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Emergenze educative e “conflict sensitive education”

Intervento di Ermete Ferraro Educatore: docente di lettere nella scuola media; già animatore sociale ed assistente sociale di gruppo e di comunità.

Formatore: relatore a corsi e seminari, a livello regionale e nazionale.

Ecopacifista: referente nazionale di VAS onlus per l’Ecopacifismo; membro Comitato Pace, Disarmo e Smilitarizzazione del Territorio – Campania

© 2013 Ermete Ferraro (www.ermeteferraro.it)

“EDUCAZIONE ed EMERGENZA” - Napoli, 29.04.2013“EDUCAZIONE ed EMERGENZA” - Napoli, 29.04.2013

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1. Definizione dei termini

Secondo l’UNESCO, l’educazione dovrebbe contribuire alla “acquisizione dell’alfabetizzazione e delle altre competenze, conoscenze e valori essenziali alla partecipazione piena alla società”.

“...la definizione dell’emergenza sociale all’interno di un territorio fa riferimento alle condizioni di instabilità, al clima di violenza, alla scarsità di risorse che caratterizzano qualunque situazione di grave criticità”. http://www.armando.it/Uploads/Armando/docs/22348_18420_ex

tr-isidori.pdf

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2. Educazione nei conflitti ed in situazioni di crisi e di fragilità sociale

<<Le condizioni connesse al conflitto ed alla fragilità – compresi scarsa capacità di governo, violenza, repressione, corruzione, disuguaglianza ed esclusione – possono compromettere l’accessibilità, la qualità, la rilevanza e da gestione della educazione, in modi che possono esacerbare l’instabilità economica sociale o politica.

<<In un dato contesto, l’educazione può offrire i benefici d’una inclusiva e costruttiva integrazione degli individui e delle comunità, dal punto di vista sociale, politico ed economico. Tuttavia, a seconda della natura del suo

disegno e della sua attuazione, l’educazione ha anche la potenzialità di perpetuare o di radicare dinamiche di fragilità.

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<<Una comprensione di queste dinamica è fondamentale per assicurare che l’educazione, quanto meno, non arrechi danno e, al meglio, che contribuisca alla prevenzione del conflitto e ad una costruzione della pace, a lungo termine.>>

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“Multiple Faces of Education in Conflict and Fragile Contexts” © William Fernando Martínez http://www.ineesite.org/en/education-fragility/multiple-faces-of-education

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L’Inter-Agency Network for Education In Emergencies (INEE) ha sottolineato:

<<…l’esigenza dei ragazzi e dei giovani di avere un’educazione di qualità, equa, rilevante e sicura”

Ha anche messo il rilievo che: << …gli approcci all’educazione sensibili al conflitto contribuiscono alla costruzione della pace in modi importanti : una ‘gioventù frustrata’ può essere impegnata in modo costruttivo; la ‘resilienza’ può essere costruita negli stati, nelle economie e nelle comunità: il conflitto e la fragilità possono essere mitigati…>>

“Education After a Crisis"– Sara Habibi http://www.huffingtonpost.co.uk/gates-cambridge-scholars/education-after-a-crisis_b_3117965.html

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3. Il contesto italiano: le nostre emergenze Se l’emergenza sociale implica “condizioni d’instabilità,

clima di violenza e scarsità di risorse”, anche l’Italia rientra in questa definizione, pur non essendo dichiaratamente un Paese in guerra o colpito da eccezionali calamità disastrose.

L’instabilità politico-istituzionale, il peso delle organizzazioni criminali sulla vita pubblica e l’ambiente, in aggiunta alla crisi economica ed al crescente tasso di disoccupazione, contribuiscono a determinare un clima emergenziale.

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In Italia, la spesa sociale, educativa e sanitaria è stata colpita da una progressiva riduzione del ruolo dello Stato e degli Enti Locali, con un parallelo processo di privatizzazione/aziendalizzazione di tali settori e di crescente marginalizzazione dei soggetti deboli.

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4. Emergenze educative in Italia Una scuola svuotata, poco alla volta, della sua funzione

educativa, riduce il suo ruolo di formazione umana e sociale. Aver posto in primo piano nel curricolo competenze “pratiche” e

di “adattamento” è funzionale ad un contesto culturale e socio-politico dato per scontato ed indiscutibile.

Si afferma nella scuola un’impostazione aziendalista, con conseguente omologazione delle conoscenze e progressiva standardizzazione delle competenze da valutare.

Una scuola competitiva, come pre-selezione all’attuale realtà produttiva, genera ulteriori conflitti anziché prevenire quelli ordinari.

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Quanto sostengono gli studi dell’INEE sulla educazione sensibile al conflitto – riferendosi in particolare a dei contesti particolarmente fragili o a situazioni di grave emergenza – appare applicabile anche alla situazione italiana.

A quasi settant’anni dalla fine della guerra, infatti, il nostro tessuto sociale resta poco solido e coeso, condizionato com’è dalla crisi economica, dalla scarsa credibilità delle istituzioni democratiche e dalla liquidazione dello stato sociale, in favore di logiche mercantili, privatistiche e individualistiche.

Anche la sbandierata sostenibilità ambientale resta un concetto piuttosto vago ed ambiguo, che è diffuso nelle scuole -come la stessa educazione alla pace - svuotando entrambi della loro carica alternativa all’attuale modello di sviluppo...

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La presenza crescente di alunni stranieri nelle scuole italiane, insieme all’aumentata aggressività e trasgressività che si nota in molti ragazzi/e, richiederebbe molta più attenzione alle problematiche della multiculturalità, della risoluzione nonviolenta dei conflitti ai vari livelli, ma anche alle dinamiche del gruppo-classe (frustrazione, inadeguatezza, competitività, scarso rispetto e bullismo in varie forme).

La risposta della scuola italiana appare spesso solo formale, se non contraddittoria. Si propongono agli alunni/e modelli di comportamenti ‘tolleranti’ ma non si valorizza – quando non si scoraggia - la diversità ed il pensiero divergente. Si lanciano programmi contro il bullismo, ma la stessa scuola è fonte di tensioni e talvolta si propongono modelli di affermazione “su” gli altri,

piuttosto che “con” gli altri.

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Un’ultima emergenza cui la scuola risponde in maniera spesso poco coerente è quella ambientale. Pur proponendo iniziative educative riguardanti rifiuti, energia, biodiversità ed altre tematiche simili, spesso si confermano implicitamente modelli e stili di vita consumistici e poco ecologici...

Spesso nelle scuole si trasmette l’idea che a tutti i guasti ambientali ci sia una risposta tecnologica, che il progresso scientifico sia inarrestabile e che lo sviluppo sia un cammino di “crescita”, irreversibile ed a senso unico...

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5. Quali risposte educative ? Non esistono soluzioni e formule educative valide ovunque e

in qualunque contesto socio-culturale. Serve, comunque, una metodologia che aiuti i ragazzi ed i giovani ad analizzare ed affrontare i conflitti, ai vari livelli.

Che si insegni in aree degradate ed a rischio oppure in contesti c.d. benestanti , il compito dell’educatore è quello di aiutare i ragazzi/e a scoprire gli aspetti di fragilità e di crisi della società in cui vivono, ponendosi in modo critico, collettivo e proattivo di fronte ai problemi.

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<< Politiche e programmi educativi che si focalizzano solo su soluzioni tecniche non sono sufficienti a fronteggiare le sfide riscontrabili in contesti fragili e conflittuali.

<<Se l’attenzione al conflitto non è integrata nella politica e programmazione educativa, c’è il rischio che gli investimenti nell’educazione accrescano le tensioni.

<<E’ cruciale che tutti i programmi umanitari, di sviluppo e educativi rispondano al contesto ed alle dinamiche del conflitto, essendo “sensibili al conflitto”, minimizzando gli impatti negativi e, al tempo stesso, massimizzando quelli positivi. >>

http://www.ineesite.org/en/education-fragility/conflict-sensitive-education

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Per l’INEE, un’educazione “conflict sensitive” è un processo: (a) di comprensione del contesto; (b) di analisi dell’interazione tra contesto e politiche educative; (c) di scelta di priorità organizzative che, in ambito educativo, riducano l’impatto negativo dei conflitti e ne valorizzino quello positivo.

Occorre quindi – nel contesto italiano – partire dall’analisi della situazione attuale di ‘mutazione genetica’ della scuola, per programmare interventi integrati socio-educativi in ambito scolastico ed educativo informale (educazione alla soluzione nonviolenta dei conflitti, educazione al rispetto reciproco, educazione ecologica, pratica di dinamiche cooperative e di nuovi stili di vita...).

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<<L’educazione è molto più di una semplice fornitura di servizi […] Il solo fatto di assicurare che ragazzi e giovani ricevano un’educazione di base non si trasforma automaticamente in politiche, sistemi ed insegnamenti che contribuiranno alla prevenzione del conflitto ed alla costruzione della pace.

<<Inoltre, la capacità dell’educazione di costruire un capitale sociale e contribuire ad un modo di vivere sostenibile, così

come quello economico e le altre forme di sviluppo, richiede attenzione alla quantità ed alla rilevanza delle opportunità educative. Bisogna assicurare anche una prospettiva ‘olistica’ nei riguardi del sistema educativo…>> Multiple Faces of Education in Conflict-affected and Fragile Context http://www.ineesite.org/en/education

fragility/multiple-faces-of-education

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In Italia, le proposte educative in tale direzione dovrebbero essere veicolate in primo luogo dalla scuola pubblica, ma anche da attività svolte in modi e sedi non formali (animazione sociale di minori in contesti ricreativi, culturali, pastorali etc.).

Al centro di questi interventi, dovrebbe esserci sempre una sensibilità alle dinamiche inter-personali, di gruppo e di comunità, fornendo ai partecipanti sia gli strumenti cognitivi per affrontare i conflitti, sia le tecniche operative per risolverli nel modo più costruttivo e nonviolento.

Tutti gli input educativi (familiari, scolastici, associativi) dovrebbero essere coerenti con un progetto formativo globale, fondato sui principi etici del rispetto reciproco, del rifiuto della violenza e della sostenibilità ecologica delle scelte.

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Lo stesso concetto di emergenza andrebbe demistificato, per cui bisogna che i giovani scoprano che i problemi più gravi ed evidenti sono solo ciò che emerge di una situazione molto più complessiva e strutturale, di cui non si è sempre coscienti.

Ciò vale per le questioni ambientali come per quelle economiche e socio-politiche. Ridurre i danni più evidenti non è sufficiente, se non si affrontano i problemi di fondo con metodi nuovi e con una visione alternativa.

I minori, viceversa, sono troppo spesso esposti alla violenza e ad attività anti-sociali. In tal modo vengono loro trasmessi, fin da piccoli, valori negativi che li rendono passivi, sfiduciati o poco propensi al cambiamento.

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L’altro concetto da demistificare è quello di crisi, recuperando il senso etimologico della parola: scelta, separazione, giudizio. Esso, infatti, non comporta solo negatività ma anche aspetti strettamente legati al processo di cambiamento.

Bisogna far comprendere ai giovani che, così come l’emergenza è solo la parte che emerge d’un problema, pure in una situazione di crisi (ambientale o socio-economica) è necessario affrontare le cause alla base del disagio più acuto ed evidente.

Apprendere come si fa a decidere è quindi uno degli aspetti fondamentali del processo educativo, cui spesso la scuola dedica di solito poco spazio.

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CONCLUDENDO.... Educare in situazioni di emergenza (ambientale,

economica e sociale) richiede conoscenza dei contesti, degli elementi di fragilità e delle metodologie più idonee a fronteggiare in modo positivo i periodi di crisi.

Educare i minori al conflitto significa aiutarli a scoprire, analizzare ed affrontare costruttivamente i vari conflitti, con approccio globale, collettivo e nonviolento.

Educarli alla pace – anche in situazioni di instabilità, violenza e scarsità – vuol dire attivare processi educativi fondati sul rispetto, l’inclusione sociale, la cooperazione e la non collaborazione con ogni forma di violenza, sopraffazione e sfruttamento.

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Una educazione sensibile al conflitto, nel contesto italiano, è praticabile:

Se la scuola e le altre agenzie educative collaboreranno per garantire “un’educazione di qualità, equa, rilevante e sicura” (INEE).

Se si arresterà l’aziendalizzazione e standardizzazione della scuola, valorizzando le differenze, la creatività e la relazione invece dell’omologazione, l’adattamento e la competitività.

Se si aiuteranno i minori ad affrontare costruttivamente i conflitti e a cogliere, nei momenti di crisi e di emergenza, le occasioni per fare scelte consapevoli e di cambiamento.

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Emergenze educative e “conflict sensitive education”

Grazie a tutti per l’attenzione!

Sono graditi osservazioni e commenti. Per contatti: [email protected] Visita: www.ermeteferraro.it

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