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87 Applicazioni educative della ricerca sull’esecuzione musicale Applicazioni educative della ricerca sull’esecuzione musicale di Richard Parncutt Abstract Recent scientific research on music performance has important implica- tions for music education. Research on structural and emotional commu- nication links music analysis to interpretation. Research on motivation suggests how patterns of thinking and communicating between music teachers and students might be improved. Research on early acquisition of musical and linguistic skills suggests that imitation and improvisation should precede reading and writing. Research on causes and treatments of everyday medical problems of musicians can prevent injuries.Research on the acoustics, physiology and psychology of piano performance can improve the efficiency of practice and the effectiveness of interpretation. Such material is still absent from most music education programs. A pos- sible reason is that musical ability is associated with intuitive/verbal rather than logical thinking (Brandler & Rammsayer). I argue for a reversal of this tendency. Music students need more support in the area of logical thinking, not less.The best solution is to include relevant, useful scientif- ic research on music performance in music education programs. Riassunto Gli studi scientifici recenti sull’esecuzione musicale hanno importanti im- plicazioni educative.Ad esempio, la ricerca sulla comunicazione struttura-

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Applicazioni educative della ricercasull’esecuzione musicale

di Richard Parncutt

Abstract

Recent scientific research on music performance has important implica-tions for music education. Research on structural and emotional commu-nication links music analysis to interpretation. Research on motivationsuggests how patterns of thinking and communicating between musicteachers and students might be improved. Research on early acquisitionof musical and linguistic skills suggests that imitation and improvisationshould precede reading and writing. Research on causes and treatmentsof everyday medical problems of musicians can prevent injuries. Researchon the acoustics, physiology and psychology of piano performance canimprove the efficiency of practice and the effectiveness of interpretation.Such material is still absent from most music education programs.A pos-sible reason is that musical ability is associated with intuitive/verbal ratherthan logical thinking (Brandler & Rammsayer). I argue for a reversal ofthis tendency. Music students need more support in the area of logicalthinking, not less.The best solution is to include relevant, useful scientif-ic research on music performance in music education programs.

Riassunto

Gli studi scientifici recenti sull’esecuzione musicale hanno importanti im-plicazioni educative.Ad esempio, la ricerca sulla comunicazione struttura-

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Text Box
Parncutt, R. (2006). Applicazioni educative della ricerca sull'esecuzione musicale (Educational applications of scientific research on music performance). In M. Biasutti (Ed.),Psicologia e educazione musicale (pp. 87-108). Lecce: Pensa Multimedia.
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le e affettiva collega l’analisi all’interpretazione. La ricerca sulla motivazio-ne suggerisce come si potrebbero migliorare i modelli di pensiero e co-municativi tra insegnanti di musica e studenti. Le ricerche sull’acquisizio-ne precoce delle abilità musicali e linguistiche suggeriscono che l’imita-zione e l’improvvisazione dovrebbero precedere il leggere e lo scrivere. Laricerca sulle cause e sui trattamenti dei problemi di salute quotidiani deimusicisti può aiutare a prevenire danni fisici. La ricerca sull’acustica, la fi-siologica e la psicologica dell’esecuzione pianistica può migliorare l’effi-cienza della pratica e l’efficacia dell’interpretazione.Tutti questi elementisono ancora assenti dalla maggior parte dei programmi di educazione mu-sicale.Una possibile causa è che l’abilità musicale sia associata al pensiero intui-tivo/verbale piuttosto che al pensiero logico (Brandler & Rammsayer,2003); lo scopo di questo articolo è di giustificare un’inversione di que-sta tendenza. Gli studenti di musica hanno bisogno di maggiore suppor-to nell’area del pensiero logico, non meno. La soluzione migliore è di in-serire l’utile e rilevante ricerca scientifica sull’esecuzione musicale all’in-terno dei programmi di educazione musicale.

1. Introduzione

In che modo i docenti di musica dovrebbero essere aggiornati riguardoalla ricerca scientifica sull’esecuzione musicale ed essere in grado di appli-carla? Negli ultimi anni, i conservatori di musica sono stati sempre piùsotto pressione per migliorare o ampliare il contenuto accademico delleloro attività (insegnamento e ricerca), cercando di raggiungere lo statusdelle università. Allo stesso tempo, le esigenze dei professori di musicastanno cambiando: la mole di ricerca empirica nella formazione musicaleaumenta, e sempre più i docenti si aspettano di conoscere i contenuti del-le ricerche e di essere in grado di applicarli.Questi cambiamenti non avvengono facilmente. In primo luogo, i con-servatori di musica affermati e con una lunga tradizione di eccellenza sioppongono naturalmente al cambiamento, particolarmente quando l’in-novazione coinvolge la ricerca con la quale la gestione può non avere fa-miliarità e i cui benefici possono sembrare poco chiari. In secondo luo-go, la comunicazione fra gli insegnanti di musica e i ricercatori coinvoltinella ricerca scientifica sulle prestazioni di musica solitamente non è svi-88

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luppata bene. Ciò è dovuto in parte alle strutture gerarchiche delle istitu-zioni all’interno delle quali lavorano e in parte ai differenti modi di pen-sare. I musicisti tendono a pensare in maniera intuitiva riguardo ai proble-mi e possono non essere particolarmente capaci o interessarti a pensareanaliticamente. I ricercatori scientifici vanno nel senso opposto, tendendoad affrontare troppo analiticamente il problema.Lo scopo di questo articolo è studiare i modi per migliorare l’efficienzadella formazione musicale, introducendo argomenti che presentano e ap-plicano la ricerca scientifica alle esecuzioni musicali . Per “efficienza” si in-tendono il rapporto tra risultati ottenuti e impegno di base, nel qualel’impegno di base può essere considerato il tempo e lo sforzo che gli al-lievi dedicano alla loro pratica così come il costo economico del loro stu-dio, mentre il risultato è la qualità musicale delle esecuzioni degli allievidopo lo studio o la qualità della formazione che i professori di musica co-municano ai loro allievi.In questo articolo non sarà considerato l’intero corpo di ricerca scientifi-ca sull’educazione musicale, ma l’attenzione sarà focalizzata sulle funzionidella ricerca che potrebbero arricchire realisticamente la pratica dei mu-sicisti e dei professori di musica. Questa ricerca riguarda vari argomenticome l’improvvisazione, l’espressione, la pratica, l’ansia da esecuzione,musica e salute, la fisica, la fisiologia e la psicologia dell’esecuzione su stru-menti specifici e l’interazione tra l’allievo e il docente.Dopo avere considerato tutti questi punti, saranno proposte alcuneconsiderazioni pratiche e politiche. Perchè tali argomenti non sono at-tualmente insegnati, o non sono insegnati adeguatamente? Quale po-trebbe essere l’effetto di introdurre argomenti simili nei programmi dimusica e nei curricoli di educazione musicale? Che strategie politichepotrebbero essere necessarie per incoraggiare o assicurare la loro intro-duzione?

2. Apprendimento precoce della musica

Le implicazioni che la ricerca psicologia sull’acquisizione del linguaggioha per l’educazione musicale sono state esplorate da molti docenti e psi-cologi della musica e, più recentemente, da McPherson e Gabrielsson(2002) e Jost (2004). I bambini imparano a parlare acquisendo abilità di-stinte in un ordine specifico. Per prima cosa gli infanti sentono molte pa- 89

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role, poi iniziano a capire il loro significato associando i suoni agli even-ti. Solo successivamente iniziano a imitare i suoni.Inizialmente, un bambino non conosce che suono risulterà da una confi-gurazione del tratto vocale e il luogo della generazione del suono (adesempio, aprendo improvvisamente la gola per produrre il suono K o G).Deve imparare così un gran numero di associazioni uditive-motorie perimparare le relazioni tra coordinazione motoria e suono. Solo in seguitoè possibile imitare (riprodurre) verosimilmente i suoni.I bambini acquisiscono il complesso vocabolario del linguaggio improv-visando e imitando innumerevoli espressioni per un lungo periodo ditempo.All’età di cinque anni circa, essi producono frasi grammaticalmen-te corrette e complete ad un livello comparabile a quello degli adulti. So-lo successivamente iniziano a imparare a scrivere e leggere, svolgendocompiti attivi come disegnare le lettere, attività che li aiuta a riconoscerele lettere dell’alfabeto.Se la musica utilizza gli stessi processi cognitivi del linguaggio – e noi sap-piamo dalle ricerche comportamentiste e neurologiche che questo è am-piamente vero – i vari stadi dell’acquisizione della musica potrebbero av-venire con il medesimo ordine e in costante interazione con persone conabilità musicali più avanzate – anche se questi sono bambini o genitoricon scarso o nessun addestramento musicale.Le implicazioni di questo concetto per l’educazione musicale sono evi-denti: se i bambini iniziano a imparare la musica molto presto, prima diiniziare a leggere – elemento positivo per la plasticità cerebrale – essi po-trebbero seguire la stessa sequenza di quando imparano a parlare. I bam-bini potrebbero ascoltare inizialmente molta musica, preferibilmente inun ambito ristretto di stili – così come il linguaggio è limitato ad una lin-gua, iniziando poi a capire il significato della musica associandolo ad even-ti socialmente importanti (ad esempio la colazione o un giocattolo) o constati d’animo ed emozioni.I bambini iniziano poi a imitare i suoni musicali usando la loro voce osemplici strumenti. Questa imitazione potrebbe avere sempre un signifi-cato sociale al di fuori della musica. Per imparare come imitare i suoni,potrebbero essere incoraggiati a sperimentare suoni differenti e a improv-visare. Le improvvisazioni possono diventare molto complesse, finché gliadulti riconoscono che il bambino sta producendo una propria musica.Una volta che il bambino riconosce questo e prende possesso della mu-sica che sta creando, è pronto per iniziare a imparare la notazione. Que-90

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sto avviene spontaneamente quando il bambino inventa dei segni per aiu-tarsi a ricordare la musica che ha realizzato. A questo stadio un docentepuò aiutare il bambino a imparare a tradurre i simboli inventati in fram-menti di notazione convenzionale della musica.Le idee presentate sino a qui non sono particolarmente nuove. Ogni ideaè stata già sviluppata in molti approcci musico-pedagogici. L’obiettivo èpiuttosto di combinare questi diversi approcci teorici sotto una sola con-cezione. La coerenza di questo elemento potrebbe aiutare ad avere un am-pio consenso rispetto all’idea che il “suono avviene prima del segno”.Un altro punto che i genitori potrebbero capire facilmente è che i bam-bini piccoli possono anche non essere pronti per compiti analitici (Pia-get): è controproducente aspettarsi che imparino la notazione prima di es-sere pronti, e sembra che i metodi tradizionali di insegnamento commet-tano ancora questi errori.

3. Improvvisazione

I docenti devono spesso convincere i genitori dell’importanza dell’im-provvisazione per lo sviluppo musicale del bambino. Se i genitori non so-no convinti, potrebbero non sostenere il bambino nel fare musica. È im-portante dare un’importanza centrale al sostegno dei genitori per lo svi-luppo musicale dei bimbi (Howe et al., 1998). Gli insegnanti possonoconvincere più facilmente i genitori dell’importanza dell’improvvisazio-ne sulla base di ciò che ogni genitore sa riguardo all’acquisizione del lin-guaggio, piuttosto che parlare astrattamente sul ruolo dell’improvvisazio-ne nella musica del mondo o riguardo ai processi coinvolti nell’improv-visazione.All’interno della tradizione musicale europea, l’arte dell’improvvisazioneè scomparsa durante il 19° secolo, quando la musica stampata è diventatadisponibile liberamente. Prima era consuetudine tra docenti e studentiimprovvisare gli esercizi e in tal modo allenare simultaneamente le abilitàtecniche, di improvvisazione, uditive, armoniche ed espressive (Gellrich,1992). Dal 20° secolo la maggior parte dei professori di musica dell’occi-dente è incapace di improvvisare e di insegnare l’improvvisazione, poichéloro stessi non sono preparati o non hanno maturato esperienza in que-sto settore. Questi docenti hanno l’urgente necessità di essere incoraggia-ti per risolvere questo problema e di avere idee e strategie che li rendano 91

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in grado di improvvisare. Non è difficile suonare un accompagnamentoostinato mentre un allievo improvvisa una melodia sopra (o viceversa) ocreare uno scambio improvvisato “botta e risposta” insieme con un allie-vo, specialmente quando uno studente è ai primi anni di studio. Una vol-ta rotto il ghiaccio, sia il professore sia l’alunno possono fare rapidi pro-gressi.Recentemente Lassnig (2004) ha sviluppato alcune idee più specifichesull’insegnamento dell’improvvisazione in relazione alla ricerca psicologi-ca. Come prima cosa, l’autore raccomanda di fare in modo che gli stu-denti improvvisino entro limiti determinati strettamente.Ad esempio, unallievo potrebbe improvvisare solo su una singola nota, poi due e poi tre.Ai livelli più avanzati di improvvisazione, dei limiti analoghi potrebberoessere stabiliti per la dinamica, il ritmo, o l’articolazione. Per gli studenti èmotivante e rivelatore scoprire l’ampiezza nella quale si può fare musicaentro limiti così definiti.L’improvvisazione è più significativa e interessante quando l’espressione èconsiderata più rilevante delle note, ad esempio l’esatta scelta delle note odurate. Quando la semantica – il significato della musica per gli studenti– è valutata più importante della sintassi (le strutture musicali melodiche,ritmiche e armoniche), i modelli sintattici diventano paradossalmente piùfacili da imparare. Questo approccio rende più semplice per gli studentiottenere lo stato chiamato flow (di flusso), nel quale le sfide musicali e tec-niche sono combinate alle capacità esistenti.Anche Lassnig ha sviluppato l’idea che invece di studiare l’improvvisazio-ne su elementi strutturali specifici come un accordo o un modo, gli ele-menti strutturali potrebbero essere combinati con determinate abilità, co-sì da studiare solo un elemento e una capacità alla volta, come ad esem-pio l’ascolto, la vista, il movimento (la tecnica), le emozioni e la conoscen-za. L’idea è di separare l’ascolto, la lettura, lo studio della tecnica di un da-to modello strutturale dall’altro, creando un numero elevato di combina-zioni che possono essere studiate individualmente.L’improvvisazione è già presente in molti programmi universitari in areecome l’etnomusicologia, il jazz, l’organo, e l’educazione musicale. Una re-cente ricerca sull’improvvisazione suggerisce che l’offerta formativa di si-mili attività potrebbe essere ampliata per coinvolgere la totalità degli stu-denti che studiano strumento.Tutti gli allievi dovrebbero avere l’opportu-nità, o gli potrebbe essere richiesto, di studiare l’improvvisazione sia teo-ricamente che praticamente.92

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4. Espressione

L’espressione musicale è insegnata nei conservatori di musica? Una recen-te ricerca psicologica sull’espressione rileva sorprendentemente che, one-stamente, la risposta è “no”. La maggior parte degli studenti di conserva-torio non riceve alcun insegnamento esplicito sul significato specifico dell’e-spressione musicale (tuttavia questo argomento può essere rivolto alla pra-tica musicale precoce). Gli studenti invece imitano gli stili espressivi deiloro professori e di altri esecutori che ascoltano nei concerti e nei dischi,e in tal modo sviluppano gradualmente un proprio stile espressivo. Que-sto processo avviene largamente in modo intuitivo, senza che gli studenti(o gli insegnanti per questa ragione) diventino in grado di descrivere idettagli delle relazioni tra parametri espressivi così come lo svolgimentotemporale e la dinamica che possono essere espressi.La ricerca psicologica sull’espressione ha chiarito questo problema in di-versi modi. Per prima cosa deve essere fatta una distinzione tra comuni-cazione strutturale ed emozionale. Sono strutturali i parametri delle esecu-zioni espressive che indicano chiaramente, ad esempio, quando una frasesi conclude e una frase nuova comincia. Il modo in cui questo è realizza-to può esprimere diversi tipi di emozioni. È possibile separare gli obietti-vi dell’espressione strutturale ed emozionale ma non i significati, che sisovrappongono.Friberg e Battel (2002) hanno descritto i più importanti significati con cuigli esecutori comunicano la struttura musicale al pubblico. Il loro meto-do è adeguato per le simulazioni al computer dell’espressione musicale madifficile da applicare nell’educazione musicale a causa del rapporto com-plesso fra le strutture specifiche e gli elementi espressivi associati. Parncutt(2003) ha presentato una versione semplificata della loro teoria basata suun concetto esteso di accento. In questa teoria, un accento è consideratoun qualunque evento musicale a cui si può fare attenzione, o un qualun-que evento saliente. Un evento può essere saliente per ragioni che emer-gono della partitura, o per i motivi connessi all’esecuzione. Si può inizial-mente distinguere gli accenti in accenti immanenti e accenti eseguiti. Gliaccenti immanenti possono essere melodici (il picco di un andamentomelodico che richiama l’attenzione dell’ascoltatore) o raggruppati (all’i-nizio delle frasi). Per rendere la struttura di una partitura di musica chia-ra agli ascoltatori, gli esecutori richiamano un’attenzione supplementaresu tali eventi con accorgimenti standard come rallentare o aumentare il 93

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volume nelle vicinanze dell’accento. In altre parole, gli accenti eseguitihanno spesso la funzione di rinforzo degli accenti immanenti.Il modo con il quale gli accenti sono usati è un aspetto dell’interpretazio-ne e coinvolge un numero differente di scelte. Queste comprendono leposizioni temporali in cui gli accenti cadono (cioè quali accenti imma-nenti dovrebbero essere rinforzati e quali no), la forza degli accenti (quan-to sono percepiti chiaramente) e il modo fisico con cui sono realizzati.Nelle esecuzioni pianistiche, ad esempio, gli accenti eseguiti possono es-sere realizzati cambiando la sonorità, il tempo, o entrambi; la funzionedella sonorità e/o del tempo è inoltre variabile. L’esecutore non è neces-sariamente informato sul modo in cui sono usati gli accenti e uno degliscopi dell’applicazione di questa teoria dell’espressione nell’educazionemusicale, è di rendere il processo più cosciente e intenzionale. Il fatto chegli accenti realizzati possono essere introdotti in un’esecuzione in tantimodi e combinazioni differenti è sostenuto dall’ampia varietà di possibiliinterpretazioni di un brano di musica.La teoria della comunicazione strutturale richiama soltanto una parte delfenomeno complesso dell’espressione. Può tuttavia permettere agli allievidi musica di generare un collegamento concreto tra analisi musicale edesecuzione musicale. Il primo momento è analizzare un passaggio di unbrano di musica che stanno studiando attualmente, segnando le differentitipologie di accenti immanenti con simboli diversi. Dopo, gli allievi do-vrebbero analizzare la loro esecuzione del passaggio (anche ascoltando lapropria registrazione). Che cosa stanno intuitivamente facendo in prossi-mità degli accenti segnati? Che genere di accenti stanno scegliendo perl’attenzione espressiva? Quali accenti stanno ignorando deliberatamente?Questo modello cambia quando suonano generi differenti di musica? Inquesto modo, è possibile diventare più coscienti delle proprie strategieespressive. Questo fornisce immediatamente agli insegnanti e agli allieviun nuovo vocabolario con cui parlare analiticamente dell’espressione mu-sicale.Un simile approccio analitico è stato sviluppato da Juslin e da Persson(2002). In base ad un notevole corpo dei dati, Juslin ha ricapitolato le tec-niche espressive connesse a emozioni specifiche quali la rabbia o la tene-rezza. Ad esempio, la rabbia è caratterizzata “dall’alto livello sonoro, daltimbro tagliente, dal rumore spettrale, dal tempo veloce, dall’articolazionestaccata, dagli attacchi di tono bruschi, dai maggiori contrasti di durata tranote lunghe e note corte, dall’assenza di ritardandi, dagli accenti improv-94

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visi, dagli accenti sulle note tonali instabili, dal crescendo, dall’acceleran-do di frase, da un grande vibrato” (p. 223). Questa osservazione, che ini-zialmente sembra insignificante, diventa interessante non appena gli allie-vi provano ad applicarla a situazioni musicali specifiche.Quale di questi punti può essere applicato in maniera appropriata ad unpassaggio in un dato stile? Quando gli allievi provano a fare questo, conquanto successo comunicano una data emozione? In che misura sono ca-paci di discriminare tra emozioni differenti nelle loro esecuzioni? Si trat-ta certamente di un’abilità importante che merita di essere studiata e pra-ticata separatamente rispetto ad altre abilità.Alla luce di queste recenti ri-cerche, il metodo tradizionale, che è completamente intuitivo riguardo al-l’apprendimento all’espressione delle emozioni nella musica, sembra im-provvisamente inadeguato, o almeno incompleto.

5. Pratica

Considerato che i musicisti e gli allievi di musica passano molto tempo aesercitarsi, è importante analizzare sistematicamente e confrontare meto-di differenti di studio. Il fine ultimo di una simile comparazione è rende-re la pratica più efficiente, in modo che possano essere raggiunti gli obiet-tivi musicali specifici con il minimo tempo e sforzo.La ricerca psicologica e pedagogica relativa a questo settore è stata rias-sunta da Barry e da Hallam (2002). Probabilmente la tesi più importanteemersa da questo ambito evidenzia la necessità di avere una diversità diapprocci piuttosto che un numero limitato. Ci sono molti modi differen-ti di esercitarsi e il metodo più efficace sembra essere una combinazione,per quanto possibile, di alcuni di questi. Diversi metodi includono lo stu-dio e l’analisi delle partiture, la pratica mentale rispetto alla pratica fisica el’ascolto delle registrazioni dei lavori oggetto di studio come pure esecu-zioni dal vivo degli stessi o di lavori correlati. Altri elementi importantiper una pratica esecutiva efficace sono la motivazione intrinseca (a lungotermine, la pratica è più valida se il musicista è motivato internamentepiuttosto che esternamente, ad esempio dal piacere di esercitarsi piuttostoche dalla pressione di un concerto imminente) e la metacognizione (la ca-pacità di pensare e di parlare dei vantaggi e degli svantaggi del propriometodo di studio o delle abitudini, e di progettare i particolari della ses-sione di studio secondo gli obiettivi specifici di tale sessione). 95

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La motivazione intrinseca è collegata all’esperienza di flusso (Csikszent-mihalyi & Rich, 1997; Kenny & Gellrich, 2003). Entrambe possono esse-re migliorate individuando un obiettivo pratico (come imparare un bra-no per eseguirlo in una determinata data) e diversi sotto obiettivi. Que-sto predispone alle condizioni di flusso, e i sotto obiettivi dovrebbero es-sere tarati sul livello di abilità del musicista: dovrebbero essere abbastanzadifficili da rappresentare delle sfide interessanti, ma non così difficili dacreare frustrazione. Il programma dovrebbe includere anche brevi pause ointervalli relativamente frequenti. Per definire il programma, l’allievo po-trebbe stabilire mansioni e obiettivi specifici in un calendario o in un’a-genda di studio. Inizialmente, questo può essere fatto sotto la guida di uninsegnante. La creazione di un programma simile può essere consideratacome un’esercitazione metacognitiva o di pratica riflessiva.Gli allievi di musica hanno bisogno di un corso che presenti non soltan-to questo genere di ricerca, ma fornisca inoltre un forum per discutere eanalizzare le loro pratiche di studio per scoprire come altri allievi e do-centi si esercitano. Essi hanno inoltre bisogno di sviluppare criteri adegua-ti per valutare il successo dei nuovi metodi: un determinato corso potreb-be avere lo scopo di trovare un equilibrio fra la teoria basata sugli studipsicologici (le informazioni dall’esterno del gruppo) e l’interazione siste-matica e costruttiva con i compagni che hanno problemi simili o abba-stanza differenti (le informazioni dall’interno).

6. Ansia da prestazione

Wilson e Roland (2002) hanno riassunto alcune delle più importanti emusicalmente applicabili ricerche sull’ansia da prestazione. L’incidenzadell’ansia da prestazione è sorprendentemente alta: la maggior parte deimusicisti e degli allievi di musica segnalano di soffrirne.Considerando chela qualità delle esecuzioni musicali può dipendere criticamente dalle ca-pacità dei musicisti di gestire l’ansia da prestazione, gli allievi di musicadovrebbero essere informati delle cause e dei trattamenti principali e ave-re l’opportunità di applicare queste conoscenze nella loro pratica esecuti-va. Si tratta di una motivazione rilevante per includere questo genere diargomenti nei programmi di studio e nei curricoli di educazione musica-le.Tuttavia la maggior parte dei conservatori di musica non hanno consi-derato nel loro curricolo la possibilità per gli studenti di apprendere che96

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cos’è l’ansia da prestazione, come controllarla e come usarla a propriovantaggio. Un’occasionale conferenza ad invito non è sufficiente peresaurire questi argomenti.È un luogo comune dei musicisti che una piccola o moderata quantità diansia da prestazione può favorire le esecuzioni. Lo strumentista diventapiù attento e più sensibile a reagire al pubblico, alla situazione e a eventimusicali inattesi, che possono verificarsi spontaneamente durante le ese-cuzioni. L’ansia da prestazione si trasforma in un problema solo quandodiventa così forte che l’esecuzione è influenzata negativamente, ad esem-pio da errori e da vuoti di memoria. Il limite e la natura dell’ansia da pre-stazione dipende principalmente dalla personalità del musicista, della pa-dronanza del compito da svolgere e della situazione in cui avviene l’ese-cuzione. Una volta compreso che questi tre effetti sono separati, diventapossibile sviluppare strategie realistiche per controllare l’ansia da presta-zione nelle situazioni specifiche. In primo luogo, un allievo può sempli-cemente essere timido o impaurito della gente, indipendentemente dalfatto che la musica sia o meno implicata (“ansia come tratto”).Tali allie-vi possono trarre beneficio da un corso di psicoterapia inerente al tratta-mento di questo problema. Si tratta di una questione delicata, che deve es-sere approfondita con molta attenzione dagli insegnanti se ci si rivolge atutti. In secondo luogo, l’ansia da prestazione dipende dal limite rispettoal quale un allievo è preparato tecnicamente e musicalmente per le ese-cuzioni: se questo è un elemento importante, l’allievo non ha scelta e de-ve esercitarsi più efficacemente (vedi la sezione dedicata alla pratica stru-mentale in questa saggio). In terzo luogo, l’ansia da prestazione dipendedall’atteggiamento del pubblico verso l’esecuzione, così come è percepi-to dall’esecutore. Se questo è l’aspetto più importante, l’esecutore puòavere beneficio da trattamenti specifici come la desensibilizzazione sistema-tica (nella quale il livello di “minaccia” è aumentato gradualmente) o la ri-strutturazione cognitiva (nella quale l’esecutore sviluppa le aspettative piùrealistiche e più positive riguardo al pubblico e alle loro reazioni all’ese-cuzione). Inoltre, è noto che la caratteristica di personalità conosciuta conil termine di perfezionismo correla con l’ansia da prestazione, e implica cheun musicista può avere un controllo maggiore sull’ansia da prestazione secomprende meglio il proprio perfezionismo.Altri approcci importanti peril trattamento dell’ansia da prestazione includono il rilassamento fisico,esercizi di respirazione, lo yoga, la terapia ipnotica, e la tecnica Alexander.

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7. Musica e salute

Il tema dei rapporti tra musica e salute è simile a quello dell’ansia daprestazione rispetto a tre elementi. Il primo è l’incidenza (frequenza deicasi): la maggior parte degli allievi e degli esecutori di musica sviluppa-no problemi di salute connessi al suonare (Gasenzer, 2005). In secondoluogo, pochi hanno conoscenze di base riguardo ai sintomi tipici, allecause e ai trattamenti appropriati. In terzo luogo, le prestazioni dagli al-lievi di musica ne risentono regolarmente, perché i loro disturbi di sa-lute non sono trattati o non hanno una strategia adatta per essere pre-venuti o evitati.Gli allievi di musica e i musicisti soffrono spesso di tensione cronica o diuna riduzione di elasticità del muscolo nel bacino, nella parte più bassadella spina dorsale o nella parte posteriore del collo (Erlitz-Lanegger,1997). Questo genere di problemi si presentano quando azioni motoriesimili sono ripetute moltissime volte, mentre il resto del corpo è tenutoin una posizione relativamente inflessibile. Gli esecutori di determinatistrumenti come il violino o il pianoforte hanno disturbi di salute caratte-ristici, poiché le azioni e le posizioni motorie differiscono da uno stru-mento all’altro.I problemi di salute dipendono inoltre dal genere di repertorio eseguito,della personalità del musicista e dell’interazione fra questi elementi. Pertale motivo, è importante che i medici che si specializzano in questo cam-po abbiano un’immagine completa della situazione musicale in cui i di-sturbi si sviluppano (Brandfonbrener & Kjelland, 2002).Vi è molto materiale che potrebbe essere incluso in un corso di musica esalute in un conservatorio di musica. Gli allievi hanno bisogno delleinformazioni di base relative all’anatomia e alla fisiologia e di strategiespecifiche come esercizi che possono eseguire con e senza i loro strumen-ti per prevenire o trattare i problemi. Hanno bisogno di consigli sul ruo-lo dello sport e sulla nutrizione. Devono sapere i trattamenti per i distur-bi specifici che possono interessarli in avvenire o che possono avere biso-gno nell’insegnamento. Per concludere, gli educatori che lavorano con ibambini hanno bisogno di informazioni specifiche inerenti ai disturbi disalute causati dalla musica nei bambini.Coloro che non sono convinti della rilevanza di questi argomenti per lamusica o per i corsi di educazione musicale dovrebbero considerare le im-plicazioni del non fornire queste informazioni. La prevenzione è migliore98

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della cura: i problemi seri possono essere prevenuti in modo relativamen-te facile se uno è informato in anticipo e ha un repertorio di strategie perevitarli. Se si aspetta che il problema diventi cronico, si può compromet-tere l’intera carriera e avere necessità di controlli medici per un lungo pe-riodo. Indipendentemente dal fatto che i costi siano coperti dai singoli odallo stato, il trattamento medico è costoso.

8. Fisica, fisiologia e psicologia dell’esecuzione pianistica

Le famiglie strumentali differiscono considerevolmente nella fisica cosìcome nella fisiologia e nella psicologia dell’esecuzione.Trattare più di unafamiglia di strumenti eccederebbe lo scopo di questo articolo. Di conse-guenza, sarà considerato il pianoforte, lo strumento che conosco meglio.Parncutt e Holming (2000) hanno indicato che gli studenti di pianoforteconoscono molto poco riguardo alla fisica, alla fisiologia e alla psicologiadelle esecuzioni pianistiche – non a causa di una scarsità di interesse, maper una mancanza di presa visione degli argomenti, perché alcune perso-ne non lo ritengono valido o non lo considerano importante. Gli allievidi pianoforte conoscono poco circa i meccanismi e l’acustica del lorostrumento, della fisiologia delle dita, delle mani e delle braccia e delle fun-zioni relative della psicologia di controllo motorio e delle abilità di coor-dinazione ritmica. Gli studenti sono ignari di che cosa può provocare iltimbro di una singola nota del pianoforte o di un intero passaggio di mu-sica e spesso non capiscono che il timbro di una singola nota dipende sol-tanto dalla velocità delle chiavi, dai rumori (corda-martelletto, martellet-to-tasto, tasto- dita) e dai pedali. Gli allievi sono incapaci di descrivere leproprie strategie per la determinazione delle diteggiature e i ruoli contra-stanti dei concetti fisici, anatomici, motori e cognitivi. Per loro non èchiaro che la diteggiatura può dipendere dalla perizia e dall’interpretazio-ne e spesso non realizzano che, se stanno eseguendo una nota di un ac-cordo più forte rispetto alle altre, quella nota suonerà prima rispetto allealtre; né possono spiegare come questo effetto può essere controllato, oquando è importante controllarlo (o incoraggiarlo deliberatamente) (cfr.Goebl, 2001).Tutti questi argomenti hanno un’importanza centrale per i pianisti, poi-ché essi dedicano molte ore alla pratica giornaliera, ed è importante chequesto tempo sia speso efficientemente. Migliorare la conoscenza della fi- 99

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sica, della fisiologia e della psicologia – che può essere acquisita con po-co tempo rispetto a quello necessario per impadronirsi delle abilità piani-stiche avanzate – dovrebbe aiutare i pianisti ad acquisire più rapidamentegli obiettivi tecnici e interpretativi.

9. L’interazione allievo insegnante

I programmi di educazione musicale solitamente includono le unità teo-riche e pratiche dei metodi di istruzione. Mentre nessuno metterebbe indiscussione l’importanza di queste unità, è importante rendersi conto cheil loro contenuto è determinato solitamente dall’esperienza e dall’intui-zione delle persone che insegnano e dagli autori degli articoli e dei libria cui ci si riferisce. Poiché la psicologia della musica e l’educazione mu-sicale tendono ancora a frequentare mondi differenti, tali corsi non si ri-feriscono alla ricerca psicologica empirica in questa area.Un problema ulteriore con tali metodi è che possono ignorare i modi coni quali gli allievi di musica e i bambini musicisti pensano alla loro musi-ca, alle loro esecuzioni e a essi sé stessi.Tali modelli di pensiero possonoavere un’influenza considerevole sulla pratica musicale, determinando adesempio se un bambino ce la fa o si blocca quando il programma diven-ta più difficile – come avviene invariabilmente di tanto in tanto quandouno acquisisce nuove abilità musicali. O’Neill e McPherson (2002) han-no riassunto le ricerche sul rapporto tra i modelli di pensiero e motiva-zione. La motivazione, che è una grande sotto area della psicologia, è im-portante per l’educazione musicale perché può spiegare perchè gli allievidedicano (o non dedicano) un tempo notevole e sostengono lo sforzo ne-cessario per diventare musicisti professionisti.Recentemente Painsi (2004) ha studiato le attribuzioni di successo e difallimento musicali. Un’”attribuzione” è un motivo o una spiegazionesoggettiva. I successi e i fallimenti in questione erano le prestazioni musi-cali di un gruppo di bambini. Le attribuzioni sono state fatte dai docentidei bambini, dai genitori e dai bambini stessi. Painsi ha scoperto che gliinsegnanti sono riluttanti a discutere dei fallimenti e raramente si riten-gono responsabili, e che le donne sono più propense degli uomini ad at-tribuire i fallimenti a fattori incontrollabili. La chiara implicazione di que-sta ricerca è che i docenti hanno la necessità di sviluppare modi efficaciper discutere degli insuccessi dei loro allievi in modo da poter imparare100

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da quanto accaduto e che le ragazze, a causa della loro differente socializ-zazione, hanno solitamente bisogno di più supporto rispetto ai ragazzinello sviluppare modelli di attribuzione razionali e nozioni di auto-effi-cacia.Un corso di questo genere per i docenti di musica in formazione potreb-be includere argomenti come l’addestramento all’attribuzione, l’addestra-mento all’auto-efficacia, la gestione dello stress e le risposte motivaziona-li. Gli allievi avrebbero l’occasione sia di studiare la teoria sia di metterela teoria in pratica rispetto a ciò che è rilevante per la loro pratica esecu-tiva o di insegnamento.

10. Pensiero analitico rispetto a pensiero olistico

I musicisti e i non musicisti pensano in modo differente? L’esperienzaquotidiana suggerisce di sì. Considerando il tempo che i musicisti passa-no ad esprimersi con il suono, ci si potrebbe aspettare che essi eccellanonei modi di pensare consoni con tale attività. Poiché essi passano menotempo a fare altre cose, ci si potrebbe aspettare che fossero meno espertinelle abilità mentali che sono poco attinenti con la pratica e l’esecuzionemusicale.Brandler e Rammsayer (2003) hanno studiato le abilità mentali dei musi-cisti e dei non musicisti chiedendo loro di effettuare dei test psicologicistandard. I musicisti hanno fatto meglio nelle prove verbali di memoria,mentre i non musicisti sono stati migliori nei problemi logici come adesempio il completare una serie di immagini, l’indicare, in un insieme dicinque, le due figure che violano una regola implicita, il completamentodi una tabella e il ragionamento topologico. Nella ricerca non è statochiarito se queste differenze erano innate o apprese e se i partecipanti nonmusicisti stavano studiando psicologia, legge e fisica e stavano esercitandoregolarmente le loro abilità di pensiero logico, ma possono anche averescelto questi corsi sulla base di abilità preesistenti. Gli autori di questo stu-dio hanno considerato le maggiori abilità verbali di memoria dei musici-sti come un indice di uno stile cognitivo globale “che riguarda i rapportisimultanei e le proprietà più globali dei modelli” (p. 132) – compatibilecon la natura olistica e intuitiva dell’udito (l’immaginazione di strutturesonore e dei significati associati).Probabilmente, questi risultati sono validi per la maggior parte degli allie- 101

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vi di musica, compresi quelli di educazione musicale - così come i loroprofessori. In caso affermativo, quali sono le implicazioni per il contenu-to dei programmi di studio di educazione musicale e di musica? Si po-trebbe sostenere che se i musicisti hanno una capacità di pensiero globa-le e intuitivo, i contenuti del programma di studio dovrebbero essere ta-rati su questa abilità. Questo sembra essere lo stato generale delle cose og-gi: raramente gli allievi di musica sono tenuti o incoraggiati a pensare ana-liticamente (almeno rispetto agli studenti tipici dell’università). La diffi-coltà con questo metodo è che i musicisti e gli insegnanti di musica pos-sono avere bisogno della capacità di pensare analiticamente nel loro lavo-ro quotidiano. Se sono negate opportunità formative in questo campo,possono avere sempre delle carenze in questo ambito. Ciò può avere uneffetto negativo sul loro lavoro come musicisti o docenti di musica o sul-la loro flessibilità quando è richiesto loro di cambiare professione o disvolgere generi differenti di lavoro.Il modo migliore per perfezionare le abilità di pensiero analitico e logicodegli allievi di educazione musicale e di musica è di incoraggiarli a svi-luppare quelle abilità in aree che sono di rilevanza diretta per loro, con losviluppo di esercizi astratti. In questo articolo, sono stati forniti diversiesempi in tali aree. Se gli allievi affrontano questi argomenti durante lostudio, si può ragionevolmente prevedere che la loro capacità di pensareanaliticamente e logicamente migliorerà ottenendo simultaneamente dueobiettivi con un metodo.

11. Raccomandazioni

Le implicazioni di queste argomentazioni per il contenuto dei program-mi di studio della musica e dell’educazione musicale sono evidenti. Perquanto possibile, si auspica che il materiale presentato in questo saggio siaincluso in un modo sostanziale nei curricoli. Nello specifico, i program-mi di studi dovrebbero prevedere attività elettive come conferenze, semi-nari, workshop, insegnamento in gruppo nelle seguenti sette aree:• improvvisazione • espressione • pratica • ansia da prestazione • musica e salute102

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• fisica, fisiologia e psicologia dell’esecuzione relativa al proprio stru-mento

• interazione allievo insegnante.Un corso di laurea triennale europeo comprende complessivamente 180crediti ECTS (European Credit Transfer System) in tre anni di studio atempo pieno. Se i corsi elencati precedentemente valessero circa due cre-diti ciascuno, e gli allievi fossero tenuti a seguirne cinque, l’insieme rap-presenterebbe dieci crediti che equivarrebbero al 6% del totale di 180 cre-diti. Questo potrebbe essere un obiettivo realistico. Naturalmente coin-volgerebbe la riduzione di altre discipline più tradizionali, ma in base al-le argomentazioni presentate in questo saggio, ci si potrebbe aspettare unospostamento di enfasi per migliorare l’efficienza generale del corso. Conefficienza si intende il rapporto tra risultati e impegno di base, come de-finito all’inizio di questo articolo.Per ottenere il raggiungimento di questi scopi, è importante definire chia-ramente gli obiettivi di ogni corso. Può non essere molto semplice fare unresoconto della ricerca rilevante e provare ad applicare questi argomentiai bisogni dei diversi allievi nelle esercitazioni pratiche. Ad esempio, gliobiettivi di un corso sulla fisica, sulla fisiologia e sulla psicologia dell’ese-cuzione pianistica potrebbero minimizzare il carico fisico e cognitivo delpianista, per rendere disponibili risorse da dedicare all’espressione e all’in-terpretazione, e sviluppare le abilità tecniche per raggiungere gli obiettivispecifici dell’interpretazione. Una valutazione del corso studierebbe il li-mite nel quale tali obiettivi sono stati realizzati.

12. Politica: Cambiare il sistema

Non è facile introdurre innovazioni di questo genere nei conservatori dimusica con una lunga e forte tradizione di eccellenza musicale, poichéqueste istituzioni tendono ad essere strutturalmente più conservatrici. Èdifficile argomentare a favore del cambiamento di un sistema che sta giàfunzionando bene. Come possono i vostri colleghi essere sicuri che l’in-novazione che state proponendo è probabile che induca un ulteriore mi-glioramento e non metteranno in pericolo l’alto livello già raggiunto? In tali situazioni, è importante focalizzarsi su argomentazioni solide edevitare le opinioni infondate. C’è abbondanza di ricerca negli argomentidescritti in questo documento che potrebbero essere presentati ai colle- 103

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ghi. Un elemento importante che non è stato ancora accennato è la di-pendenza della qualità generale dall’equilibrio tra l’oggetto e l’ampiezza.Un eccellente conservatorio di musica dovrebbe avere specifiche specia-lizzazioni (oggetto), in cui eccelle chiaramente in confronto ad altri con-correnti. Dovrebbe anche contare di una varietà di materiali differenti(ampiezza). Il presente articolo riguarda la diversità: la quasi totalità delleidee presenti in questo saggio non sono presenti nella maggior parte deiprogrammi di musica, se li aggiungessimo aumenteremmo la diversità.Una scuola può anche specializzarsi nelle applicazioni della ricerca scien-tifica nell’esecuzione musicale e considerarla come una specializzazione.Un particolare problema politico che si incontra quando si cerca di intro-durre argomenti di questo genere in un conservatorio di musica è il con-trasto tra due diversi principi democratici: “le regole della maggioranza”e “i diritti della minoranza”. Le decisioni prese dai comitati dirigenzialidei conservatori di musica tendono ad accontentare i desideri degli ese-cutori, perché gli esecutori rappresentano la maggioranza, mentre gli ac-cademici, i teorici e i compositori sono in minoranza. La situazione degliesecutori è rinforzata ulteriormente dalla credenza diffusa che l’abilitàesecutiva è il requisito preliminare più importante per una buona riusci-ta scolastica ad alto livello nella musica. Uno degli obiettivi del presentesaggio è di dimostrare che questo non è necessariamente vero: il buon in-segnamento comporta non soltanto l’esperienza personale ad alto livellocome esecutore, ma anche la conoscenza accademica che può includeremodi abbastanza differenti di pensare.Per tali ragioni, le persone che provano ad introdurre il genere di argo-menti elencati in questo articolo nei conservatori di musica si possonoaspettare una notevole resistenza da parte degli esecutori. Sono necessariestrategie specifiche per vincere questo genere di battaglia politica. Unapossibilità è di coinvolgere gli esecutori nella ricerca o di istruirli in anti-cipo. Un altro metodo è di sviluppare risposte efficaci alle tipiche obie-zioni degli esecutori. Ad esempio, quando un esecutore precisa che nonha mai imparato gli argomenti proposti, né ne ha avuto bisogno per ec-cellere nella propria professione, può essere utile precisare che l’intento èche i nostri allievi siano ancora migliori di noi e che saranno soggetti asfide che noi non abbiamo avuto.In risposta all’obiezione che le idee delle accademie straniere potrebberointerferire con l’istruzione strumentale privata, si potrebbe rispondere cheil materiale imparato in queste classi è generalmente discutibile – lo sco-104

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po non è di indurre negli allievi nuove “verità” ma semplicemente di far-li pensare su questioni di interesse comune. Un punto successivo è cheogni professore di strumento ha la possibilità di comunicare con i colle-ghi delle materie proposte e stabilire un nuovo dialogo su argomenti diimportanza centrale. Ciò può contribuire a portare questo dialogo fuoridella nicchia, organizzando un evento speciale sostenuto sia dai docenti distrumento sia dagli esperti nelle aree degli argomenti proposti.Un ultimo problema è quello del personale. Il personale permanente deiconservatori di musica non è spesso in grado di insegnare argomenti diquesto genere, né è nella posizione di fare domanda per i nuovi posti cheriguardano queste materie. I nuovi posti possono comportare costi note-voli e devono essere sostenuti da argomentazioni forti. Il migliore modoper proseguire sembrerebbe di includere inizialmente i nuovi argomentinel curriculum di studi e farli tenere da docenti a contratto. Una volta di-mostrata la validità dei corsi, si può prevedere di mettere a concorso unacattedra e un posto di ruolo. Può essere necessario accettare candidati cheparlano una lingua come inglese o francese e invitare gli allievi a lavorarein quella lingua. Ciò permetterà alla scuola di contare su insegnanti o pro-fessori di altissimo livello.

13. Interdisciplinarità musicale

Le idee presentate in questo saggio sono state ispirate e dominate dall’i-dea dell’interdisciplinarità musicale. La musica e la musicologia coinvol-gono tre vasti settori: le scienze, gli studi umanistici e la pratica musicale.Ogni disciplina musicale o musicologica, di per sé gravita intorno ad unodi questi tre gruppi principali e tende a escludersi dagli altri: gli esecuto-ri tendono a rimanere all’interno della pratica musicale, gli storici di mu-sica tendono a rimanere all’interno degli studi umanistici e gli psicologidella musica tendono a rimanere all’interno delle scienze.Valicare i con-fini dell’interdisciplinarità può essere rischioso, perché una persona puònon ritenersi sicura delle proprie abilità sull’altro lato della linea di divi-sione.C’è una soluzione facile per questo problema: la collaborazione. Il lavorointerdisciplinare è svolto meglio con colleghi o gruppi di esperti di ma-terie differenti. Nessun membro di un gruppo simile può essere un esper-to in due materie, ma tutti i membri possono essere aperti alle idee degli 105

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altri campi e instaurare un dialogo dettagliato, costruttivo e auto-critico.Tutti i membri dovrebbero essere curiosi delle conoscenze e competen-ze attinenti ad altri campi e rispettosi delle posizioni di ciascuno. I con-servatori di musica che sviluppano con spirito positivo una cooperazionecostruttiva sono, o saranno, in una posizione forte per avvalersi della re-cente ricerca sull’esecuzione musicale.

Ringraziamenti

Questo articolo non sarebbe stato possibile senza le idee creative e il du-ro lavoro dei miei attuali e passati allievi in aree attinenti: CharlotteBaumgartner, Elena Gasenzer,Werner Goebl, Patrick Holming, Karin Jo-st, Johann Lassnig e Margit Painsi. Un ringraziamento anche a Aaron Wil-liamon, con il quale ho presentato un saggio su questo argomento al con-gresso “Performance Matters” (Porto, Portogallo, 2005).

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