

aNamNEsi PaToLoGiCa ProssimaNegli ultimi 6/7 giorni, riferisce 10-15 scariche di feci al giorno, con urgenza e tenesmo. Ha perso oltre 2 kg durante la scorsa settimana. Si sente confuso e stordito in posizione eretta e avverte stanchezza e mancanza di respiro lieve.

EsamE oBiETTiVo In PS, il paziente è pallido e agitato per i dolori addominali. Si evidenziano: ipertermia 38,6°C, PA 110/62 mmHg, polso radiale 107 battiti/min, frequenza respiratoria di 24 respiri/min. BMI 29.7 kg / m2. Esame della testa e del collo ndp a parte le mucose pallide. Auscultazione toracica: respiro normale, senza crepitii o ronchi. E’ tachicardico con ritmo regolare. Toni chiari e forti, non soffi. Addome globoso e teso, Blumberg positivo e accentuato nel quadrante inferiore sinistro. Suoni intestinali diminuiti. No epato-splenomegalia, né ascite, o masse palpabili. Esplorazione rettale: tono normale del retto, mucosa vellutata e sangue rosso vivo al ritiro del dito dell’esaminatore. Evidenti edemi declivi gambe e piedi.Analisi di laboratorio: emocromocitometrico: anemia (Hb 6,7 g / dl [67 g / L]), leucocitosi (conta leucocitaria di 14,2 x 103 cellule / ml [14.2 x 109 cellule / L]) e trombocitosi (conta piastrinica di 540 x 103 cellule / ml [540 x 109 cellule / L]). VES (78 mm / h) e PC-reattiva (114 mg / l). Albumina 2,0 g / dL (20 g / L). Pannello metabolico di base negativo. Colture fecali ripetute negative per parassiti e uova. Sigmoidoscopia: mucosa del colon diffusamente eritematosa e friabile con grandi aree ulcerate, abbondante essudato giallo-bianco, e stillicidio di sangue (dal retto a metà del sigma). Biopsia intestinale: infiammazione linfoplasmacellulare lungo la base delle cripte; neutrofili infiltrati nelle cripte e ascessi criptici, ramificazione delle cripte, atrofia delle ghiandole e riduzione dei calici delle cellule mucino-secernenti. Non granulomi.

QuaLE Tra LE sEGuENTi È La DiaGNosi Più ProBaBiLE PEr QuEsTo PaZiENTE?- cancro del colon retto- sanguinamento rettale per emorroidi - malattia infiammatoria intestinale- colite da clostridium difficile

rettocolite ulcerosa&Morbo di Crohn

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CLIN

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L GA

ME

THE

in questo caso, la diagnosi di colite ulce-rosa fulminante, una forma idiopatica di malattia infiammatoria intestinale, è stata sospettata sin dall’inizio sulla base della storia del paziente, dall’esame obiettivo, e dai risultati dei test di laboratorio. Endoscopica e biopsia hanno confermato la diagnosi. Il sanguinamento rettale rosso vivo indicava che la fonte dell'emorragia era probabilmen-te il tratto gastrointestinale inferiore. La presenza contemporanea di dolori e crampi addominali, diarrea, tenesmo e la febbre, ha suggerito come un processo infiammatorio avesse danneggiato la mucosa del colon. I risultati della colonscopia due anni prima della presentazione in PS hanno reso impro-babile una neoplasia. Più convincenti sono stati la continuità e il carattere del danno della mucosa individuati all’endoscopia e i risultati istopatologici, che deponevano per la diagnosi di colite ulcerosa. Inoltre la durata dei sintomi ha suggerito un processo infiammatorio cronico e le cause infettive di colite sono state escluse.Negli Stati Uniti, si stima che la colite ulcerosa abbia rispettivamente un'inciden-za di 7.3 e una prevalenza di 116 per 100.000 persone. L'età del picco d’insorgenza è 15-25 anni, con un secondo picco a 40-60 anni. Singolarmente, il fumo sembra giocare un ruolo protettivo contro lo sviluppo della

colite ulcerosa, ed è stato proposto che il secondo picco di incidenza in parte rappre-senti pazienti che hanno smesso di fumare a un'età successiva. La ricerca suggerisce che l'eziologia e la patogenesi della colite ulcero-sa siano di natura multifattoriale, con una combinazione di predisposizione genetica, antigeni batterici, e alterazione dell'immu-nità mucosale responsabile per lo sviluppo della malattia. All’esame istopatologico, la colite ulcerosa è caratterizzata da infiammazione linfo-plasmacitica della mucosa e sottomucosa, con neutrofili sparsi nella lamina propria. I neutrofili generalmente danneggiano l'epi-telio della cripta e possono raccogliersi nella base delle cripte, formando ascessi. Poche settimane dopo l'insorgenza della malattia, si possono evidenziare le caratteristiche di distorsione architettonica delle cripte; questi cambiamenti cronici sono una risposta rige-nerativa non specifica a lesioni precedenti. Non si verificano, invece, come confermato nel caso in questione, granulomi profondi e infiammazione transmurale, due caratteri-stiche proprie della malattia di Crohn,. Classicamente, la colite ulcerosa è insidiosa fin dall’esordio. I pazienti affetti presentano frequente passaggio di sangue con le feci e tenesmo. L'intensità dei sintomi generalmen-te è correlata con il grado di coinvolgimento

DisCussioNE

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BiBLioGraFia

Tratto dahttp://www.medscape.org/viewarticle/724355A 61-Year-Old Man With Crampy Abdomi-nal Painkristin A. Olson, MD; Sarah M. Dry, MD

Smoking and inflam-matory bowel disease: trends in familial and sporadic cohorts. Inflamm Bowel Dis. 2007;13:573-579.

What is the origin of ulcerative colitis? Still more questions than answers. Postgrad Med J. 2006;82:620-625. Surgical Pathology of the GI Tract, Liver, Bi-liary Tract, and Pancre-as. 2nd ed. Philadelphia, PA: Saunders Elsevier; 2009.

Gastrointestinal and Liver Disease. 8th ed. Philadelphia, PA: Saun-ders Elsevier; 2006.

Fulminant colitis. J Gastrointest Surg. 2008;12:2157-2159.

anatomico, consentendo la classificazione della malattia come lieve, moderata o grave/fulminante. La maggior parte dei pazienti hanno una forma indolente e limitata al retto e sigma che è caratterizzata da diarrea, intermittente sanguinamento rettale e tene-smo. L'esame fisico è spesso normale a parte il sangue rosso vivo ritrovabile nel canale rettale. Alcuni pazienti presentano sintomi sistemici, compresi movimenti intestinali più frequenti, dolori addominali con crampi, diminuzione dei rumori intestinali, febbre alta, tachicardia, anemia, ipotensione orto-statica, e perdita di peso. Meno del 10% dei pazienti con colite ulcerosa ha un esordio con malattia fulminante, generalmente più frequente negli anziani. La forma fulmi-nante ha un esordio brusco con un ampio coinvolgimento del colon ("pancolite"), con sanguinamento rettale che può richiedere trasfusioni di sangue. Le complicanze più temibili sono: emorragia massiva, megacolon tossico o perforazione intestinale. L’ospeda-lizzazione immediata è spesso necessaria.Nella maggior parte dei casi, la colite ulcero-sa si può gestire in ambito ambulatoriale. Il trattamento va progettato per raggiungere e mantenere la remissione della malattia. La terapia topica e l’acido 5-aminosalicilico (ASA) sono i mezzi di trattamento di prima linea, con steroidi per le fasi acute e immu-

nomodulatori come terapia di mantenimen-to nella malattia refrattaria grave. La forma fulminante richiede particolare attenzione al potenziale sviluppo di megacolon tossico. In questi casi si raccomandano: corticoste-roidi per via parenterale, reidratazione, ripo-so intestinale, supplementazione nutriziona-le, anticoagulanti (basse dosi di eparina) per prevenire la trombosi venosa, che è comune nei pazienti con colite ulcerosa e il monito-raggio dei valori di emoglobina. Se si ottiene la remissione, deve essere iniziato un regime di mantenimento costituito da immunomo-dulatori (ciclosporina, 6-mercaptopurina, o azatioprina) e/o 5-ASA. Nei pazienti con colite ulcerosa fulminante refrattari ai trat-tamenti di prima linea, può essere necessa-ria l'infusione di un farmaco biologico (come infliximab) o la colectomia. Il paziente in questo caso è stato immedia-tamente ricoverato in ospedale e trattato subito con tre unità di sangue compatibi-le, riposo intestinale, iperalimentazione parenterale, e prednisolone. Poco dopo, è stato aggiunto 5-ASA, i sintomi si sono risolti gradualmente, ed è stato dimesso. Negli anni successivi le riacutizzazioni della malattia sono stati diverse e anche gravi, così si è deciso d’intervenire con una colectomia che ha determinato completa remissione dei sintomi.

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