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Il linguaggio dell’arte in E.H. Gombrich Paola Corapi L’esperimento della caricatura Nell’ambiente viennese degli anni Trenta alcuni storici dell’arte hanno risentito fortemente delle ricerche intraprese da Freud: uno di questi è Ernst Kris 1 . Gombrich, ancora studente al terzo anno di università, entra in contatto con Kris attra vers o Schlosser. Kris chiede a Gombri ch di parte cipa re alla sua ricerca sul problema di quanto possa essere attendibile la nostra interpretazione del gioco delle sionomie nelle opere d’arte 2 . Kris vuole di mostra re che la compl essa es pres- sione dei personaggi presi in esame si allontana dagli intenti dell’artista. L’artista, dunque, si limita a dare vita alla sua opera. Egli si interessa sempre di più al problema delle “teste di carattere” 3 e di qu anto possa essere attendibile la nostra interpretazione del gioco delle sionomie nell’o- pera d’arte . Decid e di esaminare le statue duecen tesc he dei donatori della catte- drale di Naumburg, perché i loro ritratti sono a tal punto espressivi da far nascere 1 E. Kris si laurea con Schlosser, grazie al quale inizia a interessarsi alle raccolte del museo di Vienna: raccolte di scultura e arte applicata. Nel 1927 sposa la glia di un caro amico di Freud e in questo modo inizia a entrare in contatto con l’ambiente della psicoanalisi e a esaminare e studiare le opere d’arte e gli artisti sotto il prolo psicoanalitico. 2 Cfr . E.H. Gombri ch, “Stud io dell’arte e studi o dell’uomo . Ricor do della mia collab orazio ne con Ernst Kris (1900-1957)”, in Custodi della memoria. Tributi ad interpreti della nostra tradizione culturale , tr. it. di A. Serani, Feltrinelli, Milano 1985, p. 248. 3 Cfr . E.H. Gombri ch, “Pref azione all’ed izion e italia na”, in E. Kris,  Ricerche psicoanalitiche sull’arte, tr. it. di E. Fach inelli , Einaudi, T orino 1 967, pp. XVII-XVIII. Qu esta pre fazio ne era già stata pubblicata in E.H. Gombrich, E. Kris, “The Principle of Caricature”, British Journal of  Medical Psychology, XVII, London 1938, pp. 319-342, successivamente è stata ripubblicata in E.H. Gombrich, “Studio dell’arte e studio dell’uomo. Ricor do della mia collabor azione con Ernst Kris (1900-1957)”, in Custodi della memoria, cit., pp. 241-255. Copyright  c  2002 ITINERA (http://www.filosofia.unimi.it/itinera/ ) Il contenuto di queste pagine è protetto dalle leggi sul copyright e dalle disposizioni dei trattati internazionali. Il titolo e i copyright relativi alle pagine sono di proprietà di ITINERA. Le pagine possono essere riprodotte e utilizzate liberamente dagli studenti, dagli istituti di ricerca, scolastici e universitari afferenti ai Ministeri della Pubblica Istruzione e dell’Università e della Ricerca Scientica e Tecnologica per scopi istituzionali, non a ne di lucro. Ogni altro utilizzo o riproduzione (ivi incluse, ma non limitatamente a, le riproduzioni a mezzo stampa, su supporti magnetici o su reti di calcolatori)  in toto o in parte è vietata, se non esplicitamente autorizzata per iscritto, a priori, da parte dell’autore. In ogni caso questa nota di copyright non deve essere rimossa e deve essere riportata anche in utilizzi parziali.

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Il linguaggio dell’arte in E.H. Gombrich

Paola Corapi

L’esperimento della caricatura

Nell’ambiente viennese degli anni Trenta alcuni storici dell’arte hanno risentitofortemente delle ricerche intraprese da Freud: uno di questi è Ernst Kris1.

Gombrich, ancora studente al terzo anno di università, entra in contatto conKris attraverso Schlosser. Kris chiede a Gombrich di partecipare alla sua ricercasul problema di quanto possa essere attendibile la nostra interpretazione del giocodelle fisionomie nelle opere d’arte2 . Kris vuole dimostrare che la complessa espres-sione dei personaggi presi in esame si allontana dagli intenti dell’artista. L’artista,dunque, si limita a dare vita alla sua opera.

Egli si interessa sempre di più al problema delle “teste di carattere”3 e di quantopossa essere attendibile la nostra interpretazione del gioco delle fisionomie nell’o-pera d’arte. Decide di esaminare le statue duecentesche dei donatori della catte-

drale di Naumburg, perché i loro ritratti sono a tal punto espressivi da far nascere1 E. Kris si laurea con Schlosser, grazie al quale inizia a interessarsi alle raccolte del museo di

Vienna: raccolte di scultura e arte applicata. Nel 1927 sposa la figlia di un caro amico di Freud e in

questo modo inizia a entrare in contatto con l’ambiente della psicoanalisi e a esaminare e studiare le

opere d’arte e gli artisti sotto il profilo psicoanalitico.2 Cfr. E.H. Gombrich, “Studio dell’arte e studio dell’uomo. Ricordo della mia collaborazione

con Ernst Kris (1900-1957)”, in  Custodi della memoria. Tributi ad interpreti della nostra tradizione

culturale, tr. it. di A. Serafini, Feltrinelli, Milano 1985, p. 248.3 Cfr. E.H. Gombrich, “Prefazione all’edizione italiana”, in E. Kris,  Ricerche psicoanalitiche

sull’arte, tr. it. di E. Fachinelli, Einaudi, Torino 1967, pp. XVII-XVIII. Questa prefazione era

già stata pubblicata in E.H. Gombrich, E. Kris, “The Principle of Caricature”,  British Journal of 

 Medical Psychology, XVII, London 1938, pp. 319-342, successivamente è stata ripubblicata in E.H.

Gombrich, “Studio dell’arte e studio dell’uomo. Ricordo della mia collaborazione con Ernst Kris

(1900-1957)”, in Custodi della memoria, cit., pp. 241-255.

Copyright   c 

  2002 ITINERA (http://www.filosofia.unimi.it/itinera/ )Il contenuto di queste pagine è protetto dalle leggi sul copyright e dalle disposizioni dei trattati internazionali.

Il titolo e i copyright relativi alle pagine sono di proprietà di ITINERA. Le pagine possono essere riprodotte eutilizzate liberamente dagli studenti, dagli istituti di ricerca, scolastici e universitari afferenti ai Ministeri dellaPubblica Istruzione e dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica per scopi istituzionali, non a finedi lucro. Ogni altro utilizzo o riproduzione (ivi incluse, ma non limitatamente a, le riproduzioni a mezzo stampa,

su supporti magnetici o su reti di calcolatori)   in toto  o in parte è vietata, se non esplicitamente autorizzata periscritto, a priori, da parte dell’autore. In ogni caso questa nota di copyright non deve essere rimossa e deve essereriportata anche in utilizzi parziali.

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le più drammatiche interpretazioni e talmente complessi da spingerci a credere che

le forme oltrepassino degli intenti dell’artista. L’arte nasce dall’arte e si sviluppain alcune situazioni problematiche, alle quali l’inconscio dell’artista si adegua econtribuisce. Egli sostiene che su questo sfondo, che lega inconscio e tradizione,si può studiare la resistenza a certe forme d’arte come la caricatura.

Il progetto del libro sulla caricatura di Kris in collaborazione con Gombrich, acausa della guerra e del loro rispettivo trasferimento a New York e a Londra, non hamai visto una conclusione, ma si è frammentato in diversi articoli. Uno di questi èquello pubblicato nell’opera di Kris: I principii della caricatura. In collaborazione

con E. H. Gombrich4.Nel contrasto esistente tra l’uso aggressivo dell’immagine e la caricatura come

genere artistico, Kris ha cercato di trovare la chiave per spiegare la nascita della

caricatura. La caricatura nasce nel momento in cui l’umanità smette di avere pauradella magia e quindi della trasformazione delle immagini. La caricatura di succes-so deforma l’aspetto di una persona, ma solo per raggiungerne uno più profondo;l’artista raggiunge l’essenza del carattere dell’immagine che rappresenta nel mo-mento in cui si rifiuta la somiglianza mimetica della realtà. Il valore di un’operad’arte non nasce dalla sua prossimità al reale, bensì dalla sua prossimità alla vi-ta psichica dell’artista, ecco perché il gioco dei significati e l’ambiguità formalediventano un tratto dominante di questo tipo di rappresentazione.

L’arte ritrae l’aspetto di una persona dandole una sembianza diversa dalla real-tà; la caricatura viene accettata sul piano dell’arte solo se il piacere estetico che nederiva è tale da compensare l’aggressività del processo caricaturale.

Questo esperimento presuppone anche le reazioni di uno spettatore capace di ripe-tere nella propria mente il gioco di fantasia realizzato dall’artista.

La caricatura, dunque, è un ulteriore esempio del legame che si crea tra chiproduce l’opera e chi la fruisce5.Il caricaturista si distingue dagli altri artisti perché riesce a cogliere le invarianticui generalmente si limita il nostro ricordo dell’aspetto fisico di un uomo politi-co o di un attore. Egli traduce l’immagine in un codice semplice, in una formulache assicura il riconoscimento dell’uomo ritratto; allo stesso tempo può trasfor-mare il proprio soggetto isolando le invarianti caratteristiche e focalizzando la no-stra attenzione su dei particolari che fino a quel momento non avevamo notato.Il caricaturista ci insegna un nuovo codice di lettura dell’immagine e proprio qui

dobbiamo individuare, secondo Gombrich, la soluzione al problema delle scopertevisive nell’arte: il nuovo modo di rappresentare l’immagine presuppone una cer-ta elasticità nella nostra capacità di vedere il mondo, pur rimanendo inalterato ilriconoscimento. L’artista ci insegna un nuovo linguaggio, ma non ci insegna a ve-

4 E. Kris, “I principii della caricatura. In collaborazione con E. H. Gombrich”, in   op. cit ., pp.

185-200.5 «La caricatura permette all’artista di trasformare un’equazione intellettualistica in una fusione

o sintesi visuale, e fornisce così al vignettista una delle sue armi più efficaci» (E.H. Gombrich,   A

cavallo di un manico di scopa. Saggi di teoria dell’arte , tr. it. di C. Roatta, Einaudi, Torino 1971, p.

203).

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dere; egli stimola l’occhio dell’osservatore attraverso le trasformazioni dell’opera

d’arte. Tale è l’interesse di Gombrich: osservare e studiare in che modo l’occhiodell’osservatore partecipi alla creazione dell’immagine. Osservare un’opera d’artenon è un’operazione passiva, non è solo uno stimolo che raggiunge la retina: vede-re significa reagire; non è mai un semplice registrare. Vedere vuol dire fare dellesupposizioni su qualcosa che è davanti a noi, qualcosa per cui noi abbiamo delleattese e su cui operiamo dei confronti, qualcosa di cui abbiamo coscienza di ciòche significa.

Lo spettatore vede col cervello e in questo senso ogni arte è concettuale. Ciòaccade non solo perché egli usa la mente, ma anche perché mette in atto lo stessoprocedimento di prova ed errore che era servito all’artista durante il suo processo dicomposizione. Senza il procedimento di prova ed errore è impossibile prevedere gli

effetti reciproci degli elementi ed è necessario elaborare criteri di organizzazione.Ogni rappresentazione si basa su schemi che l’artista impara a usare e l’osservatorea leggere. L’artista crea un’immagine, accoppiando la sua percezione a una giàesistente, secondo alcuni schemi. Le differenze che registrano l’atto creativo sitrovano all’interno di una tradizione. L’arte ha una storia. Percepire è la stessacosa che rilevare differenze, rapporti. è la nostra capacità di far riferimento a unoschema da rapportare a quello che vediamo, di collegare nozioni nuove a nozionigià note. In tutti gli stili l’artista deve far riferimento a un repertorio di formeed è la conoscenza di questo repertorio che permette la comunicazione. Solo laconsapevolezza della tradizione permette di cogliere il mutamento stilistico.

Il problema dello stile

In Gombrich quando si parla di significato dell’opera si parla di interesse per ilsignificato espressivo dello stile, della forma, della struttura di un’opera d’arte.Le sue considerazioni tendono a ridurre l’innovazione dell’artista ai meccanismidi schema e correzione, basati sul valore della tradizione, della continuità, su cuilo studioso fonda il processo di comunicazione. Uno stile stabilisce un orizzon-te di aspettative, un  mental set , che registra deviazioni e modificazioni. Lo stile,come la lingua o altri mezzi d’espressione, determina il livello delle aspettativee quindi la nostra risposta alle deviazioni dalla norma6. Lo stile in cui l’artista

opera è parte della situazione che, istintivamente, cerchiamo di ricostruire. L’im-magine concettuale come immagine convenzionale è, dunque, il punto di partenzadella creazione artistica. «Tutta l’arte è un fabbricare immagini, e tutto il fabbri-care immagini è radicato nella creazione di sostituti. Persino l’artista illusionistaè costretto a prendere come suo punto di partenza l’immagine convenzionale fattadall’uomo, l’immagine concettuale»7 .Ogni artista vede gli oggetti della realtà attraverso gli oggetti dipinti da altri artisti.

6 Cfr. E.H. Gombrich, Ideali e idoli. I valori nella storia e nell’arte , tr. it. di R. Federici, Einaudi,

Torino 1986, pp. 183-184.7 E.H. Gombrich, A cavallo di un manico di scopa, cit., p. 15.

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La memoria della pittura, la storia dell’arte sono fondamentali sia per l’artista sia

per l’osservatore; entrambi devono rivolgere uno sguardo al passato per percorrereun lungo cammino che passa attraverso le fasi di schema e correzione.

Nella storia dell’arte di Gombrich esiste una unità di fondo, che spesso regredi-sce e altrettanto spesso avanza. Tale unità è il processo di rappresentazione visiva,processo di correzione ed errore, di fare che precede l’imitare, reso possibile dal-l’esistenza di uno schema. Lo schema, congettura o proposizione iniziale destinataad essere costantemente corretta e modificata, porta Gombrich a dimostrare chel’artista può copiare la realtà unicamente riferendosi ad altri quadri. Lo schema,dunque, corregge nell’artista, e conseguentemente nell’osservatore, la percezionedella realtà. Questa, prima di giungere sulla tela, passa attraverso un filtro di mi-gliaia di anni. Osservare la natura non è sufficiente per diventare un pittore. Le

trasformazioni stilistiche non dipendono solo da una maggiore abilità:, ma da unmodo diverso di vedere il mondo.Gombrich sottolinea la relatività della visione e dei procedimenti imitativi, soste-nendo che non esiste la verità incontaminata dell’ottica naturale, ma che il nostroocchio fa parte di un sistema, in grado di organizzare e dirigere l’esperienza visiva.La forma è adattata a quel significato scelto dall’artista, quindi bisogna conoscereil contenuto prima della forma.La storia del gusto e delle mode è la storia delle preferenze, delle diverse sceltecompiute tra determinate alternative, ma quel che importa dal punto di vista delmetodo è che un atto di scelta è espressivo di qualcosa solo se riusciamo a ri-costruire la situazione in cui è avvenuta la scelta. Il mutamento avviene solo ed

esclusivamente quando è introdotto uno schema di evoluzione. L’autonomia dellaforma non si dà mai se si pensa che ogni mutamento di forma deriva da un muta-mento di funzione, dove per funzione s’intende il ruolo che l’arte deve assumere inuna data civiltà. Gombrich sostiene la necessità di una struttura a priori non soloper la sperimentazione del mondo, ma anche per la spiegazione della forma.Con l’introduzione del concetto di funzione nella rappresentazione dell’opera d’ar-te, Gombrich introduce il problema del cambiamento stilistico all’interno di unastruttura comunicativa. Il mutamento della funzione è l’inizio della variazione del-la forma. Occuparsi esclusivamente delle proprietà fisionomiche di ciò che vedia-mo e udiamo non potrà mai produrre una teoria dell’espressione artistica. L’artistache desidera esprimere un’emozione non ne trova una equivalente naturale fra i

toni e le forme.Il rapporto tra l’artista e l’osservatore, dunque, non si basa solo sulla funzione appa-rente e visibile del linguaggio dell’immagine, ma anche sulla funzione espressivadi valori semantici, che si fonda sulla conoscenza del linguaggio e dei contesti.L’artista sogna la non convenzionalità, ma con questo suo desiderio svela l’im-portanza della convenzionalità stessa. «In altre parole siamo costretti a spostarela nostra attenzione verso l’altro lato dello schema, verso la comunicazione permezzo di segni convenzionali»8 .

8  Ibid ., p. 92.

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Sicuramente non abbiamo nessun argomento per affermare che chi, di fronte

a una scena prospettica, non vede la profondità, veda effettivamente qualcosa didiverso da quello che noi vediamo. La reazione a un’immagine non è un  test  adattoper capire qualcosa rispetto al “che cosa” della visione. Come afferma Gombrich,abbiamo bisogno di uno schema per comprendere, interpretare, conoscere un’im-magine. Tuttavia l’apprendimento non è solo frutto di studio, di conoscenza e diabilità interpretativa. Il bambino, per esempio, mentre disegna, parla e ci raccontache cosa sta disegnando, ma non sta affatto invitandoci a fare nostre delle conven-zioni figurative. Il bambino sta semplicemente provando a vedere se lo schemache sta utilizzando, per raffigurare quello che intende raffigurare, è effettivamentepraticabile, e nella nostra risposta ne cerca la conferma. Se noi non gli diamo laconferma e non riconosciamo l’oggetto che descrive, il bambino ricalca lo stesso

oggetto e riformula la domanda. Ciò significa che al bambino non interessa l’as-sunzione di una convenzione, ma ci propone una regola nella quale deve esserepossibile mettere capo a un processo di assimilazione. Propone alla nostra perce-zione un percorso che deve essere praticabile. Un percorso, dunque, che non siapuramente convenzionale, ma che sia realizzabile su un terreno intuitivo. Di frontea una qualsiasi scelta figurativa non dobbiamo, dunque, chiederci se questa sceltaè di per sè capace di parlare a qualsiasi spettatore, ma dobbiamo vedere se è pra-ticabile, ovvero se è possibile un apprendimento che rende percepibile proprio ciòche il soggetto, l’artista che lo propone, intende farci percepire.L’opera d’arte è il veicolo di un particolare messaggio, che può essere inteso dal-lo spettatore nella misura in cui questi conosce il contesto linguistico entro cui il

messaggio si trova. Esiste una differenza importante, dice Gombrich, fra intende-re Amleto come una tragedia della vendetta, o intenderlo invece come uno studiodell’indecisione nevrastenica; possiamo risolvere questi problemi solo attraversola sicurezza che ci forniscono la tradizione e l’esperienza.La geometria ha un ruolo molto importante nella costruzione degli schemi 9. Loschema geometrico non è un’astrazione, ma l’artista lo trova nella natura. Il ve-ro problema di questi metodi di insegnamento, sostiene Gombrich, è il rapportotra l’universale e il particolare. Lo schema è l’universale e non è facile per l’arti-sta, considerando l’influenza che gli schemi hanno nell’organizzazione della nostrapercezione, rappresentare il particolare. La nostra mente, infatti, classifica e regi-stra le nostre esperienze nei termini di ciò che già conosciamo.

Un ritratto, essendo la copia esatta della forma esterna di un uomo, si riferisce a unparticolare individuo, esattamente come un nome proprio a una persona. Tuttavia ilpittore, che si concentra sul suo stile per migliorarlo, trascura ciò che è particolaree generalizza le forme. In questo caso ne risulta il concetto di uomo e non un uo-mo in particolare. Per Gombrich, dunque, è necessario continuare a rappresentare

9 «I sistemi delle proporzioni matematiche, gli espedienti di bottega per la costruzione di una testa

umana da un solido di forma d’uovo, quel consiglio, di Cézanne a Bernard, di guardare il mondo in

termini di cilindri, coni e sfere [. . . ] conferma l’importanza di queste strutture fondamentali per il

nostro dominio del mondo visivo» (E.H. Gombrich,   Il senso dell’ordine. Studio sulla psicologia

dell’arte decorativa, tr. it. di R. Pedio, Einaudi, Torino 1984, p. 112).

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l’universale poichè, solo così, si può comunicare. È lo schema che noi dobbiamo

conoscere per poter comprendere il linguaggio non-verbale.L’artista possiede delle immagini nella memoria e tali immagini sono aiutate dalsistema di proiezione; l’immagine creata deve essere flessibile, poichè incontrandoil processo di proiezione, può essere sottoposta a correzioni e ad adattamenti.Il campo delle possibilità è aperto, ma l’artista segue un certo stile e opera unascelta all’interno di forme possibili. Ogni opera figurativa implica l’assunzione diuno schema e di forme di raffigurazione che sono differenti e non immediatamentericonoscibili dall’esperienza delle cose. È lo schema che appaga il nostro bisognodi continuità e allo stesso tempo permette l’innovazione. In ogni caso Gombrichmette in pericolo la stabilità dello stile poichè dimostra che la lettura di un’im-magine non è mai ovvia, in quanto lo spettatore si trova sempre di fronte a un

messaggio ambiguo. è necessaria un’interazione tra artista e pubblico: l’artista de-ve dare un accenno, l’immaginazione del pubblico fa il resto. Spesso lo spettatorecompleta l’opera dell’artista, ma questo è possibile nel momento in cui esistonodegli schermi su cui proiettare le immagini della memoria. Questo costituisce l’u-niverso estetico di Gombrich, universo in cui soggetto e oggetto sono in continuadialettica.Nell’esperienza visiva noi scartiamo le sensazioni irrilevanti e prestiamo attenzio-ne a ogni possibile informazione; mentre scartiamo le sensazioni di disturbo, allostesso tempo proiettiamo vita ed espressione sull’immagine, aggiungendo ciò chenon è presente.Una maggiore informazione sulla tela può uccidere l’illusione ed è per questo mo-

tivo che un artista come Leonardo da Vinci ha inventato l’immagine imprecisa, latecnica dello sfumato che riduce l’informazione sulla tela e stimola il meccanismodella proiezione. Le parti indistinte della tela divengono uno schermo di proiezio-ne vuoto proprio perché indistinto, su cui si salda ciò che Gombrich ha chiamato«messa a fuoco mentale», ovvero lo stesso meccanismo di proiezione. Il campodelle possibilità è aperto, lo stesso oggetto può di volta in volta essere guardato,ricordato e rappresentato dalla stessa persona in modi diversi, secondo il propositodel momento. Nella contemplazione degli oggetti naturali come nella lettura delleimmagini che li rappresentano, noi non possiamo fare a meno di dare un’inter-pretazione, una lettura; possiamo sostituire un’interpretazione a un’altra, ma nonpossiamo fare a meno di averne una.

Gombrich, nella sua ricerca, analizza l’opera d’arte nell’evoluzione fenomenicadello stile, che implica i cambiamenti rispetto alla tradizione come la reazione neisingoli momenti agli schemi e alle nuove formule di rappresentazione10 . La tradi-zione ci spinge a studiare la struttura coincidente di uno stile, cioè il modo in cui ilprogetto dell’opera risponde agli stimoli del momento. L’opera si configura comecomunicazione visiva e come tale possiede i segni di un codice convenzionale; essa

10 «La storia dell’arte è solo un filo nel mantello senza cuciture della vita che non può essere

isolato dai fili della storia economica, sociale, religiosa o delle istituzioni senza lasciarne sciolti un

certo numero» (E.H. Gombrich, Ideali e idoli, cit., p. 155).

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è, dunque, un messaggio che rimanda alla realtà. Lo stile esprime il proprio tempo

e rende possibile un’interpretazione del reale.Le azioni dell’uomo sono universalmente comprensibili grazie alla razionalità; percomprendere le reazioni umane, invece, dobbiamo osservare la nostra risposta asituazioni analoghe. in questo modo torniamo a considerare, osserva Gombrich,l’importanza dello stile nella teoria dell’arte.«Lo stile determina il livello delle nostre aspettative e quindi la nostra risposta alledeviazioni dalla norma»11 . Lo stile usato dall’artista fa parte della ricostruzioneche l’uomo cerca di operare il suo successo dipende dalla conoscenza di questostesso stile. Il canone è il punto di partenza e di riferimento per capire la differenzatra un capolavoro e una qualunque opera d’arte.Non bisogna mai rinunciare alla ragione, cioè non smettere mai di credere nella

possibilità di scoprire che cosa dice un artista, il quale è un essere umano tantoquanto lo siamo noi12.

Alla ricerca di un metodo

Lo scienziato cerca di rappresentare il mondo col minimo di ambiguità, l’artista,invece, moltiplica le interpretazioni possibili e sfrutta deliberatamente le ambigui-tà. L’opera d’arte partecipa a una forma di comunicazione intersoggettiva nellaquale spettatore e artista sono in primo piano. La scienza descrive e l’arte evoca.Gombrich è alla ricerca di un metodo, il suo ideale si esprime nel saper porre nuovedomande che stimolano nuove conoscenze. Esiste uno schema di base che si adattae cambia forma a seconda della situazione e del contesto in cui si trova, ma che nonchiude la curiosità: di uno storico in una scatola metodologica. Esiste, dunque, unlegame tra lo storico e lo scienziato: un’opera d’arte non può essere dotata di uncerto valore solo perché risponde a un piacere soggettivo, non si può ridurre l’artea un giudizio relativo. Secondo Gombrich l’arte non coincide con l’espressione deisentimenti, un sentimento da solo non darà mai un capolavoro. Un’opera nasce daun lavoro di crescita graduale legato fortemente alla tradizione. Allo stesso modol’interpretazione dell’opera è una questione di gradi e né la nostra partecipazio-ne emotiva né quella intellettuale ci mettono al sicuro dai fraintendimenti. È perquesto motivo che bisogna considerare l’importanza dello stile nell’arte. Lo stile

rappresenta la differenza e l’innovazione di un artista rispetto ad un altro.Uno scienziato considera ciò che gli appare come qualcosa che esiste da semprema che viene scoperto solo da lui, mentre un artista crea un’opera d’arte che untempo non esisteva: questa sembra essere una netta distinzione tra arte e scienza. Inrealtà Michelangelo vedeva una scultura nella pietra prima ancora di averla liberatadalla sua massa.L’opera d’arte viene prodotta, e ciò lo suggerisce anche Gombrich quando parla diun artista che dalla copia passa alla trasformazione e infine raggiunge lo stile, in

11  Ibid ., p. 184.12 Cfr. E.H. Gombrich, A cavallo di un manico di scopa, cit., p. 130.

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reazione a un intervento in parte inconsapevole, ma non per questo meno attivo, di

culture e di individui.I testi di Gombrich possiedono lo stesso aspetto multiforme ed eclettico delle opered’arte, che si differenziano l’una dall’altra dato uno stile diverso, stile in continuaevoluzione grazie al processo di prova ed errore. È come se ci fosse una circolaritàdi fondo tra quello che Gombrich vede nell’arte e quello che trasmette al lettore;la stessa circolarità che si stabilisce tra l’artista e l’osservatore. Egli si avvicinaa una visione più scientifica e meno diretta e fenomenica della percezione, parladell’adattamento della forma alla funzione, che avviene attraverso un processo diselezione, di mutazione e di sopravvivenza delle forme più adatte.

La struttura dei saggi di Gombrich sottolinea l’esistenza di diversi modi e di di-verse tecniche di raffigurazione che chiamano in causa un’argomentazione di tipo

convenzionalistico: potremmo dire che ogni stile figurativo si avvale di un linguag-gio differente, ogni linguaggio appartiene a una certa epoca e cultura e consta diconvenzioni figurative di un certo tipo che devono essere apprese perché si possaleggere un quadro. Il linguaggio dell’arte è un linguaggio che deve essere appreso,altrimenti non si capisce.La tendenza di tutte le arti, dunque, è di raggiungere un universale intersoggettivodove l’artista, attraverso la sistemazione di figure e di colori, comunica allo spet-tatore la forza emozionale della propria opera. L’artista segue delle regole che gliimpone il suo ambiente, ma ne crea anche di nuove. La rappresentazione non è maiuna copia.«Le forme dell’arte quelle antiche come quelle moderne, non sono mai dei dupli-

cati di ciò che l’artista ha in mente più di quanto non siano dei duplicati di ciò chel’artista vede fuori di sé. In entrambi i casi sono delle rese elaborate all’internodi un mezzo acquisito, un mezzo sviluppatosi grazie alla tradizione e all’abilità:abilità dell’artista e abilità dell’osservatore»13 . Ciò che conta è il grado di empa-tia che ci si aspetta di suscitare e che viene effettivamente suscitato. Le immaginihanno il potere di suscitare in noi delle emozioni14 , sono rassicuranti e strettamenteumane15.

13  Ibid .14 Cfr. E.H. Gombrich, L’immagine e l’occhio. Altri studi sulla psicologia della rappresentazione

 pittorica, tr. it. di A. Cane, Einaudi, Torino 1985, p. 158.15 Cfr. J-P- Changeux, La natura e la regola. Alle radici del pensiero, tr. it. di M. Basile, Raffaello

Cortina Editore, Milano 1999, p. 313. Qui Gombrich e Changeux esprimono il punto debole del

razionalismo di fronte alla natura emozionale ed empatica dell’uomo, natura espressa unicamente

dall’arte che diventa anche elemento comune tra gli uomini.

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