confronto tra due dosaggi diversi di metadone e tramadolo ... · analgesia and in methadone 0.3...
TRANSCRIPT
UNIVERSITA’ DI PISA
Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria
Confronto tra due dosaggi diversi di metadone e tramadolo per l’ovariectomia
nella specie felina
Candidato: Grella Cinzia Relatori: Prof. Breghi Gloria
Dott. Briganti Angela
ANNO ACCADEMICO 2010-2011
A mia madre e mio padre per i sacrifici fatti
affinché io potessi realizzare un sogno
INDICE
RIASSUNTO/ABSTRACT pag. 6
INTRODUZIONE pag. 7
Capitolo 1
Il dolore
1.1 Definizione pag. 9
1.2 Classificazione di dolore pag. 10
1.3 Fisiologia e fisiopatologia del dolore pag. pag. 11
1.3.1. Trasduzione e trasmissione pag. 12
1.3.2 Modulazione pag. 14
1.3.3 Proiezione pag. 16
1.3.4 Percezione pag. 16
1.4 La risposta sistemica al dolore pag. 18
1.5 Il dolore postoperatorio pag. 20
1.5.1 Implicazioni per la gestione del dolore
postoperatorio pag. 21
Capitolo 2
Il riconoscimento e la valutazione del dolore
2.1 La risposta al dolore pag.23
2.2 La misurazione del dolore pag. 24
2.2.1 Alla ricerca di un sistema valutativo efficace pag. 28
2.2.2 Scale del dolore comportamentali per il dolore
chirurgico e traumatico pag 36
2.2.3 La valutazione del dolore nel gatto pag. 44
Capitolo 3
La terapia del dolore nel gatto
3.1 Il metabolismo dei farmaci nel gatto pag. 48
3.2 I farmaci analgesici pag. 48
3.2.1 Gli oppioidi pag. 49
3.2.1.1 Morfina pag. 52
3.2.1.2 Butorfanolo pag. 52
3.2.1.3 Buprenorfina pag. 53
3.2.1.4 Metadone pag. 54
3.2.1.5 Fentanyl pag. 55
3.2.1.6 Meperidina o Petidina pag. 56
3.2.1.7 Tramadolo pag. 56
3.2.2 FARMACI ANTI-INFIAMMATORI
NON STEROIDEI pag. 58
3.2.3 Farmaci α2-agonisti pag. 60
3.2.4 Derivati fenilciclidinici pag. 61
3.2.5 Anestetici locali pag. 62
Capitolo 4
Studio clinico
4.1 Scopo del lavoro pag. 63
4.2 Materiali pag. 63
4.3 Metodi pag 66
4.4 Analisi statistica pag. 71
4.4.1 Risultati pag. 72
4.5 Discussione pag. 80
4.6 Conclusione pag. 84
Bibliografia pag. 86
Ringraziamenti pag.106
Riassunto Parole chiave: gatto, ovariectomia, analgesia, tramadolo, metadone I sistemi di valutazione del dolore e la terapia analgesica nel gatto sono migliorati solo negli ultimi anni. Il presente studio ha confrontato l’effetto analgesico di due farmaci somministrati a due dosaggi diversi ciascuno, rispettivamente tramadolo 2 mg/kg e 3 mg/kg e metadone 0,2 mg/kg e 0,3 mg/kg. Nello studio sono state incluse 24 gatte sottoposte a ovariectomia preventiva, premedicate per via intramuscolare con medetomidina 30 mcg/kg, ketamina 3 mg/kg e midazolam 0,2 mg/kg. Durante la procedura chirurgica sono stati monitorizzati i parametri cardiovascolari e respiratori per valutare il piano anestetico ed analgesico dei pazienti. La valutazione del dolore nel periodo postoperatorio, è stata effettuata mediante una scala multiparametrica del dolore e, in maniera sperimentale, tramite un questionario compilabile dal proprietario per la valutazione delle modificazioni comportamentali in ambiente casalingo. Il tramadolo a 2 mg/kg è stato il dosaggio che ha fornito miglior analgesia nel periodo intraoperatorio ma minore capacità analgesica nel periodo postoperatorio considerando la maggior media di punteggi con la scala del dolore. Il gruppo trattato con tramadolo 3 mg/kg ha manifestato segni clinici riconducibili ad una minore analgesia ed in quello trattato con metadone 0,3 mg/kg il piano anestetico è stato gestito con maggior dosaggi di propofol ma l’analgesia è stata conservata nel periodo postoperatorio con lievi o assenti modificazioni del comportamento nei due giorni successivi. In entrambi i gruppi trattati con metadone si sono manifestati casi di disforia ed agitazione.
Abstract Key-words: cat, ovariectomy, analgesia, tramadol, methadone Pain assessment systems and analgesic therapy in cat have improved only in the last few years. In this study effects of two analgesic drugs two different dosages have been compared: tramadol 2 mg/kg and 3 mg/kg and methadone 0.2 mg/kg and 0.3 mg/kg . In the study 24 female cats, that underwent ovariectomy surgery, were enrolled. Cats were premedicated intramuscularly with medetomidine 30 mcg/kg, ketamine 3 mg/kg and midazolam 0.2 mg/kg. During surgery cardiovascular parameters have been monitored, in order to assess patients’ anaesthetic and analgesic level. Postoperatively pain assessment was performed using a multiparametric pain scale and, experimentally, through a questionnaire done by the owner in order to evaluate behavioral changes in domestic environment. Tramadol 2 mg/kg provided better analgesia intraoperatively but lower analgesic performance postoperatively considering pain scale average values. Tramadol 3 mg/kg treated group displayed lower analgesia and in methadone 0.3 mg/kg treatment group anaesthetic level has been managed with higher propofol dosages but analgesia has been kept in postoperative period with slight or none differences of behavior in the two following days. In both groups treated with methadone dysphoria and restlessness cases appeared.
Introduzione
7
Introduzione
La scienza del dolore e della sua terapia ha raccolto l’attenzione e l’interesse di
tutti negli ultimi decenni grazie anche alla crescita esponenziale
dell’informazione scientifica ed un sempre crescente numero di modalità
terapeutiche (Gaynor & Muir, 2002).
Nella maggior parte della storia, le società civilizzate hanno condiviso un’etica
di rispetto riguardo il trattamento degli animali, sebbene fosse minimalista.
Tale etica, ritrovata anche nella Bibbia, proibiva atti di crudeltà sugli animali,
dove la crudeltà era intesa come inflizione di dolore e sofferenza inutile,
deliberata, volontaria, senza scopo, sadica, deviata. Nonostante ciò alcune
pratiche, come la marchiatura a fuoco, la castrazione senza anestesia,
l’addestramento degli animali con l’uso di rinforzi negativi, l’avvelenamento,
l’amputazione di arti o l’uso intensivo di animali nella ricerca, venivano tutte
ritenute inflizioni di dolore e sofferenza “necessarie” ed “accettabili”, pertanto
non rientravano sotto la definizione di crudeltà (Gaynor & Muir III, 2002).
Negli ultimi 30 anni le civiltà hanno esteso la vecchia etica a favore
dell’eliminazione del dolore e della sofferenza inutili in un senso più ampio
rispetto alla tradizionale “mentalità anticrudeltà”. Il punto centrale della nuova
etica è la realizzazione che il dolore e la sofferenza incontrollati probabilmente
rappresentano il peggior sintomo che possiamo rilevare negli animali, per cui il
controllo del dolore, in tutte le aree in cui sono coinvolti animali, è un obbligo
morale (Rollin, 2000).
Ancora più recente è la filosofia secondo cui gli animali abbiano pensieri, stati
mentali e sentimenti e che, non essendo mediati dal linguaggio, il dolore, la
paura e lo stress possono essere sensazioni possibilmente peggiori rispetto a
Introduzione
8
quelle umane (Rollin, 2000). L’inabilità di comunicare non nega in alcun modo
la possibilità che un individuo provi dolore e richieda un trattamento
analgesico (IASP, 1994).
Il dolore incontrollato non è solamente un problema etico nel momento in cui
viene fatto persistere, ma è anche biologicamente deleterio. Il dolore non
trattato è uno dei principali stressori biologici ed influenza negativamente
numerosi aspetti della salute, dalla guarigione delle ferite alla resistenza alle
malattie infettive. Il dolore deve essere trattato perché influenza il normale
comportamento dell’animale, riducendone le principali funzioni biologiche ed
alterandone i rapporti con uomo ed altri animali; altera i parametri fisiologici
del paziente; aumenta l’attività del sistema nervoso simpatico a scapito della
perfusione degli organi, altera il normale metabolismo e l’attività
neuroendocrina (Corletto, 2010).
Il riconoscimento e la valutazione del dolore sono compiti difficili ed a volte
rischiosi. Il veterinario si trova in una posizione difficile poiché, oltre ad avere
meno confidenza con i pazienti e le loro abitudini quotidiane, deve valutare i
pazienti in un ambiente percepito estraneo e potenzialmente pericoloso, che
influenza fortemente il comportamento degli animali.
Alla luce di questo, la descrizione dettagliata dei cambiamenti
comportamentali dell’animale da parte del proprietario può essere molto utile
nello stabilire la diagnosi di dolore (Hellebrekers, 2000).
Al fine di alleviare effettivamente il dolore negli animali è necessaria una
dettagliata conoscenza della fisiologia del dolore, incluso le vie del dolore, le
tipologia di mediatori chimici e di recettori coinvolti. Solo allora potranno
essere ottimizzati i differenti tipi di protocolli analgesici applicati al fine di
ottenere il massimo sollievo dal dolore (Hellebrekers, 2000).
Capitolo 1
9
Capitolo 1
Il dolore
1.1 Definizione
Il dolore può essere definito come un’esperienza sensoriale ed emotiva
spiacevole, associata ad un danno tissutale reale o potenziale, oppure
esperienza descrivibile come tale danno (International Association for the
Study of Pain: IASP, 1993).
Questa esperienza sensoriale ed emotiva, negli animali provoca azioni motorie
protettive, come la fuga, e può modificare i tratti del comportamento specie-
specifico, incluso il comportamento sociale (Morton et al., 2005). Le
modificazioni comportamentali nell’animale, che è cosciente del danno o della
minaccia, sono volte a ridurre o ad evitare il danno, a ridurre la probabilità
della sua ricorrenza ed a promuovere il suo sollievo (Molony & Kent, 1997).
Secondo la definizione dell’IASP, il dolore implicherebbe la coscienza. In
realtà il paziente anestetizzato non ha una percezione del dolore poiché lo
stimolo è impossibilitato a raggiungere la corteccia cerebrale dove gli stimoli
vengono integrati, processati e riconosciuti. Dunque in anestesia è necessario
parlare di nocicezione (Fonda, 2009).
In ogni caso rimane difficile esprimere l’aspetto multidimensionale del dolore
negli animali ed i limiti della loro partecipazione emotiva ad esso, essendo la
risposta individuale e la tolleranza al dolore variabili in ogni individuo sebbene
basato su meccanismi fisiologici identici (Fonda, 2009).
Capitolo 1
10
1.2 Classificazione di dolore
L’esperienza dolorifica include il rilevamento di un danno tissutale dal sistema
nervoso (nocicezione), la percezione cosciente del dolore, modificazioni
comportamentali e vari gradi di malattia e sofferenza in risposta al dolore
(Willis, 1997).
Il dolore nocicettivo, detto anche fisiologico, si verifica quando uno stimolo
che induce un minimo o nullo danno tissutale attiva le fibre nervose sensitive
ad alta soglia, allarmando l’organismo di un potenziale evento tissutale
dannoso (Willis, 1997). Il dolore fisiologico è ben localizzato, transitorio e
gioca un ruolo principale nei normali meccanismi di difesa dell’organismo
avviando i riflessi di difesa e le reazioni di fuga (Willis, 1997).
Il dolore patologico, non nocicettivo, invece, si manifesta di conseguenza ad
uno stimolo intenso e prolungato che induce danno (Muir III, 2001).
Il dolore patologico può insorgere anche spontaneamente in assenza di stimoli
nocivi (nell’ipersensibilità), come una risposta esagerata ad uno stimolo nocivo
(iperestesia) e come risposta ad uno stimolo normalmente innocuo (allodinìa)
(Muir III, 2001).
Il dolore patologico viene tradizionalmente ed arbitrariamente classificato in
base al tempo trascorso dall’insorgenza dei sintomi in dolore acuto (ore) e
dolore cronico (giorni ed anni) (Muir III, 2001). Una visione più
contemporanea lo classifica come adattativo, che rappresenta una risposta
normale ad un danno tissutale e non adattativo, in cui evolve la prima forma
se non correttamente gestita (Woolf, 2004).
La classificazione del dolore può avvenire anche in base al suo meccanismo
patogenetico, ovvero può essere infiammatorio, neuropatico, oncogeno ed
idiopatico (Lerche & Muir, 2008).
Capitolo 1
11
Altre classificazioni del dolore tengono conto dell’origine dello stimolo
nocivo, distinguendo dolore viscerale (proveniente dai visceri interni toracici,
addominali e dell’apparato riproduttivo), dolore somatico (superficiale,
proveniente dalla cute) e dolore profondo (proveniente da muscoli, tendini,
articolazioni ed ossa) (Lerche & Muir, 2008).
Alcune procedure chirurgiche o patologie possono esitare in più di uno di
questi tipi di dolore (come nell’ovariectomia) (Lerche & Muir, 2008). Per
questo motivo, alcuni autori rivolgono un’attenzione particolare al dolore
chirurgico, che nasce come un dolore infiammatorio e può evolvere in dolore
neurogeno ed al dolore riferito o riflesso, proveniente da organi interni ma
localizzato in sede somatica (Fonda, 2009).
1.3 Fisiologia e fisiopatologia del dolore
La nocicezione consiste nella trasduzione, ovvero la trasformazione di uno
stimolo nocivo in un potenziale di azione (Lerche & Muir, 2008). Seguono la
trasmissione, con cui gli impulsi elettrici vengono condotti al midollo spinale;
la modulazione, attraverso cui il midollo spinale amplifica o sopprime gli
impulsi; la proiezione, nel momento in cui gli impulsi giungono all’encefalo
(Lerche & Muir, 2008). Per la percezione è necessario che gli impulsi siano
integrati, processati e riconosciuti dalla corteccia cerebrale, allora si parlerà di
dolore (Lerche & Muir, 2008).
Capitolo 1
12
Figura 1.1: Schema della trasmissione del segnale dolorifico.
1.3.1. Trasduzione e trasmissione
Molti nocicettori sono polimodali per cui rispondono a svariate tipologie di
stimoli nocivi (termici, meccanici, chimici o elettrici). Altri nocicettori, invece,
rispondono esclusivamente a stimoli termici o meccanici (Raja et al., 1999).
Tra gli agenti chimici in grado di stimolare i recettori, è importante l’azione
esercitata da composti endogeni, quali idrogenioni, ioni potassio, bradichinina
ed ATP, liberati a seguito di danni a carico delle membrane cellulari (Corletto,
2010). La bradichinina attiva la fosfolipasi che, a partire dai lipidi contenuti
nelle membrane cellulari sintetizza prostaglandine e leucotrieni, i quali attivano
i recettori per il dolore, fino a quel momento in stato quiescente, e
sensibilizzano maggiormente quelli attivi, aumentandone la risposta agli
stimoli nocivi nel sito del danno tissutale (iperalgesia primaria o periferica)
(Corletto, 2010).
Capitolo 1
13
I nocicettori codificano l’intensità, la durata, la localizzazione e la tipologia di
stimolo che ricevono e lo trasformano in un potenziale elettrico che attraverso
le fibre sensitive viene trasmesso al midollo spinale (Muir, 2001).
Le fibre sensitive si classificano sulla base della funzione, della mielinizzazione
e della modalità con cui conducono l’impulso elettrico (Kendel, 1991).
Fibre Aβ – mielinizzate, larghe, a bassa soglia e quindi attivate da stimoli di
bassa intensità; normalmente trasmettono stimoli non nocivi, come il tatto, la
pressione ed il movimento. Conducono l’impulso elettrico rapidamente (30-70
m/s) e ricevono il potenziale da recettori specializzati localizzati alle estremità
dendritiche distali (Doubell et al., 1999).
Fibre Aδ e C – le prime sono lievemente mielinizzate, le seconde non
mielinizzate, conducono l’impulso più lentamente; entrambe sono ad alta
soglia per cui vengono attivate da stimoli di maggior intensità (Doubell et al.,
1999).
Tutte le fibre sensitive accedono al midollo spinale attraverso le radici dorsali
dei nervi spinali e si separano per trarre connessione con i neuroni di secondo
ordine presenti nelle varie lamine del corno dorsale del midollo spinale (Willis
& Coggeshall, 1991). Le fibre Aβ terminano principalmente nelle lamine III,
IV e V del midollo spinale da dove proiettano l’informazione sensoriale
all’encefalo ed integrano l’input sensoriale con l’informazione discendente. Le
fibre Aδ terminano principalmente nella lamina I, ma inviano fibre anche alla
lamina V. Le fibre C terminano nella lamina II (la sostanza gelatinosa) ed
inviano poche fibre alla lamina I e V. Le lamine I e V sono le principali zone
di modulazione del midollo spinale (Doubell et al., 1999). Infatti, a livello
midollare, avviene la prima modulazione degli impulsi sensoriali, che possono
essere amplificati o soppressi da interneuroni eccitatori o inibitori (Lerche &
Muir, 2008).
Capitolo 1
14
1.3.2 Modulazione
I neuroni di secondo ordine con cui instaurano sinapsi le fibre di trasmissione,
che hanno soma nel corno dorsale del midollo spinale, sono principalmente di
due tipi:
• WDR (Wide Dynamic Range) – che rispondono in modo graduale allo
stimolo fino a quando diviene propriamente nocivo;
• NS (Nociceptive Specific) – attivati solo da stimoli dolorifici (Corletto,
2010).
La persistenza dello stimolo dolorifico facilita la sommazione temporale dei
segnali in entrata dalla periferia (wind up), aumentando la sensibilità al dolore
(Corletto, 2010). Sembra che le cellule, continuamente stimolate, producano
maggior quantità di neurotrasmettitore e diventino più efficienti nella
trasmissione e nell’amplificazione del segnale. Se la stimolazione persiste in
modo cronico, i campi recettoriali dei neuroni WDR si allargano ed anche
stimoli non nocivi saranno in grado di attivarli. Tale fenomeno è chiamato
iperalgesia secondaria (Corletto, 2010).
L’attività eccitatoria è modulata da una grande varietà di recettori pre- e post-
sinaptici per gli oppioidi (µ, δ e κ), noradrenercici (α-1, α-2) e muscarinici
(Baba & Kohno, 1998; Baba & Shimoji, 2000; Baba & Goldstein, 2000). Il
bulbo rostro-ventromediale è una regione di importanza vitale per
l’integrazione e la processazione dell’informazione nocicettiva ascendente e la
modulazione dell’impulso discendente dall’encefalo (Fields, 1991). Questa
regione contiene neuroni inibitori ed eccitatori che amplificano o inibiscono i
riflessi nocicettivi ed i comportamenti responsivi al dolore (Fields & Basbaum,
1999).
Capitolo 1
15
Secondo la “teoria del cancello”, proposta inizialmente da Melzack e Wall nel
1965, le fibre a bassa soglia Aβ e le fibre ad alta soglia C modulano l’attività
degli interneuroni localizzati nel midollo spinale. Gli interneuroni inibitori
normalmente riducono spontaneamente il potenziale prodotto dai neuroni che
trasmettono l’informazione sensoriale all’encefalo. L’attivazione delle fibre a
bassa soglia Aβ, che normalmente trasmettono stimoli non dolorifici, aumenta
gli effetti degli interneuroni inibitori dei neuroni di proiezione, riducendo
perciò la trasmissione dello stimolo dolorifico all’encefalo (Melzack & Wall,
1965).
Figura 1.2: La teoria del cancello
Lo stimolo dolorifico può favorire il rilascio di oppioidi endogeni, quali
endorfina, encefalina e dinorfina, che agiscono su svariati recettori (µ, δ, κ)
sopprimendo la risposta nocicettiva sia in periferia, che a livello midollare ed
encefalico. Uno degli effetti di questi oppioidi endogeni è quello di inibire il
rilascio di neurotrasmettitori eccitatori locali, inclusi glutammato e sostanza P
(Gaynor & Muir, 2009).
Sia la trasmissione eccitatoria che inibitoria viene modulata a livello midollare
da diversi neurotrasmettitori tra cui l’ATP, la sostanza P ed i prostanoidi che
Capitolo 1
16
favoriscono la trasmissione degli impulsi eccitatori, mentre il GABA, gli
oppioidi, la serotonina e la norepinefrina li inibiscono. Favoriscono, invece, la
trasmissione degli impulsi inibitori la serotonina, la norepinefrina e
l’acetilcolina mentre l’ATP li inibisce (Gaynor & Muir, 2009).
1.3.3 Proiezione
I fasci originanti nelle lamine del midollo spinale si incrociano a livello della
commessura bianca portandosi controlateralmente e l’informazione sensoriale
viene proiettata all’encefalo attraverso le vie ascendenti, quali il tratto
spinotalamico, il tratto spinoreticolare, il tratto spinomesencefalico, il
tratto spinoipotalamico. Questi fasci proiettano le informazioni sensoriali
rispettivamente a talamo, sostanza reticolare, sostanza grigia periacqueduttale
e sistema limbico, ipotalamo (Lerche & Muir, 2008). Alcuni autori
riconoscono la distinzione di altre vie da queste, ovvero il tratto spino
cervicale, proiettante al talamo laterale (Fonda, 2009), il tratto
spinoparabrachiale, distinto dallo spinoreticolare e proiettante sia al nucleo
parabrachiale laterale amigdaloideo che a quello ipotalamico (Gauriau &
Bernard, 2002), e diverse vie spinolimbiche (Willis & Westlund, 2004),
proposte per le proiezioni che terminano in amigdala centrale, nuclei settali,
nucleo accumbens, nucleo principale della stria terminale ed in altre aree della
corteccia limbica (Cliffer, 1991).
1.3.4 Percezione
L’integrazione, la processazione e il riconoscimento di un’informazione
sensoriale, detta appunto percezione, avviene nelle diverse aree sopra
menzionate dell’encefalo, che comunicano attraverso interneuroni per
Capitolo 1
17
produrre una risposta integrata che riflette la collaborazione tra gli impulsi
somatosensoriali eccitatori in ingresso e le risposte vegetative e motorie
(Gaynor & Muir III, 2009).
Figura 1.4: Regioni dell’encefalo collegate alle varie funzioni e risposte
La sostanza reticolare è un centro fondamentale per l’integrazione delle
esperienze sensoriali ed i conseguenti aspetti affettivi ed emozionali del dolore
grazie alle proiezioni che emette verso il talamo mediale ed il sistema limbico.
Inoltre essa media le risposte motorie, vegetative ed endocrine (Gaynor &
Muir, 2009).
Il talamo integra e trasmette informazioni alla corteccia somatosensoriale, che
a sua volta proietta alle aree associative corticali adiacenti, tra cui il sistema
limbico (Chapman, 1996). Il sistema limbico include il cingulate gyrus
(coinvolto nel comportamento e nelle emozioni), l’amigdala (responsabile
della paura e dell’ansia), l’ippocampo (per la memoria), l’ipotalamo (collegato
all’omeostasi ed al sistema nervoso vegetativo) ed il locus coeruleus (coinvolto
nell’eccitazione,vigilanza e comportamento) (LeDoux & Iwata, 1988; Charney
Capitolo 1
18
& Grillon, 1998). L’estensione caudale del sistema limbico, detta sostanza
grigia periacqueduttale, riceve l’informazione discendente dalla corteccia,
dall’amigdala e dall’ipotalamo e le proiezioni ascendenti dal midollo spinale,
della sostanza reticolare e del midollo allungato (Gaynor & Muir, 2009). La
sostanza grigia periacqueduttale è considerata un’importante stazione per
l’invio di input modulatori eccitatori ed inibitori, contribuendo soprattutto
all’analgesia da oppioidi endogeni. Si connette al bulbo rostro-ventromediale
ed alla sostanza reticolare da cui le fibre adrenergiche e serotoninergiche
discendono fino al corno dorsale del midollo spinale, espletando effetti
inibitori o antinocicettivi (Heinricher, 1997; Thurmon et al., 1996).
Collettivamente questi centri processano l’informazione sensoriale che si
manifesta in paura, ansietà ed aggressività ed attiva le vie efferenti che
mediano le risposte vegetative, neuroendocrine e motrici (Gaynor & Muir,
2009).
1.4 La risposta sistemica al dolore
Per riconoscere e valutare il dolore il veterinario deve essere consapevole degli
effetti che questo ha sia a livello del sistema nervoso autonomo, sia delle
conseguenze sensitive, affettive e cognitive (Fonda, 2006).
Il dolore induce risposte segmentali e soprasegmentali che si manifestano con
aumento del tono simpatico, vasocostrizione, aumento delle resistenze
sistemiche, aumento della gittata cardiaca, aumento della frequenza cardiaca,
aumento del lavoro miocardico attraverso l’aumento del metabolismo basale e
del consumo di ossigeno, riduzione del tono gastrointestinale e urinario,
aumento del tono dei muscoli scheletrici (Thurmon et al., 1996).
Capitolo 1
19
Al centro dell’integrazione delle risposte comportamentali autonome e
neuroendocrine c’è l’ipotalamo (Fonda, 2006). L’ipotalamo, infatti, oltre ad
essere direttamente raggiunto dalle vie ascendenti del dolore, partecipa alla
modulazione della risposta inibitoria sotto l’influenza del sistema limbico
(Fonda, 2006). In risposta a stimoli dolorifici viene liberato il CRF
dall’ipotalamo che stimola l’ipofisi anteriore ad aumentare la secrezione di
ACTH, che a sua volta induce la corticale del surrene ad aumentare la
liberazione di cortisolo. Il cortisolo attiva il metabolismo corporeo e la
produzione di energia mediante la liberazione di catecolamine, ma effettua
anche un feed-back negativo sull’ipotalamo in un meccanismo di
autoregolazione (Fonda, 2006). Se viene a mancare il feed-back negativo,
come in caso di dolore cronico, il cortisolo in eccesso causa grave depressione
e la graduale depauperazione delle risposte cognitive allo stress, per azione
diretta sui recettori per i glucocorticoidi delle cellule dell’ippocampo (Fonda,
2006).
Altre risposte endocrine includono aumento della secrezione di ormone
antidiuretico, GH, cAMP, renina, angiotensina II, aldosterone, glucagone ed
interleukina 1 con concomitante riduzione della secrezione di insulina e
testosterone (Wright & Woodson, 1990). Metabolicamente questo si traduce
in uno stato catabolico caratterizzato da iperglicemia, aumento del
catabolismo proteico e lipolisi, ritenzione renale di sodio ed acqua con
maggior escrezione di potassio, e riduzione della filtrazione glomerulare. La
stimolazione nocicettiva dei centri nervosi superiori causa aumento della
frequenza respiratoria a discapito di una corretta ventilazione. A livelli
corticali, ansietà intensa e paura incrementano le risposte simpatiche riflesse, e
contribuiscono ad incrementare la viscosità ematica, prolungare il tempo di
Capitolo 1
20
coagulazione, determinare fibrinolisi e favorire l’aggregazione piastrinica
(Thurmon et al., 1996; Wright & Woodson, 1990).
Questi effetti costituiscono la classica “risposta allo stress”, l’intensità e la
durata della quale eguaglia il grado di danno tissutale, che spesso persiste per
più giorni (Bonica, 1990). La risposta allo stress è un adattamento
evoluzionistico sviluppatosi per ottimizzare la sopravvivenza nel periodo
immediatamente successivo al trauma; comunque la sua persistenza può essere
deleteria per il paziente. Pertanto, l’attenuazione della risposta allo stress è una
componente importante in ogni strategia di gestione del dolore (Lamont et al.,
2000).
1.5 Il dolore postoperatorio
Il dolore chirurgico è un dolore clinico che si manifesta in un tempo
relativamente breve, per cui rientra nella definizione di acuto, ma le cui
conseguenze e complicazioni possono dare origine a dolore cronico, anche
neuropatico (Fonda, 2009).
Il trattamento analgesico deve iniziare preventivamente rispetto all’intervento
e dovrebbe protrarsi per tutto il tempo della cicatrizzazione poiché tra gli
effetti dovuti ad una vera e propria lesione tissutale (da compressione, da
trazione, da dieresi e da sutura), sono da annoverare la nocicezione
intraoperatoria, il dolore infiammatorio postoperatorio ed il dolore
potenzialmente neuropatico (Fonda, 2009). Gli effetti di questa combinazione
sono visibili a livello sistemico, come già detto, risultanti dalla risposta spinale,
segmentale-spinale e sopraspinale (Fonda, 2009).
Capitolo 1
21
1.5.1 Implicazioni per la gestione del dolore postoperatorio
L’obiettivo nella gestione del dolore dovrebbe essere quello di minimizzare il
dolore patologico debilitante, mantenendo gli aspetti protettivi ed adattativi
associati al dolore fisiologico. Con questa mentalità, sono svariate le strategie
che possono essere impiegate per ottimizzare gli interventi terapeutici
(Lamont et al., 2000).
La prima di queste strategie è l’analgesia preventiva. La plasticità del sistema
nervoso in risposta a stimolo nocivi è stata ben chiarita. Iniziare il trattamento
prima di un insulto acuto sembra possa inibire i processi di sensibilizzazione
periferica e centrale (Woolf & Chong 1993).
Figura 1.5 Schema della logica alla base dell’analgesia preventiva
La seconda strategia coinvolge la combinazione di sostanze analgesiche e
tecniche per raggiungere effetti analgesici sinergici ed addizionali, si parla
infatti di analgesia multimodale e bilanciata. Con questo approccio, è possibile
Capitolo 1
22
usare dosi farmaceutiche inferiori, riducendo quindi anche gli effetti collaterali
degli agenti analgesici comunemente usati (Kehlet & Dahl, 1993).
Capitolo 2
23
Capitolo 2
Il riconoscimento e la valutazione del
dolore
2.1 La risposta al dolore
Il livello di dolore è considerato il quinto segno vitale nei pazienti umani
(McCaffrey, 1997) e le strutture ospedaliere includono nell’approccio
istituzionale al paziente la valutazione e la gestione del dolore (Staats, 2000).
Gli animali possono rispondere al dolore essenzialmente in due modi,
iperattività o letargia (Hall & Clarke, 1991). Un’altra classificazione delle
risposte degli animali al dolore suggerisce 4 categorie (Molony & Kent, 1997;
AVTRW, 1989): quelle risposte che modificano il comportamento animale
con l’apprendimento e permettono così all’animale di evitare la ricorrenza
dell’esperienza; quelle che spesso sono automatiche e che proteggono
l’animale parzialmente o completamente (risposta di fuga); quelle che
minimizzano il dolore e che favoriscono la guarigione, infine quelle che
mirano al conseguimento di aiuto o che fermano un animale dall’inflizione di
più dolore.
L’assenza del comportamento normale è il segno più evidente di dolore negli
animali, motivo per cui è essenziale avere dimestichezza con i normali modelli
comportamentali delle varie specie. Inoltre, nonostante le variazioni
comportamentali individuali e specie-specifiche, gli animali condividono
alcuni segni tipici di dolore, quali cambiamenti nei modelli comportamentali,
Capitolo 2
24
nell’aspetto, nella postura, nell’andatura, nell’appetito, nella risposta alle
manualità e nel peso (AVTRW, 1989).
Nel dolore acuto grave, gli animali possono avere segni di ansietà,
cambiamenti nell’espressione degli occhi, irrequietezza, debolezza,
cambiamenti nell’appetito, cambiamenti nella personalità, aumento o
riduzione dell’attività fisica, automutilazione e vocalizzazioni (Short, 1998).
La salivazione eccessiva, la midriasi, la tachipnea, la tachicardia, e varie
modificazioni biochimiche (come l’iperglicemia, ipercortisolemia, l’aumento
dell’ACTH ematico e la concentrazione di catecolamine) possono essere
considerati altri segni clinici indiretti di dolore (Muir & Bichard, 1997).
Sebbene i segni di dolore siano ben conosciuti, nessuno di questi, presi
singolarmente o insieme, dà una prova definitiva di dolore. Inoltre, sebbene
potrebbe essere facile stabilire se un animale provi dolore o meno, è molto più
difficile valutarne il grado.
2.2 La misurazione del dolore
Può essere particolarmente difficile valutare il grado di dolore sperimentato
dagli animali e la loro capacità di far fronte a questa sensazione (Mathews,
2000). In un sondaggio effettuato in Canada nel 1996 (Dohoo, 1996), uno dei
fattori che influenzerebbe maggiormente l’utilizzo di routine di farmaci
analgesici nel periodo postoperatorio, sarebbe l’errata percezione, da parte del
veterinario, del grado di dolore provato dagli animali.
Esistono molte somiglianze tra gli animali e l’uomo per quanto riguarda la
percezione del dolore (Morton & Griffiths, 1985). Le soglie a cui gli esseri
umani e gli animali rilevano dolore o avviano una risposta di fuga o avversione
Capitolo 2
25
sono abbastanza simili (Lascelles, 1996). Queste somiglianze in passato hanno
suggerito che l’antropomorfismo potrebbe essere un approccio ragionevole
per iniziare una valutazione del dolore negli animali (Haskins, 1988). Ad ogni
modo l’antropomorfismo non è applicabile in tutte le circostanze, ed è
necessario un modo più oggettivo nella misurazione del dolore
(Sukumarrannair, 2002).
Ogni animale sperimenta e manifesta il dolore in un modo singolare. Sebbene
possa essere difficile quantificare il dolore, ci sono posizioni corporee
caratteristiche e comportamenti tipici che diventano riconoscibili in ogni
animale che stia provando dolore (Muir & Gaynor, 2008). L’importanza del
comportamento come un indicatore di dolore negli animali è stato evidenziato
da molti scienziati (Morton & Griffiths, 1985; Bateson, 1991; Short, 1998). Il
vantaggio di usare parametri comportamentali sta nel fatto che i cambiamenti
comportamentali sono immediati nella loro manifestazione, al contrario degli
indici fisiologici, che necessitano di tempo per essere quantificati (Mellor et al.,
2000; Mellor, 1997). Usando il comportamento come un indice di dolore,
devono essere considerati svariati altri fattori come la razza, la variabilità
genetica, l’età, il sesso, la fase riproduttiva, il contesto sociale, la densità di
gruppo, la misura della gabbia o del recinto, l’assunzione di acqua e cibo,
l’ambiente circostante, la presenza di problemi preesistenti, inclusi problemi
sia di ordine medico che comportamentale (AVTRW, 1989).
Infatti gli animali più giovani tenderanno a sopportare meno il dolore
manifestando possibilmente più vocalizzazioni, mentre gli animali più anziani
appariranno più rassegnati ma tenderanno ad essere più aggressivi. Alcune
razze hanno apparentemente soglie del dolore più basse (come per la specie
canina nelle razze Toy, il Syberian Husky ed il Greyhound) (Lerche & Muir,
Capitolo 2
26
2008). Altri animali tenderanno generalmente ad essere meno tolleranti il
dolore a prescindere da razza ed età (Lerche & Muir, 2008).
Mathews nel 2000 ha elencato tutti i segni comportamentali e le caratteristiche
fisiologiche associate a dolore nel cane e nel gatto (Mathews, 2000).
Postura Anormale
• Si guarda l’addome o addome teso
• Posizione a “preghiera” (con il quarto anteriore in decubito sternale e il quarto posteriore sollevato)
• Seduto o sdraiato in una posizione anormale
• Non riposa in una posizione normale (sternale o incurvato)
• Immobile
Andatura anormale
• Rigidità
• Carico del peso parziale o assente sull’arto dolente
• Zoppia
Movimenti anormali
• Si dimena
• Irrequieto
• Gira in circolo
Vocalizzazioni
• Urla
• Si lamenta (in maniera intermittente, costante o solo quando toccato)
• Piange (in maniera intermittente, costante o solo quando toccato)
• Nessuno
Comportamenti vari
• Si guarda, lecca e lambisce l’area dolente
Capitolo 2
27
• Iperestesia o iperalgesia
• Allodinia
Caratteristiche associate al dolore che potrebbero anche essere associate a scarse
condizioni di salute in generale (Problemi medici)
• Irrequieto o agitato
• Trema
• Tachipnea o dispnea
• Scodinzolìo debole
• Portamento basso della coda
• Risposta al proprietario debole o depressa
• Testa abbassata
• Assenza di grooming
• Appetito ridotto, schizzinoso o anoressico
• Fiacco
• Sdraiato senza movimenti per ore, non sogna
• Stato stuporoso
• Urina e defeca e non prova a muoversi
• Sdraiato ed ignaro dell’ambiente circostante
• Svogliato o incapace a camminare
• Morde o tenta di mordere il proprietario
Possono essere associati ad apprensione ed ansietà
• Irrequieto o agitato
• Trema
• Tachipnea o dispnea
• Scodinzolìo debole
• Portamento basso della coda
• Lento ad alzarsi
• Depresso
• Assenza di grooming
Capitolo 2
28
• Morde o tenta di mordere il proprietario
• Orecchie portate causalmente
• Irrequieto
• Abbaia o ringhia/soffia (in modo intermittente, costante o quando si avvicina il proprietario)
• Seduto in fondo alla gabbia o nascosto sotto una coperta (gatto)
Possono essere comportamenti normali
• Riluttante al movimento della testa (muove solo gli occhi)
• Si stira tutti e quattro gli arti quando gli viene toccato l’addome
• Prolasso del pene
• Lambimento di una ferita o incisione
Segni fisiologici che possono essere associati a dolore
• Tachipnea o respiro affannato
• Tachicardia (leggera, moderata o grave)
• Pupille dilatate
• Ipertensione
• Aumento del cortisolo e dell’epinefrina sierici
Tabella 2.1 : Caratteristiche comportamentali e fisiologiche associate a dolore nel cane e nel
gatto
2.2.1 Alla ricerca di un sistema valutativo efficace
Nello sviluppo di un sistema di valutazione del dolore a punteggi, sono stati
fatti diversi tentativi. I primi riguardavano essenzialmente gli animali di
laboratorio, nelle valutazioni dei quali venivano assegnati punteggi sulla base
di segni fisici e comportamentali, dei cambiamenti di peso corporeo, delle
reazioni riflesse e delle risposte comportamentali agli stimoli esterni (Morton
& Griffiths, 1985).
Capitolo 2
29
In ambito clinico, è stato citato l’uso di un sistema di valutazione del dolore a
punti, basato sulla classificazione ASA (American Society of
Anesthesiologists) (Muir & Bichard, 1997). Questa scala incorpora variabili
come i modelli comportamentali (depresso = 1 punto, normale = 3 punti,
timoroso = 5 punti, eccitato/aggressivo = 10 punti), il livello di dolore
preesistente (nessuno = 1, minimo = 5, moderato = 10, grave = 15), la durata
della procedura chirurgica (< di 1 ora = 2, da 1 a 2 ore = 3, > 2 ore = 5), il
trauma o il dolore indotto dalla chirurgia (minimo = 5, moderato = 10, grave
= 15), e lo stato di salute del paziente (normale = 1, patologia lieve = 2,
patologia grave = 3, patologia compromettente la vita = 4, paziente
moribondo = 5). Sulla base del punteggio ottenuto, gli animali potevano
essere classificati in uno dei tre gruppi (gruppo 1 = punteggio < 20, gruppo 2
= tra 20 e 30, gruppo 3= > 30 punti). A seconda del gruppo di appartenenza,
venivano selezionate le tipologie di farmaci analgesici da somministrare e le
tecniche di somministrazione (ad esempio solo analgesia preventiva o
analgesia preventiva più postoperatoria).
Nella pratica veterinaria, una valutazione approssimativa del dolore viene fatta
preventivamente sulla base della conoscenza delle procedure invasive, dei
traumi e delle patologie cliniche che provocano dolore e che obbligano ad una
terapia analgesica (Mathews, 2000). Sulla base di questa conoscenza è stato
creato un Sistema di valutazione preventivo, Preemptive Scoring System,
che è una scala soggettiva che quantifica il dolore che un individuo crede
l’animale sperimenterà di conseguenza ad una determinata procedura
chirurgica. In generale, maggiore è il danno tissutale previsto, maggiore sarà il
livello di dolore assegnato (Lenexa & Kan, 1997).
Capitolo 2
30
Procedure minori
Visita clinica (contenimento) Esami radiografici Rimozione suture, medicamenti, applicazione bendaggi Taglio delle unghie
NESSUN DOLORE o DOLORE TEMPORANEO
Chirurgie minori
Sutura Cateterismo urinario Detartrase Esame orecchio esterno e pulizia degli orecchi Pulizia ascesso Rimozione corpi estranei cutanei
DOLORE MINORE
Chirurgie di entità moderata
Ovarioisterectomia, castrazione, parto cesareo Onichectomia nel gatto Cistotomia Chirurgia delle ghiandole perianali Estrazione dentaria Rimozione masse cutanee Riparazione di gravi lacerazioni
DOLORE MODERATO
Chirurgie maggiori
Riparazione fratture, LCA Toracotomia, laminectomia, esplorazione laparotomia Amputazione arto Tecalbo
DOLORE GRAVE
Tabella 2.2 : Preemptive Scoring System
I sistemi di valutazione preventivi sono utili nella pianificazione delle strategie
analgesiche ma sono limitate poiché non tengono conto della percezione
soggettiva del dolore da parte dei pazienti e della risposta alle terapia
Capitolo 2
31
analgesica. Dunque i pazienti possono sperimentare più o meno dolore
previsto dal Preemptive Scoring System (Mich & Hellyer, 2008).
Nella valutazione del dolore negli animali sono state usate anche tipologie di
approccio generalmente impiegate con i neonati umani o nelle persone
incapaci a comunicare, in quanto anch’essi sprovvisti della parola, ed in cui la
valutazione del dolore viene generalmente effettuata da parte di un
osservatore. Le scale del dolore più usate in queste categorie di persone sono
basate su criteri come il pianto, le espressioni facciali, la postura ed il
comportamento (McGrath & Unruh, 1989). Le scale usate sono:
� Visual Analogue Scale (VAS);
� Numerical Rating Scale (NRS);
� Simple Descriptive Scale (SDS);
� Multifactorial Pain Scale (MFPS).
Negli animali queste scale sono state usate con delle modificazioni.
Figura 2.1: Visual Analogue Scale
Nella VAS, il clinico pone un segno su una linea di 100 mm che ha agli
estremi i valori “nessun dolore” ed “il peggior dolore possibile”. La posizione
del segno indica la portata di dolore che l’osservatore crede l’animale stia
Capitolo 2
32
sperimentando. La distanza in millimetri del segno dall’estremo “nessun
dolore” rappresenta il punteggio (Hudson et al., 2004).
La VAS è un sistema a punti semioggettivo, la cui validità e ripetibilità è stata
valutata solo nel cane con esito positivo nella valutazione del dolore leggero e
moderato legato a zoppia del cane (Hudson et al., 2004).
Il vantaggio principale di questa scala è legato alla sua semplicità come sistema
quantitativo che fornisce una valutazione generale sull’andamento del dolore
(peggioramento o miglioramento); inoltre non è specie-specifica. Gli svantaggi
includono il concetto che il dolore è un esperienza multidimensionale ma
l’intensità di dolore, così come viene misurata con la VAS, viene ridotta ad un
unico valore (Melzack & Katz, 1999). La VAS può erroneamente apparire
come una scala più sensibile, comparata ad altre scale, risultando in una errata
interpretazione. Questo perché i pregiudizi dell’osservatore giocano un ruolo
chiave nella valutazione del dolore, portando ad una sovrastima o sottostima.
Inoltre l’acutezza visiva tra gli osservatori può influenzare l’accuratezza della
valutazione. Infine, la variabilità degli osservatori, quando più di un operatore
valuta un animale, influenza sicuramente l’accuratezza della VAS (Holton et
al., 1998).
Figura 2.2: Numerical Rating Scale
La NRS è simile alla VAS, ma nella prima l’osservatore assegna un punteggio
su una scala numerica da 0 a 10.
Capitolo 2
33
Figura 2.3: Simple descriptive Scale
La SDS consiste in 4 o 5 espressioni usate per descrivere vari livelli di intensità
del dolore:
• nessun dolore
• dolore lieve
• dolore moderato
• dolore grave
Ogni espressione è assegnata ad un valore numerico che rappresenta il
punteggio dell’animale (Holton et al., 1998).
Anche questa scala è un metodo semioggettivo di valutazione del dolore ed è
più vantaggiosa per la semplicità nell’uso e perché non è influenzata dall’acuità
visiva. Gli svantaggi della SDS, però sono però legati alla limitazione del
numero di categorie, con possibilità di sovrastimare o sottostimare il grado di
dolore e l’efficacia della terapia analgesica (Mich & Hellyer, 2008).
La MFPS è generalmente una combinazione dei valori numerici della SDS a
particolari aspetti del comportamento che possono essere associati al dolore.
Sulla base di questa tipologia di scala, la Colorado State University ha creato,
Capitolo 2
34
nel 1998, una scala di valutazione del dolore a punti che consiste in più
categorie con cui valutare il paziente, con definizioni descrittive del dolore per
ogni categoria (Hellyer & Gaynor, 1998). Ad ogni categoria è associato un
numero intero, che dà quindi la possibilità di non appesantire certe categorie.
La Colorado State University Scale (CSUPS) induce l’osservatore a
valutare certi aspetti del paziente che passerebbero altrimenti inosservati
(come l’aspetto degli occhi, il comportamenti di interazione ed i parametri
fisiologici), per cui garantisce una stima più completa del grado di dolore. Tra
gli svantaggi, questa scala manca di accuratezza e si presenta come solo poco
più sviluppata rispetto alla SDS. Le categorie sono classificate tramite numeri
interi, e ciò suggerirebbe che esistano proporzionalmente pari differenze tra le
categorie, mentre potrebbe non essere così (Firth & Haldane, 1999). Essendo
il trattamento terapeutico limitato ad un punteggio finale, è più facile che il
dolore sia sottostimato in caso di non raggiungimento di un punteggio
adeguato. Inoltre, nel periodo postoperatorio, questa scala potrebbe essere
troppo poco sensibile nel rivelare le differenze tra gli animali che ricevono
analgesici ed animali che non vengono trattati adeguatamente (Hardie et al.,
1997). Insomma la CSUPS potrebbe essere utile solo nell’identificare animali
con dolore estremo che manifestano comportamenti tipici del dolore
apertamente e che sarebbero identificabili anche altrimenti. Inoltre, la CSUPS
potrebbe non essere utile in specie diverse dal cane.
Queste scale sono state applicate sperimentalmente in cane e pecora per
valutare il dolore in queste specie (Welsh et al., 1993; Conzemius et al., 1997;
Holton et al., 1998; Firth & Haldane, 1999).
Sebbene il comportamento sia un utile indicatore di dolore negli animali, può
non essere adeguato considerarlo singolarmente a causa della sua specie-
Capitolo 2
35
specificità. Inoltre, poiché la risposta comportamentale ai diversi trattamenti
dipende dalla tipologia di lesione, è necessario monitorare le risposte
fisiologiche al distress per stimare i relativi effetti di tali trattamenti (Lester et
al., 1996).
Le variabili fisiologiche usate per stimare gli indici di distress corrispondono
alle attività del sistema somatico adrenergico (adrenalina, noradrenalina,
frequenza cardiaca) e del sistema ipotalamo-ipofisi-corticosurrene (cortisolo,
ACTH, CRF) (Mellor & Stafford, 1999; Mellor et al., 2000).
Nonostante i vari indicatori, la valutazione del dolore, con gli strumenti sopra
elencati, risulta ancora problematica per uno svariato numero di motivi.
L’antropomorfismo può non essere un approccio appropriato, sebbene
rappresenti un comodo punto di partenza, considerando l’ampia differenza tra
le capacità cerebrali umane e quelle animali (Mellor et al., 1991). Ci sono poi
molte limitazioni nell’utilizzo indicatori comportamentali nella valutazione del
dolore (Dobromylskyij et al., 2000). L’ambiente estraneo della clinica può
alterare il normale comportamento dell’animale. La presenza del proprietario,
inoltre può influenzare la risposta al dolore. Quando si valuta il dolore negli
animali, bisogna tenere in considerazione le pressioni psicologiche che si
effettuano su di essi ed il contesto (Fraser & Broom, 1990).
I parametri fisiologici come la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria e la
temperatura corporea possono non essere realistici nella rilevazione di dolore
(Conzemius et al., 1997), dal momento che anche questi parametri sono
influenzati da altri fattori, quali l’alimentazione, l’esercizio ed i rumori estranei.
Similmente, anche la midriasi non è uno strumento affidabile a causa delle
complicazioni nella sua interpretazione e valutazione (Holton et al., 1998). La
misurazione dell’adrenalina e noradrenalina circolanti hanno un uso altrettanto
Capitolo 2
36
limitato come preannunciatori di dolore, poiché anch’essi influenzati da altri
fattori. Comunque, tutti questi parametri, benché inefficaci presi
singolarmente, possono essere molto utili come parte di un sistema di
rilevazione e valutazione del dolore integrato (Dobromylskyij et al., 2000).
2.2.2 Scale del dolore comportamentali per il dolore chirurgico e
traumatico
Uno strumento più comprensibile per valutare i comportamenti di dolore è il
Glasgow Composite Measure Pain Score (GCMPS), un questionario
utilizzato nel cane. Il GCMPS sfrutta l’osservazione a distanza, l’interazione e
la palpazione del paziente (Lerche & Muir, 2008) ed è basata su segni
comportamentali specifici ritenuti rappresentativi del dolore nel cane (Holton
et al., 2001). Questo tipo di scala necessita di maggior tempo nella
compilazione e non produce un vero e proprio punteggio (Lerche & Muir,
2008). I comportamenti inclusi nella scala sono stati ricavati da un
questionario destinato ai veterinari. Le espressioni usate per descrivere i
comportamenti tipici del dolore sono stati riassunti in parole chiave e validate
da metodi statistici. I vantaggi potenziali di questa scala sono legati alla
semplice identificazione della presenza o dell’assenza di un certo
comportamento, che quindi limiterebbe l’interpretazione soggettiva ed i
pregiudizi dell’osservatore. Inoltre i termini usati per descrivere i
comportamenti sono definiti specificatamente nella parte finale del
questionario, lasciando poco spazio all’incertezza. I dati fisiologici in questa
scala non sono inclusi, rendendo questa scala più facile da usare e forse più
accurata. Gli svantaggi sono legati all’assenza di un punteggio che
permetterebbe di monitorare il paziente più accuratamente nel tempo ed
Capitolo 2
37
all’assenza di riferimenti al naturale temperamento ed attitudine dell’animale.
Come già detto, questa scala è stata designata solo per la valutazione del
dolore nel cane nel periodo post-chirurgico, sebbene non tenga conto
dell’effetto residuo degli anestetici (Mich & Hellyer, 2008).
Nel tentare di rendere più pratica questa scala, è stata creata la Glasgow
Composite Measure Pain Score Short Form (GCMPS-SF), una
modificazione della GCMPS velocemente applicabile poiché, essendo una
scala numerica che fornisce un punteggio, facilita le decisioni terapeutiche e
permette un miglior monitoraggio del paziente nel tempo. La formula ridotta
permette anche una miglior maneggevolezza. Sebbene in forma numerica, con
i vantaggi conseguenti, la GCMPS-SF mantiene gli stessi svantaggi della scala
originale (Reid et al., 2005).
Capitolo 2
38
Figura 2.4: Glasgow Composite Measure Pain Score Short Form
Capitolo 2
39
L’Università di Melbourne ha creato una scala di valutazione del dolore basata
su risposte comportamentali e fisiologiche specifiche (Firth & Haldane, 1999).
La University of Melbourne Pain Scale (UMPS) consiste in sei categorie di
parametri che includono diverse descrizioni a cui sono assegnati valori
numerici.
Figura 2.5 : University of Melbourne Pain Scale
Capitolo 2
40
L’osservatore deve esaminare le descrizioni in ogni categoria e decidere quale
di esse si avvicina approssimativamente allo stato reale dell’animale. Dunque il
valore di tale descrizione viene aggiunto al punteggio sul dolore del paziente.
Alcune descrizioni si escludono a vicenda, per cui vengono raggruppate
insieme con l’annotazione di sceglierne solo una. Il punteggio sul “mental
status” è quello che in assoluto fa la differenza tra il punteggio del periodo
prechirurgico e postchirurgico. Il punteggio totale minimo è 0; il massimo è 27
punti (Firth & Haldane, 1999).
I vantaggi della UMPS stanno nella maggior sensibilità e specificità data dalla
molteplicità di fattori coinvolti. Questa scala, facendo riferimento a
osservazioni comportamentali specifiche, limita la libera interpretazione ed i
pregiudizi dell’osservatore al pari della Glasgow University Composite
Measure Pain Scale, ma a differenza di questa, tiene conto dell’attitudine e del
temperamento dell’animale precedenti al periodo perioperatorio (Mich &
Hellyer, 2008).
La UMPS è stata creata e studiata per la valutazione del dolore postchirurgico
nel cane, mentre per le altre specie non ne è stata ancora stabilita la specificità.
Lo svantaggio principale consiste nell’impossibilità di considerare piccole
variazioni nel comportamento, soprattutto se il paziente viene monitorato
periodicamente. Inoltre, benché la scala tenga conto del temperamento
dell’animale prima della chirurgia, non può prescindere dalle alterazioni
comportamentali normalmente indotte dall’ambiente clinico, risultando nella
valutazione di pazienti il cui comportamento è già potenzialmente alterato
dallo stress ambientale. Gioca un ruolo fondamentale, inoltre, l’associazione
dell’ambiente clinico ad esperienze passate negative, che possono, pertanto,
alterare il comportamento indipendentemente dal temperamento dell’animale
(Mich & Hellyer, 2008).
Capitolo 2
41
La Colorado State University Veterinary Medical Centre ha successivamente
creato una scala composita prelevando le caratteristiche più pratiche ed utili
dalla UMPS, dalla GCMPS, dalla GCMPS-SF e dalla SDS, unendole in un
formato a pagina singola e facile da usare (Hellyer et al., 2006). La valutazione,
seguendo questa scala, inizia con l’osservazione del paziente nella sua gabbia
ad una distanza discreta. Dopodiché si interagisce col paziente attraverso una
palpazione delicata della ferita chirurgica, valutando gli indicatori di tensione
muscolare e calore, dunque la risposta all’interazione. La scala si sviluppa su 5
punti, indicati lateralmente, con 4 intervalli intermedi per ogni punto. La
progressione lungo i 5 punti viene evidenziata anche da una distinta
colorazione, ed i vari livelli di dolore sono raffigurati con rappresentazioni
realistiche degli animali. Altri disegni dell’animale in toto, inoltre, permettono
di localizzare topograficamente la sede del dolore, del calore e della tensione
muscolare. La scala include parametri fisiologici e comportamentali come
segni di dolore ed inserisce la tensione muscolare come nuovo segno di
dolore, mai riscontrato nelle scale precedentemente analizzate. Questa è
l’unica scala che enfatizza la necessità di distinguere un animale che riposa da
un animale che è depresso in conseguenza a somministrazione di farmaci
sedativi o a causa di problematiche cliniche. Essendo molto semplice da usare
ma, allo stesso tempo molto accurata, questa scala lascia poco spazio alla
libera interpretazione. Questa scala è stata creata sia per il cane che per il
gatto, diventando, a tutti gli effetti, la prima scala esauriente di valutazione del
dolore nel gatto. L’unico svantaggio è quello di non esser stata validata da
studi clinici in paragone ad altre scale, ed inoltre, la sua distribuzione è molto
limitata.
Capitolo 2
42
Figura 2.6 : Colorado State University Veterinary Medical Center Feline Acute Pain Scale
Capitolo 2
43
Figura 2.7: Coorado State University Veterinary Medical Center Canine Acute Pain Scale
Capitolo 2
44
Moltissime altre strutture veterinarie hanno sviluppato dei propri strumenti di
valutazione del dolore, in particolare del dolore acuto postchirurgico, come
nel caso della Ohio State University Teaching Hospital, ma sono poco
utilizzate a livello internazionale.
2.2.3 La valutazione del dolore nel gatto
Il gatto è stato a lungo il “parente povero” in termini di terapia analgesica
(Clark, 2009). Il problema principale legato ad un incostante trattamento del
dolore era la mancanza di un sistema verificato ed affidabile di valutazione che
permettesse, innanzi tutto, di riconoscere il dolore nel gatto e poi di
quantificarne l’intensità (Manworren & Hynan, 2003).
La maggior parte degli strumenti che sono stati utilizzati nella valutazione del
dolore nei piccoli animali sono stati validati solo nel cane (Firth & Haldane,
1999; Holton et al., 2001; Morton et al., 2005). La VAS è usata
frequentemente nella valutazione del dolore nel gatto (Slingsby et al., 2000;
Gassel et al., 2005; Tobia set al., 2006); ad ogni modo la validità e l’affidabilità
di questa scala non sono mai state valutate in questa specie, anche se testate
(Cambridge et al., 2000).
La valutazione obiettiva del dolore mediante determinazione della soglia
termica viene ampiamente usato nella ricerca ma è poco applicabile in ambito
clinico. Le misurazioni dei parametri fisiologici, come la frequenza cardiaca e
quella respiratoria, sono di valore limitato perché semplicemente marcatori
dell’attivazione del sistema simpatico-surrenalico e possono anche venire
influenzati da stress, farmaci o alterazioni fisiologiche come l’ipovolemia
(Clark, 2009).
Capitolo 2
45
Inoltre numerosi fattori rendono molto difficile la valutazione
comportamentale del gatto nell’ambiente ospedaliero. Molti gatti sono
palesemente stressati (spaventati ed ansiosi) per il solo fatto di essere confinati
molto vicini agli altri e di non riuscire a “nascondersi”. Per di più, rispetto al
cane, sono meno tolleranti verso bendaggi e forme di contenimento, anche se
non dolorose. I problemi maggiori si hanno nel differenziare la disforia da
dolore, dal momento che alcuni oppioidi, usati come analgesici, possono
esacerbare i segni della disforia (Clark, 2009).
Lo studio, effettuato da Brondani et al., ha avuto lo scopo di definire e testare
la validità e l’affidabilità di una scala del dolore composita per la valutazione
del dolore acuto postoperatorio nei gatti. La scala era stata sviluppata in uno
studio precedente (Brondani et al., 2009) nella valutazione di alcuni protocolli
analgesici nel gatto. L’insieme di descrittori era stato selezionato dagli
strumenti disponibili in letteratura e specificatamente utilizzati nella
valutazione del dolore acuto nel cane(Firth & Haldane, 1999; Holton et al.,
2001), nel gatto (Dobbins et al., 2002; Al-Gizawiy & Rudé, 2004) o entrambi
(Hellyer & Gaynor, 1998).
Capitolo 2
46
Figura 2.8 : Versione definitiva della Composite Pain Scale per la valutazione del dolore acuto
postoperatorio nel gatto in corso di ovarioisterectomia
Capitolo 2
47
Dopo la prima selezione di elementi dalle scale disponibili, alcuni descrittori
sono stati modificati e forniti di migliori interpretazioni sulla base
dell’esperienza clinica degli autori e degli indicatori di dolore nel gatto (Muir &
Gaynor, 2002). Tutti questi studi hanno consentito la formulazione della
versione finale di una scala composita di valutazione del dolore acuto
postoperatorio in gatti sottoposti ad ovarioisterectomia.
Capitolo 3
48
Capitolo 3
La terapia del dolore nel gatto
3.1 Il metabolismo dei farmaci nel gatto
Non sono molti i farmaci analgesici frequentemente usati nella pratica clinica
felina, poiché, a causa della dieta strettamente carnivora e della conseguente
mancata esposizione a piante contenenti fitoalexine, i gatti possiedono pochi
isomeri dell’UDP - glucuroninosil – transefrasi (UGT), ovvero gli enzimi
maggiormente attivi nella via di glucuronazione epatica, risultando in una
ridotta efficienza ed un rapido esaurimento della stessa via ed una maggior
suscettibilità del gatto agli effetti tossici dei farmaci fenolici, come l’aspirina ed
il paracetamolo (Robertson, 2008). La base genetica molecolare di questa
deficienza è stata recentemente determinata nei microsomi epatici in rapporto
a FANS fenolici (Court & Greeblatt, 1997), grazie a tecniche di clonazione
identificanti nuovi pseudogeni (Court & Greeblatt, 2000). Questa particolarità
metabolica può spiegare alcuni effetti collaterali tossici indotti da un mancato
rispetto di dosi o intervalli di somministrazione, ma è in parte contemperato
dalla mancata efficacia di metaboliti attivi nel gatto, come quello della morfina
(Taylor & Robertson, 2004) e del midazolam.
3.2 I farmaci analgesici
Le “classiche” categorie di farmaci analgesici utilizzabili nel gatto includono:
• Oppioidi
• FANS
• α 2 – agonisti
Capitolo 3
49
• Anestetici locali.
Queste categorie di farmaci forniscono analgesia, oltre a sedazione e
rilassamento muscolare. Altri farmaci, che hanno un potenziale anche come
agenti analgesici nel gatto includono:
• Ketamina ed altri inibitori NMDA
• Antidepressivi triciclici
• Anticonvulsivanti
• Tramadolo.
(Robertson, 2008).
3.2.1 Gli oppioidi
I farmaci oppioidi vengono generalmente classificati in base alla selettività
rispetto ai recettori (Gutstein & Akil, 2001) ed in estrema sintesi (Pasternak,
2006) possono essere raggruppati in cinque classi:
a) Analoghi della morfina - morfina, codeina, eroina, naloxone,
naltrexone;
b) Analoghi della tebaina - buprenorfina, ossimorfone, idromorfone,
ossicodone, levorfanolo;
c) Analoghi delle fenilpiperidine - meperidina, loperamide, fentanyl,
remifentanyl, sufentanyl;
d) Analoghi del metadone - metadone, destropropossifene;
e) Misti agonisti/antagonisti - pentazocina, butorfanolo
(Negri, 2004).
Registrato per uso veterinario nel cavallo, cane e gatto in Italia risulta solo il
butorfanolo, mentre gli altri farmaci oppioidi, che sono utilizzati in medicina
Capitolo 3
50
umana ma non sono approvati per l’impiego in pazienti veterinari, vengono
comunque usati in deroga e tra questi i più frequentemente usati sono:
morfina, buprenorfina, petidina o meperidina, fentanyl e metadone (Branson
& Gross, 2001).
Gli oppioidi agiscono legandosi ai recettori µ, κ e δ, accoppiati alla proteina G,
a lenta risposta (Fonda, 2009).
I recettori µ possono essere suddivisi in tre tipi funzionali:
µ1 – sensibile e responsabile dell’analgesia periferica e sopraspinale;
µ2 – responsabile dell’analgesia spinale, insensibile alla sopraspinale e
responsabile della depressione respiratoria e gastrointestinale;
M6G – che lega il metabolita morfina-6β-gluconato della morfina,
responsabile dell’analgesia spinale e sopraspinale (Fonda, 2009).
I recettori δ sono stati differenziati per evidenza farmacologica in due
sottotipi, δ1 e δ2, entrambi responsabili dell’analgesia sopraspinale. Non sono
ancora disponibili analgesici agenti su questi recettori (Fonda, 2009).
I recettori κ sono responsabili dell’analgesia solo nel sottotipo κ1, ma
provocano anche effetti psicomimetici e diuretici. Il sottotipo κ2 manca di
farmaci agonisti ed antagonisti, mentre sul κ3 agisce parzialmente il
levorfanolo (Fonda, 2009).
La distribuzione dei recettori nel SNC spiega funzioni ed effetti farmacologici
degli agenti agonisti (Fonda, 2009).
Gli effetti clinici degli oppioidi, invece, dipendono da localizzazione e
frequenza dei recettori, che variano di specie in specie, dalla loro grandezza e
sequenza molecolare e dalla patologia da cui è colpito il paziente cui vengono
somministrati (Fonda, 2009).
Capitolo 3
51
L’effetto analgesico deriva dall’attivazione o dal blocco dei recettori da parte
dei farmaci oppioidi e dal punto di vista del dolore, sono considerati i più
efficaci di tutti gli analgesici in corso di dolore acuto, sia somatico
(prevalentemente µ), sia viscerale (prevalentemente κ), mentre sono ritenuti
meno efficienti nel dolore cronico. Singolarmente evidenziano grande
variabilità di potenza di azione, che di norma è di calcolata sull’unità di misura
costituita dalla morfina (Fonda, 2009).
In ricerche di laboratorio, gli oppioidi sono stati studiati sul gatto usando
stimoli termici (Dixon et al., 2002), meccanici (Dixon MJ et al., 2007), elettrici
(Duke et al., 1994) e viscerali (Briggs et al., 1998) nocivi come modello e
misurando i cambiamenti nella soglia di risposta allo stimolo prima e dopo
somministrazione di farmaci analgesici oppioidi. Un altro metodo utilizzato è
stato quello della misurazione della minima concentrazione alveolare (MAC)
di anestetici inalatori, il cui valore si ridurrebbe in conseguenza a
somministrazione di farmaci analgesici oppioidi in animali anestetizzati e
sottoposti ad uno stimolo nocivo.
Poiché nella specie felina la distribuzione dei recettori degli oppioidi non è
ancora stata studiata estesamente (Billet, 2001), non è possibile quantificare la
variabilità individuale per il gatto, ma grazie a recenti studi clinici (Robertson,
2003) è possibile sfatare la credenza e la paura legata ad effetti “maniacali”
della morfina e degli oppioidi in genere. Forse l’unico effetto clinico da temere
è l’ipertermia da oppioidi documentata per morfina e petidina ad alto
dosaggio, per ossimorfone a dosaggio normale (Niedfeldt & Robertson, 2006)
e per il fentanyl somministrato per via transdermica (Robertson, 2005).
Gli oppioidi causano midriasi marcata nei gatti; questo può causare alterazioni
della vista per cui è necessario avvicinarsi lentamente ed evitare di esporre il
Capitolo 3
52
gatto a fonti estremamente luminose mentre le sue pupille sono dilatate
(Robertson, 2008). Vomito ed aumento della salivazione (che suggeriscono
nausea) sono spesso rilevabili dopo iniezione di morfina ed idromorfone ma
non sono comuni dopo somministrazione di altri oppioidi e dipendono dalla
via di somministrazione (Robertson et al., 2008).
3.2.1.1 Morfina
La morfina, tipico µ-agonista, è stata ed è tuttora ampiamente usata nei gatti,
data la sua convenienza economica (Fonda, 2009). La dose analgesica efficace
che non provoca fenomeni eccitativi è di 0,1-0,2 mg/kg ad uso endovenoso
ed intramuscolare (Lascelles & Waterman, 1997). La morfina ha lenta
insorgenza d’azione ed il suo tempo di emivita di eliminazione dopo
somministrazione della dose consigliata è di 76-93 minuti. La morfina sembra
essere meno efficace nel gatto, rispetto al cane e questo potrebbe essere legato
alla produzione limitata nel gatto del metabolita attivo M6G, che contribuisce
significativamente all’effetto analgesico generale anche nella specie umana
(Taylor et al., 2001). Solo 10-20 volte la dose corretta sono in grado di
scatenare irrequietezza e sindromi maniacali (Dobromylsky et al., 2000).
3.2.1.2 Butorfanolo
Il butorfanolo è un µ-antagonista che produce analgesia attraverso attività κ-
agonista, per cui è definito agonista-antagonista e questa proprietà gli permette
di sottrarsi alla risposta dose-effetto, valida per tutti i µ-agonisti e quindi di
non aumentare, oltre la dose “tetto”, né l’effetto sedativo né la depressione
respiratoria (Tranquilli et al., 1988), ma neanche l’effetto analgesico (Lascelles
& Robertson, 2004) . Il butorfanolo ha mostrato di avere nel gatto un effetto
analgesico variabile e poco costante (Dobromylsky et al., 2000), come
Capitolo 3
53
testimoniato dall’ampia variabilità della dose clinica consigliata, 0.1-0.8 mg/kg
(Sawyer & Rech, 1987) somministrabili per via endovenosa, intramuscolare e
sottocutanea. Ha una durata d’azione relativamente simile a quella della
maggior parte degli oppioidi ed il tempo di emivita terminale dopo
somministrazione di 0,4 mg/kg per via intramuscolare è di 6,3 ore (Wells et
al., 2008).
Vari studi sperimentali hanno valutato il butorfanolo come analgesico nel
gatto, a confronto di altri farmaci analgesici, non necessariamente oppioidi.
Da questi studi è risultato che in corso di ovarioisterctomia, che è l’intervento
chirurgico d’elezione nello studio dei farmaci analgesici nel gatto, il
butorfanolo fornirebbe migliore analgesia rispetto all’ossimorfone (Briggs et
al., 1998), equianalgesia rispetto la medetomidina (Ansah et al. 2002) e, se
usato in premedicazione alla dose di 0,44 mg/kg IM, controllerebbe il dolore
solo dopo la seconda ora, mentre carprofen alla dose di 2,2 mg/kg PO,
ketoprofene alla dose di 2,2 mg/Kg SC e blocco infiltrativo con bupivacaina
alla dose di 1,1 mg/kg SC, avrebbero effetto già dopo la prima ora (Tobias et
al., 2006). Paragonato al carprofen usato in induzione alla dose di 4 mg/kg
PO, il butorfanolo alla dose di 0,4 mg/kg SC postoperatorio ha minor effetto
analgesico (Al-Gizawiy & Rudé, 2004).
3.2.1.3 Buprenorfina
La buprenorfina è un oppioide parziale µ-agonista, che presenta il vantaggio
rispetto tutti gli altri farmaci analgesici di avere una più lunga durata
d’intervallo tra le somministrazioni (8-12 ore), per un tempo di emivita
d’eliminazione di 416 e 380 minuti rispettivamente dopo somministrazione
endovenosa ed intramuscolare di 0,01 mg/kg (Taylor et al., 2001), di 10 ore
dopo somministrazione epidurale di 12,5 mcg/kg (Pipendof et al., 2008) e di 4
Capitolo 3
54
ore dopo somministrazione orale transmucosale di 0,02 mg/kg (Robertson et
al., 2005). L’assorbimento transmucosale attraverso la mucosa orale è favorito
dalla biodegradabilità della buprenorfina e dall’ambiente alcalino della cavità
orale (pH 9) (Fonda, 2009).
Prendendo in considerazione gli interventi di ovarioisterectomia nel gatto, la
buprenorfina è stata valutata nelle sue diverse forme di somministrazione,
risultando più efficace quando somministrata preventivamente per via
endovenosa ed intramuscolare, alla dose di 0,01 mg/kg, piuttosto che per via
orale transmucosale e sottocutanea (Giordano et al., 2010). La buprenorfina è
risultato l’analgesico più diffuso nel gatto nei paesi anglosassoni (Fonda,
2009), dal momento che ha dimostrato di fornire migliore analgesia in
confronto con altri oppioidi come la petidina (Slingsby & Waterman-Pearson,
1998), la morfina (Stanway et al., 2002), il butorfanolo (Johnson et al.,2007), il
metadone e l’ossimorfone (Dobbins et al., 2002), anche se non ai FANS come
il meloxicam (Gassel et al., 2005) ed il carprofen (Mollenhoff et al., 2005). La
buprenorfina è stata studiata anche nella somministrazione transdermica
ottenendo risultati soddisfacenti (Murrel et al., 2007).
3.2.1.4 Metadone
Il metadone è un oppioide sintetico, µ-agonista la cui analgesia è relativamente
sicura (Dobomylskyj et al., 2000) ed è disponibile in due forme, una miscela
racemica, più usata nei paesi di lingua tedesca ed un enantiomero detto levo-
metadone. La seconda forma, in uno studio clinico sulla somministrazione
preoperatoria come analgesico per l’ovariectomia del gatto, è risultata più
efficace a dosaggi minori (Roherer et al., 2004) della forma racemica, anche se
in interventi di ortopedia è risultato avere minor efficacia rispetto
buprenorfina e carprofen, inducendo anche un certo grado di eccitazione
Capitolo 3
55
centrale dopo trattamento prolungato (Mollenhoff et al., 2005). Gli effetti
analgesici del metadone sono stati rilevati essere più duraturi se somministrato
per via orale transmucosale piuttosto che per vie endovenosa, sebbene la
concentrazione plasmatica sia generalmente più bassa nella prima via di
somministrazione (Ferreira et al., 2011). La dose analgesica efficace nel gatto è
di 0,1-0,5 mg/kg ad uso endovenoso, intramuscolare e sottocutaneo (Wagner,
2008).
3.2.1.5 Fentanyl
Il fentanyl è un µ-agonista a breve azione (20 minuti), utilizzato diffusamente
in corso di anestesia generale del gatto per ottenere immediata, anche se
transitoria, analgesia (Fonda, 2009), attraverso somministrazione per via
endovenosa. Al fine di estendere la durata di azione del fentanyl, ne viene
clinicamente fatto uso attraverso infusione continua (CRI) (Lamont, 2002),
sebbene non ci siano pubblicazioni riguardo la sua farmacocinetica quando
somministrato con questa modalità nel gatto. Attraverso uno studio effettuato
specificamente sul gatto, si è concluso che l’analgesia fornita dal fentanyl,
somministrato alla dose di 10 mcg/kg per via endovenosa, in questa specie è
simile a quella riportata nel cane (Robinson et al., 1999). La dose consigliata
nel gatto come unica iniezione è di 1-3 mcg/kg somministrabili per via
endovenosa, intramuscolare e sottocutanea. Nell’infusione continua
endovenosa la dose è di 10-30 mcg/kg per l’analgesia in fase intraoperatoria e
di 1-4 mcg/kg/h per il mantenimento dell’analgesia (Wagner, 2008).Tuttavia il
suo impiego più frequente è diventato quello per via transdermica attraverso
cerotti rilascianti 25 o 50 mcg/ora (Hammack et al., 1996). In particolare, nel
controllo del dolore postoperatorio dopo ovarioisterectomia nel gatto, i
cerotti da 25 mcg/ora sono risultati efficaci (Glerum et al., 2001).
Capitolo 3
56
L’applicazione transdermica di fentanyl ha mostrato di ottenere un’analgesia
equivalente a quella prodotta dal butorfanolo (Hofmeister & Egger, 2004) e ne
è stata dimostrata l’efficacia maggiore nel periodo postoperatorio quando
applicato prima dell’anestesia generale (Yackey et al., 2004).
3.2.1.6 Meperidina o Petidina
La petidina è un oppioide µ-agonista, usato nel gatto solo per via
intramuscolare o sottocutanea, alla dose di 5 mg/kg, poiché per via
endovenosa causa eccitazione ed ipotensione da liberazione di istamina
(Taylor et al., 2001). È stato evidenziato che l’effetto analgesico è minore
rispetto al Carprofen (Balmer et al., 1998).
3.2.1.7 Tramadolo
Sebbene non sia classificato come un oppioide (Robertson, 2008), il
tramadolo è un analogo della codeina, sintetizzato alla fine degli anni Sessanta
(Corletto, 2010), che ha una debole affinità per i recettori degli oppioidi di
tutti i tipi, ma soprattutto µ (Desmules et al., 1996; Taylor, 1999; Teppema et
al., 2003). Sembra attivi le vie inibitorie discendenti spinali, fornendo ulteriore
analgesia con un meccanismo non-oppioide (Desmules et al., 1996) e si pensa
interagisca col sistema adrenergico e serotoninergico (Robertson, 2008),
inibendo la ricaptazione di norepinefrina e serotonina (Gaynor, 2008). Fino a
non molto tempo fa, l’uso del tramadolo nel gatto è stato empirico, ma nuovi
dati sulla sua farmacocinetica (Pypendop & Ilkiw, 2008) dovrebbero porre le
basi per valutare nuovi dosaggi.
Il principale vantaggio di questo farmaco è rappresentato dalla scarsa
depressione dell’attività respiratoria e cardiocircolatoria (Corletto, 2010). Gli
Capitolo 3
57
effetti collaterali sono simili a quelli degli altri oppioidi ma si manifestano più
raramente e con minore intensità (Corletto, 2010). Le dosi consigliate nel
gatto sono 1-4 mg/kg EV o IM (Corletto, 2010). Il tramadolo è disponibile sia
in forma iniettabile che in formulazione orale (Robertson, 2009).
L’azione analgesica del tramadolo è stata studiata a confronto ed in
associazione con l’acepromazina, risultando in un limitato effetto analgesico se
somministrato da solo, per via sottocutanea, alla dose di 1 mg/kg, ma con
risultati soddisfacenti in combinazione con 0,1 mg/kg di acepromazina,
suggerendo la neuroleptoanalgesia come alternativa valida nel trattamento del
dolore del gatto, soprattutto quando alte dosi di oppioidi diventano inefficaci,
o in gatti già eccitati dagli oppioidi più comunemente usati (Steagall et al.,
2008).
Il tramadolo è stato studiato anche nel fornire analgesia negli interventi elettivi
di ovarioisterectomia del gatto, da solo o in associazione ad altri farmaci, tra
cui il vedaprofene (FANS). Anche da questo studio è risultato che il suo
effetto analgesico raggiunge livelli più soddisfacenti e duraturi nel periodo
postoperatorio solo se associato in premedicazione ad altri analgesici,
possibilmente che agiscano su altri meccanismi del dolore (Brondani et al.,
2009). Sempre come analgesico usato in premedicazione, la somministrazione
di 4 mg/kg SC di tramadolo, ha mostrato un effetto analgesico per 8 ore dopo
la fine della chirurgia (Chen et al., 2007), suggerendone un buon candidato
nella terapia analgesica a lungo termine nell’ambiente casalingo (Robertson,
2008).
Nel gatto è stato usato anche per via epidurale (alla dose di 1 mg/kg), a
confronto con la morfina (0,1 mg/kg) ed il risultato di questo studio è stato
che l’effetto analgesico dei due farmaci somministrati per via epidurale è
Capitolo 3
58
identico, sebbene la morfina abbia un effetto più duraturo (Castro et al.,
2009).
3.2.2 FARMACI ANTI-INFIAMMATORI NON STEROIDEI
L’uso di questo gruppo di farmaci analgesici nel gatto è stato recentemente
rivisto (Lascelles et al., 2007). Il vantaggio principale sta nella lunga durata
dell’effetto analgesico, che arriva fino a 24 ore e l’assenza di restrizioni legali
nella loro manipolazione, come avviene per gli oppioidi (Taylor & Robertson,
2004).
Questi farmaci inibiscono l’enzima ciclossigenasi (COX) che promuove la
sintesi di prostaglandine, a partire dall’acido arachidonico contenuto nelle
membrane cellulari (Corletto, 2010). Sono state identificate due isoforme di
COX. La COX1 è considerata la forma normalmente espressa nei tessuti sani
e produce prostaglandine necessarie al mantenimento dell’omeostasi
dell’organismo, ma è anche implicata nella sensibilizzazione delle terminazioni
nervosa nei confronti del dolore (Corletto, 2010). L’inibizione della COX1 è
responsabile, in parte, degli effetti collaterali dei FANS, quali gastrolesività e
nefrotossicità. Si ritiene, pertanto che la selettiva inibizione della COX2, che è
ritenuta una forma enzimatica inducibile, prodotta maggiormente negli stati
infiammatori, possa esercitare potente azione antinfiammatoria, riducendo gli
effetti collaterali della COX1. In realtà gli inibitori selettivi dell’enzima COX2
non sono completamente privi di effetti collaterali gastrointestinali e renali,
pur presentando maggior margine di sicurezza (Corletto, 2010).
I FANS sono classificati in base alla selettività nei confronti della COX2,
distinguendo:
• Scarsa selettività per COX2;
Capitolo 3
59
• Prevalente azione inibitoria COX2;
• Scarsa attività inibitoria COX1 e COX2.
I FANS esercitano potente attività antinfiammatoria ed antipiretica, hanno
potere analgesico variabile, inibiscono aggregazione piastrinica ed alterano il
meccanismo di autocontrollo della perfusione renale in caso di ischemia
(Corletto, 2010).
I più usati farmaci antinfiammatori non steroidei nel gatto sono: carprofen,
meloxicam e ketoprofene.
Il carprofen, avendo scarsa attività inibitoria sia per le COX1 che le COX2
(Taylor et al., 1996), è utilizzabile anche in fase preoperatoria, oltre che
postoperatoria (Slingsby & Waterman-Paerson, 2000), dal momento che
preserva l’autoregolazione renale anche in caso di ipotensione indotta da
anestesia o emorragia.
Il meloxicam è un FANS di nuova generazione di buona diffusione
nell’analgesia del gatto (Fonda, 2009) ed a differenza degli altri farmaci
appartenenti alla stessa categoria farmaceutica, ha la possibilità di essere
somministrato in preparazione orale (Taylor & Robertson, 2004).
Il ketoprofene è un inibitore delle COX1, che alla dose di 2 mg/kg SC, nel
gatto, ha dimostrato un’efficacia analgesica postoperatoria comparabile a
quella di carprofen, meloxicam, petidina e buprenorfina (Slingsby &
Waterman-Paerson, 2002).
Confrontati per efficacia analgesica, il carprofen (4 mg/kg SC) ed il
meloxicam (0,3 mg/kg SC), somministrati in premedicazione per
l’ovarioisterectomia del gatto, hanno mostrato lo stesso effetto analgesico
postoperatorio (Slingsby & Waterman-Paerson, 2002). Nel controllo del
dolore perioperatorio i FANS hanno dimostrato di essere almeno equipotenti
Capitolo 3
60
rispetto agli oppioidi, talvolta con durata d’azione maggiore (Balmer et al.,
1998).
3.2.3 Farmaci α2-agonisti
Nella specie felina gli α2-agonisti, xylazina, romifidina, medetomidina e la più
recente dexmedetomidina, forniscono sedazione, miorilassamento ed analgesia
nel gatto (Robertson, 2008) ma non sono comunemente usati come analgesici
da soli, dati gli effetti collaterali quali bradicardia, ipotensione, depressione
respiratoria (Fonda, 2009). Dunque il loro frequente impiego in protocolli di
anestesia generale è in associazione ad altri anestetici/analgesici.
I recettori α2 si trovano in neuroni noradrenergici e non in tutto il sistema
nervoso centrale. Gli adrenocettori α2 noradrenergici sono localizzati nei siti
sopraspinali, mentre gli adrenocettori α2 non-noradrenergici sono localizzati
nelle giunzioni presinaptiche e postsinaptiche nel corno dorsale del midollo
spinale (Budai et al., 1998; Millan MJ et al, 1994).
A livello del corno dorsale del midollo spinale, l’attivazione dei recettori α2 da
parte di agonisti, induce inibizione diretta delle fibre C ed iperpolarizzazione
neurale attraverso i canali del potassio con inibizione della trasmissione
nocicettiva ascendente Buerkle H & Yaksh TL, 1998). L’attivazione dei
recettori nelle porzioni sopraspinali da parte di farmaci α2-agonisti, produce
sedazione ed ipnosi, ma partecipa indirettamente all’analgesia perché induce
attività inibitoria del locus coeruleus del ponte encefalico dove avviene
modulazione della risposta noradrenergica da parte delle strutture superiori ed
estensione di neuroni noradrenergici nel midollo spinale, risultando in
aumento del rilascio di norepinefrina nelle terminazioni del corno dorsale del
Capitolo 3
61
midollo spinale, attivazione dei recettori presinaptici e postsinaptici α2 ed
analgesia (Guo T et al., 1996).
Per il controllo del dolore postoperatorio, in corso di ovarioisterectomia nel
gatto, una dose di 0,015 mg/kg IM di medetomidina si è dimostrata
equianalgesica rispetto a quella di 0,1 mg/kg IM di butorfanolo (Ansah et al.,
2002).
La medetomidina e la dexmedetomidina, possono essere somministrati per
infusione continua (CRI). Il loro effetto analgesico aumenta
proporzionalmente alla dose infusa, ma non vale lo stesso per il rilassamento
muscolare, mentre alti livelli di infusione riducono il grado di sedazione
(Ansah et al., 2000).
La somministrazione per via epidurale di 10 mg/kg di medetomidina si è
rivelata migliore del fentanyl a 4 mg/kg (Duke et al., 1994) e questa tecnica
potrebbe essere un opzione per gatti sottoposti a chirurgia addominale
caudale o pelvica.
3.2.4 Derivati fenilciclidinici
Negli ultimi anni, l’uso della chetamina è stato rivalutato, impiegandola come
analgesico a dosaggio sub anestetico, per lo più ad infusione continua o
epidurale (Fonda, 2009). Utilizzandola come anestetico, già sfrutta l’effetto
anti-iperalgesia, antagonizzando i recettori NMDA che partecipano al wind-up
ed alla iperalgesia secondaria (Petrenko et al., 2003).
I protocolli anestetici che incorporano la chetamina, forniscono miglior
analgesia postoperatoria negli interventi di ovario isterectomia nel gatto
(Slingsby et al., 1998).
Capitolo 3
62
3.2.5 Anestetici locali
Gli anestetici locali possono essere usati per blocchi epidurali e spinali, per
bloccare plessi e nervi periferici (Mama, 2009) e tramite infiltrazione in ferite
chirurgiche o traumatiche (Duke, 2000; Lamont, 2002). Il valore di queste
tecniche è sottostimato, per cui non sono correttamente sfruttate in pazienti
chirurgici in cui potrebbero fornire completa analgesia con i minimi effetti
collaterali (Robertson, 2008).
Nel gatto è stata studiata prevalentemente la farmacocinetica della lidocaina ed
è questo il farmaco principalmente usato nei blocchi anestetici locali del gatto
(Fonda, 2009). In corso di ovarioisterectomia nel gatto è stato effettuato uno
studio sugli effetti analgesici del blocco infiltrativo sottocutaneo di
bupivacaina, alla dose di 1,1 mg/kg, che ha evidenziato punteggi di analgesia
migliori di quelli ottenuti dopo somministrazione preoperatoria di carprofen
(2,2 mg/kg PO), ketoprofene (2,2 mg/kg IM) e butorfanolo (0,3 mg/kg IM),
sufficienti a controllare il dolore dopo la prima ora, anche se hanno richiesto
un’analgesia addizionale dopo la seconda ora (Tobias et al., 2006).
Capitolo 4
63
Capitolo 4
Studio clinico
4.1 Scopo del lavoro
Lo scopo del lavoro è stato quello di valutare gli effetti cardiovascolari e la
qualità dell'analgesia intra e postoperatoria di 4 protocolli anestesiologici,
mediante uno studio clinico prospettico, randomizzato, in doppio cieco.
4.2 Materiali
Lo studio è stato effettuato presso l’Ospedale Didattico Veterinario “M.
Modenato” della facoltà di Medicina Veterinaria di Pisa, previa approvazione
del C.E.A.S.A. dell'Ateneo di Pisa.
I criteri di inclusione nello studio prevedevano l'arruolamento di gatti, di sesso
femminile, sani alla visita clinica, di età compresa tra i 6 ed i 24 mesi, di peso
corporeo compreso tra 2,5 e 5 kg, introdotti presso l’Ospedale per subire
interventi di ovariectomia preventiva.
Tutti i soggetti, all’arrivo presso la struttura, laddove il temperamento del
gatto lo ha permesso, sono stati sottoposti a visita anestesiologica
preoperatoria di routine, valutando frequenza cardiaca (FR), frequenza
respiratoria (FR) e temperatura e registrando i valori su un’apposita cartella
anestesiologica in corrispondenza del valore T0.
I soggetti sono stati suddivisi in 4 gruppi. Tutti i gruppi hanno ricevuto
premedicazione-induzione con medetomidina (Domitor) 30 mcg/kg,
midazolam (Midazolam) 0,2 mg/kg e ketamina (Ketavet) 3 mg/kg,
Capitolo 4
64
somministrati in unica soluzione per via intramuscolare. Dopo cinque minuti
dall’effetto sedativo dei farmaci, valutato tramite mancata risposta alla
stimolazione tattile, è stato somministrato l’analgesico metadone (Eptadone)
o tramadolo (Altadol) per via intramuscolare.
1° GRUPPO (G1)
Analgesia preventiva con tramadolo 2 mg/kg IM
2° GRUPPO (G2)
Analgesia preventiva con tramadolo 3 mg/kg IM
3° GRUPPO (G3)
Analgesia preventiva con metadone 0.2 mg/kg IM
4° GRUPPO (G4)
Analgesia preventiva con metadone 0.3 mg/kg IM
A tutti i soggetti è stato posizionato un catetere venoso 22G di 25mm di
lunghezza (Delta Ven, Delta Med Medical Devices) alla vena cefalica per
la somministrazione di fluidi, Ringer Lattato (Alta Select), alla dose di 10
ml/kg/h e per il mantenimento dell’anestesia.
Dopo la preparazione, i soggetti sono stati indotti con propofol (Rapinovet)
alla dose di 1-3 mg/kg EV fino all'ottenimento del piano anestesiologico
sufficiente per ottenere l'intubazione endotracheale.
È stata somministrata lidocaina al 2% (Lidocaina 2%) localmente sulla
glottide per inibire il riflesso laringeo e tutti i soggetti sono stati intubati ed è
stato somministrato ossigeno 100% attraverso gorgogliatore collegato al
tracheotubo (Sheridan).
Capitolo 4
65
Il mantenimento dell’anestesia è stato effettuato con propofol (Rapinovet)
in TIVA (anestesia totalmente endovenosa) utilizzando boli di 0,5-1 mg/kg
EV ad effetto.
Dopo l’induzione sono stati monitorizzati costantemente i seguenti parametri,
ad intervalli di 5 minuti, per tutto il periodo intraoperatorio e fino a completo
risveglio dei soggetti:
� Frequenza cardiaca (FC)
� Frequenza respiratoria (FR)
� Pressione arteriosa sistolica con metodo non invasivo Doppler (PAS
NIBP)
� Concentrazione di anidride carbonica a fine espirazione (EtCO2)
� Saturazione parziale di ossigeno (SpO2)
� Temperatura
� Riflesso palpebrale
� Posizione del bulbo oculare
� Colore delle mucose
� Tempo di riempimento capillare (TRC)
A fine chirurgia è stato somministrato atipamezolo (Antisedan) alla dose di
75 mcg/kg per via intramuscolare a tutti i soggetti per il risveglio.
Dopo 30 e 60 minuti dal risveglio,in seguito al ripristino del riflesso palpebrale
ed il sollevamento della testa, è stata effettuata una valutazione del dolore
mediante scala multiparametrica di Melbourne, tradotta, per l’occasione, in
lingua italiana.
Capitolo 4
66
Inoltre ai proprietari è stato consegnato un questionario da compilare nei due
giorni successivi all’intervento chirurgico per valutare il comportamento
dell’animale e rilevarne variazioni significative e riferibili a dolore.
4.3 Metodi
Nella prima fase dello studio clinico sono stati valutati esclusivamente i
parametri fisiologici dall’inizio della sedazione-induzione al risveglio. Il
monitoraggio ha avuto inizio in corrispondenza del raggiungimento della
sedazione per effetto dei farmaci usati in premedicazione, momento definito
“Tpremedicazione” sulla scheda anestesiologica. Dopo 5 minuti da questo
monitoraggio è stato somministrato l’analgesico. Il responsabile della
somministrazione del farmaco, del monitoraggio perioperatorio e dell’analisi
statistica, non è stato al corrente del tipo di trattamento effettuato fino
all’ottenimento dei risultati finali.
Il monitoraggio della FR è stato effettuato tramite auscultazione con
fonendoscopio in fase di preparazione e tramite capnografo (Microstream
NPB – 70©, Nellcor©) durante l’intervento.
La FC è stata monitorata tramite auscultazione con fonendoscopio e rilevatore
di flusso Doppler (881 – BL©, Parks Medical© Electronics, inc.). In sala
operatoria è stata rilevata anche tramite monitor multiparametrico (1100©,
Patient Monitor, Criticare© Systems inc.), con tracciato ECG.
Capitolo 4
67
Figura 4.1: Rilevatore di flusso Doppler con sonda e manometro aneroide
Per la pressione arteriosa sistolica è stato sfruttato il metodo Doppler, ovvero
impiegando il rilevatore di flusso Doppler, con sonda posizionata a livello
della faccia palmare della regione metacarpale, o a livello della faccia plantare
della regione metatarsale, in un’area appositamente tricotomizzata, applicando
a monte un manicotto insufflabile, di dimensioni adeguate rispetto la
circonferenza dell’arto nel punto di applicazione, connesso ad un manometro
aneroide.
La EtCO2 è stata rilevata tramite capnografo (Microstream NPB – 70©,
Nellcor©), mentre la SpO2 tramite pulsossimetro collegato al monitor
multiparametrico.
Capitolo 4
68
Figura 4.2: Capnografo per la rilevazione di EtCO2 e FR
I momenti significativi in cui sono stati registrati i parametri fisiologici e che
sono stati poi utilizzati per l’analisi statistica, sono stati identificati con le
diciture:
• Prechirurgia - nei 5 minuti in cui viene preparato sterilmente il campo
chirurgico;
• Inizio chirurgia - con la dieresi della cute sulla linea mediana ventrale;
• 1° ovaia - con lo stiramento del primo legamento ovarico (annunciato
dal chirurgo);
• 2° ovaia - con lo stiramento del secondo legamento ovarico
(annunciato dal chirurgo);
• Sutura addome - con l’inizio della sutura dei fasci addominali,
sottocute e cute;
• Fine chirurgia - con la conclusione della seduta chirurgicai.
Capitolo 4
69
Nel caso in cui fosse stata registrata una variazione dei parametri vitali
superiore al 30% rispetto alla misurazione precedente veniva somministrato
fentanyl (Fentanest) 2 mcg/kg come analgesia rescue.
La scala di valutazione del dolore utilizzata è stata la University of Melbourne
Pain Scale (Tabella 4.1), che tiene conto sia di parametri fisiologici
normalmente associati a dolore, sia di alterazioni comportamentali.
1) Parametri fisiologici T30 T60
A Valori fisiologici 0 0
B Pupille dilatate 2 2
C (scegliere uno solo) % di aumento FC rispetto al preoperatorio
> 20% 1 1
>50% 2 2
>100 % 3 3
D (scegliere uno solo) % aumento FR rispetto al preoperatorio
> 20% 1 1
>50% 2 2
>100 % 3 3
E Temperatura rettale non nel range 1 1
F Salivazione 2 2
2) Risposta alla palpazione No cambiamneto rispetto al preoperatorio 0 0
Reazione al tatto 1 1
Reazione prima del tatto 2 2
3) Livello attività (scgeliere uno) Dorme 0 0
Semini cosciente 0 0
Sveglio che riposa 1 1
Mangia 0 0
Agitato 2 2
Molto agitato che si dibatte 3 3
4) Stato sensorio (scegliere uno) Sottomesso 0 0
Amichevole 1 1
Guardingo 2 2
Aggressivo 3 3
5) Postura A Si guarda o si protegge la zona della ferita 2 2
Capitolo 4
70
B (scegliere uno solo) Decubito laterale 0 0
Decubito sternale 1 1
Seduto o in piedi con la testa alta 1 1
In piedi a testa bassa 2 2
In movimento 1 1
Posizione anormale (a preghiera, antalgica) 2 2
6) Vocalizzazioni (scegliere uno) No vocalizzazioni 0 0
Vocalizzazioni se toccato 2 2
Vocalizzazioni intermittenti 2 2
Vocalizzazioni continue 3 3
Il punteggio minimo è 0 il massimo è 27 Tabella 4.1 – University of Melbourne Pain Scale (adattamento in italiano)
I soggetti, durante questa valutazione, sono stati auscultati direttamente con
fonendoscopio ed osservati a distanza nelle vicinanze del ricovero, evitando di
stressarli eccessivamente e quindi di interferire con i risultati. Qualora il
punteggio della tabella fosse risultato maggiore di 8 ai soggetti veniva
somministrato carprofen (Rimadyl) 2 mg/kg per via sottocutanea.
Al momento delle dimissioni dei soggetti, è stato consegnato ai proprietari il
seguente questionario (Tabella 4.2) da compilare nei due giorni successivi
l’intervento chirurgico.
AUMENTATO UGUALE DIMINUITO
Livello di attività
Tempo passato a dormire
Tempo passato a giocare
Comportamento aggressivo
Tempo passato vicino al proprietario
Tempo passato in braccio al proprietario
Richiesta di attenzioni da parte del gatto
Isolamento
Vocalizzazioni
Fusa
Appetito
Capitolo 4
71
NESSUN
CAMBIAMENTO
LIEVE
CAMBIAMENTO
EVIDENTE
CAMBIAMENTO
Modo di camminare
Postura
Comportamento
Posizione nel sonno
Luogo del sonno
Irrequietezza
Paura
Vocalizzazione
Risposta al tatto
Tabella 4.2 – Questionario da compilare per due giorni dopo chirurgia
La maggior parte dei proprietari ha provveduto a recapitare il questionario
all’ospedale una volta compilato, permettendo quindi una valutazione più
accurata del piano analgesico nel periodo postoperatorio, attraverso
l’osservazione dei pazienti nel loro ambiente casalingo, lontano dunque da
fattori stressanti quali l’ambiente estraneo della clinica e le manipolazioni a cui
vengono generalmente sottoposti.
4.4 Analisi statistica
La distribuzione dei dati è stata valutata mediante D'Agostino Pearson test. I
dati parametrici sono stati espressi mediante media e deviazione standard. Il
confronto dei dati tra i vari tempi di monitoraggio per i dati parametrici (FC,
FR, PAS, EtCO2 e dosaggio propofol) è stata effettuata mediante l'analisi della
varianza ad una via per dati ripetuti (ANOVA) utilizzando il test di Tukey
come valutazione post hoc. La valutazione dei dati non parametrici (punteggio
scala dolore) è stata effettuata mediante Friedmann test con Dunn's come
post hoc.
I dati sono stati considerati significativi per P<0,05.
Capitolo 4
72
I risultati dei questionari sulle modificazioni comportamentali nei due giorni
successivi all’intervento sono stati interpretati come percentuale di pazienti di
ogni gruppo che hanno mostrato modificazioni comportamentali.
È stata calcolata la media e la deviazione standard dei pesi e dell’età di ogni
paziente incluso nei vari gruppi, la media e la deviazione standard del tempo
trascorso tra premedicazione ed induzione e la durata dell’anestesia nei vari
gruppi.
4.4.1 Risultati
G1 G2 G3 G4
MEDIA PESO (Kg)
3±0,52 3,08±0,18 2,75±0,29 3,23±0,6
MEDIA ETÀ (mesi) 7,5±0,83 6±7,21 6,75±0,5 6,5±1
Tabella 4.3: Media e deviazione standard dei pesi e delle età dei pazienti
inclusi nei vari gruppi
G1 G2 G3 G4
Media prem.-ind. (minuti)
15,8±5,45 19±4,43 20,25±5,25 24,75±5
Media durata anestesia (minuti)
60±12,23 67,28±15,7 75±8,28 87±21,05
Tabella 4.4: Media e deviazione standard del tempo trascorso tra
premedicazione ed induzione e della durata dell’anestesia espressa in minuti.
Capitolo 4
73
G1 G2 G3 G4
MEDIA FARMACO-
INIZIO CHIRURGIA
(minuti) 18,2±7,01 15,43±8,73 15,25±6,07 27,5±9,61
Tabella 4.5: Media del tempo trascorso tra somministrazione del farmaco
analgesico e l’inizio della chirurgia espressa in minuti.
Frequenza Cardiaca:
Dall'analisi statistica della frequenza cardiaca (FC) (grafico 4.1) di G1 è
risultata una differenza significativa tra i valori di T0 vs Tprechirugia che
consiste in un’importante riduzione del valore di FC in corrispondenza di
Tprechirurgia .
In G2 è stata rilevata una riduzione significativa tra T0 e tutti gli altri tempi di
monitoraggio ad eccezione del momento di stiramento dei due legamenti
ovarici (T1° ovaia e T2°ovaia). Significativamente aumentati sono stati i valori
di FC in corrispondenza di T1° ovaia e T2° ovaia vs Tpremedicazione,
Tfarmaco e Tprechirurgia.
In G3 è risultata significativa la differenza tra T0 e tutti gli altri momenti di
monitoraggio che appaiono molto diminuiti ad eccezione di Tfarmaco, T1°
ovaia e T2° ovaia. Altrettanto significativamente diversi sono stati i valori di
FC tra Tprechirurgia vs T1° e T2° ovaia e tra T1°ovaia vs Tsutura dell’addome
e Tfine chirurgia. Proprio in corrispondenza di T1°ovaia e T2°ovaia i valori
sono aumentati rispetto agli altri appena menzionati.
Capitolo 4
74
In G4 è stata rilevata una riduzione significativa tra T0 vs Tprechirurgia e
Tinizio chirurgia ed un aumento significativo tra T2°ovaia vs
Tpremedicazione, Tprechirurgia e Tinizio chirurgia.
FC
0
50
100
150
200G1G2
G3G4
tempo
Grafico 4.1: Andamento della frequenza cardiaca(FC).
Frequenza Respiratoria
Dall’analisi statistica della frequenza respiratoria (FR) (Grafico 4.2), in G1
sono state rilevate differenze significative tra T0 vs tutti i momenti del
monitoraggio a partire da Tinizio chirurgia e tra Tpremedicazione vs Tinizio
chirurgia.
In G2, così come in G1, ci sono state differenze significative tra T0 e tutti i
momenti del monitoraggio a partire da Tinizio chirurgia ma i valori di FR
Capitolo 4
75
sono risultati diminuiti significativamente da Tpremedicazione e Tfarmaco vs
tutti gli altri tempi del monitoraggio a partire da Tprechirurgia.
In G3 non ci sono state differenze significative.
In G4 è stata rilevata una riduzione significativa tra Tpremedicazione e tutti gli
altri tempi di monitoraggio a partire da Tprechirurgia.
FR
0
10
20
30
40
50
60
70G1
G2G3
G4
tempo
Grafico 4.2: Andamento della frequenza respiratoria (FR)
Pressione arteriosa sistolica:
Nell’analisi statistica della pressione arteriosa (PAS) (Grafico 4.3) non sono
state rilevate differenze significative se non in G1 dove Tprechirurgia e Tinizio
chirurgia risultano diminuite rispetto Tpremedicazione.
Capitolo 4
76
PAS
0
50
100
150
200G1G2G3G4
tempo
Grafico 4.3: Andamento della pressione arteriosa (PAS)
EtCO2
Nell’analisi statistica della concentrazione di anidride carbonica a fine
espirazione (EtCO2) (Grafico 4.4) non sono state rilevate differenze
significative tra i vari tempi di monitoraggio nei vari gruppi ad eccezione di
G2 di cui si riporta una differenza significativa tra i valori di Tinizio chirurgia
e T2°ovaia dove il valore di EtCO2 risulta aumentato.
Capitolo 4
77
EtCO2
0
10
20
30
40
50G1
G2G3G4
tempo
Grafico 4.4: Andamento della concentrazione di CO2 a fine espirazione
DOSAGGIO DEL PROPOFOL
L’analisi statistica dei dosaggi di propofol usati nei vari momenti del
monitoraggio (Grafico 4.5) non ha rivelato differenze significative in nessun
gruppo.
Capitolo 4
78
dosaggio propofol
0.0
0.5
1.0
1.5G1
G2G3G4
tempo
Grafico 4.5: Andamento dei dosaggi di propofol
SCALA DI VALUTAZIONE DEL DOLORE DELL’UNIVERSITÀ
DE MELBOURNE
L’analisi statistica dei punteggi ottenuti mediante scala di valutazione del
dolore dell’Università di Melbourne (UMPS) (Grafico 4.6) non ha rivelato
differenze significative.
Capitolo 4
79
Punteggio scala dolore Melbourne
0.0
2.5
5.0
7.5
10.0G1G2G3G4
tempo
Grafico 4.6: Punteggi scala di valutazione del dolore dell’Università di
Melbourne a T30 e T60
QUESTIONARIO PER LA VALUTAZIONE DELLE
MODIFICAZIONI COMPORTAMENTALI
L’analisi delle percentuali dei pazienti di ogni gruppo che hanno manifestato
alterazioni del comportamento e delle normali abitudini nei due giorni
successivi all’intervento (Tabella 4.6), come ci si potrebbe aspettare, ha rivelato
che in tutti i gruppi nel primo giorno si sono manifestate più alterazioni
rispetto al secondo giorno. Nel primo giorno il gruppo ad avere la percentuale
maggiore è stato G3, quello con la percentuale minore G4. Nel secondo
giorno G4 ha mostrato ancora la percentuale minore di modificazioni, G1 la
percentuale maggiore.
Capitolo 4
80
GIORNO 1 GIORNO 2
GRUPPO 1 46,25 37,25
GRUPPO 2 40 35
GRUPPO 3 70 31,25
GRUPPO 4 27,5 5
Tabella 4.6: Percentuali dei pazienti di ogni gruppo che hanno manifestato
alterazioni comportamentali.
4.5 Discussione
In base all’analisi dei dati, il trattamento che ha determinato maggior stabilità
emodinamica è stato il tramadolo a 2 mg/kg. Gli altri trattamenti hanno
provocato variazioni cardiovascolari intraoperatorie ma comunque transitorie
e non riferibili a nocicezione. I trattamenti con metadone hanno determinato
riduzione dei valori di pressione arteriosa, in particolar modo nel gruppo
trattato con metadone a 0,3 mg/kg, in cui l’aumento di frequenza cardiaca
nella parte finale dell’intervento potrebbe essere una risposta fisiologica
all’ipotensione. Sebbene siano stati registrati effetti bradicardizzanti del
metadone nel gatto (Ferreira et al., 2011), non sono noti effetti ipotensivi
anche in studi effettuati sul cane (Monteiro et al.,2008). È possibile che la
riduzione dei valori di pressione arteriosa in G4 sia maggiormente legata alla
somministrazione di propofol (Ponte & Sadler, 1989).
Capitolo 4
81
Per quanto riguarda la funzione respiratoria, in entrambi i gruppi trattati con
metadone è stata registrata un’importante riduzione della FR in risposta alla
somministrazione del farmaco. Essendo il metadone un µ-agonista, la
depressione respiratoria è giustificata dalla sua interazione coi recettori µ2
(Fonda, 2009). Questa riduzione non ha comunque influito sulla ventilazione
polmonare in quanto i valori di EtCO2 sono rimasti inalterati per tutto il
tempo dell'anestesia. Nonostante questa repentina riduzione di FR nei gruppi
trattati con metadone, i valori dei quattro gruppi nel periodo intraoperatorio
sono stati simili ed a livelli fisiologici.
L’analgesia intraoperatoria è stata garantita da entrambi i trattamenti analgesici
poiché le variazioni dei parametri fisiologici associati a nocicezione sono state
limitate e transitorie. Da uno studio effettuato sul gatto utilizzando metadone
(Ferreira, 2011), il metadone somministrato per via orale transmucosale
raggiungerebbe il picco di concentrazione plasmatica a 2 ore dalla
somministrazione, contro i 10 minuti della somministrazione per via
endovenosa. A dispetto della più bassa concentrazione plasmatica, effetti
antinocicettivi importanti sarebbero stati rilevati anche a 10 minuti dalla
somministrazione per via orale transmucosale. Sulla base di questi dati,
possiamo dedurre che il picco di concentrazione dopo somministrazione per
via intramuscolare potrebbe essere simile a quello studiato da Ferreira, e che
gli effetti analgesici non ne sarebbero influenzati in maniera importante.
Dunque sebbene il tempo trascorso tra somministrazione del metadone ed
inizio della chirurgia sia stato talvolta di soli 15 minuti, l’azione analgesica non
dovrebbe esser stata alterata. In uno studio effettuato da Pypendop nel 2009,
il picco di concentrazione plasmatica del tramadolo si avrebbe dopo un’ora
dalla somministrazione di 4 mg/kg per via orale e sarebbe equivalente a circa
500 ng/ml. Poiché la minor concentrazione plasmatica associata a terapia
Capitolo 4
82
analgesica nell’uomo sarebbe di 10 ng/ml (Lehman et al., 1990), questo
potrebbe suggerire che un effetto analgesico apprezzabile nel gatto dopo
somministrazione per via intramuscolare sia raggiungibile ben prima di 60
minuti dalla somministrazione. Nel nostro studio il tempo trascorso tra
somministrazione del tramadolo ed inizio chirurgia è comunque inferiore a
questo riferimento, ma considerando i lievi effetti cardiovascolari e respiratori
nel periodo intraoperatorio, è possibile dedurre che l’efficacia analgesica del
tramadolo abbia inizio molto prima del raggiungimento del picco di
concentrazione plasmatica.
Il mantenimento dell’anestesia è stato effettuato con dosaggi minori nel
gruppo trattato con tramadolo a 2 mg/kg ma in tutti i gruppi il dosaggio
medio utilizzato nel periodo intraoperatorio è stato simile ed omogeneo,
interamente nel range di 0,5-1 mg/kg. Il gruppo trattato con metadone 0,2
mg/kg ha richiesto dosaggi leggermente superiori alla media nella fase pre-
operatoria. Nel gatto gli oppioidi, subito dopo la somministrazione, possono
avere effetti sedativi lievi se non assenti confrontati a quelli ottenuti nel cane
agli stessi dosaggi (Dobromylskyj, 1993; Mollenhoff et al., 2005; Rohrer et al.,
2004; Maiante et al., 2009; Monteiro et al., 2009).
Il risveglio è stato migliore nei pazienti che hanno ricevuto trattamenti a
dosaggi maggiori, ottenendo punteggi più bassi alla prima valutazione del
dolore tramite scala di Melbourne. Il gruppo che ha ricevuto analgesia con
metadone a 0,3 mg/kg ha dato il punteggio migliore anche nella valutazione a
T60. Alcuni pazienti trattati con metadone hanno manifestato euforia e
midriasi a T30, segni generalmente associati all’uso di oppioidi nel gatto
(Gaumann et al., 1988) e spesso ritrovati in pazienti premedicati proprio con
metadone (Roherer Bley et al., 2004). Uno dei pazienti trattati con metadone
0,2 mg/kg ha ricevuto analgesia complementare postoperatoria poiché i valori
Capitolo 4
83
fisiologici risultavano aumentati. Un paziente di G4 presentava scialorrea poco
dopo T60. Questo, in seguito alla somministrazione di metoclopramide
(Plasil) per via sottocutanea, ha mostrato evidenti segni di disforia con
vocalizzazioni persistenti, midriasi, agitazione all’interno del ricovero e
fotofobia. Queste modificazioni non sono state prese in considerazione ai fini
dello studio poiché si sono manifestate oltre i termini per la valutazione del
dolore a T60. Il proprietario ha riferito la persistenza dei sintomi fino a sei ore
dopo la chirurgia, dunque compatibilmente con la durata di azione del
metadone. È possibile che questi sintomi non siano stati rilevati in tempi utili
poiché, prima dell’iniezione di metoclopramide, le interazioni con il paziente
non avevano suscitato reazioni importanti.
Un paziente trattato con tramadolo a 2 mg/kg ha ricevuto analgesia
complementare dopo valutazione a T30. Il metabolita M1 del tramadolo è il
maggior responsabile degli effetti analgesici del farmaco (Engaard et al., 2006).
I gatti non solo hanno minor produzione di questo metabolita rispetto al cane,
ma c’è un’ampia diversità tra le varie razze ed individui (Brondani et al.,2008),
per cui l’effetto analgesico del tramadolo nel gatto può essere molto variabile.
La scala del dolore dell’Università di Melbourne si è rivelata limitata ai fini di
una valutazione razionale nel gatto poiché dà maggior peso alle alterazioni
fisiologiche piuttosto che a quelle comportamentali. Il dolore può causare
aumento della frequenza cardiaca, respiratoria e della pressione arteriosa ma
queste variabili fisiologiche sono anche alterate da paura e stress (Mathews,
1996). Inoltre questa scala non è stata validata nel gatto (Mich & Hellyer,
2008). All’inizio di questo studio clinico, scale multimodali di valutazione del
dolore specifiche per la specie felina non erano ancora state definite.
In base al questionario compilabile in ambiente casalingo, i gruppi trattati con
metadone hanno avuto la minor percentuale di modificazioni
Capitolo 4
84
comportamentali dopo due giorni dall’intervento. Il trattamento con
tramadolo ha determinato variazioni comunque contenute del
comportamento. Il trattamento con metadone a 0,2 mg/kg, ha avuto il
maggior punteggio in assoluto il primo giorno. Il valore di questi dati deve
essere ponderato con attenzione poiché una valutazione del comportamento
da parte del proprietario può essere influenzata dalla componente emotivo-
affettiva. Sebbene l’ambiente familiare preclude la possibilità di alterazioni
fisiologiche da stress e paura, la valutazione risultante potrebbe essere troppo
soggettiva per poter trarre delle conclusioni razionali.
In generale i risultati di questo studio possono non rispecchiare i valori di una
popolazione felina più ampia poiché dipendono da un numero limitato di casi
clinici. Ad esempio nella pratica clinica il metadone viene comunemente usato
in premedicazione nel gatto ma è molto meno frequente che si verifichino casi
di disforia. Inoltre è difficile valutare l’efficacia del tramadolo in base alla
variabilità di razza, poiché i pazienti coinvolti in questo studio erano
prevalentemente di razza Comune Europea.
4.6 Conclusione
La somministrazione di tramadolo a 2 o 3 mg/kg e metadone a 0,2 o 0,3
mg/kg ha permesso di ottenere un buon piano analgesico negli interventi di
ovariectomia preventiva in gatti sani premedicati con medetomidina 30
mcg/kg, ketamina 3 mg/kg e midazolam 0,2 mg/kg. Il dosaggio inferiore di
tramadolo ha procurato maggior stabilità emodinamica rispetto agli altri
trattamenti, con mantenimento dell’anestesia a dosaggi più contenuti di
propofol. I trattamenti con metadone si sono rivelati efficaci nel garantire
Capitolo 4
85
analgesia più duratura e ripristino dei comportamenti ed abitudini normali in
minor tempo.
Anche se questo studio ha fornito indicazioni cliniche importanti su questi
due trattamenti, è necessario effettuare ulteriori studi sfruttando metodiche
più all’avanguardia di valutazione del dolore postoperatorio nel gatto.
L’applicazione sperimentale di un questionario compilabile in ambiente
casalingo lascia dubbi sulla validità dell’interpretazione di certi
comportamenti. Un simile questionario andrebbe perfezionato con l’utilizzo
di parametri più oggettivi e la ricerca di valori standard a cui i proprietari
potrebbero fare riferimento.
Bibliografia
86
BIBLIOGRAFIA
Al-Gizawiy MM & Rudé EP (2004) “Comparison of preoperative
carprofen and postoperative butorphanol as postsurgical analgesics in cats
undergoing ovariohysterectomy” in Vet Anaesth Analg 31; pag.164–174.
Ansah OB, Raekallio M, Vainio O (2000) “Correlation between serum
concentrations following continuous intravenous infusion of
dexmedetomidine or medetomidine in cats and their sedative and analgesic
effects” in J Vet Pharmacol Ther 23(1); pag. 1–8.
Ansah OB, Vainio O, Hellsten C, Raekallio M (2002) “Postoperative pain
control in cats: clinical trials with medetomidine and butorphanol” in Vet Surg
31; pag. 99-103.
AVTRW (Association of Veterinary Teachers and Research Workers) (1989) -
Guidelines for the recognition and assessment of pain in animals- Potters Bar,
(UK), University Federation for Animal Welfare pag. 1-23.
Baba H, Kohno T, Okamoto M, Goldstein PA, Shimoji K, Yoshimura
M (1998) “Muscarinic facilitation of GABA release in substantia gelatinosa of
the rat spinal dorsal horn” in Journal of Physiology 508; pag. 83-93.
Baba H, Shimoji K, Yoshimura M (2000) “Norepinephrine facilitates
inhibitory transmission in substantia gelatinosa of adult rat spinal cord (part
1)” in Anesthesiology 92; pag. 474-484.
Baba H, Goldstein PA, Okamoto M, Kohno T, Ataka T, et al. (2000)
“Norepinephrine facilitates inhibitory transmission in substantia gelatinosa of
adult rat spinal cord (part 2)” in Anesthesiology 92; pag. 485-492.
Bibliografia
87
Balmer TV, Irvine D, Jones RS, Roberts MJ, Slingsby L, Taylor PM,
Waterman AE, Waters C (1998) “Comparison of carprofen and pethidine as
postoperative analgesics in the cat” in J Small Anim Practice 39; pag. 158-164.
Baron (2006) “Complex regional pain syndromes” in McMahon SB,
Koltzenburg M eds – Textbook of pain, 5th edition - Elsevier, Churchill
Livingstone, Edimburgo; pag.1011-1027.
Bateson P (1991) “Assessment of pain in animals” in Anim Behav 42; pag
827.
Bonica JJ (1990) “General considerations of acute pain” in Bonica JJ ed –
The management of pain 2nd edition – Philadelphia, Lea & Febiger; pag. 159-
180.
Branson KR & Gross ME (2001) “Opioid agonists and antagonists” in
Adams HR – Veterinary Pharmacology and Therapeutics, 8th edition –
Blackwell Publishing, pag. 268-298. Ames.
Briggs SL, Sneed K, Sawyer DC (1998) “Antinociceptive effects of
oxymorphone-butorphanol-acepromazine combination in cats” in Vet Surg
27(5); pag. 466–472.
Brondani JT, Loureiro Luna SP, Beier SL, Minto BW, Padovani CR
(2009) “Analgesic efficacy of perioperative use of vedaprofen, tramadol or
their combination in cats undergoing ovariohysterectomy” in Journal of Feline
Medicine and Surgery 11; pag. 420-429.
Brondani JT, Luna SP, Padovani CR (2011) “Refinement and initial
validation of a multidimensional composite scale for use in assessing acute
postoperative pain in cats” in AJVR 72, n. 2 pag. 174-183.
Bibliografia
88
Budai D, Harasawa I, Fields HL (1998) “Midbrain periaqueductal gray
(PAG) inhibits nociceptive inputs to sacral dorsal horn nociceptive neurons
through α2-adrenergic receptors” in J Neurophysiol 80(5); pag. 2244-2254.
Buerkle H & Yaksh TL (1998) “Pharmacologic evidence for different
alpha2-adrenergic receptor sites mediating analgesia and sedation in the rat” in
Br J Anaesth 81; pag. 208-215
Cambridge AJ, Tobias KM, Newberry RC, Sarkar DK (2000) “Subjective
and objective measurements of postoperative pain in cats” in JAVMA 217,
num.5; pag. 685-690.
Capman CR (1996) “Limbic processes and the affective dimention of pain”
in Carli G, Zimmerman M eds. – Towards the neurobiology of chronic pain –
Elsevier Publisher BV, New York (USA)110; pag. 63-81.
Carroll GL (1998) “Small animal pain management” in AHAA Press,
Lakewood, Colorado (USA).
Castro DS, Silva MF, Shih AC, Motta PP, Pires MV, Scherer PO (2009)
“Comparison between the analgesic effects of morphine and tramadol
delivered epidurally in cats receiving a standardized noxious stimulation” in
Journal of Feline Medicine and Surgery 11; pag. 948-953.
Charney DS, Grillon C, Bremner JD (1998) “The neurobiological basis of
anxiety and fear: circuits, mechanisms and neurochemical interactions (part
1)” in Neuroscientist 4: pag. 35-44.
Charney DS, Grillon C, Bremner JD (1998) “The neurobiological basis of
anxiety and fear: circuits, mechanisms and neurochemical interactions (part
2)” in Neuroscientist 4; pag. 122-132.
Bibliografia
89
Chen HC, Radzi R, Rahman N (2007) “Analgesic effect of tramadol
combined with tolfenamic acid in cats after ovariohysterectomy” Presented at
the proceedings of the 13th Annual IVECCS Conference. New Orleans,
September 27, 2007.
Clark Louise (2009) “Il dolore acuto nel gatto: il gatto non è un piccolo
cane” da Atti ufficiali del 62° Congresso Internazionale multisala SCIVAC;
pag. 118-120.
Cliffer KD, Burstein R, Giesler GJ Jr. (1991) “Distributions of
spinothalamic, spinohypothalamic and spinotelencephalic fibers revealed by
anterograde transport of PHA-L in rats” in -The journal of neuroscience – 11;
pag. 852-868.
Conzemius MG, Hill CM, Sammarco JL, Perkowski SZ (1997)
“Correlation between subjective and objective measures used to determine
severity of postoperative pain in dogs” in JAVMA 210; pag. 1619-1622.
Corletto (2010) “Capitolo 7, Dolore ed analgesia” in Federico Corletto –
Anestesia del cane e del gatto, seconda edizione – (Poletto Editore, Milano);
pag. 81-91.
Court M & Greenblatt D (1997) “Molecular basis for deficient
acetaminophen glucuronidation in cats. An interspecies comparison of
enzyme kinetics in liver microsomes” in Biochem Pharmacol 53(7); pag.1041–
7.
Court M & Greenblatt D (2000) “Molecular genetic basis for deficient
acetaminophen glucuronidation by cats: UGT1A6 is a pseudogene, and
evidence for reduced diversity of expressed hepatic UGT1A isoforms” in
Pharmacogenetics 10(4); pag. 355–69.
Bibliografia
90
Desmeules JA, Piguet V, Collart L, Dayer P (1996) “Contribution of
monoaminergic modulation to the analgesic effect of tramadol” in British
Journal of Clinical Pharmacology 41; pag. 7-12.
Dixon MJ, Robertson SA, Taylor PM (2002) “A thermal threshold testing
device for evaluation of analgesics in cats” in Res Vet Sci 72(3); pag. 205–210.
Dixon MJ, Taylor PM, Steagall PV, Brondani JT, Luna SP (2007)
“Development of a pressure nociceptive threshold testing device for
evaluation of analgesics in cats” in Res Vet Sci 82(1); pag. 85–92.
Dobbins S, Brown NO, Shofer FS (2002) “Comparison of the effects of
buprenorphine, oxymorphone hydrochloride, and ketoprofen for
postoperative analgesia after onychectomy or onychectomy and sterilization in
cats” in J Am Anim Hosp Assoc 38; pag. 507–514.
Dobromylskyj P (1993) “Assessment of methadone as an anaesthetic
premedicant in cats” in J Small Anim Pract 34; pag. 604–608.
Dobromylsky P, Flecknell PA, Lascelles BDX, Pascoe PJ, Taylor P,
Waterman-Pearson A (2000) “Management of postoperative and other acute
pain” in Flecknell P, Waterman-Pearson A – Pain management in animals –
Saunders, Londra (UK); pag. 127.
Dobromylskyij P, Flecknell P.A., Lascelles B.D. et al. (2000) “Pain
assessment” in Flecknell PA, Waterman-Pearson A, eds – Pain management
in animals – WB Sauders, Londra (UK); pag. 53-79.
Dohoo SE & Dohoo IR (1996) “Factor influencing the postoperative use of
analgesics in dogs and cats by Canadian veterinarians” in Canadian vet Journal
37; pag. 552-556.
Bibliografia
91
Doubell TP, Mannion RJ, Woolf CJ. (1999) “The dorsal horn: state-
dependent sensory processing, plasticity and generation of pain” in Wall PD,
Melzack R. eds – Textbook of pain 4th edition – Churchill Livingston Inc,
Philadelphia (USA); pag. 11-58.
Duke T, Cox AM, Remedios AM, Cribb PH (1994) “The analgesic effects
of administering fentanyl or medetomidine in the lumbosacral epidural space
of cats” in Vet Surg 23(2); pag. 143–148.
Duke T (2000) “Local and regional anesthetic and analgesic techniques in the
dog and cat: part II, infiltration and nerve blocks” in Can Vet J 41(12); pag.
949–952.
Ferreira TH, Rezende ML, Mama KR, Hudachek SF, Aguiar AJ (2011)
“Plasma concentrations and behavioral, antinociceptive, and physiologic
effects of methadone after intravenous and oral transmucosal administration
in cats” in AJVR 72; pag. 764-771.
Fields HL & Basbaum AI (1999) “Central nervous system mechanism of
pain modulation” in Wall PD, Melzack R. eds – Textbook of pain – Churchill
Livingston Inc, Edimburgh (UK).
Fields HL, Heinricher MM, Mason P (1991) “Neurotransmitters in
nociceptive modulatory circuits” in Annual Rev Neuroscience 14: pag. 219-
245.
Firth AM & Haldane SL (1999) “Development of a scale to evaluate post
operative pain in dogs” in JAVMA 214; pag. 651- 659.
Fonda (2009) -Dolore e analgesia negli animali- Point Veterinarie Italie,
Milano.
Bibliografia
92
Fraser AM & Broom DM (1990) “Welfare measurement” in fraser AF,
Broom DM, eds – Farm animal behavior and welfare, 3rd edition – Bailliere
Tindall, Londra (UK) pag. 266-279.
Gassel AD, Tobias KM, Egger CM (2005) “Comparison of oral and
subcutaneous administration of buprenorphine and meloxicam for
preemptive analgesia in cats undergoing ovariohysterectomy” in J Am Vet
Med Assoc 227; pag. 1937–1944.
Gauriau C & Bernard JF (2002) “Pain pathways and parabrachial circuits in
the rat” in Experimental Physiology 87; pag. 251-258.
Gaynor (2009) “Other drugs used to treat pain” in Gaynor & Muir –
Handbook of pain management, 2nd edition – Mosby Elsevier, St Louis,
Missouri (USA).
Gaynor JS & Muir III WW (2009) – Handbook of pain management, 2nd
edition – Mosby Elsevier, St Louis, Missouri (USA).
Giordano T, Steagall PV, Ferreira TH, Minto BW, De Sá Lorena SE,
Brondani J, Luna SP (2010) “Postoperative analgesic effects of intravenous,
intramuscular, subcutaneous or oral transmucosal buprenorphine
administered to cats undergoing Ovariohysterectomy” in Veterinary
Anaesthesia and Analgesia, 37; pag. 357–366.
Glerum LE, Egger CM, Allen SW, Haag M (2001) “Analgesic effect of the
transdermal fentanyl patch during and after feline ovariohysterectomy” in Vet
Surg 30; pag. 351-358.
Guo TZ, Jiang JY, Buttermann AE, Maze M et al. (1996)
“Dexmedetomidine injection into the locus ceruleus produces
antinociception” in Anesthesiology 84(4); pag. 873-881.
Bibliografia
93
Gutstein HB & Akil H (2001) “Opioid analgesics” in Hardman JG et al. –
Gooman & Gilman’s The pharmacological basis of therapeutics, 10th edition –
Mc Graw – Hill, New York (USA); pag. 569-588.
Hall LW & Clarke KW (1991) “General considerations” in Hall LW, Clarke
KW eds – Veterinary anaesthesia 9th edition – Bailliere Tindall, Londra (UK);
pag. 1-12.
Hammack JE, Mailliard JA, Loprinzi CL, Rospond RM, O'Fallon JR et
al. (1997) “ Transdermal fentanyl in the management of cancer pain in
ambulatory patients: an open-label pilot study” in J Pain Symptom Manage 12;
pag. 234-240.
Hardie EM, Hansen BD, Carroll GS (1997) “Behavior after
ovariohysterectomy in the dog: what’s normal?” in Applied Animal
Behaviour Science 51:111-128.
Haskins SC (1988) “Control of pain and suffering” in – Proceedings 55th
Annual of American Hospital Association Meeting Veterinary Technicians
Programme - pag. 18-22.
Heinricher MM (1997) “Organizational characteristics of supraspinally
mediated responses to nociceptive imput” in Yaksh TL, Lynch C III, Zapol
WM, et al. (eds) – Anesthesia: Biological foundations - Lippincott-Raven,
Philadelphia, (USA) pag 643-662.
Hellebrekers (2000) “Pain in animals” in Hellebrekers L. J. - Animal pain: a
practice-oriented approach to an effective pain control in animals – (Van Der
Wels, Utrecht, Olanda); pag. 11-16.
Helleyer PW & Gaynor JS (1998) “How I treat: acute postsurgical pain in
dogs and cats” in – Compend Cont Educ 20; pag. 140-153.
Bibliografia
94
Hellyer PW, Uhrig SR, Robinson NG (2006) “Colorado State University
Veterinary Medical Center Feline Acute Pain Scale” in - Handbook of
veterinary pain management 2nd edition – Mosby Elsevier, St Louis Missouri
(USA) pag. 78-109.
Hofmeister & Egger (2004) “Transdermal fentanyl patches in small
animals” in J Am Anim Hosp Assoc 40; pag. 468-478.
Holton LL, Scott EM, Nolan AM, Reid J, Welsh E, Flaherty D (1998)
“Comparison of three methods used for assessment of pain in dogs” in J Am
Vet Med Assoc 212:61-66.
Holton L, Reid J, Scott EM, Pawson P, Nolan A (2001) “Development of
a behavior-based scale to measure acute pain in dogs” in Vet Rec 148; pag.
525-531.
Hudson JT, Slater MSM, Taylor L, Scott M, Sharon C. Kerwin SC,
(2004) “Assessing repeatability and validity of a visual analogue scale
questionnaire for use in assessing pain and lameness in dogs” in AJVR, 65;
pag. 1634-1643.
IASP (1993) “Pain” 1979(6)249-252, ex Shipton.
IASP (1994) “Classification of chronic pain: a list with definitions and a note
on usage” in Merskey H, Bogduk N - International Association for the Study
of Pain (IASP) task force on taxonomy. 2nd ed.- Seattle: IASP Press; pag.
209–214.
Johnson JA, Robertson SA, Pypendop BH (2007) “Antinociceptive effects
of butorphanol, buprenorphine, or both, administered intramuscularly in cats”
in AJVR 68; pag. 699-703.
Bibliografia
95
Kehlet H & Dahl JB (1993) “The value of “multimodal” or “balanced
analgesia” in postoperative pain treatment” in - Anesthesia & Analgesia – 77;
pag.1048-1056.
Kendel ER (1991) “Nerve cells and behavior” in Kandel ER, Schwartz JH,
Jessel TM eds – Principles of neural science , 3rd edition – Norwalk,
Connecticut (USA) Appleton and Lange; pag. 19-32.
Lamont LA (2002) “Feline perioperative pain management” in Vet Clin
North Am Small Anim Pract 32(4); pag. 747–63.
Lamont LA, Tranquilli WJ, Grimm KA (2000) “Physiology of pain” in -
Veterinary Clinics Of North America: Small Animal Practice – vol. 30,
number 4, July .
Lascelles BDX (1996) “Advances in the control of pain in animals” in
Vetrinary Annual 36; pag. 1-15.
Lascelles D & Waterman A (1997) “Analgesia in cats” in Pract 19(4); pag.
203–213.
Lascelles BDX & Robertson SA (2004) “Use of thermal threshold response
to evaluate the antinociceptive effects of butorphanol in cats” in Am J Vet
Res 65(8); pag. 1085–1089.
Lascelles BDX, Court MH, Hardie EM, Robertson SA (2007)
“Nonsteroidal anti-inflammatory drugs in cats: a review” in Vet Anaesth
Analg 34(4); pag. 228–250.
LeDoux JE, Iwata J, Cicchetti P, Reis D (1988) “Different projections of
the central amygdaloid nucleus mediate autonomic and behavioral correlates
of conditioned fear” in Journal of Neuroscience 8; pag. 2517-2529.
Bibliografia
96
Lehmann K.A., Kratzenberg U., Schroeder-Bark B., Horrichs-
Haermeier G. (1990) “Postoperative patient-controlled analgesia with
tramadol: analgesic efficacy and minimum effective concentrations” in Clinical
Journal of Pain 6; pag. 212-220.
Lenexa & Kan (1997) “A roundtable discussion: rethinking your approach to
sedation, anesthesia and analgesia” in - Veterinary Medicine Publishing –
Lerche & Muir (2008) “Analgesia” in Gwendolyn L. Carroll – Small animal
analgesia and anesthesia –Blackwell, USA; pag. 123-142.
Lester SJ, Mellor DJ, Holmes RJ, Ward RN, Stafford KJ (1996)
“Behavioral and cortisol responses of lambs to castration and tailing using
different methods” in NZ Vet Journal 44; pag. 54-54.
Maiante AA, Teixeira Neto FJ, Beier SL, et al. (2009) “Comparison of the
cardio-respiratory effects of methadone and morphine in conscious dogs” in J
Vet Pharmacol Ther 32; pag. 317–328.
Mama (2009) “Local Anesthetics” in Gaynor & Muir – Handbook of pain
management, 2nd edition – Mosby Elsevier, St Louis, Missouri (USA).
Manworren RCB & Hynan LS (2003) “Clinical validation of FLACC:
preverbal patient pain scale” in Pediatr Nurs 29; pag.140–146.
Mastrocinque S & Fantoni DT (2003) “A comparison of preoperative
tramadol and morphine for the control of early postoperative pain in canine
ovariohysterectomy” in Veterinary Anaesthesia and Analgesia 30; pag. 220-
228.
Mathews KA (1996) “Non-steroidal anti-inflammatory analgesics for acute
pain management in dogs and cats” Can Vet J 37; pag. 539–545.
Bibliografia
97
Mathews KA (2000), “Pain assessment and general approach to
management” in - Management of Pain, Veterinary Clinics of North America:
Small Animal Practice vol. 30, num.4, pag. 729-755.
McCaffrey M (1997) “Pain ratings: the fifth vital sign” in American Journal
of Nursery 97; pag. 15-16.
McGrath PJ & Unruh AM (1989) “The measurement and the assessment of
pain” in McGrath PJ, Unruh AM, eds – Pain in children and adolescent –
Elsevier, Amsterdam; pag. 73-104.
Mellor D & Stafford K (1999) “Assessing and minimizing the distress caused
by painful husbandry procedures in ruminants” in In Pract 21; pag. 436-446.
Mellor DJ (1997) “Human end points: some perspectives from farm animals
studies” in Van Zutphen FM, Balls M, eds – Animal alternatives, welfare and
ethics – Elsevier, Amsterdam; pag. 291-296.
Mellor DJ, Cook CJ, Stafford KJ (2000) “Quantifying some responses to
pain as a stressor” in Moberg GP, Mench JA, eds – The biology of animal
stress – basic principles and implications for animal welfare – CAB
International Publishing, Wellingford (UK); pag. 171-198.
Mellor DJ, Molony V, Robertson IS (1991) “Effects of castration on
behavior and plasma cortisol concentrations in young lambs, kids and calves”
in Res Vet Sci 51; pag. 149-154.
Melzack R & Katz J (1999) “Pain measurement in persons in pain” in Wall
PD, Melzack R, editors -Textbook of pain, ed 4- Edinburgh, Churchill
Livingstone.
Melzack R & Wall PD (1965) “Pain mechanisms: a new theory” in Science
150; pag. 971-979.
Bibliografia
98
Mich PM & Hellyer PW (2008) “Objective, categoric methods for assessing
pain and -analgesia” in Gaynor, Muir III – Handbook of veterinary pain
management 2nd edition – Mosby Elsevier, St Louis Missouri (USA); pag. 78-
109.
Millan MJ, Bervoets K, Rivet JM, Widdowson P, Renouard A, Le
Marouille-Girardon S, Gobert A (1994) “Multiple alpha2-adrenergic
receptor subtypes. II. Evidence for a role of rat alpha2A-adrenergic receptors
in control of nociception, motor behavior and hippocampal synthesis of
noradrenaline” in J Pharmacol Exp Ther 270(3); pag. 958-972.
Mollenhoff A, I Nolte, S Kramer (2005) “Antinociceptive efficacy of
carprofen, levomethadone and buprenorphine for pain relief in cats following
major orthopedic surgery” in J Vet Med A Physiol Pathol Clin Med 52; pag.
186-198.
Molony VJ & Kent JE (1997) “Assessment of acute pain in farm animals
using behavioral and phsycologic measurements” in J Anim Science 75; pag.
266-272.
Monteiro ER, Figueroa CDN, Choma JC, Campagnol D, Bettini CM
(2008) “Effects of methadone, alone or in combination with acepromazine or
xylazine, on sedation and physiologic values in dogs” in Veterinary
Anaesthesia and Analgesia Volume 35, pag. 519–527.
Monteiro ER, Rodrigues A Jr, Assis HMQ, et al. (2009) “Comparative
study on the sedative effects of morphine, methadone, butorphanol or
tramadol, in combination with acepromazine, in dogs” in Vet Anaesth Analg
36; pag. 25–33.
Bibliografia
99
Morton DB & Griffiths PHM (1985) “Guidelines on the recognition of
pain, distress and discomfort in experimental animals and an hypothesis for
assessment” in -Veterinary Record – 116; pag. 431-436.
Morton Reid J, Scott EM, Holton LL, Nolan AM (2005) “Application of
a scaling model to establish and validate an interval level pain scale for
assessment of acute pain in dogs” American Journal of Veterinary Research
66(12); pag. 2154-2166
Muir III (2001) “Mechanisms of pain and their therapeutic implications” in
JAVMA, Vol 219, No. 10, November 15.
Muir WW & Bichard SJ (1997) “Questions and answers on analgesia,
anesthesia and sedation” in – Proceedings – Symposium of North America
Veterinary Conference; 10.
Muir WW & Gaynor JS (2008) “Pain Behaviors” in – Handbook of
veterinary pain management 2nd edition – Mosby Elsevier, St Louis Missouri
(USA) pag. 62-77.
Murrel JC, Robertson SA, Taylor PM, McCown JL, Bloomfield M, Sear
JW (2007) “Use of a transdermal matrix patch of buprenorphine in cats:
preliminary pharmacokinetic and pharmacodynamic data” in Vet Rec 160;
pag. 578-583.
Negri L (2004) “Il sistema oppioide” in Clementi F, Fumagalli G –
Farmacologia generale e molecolare – UTET Torino; pag. 538-548.
Niedfeldt RL & Robertson SA (2006) “Postanesthetic hyperthermia in cats:
a retrospective comparison between hydromorphone and buprenorphine” in
Veterinary Anesthesia and Analgesia 33, 381-389.
Bibliografia
100
Pasternak GW (2006) “Opioids” in Hemmings HCJ, Hopkins PM –
Foundations of anesthesia. Basic sciences for clinical practice, 2nd edition –
Elsevier, Philadelphia (USA); pag. 373-383.
Petrenko AB, Yamakura T, Baba H, Shimoji K (2003) “The role of N-
methyl-D-aspartate (NMDA) receptors in pain: a review.” in Anesth Analg
97(4); pag. 1108–1116.
Ponte J & Sadler CL (1989) “Effect of thiopentone, etomidate and propofol
on carotid body chemoreceptor activity in the rabbit and the cat” in Br. J.
Anaesth. 62; pag. 41-45.
Pypendop BH & Ilkiw JE (2008) “Pharmacokinetics of tramadol, and its
metabolite O-desmethyl-tramadol, in cats” in J Vet Pharmacol Ther 31(1);52–
9.
Pypendop BH, Siao KT, Pascoe PJ, Ilkiw JE (2008) “Effects of epidurally
administered morphine or buprenorphine on the thermal threshold in cats” in
AJVR 69, pag. 983-987.
Raja SN, Meyer RA, Ringkamp M & Campbell J. N. (1999) “Peripheral
neural mechanism of nociception” in Wall PD, Melzack R. eds – Textbook of
pain 4th edition – Churchill Livingston Inc, Philadelphia (USA); pag. 11-58.
Reid J, Nolan A.M, Hughes J.M.L., Lascelles D., Pawson P., Scott
E.M. (2005) “Development of a short form of the Glasgow Composite
Measure Pain Scale (CMPS) as a measure of acute pain in the Dog” in -
Veterinary Anaesthesia and Analgesia - 32(6); pag.7.
Robertson SA, Taylor PM, Lascelles BD, Dixon MJ (2003) “Changes in
thermal threshold response in eight cats after administration of
Bibliografia
101
buprenorphine, butorphanol and morphine” in Veterinary Records 153, pag.
462-465.
Robertson SA, Lascelles BD, Taylor PM, Sear JW (2005) “PK/PD
modeling of buprenorphine in cats: intravenous and oral transmucosal
administration” in J Vet pharmacol Therap 28; pag. 453-460.
Robertson SA (2005) “Managing pain in feline patients” in - Veterinary
Clinics of North America: Small Animal Practice – 35, pag. 129-146.
Robertson SA, Wegner K, Lascelles BDX (2008) “Antinociceptive and
side-effects of hydromorphone after subcutaneous administration in cats”
JFMS in press.
Robertson SA (2008) “Managing pain in feline patients” in – Update on
Management of Pain, Veterinary Clinics of North America: Small Animal
Practice – pag. 1268-1290.
Robinson TM, Kruse-Elliott KT, Markel MD, et al. (1999) “A
comparison of transdermal fentanyl versus epidural morphine for analgesia in
dogs undergoing major orthopedic surgery” in J Am Anim Hosp Assoc
35(2);95–100.
Roherer Bley C, Neiger-Aeschbacher G, Busato A, Schatzmann U
(2004) “Comparison of perioperative racemic methadone, levo-methadone
and dextromoramide in cats using indicators of postoperative pain” in Vet
Anaesth Analg 31; pag. 175-182.
Rollin B.E. (2000) “The ethics of pain control in companion animals” in
Hellebrekers L. J. - Animal pain: a practice-oriented approach to an effective
pain control in animals – (Van Der Wels, Utrecht, Olanda); pag. 17-38.
Bibliografia
102
Sawyer DC & Rech RH (1987) “Analgesia and behavioral effects of
butorphanol, nalbuphine, and pentazocine in the cat” in J Am Anim Hosp
Assoc 23; pag. 438–46.
Short CE (1998) “Fundamentals of pain perception in animals” in Appl Anim
Behav Science 59; pag 125-133.
Slingsby & Waterman-Pearson (1998) “Comparison of pethidine,
buprenorphine and ketoprofen for postoperative analgesia after
ovariohysterectomy in the cat” in Vet Rec 143; pag. 185-189.
Slingsby LS, Lane EC, Mears ER, Shanson MC, Waterman-Pearson AE
(1998) “Postoperative pain after ovariohysterectomy in the cat: a comparison
of two anaesthetic regimens” in Vet Rec 143(21); pag. 589–90.
Slingsby & Waterman-Pearson (2000) “Postoperative analgesia in the cat
after ovariohysterctomy by use of carprofen, ketoprofen, meloxicam and
tolfenamic acid” in J Small anim Pract 41; pag. 447-450.
Slingsby LS & Waterman-Pearson AE (2000) “Postoperative analgesia in
the cat after ovariohysterectomy by use of carprofen, ketoprofen, meloxicam
or tolfenamic acid” in J Small Anim Pract 41; pag. 447–450.
Slingsby & Waterman-Pearson (2002) “Comparison between meloxicam
and carprofen for postoperative analgesia after feline ovariohysterctomy” in J
Small Anim Pract 43; pag. 286-289.
Staats P. (2000) “Pain: Assessment and approach to practical pain
management in the ICU” presentato al 29th Educational and Scientific
Symposium al Society of Critical Care Medicine, Febbraio, atti pag. 12-15,
Orlando (Florida, USA).
Bibliografia
103
Stanway, GW, Taylor PM, Brodbelt DC (2002) “ A preliminary
investigation comparing pre-operative morphine and buprenorphine for
postoperative analgesia and sedation in cats” in Vet Anaesth Analg 29; pag.
29-35.
Steagall PV, Taylor PM, Brondani JT, Luna SP, Dixon MJ (2008)
“Antinociceptive effects of tramadol and acepromazine in cats” in Journal of
Feline Medicine and Surgery 10; pag. 24-31.
Sukumarannair S. A. (2002) “Challenges of pain assessment in domestic
animals” in JAVMA, Vol 220, No 3, February 1.
Taylor PM, Delatour P, Landoni FM, Deal C, Pickett C, Shojaee
Aliabadi F, Foot R, Lees P et al. (1996) “Pharmacodynamics and
enantioselective pharmacokinetics of carprofen in the cat” in Res Vet Science
60; pag. 144-151.
Taylor PM (1999) “Newer analgesics, non-steroid anti-inflammatory drugs,
opioids and combinations” in Veterinary Clinics of North America Small
Animal Practice 29; pag. 719-735.
Taylor PM, Robertson SA, Dixon MJ, Ruprah M, Sear JW, Lascelles
BD, Waters C, Bloomfield M (2001) “Morphine, pethidine and
buprenorphine disposition in the cat” in Journal of Veterinary Pharmacol
Ther 24; pag. 391-398.
Taylor PM, Robertson SA, Dixon MJ, Ruprah M, Sear JW, Lascelles
BD, Waters C, Bloomfield M (2001) “Morphine, pethidine and
buprenorphine disposition in the cat” in Journal Vet Pharmacol Ther 24; pag
391-398.
Bibliografia
104
Taylor PM & Robertson SA (2004) “Pain management in cats – past,
present and future. Part 1. The cat is Unique” in J Feline Med Surg 6; pag.313-
333.
Teppema LJ, Nieuwenhuijs D, Olievier CN, Dahan A et al. (2003)
“Respiratory depression by tramadol in the cat - involvement of opioid
receptors” in Anesthesiology 98; pag. 420-427.
Thurmon JC, Tranquilli WJ, Benson GJ (1996) “Perioperative pain and
distress” in Lumb and Jones - Veterinary Anesthesia 3rd edition- Baltimore,
Lea & Febiger; pag. 40-60.
Tobias KM, Harvey RC, Byarlay JM (2006) “A comparison of four
methods of analgesia in cats following ovariohysterectomy” in Vet Anaesth
Analg 33; pag. 390–398.
Tranquilli WJ et al. (1988) “Butorphanol as a preanestetic in cats: its effects
on two common intramuscular regimens” in Vet medicine 83, peg. 848-854.
Wagner A (2008) “Opioids” in - Handbook of pain management, 2nd edition
– Mosby Elsevier, St Louis, Missouri (USA).
Wells, Glerum LE, Papich MG (2008) “Pharmacokinetics of butorphanol in
cats after intramuscular and buccal trasmucosal administration” in AJVR 69;
pag. 1548-1554.
Welsh EM, Gettinby G, Nolan AM (1993) “Comparison of a visual
analogue scale and a numerical rating scale for assessment of lameness, using
sheep as a model” in American Journal Veterinary Research 54; pag. 976-983.
Willis AD & Westlund KN (1997) “Neuroanatomy of the pain system and
of the pathways that modulate pain” in J Clin Neurophysiol 14; pag. 2–31.
Bibliografia
105
Willis WD & Coggeshall RE (1991) “Sensory mechanism of the spinal
cord” in Plenum Press, New York (USA).
Willis WD & Westlund KN (2004) “Pain system”, in Paxinos G, May JK
(eds) - The human nervous system, 2nd edition- Elsevier, Amsterdam; pag.
1125-1170.
Woolf CJ & Chong MS (1993) “Preemptive analgesia – treating
postoperative pain by preventing the establishment of central sensitization” in
– Anesthesia & Analgesia – 7;: pag. 363-379.
Woolf CJ. (2004) “Pain: Moving from symptom control toward mechanism-
specific pharmacologic management” Ann Intern Med 140; pag. 441–451 in
AAHA/AAFP Pain Management Guidelines For Dogs & Cats
September/October 2007, Vol. 43
Wright EM & Woodson JF (1990) “Clinical assessment of pain in
laboratory animals” in Rollin BE, Kesel ML eds – The experimental animal in
biologic research- Boca Raton, Florida CRC Press; pag. 205-216.
Yackey M, Ilkiw JE, Pascoe PJ, Tripp LD.et al. (2004) “Effect of
transdermally administered fentanyl on the minimum alveolar concentration
of isofluorane in cats” in Vet Anaest analg 31; pag. 183-189.
106
RINGRAZIAMENTI
Sono passati otto anni da quando per la prima volta ho assistito ad una lezione presso la facoltà di Medicina Veterinaria della facoltà di Pisa. Da allora molte cose sono cambiate, il mio essere stesso si è rivoluzionato ed ha superato molte dure prove, tentando di venirne fuori sempre con un po’ più forza e maturità. È il percorso della vita, che ognuno di noi sperimenta e vive in modo più o meno positivo. Il mio di percorso è stato a dir poco meraviglioso, ma la spettacolarità di questo è dovuta soprattutto alla eccezionale qualità delle persone che ho incontrato e che intendo ringraziare per avermi accompagnato fino a questo traguardo tanto atteso.
In primo luogo ringrazio la Dott.ssa Angela Briganti, perché talvolta in modo bizzarro ma con una capacità didattica che in nessun altro ho trovato, mi ha dato l’imprintig giusto affinché il mio percorso successivo sia fondato sulla ricerca continua della giusta competenza, senza mai dare per scontate le mie conoscenze e capacità. Grazie anche per la disponibilità e l’aiuto in questa tesi.
Ringrazio la Prof.ssa Gloria Breghi, perché offrendo a tutti la sua pazienza ed infondendo la giusta dose di tranquillità, è un po’ la “mamma” degli studenti del Blocco Operatorio.
Non posso non ringraziare e dedicare questo lieto evento alla mia famiglia che mi ha sempre supportata, anche quando ho vacillato.
Un “grazie” particolare a Laura Luzi e Mattia Colombo dell’ICTS di Pisa, perché venendomi sempre incontro con i turni lavorativi e talvolta ascoltandomi nei momenti difficili, hanno contribuito alla realizzazione di questo sogno.
Ringrazio tutti quelli che hanno sempre creduto in me e mi hanno spinta a tenere duro fino alla fine, soprattutto Roberta Melis, che è diventata una sorella per me, Ilaria Maffei, Doron Oscar Toshner, Marco Dessena, Uri Prise ed i carissimi Alice e Vincenzo che mi hanno aiutata a vivere questa ultima fase del percorso in allegrìa.
Un abbraccio ai “piccoli schiavi di anestesia veterinaria”; grazie per la pazienza con me e la mia poca collaborazione ai turni, in particolare Marco, Hamaseh ed Emy. Un “grazie” speciale a Stefania Nencioni che riempie di serenità ogni giornata in Dipartimento.