quaderni di birdwatching numero 7, 1 - 2012

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Quaderni di birdwatching è la rivista dell'associazione EBN Italia.

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ISLANDAPANTANI DELLA SICILIA

POLLO SULTANOSAXICOLE

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arbagianni (Tyto alba) “parzialmente albino” fotografato nel Ferrarese il 17/10/2011 da Francesco Grazioli. In questo esemplare si nota la mancanza di pigmento scuro in

alcune parti del piumaggio, soprattutto ali, dorso e testa. Al contrario, le piume periferiche del disco facciale, alcune copritrici scapolari e quasi tutte le remiganti sembrano colorate in modo consueto. Questo genere di aberrazione cromatica detta impropriamente albinismo, è un leucismo. Negli Uccelli, esistono due forme di melanina, la feomelanina e l’eumelanina. Un deficit genetico che interessi la distribuzione di questi pigmenti nelle penne determina alterazioni di colorazione del piumaggio, con parti più o meno chiare, come in questo caso, mentre la totale assenza dell’enzima tirosinasi, evento raro, determina un individuo albino, con occhi rossi e parti nude prive di colorazione. I veri albini hanno una ridotta fitness in Na-tura per difficoltà di visione, mentre quelli leucistici presentano una normale sopravvivenza.

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EBN Italia Anno XIV - numero 7, aprile 2012

EDITORIALEIl 2012 ? Un grande anno! . . . . . . . . . . . . . . . . . MeTe del BirdwaTchingIslanda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .I pantani della Sicilia orienale . . . . . . . . . . . . .TassonoMiaLa Pittima reale d’Islanda . . . . . . . . . . . . . . . . .specie a rischioBentornato Sultano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .idenTificazioneIl genere Saxicola in Italia . . . . . . . . . . . . . . . .rariTàUn Falaropo alpino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Labbo coda lunga sul lago di Garda . . . . . .La rarità che non ti aspetti . . . . . . . . . . . . . . . .specieSulle ghiaie del Po . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .segnalazioniItalia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Paleartico e Malta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .il ciclo BwL’amore per la natura su due ruote . . . . . . .foTografiaSu la testa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .associazioneFesta dei nodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Vasche di Maccarese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Occhio alla Bonelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Registrazione al Tribunale di Verona n. 2239/01 R.R. del 14-11-2001 - Iscrizione ROC n. 19290

Direttore responsabileSalvatore Grenci

Direttore editorialeLuciano Ruggieri

Direttore scientificoIgor Festari

Responsabile della fotografiaGianni Conca

RedazioneSilvio Bassi, Paolo Casoli, Andrea Nicoli, Ettore Rigamonti, Michele Viganò,Giorgio Paesani

Progetto grafico, impaginazione e stampaLuigi Corsetti/Edizioni BelvedereVia Adige, 45 - 04100 Latina www.edizionibelvedere.it

Hanno collaborato a questo numeroRoberto Barezzani, Umberto Binari, Franco Borsi, Luca Bracci, Pierandrea Brichetti, Donatella Calvi, Carlo Cappuzzello, Gianluigi Castelli, Giovanni Catalani, Carla Chiappisi, Remo Ciuffardi, Santino Di Carlo, ValerioDi Carlo, Brendan Doe, Guglielmo Dossena, Giuseppe Fiorella, Virginio Fuser, Raymond Galea, Egle Gambino, Francesco Grazioli, Giulio Ielardi, Cristiano Izzo, Roberto Lerco, Roberto Macario, Paolo Marotto, Arnold Meijer, Riccardo Moneta, Simone Moscardini, Niranjan-Sant, Luciana Norfo, Giuseppe Passacantando, Massimo Piacentino, Francesca Scotti, Giacomo Sighele, Maurizio Sighele, Giuseppe Speranza, Emanuele Stival, Karol Tabarellide Fatis, Antonello Turri

LA RIVISTA è DISTRIBUITA AI SOCI DI

@

EBN Italia

®

Via Peyron, 10 - 10143 Torinowww.ebnitalia.it

redazione: ebnitalia@ebnitalia.it

In copertina: Pulcinella di mare(fratercula arctica)Foto di Gianni Conca

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Editoriale

QB il 2012 ? Un grande anno !

Il calendario Maya non c’entra. Per rendere il 2012 un grande anno di bir-dwatching abbiamo lavorato sodo, pianificando tutti gli eventi in modo che si inte-grino al meglio tra loro. Innanzitutto parliamo del film “The Big Year”, che verrà distribuito nelle sale ita-liane a partire da giugno con il titolo “Un anno da leoni”, una commedia americana con attori di assoluto rilievo che parla di birdwatching e della sua esasperazione: la gara annuale. è il primo film che descrive esplicitamente le caratteristiche del birder del XXI secolo, quello che legge le notizie sul pager o sulle mailing list direttamen-te sul proprio Smartphone, che deve documentare le rarità che vede in digitale, che percorre migliaia di chilometri per quella determinata specie, che fa di tutto questo una competizione e una collezione. The Big Year è uno specchio del birdwatching esasperato, un pò schizzato e paranoico, ma anche divertente ed entusiasmante, che è entrato nelle case delle nostre famiglie, in questi anni di EBN Italia. Ma se il Big Year può scimmiottare comportamenti estremi che in Italia non sono all’ordine del giorno, il nostro 2012 sarà davvero un anno da leoni teso a amplia-re le conoscenze sull’avifauna italiana. Un Big Year focalizzato a raccogliere dati per l’atlante italiano su Ornitho. Noi birders facciamo anche gare sì, ma per uno scopo ben preciso: quello di ottenere informazioni sulla distribuzione dell’avifauna italiana, ormai ferma all’ultimo atlante datato 1993. La gara “The Big Year - 12 mesi di asso-luto birdwatching” ha ovviamente dei premi in natura, dei soggiorni in luoghi ameni e ricchi di uccelli. Ma non basta! Il 2012 è anche l’anno della Fiera del birdwatching e dell’attesis-simo lancio della traduzione italiana dello Svensson, che tutti chiamano in gergo “la Collins”. Abbiamo invitato l’autore a partecipare a uno stage con noi in Fiera a Co-macchio! Infine, dopo la pubblicazione di una nuova guida identificativa per il neofita do-po 10 anni dalla precedente, EBN Italia pubblicherà “Birdwatching Italy”, la guida ai 260 più importanti siti di birdwatching in Italia, segnalati direttamente dai suoi soci!Ve l’avevo detto che il 2012 sarà per il birdwatching un anno speciale.

Appuntamenti 27-29 aprile Fiera del birdwatching a Comacchio. Invitato speciale è Lars Svensson. Leggi il programma della Fiera!1 maggio Big Day - la 24 ore del birdwatching 1-3 giugno Meeting nazionale EBN Italia - Bosco del Cansiglio. Specie target: Pernice bianca, Gallo forcello, Re di quaglie, Picchio cenerino. Organizzatore Giuseppe Tormen29 giugno Nelle sale cinematografiche “The Big Year” (Un anno da leoni)

ISLANDAl’artico più spettacolaredi Roberto Macario

■ Il Vatnajokull è una delle numerose cappe glaciali visibili durante il tour dell’Islanda; tutto il centro dell’isola, infatti, è ricoperto da ghiac­ciai e nevai perenni (foto Gianni Conca).

L’Islanda non è altro che un enorme scoglio nel mezzo dell’O­ceano Atlantico, ai limiti del Paleartico occidentale, battuto da forti venti e flagellato da pioggia e neve per buona parte dell’an­no: allora cosa ci si va a fare? Ma birdwatching, naturalmente!

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fi canti) e Tordo sassello (Turdus ilia-cus), Tra gli uccelli marini vanno citati: Ful maro (Fulmarus glacialis), Gabbia­no glauco (Larus hyperboreus), e Gab­biano tridattilo (Rissa tridactyla). Ster­na codalunga (Sterna paradisaea), Ster­corario maggiore (Stercorarius skua), Gaz za marina (Alca torda), Uria (Uria aalge), Uria di Brünnich (U. lomvia), Uria nera (Cepphus grylle), Pulcinella di mare (Fratercula arctica). Un’isola che è un vero paradiso per il birdwatcher, anzi un’isola di uccel­li. Infatti sono proprio gli uccelli, tra i vertebrati superiori, a dominare l’Islan­da, in quanto sono presenti pochissime specie di mammiferi terrestri (soprattut­to renne, introdotte dall’uomo, volpi ar­tiche e roditori) e i predatori naturali so­no presenti in numero ridotto (in alcu ne aree è stato introdotto il visone ameri­cano, che causa enormi perdite alle co­vate). Queste caratteristiche, associate a una bassa densità di popolazione, con­

Islanda non ospita nessun en­demismo particolare, ma vi si può osservare un vasto as­

sortimento di specie nordiche molto in­teressanti per un birder italiano. Le spe­cie imperdibili sono Girfalco (Falco ru-sticolus), Moretta arlecchino (Histrioni-cus histrionicus) e Quattrocchi d’Islan­da (Bucephala islandica). Le ultime due sono presenti in Islanda come unica sta­zione nel Paleartico occidentale, mentre il Girfalco è più facile da vedere qui che in altri luoghi del Grande Nord. L’interesse del birder italiano è spes­so focalizzato nei confronti delle specie artiche e degli uccelli marini coloniali. In particolare, tra le prime, si possono osservare: Oca zamperosee (Anser bra-chyrhynchus), Strolaga maggiore (Ga-via immer), Strolaga minore (G. stella-ta), Svasso cornuto (Podiceps auritus), Pio vanello violetto (Calidris maritima), Fa laropo beccosottile (P. lobatus) e il Fa laropo beccolargo (Phalaropus fuli-carius) (presente con poche coppie nidi­

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Làtrabjarg L’estrema punta occidentale europea a 350 km dalla Groenlandia è caratterizzata da una sco­gliera lunga 14 km con un’altezza massima di 450 m. Ospita una delle colonie di uccelli marini più impressionanti del Paleartico Occidentale! Il birder deve venire qui non solo per lo spettaco­lo costituito da milioni di uccelli ma anche per

osservare: Uria di Brünnich, Uria, anche forma dalle redini, Gazza marina, Gabbiano tridattilo, Fulmaro e il Pulcinella di mare. Làtrabjarg, infat­ti, viene considerata il sito dove è più facile foto­grafare quest’ultima specie. A luglio, nella stessa area, possono essere osservati maschi di Moretta arlecchino ancora in abito e l’A quila di mare.

■ Le scogliere del promontorio di Latrabjarg impressionano non tanto per le dimensioni, in una paese ricco di coste rocciose come l’Islanda, quanto per il numero di uccelli marini che vi nidificano, il che è intuibile dalla tinta biancastra che la roccia assume a causa delle loro deiezioni (foto Gianni Conca).

■ Famoso è il caso dell’inversione termica che interessa le coste islandesi: a causa del circuito intrapreso della calda corrente del Golfo, infatti, il clima della costa settentrionale risulta mediamente più mite rispetto a quello della costa meridionale, dov’è stata scattata questa fotografia. ■ Uria di Brunnich (Uria lomvia). Uno dei pochi siti di nidificazione regolare dell’Europa del nord è proprio l’Islanda, dove questa specie, oltretutto, è molto numerosa e facile da vedere.

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dei quali 1.500 di sterrati) con due lun­ghe tratte in nave. Abbiamo effettuato una breve pausa in Germania, sul Wad­densee, e una sosta di tre giorni e mez­zo alle isole FaerØer. Queste tappe di avvicinamento, col senno di poi, ci so­no state utili come preparazione all’im­patto con i paesaggi estremi dell’artico. L’Islanda non è enorme (è lunga circa 450 km e larga 250), e ha un’unica stra­da principale che ne percorre il periplo: la Ring Road 1. In alcuni tratti è ancora sterrata, però è l’unica opportunità per poter godere delle maggiori attrattive naturalistiche del Paese. Per semplicità esaminiamo ora le aree maggiormente interessanti per il birder. Va comunque sottolineato che ci sono angoli sperduti fuori da questo anello immaginario che valgono una vi­sita. Soprattutto occorre comprendere che qui gli uccelli sono dovunque e che un incontro emozionante, addirittura in­dimenticabile, è sempre dietro l’ango­lo: Girfalchi e Pernici bianche (Lagopus mutus) si possono trovare anche all’ae­roporto, appena atterrati. Immaginatevi il resto!

tribuiscono a creare un’area di quasi centomila chilometri quadrati che, sotto diversi aspetti, è uno degli ultimi lem­bi di wilderness dell’Europa moderna. Basti pensare che nel 69% del territorio è assente la vegetazione, anche perché l’11% è occupato da ghiacciai e il 10% da campi di lava. Chi si aspetta una enorme biodiver­sità, intesa come numero di specie, ri­marrà forse deluso (meno di un centina­io di specie nidificanti), perché la vera “forza” dell’isola è la biomassa alata: milioni di uccelli marini ne popolano le coste (per il Pulcinella di mare si sti­mano da 2 a 3 milioni di coppie e per il Fulmaro da 1 a 2 milioni). Il territorio interno è quasi tutto occupato da deser­to lavico e tundra artica, con scarsa vita animale. Un discorso a parte va fatto per la fauna marina: tra pesci e mammiferi ma­rini non si riesce nemmeno a immagina­re la ricchezza di vita presente lungo le coste e sui fondali oceanici. Il viaggio, effettuato in auto con par­tenza da Torino, è durato 22 giorni, per un totale di 7.500 km (4.000 in Islanda

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essere da anni il luogo dove estiva un maschio di Edredone di Steller (Soma-teria spectabilis) che vive in compagnia delle Morette arlecchino. Malgrado le indicazioni precise (anche sui pieghevo­li turistici) e la presenza di un capanno posizionato di fronte al porto, non lo ve­

Borgafjordur è un piccolo e grazio­sissimo centro abitato tra i fiordi orien­tali, una delle aree meno frequentate dai turisti che si concentrano a sud e a ovest della nazione. È noto ai birdwatchers per

■ Moretta arlecchino (Histrionicus histrionicus), coppia di adulti. Altra specialità islandese nidificante anche nel Canada artico; si tratta di un’anatra tuffatrice che vive quasi esclusivamente lungo i torrenti graciali e nei laghi ad essi collegati, ma che durante l’inverno preferisce le coste marine rocciose, dove si imbranca spesso con altri anatidi (ad esempio, con gli edredoni). ■ Pernice bianca(Lagopus mutus),maschio adulto. La sottospecie endemica islandorum è caratterizzata da una colorazione del piumaggio estivo piuttosto fredda e grigiastra, che ben si adatta al substrato lavico dell’isola.

■ Fulmaro (Fulmarus glacialis). Pur

nidificando spesso in compagnia di alcidi

e gabbiani coloniali, questa specie

appartiene all’ordine dei Procellariformi,

risultando quindi strettamente

imparentato con berte ed albatross, come si

deduce anche dalla peculiare struttura del

becco.

Fiordi dell’est

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che si attraversa avvicinandosi al lago vi sono specchi d’acqua e paesaggi vulca­nici con colate che risalgono a migliaia di anni fa che si alternano ad altre più recenti. Gli uccelli non sono numero­si e, all’incrocio tra la Ring Road 1 e la Road 901, osserviamo diversi esempla­ri di Oche zamperosee, già a coppie o in gruppetti di 6­8 esemplari; abbastanza confidenti, al contrario di quanto mi im­maginavo. Arriviamo così nella regione del Myvatn,caratterizzata da crateri, fu­marole, laghetti vulcanici e dall’omoni­mo lago, il cui nome islandese significa “lago dei moscerini”. Vista la grande quantità di insetti presenti, per poter gi­rare con relativa tranquillità sulle spon­de del lago, si rivelano essenziali le re­tine che ci siamo portati dall’Italia (che comunque sono in vendita nei supermer­cati locali). Giunti in prossimità del Parco Nazio­nale ci si apre una visione paradisiaca: centinaia di anatidi di specie differenti (ne nidificano ben 13) che si alimenta­no e volano dovunque: Cigno sel vatico (Cygnus cygnus), Canapiglia (A nas stre-pera), Fischione (A. penelope), Codone (A. acuta), Germano reale (A. platyrhyn-chos), Alzavola (A. crecca), ma soprat­tutto Quattrocchi d’Islanda, Moretta gri­gia (Aythya marila), Moretta (A. fuligu-la), Oca selvatica (A. anser), Smergo mi­nore (Mergus serrator) e maggiore (M. merganser), Orchetto ma rino (Melanitta nigra) e Moretta codona (Clangula hye-malis).

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guardando nel prato di fronte, scorgo al­cuni Pivieri dorati (Pluvialis apricaria) e Beccacce di mare (Haematopus ostra-legus). Tutto questo in meno di un mi­nuto fuori dall’auto.

La tappa successiva è uno dei pezzi forti del viaggio. Nell’ambiente desolato

diamo; in compenso facciamo la cono­scenza con le Morette arlecchino. L’e­stuario del fiume che sfocia nella baia di Heradsfloj è impressionante. Mi accosto a uno stagno apparentemente privo di vita causando così l’involo di un Bec­caccino (Gallinago gallinago) mentre poco più in là partono tre Sterne coda­lunga che iniziano a mobbarmi. A po­chi metri sento il verso di allarme di un Chiurlo piccolo (Numenius phaeopus) e,

■ Strolaga maggiore (Gavia immer). Visto

che gli esemplari nidificanti in Islanda

sono molti meno di quelli regolarmente

svernanti lungo le coste atlantiche

dell’Europa occidentale, si ipotizza

che molti di questi ultimi originino da

più a ovest, ossia dalla Groenlandia e dal

Canada artico.

■ Strolaga minore (Gavia stellata).

Specie comune in tutta la fascia artica, sia in Eurasia che in

Nord America. Come tutte le strolaghe, pur frequentando il mare

durante la migrazione e l’inverno, questa specie nidifica sui laghi della tundra

e nelle paludi dell’interno.

Lago Myvatn

■ In alto. Svasso cornuto (Podiceps auritus), adulto con pulcini. Si tratta dell’unica specie di svasso che nidifica in Islanda, la quale, di

conseguenza, costituisce uno dei migliori siti per osservarla in abito riproduttivo in tutto il

Paleartico occidentale.■ Al centro. Oca zampe rosee (Anser brachyrhynchus), adulto con pulcino.

Nel Paleartico occidentale, oltre che alle Svalbard, questa specie di oca artica nidifica

solo in Islanda, dove risulta piuttosto comune e facile da osservare ovunque si

trovi l’ambiente adatto.■ In basso. Cigno selvatico (Cygnus

cygnus), adulto con pulcino. Molte delle specie nidificanti in Islanda sono comuni anche altrove, ovunque vi siano ambienti a loro adatti, come in Scandinavia, Paesi

Baltici e Scozia nel caso del Cigno selvatico.

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Si riparte, in direzione nord, verso la cascata di Godafoss e poi Husavik, ca­pitale europea del whale watching. Pro­seguiamo quindi, in direzione est, verso Nupskatia e la penisola di Melrakkaslet­ta. Nonostante decine di chilometri at­traverso aree rurali, lande selvagge as­solutamente incolte e abitate da miglia­ia di uccelli, non riusciamo ancora ad abituarci alla bellezza dei luoghi e ogni scorcio ci sorprende. Ruscelli con un’e­suberanza che solo i ghiacciai che fon­dono in primavera possono donare, du­ne costituite da ghiaia lavica, estuari im­mensi e rari boschetti di betulle. Pernici bianche, Labbi (S. parasiticus), Strola­ghe minori e Corrieri grossi (Charadri-us hiaticula) sono gli attori che animano un palcoscenico che muta ad ogni passo. Ci stiamo dirigendo verso Raudinupur e dobbiamo deviare dalla Road 85 su una sterrata abbastanza malconcia. La cosa non ci impensierisce, anche perché scor­go su una montagnola una sagoma or­mai familiare: un Girifalco. Sarà il terzo

predatore in attesa: il Girfalco! È suf­ficiente che l’auto si accosti a 300 m di distanza per farlo involare e seminare il panico tra gli uccelli presenti. Successi­vamente, nella zona di Kalfastrond tro­viamo una baia dove nuotano 200 e più Quattrocchi d’Islanda. Si tratta di ango­li incontaminati senza presenza umana. Proveremo più tardi anche l’esperienza del bagno all’aperto in splendide terme naturali (come quelle di Jardbodin). Fi­niamo la giornata di fronte a una coppia di Strolaghe maggiori nidificanti in un sito storico (secondo i rangers del Parco da me interpellati) a poche centinaia di metri da dove dormiamo. Da non perde­re l’arrampicata sul vulcano Vindbeljar fjall. Dalla sua cima si domina tutta l’a­rea e accanto a noi, su un “omino di roc­cia” trovo una grossa borra di Girfalco costituita da penne e piume di uccelli. Di ritorno dal vulcano, ancora esta­siati dai paesaggi visti da lassù, visitia­mo il museo ornitologico creato in me­moria di Sigurgeir Stefansson, un gio­vane collezionista di uova e di uccelli impagliati, mancato nel 1999.

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■ Quatrocchi d’Islanda (Bucephala islandica). L’unico sito di nidificazione di questa bella anatra tuffatrice nel Paleartico occidentale è, come dice il nome, l’Islanda; altrove, è piuttosto comune e ben diffusa nel Nord America artico.

mattina successiva osserviamo Pispole (Anthus pratensis), Organetti (Cardue-lis flammea) e Ballerine bianche (Mota-cilla alba). Poco dopo, su una collinetta appare una sagoma chiara possente, da

Alle ore 23.30, dopo il giro del lago, l’ultima immagine è una coppia di Mo­rette insieme ad un Quattrocchi d’Islan­da che brucano (come pecore) l’erba nel prato antistante il Bed & Breakfast. La

Myvatn Il famoso lago è una meta imprescindibile. Sono presenti migliaia di anatre, principalmen­te Fischioni; il luogo è famoso per il Quattroc­chi d’Islanda e per la Moretta arlecchino. L’area circostante il ponte sul torrente Laxa è il sito più favorevole per l’osservazione di quest’ultima.

Dopo il periodo riproduttivo (fine giugno) è più difficoltoso contattare i maschi, che si disperdono per l’intera isola. A Myvatn sono presenti anche: Falaropo beccosottile, Strolaga maggiore, Svas­so cornuto, Moretta grigia, Orchetto marino e, nei dintorni, il Girfalco.

■ Falaropo beccosottile

(Phalaropus lobatus), maschio adulto. Uno

dei pochissimi casi di inversione dei sessi tra gli uccelli: le femmine

di questa specie, infatti, si riproducono

con molti maschi (riconoscibili per la livrea più smorta), i

quali poi covano e si curano di uova e

pulcini.

Merlakkasletta

■ Myvatn è un complesso di

laghi di grandi dimensioni, famoso

tra i birdwatchers per l’enorme

numero di Anatidi che vi nidificano,

tra i quali anche Quatrocchi

d’Islanda e Moretta arlecchino (foto Gianni Conca).

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circa 20 km, ci porta sul Porskafjordur.Si fa il pieno a Flokalundur, poco lon­tano, e arriviamo alla splendida casca­ta di Dynjandi (sulla Road 60). Im­bocchiamo poi la Road 63, raggiungia­mo Patreksfjordur e, dopo 35 km, sia­mo all’Hotel Latrabjarg, omonimo del­le scogliere più famose d’Islanda. Qui nidificano un milione di Pulcinella di mare, oltre a tutti gli alcidi. Definire gli incontri “ravvicinati” è riduttivo, visto che solo pochi passi ci separano dai Pul­cinella o dai Fulmari. Il primo forte im­patto è causato dagli odori: tra deiezioni, cadaveri di pulli, rigurgiti a base di pe­sce predato il fetore è intenso anche se fa molto freddo e tira un forte vento; ma il resto è tutto quello che ci si attende da una colonia di alcidi. Ci spostiamo nel villaggio di Brjàn­laekur, dove prendiamo il traghetto per l’isola di Flatey. Se si vuole avere una concreta possibilità di vedere il Falaro­po beccolargo in Europa questo è il po­sto giusto in quanto in Islanda la specie è estremamente localizzata e i siti di ni­dificazione sono tenuti segreti, tranne questo. L’area di nidificazione è protetta da una recinzione oltre la quale è vie­tato proseguire, in compenso l’area da esplorare è poco estesa e le probabilità di vedere questi uccelli sono alte. Inutile

troppo in mezzo a tutta questa vita sel­vaggia) e giungiamo a una fattoria in cui risiedono dei ricercatori. Qui, tramite un sito di birdwatching islandese, veniamo a conoscenza dell’avvistamento di una femmina di Re degli edredoni (Soma-teria spectabilis). Peccato che ci siano 2.000 o 3.000 Edredoni (S. mollissima) sulla spiaggia. Sulla falesia lì vicino c’è una delle colonie di Sule (Morus bassa-nus) più a nord del Paleartico occidenta­le. Mi affaccio sul Mar Glaciale Artico che in questo momento ha una tempe­ratura di 4°C (fuori ce ne sono 8); pio­viggina, sono le 20 di sera e mi sento al confine del mondo. Davanti a me, a 300 km di distanza, c’è la Groenlandia, con gli orsi polari e tutto il resto.

Siamo nella regione dei “fiordi occi­dentali”, il Far West dell’Islanda. In un giorno percorriamo 370 km, di cui 300 di sterrati, incrociando un paio di viag­giatori e 5 auto locali. La temperatura è di 8°C e persiste una pioggia non fasti­diosa. Da Holmavik continuiamo sulla Ro­ad 61, in direzione ovest fino a uno ster­rato che parte sulla sinistra e che, dopo

si potrà scendere dall’auto a causa del disturbo che si potrebbe arrecare all’a­vifauna nidificante (Sterna codalunga, Piovanello pancianera (Calidris alpi-na), Pettegola (Tringa totanus) e Cor­riere grosso). Ancora qualche centinaio di metri a passo d’uomo (ci sentiamo di

esemplare di questa specie che vedremo e, tenendo conto che tra adulti, giovani e immaturi si stima ci siano un migliaio di animali in tutta la nazione, direi che siamo stati molto fortunati. Arriviamo di fronte a un cancello e a un cartello che avverte che, oltre questo limite, non

16 17

■ Zigolo delle nevi (Plectrophenax

nivalis), maschio adulto. Il passeriforme

che nidifica più a nord, uno dei pochi

uccelli canori in gradi di nidificare nella tundra artica

e l’animale più numeroso in alcune

zone apparentemente nude e desolate

dell’Islanda interna.

Jökulsárlón La spettacolare laguna glaciale di Jökulsárlón è una meta obbligata per tutti i turisti sia per lo spettacolo costituito dagli iceberg che per la pre­senza di avifauna Nell’area circostante la laguna

nidificano Stercorario maggiore e Labbo. Si pos­sono inoltre osservare: Oca facciabianca (Branta leucopsis) e Zigolo delle nevi. Nei laghi vicini nidificano Strolaga minore e Cigno selvatico.

■ Piviere dorato (Pluvialis apricaria). Le popolazioni nordiche, un tempo considerate una sottospecie a sé stante (altifrons), devono competere per il territorio con altre specie di limicoli nidificanti; più al sud, invece, dove queste sono scarse e o assenti, il Piviere dorato è il limicolo dominante.

Fiordi occidentali, Latrabjarg e Isola di Flatey

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■ Jokulsarlon, Islanda. Torrenti,

fiumi e foci d’origine glaciale,

dove l’acqua scorre turbolenta tra le

rocce, sono l’habitat d’eccellenza

della rara Moretta arlecchino, che si

tuffa tra i gelidi flutti per cercare il cibo tra i sassi del

fondale, soprattutto vermi, molluschi

d’acqua dolce e larve d’insetti (foto

Gianni Conca).

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descrivere la ricchezza di vita alata pre­sente sull’isola, Falaropo beccolargo a parte.

Se si esclude la capitale, dove ci sono comunque itinerari cittadini per i birders, nel raggio di qualche decina di chilometri si possono visitare aree inte­

ressanti. Ad esempio il Parco Nazionale di Thingvellir sede del primo parlamen­to islandese, ma anche la punta estrema di Gardur (vicino all’aereoporto) per cercare Uccelli delle tempeste e Ber­te minori atlantiche (Puffinus puffinus). Vedremo solo queste ultime, assieme a qualche Sula, tra i flutti di un mare che sembra proprio indomito. Al largo del­la penisola di Reykjanes c’è l’isoletta di Eldey, famosa per esser stata l’ultima

colonia nota di Alca impenne (Pingui-nus impennis) al mondo.

A parte l’arcipelago delle isole Vest­mannaeyjar, che sono famose soprattut­to per i Pulcinella di mare, le attrattive sono legate ai ghiacciai e alle lagune nelle quali si muovono enormi iceberg.

Il Parco Nazionale di Skaftafell offre in­teressanti possibilità per i trekkers, ma anche per gli appassionati di uccelli. Questi ultimi possono dedicare qualche ora alla visita delle grandi lingue di sab­bia che partono a sud della Road 1 e che si gettano in mare; localmente queste aree si definiscono “Sandur”. In partico­lare la Skeidararsandur è l’area a più al­ta densità di labbi e stercorari nidificanti d’Europa.

Le specie più difficili

La Gazza marina minore (Alle alle) non nidi­fica più da decenni in Islanda e si può vedere solo nei mesi invernali, quando è meno probabile che un italiano visiti questo Paese. Il Gufo delle nevi (Nyctea scandiaca) è un nidificante occasionale (ultimo caso nel 1998) ma è presente con singo­li individui durante tutto l’anno. Il Gabbiano d’I­slanda (L. glaucoides), a dispetto del nome, non nidifica sull’isola ed è svernante regolare (alcuni esemplare, soprattutto giovani estivano nei porti di Sandgerði, Blönduós, Hofn e Húsavík). L’Uc­cello delle tempeste codaforcuta (Oceanodroma leucorhoa) ha le più grandi colonie europee pro­prio in Islanda (oltre 80.000 coppie nel solo arci­pelago delle Vestmannaeyjar), ma è estremamen­te difficile da vedere come il congenere Uccello

delle tempeste (Hydrobates pelagicus), che però si avvicina di più alle coste e può essere avvistato dal faro di Garður. Le coste occidentali dell’Islanda fungono da stop­over per gli uccelli nordamericani che si av­venturano, più o meno regolarmente, in Europa. Tra le specie più frequenti: Alzavola americana (A. carolinensis), Fischione americano (A. ameri-cana), Anatra nera americana (A. rubripes), Ga­vina americana (L. delawarensis) e Totano zam­pegialle minore (T. flavipes). Tra gli accidenta­li più interessanti, inoltre, troviamo Tarabusino americano (Ixobrychus exilis), Gabbiano di Ross (Rhodostethia rosea), Tordo di Pallas (Catharus guttatus), Dendroica delle palme (Setophaga pal-marum).

■ Gabbiano glauco (Larus hyperboreus). A dispetto del nome,

il Gabbiano d’Islanda (Larus glaucoides)

non nidifica sull’isola, dove viene sostituito

da questa specie, assai più diffusa ed adattabile dal

punto di vista dell’alimentazione.

■ Gabbiano d’Islanda (Larus glaucoides).

A dispetto del nome, questa specie bella ed aggraziata non nidifica sull’isola,

prediligendo invece la Groenlandia

e la Siberia sud­occidentale, ma vi

sverna regolarmente; un certo numero

di esemplari, però, soprattutto

immaturi ma anche qualche adulto, vi si trattengono fino alla

tarda primavera.

■ Sterna coda lunga (Sterna paradisaea). Sembra incredibile che un uccello così piccolo ed aggraziato possa compiere la migrazione più lunga tra gli uccelli: dalle isole artiche, dove nidifica, ai quartieri di svernamento sub­antartici, e ritorno, per un totale di 70.000 km all’anno!

Costa meridionaleRejkiavik e dintorni

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Quando? Indubbiamente tra giugno e luglio si hanno le maggiori soddisfazioni per un naturalista: tantissime ore di luce, temperature attorno ai 15°C di giorno e i nidi­ficanti a portata di mano. Ci sono però anche molti turisti e gli insetti possono risultare fastidiosi. La fine dell’estate e la primavera sono molto produttive grazie ai migratori americani che in questo periodo compaiono soprattutto sulle coste occidentali.

Per raggiungere l’Islanda (sito da cui iniziare l’esplo­razione: http://www.iceland.is/) si possono scegliere due mezzi: l’aereo o il traghetto. Se per il primo possiamo op­tare tra differenti compagnie, per il secondo c’è solo una nave che parte dalla Danimarca, la Norrona della Smyril line. Conviene poi affittare un’autovettura in loco, ma è fondamentale fin dall’inizio sapere cosa si vuole vedere e quanto si è disposti ad allontanarsi dalla Ring Road: molti sterrati sono sconsigliati ai veicoli non 4x4 e alcuni guadi verso l’interno risultano impegnativi anche per un fuori­strada, soprattutto in giugno/luglio quando si sciolgono i ghiacciai.

In Islanda è vietato importare attrezzature per la pesca non decontaminate in precedenza: alla dogana, specie se si arriva in auto col traghetto, possono essere severissimi. Alla partenza dal Paese è vietato portare con sé ani­mali o piante o parti di essi. Il clima può cambiare spesso nell’arco della giornata ed è bene essere preparati. I distributori di benzina non sono frequenti ed è con­sigliabile fare il pieno appena se ne ha la possibilità. È necessario ricordare che se si viaggia con un’utili­taria l’assicurazione non copre eventuali danni provocati sulle strade sterrate. Essenziali risultano le carte di credito, soprattutto nei distributori di benzina dove il contante non è accettato. Il birdwatching è conosciuto e incentivato dall’ente del turismo. Uno dei siti migliori, ricco di consigli utili e aggiornato in tempo reale, è (http://notendur.hi.is/yannk/indexeng.html). La fotografia naturalistica è regolamentata se diret­ta alle specie rare, come ad es. Girfalco, Aquila di mare (Haliaeetus albicilla) e Falaropo beccolargo, e serve un permesso da richiedere in anticipo al Ministero dell’Am­biente.

Per chi non avesse ancora visto una cascata islandese possiamo ricordare Svartifoss e Skogafoss, con gli imman­cabili Fulmari che nidificano sulle pa­reti prospicienti il salto d’acqua. Infi­ne, sempre in zona, c’è il promontorio di Dyrhòlaey con il suo gigantesco ar­co di lava sul mare che ci costringe a

più di un’ora di contemplazione, sem­pre accompagnati dai versi degli uccel­li marini che si riproducono su queste scogliere. Procedendo verso est si incro­cia prima Fjallsjokull e poi la grandio­sa Jökulsárlón, due lagune glaciali che sfociano in mare. Qui si assiste al lento passaggio di iceberg staccatisi dai ghiac­

ciai. Di tanto in tanto una Foca grigia (Halichoerus grypus), un Edredone o una Sterna codalunga fanno la loro com­parsa. Il 23 giugno 2010 c’erano tra i 5 e i 7°C, il cielo era plumbeo e nel piazza­le dei turisti c’era uno Zigolo delle nevi

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Logistica

Periodo Notizie utili

■ Piovanello violetto (Calidris maritima),

adulto in estate. Visitare l’Islanda

durante la bella stagione significa

anche poter osservare la vivace livrea

riproduttiva di molte specie d’origine

nordica, delle quali, noi abitanti del Mediterraneo, conosciamo solo lo smorto e poco

appariscente abito invernale.

■ Tordo sassello (Turdus iliacus). La

sottospecie endemica coburni, caratterizzata

dal piumaggio più pesantemente striato e chiazzato di scuro,

nidifica in Islanda e sverna più a sud,

nelle Isole Britanniche e lungo le coste

atlantiche dell’Europa nord­occidentale.

(Plectophenax nivalis) in canto. Prima di ritornare in Italia vale la pena fare un giro nel porto di Hofn: spesso è qui che si osservano (complici i molti pesche­recci) rarità atlantiche. A noi è toccato un Gabbiano di Sabine (Xema sabini).

■ La cascata di Svartifoss è un vero spettacolo dellanatura e, come tale, una delle principali attrazioni turistiche dell’Islanda.

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onservazioneBirdwatching e

I Pantani della Sicilia sud-orientaledi Egle Gambino e Carlo Cappuzzello

c■ La vista dello stagno di Longarini che si staglia sullo sfondo della campagna ondulata circostante ne fa, oltre che un gioiello dal punto di vista am-bientale, anche un piacevole soggetto per i foto-grafi paesaggisti più esigenti (foto Egle Gambino).

24 25

re i piccoli. Ma proprio quando la sta-gione riproduttiva è ormai agli sgoccio-li, mentre i pulcini più tardivi di Folaga (Fulica atra) si aggirano ancora in com-pagnia dei genitori, comincia ad andare in scena la parte migliore dello spetta-colo ornitologico offerto dai Pantani: la migrazione post-riproduttiva. All’incir-ca dalla metà di luglio cominciano ad arrivare i primi contingenti di Piro piro culbianco (Tringa ochropus) e bosche-reccio (T. glareola), ma sono solo le pri-me avvisaglie di quello che di lì a metà novembre sarà un continuo susseguirsi di specie diverse con centinaia, miglia-ia di individui. Stavolta, diversamente da quanto accade durante la migrazio-ne primaverile, il viaggio è più rilassato, l’esigenza di fare rifornimento più forte e quindi la sosta è più lunga. Ancora una volta, i limicoli la fanno da padroni; nel periodo da fine luglio a metà novembre è possibile osservare praticamente tut-te le specie, anche quelle meno regolari nel resto d’Italia. A migliaia si alterna-no: piovanelli e gambecchi (genere Ca­lidris), piro piro, corrieri (genere Cha­radrius), varie specie del genere Tringa, Avocette (Recurvirostra avosetta), ecc.;

Nonostante un quadro non proprio esaltante, questi luoghi si rivelano sem-pre magici per il birdwatcher, offrendo giornate di splendide osservazioni e fre-quenti avvistamenti di rarità. Le stagio-ni si alternano, ma le acque dei Pantani sono sempre popolate dalla presenza dei nostri amici alati. Alla fine di gennaio, dopo la chiusu-ra della stagione venatoria, cominciano lentamente a ripopolarsi, offrendo riparo e nutrimento a migliaia di uccelli appar-tenenti a numerosissime specie durante la fugace migrazione primaverile: limi-coli e ardeidi di ogni specie, Mignattai (Plegadis falcinellus), Spatole (Plata­laea leucorodia), cicogne, mignattini, Cutrettole (Motacilla flava subsp.), ecc.. Al progredire della stagione, è possi-bile osservare le famigliole di Morette tabaccate (Aythya nyroca), specie pre-sente tutto l’anno e nidificante con oltre 30 coppie nel 2010, e con un po’ di pa-zienza la ben più rara ed elusiva Anatra marmorizzata (Marmaronetta angusti­rostris). Il tutto immersi nel vociare dei Cavalieri d’Italia (Himantopus himanto­pus) o tra un volo e l’altro di Tarabusini (Ixobrychus minutus) indaffarati a nutri-

mo posto si trova attualmente l’attività venatoria. Nonostante l’area fosse stata inclusa già dal lontano 1991 nell’elenco delle ri-serve da istituire, si attende ancora l’ulti-mo passaggio formale, ovvero il decreto istitutivo della Riserva Naturale Orien-tata. La mancanza di tutela, combinata al disinteresse delle istituzioni e degli organi preposti alla vigilanza in materia ambientale e venatoria, ha favorito negli anni il proliferare di discariche abusive e di fenomeni di bracconaggio. Da circa tre anni nei taccuini dei bir-ders siciliani non figura più solo il det-tagliato elenco delle specie avvistate e degli individui conteggiati durante le escursioni, ma anche quello delle riunio-ni e degli appuntamenti per cercare di cambiare uno stato di cose che rischia di danneggiare in maniera irreparabile una delle zone umide più importanti d’Italia. Quella che segue è, in sintesi, la storia di un gruppo di appassionati birdwatchers di EBN Italia appartenenti al nodo Sici-lia che hanno scelto di dedicare il loro tempo libero e le loro risorse a questa causa, coniugando osservazioni ornito-logiche e conservazione.

Pantani della Sicilia sud-orientale sono un complesso sistema di zo-ne umide costiere che si estende

lungo la fascia che va da Marzamemi (Si ra cusa) fino al Pantano Gorgo Salato (Ragusa); si trovano a una latitudine in-feriore a quella di Tunisi, al centro del Me diterraneo e proprio su una delle prin-cipali direttrici migratorie. Sono costi tui-ti in particolare dall’insieme di 11 Pan ta-ni (da est verso ovest: Marzame mi, Mor-ghel la, Ponterio, Ciara mi ra ro, Baro nel lo, Au ruca, Can no ne, Cuba, Longari ni, Bru-no, Gorgo Salato) di diverse dimensioni, ca ratterizzati da profondità e salinità di-verse e il cui regime idrico è per lo più condizionato dalle precipita zio ni. Il paesaggio dei Pantani della Sici-lia sud-orientale rappresenta le ultime vestigia di come doveva apparire questo tratto della costa meridionale della Si-cilia prima delle opere di bonifica. An-che se sono ormai circondati quasi inte-ramente da serre e costruzioni (spesso abusive), questi specchi d’acqua conser-vano ancora un elevato livello di natu-ralità e soprattutto un enorme potenzia-le inespresso. Tra le maggiori cause del soffocamento di tale potenziale, al pri-

■ Lo stagno di Cuba è una delle perle

naturalistiche facenti parte del complesso

di pantani della Sicilia sudorientale;

conosciuto per il gran numero di uccelli

acquatici che vi sverna, questo sito è ottimo anche per l’osservazione dei

migratori e per il buon numero di nidificanti.

■ Anatra marmorizzata (Marmaronetta angustirostris).Per decenni considerata come semplice accidentale in Italia, questa bella e rara anatra nord-africana ha recentemente colonizzato la Sicilia meridionale, dov’è presente in piccoli numeri.

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stato finora) destinato a dileguarsi. Alla vigilia dell’apertura della caccia, infatti, quasi legati a una maledizione, doveva-mo lasciare il posto ad altri, consapevo-li, dall’esperienza di anni, che quei luo-ghi magici in pochi giorni si sarebbero completamente spogliati di quella enor-me ricchezza che tanti chiamano biodi-versità. Non solo, molti di quegli uccelli che avevamo osservato a lungo e foto-grafato rischiavano di venire abbattuti o catturati da gente senza scrupoli. Questa triste tradizione si ripeteva pun tualmente a ogni autunno, seguita co-me sempre da discussioni, commenti, la-mentele, mugugni, che però poi finivano nella rassegnazione. Fino a tre anni fa, quando nel nostro gruppo del nodo Si-cilia di EBN Italia è avvenuta la svolta. Stanchi di assistere rassegnati, ab-biamo voluto provare a fare la differen-za, abbiamo voluto non sentire più den-tro di noi quel senso di amara impoten-za. Armati di binocolo e cannocchiale abbiamo iniziato a rendere sistematica la nostra presenza sul posto (almeno du-rante i fine settimana), proprio quando gli altri anni disertavamo la zona. Dai primi di settembre del 2008 abbiamo

sulla base delle indicazioni fornite ne-gli anni precedenti, nonché dei numero-si pareri dell’ISPRA in tal senso, il ca-lendario venatorio imponeva il divieto di caccia presso i Pantani della Sicilia sud-orientale. Era già successo in passa-to, ma alla prima controffensiva da parte delle associazioni venatorie, l’Assessore di turno si affrettava a emettere un de-creto ad hoc per riaprire la caccia. An-che stavolta le cose sembravano dover andare nello stesso modo, ma qualco-sa ha fatto la differenza: il fatto di aver raccolto i dati delle presenze ornitiche con costanza e regolarità ci ha permes-so di sostenere e dimostrare che, in as-senza di attività venatoria, il contingente svernante di Moretta tabaccata era il più importante d’Italia (conteggio di 102 in-dividui il 4/1/2011) e che la colonia di Fenicottero (ormai quasi stanziale nella zona) a metà ottobre aveva iniziato un tentativo di nidificazione, arrivando a costruire circa 60 nidi, poi sommersi a causa delle abbondanti piogge. Dati scientifici alla mano, siamo riu-sciti a bloccare per diversi mesi i tentati-vi di riapertura della caccia; e più riusci-vamo a contrastare i tentativi di riaper-

è sempre emozionante scoprire in mezzo a un gruppo di Gambecchi comuni (C. minuta) un Gambecchio nano (C. tem­min ckii) o un Gambecchio frullino (Li­micola falcinellus), oppure affacciarsi da un’insenatura e trovare un Falaropo bec cosottile (Phalaropus lobatus) in-tento a nutrirsi con il suo caratteristico movimento “a trottola” o un gruppetto di Piovanelli maggiori (C. canutus) in mezzo a quelli comuni (C. ferruginea). Per non parlare di presenze ben più rare, come l’Airone schistaceo (Egretta gu­laris), la Cutrettola testagialla orientale (M. citreola), il Piro piro pettorale (C. me lanotos), il Piro piro del Terek (Xe­nus cinereus), la Sterna di Rüppel (Tha­lasseus bengalensis), la Calandrina (Ca­landrella rufescens), ecc.. I Pantani rap-presentano un posto in cui non ci si deve stupire di nessun avvistamento: in que-sto periodo dell’anno, tutto è possibile! Le sponde e gli argini dei Pantani sono ottimi appostamenti per la fotogra-fia naturalistica, e non ricordo nemmeno una volta nella quale siamo tornati de-lusi dal magnetico incantesimo di quel posto. Ma come tutti gli incantesimi che si rispettano, anche questo è (o almeno è

iniziato a monitorare e controllare in modo cadenzato l’area, improvvisando una sorta di “campo di sorveglianza”. L’iniziativa è nata d’impulso, senza pro-grammazione, ma negli anni è diventata più strutturata e sono cambiati anche gli obiettivi. Mentre inizialmente lo scopo era semplicemente quello di prevenire fenomeni di bracconaggio (caccia prima dell’apertura, cattura con le reti, ecc.), con il passare del tempo ci siamo resi conto che forse i dati raccolti durante la nostra presenza settimanale potevano servire a dimostrare il valore naturali-stico dell’area; in particolare, nei docu-menti inviati alla Regione per chiedere di imporre il divieto di caccia nella zona, avevamo sempre sostenuto che in assen-za di attività venatoria, la Moretta tabac-cata non si sarebbe limitata a nidifica-re, ma avrebbe anche svernato nell’area con contingenti importanti. Ovviamente, non avevamo dati che potessero dimo-strarlo, visto che ogni anno la caccia ve-niva riaperta puntualmente non più tardi della metà di ottobre. Nell’autunno del 2010, ormai al ter-zo anno consecutivo di monitoraggio, si è verificata la svolta che attendevamo;

■ Spatola (Platalaea leucorodia). A differenza degli aironi, molto più adattabili dal punto di vista trofico, la Spatola sosta solo nelle zome umide dove riesce a trovare le giuste condizioni di profondità, substrato, pulizia delle acque e assenza di disturbo antropico.

■ Fenicotteri (Phoenicopterus

ruber), immaturi. Le coste della Sicilia

meridionale sembrano fungere da fermata intermedia per quei Fenicotteri i quali,

provenendo da colonie orientali (dalla Tunisia alla Turchia),

si disperdono verso ovest fino

alla Sardegna, alla Provenza e alle coste

spagnole.

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nate di silenzio venatorio o con mezzi vietati. Le autorità preposte alla sorve-glianza e tutela hanno inserito la zona nel loro programma ordinario di control-li venatori e antibracconaggio. Nel giro di un anno una zona sconosciuta ai più è diventata meta di visite anche di perso-ne non appassionate. Si è ritornati, dopo 20 anni di silenzi, a riparlare seriamente dell’istituzione della Riserva, e addirit-tura il relativo procedimento istitutivo è stato già avviato. La strada è ancora lun-ga, ma quanto meno è già tracciata, e so-prattutto non abbiamo più la sensazione di subire passivamente gli eventi. Volevamo condividere con tutti i so-ci EBN Italia questo racconto per due ragioni ben precise. Innanzitutto, far co-noscere a tutti gli appassionati un luo-go incantevole per il birdwatching, che promette un elenco di potenziali lifers di tutto rispetto e nel quale poter program-mare la prossima vacanza. Ci piacereb-be che una zona in cui fino a oggi l’u-nico movimento “turistico” era legato ai cacciatori di altre province o regioni che venivano a fare man bassa potesse di-ventare invece meta regolare di gruppi

dall’assistere passivamente allo scempio operato a danno di quei luoghi in cui ci rechiamo per praticare la nostra passio-ne e che magari hanno contribuito negli anni a farla nascere e crescere dentro di noi. Un concetto che adesso ci appare scontato, è vero, ma del quale per anni noi per primi siamo rimasti prigionieri.

tura, più tempo avevamo per raccogliere ulteriori dati a sostegno della nostra po-sizione. Grazie anche al preziosissimo contributo dal punto di vista legale di associazioni quali Legambiente e MAN (che hanno portato avanti i ricorsi contro i decreti di riapertura emanati dalla Re-gione), i dati raccolti sistematicamente dai birdwatchers hanno prevalso anche su valutazioni di incidenza redatte da Dipartimenti universitari poco aggior-nati e un po’ sprovveduti che erano state utilizzate per sostenere “scientificamen-te” la compatibilità dell’attività venato-ria nella zona dei Pantani. Per mesi abbiamo lavorato duramen-te, privandoci spesso del riposo domeni-cale (i turni di sorveglianza antibracco-naggio/censimenti erano previsti saba-to e domenica dall’alba al tramonto) o dell’appostamento per la foto partico-lare, ma tutti questi sforzi sono stati ri-pagati da quello che abbiamo ottenuto. Nelle giornate di sorveglianza sono state bloccate le attività di bracconaggio e le nostre segnalazioni hanno permesso di denunciare diverse persone sorprese da-gli organi di vigilanza a sparare in gior-

di birders da tutta Italia e, perché no, an-che dall’estero. In secondo luogo, vor-remmo trasmettere la nostra esperienza per testimoniare che spesso è più utile agire che lamentarsi, e che è meglio ri-schiare di fare uno sforzo enorme per ottenere risultati modesti, piuttosto che restare con quell’amarezza che deriva

■ Cavaliere d’Italia (Himantopus

himantopus). Gli stagni e i pantani della

Sicilia sudorientale danno rifugio a grossi

numeri di uccelli acquatici, soprattutto

Anseriformi ed Ardeidi, ma anche a svariati limicoli, tra

i quali questa specie, localmente presente durante tutti i mesi

dell’anno.

■ Falco pescatore (Pandion haliaetus). Un tempo diffuso in tutto il Mediterraneo, questo rapace è attualmente estinto come nidificante in Sicilia, anche se passa in gran numero sui pantani del sud-est dell’isola, dove pochi esemplari si fermano anche a svernare regolarmente.

■ Cicogna nera (Ciconia nigra), giovane. Molte delle cicogne e degli altri grandi veleggiatori (soprattutto rapaci diurni) che migrano dall’Africa alla Sicilia e viceversa, sorvolano la costa meridionale dell’isola e sostano presso i pantani per riposare ed alimentarsi.

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La zona si raggiunge da Ispica percorrendo la S.P. 50 Ispica-Marza-Pachino, che si imbocca svoltando a destra in direzione “Marza” circa 500 m dopo il passaggio a li-vello sulla provinciale Ispica-Pachino, oppure da Pachino imboccando la provinciale per Ispica e svoltando poi a si-nistra in direzione “Marza”, circa 2,5 km dopo Pachino.Poiché l’area è estesa e i vari pantani non sono segnalati, per facilitare la visita anche senza guida trovate di seguito alcuni consigli pratici su come orientarvi e sui punti mi-gliori per l’osservazione e la fotografia. L’area non è do-tata di strutture specifiche, quindi non troverete capanni e schermature; per i fotografi consigliamo l’utilizzo di teli mimetici o capanni mobili.

Pantano Longarini(Luce favorevole: la mattina, adatto per bw e foto) Arrivando da Ispica, percorso il tratto di strada che attraversa il Pantano, subito dopo la curva a destra c’è il ponte sul confine di provincia RG-SR (36°42’49” N; 15°00’8.63” E); sempre sulla destra, 200 m più avan-ti, troverete una strada secondaria dove lasciare la mac-china. I punti d’osservazione si trovano lungo gli argini del canale prima del ponte che si dipartono sia a destra (36°42’30.52” N; 15°00’9.14”E), sia a sinistra (36°42’ 23.22” N; 15°00’6.18” E) della strada principale. Altri punti interessanti si trovano sul lato siracusano del Panta-no Longarini; si riprende la S.P.50 Ispica-Marza-Pachino e dopo 2 Km circa dal ponte sul confine di provincia RG-SR (36°42’49” N; 15°00’8.63” E) si arriva a uno slargo (36°42’41” N; 15°01’23” E); si gira a sinistra immetten-dosi in una strada asfaltata secondaria: da questo momen-to tutti i punti sono buoni per una sosta di birdwatching. Vi consigliamo però di fermarvi al Ponticello (36°42’55” N; 15°00’69” E) e di percorrere tutta la strada fino al Ca­nale (36°42’58.00” N; 15°00’81” E).

Pantano Cuba(Luce favorevole: il pomeriggio, adatto per bw e foto) I punti migliori per il bw al Pantano Cuba sono il Galoppatoio e l’Affaccio nord. Il Galoppatoio (36°42’ 32” N; 15°1’39” E) si rag-

giunge percorrendo la S.P. 50 Ispica-Marza-Pachino e imboccando dopo 1,5 Km circa dal ponte sul confine di provincia RG-SR (36°42’49” N; 15°08’63” E) un’entrata secondaria sulla destra. L’Affaccio Nord (36°42’99” N; 15°1’44” E) si raggi-un ge sempre lungo la S.P. 50 Ispica-Marza-Pachino, dopo 2 Km circa dal ponte sul confine di provincia RG-SR (36° 42’49” N; 15°0’8.63” E), si arriva ad uno slargo (36°42’ 41’’ N; 15°1’23” E); proseguendo sulla strada principale ancora per 500 m circa (sulla destra è già visibile il Pan-tano Cuba), si imbocca a destra una stradina sterrata lunga poche decine di metri che porta sulla sponda del Pantano.

Pantano Baronello(Luce favorevole: pomeriggio, adatto per bw e foto) Si raggiunge percorrendo la S.P. Pachino-Maucini-Punta delle Formiche e si trova proprio presso la loca-lità Punta delle Formiche. I punti migliori per osservare sono lungo la strada che cinge il pantano, il primo al li-vello dell’acqua (36°40’36.87” N; 15°3’14.83” E) il se-condo più panoramico con splendida visuale dall’alto (36°40’40” N; 15°3’90” E).

Pantano Ciaramiraro(Luce favorevole: pomeriggio, adatto per bw) Dopo aver lasciato il P. Baronello, si riprende la stra-da dall’ultimo punto di osservazione panoramico sul Ba-ronello, si supera una curva a 90° e dopo circa 200 me tri si svolta sulla sinistra in una sterrata che conduce nel lo spiazzo davanti a una casa abbandonata. Da qui (36°40’ 10.77” N; 15°3’45.01” E) si domina dall’alto il Pan tano Ciaramiraro.

Pantano Ponterio(Luce favorevole: tutto il giorno, adatto per bw e foto) Si riprende la strada asfaltata per Portopalo che dopo un’altra curva a 90° costeggia il Pantano (sulla destra); dopo circa 1,5 Km si imbocca sulla destra una strada ster-rata che costeggia il Pantano consentendo di fermarsi in diversi punti per l’osservazione (36°39’47.77” N; 15°4’ 16.30” E), direttamente dalla macchina.

■ Gambecchio nano (Calidris temmincki), giovane. Questa è una delle numerose specie di uccelli di origine orientale che migrano dalle zone di svernamento africane all’Europa dell’est, alla Scandnavia o alla Siberia meridionale, sorvo-lando prima il Canale di Sicilia e poi i Balcani.■ Mignattaio (Plegadis falcinellus). La Sicilia rappresenta da sempre uno dei principali siti di sosta del Mediterraneo centrale di questa specie rara e minacciata, spesso presente nei pantani del sud-est in stormi di decine di individui, sia in migrazione che durante l’inverno.caratteri diagnostici della specie.

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ULTIMA ORAFinalmente è Riserva! Con il decreto n. 577 del 27 luglio del 2011 l’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Si-cilia, con una decisione epocale lungamente attesa, ha finalmente istituito la Riserva Naturale Orientata “Pantani della Sicilia Sud-Orientale”. La Riserva, ricadente nei comuni di Ispica (RG), Pachino (SR) e Noto (SR), ha un’estensione complessiva di circa 1400 ettari (di cui circa 450 in zona A e circa 950 in Zona B) e comprende tutti gli 11 pantani che costituiscono questa splendida zona umida, dal Bruno al Morghella. Il 7 settembre del 2011 diverse associazioni venatorie, il Comune di Pachino ed il Consorzio di Tutela del Pomodorino Ciliegino di Pachino IGP, hanno presentato ricorso al TAR contro l’Assesso-rato Territorio e Ambiente per richiedere l’annullamento del decreto di istituzione della Riserva, ma a novembre il TAR di Catania respinge il ricorso e condanna i proponenti al pagamento delle spese. Per la prima volta nella storia, durante l’intera stagione venatoria non è stato possibile esercitare la caccia! Gli effetti sulla presenza di avifauna sono andati ben al di là di ogni più rosea aspettativa: migliaia di anatre, soprattutto Fischioni e Moriglioni, 132 Morette tabaccate, Falco pescatore e 3 Aquile minori sono state censite a dicembre 2011!

Logistica

di Igor Festari

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el tardo pomeriggio del giorno 18 set-tembre 2011, durante una visita al suo abituale “local patch” presso il Parco

Le Folaghe di Casei Gerola (PV), Umberto Bina-ri osserva e fotografa un limicolo interessante: una Pittima reale (Limosa limosa) con i caratteri della sottospecie islandica. Il giorno successivo l’osser-vatore spedisce via e-mail le fotografie scattate ad alcuni amici birders di EBN Italia, i quali subito ne confermano l’identificazione. Eccitato e motivato dal consenso ottenuto, quindi, Umberto manda un messaggio alla mailing list, sperando che qualcuno possa ripetere l’osservazione dopo di lui. Purtroppo nessun altro è più riuscito a vedere il raro trampo-liere ma, fortunatamente, restano alcuni scatti do-cumentativi a testimoniare questa interessante os-servazione. Nelle immagini si riconosce perfettamente un immaturo al 1° inverno di Pittima reale appartenen-te alla sottospecie islandica. Questa forma è la vica-riante nord-occidentale della nominale limosa e ni-difica in Islanda, più irregolarmente sulle isole Fa-roer e Shetland, e sporadicamente in Scozia, Irlanda e Norvegia settentrionale. Pressoché tutta la popola-zione sverna nelle Isole Britanniche, mentre un pic-colo contingente continua verso sud e si distribuisce lungo le coste atlantiche della Francia e della peni-sola iberica, fino al Marocco. Durante le migrazio-ni, oltre che nei Paesi sopra elencati, alcuni esem-plari vengono annualmente osservati in Danimar-ca, lungo le coste norvegesi e in Olanda, dove, fino agli inizi degli scorsi anni ’90, era considerata come semplice accidentale; il recente aumento d’osser-vazioni della sottospecie islandese in queste regio-ni sembrerebbe dovuto all’incremento delle cono-scenze riguardanti la sua identificazione sul campo. Pur non esistendo altre segnalazioni accertate per il bacino del Mediterraneo, la Pittima reale d’I-

slanda è già stata osservata in Italia, ma sempre nel Meridione. Esistono, infatti, almeno altre 5 prece-denti segnalazioni, tutte effettuate in Sicilia: ■ 1 immaturo al 1°inverno osservato il 9/12/2002

alle Saline di Augusta (SR); l’esemplare era sta-to precedentemente catturato e inanellato in In-ghilterra. Osservatore: Andrea Corso et al.

■ 5 individui presenti nell’inverno 2003-2004 al-le Saline di Augusta (SR). Osservatore: Andrea Corso.

■ 2 adulti in abito estivo osservati il 21/6/2006 pres-so Vendicari (SR). Osservatori: Andrea Corso e Angelo Scuderi.

■ 1 adulto in abito estivo segnalato il 21/7/2009 alle Saline di Priolo (SR). Osservatori: Andrea Corso e Gabriele Papale.

■ 1 adulto in abito estivo visto il 25/4/2011 agli stagni di Cuba e Longarini (SR). Osservatori: Carlo Cappuzzello ed Egle Gambino.

La presente segnalazione rappresenterebbe, quindi, la sesta per l’Italia e la prima per la Lom-bardia. Alle suddette ne vanno aggiunte poche al-tre piuttosto recenti, effettuate in Lazio e nell’Al-to Adriatico, ma non adeguatamente supportate da materiale documentale, oppure rivelatesi successi-vamente errori d’identificazione. Il fatto che alcuni esemplari possano arrivare fin da noi è tutt’altro che improbabile, visto che l’Italia si trova esattamente lungo il prolungamento della linea retta che è pos-sibile tracciare tra i siti di nidificazione (Islanda) e quelli di svernamento (isole Britanniche); effettiva-mente, durante l’autunno, alcuni esemplari possono essere forzati da condizioni atmosferiche partico-larmente avverse a proseguire il loro volo migrato-rio ben oltre il normale limite della costa atlantica, secondo il modello classico del fenomeno chiamato “overshooting”.

La prima Pittima reale d’Islanda

per la Lombardia

L’identificazione dell’esemplare osservato al Parco Le Folaghe è stata, contrariamente a quanto farebbe pensare la rarità dell’osservazione, piuttosto semplice. Dopo aver appurato che si trattava di un immaturo al 1° inverno (dalla colorazione generale vivace e dal disegno di scapolari e copritrici alari), è stato possibile rilevare consistenti differenze, sia strutturali sia cromatiche, rispetto agli immaturi del-la forma nominale che regolarmente sostano nell’a-rea protetta. Tra i caratteri percettibili citiamo: le piccole di-mensioni, la struttura visibilmente più compatta e tozza, il collo più corto e spesso, la testa proporzio-nalmente più grande e arrotondata con becco visi-bilmente corto e sottile (in effetti, le proporzioni dei quarti anteriori la fanno assomigliare più a un Lim-nodromus che ad una pittima), le zampe corte con tibia ben più corta del tarso, la notevole sfumatura rosso mattone su collo e petto (mentre in limosa gli immaturi sono al massimo sfumati di ocra o appe-na aranciati), le copritrici di ali e dorso nere con due

evidenti tacche arancioni in punta e le terziarie net-tamente barrate di arancione e nero (la colorazione delle ali e del dorso che ne deriva è, quindi, molto più vivida e contrastata che in limosa). Una miglior conoscenza dei caratteri identifi-cativi di questa forma non potrà che riflettersi in un maggior numero di future segnalazioni, anche per quanto riguarda l’Italia; l’esempio della Pitti-ma reale d’Islanda, inoltre, deve spingerci a cerca-re altre sottospecie nordiche raramente osservate nel nostro Paese ma sicuramente in grado di rag-giungerlo durante le migrazioni e lo svernamento. Queste sono probabilmente attualmente sottostima-te per problemi riguardanti il loro riconoscimen-to sul campo, come ad esempio l’Oca lombardella della Gro enlan dia (Anser albifrons flavirostris), il Cormo rano atlantico (Phalacrocorax carbo car-bo), il Bec cacci no d’Islanda (Gallinago gallina-go faeroeen sis), l’Organetto maggiore (Carduelis flam mea rostrata) e lo Zigolo delle nevi d’Islanda (Plec tro phe nax ni va lis insulae).

■ Pittima reale d’Islanda (Limosa limosa islandica), im-maturo al 1° inverno. Questo esemplare osservato a Casei Gerola (PV) possiede i caratteri identificativi della sotto-specie: struttura compatta, becco e zampe corti, colorazio-ne rossiccia vivace, copritrici di ali e dorso contrastate e soprattutto terziarie barrate di nero ed arancione.

■ Pittima reale d’Islanda (Limosa limosa islandica), a-dulto. Anche in questo esemplare, fotografato in Islanda, si notano la struttura compatta ed il becco corto, caratte-ri tipici della sottospecie in esame. L’adulto, oltretutto, è largamente sfumato di castano rossiccio e con barre nere nette sulle copritrici delle ali e del ventre.

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(Limosa limosa islandica)

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l Pollo sultano (Porphyrio porphyrio) è un uccello acquatico strettamente legato alle zone umide d’acqua dolce del Mediterraneo.

Questo Rallide, di abitudini tipicamente sedentarie, trova il suo habitat ideale in paludi costiere, canali d’irrigazione, fiumi e invasi artificiali caratterizzati dalla presenza di acque ferme con ampie forma­zioni di vegetazione ripariale, come la cannuccia palustre e la tifa. Già dall’Ottocento, a causa della distruzione del suo habitat e dell’intensa persecu­

zione diretta, il Pollo sultano ha subito un rapido declino in tutto il suo areale europeo. Fino agli inizi degli anni quaranta per le massaie di Catania era abbastanza comune poter acquistare tra i banchi del mercato una “anatra blu dal becco vermiglio”, piuttosto strana ma buona di sapore, e purtroppo, a causa della pressione venatoria, il Pollo sultano in Sicilia si estinse presumibilmente attorno al 1957. Al momento la sottospecie occidentale por­

Itesto e foto di Massimo Piacentino

Bentornato Sultano !

phyrio è ancora presente nella Penisola Iberica, in aree ristrette e localizzate nel nord Africa (Tunisia, Algeria e Marocco) e in Sardegna. Considerando il suo stato di conservazione, il Pollo sultano è una specie particolarmente pro tet ta nella normativa nazionale, ed è oggetto di un pia no d’azione internazionale. È stato inserito inoltre tra le specie meritevoli di usufruire di fondi comuni­ta ri per l’avvio di misure di conservazione (LIFE Na tura). Nel 1996, grazie a un’iniziativa congiunta del­l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (ora ISPRA) e della LIPU, è nata l’idea di verificare la fattibilità di un progetto sulla reintroduzione del Pollo sultano in Sicilia. Dopo una prima fase di studio e di verifiche tecniche durata tre anni, du­rante la quale sono state coinvolte istituzioni quali ad esempio l’Assessorato all’Agricoltura e Foreste della Regione Sicilia e sono stati avviati i contatti per le necessarie collaborazioni, finalmente nell’ot­tobre del 2000 si è passati alla fase operativa, con il rilascio dei primi 14 esemplari nel Biviere di Gela. Fino a oggi, con sei differenti liberazioni sono stati rilasciati complessivamente 104 giovani esemplari, di cui 66 alle foci del Simeto, 26 al Biviere di Gela e 12 alle Saline di Siracusa e al Fiume Ciane. Contemporaneamente al primo rilascio è partita l’attività di monitoraggio per seguire l’evolversi

del processo di colonizzazione del nuovo contesto ambientale. In Sicilia, per riformare una popola­zione vitale, si è scelto di utilizzare polli sultani provenienti dalla Penisola Iberica, in gran parte nati in cattività nel Centro de Estudio y Proteccion del Medio Natural (CEPMN) gestito dalla Generali­tat Valenciana (Conselleria de Medio Ambiente), mentre pochi soggetti di origine selvatica sono stati catturati nell’Albufera di Valencia. La scelta di ricorrere a questi animali è stata dettata non solo dalla volontà di non depauperare le scarse popolazioni selvatiche ancora presenti in Sardegna, ma anche dalla grande esperienza del CEPMN e dalla notevole professionalità e dalla disponibilità a collaborare al progetto siciliano di Juan Antonio Gòmez Lòpez, Direttore del CEPMN. Raggiunta l’indipendenza dai genitori all’età di 3­6 mesi, i Polli sultani nati in Spagna sono stati trasportati a Catania con voli di linea e il giorno successivo, senza nessun periodo di ambientamento in voliera, sono stati rilasciati in perfette condizioni nei siti ritenuti idonei. Nelle reintroduzioni è di notevole importanza verificare i risultati ottenuti attraverso i rilasci per poter capire come i soggetti fondatori reagiscono nell’ambiente naturale, in modo da programmare al meglio la prosecuzione delle attività. Anche per questo motivo, in Sicilia, sono state

Storia del progetto per la reintroduzione del Pollo sultano in Sicilia

■ Le zone umide della piana di Catania sono dominate dal maestoso profilo dell’Etna. L’intensa attività del vul­cano influenzò il progetto di reintroduzione: nel dicembre 2002 la pioggia di polveri sulle piste dell’aeroporto Fon­tanarossa determinò la sospensione temporanea dei voli, imponendo la modifica del calendario dei rilasci.

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impegnate ingenti energie per effettuare monito­raggi e osservazioni per verificare eventuali nidi­ficazioni nei periodi successivi all’immissione dei giovani Polli sultani. Un paio di esemplari in via sperimentale sono stati dotati anche di radiotrasmit­tenti per poterne seguire meglio gli spostamenti. Tutto ciò ha permesso di constatare come, fortunatamente, l’inserimento in natura di questo animale sia avvenuto senza eccessivi problemi.Infatti si è riscontrato che dei 104 animali liberati, tutti inanellati, solo 4 sono deceduti (2 per preda­zione naturale, 1 probabilmente intossicato e 1 per bracconaggio). Alle foci del Simeto, dove l’habitat risulta parti­colarmente favorevole, si sono concentrati gli sforzi di monitoraggio grazie anche alla piena collabora­zione tecnico­logistica del direttore dell’oasi, dott. Turrisi. Già nella primavera del 2002 si è registrata la nidificazione di almeno due coppie, con la nascita di ben 5 pulcini! Questo piccolo successo ha alzato il morale dei ricercatori, dimostrando la bontà e la fattibilità del progetto e convincendo anche i più

scettici a continuare. Le osservazioni di diversi individui privi di anello, completamente sviluppati e autonomi, hanno dato prova di come le nidifica­zioni abbiano avuto pieno successo, incrementando la popolazione introdotta. Tutto ciò ha dimostrato non solo la velocità con cui i giovani Polli sultani si adattano al nuovo habitat, ma anche la notevole capacità di crescita della specie. L’11 dicembre del 2003 nella Riserva Naturale del Fiume Ciane e delle Saline di Siracusa è avvenuta l’ultima liberazione. Successivamente, infatti, dato il successo registrato, si è deciso di interrompere i rilasci e di intensifi­care i monitoraggi per seguire l’evoluzione della situazione, con un crescendo di emozioni e scoperte continue! Degli ultimi esemplari liberati (e inanellati) si sono perse quasi subito le tracce, ma con sorpresa, successivamente, uno di essi è stato avvistato al Simeto e l’anno seguente un altro di questi soggetti ha nidificato con successo all’interno della Riserva Naturale delle Saline di Priolo, portando 2 giovani all’involo.

■ Nella Riserva Naturale Oasi del Simeto i rilasci sono stati effettuati presso la vecchia ansa, un braccio morto del fiume dal valore naturalistico particolarmente elevato, visto che nel canneto nidificano numerosi uccelli acquatici, come Moretta tabaccata (Aythya niroca), Airone rosso (Ardea purpurea) e Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides).

■ All’interno del proprio territorio, il Pollo sultano ama spostarsi a piedi, camminando con estrema agilità su suoli ac­quitrinosi e tra le canne. All’occorrenza, tuttavia è capace di un volo potente e deciso che utilizza quando deve fuggire da un nemico o quando deve sorprendere un rivale che ha sconfinato.

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tento di ricreare una popolazione vitale e diffusa in tutta la Sicilia sia stato raggiunto. Più impegnativo e difficile sarà garantire la sopravvivenza del Pollo sultano nel lungo periodo: per questo già da ora si sta lavorando alla creazione o al ripristino di nuovi ambienti idonei a ospitare la specie. Parallelamente sarà fondamentale diffondere sull’isola la consape­volezza dell’importanza della tutela delle zone umi­de, veri e propri forzieri di biodiversità, da gestire e preservare con cura. L’impresa è certamente ardua e difficile, ma l’entusiasmo che ha sempre circondato i fautori di questo progetto (da Alessando Andreotti a Renzo Ientile, da Emilio Giudice ad Andrea Ciac­cio, da Ariel Brunner a Marco Gustin, per citarne solo alcuni) fa ben sperare. I buoni risultati fino a oggi raggiunti sicuramente incoraggiano a non lasciare nulla d’intentato. In ogni caso, bentornato Sultano!!

Ringraziamenti Ringrazio (anche a nome del Pollo sultano...) il dott. A. Andreotti e il dott. R. Ientile per la loro professionalità e la loro amicizia.

Nel settembre 2004, all’interno della Riserva Orientata dell’Oasi del Simeto, veniva già stimata la presenza di almeno 30­35 nuclei riproduttivi. A settembre 2005 le coppie nidificanti raggiungeva­no almeno le 40 unità, mentre un altro nucleo ri­produttivo si era insediato in corrispondenza del l’in­vaso di Ponte Barca (Paternò, CT). Altre im portanti osservazioni venivano fatte al Biviere di Ge la, al Pantano Cuba dove nel 2005 una coppia por tava all’involo 2 giovani, alla foce dell’Irminio, al lago di Pergusa (EN) e nel Pantano Murana (TP), di mo­strando come diversi esemplari si siano di sper si, co­lonizzando nuovi biotopi nei vari angoli del l’i sola. A fine 2009 un esemplare di Pollo sultano, pre­sumibilmente di origine siciliana, viene ritrovato a Malta, dimostrando la tendenza all’espansione di questa specie. I dati disponibili a tutto il 2008 indicano come la popolazione reintrodotta goda di buona salute, sia in fase di crescita e si stia diffondendo in tutte

le zone umide con caratteristiche ambientali idonee. La presenza nel 2008 di 108­132 coppie nidificanti, distribuite in otto ambiti geografici diversi, lascia ritenere che le previsioni effettuate nel piano di fattibilità del progetto di reintroduzione fossero corrette in quanto:■ sull’isola possono vivere almeno 150­230 cop­

pie, sulla base dell’estensione e delle caratte­ristiche delle principali zone umide presenti lungo la fascia costiera;

■ tutte le zone umide idonee possono essere rag­giunte e colonizzate, garantendo la creazione di diverse meta­popolazioni vitali.

Attualmente si intende proseguire il lavoro di monitoraggio delle zone umide. Chiunque avesse dati al riguardo può contribuire al progetto, comuni­candoli a: alessandro.andreotti@ispra.it. Questo per avere conferma del buon andamento del progetto di reintroduzione, nonchè per acquisire nuovi dati sul­la biologia di questa specie, sino a ora poco studiata. Sulla base dei dati finora raccolti, a oltre dieci anni dall’inizio del progetto, sembrerebbe che l’in­

■ Tutti i polli sultani rilasciati in Sicilia sono stati mar­cati con due anelli, uno di acciaio inossidabile e l’altro in PVC giallo con due lettere nere che permettono il ricono­scimento di ciascun animale. Il soggetto nella foto, ripre­so il 27 marzo 2007, è nato il 12 febbraio 2001; in prece­denza era già stato filmato mentre accudiva tre pulcini, il 10 settembre 2002.

■ Alcuni aspetti della biologia del Pollo sultano sono ancora poco noti. In base alle informazioni disponibili, tuttavia, sembra che i rapporti sociali abbiano un ruolo importante nella vita della specie; in particolare, i legami familiari sono molto forti e si mantengono anche dopo il raggiungimento dell’indipendenza dei giovani.

■ Benché sia privo di zampe palmate, il Pollo sultano nuota agilmente ed è capace di attraversare ampi specchi d’ac­qua. Il nuoto riveste anche un significato territoriale perché consente di mettere in risalto alcuni segnali visivi, quali il bianco del sottocoda ed il rosso del becco.

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Si tratta di specie monotipica a distribuzione euroasiatica; in Italia è migratore e nidificante nelle zone montane del continente tra i 1100 e i 2200 me­tri. Il birdwatcher alle prime armi ‘inciampa’ spesso nella distinzione tra Stiaccino e Saltimpalo; infatti, pur essendo facilmente separabili in abito riprodut­tivo, le due specie presentano a prima vista simili­tudini che traggono spesso in inganno negli abiti giovanili e nelle femmine, in particolare d’autun­no. Incominciamo subito col dire che lo Stiaccino è sempre separabile dal congenere in qualsiasi età ed abito per la presenza di un netto sopracciglio chia­ro e soprattutto per la metà basale biancastra della coda, per la struttura più affusolata e, soprattutto, per le ali più lunghe (con proiezione delle primarie pari alla lunghezza delle terziarie). Partiamo subito

sto ad un’intensa revisione sistematica grazie a lavo­ri di genetica molecolare. Tradizionalmente, il Sal­timpalo comune era considerato una specie singola, con il nome scientifico di S. torquata, e numero­se sottospecie allopatriche a distribuzione europea, asiatica ed africana. Ricerche tassonomiche più re­centi tendono a splittare questo complesso in diverse unità autonome; alcuni autori ne riconoscono alme­no sei. Un recente studio basato sulla variazione ge­ografica nel DNA mitocondriale, infatti, attribuisce lo status di specie filogenetica e biologica a S. tor-quata (Africa sub­sahariana ed Arabia), S. ru bicola (Paleartico occidentale), S. maurus (Pa le ar tico cen­trale) e a S. stejnegeri (Paleartico orienta le), anche se non tutti gli Autori concordano con que sta con­clusione, auspicando maggiori studi nelle potenzia­li aree d’ibridazione e/o intergradazione, soprattutto per quanto riguarda gli asiatici maurus e stej negeri.

e vediamo brevemente da vicino come si presenta lo Stiaccino in abito nuziale. Il maschio adulto ha mantello e calotta nerastri con sfumature fulve ta­li da creare un caratteristico disegno a “scaglie di tartaruga”, ed il groppone è variegato come le parti superiori. Presenta sui lati della testa una mascheri­na scura circondata da due strie bianche: il grande sopracciglio e la stria malare sulla gola. Il petto ha una tinta arancione che sfuma verso il ventre bian­castro. Come già anticipato, si deve fare attenzione alla coda che presenta quasi tutte le timoniere con base completamente bianca. Le ali sono scure con una fascetta biancastra evidente a livello dell’alula e delle copritrici minori. Il becco e le zampe sono neri. In abito invernale i disegni sono simili ma con colori più spenti, meno contrastati, più simili a quel­

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■ Stiaccino (Saxicola rubetra), maschio adulto. Assolutamente inconfondibile, grazie al sopracciglio bianco e la sfu­matura arancio sul petto; il maschio è riconoscibile per il disegno contrastato e la maschera auricolare nera e netta.■ Stiaccino (Saxicola rubetra), femmina adulta. Le guance brunastre e la sfumatura slavata sulle parti inferiori identi­ficanolefemmine;ildisegno“ascaglieditartaruga”deldorso,l’alulabiancaeneraedilsopraccigliocontrastatosonoinvece caratteri diagnostici della specie.

l genere Saxicola comprende 15 specie a distri buzione paleartica ed afro­tropicale. Que sto gruppo, appartenente alla famiglia dei

Mu sci ca pidae, si fa notare per le dimensioni picco­le, la sa goma tozza e tondeggiante (enfatizzata dalla brevi tà della coda e delle ali) e le tonalità brunastre e rossicce del piumaggio. Le specie appartenenti a questo genere hanno l’abitudine di sfruttare posatoi elevati, come sterpi, cespugli, paletti o cavi aerei, sui quali sostano in po­sizione eretta, dominando spazi aperti e cespugliosi. Ci occupiamo in questo articolo delle specie che incontriamo più spesso durante le nostre uscite di birdwatching, lo Stiaccino (S. rubetra) ed il Sal tim­palo (S. rubicola), ma anche di una specie intrigante e di comparsa rara ed irregolare in Italia (ma forse sottostimata), il Saltimpalo siberiano (S. mau rus). Recentemente il genere Saxicola è stato sottopo­

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IL geNeRe SAxICOlA IN ITALIATogliamoci ogni dubbio sul riconoscimento di Saltimpalo,

Stiaccino e Saltimpalo siberiano

di Gianluigi Castelli e Igor Festari

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li delle femmine. Il petto appare macchiettato ed il sopracciglio sfumato di ocra, mentre la stria malare è impercettibile. Le femmine appaiono simili ai maschi ma meno distintamente marcate, più pallide nell’insieme, sia in abito riproduttivo che invernale, con sopracciglio fulvo chiaro anziché bianco (anche se sempre molto evidente) e mascherina sfumata di bruno. Il dorso ha il tipico aspetto scaglioso ed il petto è ocra­rosato, piuttosto che rosso­aranciato. In genere ricordiamo­ci che tutti gli abiti dello Stiaccino sono molto simili tra loro in autunno, con piumaggio praticamente in­distinguibile da quello delle femmine in estate, per la presenza di evidenti bordi apicali chiari a mezza­luna sulle penne del mantello e delle scapolari. Con l’inizio dell’estate iniziano a comparire i giovani, dal piumaggio variegato a scaglie, molto

quelle nidificanti nel Bacino mediterraneo, Italia compresa, appaiono più pallide, contrastate e con bianco più esteso, soprattutto su ventre e groppo­ne (rendendo più complicato il riconoscimento del Saltimpalo siberiano); questo fenomeno è dovuto soprattutto alla maggiore e più rapida abrasione del piumaggio in climi caldi ed assolati. Vediamo ora le caratteristiche salienti per l’i­dentificazione. Il Saltimpalo risulta strutturalmente differente dallo Stiaccino per la sua corporatura più arrotondata, con coda leggermente più lunga ed ali più corte (la proiezione delle primarie è meno del­la metà della lunghezza delle terziarie), testa piut­tosto grossa e collo taurino. Il maschio adulto in abito nuziale presenta un piumaggio inconfondibile con testa, gola e mento neri, senza sopracciglio ma con due sottili tacche bianche ai lati del collo che si prolungano non oltre la piega dell’ala. Il groppone ed il sopracoda sono chiari con la presenza di dia­gnostiche striature nerastre all’estremità delle sin­gole piume. Questo è un carattere costante anche in quei pochi individui di rubicola che presentano un groppone in apparenza biancastro e che possono far superficialmente pensare a maurus; infatti, ad

simili a quelli di altre specie, tra le quali Saltimpalo, cul bi anchi e monachelle, ecc. Il piumaggio del­lo Sti ac ci no immaturo appare più sbiadito e con disegni meno marcati rispetto all’adulto. Appare, quindi, più simile al giovane di Saltimpalo, ma pre­senta un tonalità generale più fulva e la diagnosti­ca presenza del netto sopracciglio. Le redini sono nerastre, mentre le guance e le copritrici auricolari bruno fulve. Le re mi ganti e le copritrici alari, sulle quali si nota la presenza del caratteristico specchio bianco, presentano una colorazione simile a quella degli adulti. Le parti inferiori, invece, appaiono ocra e occasional men te il petto appare soffuso di una cal­da tonalità gi allo­brunastra. Il groppone color can­nella pallido risulta macchiato di nero fino alla base della coda, che è ocra e non biancastra come negli adulti, ma con lo stesso forte contrasto in volo.

un esame più approfondito, questi soggetti mostra­no almeno una o più copritrici caudali superiori con gocciolatura scura all’estremità. Il petto è fulvo­arancio vivo, la colorazione sfuma poi sui fianchi e degrada verso ventre e sottocoda bianchi. Spesso i fianchi in periodo primaverile presentano un aspet­to grigiastro con la presenza di lunghe e sottili stria­ture scure appena sopra le zampe, caratteristica ti­pica di rubicola e che conferisce a questi individui un aspetto ‘sporco’. A livello delle scapolari si nota la presenza di un piccolo specchio bianco. Le copri­trici sottoalari sono per lo più grigie inframmezzate di bianco nella forma nominale o di ocra­fulvo ne­gli esemplari della forma occidentale hibernans. La coda appare nera e abbastanza corta. In tarda esta­te, gli adulti acquisiscono una livrea simile nel di­segno, ma più bruna e rossiccia. L’aspetto generale è pertanto meno vivace e marcato rispetto all’abito nuziale, con il nero del capo e del dorso più limita­to e lunettato di ocra, mentre il groppone assume un aspetto maculato con la parte centrale parzialmente oscurata da una colorazione brunastra. Il dimorfismo sessuale nei saltimpali è piutto­sto pronunciato nel piumaggio nuziale e la determi­

■ Saltimpalo (Saxicola rubicola), maschio adulto. Si distingue dal Saltimpalo siberiano per la vivace e molto estesatintarossicciadelpettoedeifianchi,perilcappuc­cio nero sviluppato e per le macchie bianche sul collo di dimensioni limitate.

■ Saltimpalo (Saxicola rubicola), femmina adulta. La colorazione scialba è tipica delle femmine, mentre la qua­si totale assenza di sopracciglio e la gola brunastra distin­gue que sta specie dal cugino siberiano che ha sopracciglio pallido evidente e gola senza pigmentazione scura.

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Specie politipica diffusa in europa con due sot­tospecie: hibernans (isole britanniche e coste atlan­tiche dai Paesi bassi alla Spagna) e rubicola (dal­l’europa continentale e Nord Africa, fino al Cau­caso settentrionale), tra loro intergradanti e di dif­

ficile riconoscimento, soprattutto sul campo. Nel nostro paese la forma nominale è parzialmente se­dentaria, migratrice regolare e nidificante nelle zo­ne adatte, dalla pianura ai monti fino a 1500 me­tri. Rispetto alle popolazioni dell’europa centrale,

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■ Stiaccino (Saxicola rubetra), immaturo al 1° inverno. Negli immaturi il piumaggio appare fresco ma poco contra­stato, senza disegni neri e tinte arancioni vivaci; inoltre, le aree chiare (sopracciglio, ventre e sottocoda) sono uniforme­mente sfumate di ocra­giallastro.

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■ Saltimpalo (Saxicola rubicola), giovane. I giovani del genere Saxicola e di altri muscicapidi hanno aspetto mimeti­co, grigio­marrone macchiettato di scuro e ocra. L’assenza di sopracciglio e le tonalità cupe del piumaggio sono tipiche del Saltimpalo, mentre il giovane di Stiaccino e Saltimpalo siberiano hanno livrea più chiara, variegata e contrastata.

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nazione del sesso è solitamente un compito facile. Le femmine hanno in genere un piumaggio meno contrastato bruno­grigiastro (più scuro che nello Stiaccino) con testa e dorso chiari e la presenza di un semicollare decisamente poco marcato o addirit­tura assente. Il petto ha una tonalità arancio slavato e la gola mostra spesso un alone scuro, a volte nera­stro in primavera. Il sopracciglio è sfumato e poco evidente, a volte del tutto assente. Lo specchio ala­re chiaro è molto ridotto e slavato; groppone e so­pracoda sono piuttosto scuri, di un bruno rossiccio intenso senza particolare contrasto con le parti su­periori e con marcate striature nere. Alcune femmi­ne di rubicola appaiono però incredibilmente scure e molto contrastate in abito riproduttivo, a seguito dell’effetto d’abrasione, risultando molto simili ai maschi, al punto tale da rendere molto difficile l’i­dentificazione del sesso. I giovani di Saltimpalo presentano un piumag­

nidifica essenzialmente nell’Asia del nord, ad est del Mar Caspio e dei monti Urali, e sverna più a sud, dal Medio Oriente all’India, fino all’Indone­sia. Però, durante le migrazioni, principalmente in autunno, appare regolarmente (anche se in numero variabile) nell’europa centro­occidentale, con nu­merose osservazioni lungo le coste atlantiche e nel­la Scandinavia meridionale; anche se è tuttora con­siderata molto rara in Italia, con poche osservazio­ni valide comprovate da fotografie. La sua fenolo­gia nel nostro continente implica che questa specie possa essere più comune nel nostro Paese di quanto normalmente si pensi. La scarsità di osservazioni, quindi, sarebbe da imputarsi più ad una sottostima degli effettivi che non alla vera rarità della specie. Il riconoscimento del maurus dal Saltimpalo può ri­sultare, in effetti, piuttosto problematico, anche se, osservando i caratteri giusti, è sempre possibile por­tarlo a termine con successo; sicuramente, un primo luogo comune da sfatare è quello secondo cui gli immaturi al 1° inverno (più probabili in Italia da un punto di vista fenologico) siano i più difficili da ri­conoscere, solo perché più smorti e meno colorati... Questo non è assolutamente vero! Anzi, in questo caso vale la regola contraria: infatti, i maschi adulti

gio spento, con parti superiori marroni o nerastre, testa bruna con strie fulve e parti superiori con netti triangolini ocra­giallastri all’apice delle copritrici, formanti un disegno marezzato. Il groppone è ros­siccio con macchie e strie nere, come nella femmi­na. La gola è variabile (chiara in alcune femmine o velata di scuro negli altri individui), mentre sopra all’occhio si osserva a volte un sopracciglio tenue e sfumato. Le parti inferiori non sono mai rossicce come negli adulti, bensì sfumate di ocra­fulviccio, un po’ più carico sul petto. Le penne delle ali, so­prattutto quando sono state mutate da poco, sono scure con sottili bordini chiari. Nel complesso, il giovane Saltimpalo appare più scuro del giovane di Stiaccino, che al contrario sfoggia un netto soprac­ciglio chiaro, parti inferiori più pallide, un pannello alare nettamente bincastro, una più vivace colora­zione a scaglie del dorso ed anche una proiezione delle primarie molto più lunga.

di rubicola sono molto variabili nel disegno e nella colorazione generale, soprattutto nell’europa me­diterranea, dove appaiono mediamente più pallidi, sbiaditi e quindi più simili al cugino siberiano, che in tal modo può passare facilmente inosservato! In generale però i maschi di maurus presentano una combinazione di caratteristiche abbastanza origi­nale: pannello scapolare bianco più esteso, spesso molto grande e ben contrastante con le copritrici del mantello, le quali a loro volta sono più scure, tanto da formare un’evidente “sella” nera sul dor­so; semicollari bianchi più sviluppati, che dai lati del collo si allungano fin quasi a toccarsi sulla nuca (da una certa distanza e da particolari angolazioni, l’animale sembra provvisto di un collare comple­to, con cappuccio nero del tutto staccato rispetto al dorso); colorazione delle parti inferiori più pallida e contrastata, con pigmentazione rosso­arancio me­no estesa, isolata al centro del petto e ben demarca­ta rispetto a ventre e sottocoda bianchi; in piumag­gio fresco, dall’inverno all’inizio della primavera, inoltre, i bordini delle piume e delle penne tendono ad essere di un colore più freddo, ocra­grigiastro, rispetto alla sfumatura calda, bruno­rossiccia, del rubicola; infine, il sottoala è più o meno uniforme­

Dopo aver descritto ogni minimo particolare del piumaggio delle due specie regolari nel nostro Paese, cimentiamoci ora nell’identificazione di un

uccello molto simile, oltreché strettamente imparen­tato con le suddette, ma assai più raro: il Saltimpalo siberiano. Come ci ricorda il nome, questa specie

■ Saltimpalo siberiano (Saxicola maurus maurus), maschio adulto. Il cappuccio nero poco esteso sulla gola, la sfuma­tura rossiccia pallida e limitata al centro del petto, le macchie bianche sul collo molto estese (che quasi si toccano sulla nuca), il dorso variegato e le primarie abbastanza lunghe sono caratteri tipici di questo accidentale siberiano.

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■ Saltimpalo siberiano (Saxicola maurus maurus), fem­mina o immaturo al 1° inverno. La gola appare scura ma si tratta solo di un effetto di ombra delle piume copritri­ci; il Sal timpalo siberiano non ha mai pigmento scuro sot­to il becco. Il groppone immacolato è un altro carattere diagnosti co della specie.

mente nerastro, con pochissime lunette biancastre, non grigiastro largamente marezzato di chiaro co­me nel Saltimpalo comune. Il carattere da sempre considerato più importante e diagnostico nel rico­noscimento di questa specie rimane comunque il colore del groppone: nel maurus, infatti è del tutto bianco candido, dalle copritrici superiori del sopra­coda all’attaccatura delle timoniere (queste ultime nerastre); sul campo, però, bisogna stare attenti e verificare bene in quanto la variabilità delle popo­lazioni mediterranee di rubicola è grande, ed alcuni maschi possono avere groppone largamente bianca­stro, anche se, come è già stato detto in preceden­za, anche negli esemplari più chiari di questa specie almeno alcune copritrici del sopracoda possiedono strie scure lungo il rachide, le quali interrompono la continuità e l’uniformità del bianco. Le femmine adulte e gli immaturi al primo in­verno si assomigliano ed appaiono molto dissimili dai maschi adulti; passiamo, quindi, ad analizzarne i caratteri identificativi. La proiezione delle prima­rie è leggermente più lunga rispetto a quella di rubi-cola, ma comunque corta e pari a meno di 2/3 della lunghezza delle terziarie. La colorazione generale è assai pallida, dominata da freddi toni ocra­grigiastri (mai bruno­rossicci come nel cugino europeo): il dorso è tipicamente striato di chiaro e scuro, ma la differenza è minima, tanto che da lontano può ap­parire uniformemente bruno­grigiastro, e le parti in­feriori sono biancastre sfumate di color crema, più intenso su petto e fianchi. La gola è sempre chiara, biancastra, senza l’alone scuro spesso presente nel­

le femmine e negli immaturi di Saltimpalo; questo è un carattere importante: se presente, infatti, la pig­mentazione scura sulla gola elimina in maniera de­finitiva il Saltimpalo siberiano (attenzione quindi a non confondere l’ombra scura tra le piume arruffate per colorazione nerastra)..! Inoltre, il groppone, co­me già detto per i maschi adulti, è uniformemente chiaro: all’inizio dell’autunno appare ocra intenso o addirittura sfumato di arancione, mentre con l’an­dar del tempo sbiadisce fino a diventare biancastro (molto contrastante con la coda scura) all’inizio della primavera. Il disegno della testa è solitamente diagnostico: a parte la già citata gola chiara, è pre­sente un evidente sopracciglio biancastro o sfumato di ocra, che dalla base del becco tende ad ampliar­si a ventaglio fino al retro delle copritrici auricola­ri. Nel Saltimpalo, invece, il sopracciglio è appena percettibile, sfumato o del tutto assente. A questo punto va ribadito una volta per tutte che, anche se smorti e meno appariscenti dei maschi in abito ri­produttivo, gli immaturi e le femmine di Saltimpalo siberiano sono più facili da riconoscere dai rispet­tivi piumaggi di Saltimpalo. Questo perché la co­

lorazione generale pallida e fredda, la gola chiara, l’evidente sopracciglio, il dorso pallido e striato, il groppone ocra uniforme ed i bordini chiari spessi sulle penne di ali e coda formano una combinazione di caratteri unica e diagnostica. L’aspetto generale così riassunto può far pensare di più all’immaturo di Stiaccino, ma in realtà il Saltimpalo siberiano diffe­risce da quest’ultima specie sia nella struttura (pro­porzioni più tozze, collo taurino e proiezione delle primarie molto più corta) che nella colorazione (co­da senza bianco alla base delle timoniere, dorso più chiaro e meno macchiettato, groppone uniforme­mente pallido, ecc.); anche il sopracciglio chiaro, presente e ben sviluppato in entrambe le specie, dif­ferisce nettamente, dato che nello Stiaccino è molto più netto (in quanto contrasta con guance e vertice più scuri), più allungato (visto che continua fin qua­si alla nuca) e non si allarga a ventaglio verso l’e­stremità posteriore (i bordi sono paralleli per tutta la lunghezza).

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■ Saltimpalo siberiano (Saxicola maurus maurus), immaturo al 1° inverno. L’immaturo di questa specie è molto di­verso da quello del Saltimpalo, con piumaggio più variegato (soprattutto le ali), sopracciglio bianco esteso e groppone chiaro sfumato di ocra. Si distingue invece dallo Stiaccino per il sopracciglio più sottile, per la struttura generale, la man­canza di macchie sul groppone e le primarie notevolmente più corte.

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Quante osservazioni di siberiano in Italia ?

Queste segnalazioni, come già accennato in precedenza, fanno supporre una presenza rara ma re go­la re in Italia.

26/01/2007. Canale Cavour (VC)8/11/2007. Ceggia (Ve)10/11/2007. Bocca di Serchio (PI)14/10/2008. Albate­Bassone (CO)

12/02/2009. Foce Acquicella (CT)27/10/2009. Linosa (Ag)

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11 juv

D. Di Noia: Annuario eBN ItaliaA. Nardo: Annuario eBN ItaliaA. Quaglierini: Annuario eBN ItaliaM. Brambilla: discussione http://www.ebnitalia.it/ public/forum/viewtopic.php?f=4&t=187A. Corso: Annuario eBN ItaliaA. Corso, I. Majorano: Annuario eBN Italia

Il Saltimpalo siberiano è considerato di com­parsa rara e irregolare; Brichetti e Fra cas so, nel 2008, indicano solo 8 osservazioni recenti, defi­nite “non esaminate dalla COI e in alcuni casi non

supportate da documentazione o descrizione det­tagliata”. A quelle sopra indicate devono essere aggiun­te le seguenti:

QB RARITà

4948

l 21 ottobre 2011 è un venerdì di lavoro co-me tanti, ma in ufficio faccio fatica a concen-trarmi. Decido così di prendermi una pausa

salutare e un po’ speciale: all’ora di pranzo mi reco a fare birdwatching lungo le rive del Lago di Cal-donazzo (TN). Il lago, situato lungo la Valsugana a pochi chilometri da Trento, è un luogo di interesse ornitologico soprattutto in periodo di migrazioni, essendo una delle poche aree di sosta per gli uccelli acquatici che attraversano le Alpi centro-orientali. Per questo parto fiducioso e pieno di aspettative. Sono sul prato di Calceranica da pochi minu-ti, monto il cavalletto e con il cannocchiale inizio a scrutare il centro del lago alla ricerca delle prime

Gavine (Larus canus) della stagione, magari di uno Zafferano (L. fuscus) o di Gabbianelli (Hydro co­loeus minutus), già avvistati pochi giorni prima nel-la vicina Riserva dei Canneti di San Cristoforo, nel-la parte settentrionale del lago. Mentre mi avvedo soddisfatto dell’effettiva presenza di alcune Ga vi ne imbrancate in un folto gruppo di Gabbiani comuni (Chroicocephalus ridibundus), scorgo in lontanan-za una figura non comune e dal comportamento sin-golare. Il picchiettare continuo, frenetico, definirei qua-si nevrotico del lungo becco sulla superficie dell’ac-qua mi appare subito diagnostico per limitare la sfe-ra delle ipotesi al genere Phalaropus, che compren-

Idi Giuseppe Speranza

U n falaropo alpino

de solo tre specie, due delle quali di comparsa più o meno regolare in Italia: il Falaropo beccosottile (P. lobatus), migratore regolare ma con scarse presen-ze, e il Falaropo beccolargo (P. fulicarius), più raro. Purtroppo il limicolo é a notevole distanza (almeno 500 m dalla riva) e, quando mi sembra di averlo in-quadrato a un ingrandimento accettabile, sparisce dalla vista inghiottito dall’effetto del riverbero delle correnti d’aria sull’acqua. La giornata è calda e lu-minosa e fa seguito a una breve ma intensa pertur-bazione protrattasi fino alla mattina del giorno pri-ma. Sono emozionato e finanche preoccupato, mi rendo conto che si tratta di una rarità che travalica i confini locali e il mio dovere di birder è quello di rendere tale evento archiviabile in modo ufficiale. Un senso di frustrazione mi invade quando pro-vo ad andare sulla riva opposta del lago convinto di riuscire a osservarlo a una distanza di decine e non di centinaia di metri. Per ben due volte provo a con-tattarlo dalla sponda orientale col binocolo e il can-nocchiale, ma niente, sembra un fantasma che si pa-lesa solo se lo si osserva da quella che ritenevo esse-re la riva più lontana. Inizio anche a dubitare di ciò che ho visto, ma ogni qualvolta torno a Calceranica

mi tranquillizzo vedendo che è sempre nello stesso specchio d’acqua dove, da quasi un paio d’ore, non fa altro che muoversi disordinatamente a destra, a sinistra, avanti e indietro, sempre su e giù con il collo e il becco che mi sembra lungo e sottile, tanto che in lista invio un messaggio di “alert” dal titolo: “Avvistamento di Falaropo beccosottile al Lago di Caldonazzo”. Ma la realtà riesce talvolta a superare la fanta-sia. Si tratta di una specie ancora più rara per il no-stro Paese: un Falaropo beccolargo! Però questo lo scoprirò solo l’indomani, dopo una notte insonne e grazie all’aiuto di Maurizio Azzolini, Paolo Bertini, Marco Cabassa e Karol Tabarelli de Fatis. Maurizio Azzolini sarà il primo a identificarlo correttamen-te già a notevole distanza per comparazione con un vicino Germano reale (Anas platyrhynchos), ma la certezza l’avremo solo dopo averlo avvicinato, fa-cendo attenzione a non recare alcun disturbo a que-sto piccolo limicolo in sosta durante uno dei viaggi migratori più lunghi tra quelli noti in natura. Oltre alla forma del becco, anche la sua colorazione con-sente di distinguerlo dal congenere: il beccolargo adulto a inizio inverno ha solitamente una colora-

■ Falaropo beccolargo (Phalaropus fulicarius).PraticamentetuttelefotografiecheritraggonoifalaropiinItalia,mo-strano esemplari che nuotano nelle acque aperte; questo non fa che ribadire il comportamento strettamente acquatico di queste specie e la loro netta preferenza, dal punto di vista ambientale, per i bacini idrici ed il mare aperto.

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■Lago di Caldonazzo. La ricerca di uccelli acquatici estremamente rari, come questo Falaropo beccolargo, spinge i birders all’uso di mezzi estremi, comel’affittodiun’imbarcazione per raggiungere il centro di laghi o bacini artificiali;un’ulteriorericompensa per questa fatica è data dallo splendido paesaggio che si gode dal centro del lago.

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zione gialla alla base del becco, residuo dell’abito estivo, mentre il beccosottile presenta sempre un becco di colore nero. Saranno meno di una decina quelli che riusci-ranno a vederlo durante il sabato 22 ottobre. Lui è tanto confidente da lasciarsi avvicinare a una distan-za che solo i limicoli dell’estremo nord riescono a regalare. E io mi sento quasi imbarazzato per aver osato invadere il suo spazio vitale, quello di un nati-vo dell’Artico che qualche strana corrente e tempe-sta d’alta quota ha dirottato verso est facendogli ab-bandonare la rotta atlantica che avrebbe dovuto por-tarlo a svernare in pieno oceano Atlantico, a ovest dell’Africa centro-meridionale. I suoi occhi scuri ci scrutano interrogandosi su chissà quale alchimia l’abbia trascinato al centro di questa scena, tra deci-ne di click e sguardi affascinati da tanto candore. Scoprirò poi che era da quasi 150 anni che in Trentino non veniva avvistata questa specie, non comune nemmeno nel resto d’Italia e dell’Europa continentale. Il Falaropo beccolargo è quasi esclusi-vamente pelagico, più facile da avvistare navigando a bordo di un cargo in pieno oceano piuttosto che solcando mari interni e, men che meno, nei bacini d’acqua dolce. Dopo essersi rifocillato a sufficienza, il falaropo “alpino” ha iniziato a intervallare i pasti con brevi voli a pelo d’acqua, sintomo di un’irrequietezza mi-gratoria che andava montando, per poi sparire dalla nostra vista la sera stessa. Nei giorni a seguire non sarà più ricontattato, nonostante la presenza di nu-merosi birders giunti da diverse regioni del Nord Italia. Con loro abbiamo scrutato senza successo ogni angolo del lago alpino, la cui magia rischia in

un futuro non troppo lontano di essere spazzata via da speculatori senza scrupoli e da urbanisti improv-visati. Si fanno sempre più concrete, infatti, le mi-nacce di sfruttamento commerciale delle aree a ri-dosso del lago con costruzione di parcheggi, campi da golf, parchi tematici e piste ciclo-pedonali dove oggi sorgono gli ultimi lembi di canneto. Ancora una volta, dietro la cosiddetta “riqualificazione am-bientale” si nascondono operazioni speculative sen-za alcuna utilità per la collettività locale e assoluta-mente irreversibili per l’ambiente.

BibliografiaBrichetti P. e Fracasso G., 2004. Ornitologia Italiana. I-

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Falaropo beccolargo (Phalaropus fulicarius)

Il Falaropo beccolargo (Phalaropus fulicari­us) è una specie monotipica appartenente alla fa-miglia degli Scolopacidi. Rispetto al congenere Falaropo beccosottile (Phalaropus lobatus) è più spiccatamente pelagica. Nidifica nelle regioni artiche del Nord Ame-rica e dell’Eurasia, dal 60° all’80° di latitudine nord, per poi migrare lungo rotte oceaniche e svernare in mare aperto negli oceani tropicali: Pa-cifico e Atlantico australi. Il grosso della popolazione europea nidifica lungo le coste delle isole Svalbard con una po-polazione stimata di 200-1.000 coppie, altre 150-500 coppie sono stimate in Groenlandia, mentre resistono poche decine di coppie in Islanda (limi-te meridionale del suo areale) e nella fascia set-tentrionale della Russia europea. La maggior par-te della popolazione mondiale nidifica in Alaska, Canada e Siberia settentrionali con un totale sti-mato di circa 1 milione di coppie. Grazie al numero elevato e all’ampia esten-sione del suo areale, il suo status di conservazio-ne è considerato a rischio minimo, ma negli ulti-mi decenni sono noti trend di decrescita in molte aree. Le minacce principali sono rappresentate dall’inquinamento da petrolio nei siti di sosta e svernamento e dal diffondersi di pozzi petroliferi nei quartieri di nidificazione. Ha una lunghezza media di circa 21 cm, di-ta lobate e becco diritto, lungo e sottile, ma più spesso di quello del Falaropo beccosottile. Il bec-cosottile è più piccolo, misura mediamente 18 cm di lunghezza, ha il collo meno robusto e il becco a spillo, ma questi caratteri si riescono ad apprez-zare solo a distanza ravvicinata. In abito estivo le due specie sono chiaramen-te distinguibili e in entrambe è la femmina che presenta colori più sgargianti, come è tipico nelle specie in cui è il maschio a occuparsi della cova e delle cure parentali. In inverno i sessi sono praticamente indistin-guibili, mentre le due specie si riconoscono per il tono di grigio delle parti superiori (chiaro e omo-geneo nel beccolargo, scuro con strisce bianche nel beccosottile) oltre che per forma, struttura e colore del becco (con base gialla nel beccolargo soprattutto a inizio inverno, come nell’individuo osservato in Trentino). In volo entrambi presentano una barra alare bianca, sottile e di spessore uniforme nel becco-sottile e più larga soprattutto nelle secondarie in-terne nel beccolargo, nel quale produce un contra-

sto meno marcato per via delle copritrici grigie. Gli individui al primo inverno differiscono dagli adulti per qualche traccia scura nella parte poste-riore del collo, oltre che per remiganti nere e parte delle copritrici brunastre. Il Falaropo beccolargo si alimenta di minu-sco li invertebrati acquatici sulla superficie del-l’acqua, idrozoi e piccoli crostacei, e in pieno o ce a no è stato osservato spesso in compagnia di altri uccelli marini approfittare delle opportu-ni tà di foraggiamento offerte da Balene grigie (E schrichtius robustus) in alimentazione. Siccome non ha una struttura corporea adat-ta all’immersione, utilizza il becco per descrivere movimenti circolari sulla superficie dell’acqua, formando piccoli mulinelli che portano in super-ficie il cibo di cui si nutre. Il movimento di aper-tura e chiusura del lungo becco crea una tensio-ne superficiale che spinge velocemente le gocce d’acqua ricche di sostanze nutritive nella bocca, ma questa abilità lo rende particolarmente vulne-rabile in caso di inquinanti disciolti o dispersi nel-le acque. A differenza del beccosottile, che utilizza pre-valentemente rotte migratorie interne, il becco lar-go attraversa gli oceani, per cui viene difficilmen-te osservato in Europa continentale se non a se-guito di fenomeni atmosferici avversi di partico-lare intensità che lo spingono lontano dalle rotte principali. Da notare che nello stesso giorno in cui ve-niva ammirato il beccolargo in Trentino, Andrea Corso e altri birders del nodo romano GROB av-vistavano un altro esemplare conspecifico al lar-go dell’isola di Ventotene (LT), nelle isole Pon-tine, mentre un terzo fulicarius veniva osservato il 6 novembre da Cristiano Liuzzi a Torre Canne, sulle coste brindisine. Un numero di avvistamenti quasi da record in Italia, dove nell’ultimo secolo e mezzo sono note poco più di 50 segnalazioni. Ot-to di queste sono riferibili agli ultimi cinque anni: segnale di una tendenza in atto o pura casualità statistica?

■ Falaropo beccolargo (Phalaropus

fulicarius). La colorazione bianca sotto e grigia sopra con segni neri sulla testaifianchielecopritrici delle ali

è tipica della livrea invernale, non

riproduttiva. Le dimensioni del becco

(spesso e tozzo), la mascherina scura

estesa e le strie sui fianchifinienette

distinguono questa specie dal cugino

beccosottile (P. lobatus).

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di Cristiano Izzo, Roberto Lerco, Carla Chiappisi e Maurizio Sighele

l 10 settembre 2011 resterà una giornata da incorniciare per i birdwatchers veneti “con-tinentali”!

Sono le 8.00, la località è Lido Campanello e uno di noi, Cristiano Izzo, sta facendo birdwatching in compagnia di Carla Chiappisi e Massimo Fac-cioli. Era da un po’ che non si frequentava il basso Lago di Garda in cerca di emozioni ornitiche, poi-ché nel periodo balneare tutta la zona è densamente frequentata dai turisti. Ai tre si aggiunge Roberto Lerco con i picco-li Giacomo e Filippo, allorquando l’attenzione dei birders viene catturata da un paio di uccelli abba-

stanza scuri, agili, con ali a punta e volo regola-re. Non c’è dubbio: si tratta di 2 stercorari, ma so-no troppo lontani per stabilire esattamente di quale specie si tratti. Allertati da Cristiano, arrivano poco dopo an-che Maurizio e Giacomo Sighele. La banda di pazzi è ormai al completo e cominciamo a confrontarci, escludendo subito le due specie più grandi, Ster-corario maggiore (Stercorarius skua) e Stercorario mezzano (S. pomarinus); uno degli individui è or-mai sparito, mentre l’altro, più chiaro, continua a farsi osservare sebbene sia molto al largo, compien-do voli abbastanza brevi per poi posarsi poco più in là. Si cimenta anche in una specie di spirito santo,

Labbo codalunga......sul Lago di Garda !

I■ Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus), immaturo al 1° inverno. L’osservazione a distanza così ravvicinata di un qualsiasi Stercoraride è un accadimento assai raro (se non eccezionale) nel nostro paese; in questo caso è stato addi-rittura necessario noleggiare una barca per poter ottenere l’effetto desiderato...■ Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus), immaturo al 1° inverno. Classico stercorario nella struttura robusta, nella colorazione scura e nella forma del becco (da carnvoro generalista e spazzino); le pesanti barrature su sottoala, ven-tre e groppone e la testa brunastra striata di scuro sono tipici del giovane immaturo in inverno.

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■Labbo codalunga (Ster corarius longicaudus), immaturo al 1° inverno. Così come altri uccelli pelagici (soprattutto berte, sule e gabbiani), gli stercoraridi sono animali facilmente avvicinabili dall’uomo; in alcuni casi, anzi, sono attirati dalle imbarcazioni, spinti dalla curiosità e dalla speranza di reperire cibo.

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to di una foto di Cristiano, che inquadrava l’indivi-duo più scuro osservato a grande distanza, suggeri-sce a Klaus Malling Olsen (coautore di “Skuas and Jaegers”, Yale University Press) che possa trattarsi di un secondo labbo codalunga, cosa che però non si può dire con certezza, visto il tipo di immagini a disposizione. Il sabato mattina successivo, dopo una settima-na lavorativa che sembrava non finire mai, tornia-mo sul luogo del delitto attuando lo stesso schema: dapprima avvistamento da riva con le ottiche, quin-di successivo avvicinamento con l’imbarcazione a noleggio. Una volta in acqua, contattati al telefono da Andrea Mosele arrivato in loco dopo la nostra partenza, torniamo a riva a raccogliere lui e il figlio-letto, impietositi dalle sue richieste. Anche questa volta ci va bene, anzi meglio! Infatti gli stercorari posati in acqua sono due, entrambi del primo anno, e avvicinandoci riusciamo a capire che uno è un Labbo codalunga, probabil-mente lo stesso del sabato precedente, mentre l’altro è diverso, anche se ci lascia un po’ interdetti, perché ha sì la colorazione piuttosto spenta come il coda-lunga, ma la testa (per forma e striature) e il becco (per forma e quantità di nero) ci ricordano il Labbo. È proprio un Labbo, ci dice in seguito ancora Klaus Malling Olsen, anche se questo individuo non ha la colorazione color mattone tipica della specie, ma mostra invece una poco frequente tonalità bru-no-grigiastra. Prima di imbarcarci, a dirla tutta, è stato bre-vemente osservato da Roberto e Cristiano un terzo individuo, molto distante, con caratteri più da ster-corario adulto o sub-adulto nella forma chiara, ma purtroppo è scomparso subito, allontanandosi defi-nitivamente verso il centro del lago. Che dire: Magico Garda! Nonostante ormai sia un gigantesco parco giochi in cemento, fortunata-mente è ancora possibile incontrare delle rarità. Poi, quando succede che ci si diverte tanto con leggerez-za e tra cari amici, il tutto è ancora più bello. O no?

Ringraziamenti Si ringrazia Klaus Malling Olsen per la disponibilità nel valutare le nostre immagini.

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Garbini A. 1904. Aves. In: Sormani Moretti L. (red.), La provincia di Verona. Monografia Statistica, Econo-mica, Amministrativa. Leo Olschki Ed., Firenze.

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restando però sempre a distanza proibitiva dai nostri cannocchiali. È un labbo, ma quale? A questo punto Maurizio coglie la palla al bal-zo: nota, proprio sul molo dove siamo appostati, una barchetta ormeggiata a noleggio. Contrattato velocemente il prezzo con il proprietario e sbrigate le formalità, fatto indossare il salvagente ai piccoli, salpiamo. Il labbo, continuamente controllato, è an-cora lì. Ci dirigiamo urlando come dei pirati all’ar-rembaggio (si fa per dire) verso lo stercorario posa-to in acqua a poco più di 1 km dalla riva, avvicinan-doci in realtà con caute manovre di aggiramento. L’uccello, per nulla disturbato dalla nostra presen-za, si lascia ammirare e fotografare in tutto il suo splendore, sia impegnato in brevi voli sia posato. Possiamo identificarlo come un immaturo al primo inverno di Labbo codalunga (S. longicau­dus)! Notiamo l’assenza di una qualsiasi tonalità aranciata (che sarebbe tipica del Labbo, S. parasiti­cus), il piumaggio piuttosto contrastato, con prima-rie più scure e copritrici più chiare, i flash bianchi solo sui margini superiori dell’ala, la testa gentile e arrotondata, le timoniere centrali lunghette (le guide

ci diranno che devono essere almeno come la lun-ghezza del becco), la punta della coda ampia (non appuntita come nel Labbo), il becco nero per circa la metà della sua lunghezza (nero solo nel terzo di-stale nel Labbo). Il Labbo codalunga è una specie sporadica sul Lago di Garda veronese. L’unica segnalazione “re-cente” è del 1988, nella vicina Cisano, mentre le precedenti segnalazioni risalgono agli anni ’40 del XX secolo. Storicamente era considerato un migra-tore irregolare piuttosto che una rarità, con osserva-zioni che perduravano anche un mese e concentra-zioni fino a una quarantina di individui, quasi sem-pre osservati tra fine agosto e fine settembre (Gar-bini, 1904; Arrigoni Degli Oddi, 1929; Dal Nero, 1947; De Franceschi, 1996). Una specie rara qui da noi, insomma. Giacomo, Maurizio e Roberto aveva-no già osservato il codalunga in Norvegia, ma per gli altri si tratta di un graditissimo lifer. La diagnosi definitiva, vista la nostra assoluta inesperienza per questa specie in questo piumaggio, è stata confermata a posteriori grazie alle foto scat-tate a distanza ravvicinata. Un potente ingrandimen-

■ Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus), imma-turo al 1° inverno. Anche se in questo scatto la base delle primarie sembra bianca, in realtà solo il rachide è chiaro mentre il resto delle penne è nero uniforme, carattere tipi-co del codalunga, esattamente come la coppia di timonie-re centrali, lunghette ma spesse ed arrotondate.

■ Labbo codalunga (Stercorarius longicaudus), immaturo al 1° inverno. Caratteri diagnostici dell’immaturo di questa specie sono: mancanza di flash bianchi alla base della faccia superiore delle primarie, becco con tanto nero in punta, quarti posteriori nettamente barrati di chiaro/scuro e sfumatura grigia uniforme sulla nuca.

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testo e foto di Roberto Barezzani

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può vantare: Luì forestiero (Phylloscopus inorna­tus), Ciuffolotto scarlatto (Carpodacus erythrinus) e Fringuello africano (F. c. spodiogenys). Il giorno 6 ottobre alla Berga vi era un buon pas-saggio. Quella mattina gli uccelli provenienti dalla valle sottostante volavano bassi attraverso gli albe-ri e i cespugli, evitando il vento contrario. Verso le 11.00 del mattino mi reco alle reti più vicine per to-gliere un Frosone (Coccothraustes coccothraustes) che, dopo essere stato inanellato e liberato, è stato catturato di nuovo. Passando, noto un “pettirosso” particolarmente scuro e con un petto molto rosso, altrettanto scuro. Libero il Frosone e intanto penso “che strano uccello è finito in rete...”. Mi dirigo su-bito da lui e inizio le operazioni per toglierlo dalla rete. Appena esamino la coda lancio un urlo all’in-dirizzo degli altri che sono a pochi metri da me: “Pi­gliamosche pettirosso !!!” Le macchie a mezzaluna sulle timoniere più esterne sono inconfondibili. Riaffiora subito alla mente il ricordo di un altro Pigliamosche pettirosso (Ficedula parva) da me vi-sto nei giardini dell’ospedale di Chiari (BS), dove a quel tempo lavoravo, nel mese di febbraio di molti anni prima. Era posato su un alberello a non più di quattro metri da me e l’avevo subito identificato co-me tale proprio in virtù dalle macchie a mezzaluna sulle timoniere. La bestia muoveva la coda su e giù molto lentamente e questo caratteristico movimento era descritto anche nelle guide da me consultate una volta rientrato a casa. Inutile dire che non avevo con me la macchina fotografica e che i tentativi di ricon-tattarlo nei giorni seguenti furono infruttuosi. Ma torniamo al nostro presunto Pigliamosche pettirosso. L’esame del piumaggio rivela che si tratta di un maschio immaturo al primo inverno in muta: ha le grandi copritrici più esterne ancora gio-vanili, la coda appuntita e le macchie bianche sulle timoniere esterne. Questo non quadra con l’esten-

RARITà

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La raritàche non ti aspetti

a stazione di inanellamento della Berga si trova sul passo omonimo (1500 metri sul livello del mare) sopra il lago d’Idro, in

provincia di Brescia. Opera dal 1994 in un conte-sto territoriale difficile (le valli bresciane) ed è sta-ta tra le promotrici del Progetto Alpi, monitoraggio della migrazione sull’arco alpino coordinato dall’I-SPRA e dal Museo delle Scienze di Trento. La spe-cie maggiormente catturata è il Fringuello (Fringil­la coelebs) seguita dal Regolo (Regulus regulus) e dal Pettirosso (Erithacus rubecula). Tra le rarità

■ Balia mugimaki (Ficedula mugimaki), maschio im-maturo al 1° inverno. Anche se la combinazione di parti superiori grigiastre, coda bicolore e petto aranciato può ri-cordare il maschio di Pigliamosche pettirosso (F. parva), i caratteri fini del piumaggio, soprattutto la colorazione della testa e delle ali, puntano verso questo raro acciden-tale asiatico.

■ Balia mugimaki (Ficedula mugimaki), maschio immaturo al 1° inverno. La combinazione di caratteri tipici dell’a-dulto (tanto rossiccio sotto, accenno di cappuccio nero) e del giovane (grigio-olivastro sopra, gocce bianche sulle copri-trici maggiori e remiganti brunastre pallide) sono tipici dell’immaturo al primo anno di vita.

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La Balia mugimaki (Ficedula mugimaki)

La Balia mugimaki (Ficedula mugimaki) è un piccolo passeriforme appartenente alla famiglia Mu scicapidae, per la precisione alla sottofami-glia Saxicolinae. Nidifica nella regione Paleartica orientale, in Mongolia, Cina settentrionale e Sibe-ria centro-meridionale (inclusa l’isola di Sakha-lin) a sud fino alla Corea del Nord. Sverna essen-zialmente nel sud della Cina, Malesia e Indone-sia; durante le migrazioni transita su Mongolia e Cina centro-orientale; più a ovest viene osservato di rado e non è mai stato osservato nel sub-conti-nente indiano. Pur avendo un areale piuttosto limitato, il fat-to di migrare a lungo raggio e di possedere otti-me capacità di volo rendono questa specie un ac-cidentale ad alto potenziale di presenza al di fuori

delle zone di presenza regolare. Questo è anche testimoniato dall’osservazione di un esemplare sull’isola di Shemya, Alaska, nel maggio 1985. In effetti, sovrapponendo il suo areale a quello di altri uccelli migratori dell’est asiatico occa-sionalmente osservati nel Paleartico occidenta-le, è possibile notare un interessante parallelismo con Averla bruna (Lanius cristatus), Locustella di Gray (Locustella fasciolata), Canapino becco-forte (Iduna aedon), Luì di Radde (Phylloscopus schwarzi), Luì coronato di Temminck (P. corona­tus), Storno daurico (Agropsar sturninus), Usi-gnolo di Swinhoe (L. sibilans), Pigliamosche del-la Dauria (Muscicapa daurica), Spioncello sibe-riano (Anthus rubescens japonicus), Zigolo orec-chie castane (Emberiza fucata), Zigolo dai so-praccigli gialli (E. chrysophrys), Zigolo rutilo (E. ru ti la), ecc. Il fatto che quasi tutte queste specie siano state segnalate solo poche volte in Europa conferma la selvaticità delle Balie mugimaki os-servate nel nostro continente e ne spiega la rarità. Oltre a quella descritta, esiste un’altra segna-lazione italiana di questa specie: una femmina cat turata a San Vendemiano (TV) il 29 ottobre 1957 e per qualche tempo conservata in una col-lezione privata locale (Giol 1959: Riv. Ital. Orn. 29: 11-13). Un individuo, inoltre, è stato visto a Stone Creek nell’Humberside, Inghilterra, nel novem-bre 1991, mentre un maschio adulto è apparso nel l’agosto 2007 presso Neftekamsk, nella Russia eu ro pea. Tranne quella russa, tutte le segnalazio-ni eu ropee non sono ritenute valide dai rispettivi comitati ornitologici e sono state escluse dalle li-ste nazionali, in quanto non si è certi dell’origine naturale dei soggetti implicati. La presente cat-tura italiana (di un individuo del primo inverno ed effettuata in periodo propizio) potrebbe essere considerata, se accettata dalla COI, la prima per il Pale ar tico occidentale, incoraggiando così gli ornitologi a riesaminare e quindi a “sbloccare” le precedenti segnalazioni.

sione e la tonalità del colore rosso sul petto. Come può essere, dato che si tratta di un immaturo? L’ec-citazione inizia a montare, mi consulto con le al-tre persone presenti e anche loro concordano sulle strane caratteristiche del piumaggio. Completiamo le operazioni di inanellamento, scattiamo le foto e lasciamo il nostro ospite libero di riprendere il suo viaggio.

La sera, tornato a casa, contatto l’amico Ottavio Janni e, tramite le foto, finalmente si riesce a dare un nome certo all’uccello: si tratta di una Balia mu-gimaki (F. mugimaki), una specie che nidifica in Si-beria orientale e Cina nord-orientale e sverna dalle parti di Singapore. Accidentale genuino o aufugo? Alla COI l’ar-dua sentenza.

■ Balia mugimaki (Ficedula mugimaki). Questa fem-mina del 1° inverno (riconoscibile per il disegno a goc-ce bianche sulla punta delle copritrici maggiori), cattu-rata a San Vendemiano (TV) il 29 ottobre 1957, costi-tuisce la prima segnalazione per il Paleartico occiden-tale, anche se ad oggi non è ritenuta valida dalla Com-missione Ornitologica Italiana (foto tratta da: Riv. ital Orn. 1959, vol. 29 (3): 11-13).

Sulle ghiaie del Potesto e foto di Simone Moscardini

e penso alle emozioni legate alla fotografia naturalistica la mente mi corre subito all’Africa, al fascino di quella sera in cui vidi le leonesse a caccia o alla sorpresa di quel mattino della scorsa estate, quando un branco di elefanti arrivò al pascolo a non

più di venti metri dalla tenda dove dormivo. Però, a una manciata di chilometri da casa, ve-dere e, soprattutto, sentire un volo di duecento gru passarmi appena sopra la testa e atterrare di fronte a me, sulle ghiaie del Po, è un ricordo che mi appare altrettanto grandioso e vivido.

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paro della vegetazione di golena, un po’ più lonta-no dall’acqua. Mentre mi trovavo all’interno di una macchia di giovani salici mi parve di sentire, distan-ti, una serie di richiami inconfondibili; allora uscii allo scoperto, guardando indietro, lontano, nel cielo. Era proprio uno stormo di Gru (Grus grus), a oltre un chilometro di distanza. Ricordo di essere rima-sto sorpreso dalla consistenza numerica dello stor-mo, che era composto da almeno un centinaio di individui. Anche se nella stagione fredda ero solito avvistare con regolarità le Gru di passo nell’area, non ne avevo mai viste così tante. Le avevo sempre scorte in gruppi di circa una decina di individui, nel-la classica formazione a V. Questo stormo era deci-samente più numeroso. Le Gru stavano prendendo una corrente termica ascensionale e - con calma, tra le inconfondibili grida - salivano descrivendo ampi cerchi, senza una geometria precisa all’interno del-lo stormo, ma anzi formando una sorta di piccola nuvola. Realizzai qualche scatto, giusto per ricor-darmi dell’incontro e per contarle successivamente con calma a casa, davanti al computer. A una certa quota, lo stormo decise di dirigersi verso sud e, un po’ in scivolata e un po’ in volo battuto, in breve tempo scomparve all’orizzonte, oltre l’altra riva. Io ripresi a scendere il fiume. Più avanti entrai in un boschetto di pioppi e sa-lici, che ricordavo piuttosto bene da visite preceden-

ti. Sul terreno erano numerose ed evidenti le tracce dei cinghiali, mentre tra le piante le cince erano in movimento frenetico. Mi fermai un po’ a osservar-le e, dato che spesso si posavano anche sulla parte bassa dei tronchi, speravo che una si fermasse su di un grosso pioppo davanti a me, in pieno sole. Sulla corteccia di questa pianta cresceva un tappeto com-patto e molto coreografico di muschio: poteva ri-uscire uno scatto interessante. Invece, poco dopo, con la coda dell’occhio intravidi - veloce come un missile - un’ombra arrivare da dietro le mie spalle e tuffarsi tra i rami in mezzo alle cince, proprio a lato del tronco con il muschio. Uno Sparviere (Accipiter nisus) aveva tentato un attacco, che però era fallito. Cercai di inquadrare il rapace, ma appena accennai un movimento, mi notò e volò via. Naturalmente anche le cince erano tutte sparite. Decisi di tornare, anche perché ormai sarei arri-vato alla macchina quasi al buio. Per di più dovevo anche passare a recuperare il capanno. Il sole ormai era molto basso, giusto una sfera appena sopra le lontane cime dei pioppi dell’altra riva, l’atmosfera sembrava in qualche modo magica. Sì, ma che ore erano effettivamente? Guardai il display del cellula-re: già le cinque passate. Accidenti! Ero proprio in ritardo. Ancora dieci minuti di buon passo e sarei ar-rivato alla macchina, poi... sentii nuovamente i ri-

chiami delle Gru, ancora dietro di me, ancora lonta-no. Sempre alla stessa distanza di prima, più o meno sempre oltre un chilometro. Le potevo vedere: era-no in volo all’incirca all’altezza del boschetto dove avevo incontrato le cince, ma questa volta bassissi-me. Adesso procedevano in tre nuclei distinti e, a occhio, mi sembravano ancora più numerose. La-sciai a terra lo zaino del capanno e tornai indietro di qualche passo. Davano l’impressione di volersi po-sare, ne avevo la chiara sensazione, ma la distanza e la vegetazione non mi permettevano di scorger-le distintamente. Un attimo ancora e le avevo per-se di vista, dietro alla vegetazione. Effettivamente era quasi notte e pensavo che forse avrebbero potu-to fermarsi per riposarsi e dormire. Leggero, senza il capanno, non ci avrei impiegato molto a tornare indietro. Purtroppo era davvero troppo tardi. Dove-vo assolutamente tornare, però l’indomani mattina all’alba... - Ok, a domani all’alba! - mi dissi. A questo punto mi recai a cena: pietanze e ma-nicaretti prelibati, buon vino, quanto mai abbondan-te, discorsi, battute, buona compagnia. Andai a dor-mire all’alba. Inutile dire che l’indomani, dopo una sveglia molto tirata verso mezzogiorno, non avevo la minima voglia di ritornare al Po. Così, tra lavoro, brutto tempo e impegni di rou-tine, passarono almeno una ventina di giorni senza

uel sabato finalmente si fece vedere il so-le, cosa davvero rara quell’inverno dalle mie parti. In tarda mattinata, così tarda che forse era già primo pomeriggio, riuscii

finalmente a mollare tutto per andare sulle ghiaie del Po. Avevo preso con me il capanno e, confidan-do in un tepore solare anche minimo, lo avevo piaz-zato al limite di una lanca non gelata, in un posto che pareva promettente. Mi misi quindi ad aspetta-re: un Martin pescatore (Alcedo atthis), le Alzavo-le (Anas crecca) o forse la volpe. Dopo un discreto lasso di tempo il posto iniziò a non apparirmi più così promettente; il sole faceva ancora la sua splen-dida figura ma nella sostanza era inesistente: avevo indossato anche i guanti di lana, ma non bastava. Non si muoveva nulla; soltanto qualche immanca-bile Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), alla consueta distanza siderale, era la prova che esi-steva qualche forma di vita in quel luogo. Il mot-to del fotografo naturalista è “mai desistere!”, per cui continuai l’attesa nel capanno; ma il freddo mi scendeva sempre più nelle ossa, per cui alla fine... desistetti, eccome! Tutto indolenzito - ma finalmente fuori dal ca-panno - decisi per una passeggiata lungo il corso del fiume, nel senso della corrente. Erano ormai quasi le quattro. Non avevo optato per una passeggiata sui ghiaioni, ma avevo preferito mantenermi al ri-

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che ritornassi sulle ghiaie del Po. Poi, in un altro po-meriggio di sole, sono tornato, questa volta lascian-do a casa il capanno. Faceva ancora un gran freddo, ma iniziava a essere evidente che le giornate si era-no fatte più lunghe. Niente! Avevo girato in lungo e in largo per diversi chilometri sulla sponda sinistra, spesso con lo sguardo al cielo e sempre con l’orec-

istante fermo a guardare il tramonto. Poi, quasi per scrupolo, ho portato agli occhi il vecchio binoco-lo. In quella posizione la visuale non aveva osta-coli e potevo vedere l’asta del fiume sino a grande distanza, sia a valle, sia a monte. L’aria era tersa e riuscivo a scorgere gli stormi distanti dei Germani reali (Anas platirhynchos) a riposo tra le ghiaie e la corrente del Po, e ancora, più oltre, a vedere le sil-houette delle anatre e dei Cormorani (Phalacroco-rax carbo) in volo, scuri contro il profilo delle Alpi. Poi, inaspettatamente, vidi le Gru. Verso valle, mol-to lontano, almeno un centinaio di individui erano posati vicini gli uni agli altri, su di un vasto ghiaio-ne sull’altra riva. Mi pareva incredibile che avesse-ro scelto di trascorrere il periodo più freddo proprio qui, sul Po, ma erano lì, oltre le lenti del binocolo, e dentro di me avevo la certezza che si trattava delle stesse Gru che avevo visto quella sera, ormai qual-che settimana prima. Incredibile davvero! Il mese seguente tornai diverse volte lungo il fiume. Durante il giorno era solitamente molto dif-ficile vedere le Gru nell’area, ma verso sera, soprat-tutto quando il sole era ormai tramontato, arrivava-no sempre sullo stesso ghiaione per trascorrere la notte. Io le aspettavo, nascosto da una rete mime-

chio ben teso, ma accidenti niente, non ero riuscito a rivedere nemmeno una sola Gru. Il sole ancora una volta era sceso basso, a palla, appena sopra le cime dei pioppi dell’altra riva. A questo punto mi sono fermato, in un punto proprio a ridosso della spon-da, ho appoggiato delicatamente a terra la macchina fotografica, quindi lo zaino e sono rimasto qualche

tica, tra i tronchi e le ramaglie di qualche deposito lasciato dalle piene, a debita distanza dal punto del dormitorio. Ancora ben lontano, prima di poterlo vedere, il grande stormo si annunciava con una serie di grida squillanti, poi scendeva sempre più basso e maestoso verso il fiume, spesso sorvolandomi con un forte rumore di ali, e quindi andando ad atterrare elegantemente sempre sullo stesso ghiaione. Segui-va una frenesia di grida, che però in breve calava e poco dopo, spesso dopo una veloce sistemata al piu-maggio, molte Gru ripiegavano la testa sotto un’ala e iniziavano il riposo, magari su di una sola zam-pa. Spesso qualche piccolo gruppetto arrivava più tardi. Io aspettavo che anche l’ultimo chiarore del crepuscolo si spegnesse e sgattaiolavo furtivo fuori dal nascondiglio, facendo dieci minuti di buon pas-so, anche se un po’ a tentoni, per arrivare all’auto. Questo per tutto il periodo in cui sono continuate le osservazioni, tranne una sera in cui, nel buio pesto, proprio non riuscivo più a trovarla... Lo stormo si trattenne sul Po sino alla metà di marzo, poi le ghiaie restarono vuote e tristi. Più avanti, nel corso di quell’anno, a tempo debito, le stesse hanno ospitato una colonia di sterne, ma que-sta è un’altra storia.

■ Gru (Grus grus). Le gru sono uccelli estremamente sociali, che formano grandi stormi e si riuniscono in enormi concentrazioni, anche di decine di migliaia d’individui, nei siti di svernamento; questo, però, accade solo in periodo non riproduttivo, mentre durante la nidificazione le coppie si appartano, diventano territoriali e non sopportano la presenza di conspecifici troppo invadenti...■ Gru (Grus grus). Lo stormo era composto da esemplari di età differente, sia adulti, sia immaturi al 1° inverno in diversi stadi di muta, soprattutto per quanto riguardava le copritrici della testa e del collo; il fatto che i giovani rimanes-sero nelle vicinanze degli adulti può significare che i nuclei famigliari non si erano ancora sciolti del tutto.

■ Gru (Grus grus). Anche se si tratta di una specie regolarmente migrante in Italia, a volte anche in grossi numeri, la Gru rimane un animale affascinante e l’osservazione di uno stormo posato nell’ampio alveo del fiume Po è sicuramente un evento raro ed emozionante, imperdibile per qualsiasi amante del birdwatching e della fotografia naturalistica!

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In questa rubrica vengono riportate le osservazioni di specie interessanti diffuse sulla mailing-list nel periodo maggio-agosto 2011. Si ricorda che tutte le segnalazioni di accidentali devono essere confermate dalla Commis-sione Ornitologica Italiana (C.O.I.)

Settembre● Si apre il mese con un’Aquila anatraia minore (Aquila pomarina) osservata a Nicorvo (PV) il gior­no 9 (G. Natale).● Il giorno 10, sul lago di Garda a Lido Campa­nello (Castelnuovo del Garda, VR), viene osservato un giovane di Labbo codalunga (Stercorarius lon-gicaudus) (C. Izzo, M. Sighele et al.); rimarrà alme­no fino al 18.● Una Pittima reale d’Islanda (Limosa limosa i-

slandica) viene segnalata il giorno 18 a Casei Gero­la (PV) (U. Binari).● Ben quattro esemplari di Falaropo beccosotti­le (Phalaropus lobatus) vengono segnalati il 24 alle saline di Comacchio (FE) (P. Micheloni).● Il giorno 25 un’altra Aquila anatraia minore viene osservata a Lascari (PA) (G. Martino).● Il giorno 29 viene fotografato un Piro piro ful­vo (Tryngites subruficollis) a Senigallia (AN) (C. Se bastianelli). Finalmente, dopo le molte segnala­zioni europee relative al mese di settembre, questo elegante limicolo americano si fa ammirare anche in Italia. Non verrà più ricontattato nei giorni seguenti.

OttObre● Mese denso di rarità. Il giorno 1 un Piro piro

S egnalazionidall’Italia

di Andrea Nicoli

■ Sterna codalunga (Sterna paradisaea), immaturo al 1° inverno. I piumaggi giovanili delle sterne sono osti­ci, ma in questa foto si vedono tutti i caratteri diagnosti­ci: struttura compatta, becco piccolo, cappuccio esteso e fronte bianca, banda scura sulle ali e coda bianca con sot­tile margine nero esterno.

■ Luì di Radde (Phylloscopus schwarzi), inanellato a Ventotene (LT). Uno dei pochi luì accidentali o irregolari a non dare grossi problemi d’identificazione; caratteri diagnostici sono: la struttura robusta, il tozzo becco arancione, la colo­razione giallastra ed il lungo e netto sopracciglio chiaro.

■ Limnodromo pettorossiccio (Limnodromus scolopa-ceus), presso Margherita di Savoia (BT). Inizialmente difficile per la mancanza di fotografie adeguate, l’identi­ficazione specifica è stata poi resa possibile dall’esame di scatti ravvicinati, i quali hanno permesso di eliminare il cugino Limnodromo grigio (L. griseus).

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aldel terek (Xenus cinereus) alle Saline di Prio lo (SR) (F. Di Blasi, F. Cilea) e due giovani di Ci uf­fo lotto scarlatto (Carpodacus erythrinus) a Ven to­tene (LT) (B. Doe).● Il giorno 2 un Piovanello pet to rale (Calidris me lanotos) al lago di Caprola ce (LT) (A. Corso, S. Hueting et al.). Sempre lo stesso giorno, sul lago di Gar da a Lido Campanello (lo stesso sito del Labbo codalunga del mese preceden te), una Sterna coda­lunga (Sterna paradisea) (M. Si ghele, M. Allen) che rimarrà fino al giorno 7.● Un esem plare di Limnodromo pettorossiccio (Limnodro mus scolopaceus) viene segnalato a Mar­gherita di Sa voia (BT) il giorno 5 (A. Nitti). Verrà osservato più volte fino al giorno 23.● Il giorno 6 alla stazione della Berga, tra la Val Sab bia e la Val Trompia, in Provincia di Brescia, viene inanellata una balia mugimaki (Ficedula mu gimaki) (R. Barezzani), prima segnalazione ita­liana se confermata dalla COI.● Tre segnalazioni consecutive di Luì forestiero (Phylloscopus inornatus): il primo viene osservato il 7 sul monte Orfano, presso Rovato (BS) (S. Maz­zotti); il secondo viene inanellato ad Arosio (CO) il

giorno 8 (W. Sassi); il terzo viene inanellato ai Ma­gredi di Vivaro (PN) il giorno 9 (P. L. Ta iariol).● Un’altra specie molto interessante viene ina­nellata a Ventotene (LT) il giorno 12: il Luì di rad­de (P. schwarzi) (A. Ferri/ISPRA). Un giovane di Gabbiano di Sabine (Xema sabini) viene osservato a Racconigi (CN) il giorno 12 (M. Livio).● Il giorno 13 viene segnalato un Pigliamosche petti ros so (F. parva) alle Torbiere di Albate (CO) (M. Bram billa).● Alla “Bocca di Caset” in Val di Ledro (TN) vie­ne inanellato uno Zigolo della Lapponia (Cal ca-rius lapponicus) il giorno 14 (F. Rizzolli/Mus. Sc. Trento). Un secondo Piovanello pettorale viene os­servato, sempre il giorno 14, a Gela (CL) (L. Cilio, M. Zafrana).● Il giorno 15, a Bocca di Serchio (PI), inizia una serie di osservazioni di berta ba learica (Puffinus mauretanicus) che proseguirà per i mesi successi­vi: 2 individui durante un coastal trip (L. Bonanno, A. Quaglierini). Altra osservazione di questa specie per ottobre: 3 individui il giorno 29 visti sia dalla costa (L. Pardini), sia durante un pelagic trip (D. Occhiato et al.).

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● Ritorna il mugnaiaccio (Larus marinus) che sverna sul basso Lago di Garda: il giorno 26 viene osservato a Sirmione (BS) (D. Bernasconi).● Due osservazioni da riportare per il giorno 27: un’Aquila anatraia minore alla bonifica di Vec­chiano (PI) (A. Quaglierini) e un Pigliamosche pet­tirosso a Linosa (O. Janni).● Il giorno 28 è da segnare in rosso: un Calan­dro maggiore (Anthus richardi) osservato a Linosa (AG) (O. Janni), un Luì scuro (P. fuscatus) inanel­lato a Ventotene (LT) (A. Ferri/ISPRA) e, soprat­tutto, un Piro piro codalunga (Bartramia lon gi-cau da) a Lonate Pozzolo (VA) (A. Vidolini) al l’in­terno dell’area dell’Aeroporto della Malpensa. Il ri­conoscimento di questo raro accidentale americano avviene tramite la documentazione fotografica; pur­troppo non verrà più rivisto nei giorni seguenti.● Si chiude il mese con un Prispolone indiano (A. hodgsoni) osservato a Lampedusa (AG) il gior­no 31 (A. Corso et al.). Si tratta della settima segna­lazione italiana.

● Un Codazzurro (Tar siger cyanurus) viene rin­venuto morto il giorno 16 presso Nave (BS) (M. Fre di).● Un altro esemplare di Codazzurro viene ina­nellato il giorno 18 al Passo del Broncon (TN) (F. Ros si, S. Noselli/Mus. Sc. Tren to).● Il giorno 20 notevole ritrovamento di un esem­plare debilitato di Corrione biondo (Cursori us cur-sor) a Massa (R. Gherardi), che viene consegna to a un centro di recupero della fauna.● Due segnalazioni consecutive di Falaropo bec­colargo (P. fulicarius): il giorno 21 al lago di Cal­donazzo (TN) (G. Spe ranza) e il giorno 22 dal tra­ghetto prima di arri vare a Ventote ne (LT) (R. Mo­lajoli, A. Corso et al.). Sempre dal me desimo tra­ghetto viene osservato uno Stercorario maggiore (S. skua).● Il giorno 23 inizia la spedizione MISC a Linosa e, puntuale, arriva la prima segnalazione di Luì fo­restiero (O. Janni).● Sempre a Linosa, il giorno 25, viene osserva­ta un’Averla del deserto (Lanius meridionalis ele-gans) (O. Janni).

■ Berta balearica (Puffinus mauretanicus) di fronte a Bocca di Serchio (PI). Diverse recenti osservazioni fanno pensare che questa specie possa essere più diffusa e rego­lare nei nostri mari di quanto si pensasse in passato, vista anche la notevole vicinanza delle coste italiane ai siti di nidificazione.

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■ Luì scuro (Phylloscopus fuscatus), inanellato a Ventotene (LT). Anche questa specie possiede un lungo e sinuoso sopracciglio, ma struttura più snella, becco più piccolo e colorazione generale più scura (marrone fosco, non sfumato di giallo) lo distinguono dal Luì di Radde (P. schwarzi).

■ Luì forestiero (Phylloscopus inornatus), osservato a Linosa. Classico esempio di una specie le cui osservazioni in Italia sono molto aumentate negli ultimi decenni, grazie anche all’aumento degli osservatori, tanto che, attualmente, vie­ne considerato un raro ma regolare migratore autunnale.

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● Il giorno 2, presso la confluenza Po­Ticino in provincia di Pavia, viene osservato un Piviere ori­en tale (Pluvialis fulva) (E. Vigo).● Ulteriori segnala zio ni di berta balearica a Boc ca di Serchio (PI): un in dividuo il giorno 3 (L. Par dini), ben 6 individui il 13 (L. Pardini, P. Fadda), 2 individui il giorno 16 (A. Quaglierini, P. Fadda), un individuo il giorno 21 (L. Fabbriccini), 2 indivi­dui il 29 (M. Marcone).● An cora un’osservazione di rilievo a Linosa (AG): un individuo di Zigolo dal collare (Emberi-za aureola) (J. Savioz, O. Janni et al.).● Il giorno 6 viene se gnalato un Falaropo bec­colargo a Torre Canne (BR) (C. Liuzzi). Lo stesso giorno una conferma riguardo lo svernamento dello Zigolo golarossa (E. leu cocephalos): viene infatti osservato un individuo a Maserada (TV) (P. Vaci­lotto).● Sempre da Linosa il giorno 9 arriva la segnala­zione di un giovane di Co dirosso algerino (Phoe-nicurus moussieri) (A. Cor so et al.).● Il giorno 11 viene fotografata una monachella del deserto (Oenanthe deserti) presso Capanne di Cosola (AL) (L. Gola).● Il giorno 12 ancora un limicolo americano: to­

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● Il giorno 15 viene segnalato un immaturo di A­quila di mare (Haliaeetus al bicilla) a Forgaria nel Friuli (UD) (A. Candolini).● Anche i Magredi di Vivaro (PN) si riconferma­no come sito di svernamento degli Zigoli golaros­sa: il giorno 18 ne vengono osservati 5­6 esemplari (L. Bo scain, P. Vacilotto et al.).● Il giorno 19 vengono segnalati 2 esemplari di Zi golo delle nevi ad Ancona (M. Borioni).● Un altro esemplare di Zigolo delle ne vi viene osservato il giorno 21 nella bonifica del Mez zano (FE) (M. Guerra).

● Il giorno 6 un’Oca collorosso (Branta ruficol-lis) è nel gruppo di oche che svernano nel Mez zano (FE) (A. Luponetti). Verrà osservata ripetutamen­te nel corso del mese. Almeno quattro individui di Calandro maggiore vengono segnalati il giorno 6 a Pian di Spille, presso Tarquinia (VT) (B. Doe).● Importante avvistamento il giorno 11: a Marza­memi (SR), viene osservato un beccacci no stenuro (Gallinago stenura), seconda segnalazione italiana (A. Corso). Successivamente verrà registrato anche il verso.● Il giorno 12 viene rinvenuto morto un tordo o scuro (Turdus obscurus) a Castiglion Fiorentino (AR) (P. Varuzza).

che un esemplare di Aquila anatraia maggiore (A. clan ga) alla riserva della Diaccia Botrona (GR) (L. Del Chiaro).● Il giorno 27 uno Zigolo golarossa viene visto a Viareggio (LU) (G. Paesani).

DICembre● Il primo del mese due segnalazioni di Aqui­la anatraia maggiore: un individuo a Crescentino (VC) (M. Biasioli) e uno nei pressi del fiume Lato (TA) (M. Marrese).● A Bocca di Serchio ultima osservazione dell’an­no di berta balearica: un individuo il giorno 3 (A. Quaglierini, M. Marcone).

tano zampegialle mino re (Tringa flavipes) a Mar­gherita di Savoia (BT) (G. Fiorella).● Un altro Prispolone indiano, dopo quello del 31 ottobre, viene osservato a Lampedusa il giorno 14 (A. Corso, O. Janni et al.).● Un esemplare di Luì di Hume (P. humei) viene segnalato a Codevigo (PD) il giorno 19 (L. Sattin).● Il giorno 22 viene segnalato un Luì forestiero a Ca’ Venier (RO) (M. Chillon, L. Boscain).● Il giorno 24 un altro Pri spolone indiano al Pan­tano Cuba (SR) (A. Corso).● Uno Zigolo delle nevi (Plectrophenax nivalis) viene segnalato il giorno 26 a Senigallia (AN) (M. Bo rioni, M. R. Baldoni). Il 26 viene osservato an­

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■ Codirosso algerino (Phoenicurus

moussieri), giovane osservato a

Linosa. Pur non essendo un maschio

in piumaggio nuziale, si tratta comunque di un’osservazione ottima dal punto di vista qualitativo, di

una specie altrimenti endemica e residente

nell’Africa nord­occidentale!

■ Totano zampegialle minore (Tringa

flavipes), fotografato presso Margherita

di Savoia (BT). Inconfondibile per via

delle lunghe e sottili zampe di un bel giallo intenso, della piccola

testa tonda e del becco corto e dritto.

Il Totano zampe gialle maggiore (T.

melanoleuca), invece, ha la testa più grande

e squadrata, oltre al becco più, spesso alla base, lungo e piegato

all’insù.

■ Zigolo dal collare (Emberiza aureola), osservato a Linosa. A parte quella dei maschi adulti, la livrea di questa specie è smorta e poco appariscente, rendondo le femmine e gli immaturi difficili da riconoscere da quelli di altri zigoli.

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Settembre-DICembre 2011 In Polonia, il 23 ottobre, è stata osservata una berta grigia (Puffinus griseus), la quinta per il pa-ese. In Israele durante la migrazione autunnale sono stati contati più di dieci Falchi pecchiaioli orienta-li (Pernis ptilorhynchus) in transito nelle vallate del nord. In tutta Europa è stato notato un influsso sen-za precedenti di Albanelle pallide (Circus macrou­rus) ed una di queste, un giovane, sta attualmente svernando in Svizzera. In dicembre ben quattro Polli sultani di Allen, (Porphyrio alleni) sono stati osservati nell’Europa meridionale, di cui due alle Canarie, uno alle Balea-

ri ed uno a Malta. Grande influsso anche di limicoli neartici: solo nella vicina Francia sono stati osserva-ti tra settembre ed ottobre un Corriere semipalma-to (Charadrius semipalmatus), almeno sette Gam-becchi semipalmati (Calidris pusilla), un Gam-becchio americano (Calidris minutilla), un Piro piro solitario (Tringa solitaria), mentre dall’Asia sono arrivati ben due Piovanelli siberiani (Calidris acuminata). Questo influsso ha avuto anche dei ri-svolti molto positivi per diversi birders italiani, che hanno avuto l’occasione, a fine settembre, di anda-re ad osservare in Svizzera, a Lachen, un Piro pi-ro fulvo (Tryngites subruficollis) ed un Piovanello

S egnalazionidal Paleartico occidentale

di Michele Viganò

■ Piro piro fulvo (Tryngites

subruficollis). Limicolo

nordamericano piuttosto comune

in Europa durante la migrazione

autunnale, con decine di osservazioni nelle

Isole Britanniche e lungo le coste

atlantiche. Questa segnalazione, però, rimane eccezionale per via del periodo

invernale e della località mitteleuropea.

■ Piovanello pettorale (Calidris

melanotos). Questo limicolo di origine

neartica e siberiana viene osservato regolarmente in

Europa, soprattutto in autunno, ma, grazie

ad un recente aumento degli osservatori,

sempre più spesso anche in inverno e

durante il periodo di estivazione.

■ Averla dorso rossiccio (Lanius schach), immaturo al 1° inverno. Il dorso rossiccio contrastante col vertice grigio e la lunga coda sottile rendono questa specie inconfondibile, mentre la base pallida del becco ed il piumaggio freschissi-mo di ali e coda sono caratteri tipici dell’immaturo. Questo esemplare ha attirato una gran folla di twichers e fotografi; la specie, di origine centro- e sud-asiatica, è infatti estremamente rara in Europa, anche perché spesso definita solo mi-gratrice a corto raggio!

pettorale (Calidris melanotos), che hanno sostato per qualche giorno nello stesso campo! In Olanda uno dei più imponenti twitch della stagione è stato scatenato da una Averla dorsoros-siccio (Lanius schach), osservata solo il 31 ottobre, ma da quasi 500 birdwatchers. Si tratta della prima segnalazione olandese e della quarta per l’Europa. Solo un giorno prima, il 30 ottobre, in Inghilterra un

Luì coronato di temminck (Phylloscopus corona­tus) veniva scambiato per un luì forestiero e identi-ficato solo a posteriori grazie alle foto. Sempre dalla Francia arriva la notizia di una femmina al primo inverno di tordo siberiano (Zo­othera sibirica) inanellata il 20 ottobre mentre un maschio è stato fotografato tra il 24 ed il 26 ottobre in Norvegia, a Rostlandet.

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Un Prispolone indiano (Anthus hodgsoni) ha trascorso tutto il mese di dicembre a Courtils, in Francia, in compagnia di un Calandro di blyth (Anthus godlewskii). Il 25 ottobre, a Understen, Svezia, è stato foto-grafato il secondo Zigolo orecchie castane (Embe­riza fucata) per il Paleartico occidentale.

di Raymond Galeaa cura di Michele Viganò

L’osservazione più interessante è dello scorso 21 agosto quando un maschio immaturo al primo anno di Occhiocotto di menetries (Sylvia mysta­cea) è stato inanellato a Rabat; l’identificazione è stata possibile solo grazie alle foto ed all’intervento di esperti, anche italiani; si tratta della prima segna-lazione per Malta e di una delle pochissime in Euro-pa al di fuori del normale areale per la specie. Il 23 dicembre un Pollo sultano di Allen (Por­phyrio alleni) è stato sottratto all’attacco di due gatti; però, purtroppo, per questo visitatore africa-

Difficile dire quale sia stata l’osservazione più interessante fatta questo autunno nel Regno Unito: a livello di rarità forse l’Usignolo di Swinhoe (Lu­scinia sibilans), osservato solo da pochissimi bir-dwatchers poco prima del tramonto del 14 ottobre, nel Norfolk, mentre per quanto concerne la spetta-colarità vince senza dubbio il maschio di Calliope (Luscinia calliope), con la sua gola color rubino che si è lasciato ammirare da molti tra il 19 ed il 30 otto-bre su una delle isole Shetland. Una fine ben più triste è spettata ad un Usigno-lo azzurro siberiano (Luscinia cyane) che il primo ottobre è finito preda di un gatto di Foula, nelle isole Shetland. Anche quest’anno, seppur non come l’anno scor so, sono buoni i numeri di Codazzurri (Tarsi­ger cyanu rus) osservati in Europa: i due più inte-ressanti sono stati un maschio, visto il 31 ottobre a Leucate (costa mediterranea francese), ed una fem-mina immatura a novembre, in Israele. Molto in-teressante l’influsso di Codirossi spazza ca mino ‘me ridionali’ (Phoenicurus ochruros phoenicu­roi des) osservati in Svezia, Inghilterra e Olan da, tra fine ottobre e novembre: si tratta senza dubbio di un taxon da tenere d’occhio sul nostro radar!

Segnalazioni da Malta

■ Codirosso algerino (Phoenicurus

moussieri). Sul campo, i caratteri identificativi che

risaltano di più sono la tinta aranciata

delle parti inferiori, la gola pallida al centro

e l’anello oculare chiaro, oltre che la struttura compatta

da sassicola, con ali e coda brevi, testa

grossa e becco corto e fine.

■ Occhiocotto di Menetries (Sylvia mystacea), maschio immaturo. Sfumatura inferiore rosa, mustacchio bianco poco definito, la tinta grigia limitata ai fianchi e la mascherina nera poco estesa sono caratteri della sottospecie rubescens, ni-dificante dal sud della Turchia al nord dell’Iraq. L’immaturo lo si riconosce dal piumaggio in parte adulto (mascherina nera e parti inferiori rosate) ed in parte giovanile (remiganti marroni, usurate dall’anno prima).

no non c’è stato niente da fare ed è deceduto poco dopo il recupero. Sono stati inoltre avvistati tra ot-tobre e novembre un Pigliamosche pettirosso (Fi­cedula parva) per essere più precisi il 7 ottobre, e cinque Luì forestieri (Phylloscopus inornatus). È interessante notare il numero molto basso di luì fo-restieri rispetto al record assoluto di 23 individui stabilito quest’anno sulle vicine isole Pelagie. Due Luì piccoli siberiani (Phylloscopus col­lybita tristis) sono stati osservati rispettivamente il

5 ed il 19 dicembre. Uno dei maggiori influssi da sempre di Codirossi algerini (Phoenicurus mous­sieri) si è avuto nel tardo autunno e in inverno, mentre due di questi individui stanno tutt’ora sver-nando sull’arcipelago maltese. Infine un Prispolo-ne indiano (Anthus hodgsoni) è stato osservato al Monte St. Joseph il 22 ottobre. Il 9 dicembre infine, a Ghadira, è stata osserva-ta una bigiarella (Sylvia curruca) ascrivibile ad una delle sottospecie asiatiche halimodendri o blythii.

■ Pollo sultano di Allen (Porphyrio alleni). Rallide africano, occasionalmente osservato a nord del Sahara lungo le coste europee del Mediterraneo. La maggioranza delle osservazioni al di fuori del suo normale areale si riferisce a esem-plari morti o recuperate in fin di vita.

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di Ettore Rigamonti

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i può fare birdwatching durante escursio-ni a piedi, si può fare birdwatching dai ca-panni delle aree protette e si può fare bir-

dwatching anche in bicicletta. Non occorre molto: sono sufficienti una comoda bicicletta e il proprio binocolo. E poi una bella strada, possibilmente pia-neggiante, che attraversi zone sufficientemente in-teressanti. Il birdwatching in bicicletta ha diversi

aspetti positivi: è un’attività assolutamente rilassan-te e inoltre consente di conoscere il territorio in ma-niera completa, percorrendo tratti piuttosto lunghi senza stancarsi, ottima base per visite naturalistiche più approfondite. Quando si individua qualcosa da osservare, ci si può fermare senza correre il rischio di essere tamponati, pericolo che corrono sempre i birders motorizzati.

L’amore per la Naturacorre su due ruote !

Non si è nemmeno vincolati dal praticare que-sta attività vicino a casa. Si può caricare la bici sul portapacchi (o caricare una bicicletta pieghevole nel bagagliaio, come faccio io, e vi assicuro che è molto più comodo) e trasferirsi nelle zone che si ritengono più interessanti. Io addirittura mi porto la bici anche in vacanza: per un piemontese non c’ è nulla di più piacevole che percorrere in bici le strade bianche to-scane col binocolo al collo. Gli uccelli – ma questa è una mia semplice im-pressione, peraltro maturata in anni di “pratica” – sembrano meno diffidenti nei confronti dei ciclo-birders; percorrendo le stradine di campagna a ve-locità bassa, ma comunque superiore a quella di un

birder a piedi, e soprattutto più silenziosi che non in auto o camminando in gruppo, capita spesso di sor-prendere dietro a una curva specie interessanti, che è possibile riconoscere “al volo”. Oltre al binocolo, in bicicletta è possibile – e meno faticoso che non a piedi – portarsi il cannoc-chiale. È sufficiente munirsi di un comodo porta-cannocchiale a zaino (con cannocchiale già montato sul cavalletto) e si può pedalare senza impedimenti, pronti a scendere dalla bici e a piazzare il “lungo” quando serve. Questo può essere utile nel periodo invernale, quando il fogliame non ostacola la vista, o percorrendo le numerose ciclabili lungo fiumi e laghi.

■ La moderna strumentazione tecnica (biciclette pieghevoli, cannocchiali piccoli, cavalletti leggeri e camere digitali compatte) permettono di portarsi sempre dietro l’attrezzatura necessaria al birdwatching, magari, come in questo caso, in uno zaino che funga anche da porta-treppiede...

CICLO-BIRDWATCHING

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■ La bicicletta è uno mezzo di locomozione comodo ed ecologico,

che permette di per-correre lunghe distan-

ze con un minimo di sforzo e, soprattutto di arrivare a siti non rag-giungibili con l’auto, magari lungo sentieri o stradine accidentate

di campagna.

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Ciclo-BW ai piedi delle prealpidi Paolo Casali

Anche lungo il periplo del lago di Varese, che dista solo pochi chilometri dalla città, è possibile effettuare escursioni di birdwatching in bicicletta. Difatti, percorrendo i circa 27 km dell’anello, che si sviluppa attorno allo specchio d’acqua adagia-to alle falde dei rilievi prealpini, si attraversano diversi ambienti: il bosco di latifoglie (ottimo per rapaci, picchi e cince), la vegetazione acquatica (per passeriformi di canneto e varie specie di ral-lidi) e le acque del lago (dove sostano e cercano cibo anatre e svassi, gabbiani, aironi, ecc.). Il percorso si sviluppa in piano ed è percorri-bile da tutti, bambini compresi, visto che il fondo stradale è completamente pavimentato, tanto da figurare tra le proposte di itinerari ciclopedonali offerte dalla provincia di Varese. Per i più allena-ti, una deviazione fin sulla vetta del monte Cam-

po dei Fiori (1.226 m), ci permetterà di osserva-re le specie tipiche dell’avifauna alpina: Cincia alpestre, Ciuffolotto e Rampichino alpestre, per citarne solo alcune; infine, questo tratto prosegue fino a raccordarsi con la pista che si sviluppa at-torno al lago di Comabbio, passando per la riser-va LIPU della Palude Brabbia. Si consiglia di iniziare l’escursione da uno dei parcheggi posti sui due lati opposti del lago: presso Gavirate, dove c’è anche la possibilità di noleggiare le biciclette, oppure al centro commer-ciale di Capolago, sito poco distante dal casello di Azzate-Buguggiate dell’A8 Milano-Varese. La sponda occidentale del lago, tra Galliate Lombar-do e Biandronno, è meno antropizzata e quindi vi si osserva di norma una maggiore quantità di uc-celli e una più soddisfacente varietà di specie.

Il porta-cannocchiale a zaino io l’ho acquistato su Internet, da un piccolo produttore britannico, a un costo veramente accessibile. Tutte le stagioni sono adatte al ciclo-BW; in in-verno percorrendo le sterrate tra i campi di pianura

iane, Pellegrini e Smerigli posati in cerca di preda. In primavera – abito in una zona di risaie – riesco a pattugliare ettari ed ettari di camere allagate in cerca di Combattenti, Pettegole, Totani mori, Pavoncelle, Pittime reali e Cavalieri d’Italia. A piedi sarebbe una faticaccia e in auto intralcerei il continuo viavai dei trattori. In estate faccio ciclo-BW di mattina, il più pre-sto possibile, oppure alla sera. In questa stagione so-no molto interessanti i canali che passano tra i cam-pi coltivati. Percorrendone le alzaie con il sole alle spalle si possono osservare, in volo o posati sui gre-ti, i limicoli in migrazione di ritorno: Piro piro cul-bianchi, piccoli e boscherecci, Corrieri piccoli, Lo-dolai in caccia, Gruccioni ancora intenti ad allevare

si possono monitorare arrivo e presenza degli sver-nanti, e qui il cannocchiale consente osservazioni dettagliate, ad esempio dei grandi stormi di fringil-lidi, come i Fanelli o altre specie, sempre diffidenti e poco propensi a lasciarsi avvicinare. Oppure Po-

i piccoli, Garzette, Nitticore con i giovani dell’anno, ecc.. L’autunno è forse la stagione meno propizia al ciclo-BW: la caccia è aperta, ed esclusi i giorni di silenzio venatorio (martedì e venerdì), le doppiette intralciano notevolmente il birdwatching. Nelle aree protette tutto, ovviamente, cambia: è consigliabile, quindi, concentrarsi su queste aree con il binocolo al collo. La bicicletta consente insomma un birdwatching più “soft”, più vicino all’aspetto rilassante e anti-stress di questa magnifica passione. E forse anche più vicino alle esigenze di molti appassionati di na-tura, che potrebbero in questo modo entrare a far parte del “grande” (spesso ce lo scordiamo, ma que-sta potenzialità esiste) mondo dei birders.

Bike e Birdwatching lungo il Po Torinesedi Paolo Marotto

Itinerario molto vario di Ciclo-Birdwatching che si snoda lungo le sponde del Po nel tratto a valle di Torino e raggiunge le porte di Chivasso. Punto di partenza è il parco della Colletta nella zona dove la Dora Riparia confluisce nel Po (via Leon Battista Alberti). La ZPS del Meisino è un noto sito con presenze importanti di anatidi, ar-deidi, laridi e svassi. Anche se il periodo di mas-sima concentrazione è quello invernale, ottime osservazioni possono realizzarsi in ogni periodo dell’anno. L’itinerario continua attraversando il ponte Amedeo sulla Stura (detto “della Barca”) e svol-tando subito dopo a destra. Si costeggia per un tratto rettilineo la strada asfaltata e si sale verso il ponte diga subito si ridiscende raggiungendo la sponda opposta del Po. Più avanti ci troviamo di fronte all’isolone Bertolla, sede di una storica garzaia di Airone cenerino. Proseguiamo ora sulla sponda destra del fiu-me e raggiungiamo San Mauro. Anche questo tratto, soprattutto nel periodo tardo autunnale, ci regala ottime osservazioni di svassi, tuffetti, ana-tre di superficie e tuffatrici, Beccaccini e Porci-glioni, mentre in quello primaverile ed estivo an-che alcuni passeriformi di ripa. Si attraversa l’abitato di San Mauro sempre tenendosi sulla sponda destra fino a raggiungere via Mezzaluna. Qui sulla nostra sinistra un pon-ticello attraversa il canale di Cimena e svoltando a destra continua una sterrata verso alcune ex ca-ve trasformate in laghetti per la pesca sportiva. Il tragitto qui è indicato con delle frecce gialle del

Parco Fluviale del Po e basta seguirlo con un po’ d’attenzione. Si potrà in questo modo osservare una discre-ta varietà di ambienti: incolti, boschetti ripariali, pioppeti, campi coltivati a cereali, piccole cave che si sono trasformate in interessanti stagni con la tipica vegetazione, ghiaioni poco estesi, acque basse e veloci e lanche lente. I tratti più interessanti si trovano nei pressi del Lago Orestilla vicino a Gassino Torinese. Raggiungiamo poi la piana di San Raffaele Ci mena e qui, nella tarda primavera, possiamo sbi nocolare tra le risaie. Una decina di vasche ven gono allagate ogni anno e offrono luogo di so-sta e anche di nidificazione ad alcune specie ca rat-teristiche: Pavoncelle, Corrieri piccoli e, nel pe-riodo della migrazione, altri limicoli e passerifor-mi. La zona inoltre è frequentata dalle Ci co gne bianche che nidificano nelle vicinanze. Proseguendo oltre San Raffaele raggiungia-mo la Riserva Naturale della Confluenza dell’Or-co e del Malone. Area di eccezionale valore na-turalistico, anche dal punto di vista dell’avifauna. Qui nelle varie stagioni potremo osservare molte specie legate all’ambiente fluviale, agli incolti e ai boschi. Alla fine avremo percorso 25-30 km in mezzo a una natura ancora discretamente conservata, a pochi passi dalla città. Questo tracciato è inserito nella “Carta dei Percorsi Ciclabili” realizzata dal Parco fluviale del Po torinese e reperibile presso le sedi del Parco o sul web http://www.parcopo-torinese.it/gui.php.

Una carta per il ciclo-BWer novaresedi Ettore Rigamonti

Per praticare il birdwatching in bicicletta è utilissimo munirsi di una carta del territorio. No-vara BW, nodo novarese di EBN Italia, ha colla-borato nel 2009 con l’Agenzia Turistica Locale di Novara alla realizzazione della carta turistica e stradale della provincia dal titolo “Percorrere-piano” (scala 1:60.000 con reticolo chilometrico U.T.M.) che riporta i punti più interessanti di os-servazione naturalistica. Con il simbolo del bino-colo sono indicate le aree più interessanti per il birdwatching e con la libellula quelle più interes-santi per il dragonflywatching. La cartina evidenzia anche il Sentiero Nova-ra, articolato in 19 tappe e lungo oltre 200 km, percorribile per gran parte anche in bicicletta o Mountain Bike. Binocolo al collo si possono co-modamente attraversare, lontani dal disturbo dei mezzi motorizzati, tutti gli ambienti più inte-

ressanti della provincia, dalle risaie ai boschi di querce, castagni e pini silvestri, alle rive dei laghi Mag giore e d’Orta, fino alle alzaie del Ticino e del Sesia. Oltre a indicare i siti più importanti, Novara BW ha redatto un’esauriente descrizione del bird-watching e, in collaborazione con www.odonata.it, del dragonflywatching, negli ambienti indicati. La cartina, che è la prima realizzazione in Ita-lia di questo genere, è pubblicata in quattro lingue e ha dimostrato nei fatti una grande efficacia nel-la diffusione della conoscenza del territorio e del birdwatching. Grazie alla disponibilità di ATL Novara, gli iscritti a EBN che volessero ricevere gratuitamen-te una copia della cartina possono inviare una e-mail di richiesta a info@turismonovara.it, citando Quaderni di Birdwatching come causale.

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testo e foto di Giulio Ielardi (giornalista, fotografo)

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biglietti a raffica: sono parchi faunistici, bioparchi, centri tutela specie minacciate e via camuffando. Sul web si consuma la consacrazione dei forum fo-tografici a eredi di libri, circoli, riviste. Diciamocelo. La fotografia naturalistica in Italia vive un momento di passaggio. Da un lato schiere di nuovi adepti troppo spesso ne interpretano una

Su la testa !

versione riduttiva e, alla fine, ripetitiva e sterile. Dall’altro, fatte salve le eccezioni, non c’è grande comunicazione tra mondo ambientalista e della ri-cerca e chi produce, insegue, immagina nuove vi-sioni del “ritratto alla natura”. L’avvento del digitale, pur in un periodo di crisi generale, negli ultimi anni non solo ha prodotto una tenuta del comparto fotografico ma anzi l’ha aperto a un pubblico nuovo, in crescita, vivace. Che il pubblico cresca lo sappiamo, ma la sua preparazione? Anche sul fronte della tecnica fotografica il di-battito è molto spesso fermo agli strumenti: una vi-sione machista che si ferma a chi ha il teleobiettivo più lungo, e peggio per te se proprio non ti puoi per-mettere di spendere quella montagna di soldi. E vogliamo parlare di scelta dei soggetti? Restiamo tra gli uccelli. Il Fanello e la Passera lagia, il Sordone e la Balia nera chi li ha mai visti? Alla faccia della biodiversità, li sovrastano nelle gallerie online gigabyte di Martin pescatori in ag-guato, decolli di Aironi cenerini, Poiane in posa ie-ratica sul palo. Passiamo all’altra sponda, quella dei naturalisti per mestiere o passione. I fotografi naturalisti, quelli seri, si spaccano

la schiena per catturare immagini inedite ma ad at-tenderli ci sono silenzi reticenti e, se va bene, sor-risi fermati a metà dal sospetto (salvo poi ricevere richieste di utilizzo della foto, possibilmente gra-tis). Restano domande inespresse come: “Quanto gli avrà dato fastidio? Avrà mandato a monte la co-vata? Come è possibile avvicinare così gli animali senza far danni?”. Io credo che questi siano dubbi legittimi. Ma credo anche che la fotografia naturalistica in Italia sarebbe ora che alzasse la testa. Che tornasse a produrre cultura, come ai tempi del primo “Airone”. Che si desse regole coraggiose (come una posi-zione chiara sull’utilizzo in editoria delle immagini realizzate in ambienti controllati, che invece latita persino nelle redazioni più blasonate) e le facesse conoscere. Che spostasse il dibattito dal mezzo al fine. Perché se riesce a trasmettere un’emozione, anche per la conservazione della natura, un’immagine vale più di mille parole.

Prossimamente1. Il primo piano annulla la creatività ?2. Diaframmi chiusi e tempi lenti, ovvero il bello di andare controcorrente.

FOTOGRAFIAQB

Per tornare a produrre cultura, la fotografia naturalistica in Italia deve diventare più autentica.

Ed anche più rispettata

capanni delle oasi alla domenica si riempio-no di appassionati in tuta mimetica. Lenti da migliaia di euro si allineano lungo le feritoie

alla ricerca di una cosa sola, il primo piano. Zoo dai nomi fantasiosi che ricordano altre pudiche auto-censure (primo fra tutti, l’imbattuto “operatore eco-logico”) in Europa e via via anche in Italia staccano

I■ Vistoso come pochi, facile da inquadrare e focheggiare ben più di quello di un falcone, il volo del Grifone (Gyps fulvus) è uno spettacolo tra i più gettonati su riviste, libri, web. Più originale la scelta di ritrarre la specie a terra, come in questo primo piano tra le erbe alte di un pascolo appenninico.

■ Alle prime luci dell’alba, un maschio di Fanello (Carduelis cannabina) sorveglia il suo territorio appollaiato su un ginepro. Nonostante le dimensioni, se ritratti nel proprio ambiente o in comportamenti peculiari, i piccoli passeriformi sono soggetti di tutto interesse per il fotografo naturalista.

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sati ai Piccioni, che danno l’impressione di essere ancora in viaggio verso sud. A Macchiatonda: Albanella reale in caccia; Sula, almeno 10 in mare, dirette a N; Piviere dorato, circa 40, e due Pi­vie resse. Conclusioni: missione “falco­ni” compiuta solo in parte, ma festa pie­namente riuscita, con splendida giornata di bw in ottima compagnia!

Gli “strillozzi” nella Piana(report di Brian Perroud) Raduno del Nodo Toscano “Lo stril lozzo” al Parco della Piana (Anpil podere la Querciola) nella Piana fioren­tina. Prima sosta al lago di Peretola per alcuni, dove oltre a molte Pavoncelle e Bec caccini erano ancora presenti il Ca­va liere d’Italia e la Volpoca già segna­lati, insieme a 3 Piovanelli pancianera e a un tardivo Gambecchio nano. Al par­co erano ancora presenti i due Frul lini, sono stati inoltre osservati una delle so­lite Civette e qualche Pendolino, mentre qualcuno è riuscito a fotografare il Ta­rabuso. Più tardi si sono visti anche l’A­verla maggiore e qualche Porciglione. Per il resto una giornata molto piacevo­le e quasi primaverile con Verzellini che cantavano e una Folaga che sembrava proprio costruire il nido!?

guardava i Migliarini posato su di un al­berello. Poi, pranzo conviviale sotto i ni­di (vuoti) delle Rondini per 22 persone!

Missione “rapaci” per il Nodo lazialedi EBN GRoB!(Gruppo Romano di Birdwatching!) (report di Michele Cento) Scopo: ricerca di falconi sul litora­le romano, viste le recenti segnalazio­ni di Sacro e Falco pellegrino calidus a Maccarese e di Lanario a Macchiatonda. Mete: via delle Pagliete a Maccarese in mattinata e Riserva Naturale Re gio­na le di Macchiatonda in pomeriggio. Meteo: sereno, bella giornata soleg­giata. A Maccarese un Falco pellegrino “si beriano” (Falco peregrinus calidus) gio vane e inesperto, protagonista di ri­petuti attacchi ai numerosissimi Piccioni domestici presenti nei campi... attac­chi coronati da successo solo dopo ol­tre un’ora di tentativi. Ancora un Falco pellegrino “localidus” poi Aquila mino­re, adulta morfismo chiaro, anch’essa a caccia di Piccioni ma con maggior suc­cesso (al secondo tentativo ne preda uno che poi mangia con calma a poche deci­ne di metri da noi); Albanella reale, al­meno 3 in caccia sui campi; e una decina di Falchi di palude, vagamente interes­

breve filmato sulla cura e liberazione di una Cicogna bianca trovata ferita da col­pi d’arma da fuoco. Breve introduzione a cosa serve il Centro e prima visita alla collezione Va­schetti di anatre. Ci dà il benvenuto una bellissima Civetta dentro il camino della cascina, fotografata da tutti! Interessante la presenza di due Ibis sacri che appro­fittano dei pasti gratis del Centro e che sono arrivati pochi giorni prima. Sia agli “studenti” sia ai veterani fa sempre un certo effetto osservare a occhio nudo e a pochi metri Fistioni turchi, Quattrocchi, Quattrocchi d’Islanda, Morette, Codoni, Anatre marmorizzate, Fischioni del Ci­le, come fa un certo effetto constatare quanto siano piccoli questi uccelli visti da vicino. Per i neofiti assolutamente di­dattico! Di contorno le Cicogne bianche. Poi siamo passati al prato delle oche con O­che delle nevi, Oche imperatore, Oche lom bardelle minori, Oche facciabi anca, Oche indiane, Oche egizia ne, Oche sel­va ti che, Volpoche, Oche colombaccio, O che del Canada, Oche di Magel lano, O che collorosso, Cigni reali e selvati ci, tra i piedi! Ma andiamo ai capan ni con le spe­cie selvatiche. Nei primi capanni, pre­senza di Beccaccino, Gal linella d’acqua, Al zavole e Germani reali. Di contorno Co dibugnolo, Cinci al legra, Fringuello, Gaz za. Nell’osserva to rio, i due Ibis sa­cri, Spioncello, Miglia rino di palude, Fo ra pa glie (Daniele Cappello), Poiana e uno splendido Sparviere femmina che si

Come ogni anno, i Nodi di EBN si sono ritrovati per festeggiare, ognuno dando all’evento una particolare “vo­cazione”: didattica, ricerca dei rapaci, vista di zone umide e promozione di nuove aree protette. Tutti a “lucidare” la propria argenteria visitando le zone preferite per poi raccontare e descrivere le singole esperienze. Elemento comu­ne è la voglia di ritrovarsi, di raccontare emozioni, di confrontare conoscenze e, soprattutto, divertirsi! Del resto lo sco­po di un “nodo” di EBN è proprio quel­lo di “(col)legare” persone con la stessa passione per il birdwatching, favorendo osservazioni e divertimento. Per gli inguaribili solitari, convin­ti che il birdwatching di gruppo non porti mai grandi osservazioni, mi piace segna lare alcune “specioline” osservate du ran te la “festa” da gruppi di decine di bird watchers: Averla maggiore, Lana­rio, Pellegrino siberiano, Frullino, Aqui­la mi nore, Corvo imperiale... Di seguito un “resoconto dei re so­con ti”, breve snocciolatura di ... cosa si è perso chi non ha partecipato!

Palmipedi per torinesi(report di Luciano Ruggieri) Per l’uscita annuale del nodo di To-rino è stata organizzata un’escursione con fini didattici al Centro Cicogne di Racconigi con i corsisti del corso base di birdwatching di Chieri. Splendida gior­nata di sole, con specchi d’acqua appe­na gelati al mattino. Bruno Vaschetti ha fatto gli onori di casa, mostrandoci un

Festa dei nodi

a cura di Giorgio Paesani

■ Bruno Vaschetti illustra le specie presenti al Centro Cicogne e Anatidi LIPU di Racconigi durante la festa del nodo di Torino_birdwatching.

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ni ‘80, sono una delle zone umide di maggior interesse avifaunistico della Ri serva Naturale del Litorale Romano. Si tratta di cinque vasche artificiali, che si estendono su una superficie di 33 ettari, nelle vicinanze dell’abitato di Maccarese, nel passato abbandonate pro gressivamente dai proprietari, cosa che ha permesso il ricrearsi di un ecosi­stema di estremo interesse naturalistico. Le vasche costituiscono un ambien­te singolare, che favorisce la presenza di numerosissime specie legate alle zone umide, in particolare uccelli (migratori

Grazie all’accordo siglato tra il WWF (Oa si s.r.l.) e la proprietà (Macca­re se S.p.A.), le Vasche di Maccarese sono ora a tutti gli effetti un’Oasi del WWF, contigua alla ormai storica Oa­si di Mac chia grande: questo ha ulterior­mente potenziato la valenza del territo­rio tutelato, che costituisce un’importan­te realtà per lo sviluppo sostenibile del territorio, nel rispetto delle necessità di tutela e conservazione della biodiversità. Le Vasche, realizzate negli anni ‘70 a scopi venatori e riconosciute co­me Riserva Naturale alla fine degli an­

fred da e serena, con una consistente brina ta mattutina, è iniziata presso la se­de del Parco (Cascina Picchetta, Cameri) con l’illustrazione dell’attività di inanel­lamento condotta in loco, con grafici e belle fotografie (particolarmente sugge­stive quelle relative al progetto che ri­guarda il Succiacapre). Quindi c’è stato il trasferimento nella zona Casone­Mon­telame, per l’escursione programmata. L’ambiente è molto vario e suggestivo: l’intera area, a boschi e prati, è delimita­ta da una grande ansa del fiume Ti cino. Il bellissimo Monte Rosa è poi di­venuto sfondo obbligato per la foto di grup po. Poco meno di 40 le specie osser­vate; tra queste l’Averla maggiore, che si è molto gentilmente lasciata a lungo osservare dal gruppo dei birders. In zona è presente anche il Picchio nero, per la Festa dei Nodi purtroppo in giornata assolutamente non collaborati­va. C’è stato quindi il pranzo in pizzeria a Pom bia e successivamente la divisione del gruppo: una parte si è diretta verso la zona dell’Arnetta (MI­VA) e l’altra ver­so la zona della diga di Panperduto sul fiume Ticino a Varallo Pombia. La bella giornata e l’assenza di nebbia (che si è mostrata solo attorno alle 16,45) hanno favorito in entrambi i casi le osservazio­ni dei birders.

Lanari siciliani... beati loro...(report di Giovanni La Grua) Anche il Nodo Sicilia ha festeggiato con una bella escursione in provincia di Enna. L’obiettivo delle nostre escursio­ni è, da un po’ di tempo, sempre lo stes­so: la ricerca di rapaci. E anche stavolta è andata bene, con due siti di Lanario. Bellissima l’osservazione di una cop­pia tranquillamente posata in parete. Di altro un’Aquila minore in verticale sul centro abitato di Villarosa, un paio di Sparvieri, diversi nuovi siti di Rondine montana, circa 30 Corvi imperiali alla discarica di Cozzo Vuturo. Molto bella la compagnia!!!

L’Averla maggiore “gentile” di NovaraBW(report di Ettore Rigamonti) Domenica 27 novembre, dedicata alla Festa dei Nodi di EBN Italia, una ventina di birdwatchers di NovaraBW, nodo novarese dell’associazione, ha vi­sitato la zona del Casone e di Montela­me a Pombia (NO). Quest’area si trova nel Parco Piemontese della Valle del Ti­cino, e l’escursione è stata accompagna­ta dal competente e gentilissimo guarda­parco Giovanni Liberini, autorizzato dal Parco, cui vanno i nostri calorosi ringra­ziamenti per la collaborazione. La giornata, meteorologicamente

■ Anche Liguriabirding ha partecipato alla festa dei nodi con visita alla foce dell’Entella, sito minacciato da progetti di “sviluppo” edilizio.

■ La Vasche di Maccarese, comodamente ubicate a pochi passi da Roma e dall’aeroporto Leonardo da Vinci, costituiscono un’oasi di straordinaria importanza ornitologica, che in in­verno e durante le migrazioni ospita numerose specie interessanti.

Le Vasche di Maccareserinascono !

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strade di accesso e quindi, con un can­nocchiale, è facilmente osservabile tutta l’entusiasmante attività che gravita at­torno al nido: le fasi dell’alimentazione, le cure parentali, le interazioni con altre specie, la difesa del territorio, possibili scene di caccia, ecc... Giornalmente non possono staziona­re nella postazione di sorveglianza più di 2­3 persone, per cui se hai intenzione di dare una mano prenotati subito. Resta inteso che le spese sono tutte a carico dei campisti volontari e che noi vi met­teremo a disposizione un alloggio gra­tuito presso una struttura dell’Azienda Foreste della Sicilia. Se però volete al­loggiare a vostre spese presso un B&B fatecelo sapere e provvederemo alla pre­notazione. Potete approfittarne anche per un tour siciliano: 2­3 giorni al cam­po e altrettanti in giro... E aprile e mag­gio sono certamente i mesi più belli per venire in Sicilia, non solo per la migra­zione, ma anche per la bellezza dei pae­saggi primaverili. Vi aspettiamo numerosi.

EBN Italia - Nodo Sicilia

Nel 2010 abbiamo scoperto che traf­ficanti di animali camuffati da accredi­tati falconieri rubavano pulcini di Aqui­la di Bonelli dai nidi siciliani. Nel 2011, con la collaborazione di volontari pro­venienti da tutta la Sicilia, abbiamo or­ganizzato un campo di sorveglianza pro­prio nel sito dove erano stati scoperti i trafficanti che si calavano con le corde sul nido per asportare i nidiacei. Il cam­po ha raggiunto il suo scopo e, alla fine di maggio, dopo 60 giorni di sorveglian­za e l’avvicendamento di 37 campisti volontari, un giovane aquilotto è volato libero (vedi il diario del campo su QB6). Quest’anno vogliamo incrementare le nostre attività e speriamo di riuscire a organizzare 2 o 3 campi di sorveglianza e un completo controllo in tutti i siti noti di nidificazione dell’Aquila di Bonelli e anche in diversi siti noti di nidificazione del Lanario. Per poter portare avanti le nostre iniziative abbiamo però bisogno dell’aiuto di tutti voi, soci di EBN Italia e simpatizzanti iscritti in lista. Abbiamo bisogno di fondi, soprattutto per la co­pertura delle spese per le attività di con­trollo della nidificazione nel maggior numero possibile di siti. Se vuoi venire a dare il tuo contri­buto di persona scrivi a lagruagio@ali­ce.it indicando se sei socio EBN Italia e da quanti anni, per quanti giorni sei disponibile e in che periodo. Il campo inizia alla schiusa delle uova, di solito a fine marzo, e prosegue fino all’involo, dopo circa 60 giorni. Si staziona in una zona da cui controllare sia il nido sia le

rimangono per lungo tempo compagne degli osservatori. Non mancano i mam­miferi, come volpi e nutrie, osservabili con relativa facilità, e animali a sangue freddo quali natrici e testuggini palustri. Un angolo di paradiso, che acquista un maggior valore se si pensa che è molto vicino a Roma e all’aeroporto Leonardo Da Vinci. Dal maggio 2007 l’associa­zione ALV (Associazione Litorale Ro­mano e Vasche di Maccarese) collabora con il WWF, svolgendo attività di moni­toraggio, censimento dell’avifauna e vi­gilanza, aggiuntive rispetto alle normali attività gestionali svolte dal personale. Per visitare l’Oasi WWF Macchiagrande e Va sche di Maccarese: Centro visite ­ 06/6685487 ­ 339/1588245329/0562763. Email: macchiagrande@wwf.it

e stanziali), anche rari, come il tarabu­so e il tarabusino. L’avifauna è presente specialmente, ma non esclusivamente, nel periodo migratorio. Tra le specie più significative osservabili nelle varie sta­gioni, ricordiamo l’Airone rosso e rapa­ci quali il Falco di palude, il Falco pelle­grino e il Falco sacro. Si possono vede­re frequentemente specie quali l’Airone cenerino, la Gallinella d’acqua, la Fola­ga, il Gabbiano reale e il Gabbiano co­mune. Si tratta di presenze costanti, in­dice del valore strategico di questo eco­sistema, mentre tutto intorno prevale un ambiente prettamente agricolo, con una scarsa biodiversità. Dall’autunno le ana­tre fanno la loro comparsa, con specie come il Fischione, l’Alzavola, la Mo­retta tabaccata e il Germano reale, che

OcchiO alla BOnelli

Il tuo aIuto per la protezIone della pIù rara aquIla ItalIana!

Ti invitiamo a donare 20 euro per la pro­tezione dell’Aquila di Bonelli in Sicilia se­condo una delle seguenti modalità:­ Conto corrente bancario: IT79 H076 0101 0000 0000 2947 128 causale “ Bonelli”­ Carta di credito sul sito: www.ebnitalia.

it Oppure ti invitiamo in Sicilia come cam­pista!

■ Inclusi nella Riserva Naturale del Litorale Romano, i campi ed i boschi nei dintorni del­le Vasche di Maccarese attirano molti migratori, soprattutto passeriformi e rapaci, tra i quali spiccano alcune specie di grande importanza, come il raro falco Sacro regolarmente svernante.

Non solo le Vasche ma anche il Bosco dell’ArroneGiovedì 16 febbraio alle ore 11.31 con l’apertura del cancello da parte di Fulco Pratesi (Presidente Onorario del WWF) è nata ufficialmente l’Oasi “Bosco Foce dell’Arrone” che si aggiunge alle oltre 100 aree protette del WWF ed anche questa, al pari delle Vasche di Maccarese, sarà gestita con la collaborazione dei volontari dell’ALV (Ass. Litorale Ro­mano e Vasche di Maccarese). L’Oasi, nata grazie alla fattiva collaborazione con la Mac­carese S.p.A. proprietaria dell’area, si estende per circa 40 ettari e si trova in prossimità del lungomare di Fregene (Roma), ingresso da via Sestri Levante. Il sentiero attraversa una florida macchia mediterranea e dune sabbiose, costeggiando l’Arrone, rifugio per il Barbagianni e per molti migratori che qui trovano le condizioni ideali per la sosta e la nidificazione. Presenti anche molte specie botaniche ed orchidee selvatiche. Info su www.wwf.it

Santino Di Carlo

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iauna giovane aquila, come avete avuto occasione di leggere nel diario del cam­po su QB6. È il fulcro del nodo siciliano di EBN Italia, che si è coagulato attorno alla sua voglia e alla sua passione. Una passione e una tenacia senza tanti fron­zoli tecnologici, che hanno portato al successo della mailing list Sicilia_bird­watching, accomunando le varie ani­me del birdwatching, senza preconcet­ti e divise, organizzando tra l’altro sia l’Eu ro bird watch sia le Feste dei Nodi di EBN Italia.

Giovanni La Grua è stato procla­mato Birder of the year 2011, in quanto incarna al meglio l’auspicabile connu­bio tra conservazionismo, protezione e birdwatching. Giovanni è stato uno dei promotori del campo di sorveglianza per la prote­zione dell’Aquila di Bonelli e dei Lana­ri, esponendosi in proprio, concordan­do riunioni, andando sul campo a fare la sua parte e anche installando foto­trappole per proteggere un sito di ni­dificazione non facilmente monitorabi­le. Tutto questo ha portato all’involo di

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■ Giovanni la Grua, in attesa di rilasciare un giovane Falco pecchiaiolo. La collaborazione con le locali associazioni di volontariato non è che uno degli aspetti dell’impegno concreto che Giovanni dedica alla tutela e conservazione degli uccelli selvatici.

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I Rapaci delle Alpi Apuane Le Apuane spiccano nel paesaggio della Tosca­na settentrionale elevandosi dal livello del mare fi­no a 2000 metri di quota. Un massiccio montuoso assolutamente particolare che per l’asperità e la po­sizione geografica offre un ecosistema favorevole a molte specie di rapaci. La guida, scritta da Guido Premuda, Fabio Vi­viani e Ubaldo Ricci, tratta tutte le specie di rapa­ci presenti, partendo da quella più nobile, l’Aqui­la reale, per poi illustrare in pratiche schede tutti i migratori che sono stati registrati presso il famoso sito di osservazione di Capriglia. Sull’Aquila reale vengono presentati i dati di 13 anni di monitoraggio riproduttivo delle 3 coppie territoriali, nonché del censimento in contemporanea del 2002. Si passa poi alla parte relativa alla migrazione, riferita al summenzionato sito di Capriglia, uno dei più importanti in Italia per la migrazione dei rapa­ci. Sono presentati i dati di 8 anni di osservazioni in cui sono state rilevate 14 specie diverse di rapaci. Capriglia è un sito di qualità, visto che è legato al­le osservazioni relative alla migrazione primaverile di specie quali, in ordine di abbondanza, Bianco­ne, Falco di palude, Aquila minore, Nibbio bruno, Gheppio, etc. Come già detto prevale il Biancone, con 6379 individui osservati, la cui consistenza nu­merica oscilla tra 800 e 1200 ogni anno. In autunno le specie censite salgono a 18, e l’Aquila minore è il secondo rapace più osservato dopo il Biancone e prima del Falco pecchiaiolo. Interessanti anche le osservazioni di Cicogna nera. La guida presenta i dati del passaggio delle specie più rappresentative sotto forma di grafici giornalieri cumulativi, molto interessanti. Infine vengono proposte alcune schede sinteti­che, riferite alla biologia e distribuzione di tutti i ra­paci diurni e notturni delle Apuane, con molte foto e anche 8 itinerari per il birdwatching. “I rapaci delle Apuane” è una guida interes­sante, essenziale non solo per il naturalista che vo­glia frequentare questi luoghi, ma anche per il bir­dwatcher che sia appassionato di migrazione dei ra­paci. Pacini Editore, al prezzo di 13,00 Euro, 192 pa­gine, ISBN 978­8863152074.

La nuova guida di identificazione: Che uccello è questo? A 10 anni di distanza dall’ultima pubblicata, la guida tascabile Hayman, è stata lanciata sul mercato italiano una nuova guida di identificazione. Si tratta di una guida tradotta dal tedesco a cura della Franco Muzzio Editore, il cui autore è Volker Dierschke. Questa guida è stata tradotta negli ultimi anni in molte lingue (in francese nel 2008, inglese, polacco, ungherese, ceco, slovacco, etc.) e finalmente ora ap­proda con una bella traduzione in Italia. In Europa, la guida ha avuto successo perché ha molti pregi. Primo fra tutti, il fatto che accosta di­segni a immagini fotografiche. Una guida che co­glie quindi il meglio dell’espressione iconografica: la foto è grande e sempre ben in evidenza, normal­mente mostrando il piumaggio nuziale, i disegni raffigurano l’uccello in altre posizioni o in volo. I particolari identificativi sono indicati con le frecce (stile Peterson). Di tutte le specie vengono indicate le misure (lunghezza e apertura alare), l’habitat con cartine su scala europea, il periodo di nidificazione, il colore e il numero delle uova, la voce e inoltre è presente un box che illustra le eventuali curiosità sull’etologia della specie. Il testo, la cui traduzione dal tedesco è stata ri­vista dalla redazione di QB, è sintetico, massimo 10 righe a specie, e cerca di cogliere l’essenza dell’uc­cello raffigurato. Le informazioni contenute sono state adattate alla realtà italiana. Una guida ben illustrata, didattica, ricca di con­tenuti, consigliata a tutti, ma soprattutto al neofita. Si trova in tutte le librerie, al prezzo di 18,50 Euro, 256 pagine, ISBN 978­8874132447.

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Essere socio per il 2012ti riserverà scontisui prodotti

Quota sociale 2012:Italia: € 25,00. Soci sostenitori, enti, associazioni e biblioteche: € 50,00Speciale quota familiare (non riceve la rivista ma un taccuino da campo: € 5,00)Estero (UE e Svizzera): € 30,00Pagamento:Italia: Bollettino di c/c postale n. 2947128 intestato a “Associazione EBN Italia”Italia/Estero: Bonifico bancario: IBAN IT79 H076 0101 0000 0000 2947 128 BIC/SWIFT: BPPIITRRXXXCausale: Quota sociale Associazione EBN Italia 2012

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