cinerama 2.1

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CINERAMA 2.1 DA AMERICAN SNIPER A THE WATER DIVINER. PASSANDO PER STILL ALICE. LE RECENSIONI PUBBLICATE SULLA RIVISTA FILMTV DI TUTTI I FILM USCITI A GENNAIO 2015. IERI, OGGI, DOMANI?

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Ieri, oggi, domani? Da American sniper a The water diviner passando per Still Alice Le recensioni pubblicate sulla rivista FilmTv di tutti i film usciti a gennaio 2015

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Page 1: Cinerama 2.1

CINERAMA 2.1

DA AMERICAN SNIPER A THE WATER DIVINER. PASSANDO PER STILL ALICE. LE RECENSIONI PUBBLICATE SULLA RIVISTA FILMTV

DI TUTTI I FILM USCITI A GENNAIO 2015.

IERI, OGGI, DOMANI?

Page 2: Cinerama 2.1

AmericAn sniper di Clint Eastwood Asterix e il regno degli dei di Louis Clichy, Alexandre Astier BAnAnA di Andrea Jublin

Big eyes di TIm Burton I CavalIerI dello ZodIaCo - la leggenda del grande tempIo di Keiichi Sato come AmmAzzAre il cApo 2 di Sean Anders dIfret - Il CoraggIo per CambIare di Zeresenay Berhane Mehary exodus: dei e re di Ridley Scott gemmA Bovery di Anne Fontaine il grAnde quAderno di Janos Szasz Hungry HeArts di Saverio Costanzo tHe ImItatIon game - l’enIgma dI un genIo di Morten Tyldum itAliAno medio di Maccio Capatonda itAlo di Alessia Scarso JoHn Wick di David Leitch, Chad Stahelski mAteo di Maria Gamboa unA merAvigliosA stAgione fAllimentAre di Mario Bucci mInusCule - la valle delle formICHe perdute di Thomas Szabo, Hèléne Giraud il nome del figlio di Francesca Archibugi una notte al museo 3 - Il segreto del faraone di Shawn Levy

ouiJA di Stiles White

CINERAMA2.1INDICE ALFABETICO DELLE RECENSIONI DEI FILM USCITI A GENNAIO 2015

CLICCA SUL TITOLO PER APRIRE LA RECENSIONE

Page 3: Cinerama 2.1

piccoli così di Angelo Marotta postIno pat - Il fIlm di Mike Disa sei mAi stAtA sullA lunA? di Paolo Genovese

si AccettAno mirAcoli di Alessandro Siani still Alice di Richard Glatzer, Wash Westmoreland strIplIfe - gaZa In a day di Grignani, Mussolini, Scaffidi, Testagrossa, Zambelli lA teoriA del tutto di James Marsh turner di Mike Leigh unBroken di Angelina Jolie tHe WAter diviner di Russell Crowe

CINERAMA2.1CLICCA SUL TITOLO PER APRIRE LA RECENSIONE

INDICE ALFABETICO DELLE RECENSIONI DEI FILM USCITI A GENNAIO 2015

Page 4: Cinerama 2.1

Chris Kyle, ex cowboy, si arruola nei Seals e viene spedito in Iraq. È un formida-bile cecchino, salva la vita a molti Marines coprendoli dai tetti, partecipa in prima persona alle azioni di rastrellamento, ammazza 160 nemici. La moglie, a casa, lo convince però a modificare, dei valori primari, l’ordine degli addendi: da Dio Patria e Famiglia a Dio Famiglia e Patria. Il nuovo film prodotto e diretto da Clint East-wood è tratto dall’autobiografia omonima di Kyle pubblicata in Italia da Monda-dori. Un progetto ereditato da Steven Spielberg, altro regista chiamato a dirigerlo, come già era accaduto in passato con Un mondo perfetto. Il film è ideologica-mente cristallino: non ci sono dubbi su chi siano i buoni, l’idea eastwoodiana di racconto è western, Falluja è la nuova Frontiera, nessuna sorpresa che i milizia-ni di Al Qaeda siano selvaggi, perché sarebbe come stupirsi se i cactus pungo-no. Il fatto che la guerra sia necessaria (evidentemente anche quella di Cheney,

AMERICAN SNIPERREGIA DI CLINT EASTWOOD

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di Mauro Gervasini

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Page 5: Cinerama 2.1

Rumsfeld & co.) non significa sia bella e neppure giusta. Eastwood la descrive nella sua ineluttabile tragicità, senza fare sconti, e anzi le due sequenze di Kyle al cellulare con la moglie Taya mentre infuria la battaglia - in particolare la seconda, quando la donna, incinta, quasi perde il bambino - oltre a essere magistralmente costruite contribuiscono a rendere ancora più assurda la situazione. Si tratta di un paradosso solo apparente, non c’è complessità morale nel pensiero e nell’azione di Kyle, che, anzi, nel libro esalta la schiettezza sudista di chi sa distinguere il bene dal male, contrapposta ai rovelli yankee. Eastwood aderisce perfettamente alla visione del soldato, che è poi la stessa del suo cinema. L’idea di narrazione di Clint parte sempre da individui come l’American Sniper, dalla loro assunzione di responsabilità e dall’impresa che sono chiamati a compiere. Non esiste un’idea positiva di comunità senza modelli individuali e il cecchino Chris Kyle, votato vo-tato al sacrificio e mito in sé (tra i commilitoni è soprannominato “la leggenda”) è appunto quello necessario agli Stati Uniti. Oggi che c’è Obama, il presidente “so-cialista” e non interventista, più di ieri. Il finale elegiaco, bellissimo, dice una volta di più della coerenza di uno straordinario cineasta americano.

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AMERICAN SNIPERREGIA DI CLINT EASTWOOD

USA · 2014 · AZIONE · DURATA: 134’CON BRADLEY COOPER, SIENNA MILLER, LUKE GRIMES, JAKE MCDORMAN

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 1° gennaio

Page 6: Cinerama 2.1

35 albi sontuosamente disegnati, 24 dei quali realizzati dai creatori Goscinny (testi) e Uderzo (disegni), gli altri 9 dal solo Uderzo dopo la morte del socio. 335 milioni di copie vendute in tutto il mondo, 13 mila tonnellate di fumetti pari al peso di circa 13 milioni di cinghiali. Si legge così nella storia di Asterix, l’eroe gallico accom-pagnato dal portatore di menhir dalle treccine rosse Obelix insieme al cagnolino ecologista Idefix. Lo sceneggiatore Alexandre Astier e l’animatore Patrick Delage convincono Uderzo a produrre un film in animazione 3D. Scelgono la diciasset-tesima avventura, Il regno degli dei, in verità non tra le migliori (vogliamo Ocata-rinetabelasciscix e la Corsica!!!) ma la preferita da Astier, che coinvolge in cabina di regia un esperto già dipendente Pixar, Louis Clichy. Asterix e Il regno degli dei è una bella sorpresa. L’animazione 3D ha sempre un che di algido, questo sì, ma la scrittura brillante, fedele al testo di Goscinny, e una regia ultradinamica com-

ASTERIX E IL REGNO DEGLI DEIREGIA DI ALEXANDRE ASTIER, LOUIS CLICHY

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di Mauro Gervasini

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pensano assicurando il giusto divertimento. Anche il doppiaggio, per una volta, giova, per via dell’accento romanesco dei romani (e qui sono tanti) decisamente irriproducibile nell’originale francese. Gli autori strizzano l’occhio ai film d’anima-zione contemporanei (Ordinalfabetix, per dire, usa i pesci come fosse in Kung Fu Panda) anche per sintonizzarsi con il pubblico più giovane, ma il prodotto è fieramente tradizionale e gallico, come i suoi protagonisti.

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ASTERIX E IL REGNO DEGLI DEIREGIA DI ALEXANDRE ASTIER, LOUIS CLICHY

FRANCIA / USA / GERMANIA · 2014 · ANIMAZIONE · DURATA: 82’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 15 gennaio

Page 8: Cinerama 2.1

La commedia agrodolce e garbata con annesso romanzo di formazione è un genere non codificato, ma con regole precise che, va detto, si notano soprattutto quando un regista riesce a farle proprie senza ossequiarle passivamente. Banana, in questo senso, aveva la potenzialità di essere il Mignon è partita degli anni zero. Gli elementi c’erano tutti. Qualcosa evidentemente non ha funzionato. Un bambino sognatore; un contesto scolastico non troppo ricettivo nei confronti dei “diversi” e il calcio; il suo sogno di lasciare un segno nel mondo e la dura lezione che forse tanto facile non sarà. Purtroppo il tutto non riesce mai a essere amalgamato in forme convincenti, lasciando emergere soprattutto i limiti di una sceneggiatura infarcita di dialoghi che sembrano essere letti, tanto son privi di mordente. Anche se gli interpreti si dimostrano all’altezza, soprattutto l’ottima Bonaiuto e l’onnipre-sente Colangeli. Inevitabilmente, pure il discorso sul calcio e la fantasia brasiliana

BANANAREGIA DI AnDREA JublIn

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di Giona A. Nazzaro

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Page 9: Cinerama 2.1

si ritorcono contro un lavoro la cui sola ambizione, divertire solleticando in maniera intelligente, diventa il segno stesso dei limiti del film. Che, suo malgrado, replica i luoghi comuni di un cinema italiano sempre uguale a se stesso. Peccato, perché la fotografia di Gherardo Gossi, con i suoi colori morbidi e le luci calde, evoca un tratto da fumetto belga che fa rimpiangere ciò che Banana avrebbe potuto essere.

BANANA REGIA DI AnDREA JublIn

ItAlIA · 2015 · CommEDIA · DuRAtA: 82’ Con mARCo toDIsCo, bEAtRICE moDICA, CAmIllA FIlIppI, GIAnFElICE ImpARAto, GIsElDA

VoloDI, AnnA bonAIuto, GIoRGIo ColAnGElI, DAnIElE pRotAno

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 12 gennaio

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Page 10: Cinerama 2.1

Riavvolgendo il nastro della propria esperienza cinematografica, Burton abban-dona per un attimo i tristi approdi del gotico di riporto per tornare alla dimensione intima e privata del biopic. Come già in Ed Wood, sono gli sceneggiatori Alexander e Karaszewski il punto di partenza ritmico dal quale erigere la ricostruzione d’epo-ca. Anni 50 e 60: in un’America a forte timbro maschile, la pittrice Peggy Ulbrich «lascia il soffocante marito prima che lasciare mariti diventasse di moda» e, dal Tennessee, si trasferisce a San Francisco in cerca di arte e libertà. Qui incontra il truffaldino Walter Keane e diventa Margaret Keane, ghost painter condannata ad arricchire le tasche di un consorte che coglie lo spirito disfunzionale del tempo trasformando la pittura in iniziativa di marketing e la verità in menzogna. Burton adotta uno stile classico con narratore esterno (il giornalista del “The Examiner” Dick Nolan), macchina da presa sensibile al primo piano, montaggio attento al

BIG EYESREGIA DI TIM BURTON

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di Claudio Bartolini

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controcampo e ricostruzioni meticolose - talvolta pittoriche - di ambienti interni coccolati con movimenti cadenzati e inquadrature fisse. Ma la tentazione fiabesca è forte e, talvolta, spinge la rappresentazione oltre i limiti del realismo in momenti fantasy soggettivi (il punto di vista di Margaret, che trasfigura uomini e donne af-fibbiando loro gli stessi occhi giganti dei suoi dipinti), in definizioni di personaggi che finiscono pericolosamente fuori registro, con stridenti crescendo di espres-sionismo prossemico (Waltz, la cui interpretazione offre un pessimo controcanto a una superba Adams in sottorecitazione), e in un processo finale grottesco che sprofonda la confezione classica in una dimensione farsesca tanto innecessaria quanto invadente. La questione identitaria - centrale in un arco narrativo aperto da una firma su tela e chiuso da fotografie legittimanti dei reali (ex) coniugi Keane - fagocita i sottotesti spirituali legati all’adesione di Margaret alla religione di Geova, quelli culturali connessi ai media, infine quelli legislativi dei processi e delle con-danne. La riflessione sulla menzogna è articolata e complessa: Walter Keane è il falso, la violazione vivente di un copyright che, oggi, è oggetto di continua violenza, espropriazione, rimessa in discussione. L’aggancio alla contemporaneità avviene alla foce di un torrente di falsificazioni, nel quale l’identità creativa è continuamente sul punto di perdersi nell’oceano della contraffazione. In fondo, di questi tempi, in ogni artista c’è un po’ di Margaret Keane.

BIG EYES REGIA DI TIM BURTON

USA · 2014 · BIOGRAFICO · DURATA:106’CON AMy ADAMS, ChRISTOph WAlTz, KRySTEN RITTER, DANNy hUSTON, TERENCE STAMp, JASON

SChWARTzMAN, JON pOlITO, DElANEy RAyE, MADElEINE ARThUR

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 1° gennaio

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Page 12: Cinerama 2.1

Per chi è cresciuto con il brutale calvinismo dell’Uomo tigre, il codice samurai di Rocky Joe, i deliri demenziali del Dr. Slump & Arale, la grandezza di Conan, le incursioni animate nei Cavalieri dello Zodiaco erano spesso sopraffatte dalla ricchezza di una trama al crocevia tra mitologia greca e astrologia. Ricchezza che prova a riemergere in questo reboot, dove il contesto evocato nel manga di Masa-mi Kurumada è affidato all’intro e ad alcune rapide pennellate sui temi e i concetti principali (il potere del cosmo, il mito, le armature, le differenze tra cavAlieri). Al centro la dea Athena: affidata da neonata a un esploratore, cresce serenamente e ignara del suo potere, ma quando compie i sedici anni, i cavalieri assumono il compito di proteggerla dalle maligne trame del Grande sacerdote. Imponenti e luccicanti gli standard produttivi in computer grafica, con azione, avventura, perfI-no musical e costanti toni da commedia mescolati con il pilota automatico, a uso

I CAVALIERI DELLO ZODIACOLA LEGGENDA DEL GRANDE TEMPIO

REGIA DI KEIICHI SATO

di Adriano Aiello

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e consumo dei nuovi giovani. Meno raffinata la scrittura, chiamata a sintetizzare dieci volumi di pubblicazioni su “Weekly Shonen Jump“ dal 1985 al 1990. Come per Capitan Harlock, ne fanno le spese i personaggi e la descrizione di un im-maginario che finisce per deludere gli appassionati di lungo corso e spaventare chi entra in un universo da cui può uscire confuso e tutto sommato annoiato. Sopraffatto dalla spropositata sovrabbondanza grafica del tutto.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal l’8 gennaio

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I CAVALIERI DELLO ZODIACO - LA LEGGENDA DEL GRANDE TEMPIOREGIA DI KEIICHI SATO

GIAPPONE · 2014 · ANIMAZIONE · DURATA: 98’

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Raccontare il lavoro, nel cinema di oggi: lo si fa per traslati grotteschi e storici, come nel finale schiavo vs schiavo di Django Unchained e nell’assenza di compas-sione per i pari di 12 anni schiavo, oppure vis à vis, con un’ampia filmografia della crisi dal facile realismo (che s’eleva nella cronaca favolistica prima di Miracolo a Le Havre e poi di Due giorni, una notte, in cui si guarda l’inevitabile guerra tra gli ultimi cercando il miracolo di una rinascita etica, finalmente possibile, nel degrado mo-rale). Come ammazzare il capo contribuisce a questo affresco sul contemporaneo mandando a ramengo l’idea di una impossibile lotta di classe omicida e sciorinan-do padroni che possono permettersi di tutto, sino a stuprare il corpo dei sottoposti. Che ne godono, e non solo per masochismo ideologico: perché se la stupratrice è la dentista Jennifer Aniston, l’immaginario dei soliti bamboccioni e del loro sub-dolo machismo s’accende. Questo secondo capitolo - in cui i tre protagonisti, ora

COME AMMAZZARE IL CAPO 2REGIA DI SEAn AnDERS

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di Giulio Sangiorgio

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Page 15: Cinerama 2.1

imprenditori di se stessi, sono mandati in bancarotta da un finanziatore - resta una farsa demente e regressiva, che cerca un senso nel rilancio scatologico, nel paro-lacciaro e nel politicamente scorretto (scatenando, negli Usa, inutili dibattiti) e crede di costruire thrilling comico con gli effetti collaterali e cartoonistici di un rapimento idiota (che sostituisce la parodia di Delitto per delitto del primo episodio). Wow.

Come ammazzare il Capo 2 REGIA DI SEAn AnDERS

USA · 2014 · CommEDIA · DURATA:108’ Con JASon BATEmAn, ChARlIE DAy, JASon SUDEIkIS, JEnnIfER AnISTon, JAmIE foxx, kEvIn

SpACEy, ChRIS pInE, ChRISToph WAlTz

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PROGRAMMAZIONEal cinema dall’8 gennaio

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Page 16: Cinerama 2.1

In Etiopia la telefa - il rapimento a scopo di matrimonio, accettato in molte parti del paese - è una tradizione che riguarda il 40% delle adolescenti. Che vengono rapite, imprigionate e stuprate in cerca di una gravidanza che le obblighi, per aberrante pressione sociale, a sposarsi. Difret (parola che significa coraggio ma può indica-re anche la violenza dello stupro) è la cronaca di un caso cruciale nell’allontana-mento legale da questa pratica, in nome del riconoscimento di un diritto umano. Storia vera di Hirut, 14 anni nel 1996, sequestrata e violentata in un villaggio a tre ore da Addis Abeba, capace di fuggire e uccidere il suo rapitore, il film segue l’iter legale guidato da Meaza Ashenafi - fondatrice di ANDENET, associazione di don-ne avvocato che offre assistenza gratuita, premiata in seguito con il corrispettivo del premio Nobel africano - in difesa della giovane e della legge, tra procuratori conservatori, consigli d’anziani del villaggio, opinione pubblica, ottusità integraliste.

Difret - il coraggio per cambiareREGIA DI ZEREsEnAy MEhARI

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di Giulio Sangiorgio

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E l’aiuto, non celato, di un potente illuminato. Stile spartano e inelegante per un film didascalico e asciutto, naïf e volenteroso, semplicistico ma esente da eccessi melodrammatici e spettacolari ricatti emotivi: Difret è l’equivalente di un articolo di cronaca internazionale con senso per il giusto e per lo storytelling, come una fiction tv di stampo civile. In apertura, occhi alla camera, l’endorsement engagé, global e commosso, della produttrice esecutiva Angelina Jolie.

Difret - il coraggio per cambiare REGIA DI ZEREsEnAy MEhARI

ETIOPIA · 2014 · DRAMMATIcO · DURATA:96’ cOn MEROn GETnET, TIZITA hAGERE

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 22 gennaio

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Page 18: Cinerama 2.1

La giovinezza da generale, l’amicizia/rivalità con il futuro faraone Ramses, l’esilio e la scoperta del sé cristiano. Le dieci piaghe, la richiesta di libertà alla guida del popolo di Dio, l’Angelo della morte. Infine l’Esodo, l’attraversamento del Mar Rosso e la scrittura delle tavole della legge. Scott adotta il biopic come chiave di volta per il suo ritorno al peplum: lo spettatore è allineato a Mosé, ne segue peregrinazioni, gesta, soliloqui introspettivi, dialoghi con un Dio che, per una volta, è bambino anche nel Vecchio Testamento. Il monopolio del punto di vista comporta inevitabili squilibri narrativi (dilatata la conversione, liquidate piaghe e comandamenti) e sa-crifici di personaggi (su tutti, un Ramses caricaturale), ma Scott compensa con la messa in scena i limiti di un copione a otto mani che non riesce a scavare (come dovrebbe, dato che di Bibbia si parla, non di gladiatori) negli interstizi del dubbio e negli imperituri dilemmi etico-religiosi. Visivamente è vero kolossal, con stere-

Exodus: dEi E REREGIA DI RIDlEy Scott

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di Claudio Bartolini

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oscopia ben dosata e impianto musicale enfatico a incorniciare maestosi campi lunghi di derivazione classica e isterismi di mdp lucidi - mai fini a se stessi - nella grammatica dei combattimenti. Tra cadute (la morale sugli scenari futuri, i dialoghi con Dio) e risalite (la messa in scena da b movie delle piaghe, la potenza in sottra-zione dell’Angelo della morte), Exodus è intrattenimento di mirabile confezione che fornisce risposte senza mai formulare le domande giuste.

EXODUS: DEI E RE REGIA DI RIDlEy Scott

USA · 2014 · DRAMMAtIco · DURAtA:142’coN chRIStIAN BAlE, AARoN PAUl, JoEl EDGERtoN, SIGoURNEy WEAvER, BEN KINGSlEy, EMUN

EllIott, JohN tURtURRo, INDIRA vARMA, MARIA vAlvERDE

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 15 gennaio

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Page 20: Cinerama 2.1

«Mi sento come un regista che ha appena esclamato “Azione!”» esclama il panet-tiere Fabrice Luchini guardando la bellissima Gemma Bovery (Gemma Arterton) andare incontro a quello che sarà il suo giovane amante, o forse lo è già, imma-ginando i loro dialoghi come li avesse scritti lui, rodendo di gelosia, illudendosi di essere davvero demiurgo di una storia che non ha mai scritto, pur essendone il narratore. Che sapienza. Diretto da Anne Fontaine ispirandosi al romanzo grafico di Posy Simmonds (già autrice di Tamara Drewe) e con il grande Pascal Bonitzer (Cherchez Hortense) alla sceneggiatura, Gemma Bovery racconta di un uomo dalla passione in letargo che passando attraverso un miraggio letterario flau-bertiano, pensa di dominare eventi con al centro una splendida donna inglese, suo marito, i suoi amanti presenti e passati. Grazie anche alla prova “leggera” di due protagonisti in stato di grazia (Luchini è sempre spaziale, ma Arterton è una

GEMMA BOVERYREGIA DI ANNE FONTAINE

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di Mauro Gervasini

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Page 21: Cinerama 2.1

sorpresa) e a una scrittura sublime, il film è la commedia perfetta. Che oltretutto risolve il rovello per antonomasia: ma la vita imita l’arte? Secondo il nostro pa-nettiere (nel memorabile epilogo incontra... Anna Karenina!) sì. In verità no, ma ci illude che sia così, esattamente come il cinema. Puro Bonitzer, diranno gli esperti di cinema francese, Rivette e compagnia cantante. Sì, ma per una volta lasciamo la cinefilia fuori dalla porta e godiamoci lo straordinario gioco di squadra.

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GEMMA BOVERYREGIA DI ANNE FONTAINE

FRANCIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 99’CON GEMMA ARTERTON, FABRICE LUCHINI, JASON FLEMYNG, NIELS SCHNEIDER

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 29 gennaio

Page 22: Cinerama 2.1

Con un quaderno regalato dal padre e la raccomandazione di «non smettere mai di studiare» ribadita dalla madre, due fratelli gemelli sono affidati a una nonna cru-dele, durante la Seconda guerra mondiale, in uno sperduto villaggio della campa-gna ungherese che confina con un campo di concentramento, è saltuariamente occupato dai nazisti e abitualmente tormentato da povertà, ignoranza e carestia. I ragazzini seguono le istruzioni, alla lettera: imparano dal circostante a esse-re disumani, si allenano con rigore all’insensibilità e alla sofferenza, si spogliano d’ogni empatia esercitandosi prima sugli insetti, poi sulle galline, infine, inevitabil-mente, sugli uomini. Anche János Szász segue con puntiglio la trama di Il grande quaderno, primo capitolo della mirabile Trilogia della città di K. di Ágota Kristóf, ma qualcosa resta tra le pagine, nell’impossibilità di replicare la voce, insieme atroce e innocente, dei due protagonisti. Soprattutto nella prima parte, il film trova

IL GRANDE QUADERNOREGIA DI JÁNOS SZÁSZ

di Alice Cucchetti

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più di un’intuizione felice, nell’accostare un immaginario da fiaba (la nonna come un’orchessa dei fratelli Grimm) alla desolazione del conflitto, l’animazione arti-gianale degli appunti sul quaderno a uno scarno realismo d’ambiente. Poi il grot-tesco prende il sopravvento e sbanda nel mélo fuori luogo, la narrazione procede per frammenti sensazionalistici più che per necessarie provocazioni. Rimane il disagio efficacemente costruito nell’incipit, ma come sbiadito, spento.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 29 gennaio

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IL GRANDE QUADERNOREGIA DI JÁNOS SZÁSZ

GERMANIA · 2013 · DRAMMATICO · DURATA: 100’CON ANDRÁS GYÉMÁNT, LÁSZLÓ GYÉMÁNT, PIROSKA MOLNÁR, ULRICH MATTHES

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Il pianosequenza fisso che apre Hungry Hearts è magistrale e dichiara ciò che vie-ne dopo. Un film cervello in forma d’assedio domestico. Si pensa a Polanski per pavlovismo critico. Eppure, se proprio si devono cercare riferimenti esterni, siamo più nei territori coniugali zulawskiani che nella rete delle paranoie polanskiane. Questo per dire solo che Saverio Costanzo è fautore di un cinema adulto. Un ci-nema che si stacca con orgoglio e veemenza dalla commedia a tutti i costi. Un cinema serio che mira alla testa. Dove non si accettano miracoli. Un cinema dove la gioia di tenere la macchina da presa è tangibile. Costanzo è uno dei pochi in Italia, l’altro è Stefano Sollima, a pensare in forme schiettamente cinematografi-che. Memorabile, poi, il lavoro del direttore della fotografia Fabio Cianchetti. Come per L’assedio e The Dreamers di Bertolucci, filma corpi e ambienti con sensualità organica; lo spazio diventa radiografia del sentire mentre il montaggio non lineare

HUNGRY HEARTSREGIA DI SAVERIO COSTANZO

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di Giona A. Nazzaro

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di Francesca Calvelli incrina progressivamente il principio di percezione di real-tà dei protagonisti. Crudelissimo melodramma chimico (straordinario il modo in cui l’elemento dell’alimentazione diventa traccia di un mondo deprivato), accusato stupidamente di misoginia, mette invece in scena una “femmina folle” vittima di un amore più freddo della morte. Peccato, però, non vederlo anche nelle nostre sale nell’originale versione inglese.

HUNGRY HEARTS REGIA DI SAVERIO COSTANZO

ITAlIA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 109’ CON ADAM DRIVER, AlbA ROhRwAChER, RObERTA MAxwEll, DAVID AARON bAkER, DENNIS REES,

VICTORIA CARTAGENA, GINGER kEARNS

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 15 gennaio

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Page 26: Cinerama 2.1

Sherlock piace a tutti. E Benedict Cumberbatch pure. Ciò non toglie che The Imita-tion Game non funzioni proprio. Veicolo da Oscar per Harvey Weinstein, che ritorna in Inghilterra per ripetere il colpaccio di Il discorso del re, il film, pur essendo meno detestabile di un romanzo di formazione su un re che apprende a non balbettare per dichiarare la guerra, sembra la parodia del luogo comune di ciò che taluni produttori americani sospettano debba essere un “film d’autore”. E non basta certo infilare nel cast, oltre al protagonista, anche Allen Leech per fare Downton Abbey. Come per “la bella fotografia”, anche le “grandi interpretazioni” sono materia im-perscrutabile. E se Cumberbatch ci va giù di puro mestiere, il doppiaggio pialla ulteriormente qualsiasi sospetto di vitalità. Fare di Alan Turing un protomartire della causa gay potrebbe anche essere giusto, se alla base dell’operazione ci fosse un film e non una mera manovra di marketing. Morten Tyldum, egregio carneade

THE IMITATION GAME REGIA DI MoRtEn tylDuM

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di Giona A. Nazzaro

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sans style, dirige il tutto come se non avesse mai visto, nemmeno per sbaglio, un film di James Ivory. A conti fatti, però, sono proprio elementi come forma anonima ma costosa, attori “bravissimi” ma manierati e “scenografie bellissime” a racchiu-dere l’ideologia da Oscar di Weinstein. Senza contare la ricostruzione storica carto-linesca. Insomma, se tutto va come da confezione, piovono Oscar.

THE IMITATION GAME REGIA DI MoRtEn tylDuM

uSA · 2014 · DRAMMAtICo · DuRAtA: 113’ Con BEnEDICt CuMBERBAtCh, KEIRA KnIGhtlEy, MAtthEw GooDE, MARK StRonG, RoRy KIn-

nEAR, ChARlES DAnCE, AllEn lEECh, MAtthEw BEARD

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 1° gennaio

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Page 28: Cinerama 2.1

L’italiano medio del titolo è quello scisso in due nella testa e nelle azioni di Maccio Capatonda, che porta al cinema il personaggio di Giulio Verme, ambientalista in-tegralista che si trasforma - grazie alla pillolina che fa usare il 2% del proprio cer-vello invece del 20 (parodia di Limitless di Neil Burger, prima ancora che di Lucy di Luc Besson) - in un perfetto esempio di menefreghista. Ma l’italiano medio siamo anche noi, con il nostro sguardo - quello di un Capatonda spesso dubbioso sulle scelte da intraprendere - in mezzo a due mondi che vivono a loro agio, uno accanto all’altro, tanto che basta sfondare una parete per avere l’amante letteralmente in casa (bravissima Barbara Tabita). L’esordio al cinema di una delle menti più cre-ative della nostra tv non poteva essere più preciso e dirompente. Anarchico ma non egocentrico nel portare avanti le sue tante idee (il film a volte ne risente nel ritmo), Capatonda sceglie di lavorare sulla coralità degli attori che l’hanno sempre

ITALIANO MEDIOREGIA DI MACCIO CAPATONDA

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di Pedro Armocida

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Page 29: Cinerama 2.1

accompagnato nelle sue avventure (da sottolineare le grandi capacità da caratte-rista di Luigi Luciano in arte Hebert Ballerina). Con una cura formale (il direttore della fotografia è Massimo Schiavon, già apprezzato per l’esperimento analogo di I soliti idioti) e un’attenzione alla scrittura inedite (un gruppo di quarantenni eccellenti nell’industria audiovisiva), Italiano medio finisce per raccontare meglio di altri le nostre maschere, le nostre gabbie, il nostro cinema.

ITALIANO MEDIO REGIA DI MACCIO CAPATONDA

ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 90’ CON MACCIO CAPATONDA, LUIGI LUCIANO, IvO AvIDO, LAvINIA LONGhI, BARBARA TABITA, RUPERT

SCIAMENNA, GABRIELLA FRANChINI, NINO FRASSICA

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 29 gennaio

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«Il 15 marzo 2009, nelle campagne di Scicli, provincia di Ragusa, arriva un ran-dagio che conquista l’affetto dell’intera cittadina fino a diventarne simbolo. Tratto da una incredibile storia vera il film racconta la vita di Italo, “cane” straordinario al punto di meritarsi la cittadinanza onoraria. Una commedia romantica che tocca temi importanti quali l’amicizia, il pregiudizio e l’amore incondizionato a cui fa da cornice una Sicilia piena di colore e tradizioni. Protagonista l’astro nascente del cinema italiano Marco Bocci». Bene, se la sinossi ufficiale del film fa tremare qualche polso adulto, l’inizio non promette meglio: si parte con la voce off, poi appaiono dei siciliani con la coppola che fanno i siciliani con la coppola, Marco Bocci sindaco che cucina per il figlio Memo, solitario e vessato dai bulli (ma subito amato da Italo), lo scenario da cartolina, le musiche simpatiche, un ralenti insistito su tre donne dirette in chiesa per la confessione quotidiana, i pettegolezzi e il folk-

ITALOREGIA DI ALESSIA SCARSO

di Adriano Aiello

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lore. Con l’arrivo dell’insegnante dolce e sognatrice - che nota il silenzio di Memo e il fascino scorbutico del padre - prende vita il congegno romantico, nel contesto dominante di un film per ragazzi (o bambini?) che paga il ritmo, le invettive e il buonismo indiscriminato di un racconto di formazione di qualche decennio fa. Tutto visto, telefonato, didascalizzato sotto la coperta corta di un sentimentalismo maldestro e scolastico.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 15 gennaio

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ITALOREGIA DI ALESSIA SCARSO

ITALIA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 100’CON MARCO BOCCI, BARBARA TABITA, ELENA RADONICICH, VINCENZO LAURETTA

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John Wick è il killer più infallibile che essere umano ricordi. John Wick si è ritirato a vita privata, stretto e redento nell’abbraccio della moglie. Morta per una malat-tia incurabile, la donna gli lascia in eredità un cane da accudire per allontanarlo dalla vecchia vita. Quando gli viene brutalmente ucciso dal figlio di un boss, allo scopo di sottrargli la macchina, John Wick ritorna la macchina da guerra che tutti ricordano, animato dalla sete di vendetta. John Wick è Keanu Reeves: «Uno dei protagonisti più richiesti di Hollywood», recita il pressbook del film. Non è vero, ma a noi piace così, corrucciato e muscoloso, dedito a radere al suolo l’intera criminalità di New York, «perché certe cose non hanno un prezzo». Pochi fronzoli, niente digitale, stunt e coreografie importanti, il film ha tutto quello che un buon revenge movie dovrebbe avere: è fumettoso e violento, le psicologie sono binarie, i cameo gustosi, le battute azzeccate, l’ambientazione oscura, l’anima autentica-

JOHN WICKREGIA DI DAVID LEITCH, CHAD STAHELSKI

di Adriano Aiello

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mente di serie b e lo sguardo sempre fermo su un vendicatore implacabile, con i russi come nemesi assoluta. John Wick si muove agilmente su questo crina-le, riaggiornando la retorica di due universi criminali moralmente antitetici, con protagonisti credibili, una musica fin troppo assordante e una splendida trovata caratterizzante come l’hotel per gangster e cacciatori di taglie, con le sue regole, i suoi lussi e il dottore sempre disponibile.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 22 gennaio

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JOHN WICKREGIA DI DAVID LEITCH, CHAD STAHELSKIUSA · 2014 · AZIONE · DURATA: 136’

CON KEANU REEVES, ADRIANNE PALICKI, WILLEM DAFOE, BRIDGET MOYNAHAN

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Storia (vera): Mateo ha 16 anni, un viso pulito, un’umile casa (in un quartiere po-vero e violento, lungo la valle del fiume Magdalena) che divide con una madre apprensiva. Lavora per lo zio fuorilegge, per il quale raccoglie denaro frutto di estorsioni. Per salvare il suo anno scolastico viene obbligato a seguire un corso di teatro diretto da padre David, sacerdote tutto fatti e poca retorica, attivo nel recupero sociale degli adolescenti. Il suo programma mette a rischio le attività criminali dello zio di Mateo, che lo infilitra per carpire informazioni, ottenendo però il risultato contrario. Credenziali: è il film che la Colombia ha scelto per rappre-sentare il paese agli Oscar 2015 (ma non è finito in cinquina); ha vinto il Grifone di cristallo al Giffoni Film Festival 2014; emozionerà e colpirà il pubblico più sensibile ai temi sociali. Sostanza: pochina. Mateo è un’opera di superficie che contrappone schematicamente gli usuali due modelli: quello della criminalità e dell’opulen-

MATEOREGIA DI MARIA GAMBOA

di Adriano Aiello

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za materiale a quello della solidarietà e dei valori, usando l’espressione artisti-ca come strumento di disciplina e condivisione. Nel mezzo, la religione come collante sociale e un messaggio di speranza. Il tono è ovviamente pedagogico, fortunatamente mai stucchevole. La regia è silente e partecipe, priva di qualsiasi peculiarità, ma anche abile a raccontare per volti e stati d’animo, limitando dialo-ghi pedanti e posticci.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 22 gennaio

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MATEOREGIA DI MARIA GAMBOA

COLOMBIA / FRANCIA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 85’CON CARLOS HERNANDEZ, FELIPE BOTERO, LEIDY NIÑO

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Il titolo (molto bello) racconta un mondo, o meglio una città: Bari. E una tensione irrisolvibile. Miracoli popolari vs dissesti finanziari. Un contrasto che alimenta il ri-uscito doc di Mario Bucci (ultimo di una trilogia) incentrato sulla stagione 2013/14 del Bari Calcio e sul primo fallimento societario accolto dai tifosi con entusiasmo, dopo tribolazioni e indignazioni decennali. Precisamente, dopo aver subito 34 anni di gestione familiare/clientelare dei Matarrese, vari scandali, stadio fatiscente, de-biti, penalizzazioni in classifica e il calcio scommesse. Con il tifo e la città che rina-scono e si organizzano, e con i giocatori che si pagano le maglie e si trasformano in esperti di social network. Ne esce un ritratto ritmato e arguto che sa cogliere la specificità antropologica e il sentire popolare di una comunità attraverso il disa-stro sportivo, facendo detonare le emozioni senza troppe sottolineature (basta la cronaca se la doppietta che porta la squadra ai playoff, dopo una rincorsa incre-

UNA MERAVIGLIOSA STAGIONE FALLIMENTARE

REGIA DI MARIO BUCCI

di Adriano Aiello

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dibile, la segna un albanese che 20 anni prima era arrivato in Puglia nei famosi sbarchi raccontati anche nel documentario di Vicari La nave dolce). Idee semplici ed efficaci che alleggeriscono la narrazione orale e restituiscono il calcio alla sua dimensione mitica e letteraria; tessuto connettivo e culturale di una città dalle splendide contraddizioni. Perché, seguendo Jorge Luis Borges: «Ogni volta che un bambino prende a calci un pallone per strada, lì rinasce la storia del calcio».

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 29 gennaio

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UNA MERAVIGLIOSA STAGIONE FALLIMENTAREREGIA DI MARIO BUCCI

ITALIA · 2015 · DOCUMENTARIO · DURATA: 94’

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Minuscule è il titolo di una serie tv, scritta e diretta da Thomas Szabo e Hélène Giraud, trasmessa in Italia su Rai3 e RaiYoyo. La distanza fra i canali rende conto della natura ibrida e rivoluzionaria del prodotto: pillole di documentario entomolo-gico riprese dal vivo e popolate da buffi insetti in computer grafica, per riprodurre i comportamenti animali in un formato fruibile da grandi e piccini. L’esperimento approda al grande schermo con le medesime, coraggiose, modalità: nessuna voce narrante, nessun dialogo (le bestiole comunicano tramite versi e ronzii), sguardo ad altezza suolo che simula l’osservazione live del mondo animale. In questo caso, le gesta di un cucciolo di coccinella che, smarrita la famiglia, si trova nel mezzo di una feroce battaglia tra fazioni opposte di formiche, in lotta per i resti di un picnic. Lontana anni luce dai logorroici insetti di Z la formica o A Bug’s Life, la coproduzione europea propone un inedito mondo di creature felicemente

MINUSCULE - LA VALLE DELLE FORMICHE PERDUTEREGIA DI HÉLÈNE GIRAUD, THOMAS SZABO

di Ilaria Feole

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non dotate di favella, e coniuga i lussureggianti ambienti reali con un’animazione digitale dai tratti aggraziati ed espressivi, come l’incrocio impossibile fra il do-cumentario naturalistico e le fiabe di Esopo (insegnamenti sui temi cruciali di coraggio, fratellanza e amicizia sono a portata d’antenna). Purtroppo la formula collaudata sugli episodi da 5 minuti non riesce a reggere la durata di un lungo: incantevole per la prima mezz’ora, il film soffre di una sceneggiatura a misura di formica.

MINUSCULE - LA VALLE DELLE FORMICHE PERDUTEREGIA DI HÉLÈNE GIRAUD, THOMAS SZABO

FRANCIA · 2013 · ANIMAZIONE · DURATA: 85’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 22 gennaio

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Page 40: Cinerama 2.1

Il copione è quello scritto da De La Patellière & Delaporte, prima per il teatro e poi per il cinema, con Cena tra amici. Le ipocrisie, del centrodestra e del centrosini-stra, intorno al tavolo borghese della periferia romana, sono invece quelle italia-ne: il merito maggiore di Archibugi e Piccolo è nella capacità di adattare il testo alle contraddizioni del Belpaese, fra la macchietta e il ritratto agrodolce in odor di Paolo Virzì. Il quale è presente in veste di produttore e nume tutelare (oltre che in quelle di vero papà del neonato alla cui nascita, filmata in diretta, assistiamo nel finale): le schermaglie sociopolitiche si muovono nel solco di Ferie d’agosto e Caterina va in città, con Lo Cascio professore che pare riprendere il suo personag-gio di Il capitale umano e la Ramazzotti dolcemente coatta come in Tutta la vita davanti. Il cast asseconda con energia il ritmo dei dialoghi, che dalla baruffa futile sul nome del nascituro arrivano progressivamente a svelare altarini e peccati di

IL NOME DEL FIGLIOREGIA DI FRANCESCA ARCHIBUGI

di Ilaria Feole

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ognuno dei presenti, legati da amicizia ventennale. Un adattamento intelligente, guastato in parte da scelte registiche che sembrano temere la natura teatrale dell’originale: una macchina da presa in perenne, non sempre funzionale, movi-mento, e una serie di flashback utili solo a ribadire l’ovvio. Una cosa, poi, non pos-siamo perdonare: il momento grande freddo con trenino sulle note di Telefonami tra vent’anni di Lucio Dalla.

IL NOME DEL FIGLIOREGIA DI FRANCESCA ARCHIBUGI

ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 105’CON ALESSANDRO GASSMAN, MICAELA RAMAZZOTTI, VALERIA GOLINO, LUIGI LO CASCIO

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 22 gennaio

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Page 42: Cinerama 2.1

Larry ha ritrovato la passione per il mestiere di guardiano notturno del museo più pazzo del mondo, ma ora è la tavola di Ahkmenrah ad ammantarsi di una strana muffa corrosiva, minacciando di mettere la parola fine alla magia che anima le sale dal tramonto all’alba. Dopo aver viaggiato da New York a Washington nel secondo capitolo, questa volta Ben Stiller vola con i suoi oltre l’Atlantico, al British Museum di Londra. Non li trasporta Amelia Earhart, poiché Amy Adams non fa più parte della compagnia, ma li attende Sir Lancillotto (Dan Stevens, direttamen-te da Downton Abbey). Con l’uomo di latta (e il naso di cera), Larry Daley e amici assomigliano a Dorothy e compagni sul sentiero di mattoni gialli per il verdetto finale e l’uscita da Oz. Il personaggio di Stiller ha trovato la sua strada e accettato che il figlio ormai cresciuto intraprenda la propria: rimane giusto il tempo per qualche marachella della scimmia Dexter, per qualche buona risata e per i saluti.

UNA NOTTE AL MUSEO 3 - IL SEGRETO DEL FARAONEREGIA DI SHAWN LEVY

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di Marianna Cappi

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Inutile dire che quello a Robin “Teddy Roosevelt” Williams è il più toccante e defi-nitivo. Addio anche a Mickey Rooney, vecchio e dispettoso Gus. Tra i nuovi arrivati funziona bene l’alter ego cavernicolo del protagonista, Lè, e se la cava Rebel Wil-son. Sul filo del nonsense l’apparizione di Hugh Jackman. Non si poteva andare oltre. La chiusa della trilogia è coerente e sentimentale, con un bacio a sorpresa tra chi non immaginereste mai.

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UNA NOTTE AL MUSEO 3 - IL SEGRETO DEL FARAONEREGIA DI SHAWN LEVY

USA / REGNO UNITO · 2014 · FANTASY · DURATA: 97’CON BEN STILLER, ROBIN WILLIAMS, SKYLER GISONDO, MIZUO PECK

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 29 gennaio

Page 44: Cinerama 2.1

Inventato sul finire dell’Ottocento, il quadrante Ouija (si legge “ui-ia”, “sì” in fran-cese e tedesco, ma esiste anche una versione novecentesca battezzata Yesda) permette di comunicare con i morti, che muovono dall’aldilà un’icona triangolare simile all’occhio di Dio (o del Diavolo; oggi lo chiameremmo cursore). Scientifi-camente si tratta di un effetto ideomotorio, sfruttato ad arte dai medium nelle sedute spiritiche. Nel film è il pretesto per risvegliare anime dannate, provocare qualche cruento delitto mascherato da suicidio o incidente, rievocare spaventi an-cestrali. A ritrovare l’Ouija una ragazza che ci giocava da bambina a casa dell’ami-ca del cuore, morta impiccata stile Suspiria a inizio film. Le prime due sequenze fanno ben sperare, invece, una volta cominciata l’indagine degli amici della povera impiccata, Ouija s’incarta per quasi mezz’ora preparando il campo a un finale “shock” che più derivativo non si può. L’armamentario iconico (dagli specchi alla

OUIJAREGIA DI STILES WHITE

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di Mauro Gervasini

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casa infestata all’immancabile bambola ghignante) è stantio, i rimandi confusi (da Spiritika a La madre di Muschietti a Boogeyman - L’uomo nero, di cui l’esor-diente regista Stiles White fu cosceneggiatore), né purtroppo aiutano le perfor-mance poco incisive degli anonimi protagonisti. Dopo avere visto il rivoluzionario It Follows di David Robert Mitchell, che speriamo arrivi presto sugli schermi italia-ni, l’indulgenza per horror così poco originali si fa sempre più difficile.

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OUIJAREGIA DI STILES WHITE

USA · 2014 · HORROR · DURATA: 89’CON ANA COTO, BIANCA A. SANTOS, VIVIS COLOMBETTI, DOUGLAS SMITH

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PROGRAMMAZIONEal cinema dall’8 gennaio

Page 46: Cinerama 2.1

Non può non colpire, il documentario di Angelo Marotta, che si addentra nei reparti di terapia intensiva neonatale alla ricerca di storie da raccontare ed elevare a epi-tome di coraggio, resistenza, speranza. Nati prematuri (prima della 37ª settimana di gravidanza) e ora tenuti in incubatrice, oppure cresciuti e diventati bambini o adolescenti, i bebè vivono - e gli ex bebè raccontano - la fase sospesa della vita, quella del limbo tra un’esistenza possibile e una condanna da allontanare con for-za. Non può non colpire, Piccoli così, ma lo fa per il semplice soggetto e non certo per le immagini associative a elementare contenuto simbolico (il “mare” del liquido amniotico), né per i frammenti di documentario verità accompagnati da pianofor-te ad hoc. Il tentativo di ricerca formale nei segmenti di transizione, sebbene non sempre condotto a buon fine, ben traghetta lo spettatore da un contributo frontale all’altro: genitori e figli a contatto, talvolta sfiorandosi la mano chiusa nell’incuba-

Piccoli cosìREGIA DI AnGElo MARottA

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di Claudio Bartolini

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trice, talvolta parlandosi nel salotto di casa e rimembrando i giorni di sospensione. Stilisticamente Marotta gioca facile, ammiccando senza mai sorprendere con so-luzioni che arricchiscano filmicamente la narrazione. Tuttavia, recupera la centra-lità dell’essere umano (dunque, dei figli) in un momento storico in cui cani, gatti e altri feticci vicari si sono impossessati della ribalta delle nostre coscienze. Anche (forse solo) per questo: grazie.

Piccoli così REGIA DI AnGElo MARottA

ItAlIA · 2014 · DoCUMEntARIo · DURAtA:70’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 22 gennaio

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Page 48: Cinerama 2.1

Se avete figli in età prescolare o un (comprensibile) feticismo per RaiYoyo, co-noscete già il postino Pat: è un inglese medio, cortese fino allo stremo, animato in artigianale passo uno; consegna posta e pacchi alla variegata umanità di un villaggio di campagna del North Yorkshire, a bordo di un inconfondibile furgoncino rosso, ed è sempre accompagnato da Jess, un gatto bianco e nero, insostituibi-le aiutante nonché suo migliore amico: le loro avventure fanno della semplicità quotidiana e dei vecchi e sani valori di una volta il punto di forza e la principale attrattiva. Niente (o quasi) di tutto questo in Postino Pat - Il film: realizzato in com-puter grafica stereoscopica, infarcito come ormai ogni suo omologo di citazioni pop (qua si va dai Dalek di Doctor Who a Terminator) e di riferimenti meta, prende l’ingenuo Pat e lo scaraventa dentro il rutilante mondo dei talent show (con il ras-segnato conduttore, Simon Cowbell, che fa il verso al popolare Simon Cowell di

POSTINO PAT - IL FILMREGIA DI MIKE DISA

di Alice Cucchetti

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Page 49: Cinerama 2.1

Britain’s Got Talent e X Factor). Parallelamente dispiega un plot fantahorror in cui un crudele direttore del personale, stufo dell’inefficienza delle risorse umane, pia-nifica la sostituzione di ogni postino dell’universo con inquietanti robot sorridenti identici al protagonista. C’è chiaramente il considerevole rischio che i sopracitati bimbi in età prescolare subiscano dalla visione un serio trauma emotivo, ma an-che quello che i genitori si facciano, sotto i baffi, quattro risate.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 1° gennaio

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POSTINO PAT - IL FILMREGIA DI MIKE DISA

REGNO UNITO · 2014 · ANIMAZIONE · DURATA: 88’

Page 50: Cinerama 2.1

Guia lavora per “Marie-Claire”, tra Milano e Parigi. Un parente muore e lei deve re-carsi a Nardò, provincia di Lecce, per mettere in vendita la masseria ereditata. Sia-mo alle solite: la commedia italiana non si schioda dalle dicotomie città/provincia, nord/sud, tacco 12/scarpe della nonna per cercare identità e pubblico. Il prodotto di Genovese insegue il grottesco in inserti parodici di genere (mélo, western, thriller), quindi il romanticismo in corteggiamenti collettivi, infine lo sguardo globale in sot-totesti economico-finanziari veicolati dal pur istrionico Marco/Sermonti, fidanzato milanese - dunque, disonesto - di Guia. Ma chi cerca non sempre trova e il film offre un informe incrocio tra il filone dei Benvenuti al sud e le ispirazioni made in Usa alla Notting Hill. Tra scivoloni nel cattivo gusto («mi deve aiutare con la pompa. Lei schizza, io spazzo»), montaggi paralleli agghiaccianti (il momento della sfilata/funerale) e le tristemente note cartoline-commission(ate), vanno in scena gli abu-

Sei mai Stata Sulla luna?REGIA DI PAOLO GENOVESE

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di Claudio Bartolini

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sati quesiti: meglio essere una spavalda cittadina o una bella campagnola? Meglio l’uomo ricco ma anaffettivo, o il pastore vedovo e dal cuore tenero? Tutto intorno, un nord da cui fuggire e un sud di innocue macchiette e paesaggi mozzafiato. Ma è davvero questa l’Italia su cui vogliamo emozionarci? Di sicuro, al cinema pare da anni l’unica possibile. Peccato, perché Genovese è tra i pochi registi nostrani a saper girare e ritmare una commedia popolare.

SEI MAI STATA SULLA LUNA? REGIA DI PAOLO GENOVESE

ITALIA · 2015 · COmmEDIA · DURATA:90’ RAOUL BOVA, LIz SOLARI, SABRINA ImPACCIATORE, NERI mARCORé, GIULIA mIChELINI, SERGIO

RUBINI, EmILIO SOLfRIzzI, PIETRO SERmONTI

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 22 gennaio

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Page 52: Cinerama 2.1

È ormai qualcosa di più di una certa tendenza della commedia italiana. La voglia di tornare al natio borgo selvaggio di Zalone, di Ficarra & Picone e ora di Siani racconta anche di come il Belpaese, nella morsa della crisi economica, vuole ve-dersi rappresentato. Tornando, dopo un preambolo nella grande città (Siani è un manager tagliatore di teste nella Napoli del centro direzionale), a un’Italia provin-ciale e bucolica in eterna attesa del boom. Ma se Zalone e Ficarra & Picone usano quest’artificio per cercare di raccontare squarci del nostro incerto presente, Siani si abbandona completamente al registro favolistico nel tentativo deliberato di distrar-re lo spettatore. Intorno all’idea delle finte lacrime della statua di un santo, l’ormai popolarissimo napoletano dagli occhi blu costruisce un rassicurante mondo da cinema parrocchiale fatto di una comicità tutta giocata sulla fisicità, oltre che su un gruppetto di bambini simpatiche canaglie, su Fabio De Luigi (uno sparring partner

SI ACCETTANO MIRACOLIREGIA DI AlEssAnDRo sIAnI

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di Pedro Armocida

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che più di una volta ruba la scena al protagonista) e sulle battute dello stesso Siani, spesso anticipate dallo spettatore per via della loro costruzione meccanica. E qui sta il difetto principale del film: nell’autocensura di Siani. Che si dimentica dell’im-provvisazione da folletto imprevedibile del palcoscenico per rinchiudersi un rigida gabbia dorata che sa di déjà-vu a ogni inquadratura, come nell’inconcludente sto-ria d’amore con la fioraia cieca di chapliniana.

SI ACCETTANO MIRACOLI REGIA DI AlEssAnDRo sIAnI

ITAlIA · 2015 · CommEDIA · DURATA: 110’ Con AlEssAnDRo sIAnI, FAbIo DE lUIGI, AnA CATERInA moRARIU, sEREnA AUTIERI, GIovAnnI

EsposITo, mARIA DEl monTE, pAolo TRIEsTIno

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 1° gennaio

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Page 54: Cinerama 2.1

Scivolano, le memorie di Alice, fuori dell’inquadratura, sfocata ai margini, e attor-no alla sua nuca di capelli rossi il quieto scenario domestico si satura di vibrazioni sinistre. Affermata professoressa di linguistica, un premuroso marito accademi-co, tre figli (più o meno) serenamente adulti, una bella casa newyorkese: Alice ha solo cinquant’anni, un’esistenza privilegiata e una diagnosi di Alzheimer precoce, che inizialmente inganna con qualche trucco del mestiere e l’ausilio della tecnolo-gia. Glatzer & Westmoreland hanno una straordinaria Julianne Moore e fanno la scelta giusta: l’anticonvenzionalità di Still Alice - che altrimenti s’installerebbe nel collaudato genere di film sulla malattia - sta nel non mollare mai la sua protago-nista, indagandone le reazioni, tentando di forzare la sua mente in dissolvimento, inseguendone l’orrore della consapevolezza prima, e poi l’inesorabile affievolirsi della luce del ricordo dagli occhi, dalla pelle, dal corpo. Se ai margini scivolano

STILL ALICEREGIA DI RICHARD GLATZER, WASH WESTMORELAND

di Alice Cucchetti

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anche l’approfondimento degli altri personaggi, gli accenni di mélo familiare (che pure Stewart, Baldwin e Bosworth sanno suggerire), una trama talvolta incerta, non è troppo grave: per quanto senza guizzi d’originalità registica o di scrittura, Still Alice sa corrispondere in modo quieto e composto, discreto e pudico, alla ter-rificante patologia che racconta, fatta di silenzi e vuoti, qualcosa che ci abbandona senza far rumore e senza lasciare alcuna rassicurante scia di speranza.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 1° gennaio

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STILL ALICEREGIA DI RICHARD GLATZER, WASH WESTMORELAND

USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 101’CON JULIANNE MOORE, ALEC BALDWIN, KRISTEN STEWART, HUNTER PARRISH

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Questione di punti di vista: per l’esercito israeliano, per Hamas, per gli spettatori dei telegiornali di tutto il mondo la buffer zone è la zona cuscinetto, una striscia ai confini della striscia, lembo di terra rovente e sottile che separa fisicamente Gaza da Israele. Per Jabber la buffer zone è un terreno da coltivare, il suo: è un contadi-no e lì pianta i semi ogni anno, sperando di avere acqua per crescerli. Il documen-tario collettivo Striplife Gaza in a Day è dedicato alla memoria di Vittorio Arrigoni, attivista ucciso in Palestina nel 2011, e nel solco lasciato dal suo nume tutelare tenta di ribaltare, o almeno di scuotere, il punto di vista sulla Striscia di Gaza e sul conflitto israelopalestinese. Raccogliendo in poco più di un’ora immagini e suoni (senza voci off, senza commenti musicali, col solo ausilio delle didascalie) dalla quotidianità di una manciata di individui: oltre a Jabber, la telereporter Noor, il rap-per Antar, il fotografo Moemen, pescatori e ragazzi impegnati nel parkour. Un ri-

STRIPLIFE - GAZA IN A DAYREGIA DI GRIGNANI, MUSSOLINI, SCAFFIDI, TESTAGROSSA, ZAMBELLI

di Ilaria Feole

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tratto corale vitale e asciutto che evita, talvolta programmaticamente, la retorica sulle tematiche controverse che coinvolgono Gaza, contrapponendo squarci di dinamismo ipercinetico (le acrobazie del parkour, le canzoni sincopate dei rapper clandestini, il movimento costante del fotografo in sedia a rotelle) alla mortifera consuetudine delle cronache tv. Un’operazione cinematograficamente rigorosa, meno spontanea dei suoi protagonisti, ma lodevole.

STRIPLIFE - GAZA IN A DAYREGIA DI NICOLA GRIGNANI, ALBERTO MUSSOLINI, LUCA SCAFFIDI, VALERIA TESTAGROSSA, ANDREA

ZAMBELLIITALIA · 2013 · DOCUMENTARIO · DURATA: 64’

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 13 gennaio

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Page 58: Cinerama 2.1

Complici anche le sue apparizioni (animate o in carne e ossa, intero o in for-ma di testa parlante) in Futurama, I Simpson, Star Trek, ci siamo fatti l’idea che Stephen Hawking - da decenni consacrato come universale icona pop, oltre che “rockstar della scienza” - non difetti di sense of humour. Non manca neppure alla versione dell’astrofisico portata sullo schermo con impressionante mimesi da Eddie Redmayne, soprattutto nelle battute iniziali di La teoria del tutto, dove il personaggio corrisponde con leggerezza allo stereotipo goffo ma determinato del giovane genio. Il film, invece, è un’altra storia: inaspettatamente - considerato che James Marsh, oltre agli acclamati doc Man on Wire e Project Nim, ha firmato il bel Doppio gioco - scorre sui binari del biopic più convenzionale, mitigando i ten-tativi smaccati di strappar lacrime con un diffuso pudore molto british, soffocando ai margini l’indagine professionale e le motivazioni di tanta testardaggine e del

LA TEORIA DEL TUTTOREGIA DI JAMES MARSH

di Alice Cucchetti

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conseguente successo, per concentrarsi soprattutto sulla relazione tra Stephen e la prima moglie Jane - e il principio sarebbe pure lodevole, se il risultato non ci precipitasse presto in un abusato schema di gelosie & rimpianti sentimentali. Iro-nia ai minimi termini, ma molti ralenti e montaggi in musica, la luce del tramonto che cala sullo zucchero e forse il desiderio, per qualche spettatore, di correre a rivedersi Il giovane favoloso.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 15 gennaio

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LA TEORIA DEL TUTTOREGIA DI JAMES MARSH

REGNO UNITO · 2014 · BIOGRAFICO · DURATA: 123’CON FELICITY JONES, EDDIE REDMAYNE, DAVID THEWLIS, EMILY WATSON

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Presentato in competizione al Festival di Cannes 2014, il Turner di Mike Leigh è stato frettolosamente accomunato, nel giudizio di coloro che non lo hanno amato, all’accademismo di una selezione inerte. In realtà il film segna un ulteriore e note-vole scarto in avanti del cineasta, che abbandona i territori delle commedie agro-dolci per inoltrarsi in un terreno minato, la biografia d’artista, nel quale hanno sapu-to muoversi bene solo nomi del valore di Maurice Pialat. Rispetto agli ultimi lavori di Leigh, gradevoli, agili, acuti eppure adagiati in una maniera, pregevolissima, ma pur sempre prevedibile, Turner s’inoltra nel cupo turbinio dionisiaco di un artista che si trova al crocevia del primo vero momento di ribalta internazionale dell’arte inglese. Straordinario paesaggista che verso la fine della sua carriera lascia filtra-re nel suo lavoro una tensione inquieta che anticipa addirittura l’impressionismo, Joseph Mallord William Turner (1775-1851), grazie alla sua incessante ricerca for-

TURNERREGIA DI MIKE LEIGH

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di Giona A. Nazzaro

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male, si apre di fatto verso quella che si può definire la modernità. Il maggior con-tributo artistico turneriano è stato di avere elevato la pittura paesaggistica, poco considerata criticamente, all’altezza di quella storica. Definito il “pittore della luce”, grazie alla sua tecnica a olio e ad acquerello, Turner è trattato da Leigh proprio alla stregua di un testimone oculare della storia. Turner è l’occhio che osserva la socie-tà inglese andare verso la modernità e il fulcro del film è la sua strenua e cupa lotta per rendere conto delle articolazioni del reale che sfuggono allo sguardo. Leigh, ed è una straordinaria intuizione, racconta il pittore mentre inizia a venire meno quello che oggi definiamo realismo fotografico. Come se all’alba della rivoluzione indu-striale e della riproducibilità tecnica, l’occhio del pittore vedesse inevitabilmente di meno e, paradossalmente, dovesse imparare a vedere infinitamente di più. Grazie alla straordinaria attenzione del direttore della fotografia Dick Pope, Leigh filma la passione della luce e dell’occhio di Turner con un passo di straordinaria essenzia-lità che evita accuratamente l’aridità dell’illustrazione erudita. Nel corpo di Timothy Spall, Leigh incarna il tormento dell’immagine che diventa testimonianza storica grazie alla precisione di un gesto filmico tanto potente quanto discreto. Turner è il migliore omaggio ipotizzabile per il “poeta della luce”.

TURNER REGIA DI MIKE LEIGH

REGno UnIto · 2014 · DRAMMAtICo · DURAtA: 149’ Con tIMotHy SpALL, DoRotHy AtKInSon, MARIon BAILEy, pAUL JESSon, LESLEy MAnvILLE,

MARtIn SAvAGE, RUtH SHEEn, SAM KELLy, JAMIE tHoMAS KInG

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 29 gennaio

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Troppo esemplarmente intrisa di patriottismo e di American Dream per non es-sere portata sul grande schermo, la storia di Louis Zamperini - mezzofondista olimpico ed eroe di guerra - era stata acquisita dalla Universal già nel 1957, con Tony Curtis legato al ruolo. C’è voluto più di mezzo secolo per portare a compi-mento il progetto, con Angelina Jolie regista e produttrice e ben otto mani all’o-pera su una sceneggiatura che si scrive, letteralmente, da sola. Da ragazzino pro-blematico ad atleta dei record, poi sopravvissuto allo schianto del suo caccia-bombardiere, a 47 giorni alla deriva su un gommone nel Pacifico e a due anni nei campi di prigionia giapponesi, l’italoamericano Zamperini ha avuto una vita più smaccatamente cinematografica di quanto l’insipida mano della Jolie sappia rendere conto. Fornita di maestranze di lusso, confeziona un biopic educato e patinato, con dosi di mite violenza e azione spettacolare calibrate sul gusto del

UNBROKENREGIA DI ANGELINA JOLIE

di Ilaria Feole

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più vasto pubblico possibile: le torture inflitte dai sadici ufficiali nipponici restano quasi completamente fuori campo, mentre la resilienza fuori dall’ordinario del protagonista occupa ogni inquadratura. In questa scelta, pur cauta, sta il merito della Jolie: attrice passata dietro la macchina da presa, stringe l’obiettivo sui suoi interpreti (azzeccati almeno il protagonista O’Connell e la popstar giapponese Takamasa Ishihara, al suo esordio) e mette corpi e sguardi al centro della storia.

UNBROKENREGIA DI ANGELINA JOLIE

USA · 2014 · BIOGRAFICO · DURATA: 130’CON JACK O’CONNELL, MIYAVI, DOMHNALL GLEESON, FINN WITTROCK

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PROGRAMMAZIONEal cinema dal 29 gennaio

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Impossibile essere crudeli con Russell Crowe. Sia per quegli occhi buoni sopra l’incombente montagna di muscoli, sia perché guardando The Water Diviner, suo esordio dietro la mdp, si respira la forte partecipazione emotiva dell’attore neo-regista, che affonda le mani nella storia della propria terra (la Nuova Zelan-da e l’Australia) per mettere in scena una vicenda fervidamente antimilitarista. Scegliendo un soggetto convenzionale, in potenza molto commovente: un padre determinato a ritrovare le salme dei figli nella devastante “tomba a cielo aperto” abbandonata sulla penisola di Gallipoli, in Turchia, dopo uno dei più devastanti massacri di trincea della Prima guerra mondiale. Ma The Water Diviner ha tutti i difetti dell’opera prima, in primis l’eccesso: non gli basta allacciarsi a un fil rouge, gliene servono almeno tre o quattro (l’acqua, il cerchio, Le mille e una notte), nons’accontenta d’essere dramma post bellico e nemmeno parabola di redenzione

THE WATER DIVINERREGIA DI RUSSELL CROWE

di Alice Cucchetti

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paterna, ma deve aggiungerci anche risvolti puramente avventurosi, una sotto-trama sentimentale, una superficialissima indagine culturale, esotismo posticcioe cartolinesco. Il risultato è un’altalena frastornante, dove accenni di insospetta-bile compostezza rovinano in fretta nella retorica più pomposa, dove il giusto pa-thos sbanda a ogni passo nel ridicolo involontario. Crowe tenta di tenere insiemetutto con la sua solida presenza più che con la labile direzione: un po’ poco.

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PROGRAMMAZIONEal cinema dall’8 gennaio

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THE WATER DIVINERREGIA DI RUSSELL CROWE

AUSTRALIA / TURCHIA / USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 111’CON RUSSELL CROWE, OLGA KURYLENKO, JAI COURTNEY, YILMAZ ERDOGAN

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CINERAMA RITORNA DA VOI Il 6 MARZO CON lE RECENSIONI DI TUTTI I FIlM USCITI IN SAlA NEl MESE DI FEBBRAIO 2015.

CINERAMA È UNA PUBBLICAZIONE TICHE ITALIA SRL.IMPAGINAZIONE A CURA DI GIULIA CIAPPA E LUCA GRIFFINIPER COMMENTI, APPREZZAMENTI E CRITICHE SCRIVETE A [email protected] INFORMAZIONI CONTATTATE LA REDAZIONE A [email protected]