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P.I. Spa – Spedizione in abbonamento postale, Art.1, comma 1 – D.L. 353/2003 (convert. in L. 27.02.2004 N° 46) Art.1, DCB Varese - ISSN 0391-3600 MARZO - DICEMBRE 2013 VOLEVANO LICENZIARCI IN 1500 Nebbia, pioggia fitta, di rado qualche po’ di sole. Abbiamo acceso copertoni davanti a tutte le fabbriche. E’ quasi una settimana che abbiamo chiuso ogni strada con travi, fuochi, vecchie griglie. I padroni oggi hanno dovuto cedere. Volevano licenziarci in 1500. Erano decisi. Non ricordo un momento così bello così felice. Sono dovuti tornare indietro. Hanno dovuto chinare il capo tacere. Abbiamo imparato ora compagni. Dobbiamo, possiamo farli chinare il capo, tacere così tante volte tante tante volte in maniera che non si sentano più che non si vedano più in nessun luogo per sempre. Ferruccio BRUGNARO (da Le stelle chiare di queste notti, Campanotto Editore) NO AL PROGETTO DI OSPEDALE UNICO TRA PESARO E FANO L’INSOSTENIBILITA’ DELLA GEOTERMIA IN TOSCANA ILVA DI TARANTO UNA STORIA DISONESTA ILVA E MALPENSA, QUALE DIFFERENZA? PESTICIDI? NO GRAZIE L’ESTATE DEGLI F35 ------------------------------------------------------------------ Medicina Democratica ------------------------------------------------------------------ 208-212

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VOLEVANO LICENZIARCI IN 1500

Nebbia, pioggia fitta, di radoqualche po’ di sole.

Abbiamo acceso copertonidavanti a tutte le fabbriche.

E’ quasi una settimanache abbiamo chiuso

ogni stradacon travi, fuochi, vecchie griglie.I padroni oggi hanno dovuto

cedere.Volevano licenziarci in 1500.

Erano decisi.Non ricordo un momento

così bellocosì felice.

Sono dovuti tornare indietro.Hanno dovuto chinare il capo

tacere.Abbiamo imparato ora

compagni.Dobbiamo, possiamo farli chinare

il capo, tacere cosìtante volte

tantetante volte

in maniera che non si sentano piùche non si vedano

più in nessun luogo per sempre.

Ferruccio BRUGNARO(da Le stelle chiare di queste notti,

Campanotto Editore)

NO AL PROGETTO DI OSPEDALE UNICO TRA PESARO E FANO

L’INSOSTENIBILITA’ DELLA GEOTERMIA IN TOSCANA

ILVA DI TARANTO UNA STORIA DISONESTA

ILVA E MALPENSA, QUALE DIFFERENZA?

PESTICIDI? NO GRAZIE

L’ESTATE DEGLI F35

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208-212

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Sede Nazionale Via Venezian, 1 - 20133 Milano - Sede Amministrativa Via dei Carracci, 2 - 20149 Milano

COMITATO DI REDAZIONE: Fulvio AURORA(direttore responsabile), Lino BALZA, AngeloBARACCA, Cesare BERMANI, Ga briella BERTINI,Roberto BIANCHI, Sergio BOLOGNA, Marco CAL-DIROLI, Roberto CARRARA, Germano CASSINA,Carla CA VAGNA, Gianni CAVINATO, Maria LuisaCLEMENTI, Elisabetta COSANDEY, AngeloCOVA, Fernando D’ANGELO, Rino ERMINI,Giorgio FORTI, Giorgio GALLEANO, Pietro e SaraGALLI (grafici), Maurizio LOSCHI, Luigi MARA(direttore), Dario MIEDICO, Marcello PALAGI,Barbara PERRONE, Roberto POLILLO, MaurizioPORTALURI, Chiara SAS SO, Matteo SPREAFICO,Vito TOTIRE, Laura VALSECCHI, Bruno VITALE.INOLTRE COLLABORANO A QUESTA RIVISTA:Carlo ALBERGANTI, Giorgio ALBERTINALE,Beppe BANCHI, Giuseppe BLANCO, MarioBRAGA, Ferruccio BRUGNARO, Paolo BULETTI,Roberto CARMINATI, Marco CERIANI, Massimo

COZZA, Michele DE PASQUALE, Rossana DET-TORI, Elisabetta DONINI, Antonino DRAGO, Gior -gio DUCA, Walter FOSSATI, Cristina FRANCE-SCHI, Lidia FRANCESCHI, Ida GALLI, ValerioGENNARO, Patrizia GENTILINI, Liliana GHILAR-DI, Ma ria Grazia GIANNICHEDDA, Claudio GIOR-NO, Pietro GRILLAI, Giuseppe MARAZZINI,Maurizio MARCHI, Gilberto MARI, Gianni MAT-TIOLI, Bruno MEDICI, Claudio MEZZANZANICA,Alfredo MORABIA, Corrado MONTEFALCHESI,Celestino PANIZZA, Pietro PEROTTI, Agosti noPIRELLA, Aris REBELLATO, Giuseppe REZZA,Franco RIGOSI, Marino RUZZENENTI, AldoSACHERO, Nicola SCHINAIA, Anna SEGRE,Giovanni SERRAVALLE, Claudia SORLINI, GianniTAMINO, Flavia TRIOZZI, Bruno THIEME, EnzoTIEZZI, Lu ca TRENTINI, Attilio ZINELLI. IMPA-GINAZIONE: Stefano DEBBIA, An drea PRAVET-TONI.

5 per 1000E' possibile versare nella prossima dichiarazionedei redditi il 5 per mille dell'IRPEF all'Associazione“Medicina Democratica - Movimento di Lotta perla Salute O.N.L.U.S.”, in breve “MedicinaDemocratica – O.N.L.U.S.”. Come è noto, si trattadi un’associazione autogestita che opera senza finidi lucro attraverso il lavoro volontario e gratuito e lesottoscrizioni dei suoi associati e simpatizzanti, chenon ha mai goduto e che non gode di finanziamen-ti nè diretti nè indiretti da parte di chicchessia. Pertanto, se ne condividete l’operato e intendetesostenere le sue iniziative per affermare la Salute, laSicurezza e l’Ambiente salubre in fabbrica, cosìcome in ogni dove della società, nel rigoroso rispet-to dei Diritti Umani e contro ogni forma di esclu-sione, emarginazione, discriminazione e razzismo,Vi chiediamo di indicare il numero di CodiceFiscale 97349700159 dell’Associazione “MedicinaDemocratica - Movimento di Lotta per la SaluteO.N.L.U.S.”. N.B. Si ricorda che la scelta del 5 per mille nonsostituisce quella dell'8 per mille (dedicata, peresempio, al culto): le opzioni 5 per mille e 8 permille si possono esprimere entrambe.

TRIMESTRALEN° 208-212 marzo-dicembre-2013

Autorizzazine del Tribunaledi Milano n° 23

del 19 gennaio 1977

Iscritta al RegistroNazionale della Stampa

(Legge 58/81 n. 416, art. 11) il30 ottobre 1985

al n° 8368317, foglio 657ISSN 0391-3600

EDIZIONE:Medicina Democratica

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SARDEGNA- Francesco Carta, via Toscanini 7,09170 Oristano

Ci scusiamo con le Lettrici e i Lettori per ilritardo nella pubblicazione di questofascicolo multiplo, soluzione provvisoriache abbiamo adottato per problemi dibilancio editoriale 2013.Confidiamo nel sostegno a questa testataattraverso le sottoscrizioni e le donazioni aMedicina Democratica O.N.L.U.S.

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Lamezia Terme: le stragi dioperai continuano, mentre sin-dacati e forze politiche imbelliinseguono ottusamente i voleridi un padronato vorace e rea-zionario. Senza memoria, nonc’è nè presente nè futuro!di Luigi MARA

Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013

Il 12 settembre 2013 si è verificata l’enne-sima strage di operai sul lavoro presso lostabilimento della società Ilsap Biopro diSan Pietro Lametino, zona industriale diLamezia Terme (CZ): tre operai DanieleGasparrone, 32 anni di Latina, AlessandroPanella, 32 anni di Velletri (RM), EnricoAmati, 47 anni di Sinalunga (SI), saldatorispecializzati sono stati uccisi, bruciati vivi,mentre lavoravano sopra un silos alto 15metri per eseguire un intervento di manu-tenzione straordinaria atto a trasformare la(carpenteria) struttura del silos adibito allostoccaggio di olii. Le scintille di saldatura e le scorie incan-descenti a contatto con l’olio e con i suoivapori hanno innescato una enorme esplo-sione con lo sviluppo di un incendio digrande magnitudo: il silos è stato proietta-to ad una distanza di 40 metri ed i tre ope-rai sono stati investiti dalle fiamme.I corpi di Daniele Gasparrone e AlessandroPanella sono stati trovati completamentecarbonizzati, mentre Enrico Amati è rima-sto intrappolato all’interno del silos equando i Vigili del fuoco Lo hanno estrattopresentava ustioni sul novanta per centodel corpo. In condizioni disperate venivatrasportato d’urgenza con l’eliambulanzapresso l’ospedale di Catanzaro, dovemorirà il mattino successivo 13 settembre2013.Secondo i Vigili del fuoco di Catanzaro<<non ci sono dubbi: nel silos non c’eraglicerina, ma un olio, probabilmente disansa>>.Lo stabilimento in questione è quello dellaex SIR di Rovelli, che è stato rilevato dallaIlsap Biopro, un’industria del gruppoMartena con sede a Latina, che producebiodisel, glicerina ed olii derivanti dai pro-

cessi di raffinazione.Nel sito informatico dell’azienda si leggeche la stessa ha <<la predilezione per l’uti-lizzo di materie prime frutto del riutilizzodi materiali destinati alla discarica>>.Viceversa, va detto a chiare lettere che lasocietà Ilsap Biopro non ha alcuna predile-zione, né per attuare sistemi e interventiindispensabili di prevenzione dei rischi e,men che meno, per assicurare e garantire lasicurezza, la salute e la vita dei lavoratori.Di più, la società Ilsap Biopro, per ridurre itempi e i costi dell’intervento manutentivonon ha fatto svuotare e bonificare preventi-vamente il silos di stoccaggio degli olii,come impone(va) la legge e le più elemen-tari norme di sicurezza antincendio.La mancata bonifica del silos, che – (lo siripete, viola le più elementari norme disicurezza!) - conteneva olii e vapori infiam-mabili, i quali, in presenza di fonti di inne-sco, quali sono le scintille e le scorie incan-descenti originate dalle operazioni di sal-datura, il 12 settembre 2013 ha provocatouna immane esplosione e un incendio nelquale i tre operai venivano arsi vivi. Questioperai - (come già avvenuto nel 2006 pres-so la società Umbria Olii di Campello sulClitunno) - sono stati mandati a lavoraresopra un silos inconsapevolmente, senzaalcuna informazione, a svolgere un lavoroad altissimo ed inaccettabile rischio che Liha condotti a morte.Le modalità con le quali è avvenuta que-sta strage operaia ci riporta immediata-mente alla mente quella che il 25 novem-bre 2006 ha causato la morte, altrettantoorrenda – [un anno prima della strage deisette operai uccisi nell’incendio sprigio-natosi la notte del 6 dicembre 2007 pres-so la ThyssenKrupp di Torino] - di quat-

note a margine 1

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tro operai (Tullio Mocchini, GiuseppeColetti, Wladimir Toder, MaurizioManili) dipendenti da una ditta appalta-trice, che furono mandati presso lasocietà Umbria Olii di Campello sulClitunno (PG) ad effettuare delle opera-zioni di saldatura per l’installazione dipasserelle sulla sommità di serbatoicolmi di oli.Anche in questo caso, la ditta per ridurre itempi e i costi dell’intervento - (così comepresso la società Ilsap Biopro di LameziaTerme) - non aveva fatto svuotare e bonifi-care preventivamente i serbatoi ripieni diolio, come impone(va) la legge e le più ele-mentari norme di sicurezza antincendio:infatti in presenza di fonti di innesco, qualisono le scintille e le scorie incandescentioriginate dalle operazioni di saldatura, i ser-batoi ripieni di olii prendevano fuoco, svi-luppando un immane rogo nel quale veni-vano uccisi, arsi vivi, i quattro operai, che -lo si ripete! - erano stati mandati inconsape-volmente, senza alcuna informazione, asvolgere un lavoro ad altissimo ed inaccet-tabile rischio che li aveva condotti a morte.Per tutta risposta, l’amministratore delegatodella società Umbria Olii, tale Del Papa, pro-muoveva un’azione legale nella quale chie-deva alle Famiglie delle vittime e a un quin-to operaio sopravvissuto, Klaudio Demiri,un risarcimento di 35 milioni di euro sullabase di una perizia di parte dell’azienda che,nel novembre 2008, veniva dichiarata nulladal giudice. A seguito di questa decisione ilgiudice veniva ricusato dai legali dellasocietà Umbria Olii. Nel febbraio 2009, aquesta ignobile iniziativa padronale mette-va fine la Corte di Cassazione, VII Sezionepenale, che dichiarava inammissibile l’a-berrante istanza presentata dai legali del-l’amministratore delegato Del Papa. Diricusazione in ricusazione - (fino al 2009) -il processo è stato bloccato, mentre nel frat-tempo l’amministratore delegato si èdimesso dopo aver messo in liquidazionela società e passato la mano a un suo uomodi fiducia. Non vi è chi non veda che le cause dellastrage operaia avvenuta il 25.11.2006 pres-so la società Umbria Olii di Campello sulClitunno (PG) sono le stesse di quella avve-nuta il 12.09.2013 presso la società IlsapBiopro di Lamezia Terme (CZ); eppure ungiornalismo cialtrone (le eccezioni lodevo-li confermano la regola), senza memoria eincapace di condurre inchieste serie sullecause delle morti sul lavoro parla conti-nuamente a vanvera di eventi imprevistie/o di fatalità, mai delle vere cause e delleresponsabilità delle direzioni aziendali chehanno provocato quelle morti, e quelle chepurtroppo avvengono con inflessibile

cadenza quotidiana.La strage operaia di Lamezia Terme ilgiorno successivo è stata dimenticata ecancellata dai mass-media, ed essa giun-ge ad appena quattro mesi da quellaavvenuta il 7 maggio 2013 presso il Portodi Genova nella quale sono stati uccisinove lavoratori: il pilota MaurizioPotenza, 50 anni, del porto di Genova(che in un primo momento era stato datoper sopravvissuto), Michele Robazza, 41anni di Livorno, pilota del porto diGenova; Daniele Fratantonio, 30enne diRapallo; Davide Morella, 33enne origina-rio di Bisceglie, e Marco De Candussio,40 anni, originario di Barga (Lucca).Questi ultimi tre erano militari dellaCapitaneria di porto. Morto anche SergioBasso, 50 anni, di Genova, dipendentedella società Rimorchiatori Riuniti.L’ultima vittima identificata, la settimarecuperata è il sottocapo di seconda clas-se Giuseppe Tusa, 30enne di Milazzo.Restano dispersi due uomini dellaCapitaneria: Francesco Cetrola, 38 anni,di Matera, e il sergente Gianni Jacoviello,33 anni, della Spezia. (Dal quotidianol’Unità del 07.07.2013). Questa strage di lavoratori avvenuta il 7maggio 2013 nel porto di Genova è statacausata dalla nave portacontainer JollyNero, che uscendo “in retromarcia” daSampierdarena, nella manovra di evolu-zione colpì la Torre piloti, che collassòcrollando in acqua; essa poteva essere evi-tata, ordinando ai rimorchiatori di effettua-re una manovra più prudente che sarebbecostata solo 1200 euro e qualche minutoin più. In estrema sintesi, questo è quantoriportato nell’ordinanza emessa il 6 luglio2013 con la quale il GIP del Tribunale diGenova ha ordinato la sospensione dal ser-vizio per due mesi del comandante dellanave portacontainer Jolly Nero, RobertoPaoloni, del primo ufficiale, LorenzoRepetto e del pilota del porto di Genova,Antonio Anfossi. Secondo il GIP, il Dr.Ferdinando Baldini, i tre indagati eranoconsapevoli delle avarie della nave, che inquelle condizioni non avrebbe dovutonavigare comandata dalla plancia neglispazi angusti del porto del capoluogo ligu-re. Dalle registrazioni della scatola neraemerge come il comandante della navefosse consapevole di quanto fosse rischiosocompiere quella manovra, in quell’area delporto: «Ogni volta che si parte da Genova -dice Paoloni al primo ufficiale Repetto circadue ore prima della disastrosa tragedia -bisogna farsi il segno della croce». Subitodopo lo schianto contro la torre di controllo,in cui persero la vita nove persone, Paoloniafferma: «Abbiamo buttato giù la torre,

Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 20132 note a margine

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saranno tutti morti». Pochi secondi dopoAnfossi avverte il capo dei piloti del porto,Giovanni Lettich, dicendo: «Sì Giovanni, hobuttato giù la torre dei piloti. È successo undisastro …>>.Chi si ricorda più che l’8 novembre 2003nel porto vecchio di Genova a seguito delcrollo parziale di un edificio in ristruttura-zione un operaio veniva ucciso, mentrequattro Suoi compagni venivano feriti?I sindacati in tutt’altre faccende affaccen-dati, in 70 anni di Repubblica non si sononeppure posti l’obiettivo di costituire unArchivio nazionale (suddiviso territorial-mente, per i diversi settori produttivi, ivicompresi i servizi e l’agricoltura), nel qualeregistrare ed analizzare con rigore i casi e lecause dei quotidiani omicidi sul e del lavo-ro, sviluppando in ogni dove della societàuna conseguente e coerente cultura dellaprevenzione su questo cruciale terreno.Come è noto senza informazione non c’è népresa di coscienza - (individuale e colletti-va) – né partecipazione dei diretti interessa-ti, le lavoratrici ed i lavoratori, per affermarela prevenzione e per eliminare ogni rischiolavorativo (ed extra-lavorativo).Tutt’oggi, la morte operaia è considerata undato a priori, che quasi mai viene sancitacome tale dalla Legge: per gran parte dellaMagistratura la morte operaia non costitui-sce un reato!Quanti sono i magistrati che si recano per-sonalmente sui luoghi di lavoro ove èavvenuto un infortunio grave o mortale?In una indagine condotta negli anni ’80 damagistrati della Pretura penale di Milano,erano stati censiti nel Paese (solo) circa 200procedimenti penali nei quali risultava chei magistrati si erano recati, di persona, infabbrica sui luoghi dell’infortunio mortale.Eppure, in quegli anni gli infortuni morta-li sul lavoro erano migliaia.Ancora, oggi quanti sono i procedimentipenali attivati dalla Magistratura a frontedei circa 1500 infortuni mortali che avven-gono sul lavoro ogni anno in Italia? Vadetto chiaramente che si tratta di un pro-blema culturale, ancor prima che politico,che non riguarda la sola Magistratura, anzi!<<Oltre un secolo fa Edmondo De Amicisnell’immortale “Cuore” cacciava anchel’infortunio sul lavoro. Preceduti da tre guardie municipali, perstrada, due uomini portavano una barella:<<… era un muratore, caduto da un quar-to piano, mentre lavorava …>>. <<… quanti miei compagni – annota ilragazzo diarista – pensano che i loro padrilavorano sopra un ponte altissimo o vicinoalle ruote di una macchina, e che un gesto,un passo falso può costar loro la vita! Sonocome tanti figlioli di soldati, che abbiano i

loro padri in battaglia>>.C’è il solito Franti, dal suo famoso sorrisoanche nell’occasione; <<…l’uomo gli cac-ciò in terra il berretto con un ceffone,dicendo – Scopriti il capo, malnato, quan-do passa un ferito del lavoro!>>.Il quadretto è completo nella sua allegoriaideologica. I vigili urbani (tre numero per-fetto) cioè l’ordine costituito e neutrale, chefa la scorta al ferito: interviene dopo l’infor-tunio, ufficializza e solennizza l’accaduto,si mostra dalla parte del ferito agevolando-ne il trasporto all’ospedale.I portatori della barella: certo compagni dilavoro del ferito, addetti al lavoro manualetuttora (attività di trasporto); fanno quelche possono e devono, cioè solidarietàconcreta e fraterna, sempre faticando; nonparlano. Il ferito, che perde sangue dallabocca e dalle orecchie; ma è caduto da unquarto piano. Quarto piano, vuol dire, oltreun secolo fa, una casa molto alta, quindiprogresso; si costruisce per una città, peruna civiltà nuova che esigono costi umani.Quel “quarto piano” è la giustificazioneoggettiva, nei conti lunghi della storia, chefa tornare le operazioni: otorrargia, ma “daun quarto piano”.Il quarto piano, o le ruote di una macchina;siamo al fronte, sono tutti soldati. Il pro-gresso, il lavoro, la lotta col sangue: nessunsangue è migliore di quello donato in guer-ra per la patria, e così vale, allo stessomodo, il sangue dell’infortunio; che l’uno el’altro paghino interessi altrui e non di chilo versa, non appare. La folla reverente al passaggio: appunto lareverenza come di fronte al fatto religioso;come in chiesa bisogna levarsi il cappello oberretto; il contestatore in berretto, l’ergasto-lano Franti sottoproletario violento è moral-mente e materialmente punito (il ceffone)perché non si allinea al sentimento gonfiodegli altri, poiché a punirlo è “un uomo bar-buto”, s’intende che non è un signore ma unoperaio, un proletario a castigarlo, chiuden-dosi così il cerchio di consensi sulla tragediasolidarietà umana.Nessuna protesta fuor che il sorriso sfron-tato di Franti, derisione non per il sanguema per la scenografia; nessuno parla deipadroni o imprenditori, nessuno di colpe oresponsabilità: “da un quarto piano”.Tutto ciò era intorno al 1880.Voltiamo pagina e arriviamo al 1973. Il pro-curatore generale (P.G.) della Cassazione,nella relazione d’apertura dell’anno giudi-ziario, parla degli infortuni, dei “cosiddettiomicidi bianchi”. “Cosiddetti” perché inrealtà trattasi di fatti che quasi mai interes-sano la giustizia penale, essendone bennoto il carattere di ineluttabilità.Riscopriva e riverniciava “Cuore” il P.G.

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Ma non ci interessano De Amicis un seco-lo fa e un P.G. oggi, può dire più d’uno;sono o no fuori dalla scena viva, l’uno el’altro, esponenti, a distanza di anni, di unmondo politicamente e culturalmentesconfitto?Invece no. Quel mondo, ieri De Amicis oggiun P.G. o un presidente di Confindustria,non è per niente sconfitto. Lo dimostra,prima di tutto, il fatto che mai come neglianni nostri gli infortuni e le malattie profes-sionali, anche soltanto quelli riconosciuti,hanno raggiunto vertici impensabili (siparla, oggi, ancora, di un “esercito” di mortie invalidi), e tanto basterebbe. Ma c’è ancheun altro aspetto, gravissimo, vale a dire ilperpetuarsi di quella arcaica ideologia del-l’ineluttabilità, dell’ordine, del prezzoumano pagato al progresso. Mentre leimmani guerre succedutesi da un secolo inqua hanno fatto, almeno nelle sue espres-sioni più sconce, rientrare l’ideologia dellaguerra come cimento di bellezza ardente edaustera, nulla di simile è ancora accadutoper l’ideologia che avvolge, sublima, giusti-fica e neutralizza politicamente l’infortuniosul lavoro.Temo di non sbagliare a dirlo; e di non sba-gliare neppure attribuendo quella ideolo-gia anche a gran parte dei lavoratori e cioèalle vittime. Come i perseguitati dalleinquisizioni, sante e secolari, finivanospesso col convincersi della propria eresia,accettandola e accettando insieme gliapparati preposti a combatterla, allo stessomodo i lavoratori si convincono o meglionascono convinti che l’infortunio esiste, èun a priori, è un dato, non un problema. Ildiavolo, non l’uomo. Se così non fosse gliinfortuni non sarebbero ciò che sono néquanti sono. Intendo dire che se non esi-stesse un consenso generale sulla ideologiadella loro ineluttabilità ecc., non avremmol’esercito <<dei morti e degli invalidi>>: unfenomeno sociale e politico di così grandeportata non potrebbe durare se l’ideologiache lo giustifica venisse meno, perché l’i-deologia ne è il sostegno indispensabile.Gli imprenditori, i procuratori generali, i

De Amicis vecchi e nuovi potrebbero pun-tare i piedi, ma inutilmente tenterebbero diimporre il fatto violento, che è l’infortuniosul lavoro, se avessero contro una coscien-za totalmente ostile dei lavoratori; i fattiviolenti solo eccezionalmente si possonoimporre con la violenza, mentre invecepassano abbastanza agevolmente con lacaptazione del consenso.Si può combattere il nemico in due modi:o attaccandolo frontalmente o invitandoloin casa. Nel nostro caso, lo si è invitato incasa, gli si sono aperte le porte e messo aparte dell’intimità più piena. Come?La risposta è troppo facile. Il modello disviluppo consistente nella dilatazione deibeni di consumo e di uso individuali hadistorto la concezione di progresso col sacri-ficio galoppante dei valori umani, ed haaccalappiato il proletariato. Questa è la caro-ta: corrervi dietro e consumarcisi; il prezzodel benessere val bene il rischio della vita. Epoi il bastone: minaccia di disoccupazione edi sottoccupazione.Quando c’è la carota, non vale la pena di lot-tare per la vita e la salute in fabbrica, perchéc’è qualcosa di meglio a portata; quando c’èil bastone, quella lotta non si può fare per-ché urge qualcosa di più impellente, difen-dere cioè il posto e salario.Così l’infortunio e la malattia professionalesono stati, e ancora restano, in fondo, estra-nei alla lotta del proletariato. Restanoentrambi nonostante che negli ultimi anni ifermenti si siano fatti numerosi e collegati, avolte organici. Ma più oltre i margini nonsono ancora arrivati.>>Chi scrive condivide le lucide parole (del1973) di Marco Ramat, un magistrato diMagistratura Democratica, scomparso pre-maturamente.Parole, oggi ancor più attuali di ieri, che deb-bono farci riflettere ed indurci a sviluppareiniziative coerenti per affermare la preven-zione di ogni rischio lavorativo (ed extra-lavorativo), la salute, la sicurezza nel e dellavoro, nonchè il rigoroso rispetto dei dirittiumani, pena l’aggravarsi delle condizioni dilavoro e di vita, nonché dell’ambiente.

Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 20134 note a margine

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 20135

Fonte: manifestazione promossa dalla “Assemblea 29 giugno” di Viareggio nel corso di una udienza presso ilTribunale di Lucca, per la strage ferroviaria del 29.06.2009.

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SSoommmmaarriioo

Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 20136 sommario

Note a margine di Luigi MARA 1

IL SESTANTEa cura di Luigi MARA 7

INTERVENTI & ESPERIENZE

L’estate degli F35di Domenico ARGIRO’ 17

Gli F35 in Italia servono per aggirareil nuovo Start?di Angelo BARACCA, Claudio GIANGIACOMO,Joachim LAU 21

Le ragioni contrarie al progetto di ospedale unico tra Pesaro e Fano di Nicola GIANNELLI 23

DOSSIER

Ilva di Taranto: una storia disonestadi Stefano PALMISANO 38

Lettera aperta al Ministro dell’Ambiente ead altri soggetti per effettuare nuove indaginiambientali nell’area inquinata dalla Caffaro di Brescia,a cura dei Comitati bresciani, del Coordinamento dei Comitati Lombardiae di Medicina Democratica 33

Pesticidi? No graziedi Patrizia GENTILINI 41

Ilva e Malpensa, quale differenza?di Beppe BALZARINI 53

Industrializzazione e ambiente: il caso italianodi Pier Paolo POGGIO e Marino RUZZENENTI 57

CONTRIBUTI

L’insostenibilitàdella geotermia in Toscana, evidenziata da recenti studi epidemiologicidi Maurizio MARCHI, Roberto BAROCCI, AlvaroGORI, Fabio LANDI, Pino MERISIO, di SOSGeotermia – Coordinamento dei Movimenti Amiata.Consensus Document: Valerio GENNARO,Patrizia GENTILINI, Gino CARPENNTIERO 87

RUBRICHE

Scuola e societàdi Rino ERMINI 27

Ambiente e societàdi Lino BALZA e Barbara TARTAGLIONE 100

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il sestanteil sestanteil sestanteRingraziamo con calore tutte le fir-matarie e tutti i firmatari, e in par-ticolare Silvia Federici (dellaHofstra University, New York) peraver promosso questo appello.Medicina Democratica segue daanni, in modo partecipato, le lottedella popolazione valsusina tesead affermare il suo diritto inalie-nabile all’autodeterminazione edifesa del territorio e per l’afferma-zione dei diritti umani, portandoil suo contributo di informazionedando voce e condividendo l’ana-lisi e gli obiettivi del MovimentoNO TAV (sul punto, si veda daultimo la monografia pubblicatasul fascicolo N° 200 di questa rivi-sta). Per questo, riceviamo e pub-blichiamo volentieri la traduzioneitaliana dell’appello che segue,che invitiamo Tutte/i a sottoscri-vere e far a sottoscrivere.

MOVIMENTO NO TAV DINUOVO SOTTO ATTACCODa vent’anni nelle montagne delnord-ovest Italia, non lontano daTorino, un potente movimento ècresciuto, resistendo al piano delgoverno italiano di costruire unalinea ferroviaria ad alta velocità che,oltre ad essere molto costosa ed eco-

nomicamente inutile, distruggereb-be certamente l’ambiente montano.Più e più volte il movimento NOTAV, ormai ben conosciuto in tuttaEuropa, è stato oggetto di attacchida parte delle forze dell’ordine edell’esercito, oltre ad essere oggettodi una campagna denigratoria daparte dei politici di praticamenteogni colore. Tuttavia, così forte èstata la determinazione del popolodella Val di Susa e dei suoi nume-rosi sostenitori nel resistere a que-sto attacco alla loro terra e alle lorovite, che finora nessuna veracostruzione ha avuto luogo e tuttociò che le aziende responsabili delprogetto hanno raggiunto è statoquello di recintare migliaia di ettaridi terra, appartenenti alla popola-zione locale, con filo spinato e poli-ziotti.E’ ormai generalmente riconosciu-to, anche a livello dell’UE, che lacostruzione della linea ad altavelocità sia inutile, al punto chealcuni dei paesi partecipanti sisono già ritirati dal progetto.Tuttavia, il governo italiano haulteriormente intensificato il suoattacco contro la resistenza al TAV,con la piena militarizzazione dellaVal di Susa. Come hanno più volte

denunciato gli abitanti di questabellissima valle storica, situatavicino al confine con la Francia ecentro della resistenza partigianaal Fascismo e al Nazismo neglianni ’40, nessuno sforzo è statorisparmiato per reprimere ideolo-gicamente e fisicamente la legitti-ma protesta dei residenti dellavalle, la quale dovrebbe sopporta-re ogni giorno le conseguenze delTAV. Il territorio della Val di Susaè già stato interamente ricoperto digas lacrimogeni, e molti sono statiarrestati, feriti, e alcuni sono addi-rittura morti a causa della scanda-losa determinazione del governonel completare questo lavoro indi-pendentemente dalle sue conse-guenze devastanti per la popola-zione della valle.Ora un nuovo violento attaccocontro il movimento No Tav è incorso, il che richiede una rispostachiara da parte di tutti coloro che,dentro e fuori l’Italia, credono chela distruzione sistematica delnostro ambiente e la violazionedei bisogni e delle esigenze piùelementari della gente siano cri-mini che riguardano tutti e tuttenoi e che non dobbiamo tollerare.Lunedì mattina, 29 luglio, la DIGOS

Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013il sestante 7

AGOSTO 2013 - APPELLO INTERNAZIONALE DI DOCENTI E INTELLETTUALI CONTRO LA CRIMI-NALIZZAZIONE DEL MOVIMENTO NO TAV

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 20138 il sestante

– il ramo politico della polizia – hafatto irruzione in decine di abitazio-ni a Torino e in Val di Susa. Dodicicompagni e compagne sono staticostretti ad aprire le loro case agliagenti, che hanno poi procedutonella ricerca di materiali compro-mettenti, presumibilmente legatialla loro protesta contro la recin-zione dei terreni della valle conreti di filo spinato. Incaricata dicercare esplosivi e altre armi, lapolizia ha fallito in questo obietti-vo, ma ha sequestrato tutti i mate-riali audiovisivi e atti alla teleco-municazione che potevano trova-re, chiaramente il vero obiettivodella ricerca. Come ha detto unodegli attivisti perquisiti: “Sonovenuti per le armi, se ne sonoandati con i computer e telefoni”.L’operazione ha incluso il risto-

rante La Credenza – un nome chein italiano significativamente indi-ca sia ‘fede’ che ‘dispensa’ – unluogo pubblico di incontro e diaggregazione per i No Tav in Val diSusa, dove si trovano anche i sin-dacati dei lavoratori e le associa-zioni politiche . Questo è un luogodove ogni giorno le persone siincontrano per discutere di attua-lità, soprattutto in riferimento allalotta, così come per condivideredel cibo e un bicchiere di vino.Chiunque vada a Bussoleno, ilcuore della lotta NO TAV, vi cipassa, per avere la possibilità diparlare con la gente locale, infor-marsi sugli eventi in corso e gusta-re un’ottima cena. Ma i magistratilo dipingono come un luogo dicospirazione, per sostenere l’accu-sa che motiva l’operazione: coin-volgimento in “attacchi con fina-lità terrorista e sovversiva”.Chiunque sia stato in Val di Susao abbia seguito la lunga storiadella protesta che la sua gente halanciato contro il TAV, sa che que-sta accusa è falsa, oltraggiosa, ed èun classico esempio di comeincolpare le vittime. Non sorpren-

de che le “prove” siano fabbricate.In una delle case perquisite, è statatrovata una mappa della valle condei marcatori di segno su di essa.La giovane donna che vi abita è unmembro del Legal Team per ilmovimento, e la mappa è parte delmateriale che doveva sottoporrealla difesa nei processi che sonogià in atto nei confronti di alcunidei suoi membri. Su di essa sonocontrassegnati i luoghi dove nel2011 diverse persone sono statebrutalizzate dalla polizia. Ma,secondo gli inquirenti, la mappadimostra l’esistenza di un movi-mento di guerriglia organizzatomilitarmente.Allo stesso modo, bottiglie di birrapresumibilmente trovate nell’areadel cantiere vengono presentatecome evidenza della presenza dibombe molotov, senza che vi siaalcuna prova che abbiano maicontenuto altro che birra. Anchele magliette nere sono state seque-strate, anche se è difficile immagi-nare che cosa potrebbero provare.Ma il significato dell’operazionedi polizia viene fuori più sfaccia-tamente laddove i magistrati affer-mano che i perquisiti sono inda-gati come sospettati di “attacchicon finalità terroristica.”In sintesi, l’obiettivo di questanuova operazione è quello diaumentare l’attacco al movimentorappresentandolo, legalmente eattraverso i media, come un movi-mento “terrorista” – una mossache ha evidentemente l’intento dispaventare i suoi sostenitori, sca-gliare l’opinione pubblica controil popolo della Val di Susa e legit-timare ogni violenza che lo statoritiene opportuna per scatenarsicontro di loro.Non pensiamo che questa opera-zione avrà successo. Gli abitantidella Val di Susa hanno combattu-to i fascisti, hanno combattuto inazisti e per 20 anni sono stati ingrado di respingere il tentativo del

governo italiano di distruggere leloro montagne, già attraversate danumerose linee ferroviarie e dauna strada di recente costruzione.Tuttavia non dobbiamo sottovalu-tare la volontà del governo dischiacciare questo movimento.Questo fatto sembra essere l’obiet-tivo primario di questa operazio-ne, dato che i rapporti indicanoche, anche da un punto di vistacapitalistico, il progetto TAV èdestinato a rivelarsi economica-mente irrealizzabile. Perché perse-guirlo poi con così tanta ostinazio-ne, fino al punto di calpestare lavita di migliaia di persone? Forseperché il governo italiano non puòammettere che quando la gentelotta in modo unito può vincere?O è che i profitti che le aziendeprivate farebbero avrebbero piùimportanza del fallimento del pro-getto di portare alcun beneficio alpaese nel suo insieme e inoltresuperare così l’immensa agonia ela perdita inflitta al popolo dellaVal di Susa?La politica in questi giorni ha uncarattere surreale. Menzogne,distorsioni, discussioni motivate esclusivamente dai più strettimotivi economici privati sonoall’ordine del giorno. Ma il caratte-re fittizio delle accuse mosse con-tro le vittime delle perquisizioninon deve ingannarci circa i danniche possono infliggere. Comeminimo questi attacchi stannocostringendo un movimento a ri-incanalare le proprie energie dallalotta contro il TAV alla difesa dicoloro sotto attacco.Questo è il motivo per cui dob-

biamo sostenere gli attivisti NOTAV sotto inchiesta, dobbiamoallargare il nostro sostegno per lalotta NO TAV e inviare un chiaromessaggio di protesta al governoitaliano, chiedendo che cessi lapersecuzione degli attivisti NoTAV e che ponga fine al progettodel TAV stesso.

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013il sestante 9

Si prega di firmare la dichiarazio-ne-affiliazione seguente solo ascopo di identificazione. Chiediamo con forza al governoe alla magistratura di:*Terminare il suo uso arbitrariodella legge per perseguitare gliattivisti No TAV;*Cessare le indagini contro ledodici persone le cui case sonostate perquisite;*Fermare la militarizzazionedella Val di Susa;*Ascoltare la legittima protestadel popolo della Val di Susa eabbandonare il progetto TAV,che ha già causato tante soffe-renze a tante persone.

[Promotori dell’Appello:Alexander Anievas, ResearchFellow, Cambridge University, Uk;Dr. Dario Azzelini, JohannesKepler Universität, Linz, Austria; Erika Biddle-Stavrakos, YorkUniversity, Toronto, Canada; Prof.Dusan Bjelic, University ofSouthern Maine; Werner Bonefeld,University of York, UK; MichaelaBrennan, Ann Harbor, USA;George Caffentzis, ProfessorEmeritus, University of SouthernMaine, USA; Chris Carlsson,Shaping San Francisco, SanFrancisco, CA, USA; Irina Ceric,Osgoode Hall Law School, YorkUniversity,Toronto; Harry Cleaver,Emeritus, University of Texas,Austin, USA; William T. Cleaver,Austin, Texas, USA; MitchelCohen, Brooklyn Greens, GreenParty, Former Chair WBAI Radio.N.Y., USA; Laura Corradi,Universita’ della Calabria; DanCoughlin, New York, USA;Laurence Cox, National Universityof Ireland Maynooth, Ireland;Patrick Cuninghame, SociologyLecturer, Universidad AutonomaMetropolitana, Mexico City;Massimo De Angelis, The commo-ner.uk, London, UK; FedericoDemaria, Universitat Autònoma

de Barcelona, Spain; DagmarDiesner, The commoner.uk,London, UK; Salvatore di Mauro,editor, Capitalism, Nature andSocialism. USA; Anna Dohm,Interventionist Left Germany;Sara R. Farris, Goldsmiths,University of London; SilviaFederici, Emerita, HofstraUniversity, Hempstead, N.Y.; JimFleming, Autonomedia, NewYork; Michael Hardt, DukeUniverity, Durham, NorthCarolina; Dr. David Harvie,

University of Leicester, UK;Conrad M. Herold, Dept ofEconomics, Hofstra University,Hempstead, N.Y.; YaizaHernández Velázquez, CRMEP,Kingston University, London; JohnHolloway, Professor, BeneméritaUniversidad Autónoma de Puebla,Mexico; Brian Holmes, art and cul-tural critic, Chicago; AndrejHunko, MP for the GermanBundestag; Fiona Jeffries, SimonFraser University, Vancouver,Canada; Lewanne Jones,Autonomedia, New York. USA;Nancy Kelley, HIRC of HarvardLaw School, Cambridge,Massachussetts; Sabu Khoso, NewYork. USA; Peter Linebaugh,Toledo, USA; Federico Luisetti,University of North Carolina atChapel Hill, North Carolina; MariLukkari, journalist, Finland;Caitlin Manning, California State

University, Monterey Bay; BarryHamilton Maxwell, CornellUniversity, Ithaca, N.Y., USA;Massimo Modonesi, Coordinadordel Centro de EstudiosSociológicos, Facultad de CienciasPolíticas y Sociales; UniversidadNacional Autónoma de México;Donald Monty Neill, Boston, USA;John Malamatinas, Cologne-Germany; Pablo Mendez,University of British Colombia,Vancouver; Cristina Rousseau,Doctoral Candidate, YorkUniversity, Toronto; StevphenShukaitis, University of Essex,UK; Marina Sitrin, CUNYGraduate Center, N.Y. USA;Konstantine Stavrakos, environ-mental lawyer, Toronto; AlbertoToscano, London, UK; Kevin VanMeter, Team Colors Collective &University of Minnesota (GraduateStudent), Minneapolis, MN; ChrisVance, Vancouver, Canada; DrPeter Waterman, Institute of SocialStudies, The Hague (retired); JohnWillshire-Carrera, HIRC ofHarvard Law SchoolCambridge,Massachussetts].

LETTERA APERTA AL PRESI-DENTE DELLA REPUBBLICAGIORGIO NAPOLITANO: SPA-RISCONO DALLE STATISTICHECENTINAIA DI LAVORATORIMORTI SUL LAVOROCarlo Soricelli dell’ “OsservatorioIndipendente di Bologna morti sullavoro”, il 14 luglio 2013 ha inviatoquesta Lettera aperta al PresidenteGiorgio Napoletano, nonchè perconoscenza al Ministro Giovan-nini, alla Presidente della CameraLaura Boldrini e a quello delSenato Pietro Grasso.“Caro Presidente Napolitano, soquanto le sta a cuore il problemadelle morti sul lavoro. Il rapportoINAIL del 2012 parla di 790 mortisul lavoro, mentre in realtà sonomolti di più. Solo sui luoghi dilavoro l’Osservatorio Indipen-

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 201310 il sestante

dente di Bologna ne ha monitoratie documentati oltre 600, mentre sesi sottraggono dai 790 rilevatidall’INAIL i 409 morti, sempredall’Istituto indicati come mortinon sui luoghi di lavoro (sullestrade), si arriva a contarne perl’INAIL 381. Un numero estrema-mente basso e irreale. Lei è semprestato molto impegnato su questofronte e Le chiedo, attraverso isuoi uffici, di fare luce su questediscrepanza così evidente. Parliamo di centinaia di lavoratorimorti sui LUOGHI DI LAVORO inpiù che non possono essere spari-ti nel nulla. L’INAIL monitora soloi suoi assicurati e tanti morti nonlo sono, ma non lo spiega mai neisuoi rapporti. Purtroppo questapercezione del fenomeno cosìriduttiva serve solo a rassicurare icittadini, non si spiega mai in que-sti rapporti che il numero totale ècomprensivo dei morti in itinere eche tante categorie e lavoratori innero e pensionati, soprattutto agri-coltori non vengono “conteggiati”.Temo che gli interessi anche eco-nomici che purtroppo ci sonoanche in questo campo, spostanole risorse dello Stato in modo erra-to. Tanto per fare un esempio: dal-l’inizio dell’anno sono già più di100 gli agricoltori morti schiaccia-ti dal trattore e se sono già in pen-sione non vengono consideratitali? Spero in buona fede. Basterebbe poco per ridurre inmodo drastico questo fenomeno,ma i dati “ufficiali” non correttiche fanno sottovalutare all’opinio-ne pubblica il fenomeno spostanorisorse in direzioni errate e la poli-tica è purtroppo impegnata intutt’altre cose che le morti sullavoro. Con stima Carlo Soricelli curatoredell’Osservatorio Indipendente diBologna morti sul lavoro (persaperne di più si veda http://cadu-tisullavoro.blogspot.com/).In proposito, si sottolinea che dal

1 gennaio al 30 aprile 2013 i mortimorti sui luoghi di lavoro sonostati 145 lavoratori, che diventanopiù di 300 se si aggiungono idecessi sulle strade, i cosiddettiinfortuni mortali sulle strade ed initinere. Infatti, i lavoratori che per-dono la vita sulle strade e in itine-re vanno considerati a tutti glieffetti morti per infortuni sul lavo-ro, ma per i quali non esiste nes-suna normativa di protezione oche ne analizzi le cause. Moltissimi sono annoverati tra imorti per incidente stradale, ma inrealtà gran parte di questi sonolavoratori che si spostano sulle stra-de e autostrade, dal sud al nord oviceversa, e spesso nascondonolavoro nero che è impossibile riu-scire a quantificare complessiva-mente.E’ intollerabile, oltre che incivile,che un paese come il nostro cheha 60 milioni di abitanti conti iltriplo dei morti sui luoghi di lavo-ro degli altri grandi paesi europei.Ancora, a fronte dei quotidianiomicidi sul e del lavoro fannoriscontro chiacchere su futuribiliimpegni istituzionali per prevenir-li e partecipazioni pelose ai lutti;impegni subito dimenticati il gior-no dopo il funerale...Nel mentre, il governo padronal-finanziario delle cosiddette largheintese (PD + PDL + SC), come senulla fosse ha introdotto nelDecreto del fare una ulteriorederegolazione in tema di infortunisul lavoro. Si tratta di norme odio-se e vergognose che calpestano ildettato costituzionale, ed in pri-mis il diritto inalienabile alla salu-te di ogni persona, lavoratrice elavoratore, cittadina/o.Infatti, la modifica già preannun-ciata dell’art. 56 del Testo Unicosugli infortuni e le malattie profes-sionali (relativa alla denunciadegli infortuni) è stata ulterior-mente peggiorata, lo si ripete, allafaccia del diritto inviolabile alla

salute e alla vita delle lavoratrici edei lavoratori!L’articolo 56 riformulato prevede:– Che la denuncia di infortunio daparte del datore di lavoro sia invia-ta solo all’INAIL e non anche allaautorità locali e/o alla Polizia diStato (PS);– Che l‘INAIL metta a disposizio-ne degli altri enti (ASL, autorità diPS, Direzione Territoriale delLavoro) i dati (quali?, si vedrà)relativi solo agli infortuni mortalie quelli con prognosi nel primocertificato medico di infortuniosuperiore ai 30 giorni! Nel mentre,come la realtà quotidiana si incari-ca di ricordarci, i medici delPronto Soccorso fanno la gara aredigere prognosi che sottostima-no la gravità dell’infortunio, pernon incorrere nell’obbligo di inviodel referto all’autorità giudiziaria.In ogni caso, con questa inaccetta-bile e vergognosa norma, gli infor-tuni “meno gravi” non sarannomessi a conoscenza degli enti e/odelle autorità preposte (si vedrà sesaranno comunque disponibilicon il SIN);- Solo nei casi di infortuni mortali econ prognosi superiori ai 30 giorni,su richiesta dell’infortunato, deifamigliari del lavoratore deceduto,o dell’INAIL,verrà svolta l’inchiestada parte della Direzione Territorialedel Lavoro (DTL).Attenzione si tratta di inchiesta enon di indagine! Le inchieste dellaDTL prevedono la convocazione“delle Parti“ (infortunato e datore)in ufficio, ed ognuno dà la sua ver-sione sulla dinamica dell’infortu-nio: superfluo dire, alla luce dei“rapporti di forza”, il significatoregressivo di questa norma; – Nei fatti le ASL vengono esauto-rate dai loro compiti ispettivi e daquelli in tema di prevenzione deirischi e sicurezza nei luoghi dilavoro, anche se formalmente nonvengono ridotte le loro attribuzio-ni, ma queste norme scavano intor-

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013il sestante 11

no alle ASL una sorta di fossato,che indurrà ancor più i direttorigenerali ed altri soggetti a non farsvolgere più le indagini sugli infor-tuni/malattie professionali, se nonnei - rari - casi di richieste espliciteprovenienti da autorità esterne alleASL. Non c’è dubbio che si tratta dinorme tese ad occultare ancor piùcause e responsabilità padronalidegli infortuni/malattie professio-nali.Ci si chiede, a fronte dei ciclicirichiami verbali del Presidentedella Repubblica affinché il gover-no intervenga per por fine agliinfortuni e alle morti da lavoro,come mai ha firmato un similedecreto senza batter ciglio?

CONGO: IL DRAMMA DELLAPIATTAFORMA PERRO NEGRO6, RIPROPONE LA QUESTIONEDELLA SICUREZZANon vi è dubbio che le notizie cheseguono hanno una grande rile-vanza informativa, soprattutto perle popolazioni autoorganizzateche lottano contro le scelte nefastedelle multinazionali del petrolioche intendono (con la complicitàdei governi nostrani!) trivellare ifondali del Canale di Sicilia, cosìcome di altri fondali del MarAdriatico, e non solo di esso.Infatti, contro tali scellerate trivel-lazioni è importante socializzarel’informazione affinché la stessasuoni da monito per tutte le auto-rità politiche, amministrative etecniche. In proposito, sta lì aricordarci la pericolosità intrinse-ca delle predette trivellazioni ilrecente dramma della piattaformaPerro Negro 6, di proprietà dellaSaipem – sussidiaria di Eni – affon-data il 2 luglio 2013 in Congo;evento disastorso che riproponecon estrema urgenza la questionedella sicurezza di questi impianti,proprio quando anche nei nostrimari è in corso un vero e proprioassalto all’oro nero. Sul punto,

sono illuminanti le dichiarazionidi Alessandro Gannì (direttoredelle Campagne di GreenpeaceItalia): «A poco meno di un mesedallo sversamento di petrolio aGela, l’Eni é di nuovo sul bancodegli imputati. Pensare che laSaipem sarà capace di trivellarein piena sicurezza a 700 metri diprofondità nel Canale di Siciliamentre non riesce a gestire unaperforazione a 40 metri in Congo éuna follia. Eppure, negli studi diimpatto ambientale presentati per

farsi autorizzare i pozzi esplorati-vi nel Canale di Sicilia, l’Eni con-tinua a non prendere in conside-razione l’eventualità di un serioincidente».L’Eni millanta procedure d’avan-guardia che escluderebbero ognirilevante pericolo, ma alla luce diquello che è successo alla PerroNegro 6, non sembrano eccessivele richieste delle autorità norvege-si che (dopo l’incidente della piat-taforma Scarabeo8) avevano giàchiesto a Saipem di rivedere “lagestione dei processi” e di “appli-care misure che garantiscano laconformità con i requisiti relativialla salute, sicurezza e l’ambiente,nella compagnia in generale.”Nonostante i continui disastri, e leovvie carenze negli Studi diImpatto Ambientale, la Commis-sione di valutazione di impattoambientale (VIA) avrebbe già dato

parere favorevole per progetti ditrivellazione dei giacimenti Cas-siopea e Argo nel Canale di Sicilia,e ora si accinge a valutare la richie-sta su Vela 1.(1)Questa è l’ennesima dimostrazio-ne che l’Eni non è in grado di ope-rare in condizioni di sicurezza.Non possiamo permetterci dirischiare nuove catastrofi sullenostre coste. I progetti di estrazione dell’ENIrappresentano un serio pericoloper l’ambiente, per la nostra salu-te e per la nostra economia. Per questo motivo, aggiunge il diret-tore delle Campagne di GreenpeaceItalia, Alessandro Gannì, chiedia-mo al Ministro dell’Ambiente difare finalmente qualcosa e interve-nire affinché la Commissione VIAeffettui finalmente una seria e indi-pendente valutazione dei rischidelle attività petrolifere in mare.Allo stesso tempo, chiediamo atutte le Regioni di schierarsi controle speculazioni di giganti petroli-feri senza scrupoli. [(1) A questolink il briefing “I vizi di Eni”http://www.greenpeace.org/italy/it/ufficiostampa/rapporti/I-vizi-di-Eni/].Medicina Democratica condividepienamente le denunce dei gravirischi che corrono i nostri mariinsiti in tali attività di trivellazionedei fondali; inoltre, si associa nellerichieste fatte al Ministro dell’Am-biente ed ai governi regionali affin-ché non solo promuovano gli indi-spensabili studi indipendenti diValutazione di Impatto Ambientale(V.I.A.), ma applichino da subito ilprincipio di precauzione vietandotali trivellazioni.

UNA PETIZIONE POPOLAREPROMOSSA DALL’ASSOCIA-ZIONE IL “MONDO CHE VOR-REI” CONTRO LA RICONFER-MA DI MAURO MORETTI ADAMMINISTRATORE DELEGA-TO DELLE FERROVIE DELLO

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 201312 il sestante

STATO, CHE E’ STATA IGNORA-TA DAL GOVERNOIl 18 luglio il Giudice delle IndaginiPreliminari del Tribunale di Lucca,Dr. Alessandro Dal Torrione, ha rin-viato a giudizio l’AmministratoreDelegato delle Ferrovie dello StatoItaliane (FSI), Mauro Moretti, assie-me ad altri Amministratori delega-ti e dirigenti delle società FSI, per lastrage di Viareggio del 29 giugno2009, nella quale morirono 32 per-sone, ed altre centinaia rimaserogravemente ferite.Nonostante questo decreto chedispone il giudizio avanti ilTribunale di Lucca, abbiamo appre-so dalla stampa che l’ing. MauroMoretti il 6 agosto 2013 è statoriconfermato quale amministratoredelegato delle Ferrovie italiane.La riconferma di questa nomina

offende tutta la popolazione dellaVersilia (e non solo essa!), è inop-portuna sotto ogni profilo e vacontro ogni principio etico emorale.La strage di Viareggio poteva esse-re evitata rispettando le più ele-mentari norme di sicurezza, men-tre Moretti ha abbandonato lapolitica della sicurezza ferroviariaa scapito dei lavoratori ferrovieri,dei viaggiatori e dei cittadini.Rivolgiamo un accorato appello alPresidente del Consiglio e aiMinistri interessati affinché ci siaun ripensamento con la revocadella nomina di Mauro Moretti adAmministratore delegato delleFSI, almeno sino a quando laMagistratura non avrà accertatoogni responsabilità della immanestrage ferroviaria del 29.06.2009.Pertanto, come Medicina Demo-cratica ci associamo alla richiestaavanzata dalla Presidente DanielaRombi dell’Associazione “IlMondo Che Vorrei” Onlus, affin-ché tutte persone che leggono e/oricevono questa petizione la inol-trino per la sua sottoscrizione atutte le altre persone con le quali

sono in contatto.

DOCUMENTO COSTITUTIVODEL COORDINAMENTO PERLA DIFESA DEL TERRITORIO(COOR.DI.TE) NEL PIEMONTEORIENTALESiamo comuni cittadini, che sisono riuniti in Comitati spontanei,trasversali, autonomi e indipen-denti da partiti, sindacati e istitu-zioni. I nostri Comitati sono natiper lo più sotto la spinta di eventiche hanno danneggiato le nostrecomunità, emergenze che aggredi-scono e vanno a modificare profon-damente suolo, aria, acqua, salute,equilibri socio-economici faticosa-mente realizzati negli anni.Alcuni di questi Comitati, conso-

lidati dalle emergenze, vivono neltempo in una sorta di resistenzaad oltranza che spesso non trovarisposte dalle istituzioni nono-stante gli sforzi e le richieste.

Il lavoro di documentazione svi-luppato dai Comitati ha posto inevidenza che il territorio delPiemonte orientale, e tutto il terri-torio italiano, sta subendo un for-midabile attacco speculativo daparte di interessi particolari epoteri economici consolidati, cheignorano e disprezzano l’ interessedella gente del territorio stesso e icittadini in generale.Constatiamo con preoccupazioneche questo attacco speculativo stacrescendo e si sta concentrandosotto diverse forme: cave e discari-che di rifiuti urbani, inceneritori,discariche di amianto e di rifiutiindustriali e urbani, progetti per l’esplorazione e lo sfruttamento delpetrolio e del gas del sotto-suolo,discariche di scorie radioattive,cementificazione selvaggia, sottra-zione di terreno agricolo per lacostruzione di opere gigantesche,inutili e invasive. La legalità che accompagna questeiniziative è spesso dubbia: organi

di tutela dell’ambiente e del terri-torio che omettono proceduredovute, favoritismi nei confrontidelle aziende proponenti chelasciano spesso intuire attività dicorruzione, emergere di praticheche riconducono alla espansionedel fenomeno mafioso con vere eproprie forme di radicamento ter-ritoriale.

La spinta alla costituzione di que-sto Coordinamento muove dallanecessità di coalizzare le forze deicittadini e di arginare un fenome-no invasivo e dirompente: lo sfrut-tamento a vantaggio di pochi el’aggressione al territorio, al pae-saggio, all’ambiente, alla vita dellepersone, soprattutto delle futuregenerazioni.

Le motivazioni principali indivi-duate per la nostra azione sono tre: •la necessità di arrestare o limita-re l’uso distorto del territorio;•l’indispensabile azione di difesadel paesaggio;•l’individuazione dell’ambientecome elemento caratterizzantedelle nostre vite da cui dipende laqualità stessa dell’esistenza dellepersone coinvolte.Con il termine territorio pensiamoallo spazio complesso in cui lanatura e l’attività umana, econo-mica e sociale garantiscono a tuttigli esseri viventi presenti dignità,rispetto e benessere. Il suolo è unacomponente essenziale del territo-rio nelle sue caratteristiche pecu-liari. Esso ha funzione produttivaprimaria e di regolazione idrica;conserva, al pari degli elementiacqua e aria, le biodiversità; regolail clima e assicura la sovranità ali-mentare, oltre ad assorbire sostan-ze tossiche e inquinanti. L’acqua el’aria, al tempo stesso, corrispon-dono ai diritti primari di ogni esse-re vivente: essi devono esseregestite dall’iniziativa pubblica,sottratta ai criteri della gestione

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commerciale. Per ambiente si intende il luogoove si realizza la composizionechimico-fisica dell’aria, dell’ac-qua, del suolo, delle catene ali-mentari e dei loro cambiamenti. Ele componenti aria, acqua, suolovanno considerati nella categoriadei beni comuni, di cui tanto oggisi parla, intendendoli patrimoniesauribili, non infiniti, messi anostra disposizione, fruiti dallegenerazioni precedenti, ma chedovranno essere consegnate inte-gre alle generazioni future.Il paesaggio, infine, per noi va con-siderato come il frutto dell’incon-tro tra la natura ed il lavoroumano. Ad esso si deve guardarevalutandolo non solo nella suadimensione naturalistica ed esteti-ca, ma ponendo in primo piano gliaspetti dell’antropizzazione. Lacrescita dell’individuo è sempreconnessa al suo abitare che espri-me e rappresenta attraverso i varielementi del paesaggio, in modoinconfondibile, la cultura degliindividui e della società. Abitarein un ambiente degradato degradala persona, pertanto gli spazi assu-mono un valore non solo estetico,ma sociale e culturale.In Italia ogni giorno il “consumodi suolo” procede a 8 metri qua-drati al secondo, corrispondenteogni 5 mesi a un’area grande comeNapoli. L’Italia tutta ha uno straor-dinario patrimonio paesaggisticoche nel mondo globalizzato puòcostituire il principale e forseunico motore della nostra econo-mia futura. Il paesaggio difeso, col-tivato, restaurato, può dare lavoroa tutti i livelli ed è fondamentaleper la crescita dell’individuo. Alcontrario oggi viviamo una conti-nua cementificazione che trasfor-ma, senza necessità reali, le campa-gne in “villettopoli” o “capannoni-fici”, con il contemporaneo abban-dono dei centri storici al degrado oad un utilizzo artificioso che espro-

pria comunque le comunità delpatrimonio culturale collettivo rap-presentato, per numerose genera-zioni, da tali strutture.Siamo perfettamente consapevoliche questo attacco speculativo alterritorio rappresenti una minaccia,in primo luogo, alla salute di tuttinoi. Esso distruggerà le nostre vite,perché sconvolgerà le attività eco-nomiche consolidate da decenni esecoli di lavoro, giunte in talunicasi a livelli di eccellenza, come laproduzione agricola, l’economia

vitivinicola, la frutticoltura e l’orti-coltura, le attività artigianali e pic-colo - medio - industriali. Ad esserischieranno di essere sostituitemonocolture produttive totalizzan-ti, che soffocheranno ogni altro tipodi iniziativa economica, la cuiriconversione, come ha ampia-mente mostrato il modello di svi-luppo produttivo caratterizzante lafine Ottocento e quasi per intero ilNovecento, comporterà processi dilunghissima durata.L’aggressione al territorio compro-metterà per sempre e irreversibil-mente la bellezza naturale e stori-ca dei nostri luoghi, uccidendoneogni potenzialità di valorizzazioneturistica. Non ultimo, essa finiràcol devastare le istituzioni demo-cratiche a cui la Carta costituzio-nale italiana affida la tutela e lacura del territorio, dell’ambiente,del paesaggio, della cultura, del

lavoro e della salute di tutti/e.La presa di coscienza collettivadell’assoluta e crescente distanzatra queste istituzioni ed i cittadinideve vedere il ritorno della centra-lità, nell’amministrazione dellacosa pubblica, della volontà diessere un vero motore di sviluppo,capace di progettare nel futuro unnuovo modello di crescita che nonsia subalterno agli interessi dipotere o personali, che bensì col-lochi in primo piano l’uomo e lasopravvivenza dignitosa della vitasul pianeta Terra. Per tutte queste ragioni ci siamoconfrontati e, decidendo di coordi-nare le attività dei nostri Comitati,abbiamo verificato le numerosesintonie rispetto agli innumerevoliproblemi ambientali.Vogliamo porre in primo piano ilproblema della salute che devemuovere dalla prevenzione pri-maria, intesa come adozione diinterventi e di comportamenti ingrado di ridurre rischi e fattoripotenzialmente patogeni.La prevenzione primaria è per noisalvaguardare i nostri territori e leloro qualità. Aria e acqua pulite,allevamenti sani e controllati, agri-coltura di qualità col minimo onessun uso di pesticidi, cibi di altaqualità e genuinità sono garanziedi buona salute.Più salute significa meno spesasanitaria comunitaria e individua-le in una situazione in cui uno deimigliori servizi sanitari nazionaliviene minacciato dai tagli, daglisprechi, dal consumismo sanitarioe da troppe malattie e morti evita-bili.Vogliamo che si investa nelle ener-gie alternative, nella ricerca e nel-l’istruzione, nella valorizzazionedelle relazioni umane e nel benes-sere della persona.Vogliamo il riciclo dei rifiuti, lasalvaguardia del verde pubblico,lo sviluppo di agricoltura e turi-smo ecocompatibili, il rilancio

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 201314 il sestante

dell’artigianato e delle piccoleimprese.

Siamo per ora otto associazionidelle province di Novara eVercelli, ma l’appello che lancia-mo è destinato ad un pubblicomolto più vasto e si rivolge in par-ticolare a tutti i cittadini delPiemonte orientale.Le priorità di ogni Comitato sonole priorità del Coordinamento chesi propone:•di studiare attentamente le pro-blematiche dei vari territori;•di informare i cittadini e di eser-citare una forte pressione sulleistituzioni ai diversi livelli;•di organizzare, tramite la mobili-tazione popolare, dibattiti aperti atutti, raccolte di firme, manifesta-zioni pubbliche, petizioni e inizia-tive legislative.

Il Coordinamento è aperto a tuttied invitiamo i Comitati spontaneioperanti nel Piemonte Orientalead aderire, portando ognuno i pro-pri problemi, ma anche il propriocontributo di idee e d’ impegno.

I Comitati che hanno costituito ilCoordinamento:Comitato DNT di Carpignano Sesia- Comitato No Amianto Barengo -Comitato No scorie RomagnanoSesia - Associazione Ernesto Ra-gazzoni di Orta San Giulio -Comitato di Casalvolone - Comita-to di Pernate - Movimento Valle-dora (Vercellese) – C.A.R.P.(Coordinamento AmbientalistaRifiuti Piemonte), CarpignanoSesia, 6 luglio 2013.

NO MUOSSOLIDARIETÀ E SOSTEGNOALLE “MAMME NO MUOS” EAI “COMITATI NO MUOS” INMOBILITAZIONE CONTRO ILMOSTRO USA E CONTRO ILCOLPO BASSO DI CROCETTA,PER AFFERMARE IL DIRITTO

ALLA SALUTE Una vera e propria beffa ai cittadi-ni siciliani la decisione del Pre-sidente della Regione RosarioCrocetta, che dopo aver, nel marzoscorso, revocato la concessioneper l’installazione del Muos aNiscemi, ha pensato bene, neigiorni scorsi, di fare marcia indie-tro revocando a sua volta, nell’im-barazzo generale, la revoca impo-sta ai lavori.Una decisione incomprensibile,che tradisce ogni fiducia ripostanelle istituzioni dai tanti cittadini,comitati, organizzazioni locali enon che in questi mesi hannosostenuto la battaglia contro lacostruzione del potente (e nocivo)sistema satellitare di difesa targatoUsa sul territorio della Trinacria.Dal canto nostro, consideratal’emblematicità della vertenzacontro il Muos, il suo potenteimpatto sulla salute e le questionisottese che esso solleva (dallasovranità nazionale, alle politichedi difesa, al diritto di autodetermi-nazione delle comunità locali sulproprio territorio) avevamo dispo-sto che, nell’ambito della 2° edi-zione del Premio Donne PaceAmbiente Wangari Maathai, pro-mosso dall’Associazione A Sud incollaborazione con la Casa Inter-nazionale delle Donne e con ilpatrocinio della Commissionedelle Elette del Comune di Roma,che ha l’obiettivo di visibilizzarel’impegno delle donne nella difesadel territorio e dei diritti, uno deipremi fosse assegnato proprio aduna attivista del Comitato MammeNo Muos di Niscemi, ConcettaGualato.Un contributo simbolico al soste-gno di una lotta che ci vede tutte etutti al fianco delle comunità sici-liane nel tentativo di sventare l’en-nesimo attacco al diritto alla salu-te e alla salubrità del territorio.La recente decisione del presiden-te Crocetta, che ci lascia senza

parole, dimostra una volta ancoral’assoluta cecità delle istituzionipolitiche rispetto alle richieste chegiungono dai territori e dai cittadi-ni e conferma la pericolosissimatendenza a sovra ordinare alrispetto di diritti inviolabili ecostituzionalmente garantiti altritipi di interessi affatto generali.Ancor più scandaloso che il dietrofront della Regione faccia riferi-mento al contestato parere emessonelle scorse settimane dall’IstitutoSuperiore di Sanità, secondo cui ilMuos non farebbe male alla salutedi chi vi abita accanto. Parere con-siderato dai comitati e dai tantitecnici che in questi anni hannolavorato a dimostrare il contrario,basato su presupposti scientificitutt’altro che inattaccabili.Per queste ragioni, e considerandoil diritto alla salute e dunque allavita il più inviolabile e sacro deidiritti umani, esprimiamo lanostra solidarietà e il nostro incon-dizionato appoggio alle cittadine eai cittadini siciliani, ai comitati NoMuos e al Comitato Mamme NoMuos di Niscemi, in mobilitazioneda giorni contro quest’ennesimoattacco alla sovranità popolare ealla giustizia sociale ed ambienta-le che dovrebbe invece orientareogni scelta di buon governo. [Lacommissione allargata del PremioDonne Pace Ambiente WangariMaathai: Associazione A Sud;Casa Internazionale delle Donne;Zero Violenza Donne; Associa-zione daSud Coop. Be Free;Action A; Bambini senza Onde;EVA Pescomaggiore].Anche Medicina Democraticaesprime la sua totale solidarietà esostegno alle cittadine e ai cittadi-ni siciliani, ai comitati No Muos eal Comitato Mamme No Muos diNiscemi, che lottano per affermareil diritto inviolabile alla salute edil rispetto dei diritti umani, ovveroper la democrazia nella sua piùestesa accezione.

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LE MALATTIE E LE MORTISILENZIOSE DELLA GUERRAIN VIETNAM: LA CORTESUPREMA DI SEUL HA CON-DANNATO LA MULTINAZIO-NALE USA MONSANTO ARISARCIRE I DANNI CAUSATIDAL DEFOLIANTE “AGENTEORANGE”, CONTENENTE DIOS-SINA (TCDD), A 39 EX MILITARISUD COREANI L‘aviazione americana, durante laguerra di aggressione in Vietnam,ha irrorato per anni il defolianteOrange sulle foreste, sui villaggi esulle risaie vietnamite, causandol’avvelenamento degli ecosistemi -che perdura! - provocando enormidanni alla salute e alla vita dellepopolazioni vietnamite: le nuovegenerazioni continuano ad esserecolpite da questo criminale inqui-namento con gravi patologie e,segnatamente, dalle malformazionineonatali (la TCDD è una potentis-sima sostanza teratogena, mutage-na, cancerogena, che deprime ilsistema immunitario e causa nellepersone esposte una pluralità digravi patologie).Anche i militari USA e degli altripaesi, ivi compresa la Corea delSud, che hanno partecipato a taleguerra irrorando l’Agente Orange -(e/o che sono stati esposti allostesso defoliante, anche attraversol’inquinamento della catena ali-mentare) - sono stati colpiti dadiverse patologie e, in primis, daquelle cancerogene.Nella stessa sentenza la CorteSuprema della Corea del Sud hachiesto il riesame di un verdettodell’Alta Corte di Seul del 2006secondo cui la multinazionale ame-ricana Monsanto avrebbe dovutorisarcire circa 60 milioni di dollaria 6.795 ex militari sudcoreaniammalati di cancro.Con questa sentenza, Monsantodovrà risarcire i veterani sudco-reani della guerra in Vietnam. LaCorte suprema di Seul ha infatti

ammesso che la causa dell’acnechimica di 39 ex militari è stretta-mente legata al loro contatto direttocon l’agente orange contenente la -(cosiddetta Diossina di Seveso) -TCDD, il defoliante usato dall’avia-zione americana sul Vietnam tra glianni ’60 e ’70. [da China Files per ilFatto, 18 luglio 2013].Quella dei veterani sudcoreani èperò una vittoria a metà: nella stes-sa sentenza la Corte suprema hachiesto il riesame di una sentenzadell’Alta Corte di Seul del 2006

secondo la quale, come anzidetto,la multinazionale americana avreb-be dovuto risarcire 63 miliardi diwon (circa 60 milioni di dollari) a6.795 ex militari sudcoreaniammalati di cancro. Contro l’evi-denza dei fatti e nonostante laDiossina sia stata classificata dallaIARC (l’Agenzia dell’OMS di Lioneper lo studio dei cancerogeni) nelGruppo 1, come cancerogeno certoper l’uomo, la stessa Corte, in modopilatesco (a tacer d’altro!), ha affer-mato che la causa dei tumori sareb-be molto “complessa” e non cisarebbero prove sufficienti a prova-re il legame con l’agente orange. Intotale furono 320mila i soldati sud-coreani impegnati a fianco degliamericani nella guerra in Vietnam.Le associazioni dei reduci stimanoin 150mila i casi di soldati affettida patologie legate all’esposizionea tale defoliante tossi-canceroge-

no.Il 18 luglio 2013, centinaia di mem-bri dell’Associazione dei veteranivittime dell’agente orange è scesain piazza. Kim Sungwok, segretariogenerale dell’associazione delle vit-time sudcoreane dell’agente oran-ge, lo aveva annunciato appenauna settimana prima a Stars andStripes, l’organo di informazionedell’esercito americano. “Se gliStati Uniti fossero veramentenostro alleato e amico, avrebberopreso in considerazione la nostraposizione”.Dal 1999, oltre 16mila militarisudocoreani sono ricorsi per vielegali oltre che contro la societàMonsanto, anche contro la DowChemicals, l’altra multinazionaleUsa produttrice dell’Agente oran-ge. La vertenza legale ha subitouna svolta nel 2006, quando l’AltaCorte di Seul ha condannato laMonsanto a pagare circa 60 milio-ni di dollari in danni agli ex vete-rani che in seguito all’esposizionealla sostanza defoliante si sonoammalati di tumore. Era la primavolta che un organo giudiziariosudcoreano si pronunciava controle aziende produttrici del defo-liante a base di diossina (TCDD).Ora è quasi tutto da rifare.I reduci ce l’hanno soprattutto conil governo di Seul che nel 1984, haricordato il quotidiano Hankyoreh,aveva fatto sapere ufficialmentea Washington che non c’eranostate vittime per l’esposizioneall’agente orange.Viceversa, in quello stesso anno,in Australia e Nuova Zelandaerano arrivati da Washington 180milioni di dollari come riparazio-ne per i danni alla salute causatiai rispettivi militari, che avevanosubito l’esposizione alla diossina,mentre a Seul non è mai arrivatonulla.Anche Hanoi attende il suo turno.Si stima infatti che, ancora oggi,quasi 5 milioni di vietnamiti,

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 201316 il sestante

quasi tutti civili, soffrano di pato-logie che vanno dalle malforma-zioni neonatali ai disordini nervo-si, per arrivare a forme tumorali acausa del contatto con la diossina(TCDD) presente nel defolianteagente orange, irrorato in grandiquantità sul territorio vietnamitadall’aviazione americana e daglialtri paesi che parteciparono allaguerra di aggressione. Monsanto eDow Chemicals rifiutano ogniassunzione di colpa, mentre

Washington sembra avere cambia-to idea. Infatti, il 9 agosto 2012,l’ambasciatore americano inVietnam, David Shear, ha inaugu-rato nella base Usa di Danang, nelcentro del Paese affacciato sul MarCinese meridionale, un progettodi bonifica dei territori maggior-mente contaminati dall’agenteorange. “Abbiamo lavorato insie-me molti anni per raggiungerequesto traguardo”, ha affermatoShear, sponsorizzando il program-

ma di bonifica finanziato da gover-no vietnamita e dall’agenzia per losviluppo internazionale (Usaid).Comunque sia, resta il fatto che, atutt’oggi, al di là delle declamazio-ni verbali, il governo USA non haancora risarcito gli enormi danni diguerra causati alle popolazioni eallo stato del Vietnam, e tutto que-sto dopo ben 38 anni dalla cessa-zione dell conflitto!

[A cura di Luigi MARA].

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L’estate degli F35

di Domenico ARGIRO’*

Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013

Sarà forse dai tempi dei missili americani aComiso che non si è discusso di un sistemad’arma in modo così intenso come staavvenendo per i cacciabombardieri F-35 diLockheed Martin, che si vogliono assembla-re a Cameri, in provincia di Novara, e chel’Italia vorrebbe acquistare per un numerodi una novantina di vettori.Sicuramente la discussione si è animatanegli ultimi tempi a causa della crisi econo-mica che ha fatto riflettere diversi soggetti,che altrimenti non avrebbero sprecato il lorotempo su questioni riguardanti la politicadegli armamenti e, più in generale, la collo-cazione politico-strategica dell’Italia nelloscenario delle guerre attualmente in corso.La questione strettamente economica, cioèlo spreco di risorse in armi a fronte dellacontrazione delle spese per il welfare, haaddirittura permesso al portale di petizionionline Avaaz di raccogliere, nel luglio del2013, in poco più di una settimana, circaquattrocentomila firme di cittadini indi-gnati contro la decisione di acquisto degliF-35.E tra giugno e luglio l’attenzione si è con-centrata su questo tema anche grazie allemozioni messe ai voti alla Camera deideputati (il 26 giugno) e al senato (il 16luglio 2013). Come è noto, la mozione peril blocco del progetto, presentata alla came-ra dei deputati da SEL e M5S e da alcunialtri deputati (pochi) del PD e addiritturada un paio di Scelta civica, è stata rigettatadall’assemblea, che ha invece approvatouna mozione di maggioranza sostenuta,tranne rarissime eccezioni espresse attra-verso la non partecipazione al voto, da tuttii rappresentanti di PD, PDL, Scelta civica,centristi in genere e pure Fratelli d’Italia.La mozione approvata ribadisce in sostan-

za la partecipazione dell’Italia al progetto enon interrompe l’annunciato inizio dell’as-semblaggio degli F-35 nello stabilimento diCameri (previsto ed attuato, a dire deiresponsabili dello stabilimento, a partiredal 18 luglio di quest’anno) e rinvia un po’furbescamente la definizione del numerodei cacciabombardieri da acquistare adopo una sorta di indagine che dovrebbeconcludersi alla fine dell’anno 2013. Alsenato è poi passata, poco più di un paio disettimane dopo, una mozione di maggio-ranza molto simile; mentre sono state riget-tate la mozione del M5S (per la fuoriuscitadell’Italia dal progetto), quella di SEL (chesosteneva la sospensione del progetto) equella del senatore Casson (che, con qual-che suo collega del PD, sosteneva pure lanecessità di una sospensione del progettoin questione).I testi delle mozioni, come pure quellodella mozione del marzo dello scorso anno(sulla quale, essendo superata, non cidilungheremo oltre), si possono leggereagevolmente nei siti istituzionali del parla-mento italiano.Qui resta solo da constatare come il parla-mento sovrano abbia confermato l’orienta-mento di quasi vent’anni, da quando ilministro della difesa Andreatta ha propo-sto l’avvio del programma, ai tempi delprimo governo Prodi, a sostegno del com-plesso militare-industriale statunitense,questa volta incarnato dalla famigerataLockheed Martin. In questa ottica, il con-trasto istituzionale sollevato dal comunica-to del Presidente della repubblica del 3luglio 2013, emanato in seguito ad una riu-nione del Consiglio supremo di difesa, cherivendicherebbe una titolarità assoluta delgoverno su scelte definite puramente tec-

*Movimento NOF35 del Novarese.

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niche come sarebbe quella dell’acquisto diun particolare sistema d’arma, apparecome un gioco delle parti non innocente.In realtà il Parlamento, nella sostanza, hadeciso di proseguire nel programma; inol-tre, come hanno anche chiarito giuristiillustri come S. Rodotà o G. Zagrebelsky, ilcitato organismo ha solo funzione consul-tiva in direzione del Presidente dellarepubblica; inoltre, come è assodato e nonmesso in discussione da nessuno, alParlamento spetta l’approvazione delleleggi di spesa e quindi anche di quelle rela-tive all’acquisto dei sistemi d’arma (e ciòfin da prima dell’approvazione dellarecente legge sulla riforma dello strumentomilitare); e al Parlamento spetta l’approva-zione della legge di bilancio annuale (chericomprende i numeri di tutte le leggi dispesa) e della legge di stabilità (come sichiama ora l’erede della legge finanziaria,che serve a effettuare modifiche riguardoalle leggi di spesa). E in realtà, anche se amolti non fa piacere ricordarlo, in passatoil Parlamento ha sempre votato leggi dibilancio che permettevano la prosecuzionedel progetto F-35, fino a far uscire a questoscopo dalle casse pubbliche già 2,7 miliar-di di euro: per esempio, dal secondo gover-no Prodi è stata approvata la legge di bilan-cio del 2008, per di più senza che i partitidella sinistra cosiddetta radicale, allorapresenti in parlamento, avessero fattomolto per modificare alcunché riguardo alfinanziamento del progetto in questione.È quindi piuttosto chiara la situazione sulversante delle istituzioni: il governo (con ilPresidente della repubblica che si compor-ta già come se esistesse una repubblica perlo meno semi-presidenziale) a sostegnototale del progetto F-35 (come, del resto,furono a sostegno tutti i governi a partiredal primo governo Prodi), il Parlamentopure a sostegno del progetto ma con qual-che riserva sui dettagli tecnici da appurarecon maggiore precisione nel corso dellaseconda metà del 2013. Tuttavia la legisla-tura in corso ci offre una novità considere-vole e non irrilevante: un buon numero diparlamentari (quelli del M5S e di SEL epochi del PD) si sono espressi chiaramentecontro il progetto; questa è una cosa da nonsottovalutare quando si azzardano previ-

sioni sui possibili futuri sviluppi istituzio-nali della questione.A un livello diverso, che, per comodità,potremmo definire para-istituzionale, pos-siamo riscontrare pure alcune novità. Sipossono prendere per esempio in conside-razione dichiarazioni ed atti compiutidalle organizzazioni sindacali e dalla chie-sa cattolica.Per le organizzazioni sindacali c’è da con-statare che, fin dall’emergere della questio-ne, attorno alla metà del 2006, i sindacatidi base e alternativi si sono sempre detticontrari al progetto, sottolineando gliaspetti politici (il militarismo e la guerrapermanente in cui l’Italia si trova inseritain forza delle sue alleanze), ma pure quellieconomici e sociali (le risorse sottratte alwelfare). Molto forte, per esempio, larecente presa di posizione dei vigili delfuoco aderenti ad USB, con la quale si fanotare, tra l’altro, lo squilibrio tra l’ingentespesa per i cacciabombardieri e la scarsitàdi mezzi (dai Canadair alle attrezzatureindividuali), che impediscono di svolgereun servizio efficace a tutela del territorio edella pubblica incolumità.Invece le tre grandi centrali confederali,tranne l’eccezione individuale di qualchedirigente, hanno sempre sostenuto il pro-getto F-35, in modo implicito (cioè senzauna particolare discussione interna) e condichiarazioni relative ai posti di lavorogenerati dal progetto stesso. Ciò rendemolto interessante le dichiarazioni diFIOM e di FIM del 17 luglio di quest’anno,che pongono qualche problema e romponol’unanimismo dei sindacati concertativi difronte agli F-35 ed alle politiche dell’indu-stria militare italiana. Si tratta di documen-ti che sottolineano soprattutto la falsitàdelle cifre fornite dal governo riguardo allagenerazione di posti di lavoro legati allaproduzione di F-35. Per la FIM, il numerodei posti di lavoro effettivi è rappresentatoda una “cifra lontanissima dai 10.000occupati dichiarati e ben al di sotto delpersonale impegnato in precedenza in altriprogrammi aeronautici europei. Tra questi,l’EFA che rischia di subire un disinvesti-mento nelle sue necessarie nuove configu-razioni, generando sofferenze occupazio-nali nell’area torinese”. Similmente, per la

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FIOM, “esporre lo Stato a costi esorbitantirischia di produrre dei disastri anche indu-striali, oltre a contraddire la necessità dirazionalizzare le spese della Difesa a favo-re di necessità urgenti per il Paese.Sostenere, come ha fatto il Ministro dellaDifesa, che la costruzione degli F35 pro-durrà occupazione, significa fare un’affer-mazione non del tutto fondata. Ciò perchése, da un lato, a Cameri ci saranno delleassunzioni, prevalentemente di operai, taliassunzioni saranno inferiori allo scarico dilavoro che coinvolgerà operai, tecnici edingegneri delle linee di progettazione emontaggio di altri nostri velivoli, a partiredagli EFA. Questa degli F35 non è un’ope-razione industriale ma, piuttosto, unaforma di assoggettamento a tecnologiestraniere, in questo caso statunitensi, cheprodurrà solo elementi di impoverimentodell’industria aeronautica nazionale, cioèdi uno dei nostri punti di forza industriale.E per fare questo capolavoro, l’Italia èdisposta a spendere anche parecchimiliardi di euro.” Si tratta insomma di unragionamento prevalentemente industria-le, teso a sbugiardare le dichiarazioni digoverno, di militari, di Lockheed Martin edi Alenia Aermacchi (del gruppo Finmec-canica) riguardo al numero di posti di lavo-ro. Un altro aspetto delle dichiarazioniriguarda il sostegno al progetto europeoriguardante gli Eurofighter, che ha vistouna riduzione di investimenti causataappunto dalla partecipazione al progetto F-35; come dire: industria europea controindustria statunitense? Peccato, però, chequeste dichiarazioni non molto tempestivenon possano fare molto di fronte ad unacontrattazione di comparto che, negli annipassati, ha fatto ben poco, dal lato dellecategorie metalmeccaniche dei sindacaticoncertativi presenti nel gruppo Finmec-canica, per contrastare il progetto, che èstato quindi portato avanti anche grazieall’acquiescenza di chi poteva mettere ungranello nel meccanismo di organizzazio-ne della produzione. E tuttavia si tratta didichiarazioni, quelle del 17 luglio 2013,che rappresentano una piccola svolta.Per quanto concerne la chiesa cattolica,negli anni passati abbiamo assistito aroboanti dichiarazioni di principio, ma ad

una scarsa azione di contrasto del progetto,sia a livello locale (la diocesi novarese), siaa livello nazionale. Vero è che associazionicome Pax Christi e riviste come FamigliaCristiana hanno partecipato alle campagnenazionali di contrasto, la più significativadelle quali è stata di sicuro quella di RID,ma l’eccesso di diplomazia intraorganizza-tiva ha sempre smussato i toni e ha teso anon rompere i rapporti con i cattolici mili-taristi ben rappresentati dai militari devoti,dai cappellani con le stellette, dal nuovoministro della difesa (o della guerra), il ciel-lino Mauro. La prudenza è stata però messa

da parte, all’interno della diocesi di Novara,dopo le fanfaronate del ministro ciellino el’intervista rilasciata al settimanale dioce-sano dallo stesso ministro al direttore dellarivista (ciellino egli stesso). La reazione dialcuni importanti sacerdoti della diocesinovarese, da sempre impegnati nellapastorale sociale e nell’azione per la pace,non si è fatta aspettare: v. in http://crona-chelaiche.globalist.it/Detail_News_Display?ID=81869&typeb=0. Una forte polemicaabbastanza inedita per un’organizzazione,come la chiesa cattolica, che di solito tendea sopire i contrasti interni e a risolverli (o anon risolverli) all’interno delle muradomestiche.Per quanto concerne il movimento reale,cioè i cittadini e le associazioni di base pre-senti sul territorio novarese, prosegue l’a-zione di contrasto cominciata fin dall’esta-te del 2006, quando si è venuto a cono-

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scenza dell’intenzione di costruire lo stabi-limento all’interno dell’aeroporto militaredi Cameri. Anche nell’ultimo anno si sonosusseguite iniziative di vario genere: presi-di informativi, una biciclettata verso l’aero-porto, conferenze serali. Si può dire che ilmomento culminante sia stato la cosiddet-ta “notte in bianco contro gli F-35” (v. inwww.noeffe35.org), che si è svolta tra saba-to 13 e domenica 14 luglio di quest’anno.Qualche centinaio di manifestanti si sonoradunati in una piazza di BellinzagoNovarese e hanno marciato, partendo alle22.30 circa, in direzione dell’aeroportomilitare di Cameri. Attorno a mezzanottesono arrivati davanti al cancello dal qualesi accede alla fabbrica per l’assemblaggiodegli F-35. Il luogo era ovviamente forte-mente presidiato da polizia e carabinieri. Imanifestanti hanno acceso fumogeni ehanno battuto con sassi contro il cancellosbarrato, sottolineando, con la luce ed ilrumore, la loro contrarietà a questa ennesi-ma impresa di morte. Poi si sono spostatidavanti all’ingresso principale dell’aero-porto, dove hanno sostato fino a nottefonda, dopo aver pure installato un gazeboed alcune piccole tende in un improvvisa-to accampamento. Quasi contemporanea-mente allo svolgimento della notte in bian-co nel novarese, pure dall’altra parte del-l’oceano, nel Vermont, si è svolta unamanifestazione contro gli F-35 (v. inwww.stopthef35.com) organizzata da citta-dini ed associazioni americani preoccupa-ti del militarismo imperante, della distor-sione dell’uso di fondi pubblici a svantag-gio del welfare, dell’impatto ambientale(soprattutto per il rumore) dei nuovi cac-ciabombardieri di Lockheed Martin sulproprio territorio. Una coincidenza fortu-nata, che forse prefigura una futura colla-

borazione tra il movimento italiano e quel-lo statunitense. Anche per Cameri, delresto, vi saranno problemi di tipo ambien-tale, che fino ad oggi non sono stati presiben in considerazione da tutti i protagoni-sti della vicenda, anche a causa del fattoche le installazioni definite di interessemilitare e collocate all’interno del demaniomilitare, per la legge italiana, sono sottrattealle usuali procedure per la Valutazione diImpatto Ambientale (VIA) e l’AIA. Recentemente si è venuto a sapere, peresempio, che si vuole pure costruire unacentrale termoelettrica, ad olio combustibi-le, per la produzione di energia elettricicadella potenza di circa 10 mega-watt. Già datempo si è consapevoli della possibile inci-denza del rumore eccessivo dei voli di col-laudo, così come dei possibili impatti, sulvicino Parco del Ticino, dei rumori succi-tati e della produzione della vernice per lafunzione stealth, che dovrebbe pure svol-gersi in uno dei capannoni industrialicostruiti all’interno dell’aeroporto militaredi Cameri.Vedremo nell’immediato futuro come ilmovimento reale presente sul territorio, lereti nazionali impegnate sull’argomento, leforze sindacali e le forze politiche chehanno manifestato la loro contrarietà all’in-terno delle istituzioni (in parlamento M5S,SEL e alcuni senatori del PD che hannosottoscritto la mozione Casson; e nelle isti-tuzioni locali anche Rifondazione comuni-sta) riusciranno a cogliere le occasionifavorevoli ed il sostegno di gran parte del-l’opinione pubblica nazionale per riusciredavvero a bloccare il progetto mortifero. Cisono ancora notevoli possibilità d’azione,almeno fino alla fine del 2013, purché lamobilitazione popolare si accresca e gene-ralizzi ulteriormente.

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Gli F35 in Italia servono peraggirare il Nuovo Start?

di Angelo BARACCA*, Claudio GIANGIACOMO**, Joachim LAU**

Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013

In questi giorni assistiamo a un nuovo con-flitto tra i poteri dello stato, tempo fa si é trat-tato di far distruggere intercettazioni relativeall’indagine sulle trattative stato/mafia, oggidi porre l’acquisto degli F35 al riparo dairischi di una discussione parlamentare. Mase è chiaro perché si vuole sottrarre al dibat-tito parlamentare la questione degli F35,non é affatto chiaro perché gli Usa ci tenga-no tanto a vendere gli F35 all’Italia, e menoancora perché l’Italia ci tenga tanto ad acqui-starli.La semplice questione economica non può,a nostro giudizio, spiegare la fortissima pres-sione degli Usa sull’alleato più ubbidienteper “vendere” questo aereo. Non risulta,infatti, un’analoga pressione sul Canadaquando ha rinunciato all’acquisto. Ci vienein mente che potrebbe esserci una ragionemolto più sottile, e più grave, legata alla pre-senza delle 60-80 testate nucleari tatticheB61-3 e B61-4 schierate sul nostro territorio(quasi la metà di quelle che rimangono inEuropa): e che potrebbe spiegare anche ilcostoso programma (circa $ 11 miliardi) pertrasformarle nella nuova B61-12, equipag-giata con un sistema di guida e molto piùprecisa.Il motivo potrebbe essere legato ad aggirareil limite imposto per l’anno 2017 dal NuovoStart di 1.550 testate strategiche operativeschierate, e di 700 vettori (missili, sommer-gibili e bombardieri), oltre 100 di riserva, perparte.Quando Obama il 19 giugno ha fatto il belgesto di proporre il taglio di un terzo di que-sto tetto barava pesantemente! Infatti dall’i-nizio di aprile gli Usa non hanno ridotto ilnumero di testate strategiche operative, cheè fermo a 1.650 (contro 1.480 della Russia) e792 vettori (contro 492 di Mosca). Ma è

essenziale sottolineare anche che questoconteggio non comprende le circa 180 testa-te tattiche schierate in Europa che, nonessendo considerate testate strategiche(anche se dal territorio europeo possono col-pire il territorio russo), non sono conteggia-te dal Trattato Start di Riduzione delle ArmiStrategiche (Mosca ha un numero moltosuperiore di testate tattiche, non noto conprecisione, giustificate come compensazio-ne della superiorità di armamenti conven-zionali della Nato).Proprio qui potrebbe risiedere l’ulterioresottile trucco e la spinta per l’acquisto degliF35 in Italia: come utilizzare infatti le nuovetestate B61-12? Che, dato non marginale,avranno potenza esplosiva intermedia tra letestate tattiche e quelle strategiche. In primoluogo il cacciabombardiere Tornado in dota-zione all’aereonautica italiana non è ingrado di trasportare la nuova B61-12; el’Eurofighter non sarebbe progettato peravere una capacità nucleare.L’F35 ha subito adattamenti proprio per tra-sportare due testate B61-12. Il che già la dicelunga sulle velleità nucleari del nostro paesee sul suo status di potenza nucleare, in vio-lazione del Trattato di Non Proliferazione. Si osservi che la Germania (che si è pronun-ciata per la rimozione delle testate nuclearidal suo territorio, mentre nessun governoitaliano ne ha mai riconosciuto l’esistenza!)avrebbe deciso di mantenere i vecchiTornado fino al 2020, e di non sostituirli conaerei con capacità nucleare, ma conl’Eurofighter.In secondo luogo, gli F35 con capacitànucleare che l’Italia acquisirebbe non sareb-bero vettori statunitensi, e pertanto nonrientrerebbero nel limite di 700 vettori stra-tegici consentiti agli Usa per il 2017: questo

*Docente presso ilDipartimento diFisica, Universitàdegli Studi diFirenze.([email protected]).

**IALANA (inter-nationalAssociattions ofLawyers AgainstNuclear Arms).

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aggirerebbe il Nuovo Start, poiché è eviden-te chi comanderebbe l’eventuale ricorso aquesti vettori e alle testate nucleari.Infine va ricordato che l’F35 è dotato dicapacità stealth, cioè di sfuggire ai radar.Quando gli Usa puntano così pesantementesulle difese antimissile, che tanto allarmanoMosca, un cacciabombardiere d’attacco inprofondità capace di sfuggire ai radar costi-tuisce un notevole fattore di superiorità.Altro che “strumenti di pace” come vaneg-gia il ministro Mauro!

Del resto il Nuovo Start riconosce a ciascuncontraente «il diritto di determinare da sé lacomposizione e struttura delle proprie armistrategiche offensive» (articolo II, comma 2).Considerando che sotto il diritto internazio-nale l’uso e la minaccia dell’uso delle arminucleari è illecito (Corte Internazionale,advisory opinion 08.07.1996), il trattatonasce con il peccato originale di mantenereun sistema di armamenti contrario al diritto,perché un’arma nucleare offensiva violadiritti umanitari applicabili in una guerra.

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Le ragioni contrarie al pro-getto di ospedale unico traPesaro e Fano

di Nicola GIANNELLI*

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Nel 2009 la Regione Marche ha istituitol’Azienza ospedaliera unica che comprendel’ospedale di Fano e le due sedi ospedalieredi Pesaro, una in centro storico e l’altrarecentemente costruita in periferia. In que-sto modo si sarebbe dovuto costituire unospedale unico in termini organizzativi,sopprimendo i reparti doppi e specializzan-do le diverse strutture in compiti specifici inmodo da poter raggiungere quella massa diinterventi e prestazioni che consente di darevita ad una équipe di buon livello di espe-rienza e professionalità. In realtà questo pro-cesso, ad ammissione delle stesse autoritàsanitarie, è rimasto largamente incompiuto.Tanto vero che quando, nel 2011, si ècominciato a parlare in pubblico di ospeda-le unico, una delle motivazioni ricorrentiera la necessità di razionalizzare l’offerta edieliminare i doppioni. Una dichiarazione diincapacità organizzativa: come dire chesenza la concentrazione fisica non siamocapaci di eliminare i doppioni dei servizi.Curiosamente negli anni precedenti, nellavicina Romagna, la Regione, dopo lunghidibattiti, aveva attuato, nella confinante areariminese, la strategia opposta: mantenere ipresidi esistenti operando una specializza-zione degli stessi e senza la necessità di crea-re nessuna azienda ospedaliera, in modo danon separare la gestione dei servizi territo-riali da quelli ospedalieri. Il modello, che ilpiano sanitario regionale chiama ad hubsand spokes, prevede una stretta integrazio-ne e divisione dei compiti tra assistenza ter-ritoriale e ospedaliera. Il paradosso è chel’offerta sanitaria della vicina Romagna eser-cita un’attrazione molto forte sui cittadinimarchigiani che a migliaia cercano assisten-za fuori dalla loro regione proprio perchél’assistenza sanitaria è deficitaria nei servizi

specialistici e la scarsità delle prestazionipubbliche è dimostrata da tempi lunghissi-mi (spesso superiori ai 12 mesi) delle liste diattesa che spingono verso gli ambulatori pri-vati o la ricerca di prestazioni presso servizidi altre regioni. Insomma noi abbiamo l’a-zienda ospedaliera ma sono i nostri cittadi-ni che vanno a curarsi presso le aziendesanitarie romagnole e non viceversa.Nell’idea della Regione Marche, mai pre-sentata con assoluta chiarezza, l’ospedaleunico dovrebbe essere unico non solo traPesaro e Fano ma per tutta la provincia.Attualmente ci sono ospedali dell’aziendasanitaria a Urbino, Cagli, Pergola e Fossom-brone. La localizzazione dell’eventuale futu-ro ospedale è stata scelta con una proceduradi comparazione con altri siti possibili daun gruppo tecnico della provincia. La sceltafinale è la località di Fosso Sejore, a metàstrada tra Pesaro e Fano, in una valle di pre-gio paesaggistico e naturalistico a pochimetri dal mare. Tale località è stata definita“baricentrica” dai sindaci di Pesaro e Fano,ma rispetto al territorio della provincia chesi estende fino all’appenino tosco-umbro,tale definizione appare sarcastica. Cosìmentre molti cittadini delle aree interne sipreoccupavano della raggiungibilità dellastruttura, alcuni cittadini della costa teme-vano la cementificazione di una delle pochearee di pregio ambientale e paesaggistico - eperciò tutelata da vincoli- della costa mar-chigiana ormai invasa dalle costruzioni. E’forse questo il motivo iniziale che ha spintoalla costituzione di un comitato di studio,analisi, resistenza e controproposta cheha formalizzato la sua nascita il 29 set-tembre 2011 con il nome CoordinamentoProvinciale La salute ci riguarda. Già dalnome si capiva che il comitato non si limi-

* CoordinamentoProvinciale LaSalute ci Riguarda,Pesaro.

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tava al problema della localizzazione, anchese questa è stata l’oggetto del primo studio.Un possibile sito era un’area pianeggiantepubblica, prossima a Fano, al casellodell’A14 e alla superstrada che porta versoUrbino/Perugia. Un secondo possibile sitoera un’area collinare già ospedaliera neipressi di Pesaro ma in direzione Fano. Unterzo è un’area pubblica pianeggiante vicinaal casello A14 di Pesaro e alla strada checonduce ad Urbino. Invece fu scelta l’areaprivata, collinare, paesaggistica, vicina almare, al confine tra Fano e Pesaro. Un riesa-me della relazione tecnica dimostra che ilsito è stato scelto per un punteggio dipochissimo maggiore del secondo arrivatoper il facile accesso e perché il bel paesaggioavrebbe favorito la costruzione di un ospe-dale-giardino. Il facile accesso riguarderebbei soli cittadini delle due città principali, esolo quando la trafficata statale adriatica cheporta i bagnanti in spiaggia e collega le duecittà è scarica. Per raggiungere il punteggiosi è data per scontata la realizzazione di unastazione aggiuntiva sulla linea ferroviariaadriatica. Considerando che in quella loca-lità non c’è alcun centro abitato e che le fer-rovie continuano a ridurre il numero dellefermate e dei servizi per ragioni di efficien-za, sembra molto ardito dare per scontatauna simile evenienza. Quanto al verde chepuò rendere più amena la vita del malato, ilbuon senso suggerirebbe che si possa realiz-zare un giardino intorno all’ospedale piutto-sto che devastare un’area verde per realizza-re il medesimo.I passi successivi del Coordinamento sonostati improntanti all’analisi dei documentisanitari e al confronto e all’ascolto dei citta-dini sia della costa che dell’interno attraver-so lo strumento dell’assemblea pubblica,alla formulazione di proposte alternative.Una proposta del Coordinamento, fatta pro-pria dall’Italia dei Valori, di promuovere undibattito pubblico, sul modello del debatpublic francese, non è stato accolto dalConsiglio della Provincia di Pesaro eUrbino. L’analisi dei documenti, l’ascolto ela vicinanza con i cittadini ha permesso alCoordinamento di capire che sul territorioc’è una necessità sia di prossimità che diqualità dei servizi. La peculiarità della pro-vincia, che coincide con l’area Nord della

Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR)è di avere metà dei 366 mila abitanti sullafascia costiera mentre gli altri sono sparsi inpiccoli e piccolissimi insediamenti nellearee collinari o montane dell’interno. Inqueste aree i piccoli presidi ospedalieri, purnon essendo paragonabili ad ospedali dicittà, forniscono una serie di servizi tipica-mente territoriali e di emergenza che nonpossono essere rimpiazzati senza un proget-to di riordino complessivo dei servizi ambu-latoriali, una messa in rete di analisi e dia-gnostica, una capacità di rispondere alleemergenze. Di fronte alle preoccupazionidella popolazione gli amministratori regio-nali e locali hanno continuato a confonderele idee dei cittadini promettendo di portareservizi “di eccellenza” nel futuro ospedaleunico pur mantenendo i servizi esistenti sulterritorio. In realtà i documenti regionali eaziendali parlano solo di livelli di assisten-za già esistenti riservando all’azienda ospe-daliera di Ancona le Alte Specialità. Inoltregià adesso gli ospedali svolgono attivitàambulatoriali che dovrebbero essere svoltedai servizi distrettuali, lasciando i nosocomialla loro vocazione. Ma questo potrebbeavvenire con un rafforzamento dei serviziterritoriali che non risulta previsto negli attiaziendali. Un altro termine che ha spaven-tato e confuso le idee è quello di casa dellasalute. La Regione Emilia Romagna dividele 30 case della salute del suo territorio inpiccole, medie e grandi, a seconda dellaqualità e del tipo di servizi in essi contenu-te. Il loro diverso contenuto riflette la pre-senza di altri servizi operativi su quella por-zione di territorio. La Regione Marche per due anni ha datosegnali imprecisi e contradditori sul conte-nuto che voleva dare a queste istituzioni cheavrebbero dovuto sostituire gli attuali ospe-dali dell’interno della provincia.L’unica cosa certa era la trasformazione deipiccoli ospedali in ricoveri per lungodegen-ti a bassa intensità di cura. I cittadini hannocominciato a temere che la chiusura degliospedali avrebbe significato un abbandonosostanziale del presidio sanitario pubblicoin quei territori. Le proteste sono statenumerose e solo dopo le ultime elezionipolitiche gli amministratori regionali hannocominciato a prestare attenzione a questo

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disagio. Adesso si parla del mantenimentodei presidi nel loro stato attuale mentre inprecendenza si era parlato della necessità diconcentrare tutte le cure degli acuti nelnuovo ospedale. Ulteriore confusione èstata fatta annunciando che l’ospedalesarebbe stato organizzato “per intensità dicura”. I cittadini del Coordinamento si sonomessi a studiare e hanno scoperto che quelraffinato modello organizzativo, che aboli-sce i reparti e organizza la terapia dellediverse specialità intorno al malato, richie-de grande quantità di medici e paramedici(quindi non consegue i risparmi che laRegione dichiara fossero necessari) e unarete di servizi territoriali, day hospital, egestione di emergenze che impedisca chetutte le altre necessità di cura specialisti-ca si scarichino impropriamente sull’o-spedale. Solo pazienti che necessitanoricovero dovrebbero arrivare in ospedale.Ma gli atti aziendali non accennavano inalcuno modo ad una riorganizzazione deiservizi in questo senso. Negli ultimitempi non se ne parla più.Nel frattempo la speranza degli amministra-tori regionali e locali di ricevere un cospicuofinanziamento (si parlava di 150 milioni dieuro) dal governo centrale, dopo numerosemissioni a Roma, è andata delusa. Perciò daqualche mese gli amministratori pubblicihanno cominciato a parlare di “projectfinancing”. Si è fatta avanti la regina italianadel project financing, Impregilo. E’ unasocietà che non costruisce con propri operaima realizza le condizioni finanziarie delproject financing. Il meccanismo è il seguente: la società pri-vata fa costruire per intero la struttura a suespese e quando è terminata la concede inuso ad una società di diritto pubblico (adesempio un’azienda ospedaliera) o ad unasocietà privata di proprietà pubblica chegestisce il servizio. Il gestore del serviziopaga un canone di disponibilità pluridecen-nale e riceve anche in appalto pluridecen-nale una serie di servizi, ad esempio i servi-zi non sanitari di un ospedale, come par-cheggi, mense, lavanderie, call centre, sor-veglianza, etc. La società che fa il projectfinancing è totalmente al riparo da qualsiasirischio di mercato perché sia il canone didisponibilità che i contratti di appalto sono

decisi prima, durano per decenni, e non simodificano nel caso che cambiamenti tec-nologici permettessero una riduzione deicosti. Il privato non corre rischi di impresa e nonè neanche interessato alla qualità dei servi-zi che offre (nei limiti degli obblighi con-trattuali) e nella costruzione della strutturanon è interessato a che essa sia davverocorrispondente alle necessità del serviziovisto che non assume la gestione del servi-zio stesso. La copertura degli oneri finanziari e la com-ponente di profitto aziendale sono garantitee senza rischio d’impresa. Ne consegue che,

ovviamente, il costo è assai maggiore a chel’ente pubblico dovrebbe affrontare se finan-ziasse la spesa con mutui propri ma mante-nendo il controllo sui costi, la qualità e irischi accessori. L’unico “vantaggio”perl’ente pubblico e che non deve iscrivere abilancio un debito, ma solo il costo del cano-ne. Il politico presenta ai cittadini l’operacompiuta e prima che cominci a funzionarenon ha messo a bilancio un euro. Il debito resta occulto. E le cifre sonoimpressionanti. Racconta l’esperto di appal-ti Ivan Cicconi che per fare lavori al suoospedale l’ASL 3 di Nuoro ha fatto unproject financing di 45 milioni con la societàCofely (gruppo Suez-Gas De France) alquale si è impegnata a pagare 4,25 milioni dicanone per 25 anni. Totale: 106 milioni. Benpiù di un mutuo a costi di mercato. A que-sti si aggiunge un contratto per tutti i servizinon sanitari per 24 milioni all’anno per 28anni. Totale: 672. (G.Meletti Il FattoQuotidiano 8.11.12). Non stupisce perciò

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che su 100 bandi per project financing, solo25 arrivino alla realizzazione. Le cause diquesta mortalità?“Insufficiente analisi preliminare (pochistudi di fattibilità), eccesso di modifichepost aggiudicazione, coinvolgimentotardivo delle banche, scarsa capacitàtecnica degli enti appaltanti, credit crun-ch” (A.Arona M.Frontera, Il Sole24ore9.11.2012). Quindi il pubblico si avventurain grandi opere senza studiare a sufficienzale condizioni eppoi, quando va bene, siaccorge di aver sbagliato. L’avversità di que-sti privati al rischio d’impresa è così elevatache, nonostante le insistenze degli ammini-stratori pubblici di Pesaro e Fano, Impregiloha presentato un Project Financing nelquale non c’è nessuna presa in carico con

valore di scambio degli immobili dei vecchiospedali, benchè siano in aree centrali dellecittà. Al momento essi aspettano la propo-sta di Project financing della società austria-ca Strabag (T. Delbianco, Il Messaggero15.07.2013). Così, alla preoccupazione per l’impattoambientale della ipotetica nuova strut-tura sanitaria, alla consapevolezza dellanecessità di ridisegnare l’organizzazioneterritoriale sei servizi sanitari, si èaggiunta ora, per il Comitato di cittadiniLa salute ci riguarda, la preoccupazione peruna ipotesi di finanziamento che per decen-ni graverebbe sulle spese correnti dedicatealla sanità di Marche nord, sottraendo informa di canone, milioni di euro al budgetper stipendi, macchinari e farmaci.

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Scuola e società

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Serve una breve premessa. Sononumerose le discussioni che nasco-no con le mie studentesse e i mieistudenti, sia conseguenti alle mielezioni sia dovute alle loro doman-de, curiosità, dubbi, problemi e viadicendo. Sono le lezioni migliori,quelle dove più che in altre l’ap-prendere è reciproco, quelle dovesi fa pratica concreta di partecipa-zione e democrazia vere. Sonolezioni basate su un metodo chenon mi sono inventato io, ma cheè previsto dalle norme vigenti inquesto Paese e, prima ancora,dalla miglior pedagogia sviluppa-tasi in Europa negli ultimi duesecoli e mezzo, dall’Illuminismo ainostri giorni. Anzi, a volerla dirtutta, si potrebbe addirittura anda-re a scomodare gli antichi filosofigreci o la Sapienza di Pisa nel XVIsecolo quando, prima come stu-dente e poi come professore, lafrequentava Galileo Galilei. LaSapienza, in un articolo dei propriStatuti imponeva (non consigliava,imponeva) che i professori, dopo lelezioni, scendessero dalla cattedra(in senso letterale, perché la catte-dra era posta in alto) e andasserofra gli studenti per “disputare”, avolte anche con accanimento dal-l’una e dall’altra parte, sulla mate-ria della lezione appena conclusa(cfr. FESTA Egidio, Galileo,Laterza, Roma-Bari, 2007, pagina15). Una mia studentessa, a segui-to di una discussione sulla libertàdi insegnamento, esistente alme-no sulla carta nel nostro Paese, e

sulla libertà di apprendimento,che invece non esiste perché si ècostretti a stare in aula anchequando quel che dice il docentenon ha per lo studente alcun inte-resse, ha deciso che per una setti-mana, credo come forma di prote-sta, avrebbe presenziato alle mielezioni ascoltando musica, con lecuffie ovviamente, per non distur-bare gli altri. Dato però che si sen-tiva in obbligo di dimostrare chequesto suo atteggiamento non eraquello della scansafatiche, le regi-strava e a casa se le studiava. Cosìè nato il presente articolo. Ho chie-sto a questa ragazza se gentilmentepoteva prestarmi la registrazione diquesta lezione e lei, più che gentil-mente, me l’ha riportata già tra-scritta. L’ho un po’ aggiustata, hofatto qualche integrazione e qual-che taglio, ed ora eccola qua.

Incipit. Chi sta al potere mi pare sisappia bene chi è e perché ci sta.Fatte salve per dovere d’ufficio lepossibili ma di certo rare eccezio-ni, si tratta di gente che è spesso ein primo luogo arrogante. In secon-do luogo, qualche rara volta all’ar-roganza unisce l’intelligenza equasi sempre, invece, all’arroganzaunisce l’imbecillità e l’ignoranza; iltutto condito con il disinteresse pergli altri e la sete di profitto e di pri-vilegi per cui è disposto a passarecon tutta naturalezza sui diritti esulla vita della gente e dell’am-biente in cui viviamo. Se così nonfosse potremmo raccontare, a chi

detiene il potere, della scuola edella cultura, e come esse potreb-bero essere un formidabile puntodi partenza per la risoluzione deiproblemi gravissimi che pesanosu milioni di persone in questitempi di “crisi”. Ma visto che cosìè, e a quelle persone nulla val lapena di dire, certe cose ce le rac-contiamo fra noi, per rifletterci eper dare eventualmente il nostrocontributo a un futuro diverso emigliore del presente. E ce le rac-contiamo dal punto di vista dipersone che hanno coscienza econsapevolezza dei problemi pro-pri e altrui, perché quotidiana-mente con essi conviviamo e inessi siamo immersi. Non comequei soloni che, sempre quotidia-namente, scrivono e blaterano dicrisi, di disoccupazione, di lavoro,di giovani che lavoro non nehanno, di soluzioni per questi gio-vani e bla bla bla bla all’infinito,solo per buttare fumo negli occhi enascondere provvedimenti e azio-ni che ogni giorno mettono in attoper toglierci anche l’aria, ingene-rando peggioramenti e sofferenzecontinue nelle condizioni di vita edi lavoro, con l’unico obiettivo dinon solo mantenere ma vistosa-mente aumentare i privilegi.

Due parole su questa crisi (o,meglio, sarebbe dire “questecrisi”) e poi riprendiamo il discor-so. Io avevo vent’anni quando sen-tii parlare di crisi per la primavolta e da allora questo termine

COME SI POTREBBE RISOLVERE LA CRISILezione di educazione civica inuna classe V di un Istituto diIstruzione Superioredi Rino ERMINI

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non è più uscito dalla mia vita.Lunghe o corte, gravi o menogravi, congiunturali o strutturali,le crisi avevano sempre un trattocomune inequivocabile: quandofinivano, i privilegiati erano sem-pre in sella mentre i poveri ed ilavoratori avevano pagato prezzisalati in termini di disoccupazio-ne, sofferenze, calo del tenore divita e via dicendo. In altre parole,“sacrifici”; la “crisi” non si con-cretizzava altro che in questa terri-bile e ossessiva parola che dadecenni aleggia costantementenella nostra esistenza; sacrificivoluti dai detentori del poterepolitico ed economico non per sestessi, ma per le classi subalterne,e chiesti anche, sistematicamente,da quelle organizzazioni sindaca-li ufficiali e da quei partiti che, inteoria, avrebbero dovuto erigersi adifesa dei meno abbienti.La crisi d’oggi è l’ennesima. Piùgrave, dicono, e sembra vero. Esarà definitiva dicono altri. Ed è,almeno dal mio punto di vista, unmodo come tanti per colpire, que-sta volta in grande stile, a fondo ea tutte le latitudini, le classi subal-terne, e per far passare ricchezzadalle loro tasche a quelle di chiclasse subalterna non è. I poverisempre più poveri e i ricchi sem-pre più ricchi. Robin Hood allarovescia. Sì, certo, lo so anch’io:se costruisco automobili o telefonicellulari, potrà accadere a uncerto punto di venderne meno acausa della concorrenza o dell’au-mento del costo delle materieprime o perché tutti sono già inpossesso di una automobile e diun cellulare o perché, ancora,qualcuno comincia a pensare edecide di fare a meno del cellula-re o della macchina e andare apiedi o in bicicletta o con i mezzipubblici. E’ sempre stato così ecosì sarà sempre di più. E’ il capi-talismo. E non sarà certo colpanostra se c’è il capitalismo e il

capitalismo funziona così. Mi cor-reggo, un po’ è anche colpa nostra,ma questo è un altro discorso cheora ci porterebbe troppo lontano,perciò lo lasciamo da parte.Ulteriore spunto di riflessione: ilcapitalismo si può abbattere? C’èstata e c’è gente che in teoria e inpratica si è già data una risposta.Ma qui partiamo dal presupposto,inequivocabile, che il capitalismoc’è, che la crisi c’è e che questacrisi deve essere risolta. Siamo quiper dare un suggerimento, uno frai tanti, basterebbe solo volere. Se siusassero certi metodi e si seguisse-ro certe strade, in dieci anni daquesto Paese scomparirebbero ladisoccupazione, i suicidi, il pessi-mismo, l’inquinamento e forseanche qualche altra cosa.

Settore scuola. Prendiamolo comepunto di riferimento e applichia-movi dei provvedimenti concreti.Bisogna assumere tutto il persona-le necessario riducendo gli stu-denti per classe. Questa è unaprima e semplice cosa da fare.Con un numero di studenti piùbasso per ogni classe è evidenteche si fanno più classi e si dà lavo-ro come insegnanti ai giovani lau-reati che l’insegnante intendonofare. Ma si lavora anche meglio,cioè il docente, avendo meno stu-denti cui dedicarsi, può prestaremolta più attenzione a ciascunodi essi, in particolare a coloro chemanifestano delle difficoltà. Inquesto modo si ridurrebbe drasti-camente anche la selezione, cioèle bocciature, che nel nostro Paesesono ancora a un livello grave einconcepibile. Se ho meno stu-denti, posso seguirli meglio, que-sto è evidente. Se li seguo meglioavrò più risultati, perché potròpromuoverne di più e sulla basedi una migliore preparazione chesono riuscito a dar loro. Quindiaumenteranno le promozioni nonsolo come semplice dato quantita-

tivo, ma anche dal punto di vistaqualitativo. Detto in altre parole:un insegnante che lavorasse indeterminate condizioni di tranquil-lità e minore affollamento delleclassi, porterebbe a un risparmioper le famiglie i cui figli termine-rebbero il corso di studi negli anniprevisti, e porterebbe a un miglio-ramento della società perché “cree-rebbe” cittadini più preparati siaprofessionalmente sia, appunto,come cittadini. Ecco quale sareb-be la vera “produttività”. E nonquella di cui si riempiono semprela bocca certuni e per i quali “pro-duttività” non significa altro che“risparmiare” sulla spesa pubbli-ca e quindi sulla pelle delle perso-ne per dirottare le risorse altrove.E’ evidente che se a un docenteinvece di sessanta studenti glienediamo ottanta, avremo bisogno dimeno docenti, risparmieremo, maavremo abbassato la qualità del-l’insegnamento e tanto per comin-ciare aumenteranno le bocciature,cioè le spese per le famiglie e l’i-gnoranza. E’ questa la qualità dellascuola pubblica che lor signoridesiderano? O alla scuola pubblicavogliono solo togliere risorse perdirottarle altrove (ad esempio nellascuola privata)? Evidentemente larisposta è affermativa a tutte e duele domande. Se invece si provve-desse in altro modo avremmo unmiglior servizio, un miglior futuroe, tanto per cominciare, una imme-diata diminuzione della disoccu-pazione.

Discorso analogo si può fare per idocenti che si occupano del soste-gno alle persone “diversamenteabili”. Che paese indecente è maiquello che taglia continuamenterisorse destinate al sostegno dellepersone disabili, cioè a quelle conmaggiori difficoltà e maggioribisogni? Che uomini politici sonocoloro che a un ragazzo disabileche avrebbe bisogno, poniamo, di

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venti ore di sostegno settimana-li, gliene danno dieci, o sei, innome del risparmio, e poi maga-ri in Parlamento votano a favoredell‘acquisto degli F-35? Dalprossimo anno non esisterannopiù gli studenti e le studentessediversamente abili o disgrafici,dislessici, ecc, ma solamente iBES (Bisogni Educativi Speciali) .Vuol dire che in un’unica siglasaranno accomunati i disabili, idisgrafici, i dislessici e più in gene-rale tutti coloro che, anche perragioni sociali, ambientali, ecc.avranno difficoltà nell’apprendi-mento. Insomma, per tagliar corto,anche coloro che finora erano sol-tanto individui che, per una ragio-ne o per l’altra, a scuola “andava-no male” negli studi o per il com-portamento. E chi dovrà occupar-sene di questi nuovi “bisogni”? Sene occuperanno i docenti di sem-pre, con le classi di sempre, sepossibile ancor più affollate, con ivecchi insegnanti di sostegno pre-vedibilmente ancora in numeroinsufficiente. Allora è solo dema-gogia. Si dichiara sulla carta cheesiste un numero rilevante di per-sone che nella scuola hanno biso-gno di particolare attenzione, sidichiara che è un loro diritto averequesta attenzione, che se ne devo-no occupare i docenti e, una voltadetto e scritto questo, si continuaa ridurre i posti di lavoro proce-dendo ai soliti tagli di spesa.E tutti i bei discorsi e le belle paro-le nella pratica saranno solo unqualche cosa di raffazzonato chegraverà sulle spalle di lavoratorigià gravati, e in quanto a risultatipositivi ne saranno prodotti zero,anzi meno di zero. Ma a chi gesti-sce il potere tutto ciò pare chenon interessi molto, avendo benaltre mire ed altri scopi. Ecco cheallora assumere insegnanti, magaripagarli anche bene per otteneremaggiore motivazione, magarigarantire loro una pensione digni-

tosa e non quando sono alla finedella vita, ma un po’ prima, quan-do ancora ci si può godere un meri-tato riposo, vorrebbe dire migliora-re effettivamente la scuola e contri-buire grandemente al superamentodella crisi attuale non con le paro-le ed i raggiri, ma con i fatti delleassunzioni. E soprattutto una scuo-la di questo tipo vorrebbe dire pre-parare generazioni future di perso-ne più competenti, più coscienticome cittadini, più valide ai finidella costruzione di una società

migliore, con valori diversi, conprospettive economiche e socialipiù solide, una società in cui atutti fossero garantite dignità esicurezza. Se si distrugge la scuo-la, allora vuol dire che vogliamoun’altra società, consumistica,vuota, dove la gente migliore nontrova spazio e se ne va, dove moltisaranno ricchi e moltissimi pove-ri; nessuno però sarà “cittadino”in una società costruita sui prin-cipi della solidarietà, dell’egua-glianza e della giustizia. Se pun-tassimo sulla scuola, dovremmodare un grosso peso anche all’ag-giornamento degli insegnanti eall’aggiornamento dei contenuti edei metodi dell’insegnamento; eanche queste cose porterebbero aun aumento dell’occupazioneperché un serio aggiornamentonon si potrà fare altro che con

tutte le risorse necessarie, sia finan-ziarie che umane. Qualcuno fraquelli che stanno al potere dirà:una ristrutturazione della scuola inquesto senso porterà alla creazionedi un sacco di teste pensanti e altaglio delle risorse alla guerra inAfghanistan, agli F-35, agli stipen-di d’oro e via elencando! Certo,perché no? Devono pagare semprei soliti? E la società, deve essere ineterno plasmata dal mercato e dalconsumismo ed essere compostada una parte di arroganti e dall’al-tra di pecore belanti?

Ma la scuola non è soltanto perso-nale e didattica. La scuola pubbli-ca è anche fatta di strutture, distrutture che mancano e di strut-ture che ci sono ma che andrebbe-ro modificate secondo esigenzepiù avanzate in relazione allaqualità del servizio e, di paripasso, alla sicurezza e alla salutedi lavoratori e utenti. Sono anniche si parla di grandi opere e inesse si buttano montagne di dena-ro pubblico, che è denaro di tuttinoi, di noi che lavoriamo e paghia-mo le tasse, non dei gioiellieri chedi tasse non ne pagano o di chiavendo prebende e stipendi d’orole casse del pubblico le svuota.Stiamo parlando del denaro deilavoratori. Sono anni che ci per-diamo in un’edilizia che continuaa partorire case per alimentare laspeculazione o per trasformare inappartamenti e ville che rimarran-no vuote il denaro sporco dellavarie mafie. Basta girare per ipaesi italiani per accorgersene,soprattutto quelli delle zone ric-che. In ogni comune del Varesottoo della Brianza, tanto per fare unesempio e fatte salve come al soli-to le rare eccezioni, continuano asorgere ville, villette e apparta-menti che poi rimangono vuoti. Livediamo tutti. Oppure alberghi emotel nei luoghi più improbabili enei quali non si vede mai un clien-

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 201330 rubriche

te. Dicono che le grandi opere equesto tipo di edilizia servono adar lavoro. Sì, servono soprattuttoa mangiare altro territorio, a deva-stare l’ambiente e a riciclare dena-ro sporco. Lo dicono non pocheassociazioni che si occupano ditali problemi. Perché non faccia-mo un piano decennale di ristrut-turazione degli edifici scolasticiche preveda la loro messa insicurezza e la creazione di tuttequelle strutture necessarie all’at-tività didattica? Sarebbe così dif-ficile o è semplicemente questio-ne di volontà politica e di scelteeconomiche? Io sono convintoche centinaia di migliaia dimuratori, manovali e tecnicipotrebbero lavorare a un progettodi ristrutturazione delle scuoleveramente per molti anni. E lavo-rando, si badi bene, non in nero econ salari di fame o lasciando lapelle nei cantieri, ma con tutte legaranzie per uomini ed ambiente,quindi, tanto per cominciare,lavorando sull’esistente, senzaconsumare ulteriore territorio.Semmai per edificare nuovestrutture ci si potrebbe avvaleredi aree industriali dismesse dove,invece che destinarle come nor-malmente si fa alla speculazioneedilizia, potrebbero sorgere, dopoaverle integralmente bonificate,scuole, musei dell’industria eparchi. Ciò significherebbe recu-perare un territorio, che è stato avocazione industriale e inquina-to, a territorio destinato a cultura,istruzione e benessere di tutti.Ora proviamo ad immaginarequeste proposte, mutatis mutan-dis, applicate ad altri settori:biblioteche, teatri, musei, musica,scavi archeologici, monumenti;cura dei boschi; bonifica integraledi tutti i siti inquinati; eliminazio-ne a tappeto e definitiva di tuttol’amianto esistente in circolazio-ne; raccolta, differenziazione ericiclaggio dei rifiuti su tutto il ter-

ritorio nazionale; eliminazionedall’ambiente di tutte le strutturedevastanti o nocive o mal costrui-te; risanamento conservativo ascopo di normale fruizione daparte dei cittadini di tutti i centristorici, grandi o piccoli che siano(non le trovate furbe e farabutte diun sindaco che chiude, sia pureper una notte o mezza giornata,musei e ponti vecchi per affittarli aivip); sanità, intesa soprattuttocome prevenzione e, quando serve,come cura di tutte e di tutti; ricercasu tutto lo scibile umano, ad esclu-sione categorica delle armi e ditutto ciò che può danneggiareuomo, donna e ambiente; agricol-tura, con graduale eliminazione diciò che in essa è dannoso per darespazio definitivamente ad un“biologico” integrale. Mi fermoqui, ma ho senza dubbio dimenti-cato qualche cosa. Ma ce l’immagi-niamo quanti posti di lavoro sipotrebbero creare? E tutto lavoropulito. Marchionne potrebbe anda-re dove gli pare con le sue macchi-ne, anzi gli si potrebbe tranquilla-mente offrire anche il viaggio gratis.Al suo posto, invece di ributtarli inmare, dovremmo fare una campa-gna propagandistica in Africa peraumentare gli sbarchi di immigra-ti. Anche perché altrimenti toc-cherebbe a noi lavorare dieci oreal giorno con tutto il daffare che cisarebbe, quando invece noi, sicco-me non siamo né avidi né del tuttoscemi, vorremmo lavorare nonpiù di sei ore al giorno e non piùdi cinque giorni alla settimana. Evorremmo anche, non per noi chea quel punto staremmo beneanche a casa nostra, ma per darlavoro a ristoranti, campeggi ealberghi, anche un mese di feriepagate.Che cosa fanno invece quelli chehanno in mano il potere politicoed economico? Lasciamo la paro-la a un po’ di dati presi dal setti-manale anarchico Umanità Nova,

n. 20 del 9 giugno 2013, pagina 4,articolo che parla di scuola, intito-lato Bilanci e prospettive. Perchécito questo giornale?Semplicemente perché non homotivo di dubitarne e poi perchégli altri giornali, quelli famosi, liconosciamo già, anzi alcuni di essiarrivano a pacchi anche nellescuole, gratis. Di questi dati, che inquesto momento non posso verifi-care,èovviochemiassumotutta laresponsabilità. Voglio dire insom-ma che, caso mai avessero qualcheimprecisione, non me la prendereiné col giornale né con chi ha stesol’articolo. Leggiamo.“L’ARAN, l’Ente che si occupadella contrattazione nel settorepubblico, ci informa che dal 2006al 2011 i dipendenti pubblici sonopassati da 3.627.139 a 3.396.810con una riduzione di 230.329unità. Il sacrificio maggiore è statoa carico della scuola che, nelperiodo 2009-2011, ha visto pas-sare il totale dei dipendenti da1.183.108 a 1.025.326 con lascomparsa di 157.782 posti dilavoro. Una catastrofe sociale cheproduce due effetti combinati: dauna parte una consistente quotadi insegnanti precari è espulsa dallavoro, dall’altro si innalza l’etàmedia di una categoria di lavora-tori già molto ‘vecchi’. Per quantoattiene alla composizione percen-tuale della categoria può essereutile riferirsi agli ultimi dati MIUR.Si vedrà che i docenti sono circa il77% e gli ATA (il personale nondocente) il 23%, che i precari siattestavano al 18% (con stimeattuali al di sotto del 15%) e che laprevalenza femminile è unacostante indipendente dalla fasciad’età (precari e non). Infine il datosul rapporto medio degli studentiper classe che, con il nostro 21,3%,ci vede leggermente al di sopradella media europea, assestata al21,1%. Le valutazioni sulla distribuzione

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per classi d’età devono invece fon-darsi su due elementi: l’età mediadi tutto il personale docente a fine2009 che si attesta a 49,4 anni el’età media dei precari a 39,8 anni,un dato che si conferma anche trai partecipanti al recente concorsoper l’insegnamento (39,3 anni). InSpagna appena il 28% dei docentisupera i 50 anni d’età, il 30% inFrancia e il 32% nel Regno Unito.Particolarmente significativo ildato sui precari e sugli aspirantiinsegnanti perché dà conto delladilagante, massiccia disoccupa-zione intellettuale.... Proviamo achiarire quanto detto sul degradodelle condizioni del personale dalpunto di vista economico: a) bloc-co dei contratti di lavoro; b) con-gelamento della progressione dicarriera; c) peggioramento delsistema pensionistico con partico-lare penalizzazione per le donne;d) contratti differenziati per i neoassunti (ferie e progressione di car-riera), maggiori poteri per i diri-genti, un rozzo sistema di incenti-vazione e la limitazione delletutele contrattuali introdotte conil Decreto Legislativo 150/2009che dovrà essere accolto nellaprossima tornata contrattuale.Evidenti e pesantissimi gli effettisulle condizioni economiche deilavoratori della scuola. Il salariodiretto, lo stipendio mensile, secon-do calcoli dell’ARAN pubblicatisul Sole 24 Ore, ha perso il 5,8%del potere di acquisto negli anni2010 e 2011 e, fino a tutto il 2014,calerà dell’11%. Ma la scure noncala soltanto sui costi del persona-le: nel 2012 l’Italia ha speso per l’i-struzione pubblica il 4,70% del PILa fronte di una media UE del 5,4%;se poi guardiamo alla spesa perl’istruzione sul totale della spesapubblica il nostro 9% ci collocaall’ultimo posto tra i Paesi UE, lacui media è pari al 13%.E non finisce qui poiché la nuovarevisione della spesa presentata

dall’ex ministro Giarda sottrarrà ascuola e università un ulteriore5,2% sul finanziamento attuale.Ovviamente la riduzione del finan-ziamento ordinario determina ildeterioramento sia delle condizio-ni in cui versano gli edifici scolasti-ci sia dell’offerta d’istruzione espinge le istituzioni formative aduna continua pressione sull’utenzaperché questa contribuisca mag-giormente al funzionamento dellesingole istituzioni attraverso il mec-

canismo dei ‘contributi volontari’nella scuola dell’obbligo, o l’au-mento delle tasse scolastiche. Difatto il contributo privato dellefamiglie alla spesa per l’istruzioneè in crescita e si attesta al di sopradegli 8 miliardi, cioè oltre lo 0,5%del PIL”. Questa lunga citazioneera necessaria poiché essa mettebene in luce quale è la risposta,che io oserei dire demenziale e cri-minale allo stesso tempo, di colo-ro che gestiscono il potere ai biso-gni della scuola pubblica e, d’altrocanto, alla “crisi” in cui siamoimmersi da anni e che, proprio apartire dalla scuola, come abbia-mo detto, potrebbe avere ben altrerisposte e ben più intelligenti econcrete soluzioni a fronte dellaquotidiana demagogia. Una preci-sazione: i “contributi volontari” di

cui si parla per la scuola dell’ob-bligo che, come si sa, arriva attual-mente al biennio delle superioricompreso, riguardano anche leclassi non dell’obbligo, cioè leclassi del triennio, e vengono sta-biliti scuola per scuola.A questa chiara citazione ricca didati relativi alla scuola nel suocomplesso, vorrei aggiungere dueparole su un altro fatto che mipare significativo. Una scuolasuperiore che conosco ha avutoun finanziamento regionale piut-tosto consistente per dotare cia-scun studente delle classi prime ei relativi insegnanti di un tabletpersonale e le aule di computer elavagna. Lasciamo da parte com-puter e lavagna. Ci può stare. Puòessere utile, non indispensabile,durante una lezione, avere adisposizione questi strumenti.Ma i tablet? Mi diceva un collegadi questa scuola che per il corpodocente è già una fatica, vista l’u-tenza che hanno (non molto pre-parata e motivata e con non pochiproblemi di varia natura, del restocom’è un po’ in tutte le scuole) faraccettare ai ragazzi la necessità dinon utilizzare il cellulare durantele lezioni, e ora questi ti arrivanocon un computer personale che inun certo senso è d’obbligo durantele lezioni. Ma, mi diceva semprequesto collega, mentre tu spieghi, iragazzi, con la scusa di prendereappunti, vagano tranquillamenteper siti porno o sono concentratisu giochini vari e demenziali percui, in concreto, il risultato è che ildocente ha finito di fare lezione. Equesto strumento, nei fatti, deveessere in possesso di tutti: chi lorifiuta, magari non per altro, maperché la scuola richiede centoeuro di cauzione e la famiglia nonvuole o non può pagarli, diventaper i suoi compagni uno “sfigato”;che è il peggior termine che tipossa oggi essere appioppato eche significa più o meno persona

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che pensa, persona che studia,persona fuori dal gregge, ecc. Achi è servita tutta questa operazio-ne? Di sicuro a dare soldi all’a-zienda che costruisce i tablet. Equesto progetto (se ho ben com-preso si chiama “Web genera-tion”) sarà esteso a tutte le scuolee a tutti i docenti e a tutti gli stu-denti? Cristo, mi si rizzano lette-ralmente i capelli in testa. Sarebbequesta l’innovazione? A ragazziche non sanno comprendere untesto, che sono consumisti finoall’osso, che leggono e scrivonomale, che fanno fatica anche aleggere Topolino, che sono già les-sati dalle decine di diavolerie elet-troniche di infimo livello che ilmercato offre loro, che già a diecianni hanno bisogno dello psicolo-go o dell’analista perché già“dipendenti” dal computer comese si scolassero quotidianamenteun litro di pessima grappa, invecedi dar loro scuole più accoglienti,sicure ed efficienti, più laboratori,classi meno numerose in modo daessere seguiti puntualmente edindividualmente, insegnanti piùmotivati e più preparati, noi glidiamo il tablet? La scuola di cuiparlo quest’anno ha visto aumen-tare le proprie iscrizioni tanto da

fare una classe in più. Molto pro-babilmente merito dei tablet. Capite? Ci si iscrive in una scuolanon perché vuoi fare il tornitore, ilgeometra, il perito agrario, il mae-stro o semplicemente perché vuoifarti una cultura o più semplice-mente ancora perché si tratta diuna scuola vicina a casa tua e cosìrisparmi i soldi del viaggio (moti-vazione debole, ne convengo, maha una sua logica); ti iscrivi lì per-ché ti danno il tablet.

So che un po’ esagero nelle mieinvettive da Savonarola di bassalega, ma non posso trattenermi: aquesto punto mandiamogli in clas-se ogni mattina una dose dellasostanza preferita, forse gli faccia-mo meno male. Quando frequen-tavo le elementari, ogni mattina,prima di cominciare la lezione,c’era il bidello col bidone del latte:distribuiva le tazze, di metallo,perché non ci fosse pericolo diromperle, e ciascuno aveva gratis,data da questo piccolo comune dicampagna con i soldi delle tassedella comunità, una tazza di lattecaldo. Non era una brutta cosa,visto anche che fra noi c’era chifaceva chilometri a piedi per arri-vare a scuola, piovesse o nevicasse

o ci fosse il sole, e qualcuno a casanon faceva nemmeno colazioneperché non ne aveva. Per me eragrande civiltà. Quella cui hoaccennato sopra è grande imbecil-lità. E anche qualche cosa di peg-gio. Ci stiamo avvicinando al cri-mine. Forse è proprio volontà dicreare, più di quanto non sia giàstato fatto fino a questo punto,consumatori acefali ed individuiprivi di qualunque cultura,coscienza, sapere e capacità dipensare. E’ peggio di un assassi-nio. Mi rivolgo alle mie studentes-se e ai miei studenti: mi dite chespesso sono tragico e pessimista;voi avrete senz’altro ragione, ma iosono sicuro di non sbagliarmi poidi tanto. So altrettanto bene chemolte e molti di voi hanno le cartein regola non tanto e non solo persmentirmi nelle mie più catastrofi-che previsioni quanto per superarealla grande anche quelli che sareb-bero i miei sogni più alti. E allorasu le maniche e la testa, ché la par-tecipazione, la lotta e l’indignarsinon sono affatto dei brutti modi divivere e, vi posso assicurare, nonsono nemmeno in contraddizionecon i vostri vent’anni, con l’amore,la spensieratezza, l’amicizia e ilgodersi la vita.

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Lettera aperta per nuoveindagini ambientali nell’a-rea inquinata della Caffaro

a cura dei Comitati bresciani*, del Coordinamento Comitati AmbientalistiLombardia* e di Medicina Democratica* Al Ministro dell’Ambiente Dottor AndreaOrlando, via Cristoforo Colombo 44, 00147Roma;

Al Direttore della Direzione generale per latutela del territorio e delle risorse idriche delMinistero dell’Ambiente avv. MaurizioPernice, via Cristoforo Colombo 44,00147 Roma;

Al Direttore del Dipartimento Ambiente econnessa prevenzione primaria dell’IstitutoSuperiore di Sanità, Dr.ssa LoredanaMusmeci;

Al Direttore dell’Arpa di Brescia, Dott.Giulio Sesana, via Cantore n. 20, 25128Brescia;

Al Direttore dell’Asl di Brescia Dott. CarmeloScarcella, Viale Duca degli Abruzzi, 15,25124 Brescia;

Al Sindaco del Comune di Brescia, DottorEmilio Del Bono, P.zza Loggia n. 1, 25121Brescia;

Al Presidente della Regione Lombardia,dott. Roberto Maroni, Piazza Città diLombardia 1, 20124 Milano;

Al Presidente della Provincia di Brescia,Dott. Daniele Molgora, P. zza Paolo VI n.16, 25121 Brescia;

Oggetto: Sin “Brescia Caffaro”: Nuoveindagini sui terreni e aggiornamento deilimiti dei PCB per la tutela della salute deicittadini.In relazione alla rinnovata attenzione delleAutorità in indirizzo sul gravissimo inqui-

namento da PCB e diossine di un’estesa por-zione del territorio, a sud dell’azienda chi-mica Caffaro, compreso nel Comune diBrescia e in alcuni comuni limitrofi, recentinotizie di stampa hanno informato chel’Arpa di Brescia si accingerebbe ad unanuova e più dettagliata caratterizzazione deiterreni inquinati e che il nuovo Sindaco diBrescia avrebbe in programma di emettereuna nuova Ordinanza più circostanziatarelativa ai divieti dell’uso dei suoli per lapopolazione residente (sulla base di qualinuovi elementi non è dato sapere).In verità a Brescia, non sono i dati che man-cano, bensì qualsiasi efficace intervento dibonifica, che, dopo un decennio perso inu-tilmente, possa restituire alla popolazioneun territorio vivibile senza l’esposizionequotidiana a contaminanti altamente tossicie cancerogeni.Comunque, se nuove indagini si voglionoeffettuare, ci preme che queste almeno nonsiano inutili o peggio viziate da carenzemetodologiche che ne possano inficiare lacorretta utilizzazione sia ai fini della bonifi-ca auspicata, sia per la tutela della salute deicittadini.Occorre rammentare, infatti, che, rispettoalle indagini effettuate sui terreni immedia-tamente dopo il 2001, sono intervenute dueimportanti novità di cui, per il “Sin BresciaCaffaro”, al di là della normativa ancoravigente, va tenuto assolutamente conto: daun canto, la riclassificazione dei PCB daparte della Iarc dell’Oms dalla classe 2A“probabilmente cancerogeni per l’uomo”alla classe 1 “cancerogeni certi per l’uomo”,dall’altro le nuove normative e raccoman-dazione UE sulla contaminazione degli ali-menti che hanno ormai consolidato la defi-nizione dei limiti delle cosiddette diossine

*Brescia 20 giugno2013,Comitato perl’Ambiente BresciaSud; SoS ScuolaBrescia; Comitatopopolare contro l’in-quinamento “zonaCaffaro”;CoordinamentoComitati ambientali-sti Lombardia;MedicinaDemocraticaMovimento di Lottaper la Salute –O.N.L.U.S.

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per l’ammissione al consumo umano consi-derando la sommatoria, in termini di tossi-cità equivalente, sia delle policlorodibenzo-diossine, sia dei policlorodebenzofurani, siadei 12 policlorobifenili diossina simili, ovve-ro i PCB – DL. Tutto ciò comporta delle conseguenzenecessarie nell’impostazione delle nuoveindagini sui terreni e del successivo utilizzodelle stesse a partire dall’analisi di rischiosanitario sito-specifica.

1. - CONCENTRAZIONE SOGLIA DI CON-TAMINAZIONE DEI PCB NEI SUOLI EANALISI DI RISCHIO SITO SPECIFICHEIl Sin Brescia-Caffaro è unico a livello nazio-nale, non solo per le elevatissime concen-trazioni di PCB nei suoli (e di conseguenzanella catena alimentare fino all’uomo), finda quando nel 2001 venne alla luce la gra-vissima situazione ambientale. L’emergeredi tali conoscenze fu ragione di un com-prensibile imbarazzo delle Autorità prepo-ste, fino a quel momento del tutto “disatten-te”, costringendole ad affrontare una situa-zione effettivamente molto complessa. Lestesse Autorità furono tentate di elevare ilimiti “accettabili” dei PCB nei terreni percercare una scorciatoia che almeno atte-nuasse l’eccezionale gravità dell’inquina-mento in essere. Subito si sviluppò, da partedi diversi membri del Comitato tecnicoscientifico insediato dall’Asl di Brescia, unfuoco di sbarramento contro le soglie, rite-nute “assurde” stabilite dal DM 471/1999,che per i PCB totali nei terreni ad uso agri-colo e residenziale erano di 0,001 mg/kg.L’argomento forte, allora, era che i PCB, adifferenza delle diossine, non erano cance-rogeni certi per l’uomo. Si effettuò, quindiuna prima analisi di rischio da parte delDipartimento Insediamenti produttivi edinterazione con l’Ambiente dell’IstitutoSuperiore per la Prevenzione e la Sicurezzasul Lavoro di Roma, ufficializzata il 28marzo 2003. Questa analisi per le aree a piùelevata esposizione potenziale, ovvero zoneresidenziali con consumo di vegetali pro-dotti on-site e zone residenziali di tipo con-dominiale con presenza di giardino, consi-derava accettabili limiti in un range tra0,050 e 0,068 mg/kg. Quindi la pressionedivenne fortissima per determinare anche

sul piano formale ed ufficiale una revisioneverso l’alto dei limiti previsti dal DM471/1999. L’anno successivo si riprese inconsiderazione il problema, anticipato allastampa dall’allora sindaco del Comune diBrescia, Paolo Corsini e dell’assessore all’e-cologia, Ettore Brunelli (“Corriere della Sera- Lombardia” del 17 luglio 2004), in occa-sione dell’annuncio della riunione tecnicasull’analisi di rischio prevista per il 29 lugliopresso il Ministero dell’Ambiente:“«Azzerare l’inquinamento è pura utopia[…] non sappiamo proprio dove potremotrovare le risorse economiche necessarie perla bonifica», ammette il Sindaco; e incalzal’Assessore all’Ecologia: l’intenzione è quel-la di raggiungere un «modello matematico»capace di stabilire fino a che punto questotipo di inquinamento è sopportabile […]«Ogni giorno ci accolliamo il rischio di veni-re coinvolti in incidenti stradali. Lo sappia-mo e lo accettiamo. Sul fronte inquinamen-to, chiediamo che i tecnici dell’ambiente edella sanità ci dicano qual è il livello dirischio della convivenza con questo proble-ma. Va individuato il livello tollerabile, e daqui partire per pianificare il futuro»”.Effettivamente il Comune di Brescia si face-va forte di uno studio appositamente com-missionato che prevedeva per le aree a piùelevata esposizione potenziale l’innalza-mento dei limiti per i PCB nei terreni da0,001 a 0,290 mg/kg, proposta da sottopor-re appunto al Ministero dell’Ambiente(Comune di Brescia, Proposta per unametodologia per la stima dell’esposizionederivante dalla contaminazione del suolonel Comune di Brescia, 29 luglio 2004, auto-ri P. Rabitti, S. Tunesi, pp. 210). Comunque,tanto si fece da ottenere da Altero Matteoli,allora Ministro dell’Ambiente, di stabilirenel noto “decretone ambientale” 152/2006la nuova concentrazione soglia della conta-minazione (c.s.c.) da PCB nei terreni ad usoagricolo e residenziale a 0,060 mg/kg. Infine,un’ulteriore analisi di rischio compiuta agliinizi del 2008 dall’Istituto superiore disanità, non solo confermava la nuova c.s.c.contenuta nel Dlgs 152/2006, ma ne forzavaulteriormente verso l’alto le concentrazioniaccettabili per coltivazioni agricole limitateda alcuni vincoli, il cui rispetto risulterebbein verità molto aleatorio:

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“- per concentrazioni di PCBtot nei suolifino a 0,06 mg/kg (pari al limite di legge peri suoli ad uso verde pubblico/residenziale)sembra possibile effettuare anche attivitàagronomiche per uso alimentare umano,stante che, a valutazione statistica effettua-ta, a tale valore di PCB nei suoli è associatanella stragrande maggioranza dei prodottivegetali una bassa concentrazione di PCB;- per concentrazioni di PCBtot nei suolicomprese tra 0,060 mg/kg e 0,4 mg/kg sipossono ancora effettuare pratiche agricoleper alimentazione umana, ma con alcunelimitazioni, in quanto aumenta la probabi-lità di produrre dei vegetali contaminati. Inparticolare in base ai dati forniti dalla Aslrelativi alla presenza di PCBtot nei vegetali,è sconsigliabile la produzione di: alloro,carote, cavolo, insalata, porri, radicchio, sal-via, spinaci, tarassaco, in quanto sono pro-dotti risultati, in alcuni casi, significativa-mente contaminati. In ogni caso nondovranno essere mai prodotti zucchine,rosmarino e fieno, in quanto sono quellirisultati sempre fortemente contaminati;- sopra il valore di 0.4 mg/kg di PCB neisuoli si sconsiglia la coltura per alimenta-zione umana e, soprattutto visto il fenome-no di bioaccumulo e biomagnificazione, peralimentazione animale” (Istituto Superioredi Sanità, Comune di Brescia, Asl diBrescia, Valutazione del rischio igienicosanitario per i suoli agricoli all’interno delSIN Brescia-Caffaro, Brescia marzo 2008,pp. 64-65). Orbene, queste analisi di rischio, nonché lafissazione della nuova c.s.c del Dlgs152/2006 poggerebbero su una valutazionedella tossicità e della cancerogenicità deiPCB non più valida dal febbraio 2013, cioèda quando i PCB sono stati riconosciutidalla Iarc dell’Oms “cancerogeni certi perl’uomo”. Continuare a far riferimento, dun-que, a quelle analisi di rischio e a quei limi-ti, significherebbe con tutta evidenza sotto-valutare gravemente il rischio per la popola-zione esposta e non tutelare adeguatamentela salute dei cittadini.Quindi si impone che venga effettuata, ilpiù rapidamente possibile, una nuova ana-lisi di rischio, coerente con il nuovo profilodi cancerogenicità dei PCB, e che in talsenso vengano rivisti in senso restrittivo sia

i limiti sito-specifici che presiedono alledisposizioni dell’Ordinanza sindacale suidivieti agli usi dei suoli, sia la c.s.c, del Dlgs152/2006.Va a questo proposito segnalato che l’espe-rienza bresciana insegna come anche conconcentrazioni di PCB totali nei suoli relati-vamente contenute può verificarsi la conta-minazione della catena alimentare.Casualmente, in un’indagine svolta dall’Asldi Brescia tra il 2007 e il 2008 il latte di alcu-ne cascine dei dintorni di Brescia esterne alsito Caffaro venne preso in considerazionecome termine di confronto rispetto alla ele-vata contaminazione del latte vaccino all’in-

terno del sito.Si scoprì che, in relazione ai nuovi limitiintrodotti dall’Ue, comprensivi anche deiPCB-DL, alcune partite risultarono contami-nate oltre la soglia. Tra queste vi era un cam-pione di latte dell’Istituto agrario Pastori,con concentrazioni di PCB e PCD/F, espres-si in pg di tossicità equivalente (TEQ) per gdi grasso, pari a 9,522 (rispetto a 6 pgTEQ/gdi grasso, nuovo limite del Regolamento UE1881 del 2006). A questo punto la stessa Asldi Brescia risalì all’erba consumata dallemucche scoprendo che una partita di questaproveniva in particolare da un prato, adia-cente all’Alfa Acciai, e che questa stessaerba, sottoposta dall’Asl a campionamentoil 13 giugno 2008, risultava contaminata daPCB diossina-simili, oltre i limiti (pgTEQ/g1,25), cioè pgTEQ/g 1,333, per cui in data 14luglio 2008 venne assoggettata a sequestroamministrativo (Asl di Brescia, Verbale disequestro amministrativo, n. 1507, 14 luglio2008). Sennonché, chiesto l’interventodell’Arpa, la caratterizzazione di quel terre-

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no dava un risultato sorprendente, perché leconcentrazioni dei PCB totali sarebberostate ben al di sotto degli attuali limiti dilegge (mg/kg 0,060), cioè mg/kg 0,0146, ecomunque superiore ai limiti fissati prece-dentemente dal DM 471/1999 (Arpa diBrescia, Itas “Pastori e Comune di Brescia,Caratterizzazione dei suoli agricoli di pro-prietà dell’Itas “Pastori”, Brescia 21 luglio2008). Insomma il latte sarebbe contamina-to, perché l’erba è contaminata, mentre ilterreno non era da considerarsi contamina-to. Questa vicenda sta ad indicare che i limi-ti per i PCB previsti dal DM 471/99 avevanoun fondamento e che tutta l’azione svolta, inparticolare dal Comune di Brescia, per otte-nerne l’innalzamento fu errata, per cui sidovrebbero ripristinare quei limiti abbassan-do i “nuovi” introdotti dal DLgs 152/2006. Questa vicenda, inoltre, ci rinvia alla secon-da questione prima anticipata: perché lefuture indagini sui terreni del sito Caffarosiano efficaci ai fini della tutela della salute,evidentemente, non basta più ricercare neiterreni le concentrazioni dei PCB totali, ma,in coerenza con le nuove normative intro-dotte dall’Ue sulla contaminazione degli ali-menti, bisogna ricercare anche i PCB-DLespressi in tossicità equivalente.

2. - NECESSITÀ DI RILEVARE ANCHE LECONCENTRAZIONE DEI PCB-DL NEISUOLI ESPRESSI IN TOSSICITÀ EQUI-VALENTECome già anticipato, in questo frattempo,nel passato decennio, sono intervenutealcune novità relative in particolare allacontaminazione da diossine negli alimen-ti: il Decreto Ministero della Sanità 10 gen-naio 2007 in Attuazione della Direttiva2006/13/UE relativa alle sostanze indesi-derabili nell’alimentazione degli animali;la Raccomandazione della CommissioneUE 6/2/2006 relativa alla diffusione dellapresenza di diossine, furani e PCB neimangimi e negli alimenti; il RegolamentoUE 1881/06 che definisce i tenori massimidi alcuni contaminanti nei prodotti ali-mentari. In particolare il Regolamento UE 1881 del2006 stabiliva per il latte i nuovi limiti di 6picogrammi/TEQ per grammo di grasso(intendendo la tossicità equivalente, TEQ,

comprensiva, oltre che delle diossine,PCDD, e dei furani, PCDF, anche dei PCBdiossina-simili), con un massimo di 3,0 pg/gdi grasso per la somma in TEQ di PCDD ePCDF. Tale limite, entrato in vigore il 1marzo 2007, era accompagnato anche dallapubblicazione di una Raccomandazione UE(n. 88 del 6 febbraio 2006) che stabiliva, perparte sua, un limite di attivazione dell’auto-rità competente per la ricerca delle causedell’inquinamento e per la sua riduzione, alsuperamento della concentrazione di 2,0pgTEQ/g di grasso di PCDD + PCDF + PCB-DL.In sostanza, per gli alimenti si è consolidatala prassi di valutare la sommatoria di PCDD,PCDF e PCB-DL espressi in TEQ, per stabi-lire i limiti per l’ammissione al consumoumano. E’ palese, a questo punto, l’incon-gruenza con la metodologia delle indaginisui terreni, che considera da un canto solodiossine e furani espressi in TEQ, distintidai PCB intesi solo come PCB totali. Più recentemente i limiti sopra indicatisono stati ridotti, con il Regolamento UE n.1259/2011 e con la Raccomandazione UE516/11 il tenore massimo di PCDD/PCDFnel latte è stato ridotto a un massimo di 2,5pg/g di grasso (con un livello d’azione a 1,75pg/g di grasso) e un tenore massimo diPCDD/PCDF e PCB-DL pari a 5,5 pg/g digrasso (e un livello d’azione a 2,0 pg/g digrasso). E’ noto che la contaminazione dai suolipassa all’uomo, per almeno l’80%, attra-verso la catena alimentare. E’ noto ancheche, laddove all’interno del “Sin BresciaCaffaro” sono stati effettuati i monitoraggibiologici della contaminazione espressa inTEQ comprensiva di PCDD, PCDF e PCB-DL, un contributo preponderante risultaappunto a carico dei PCB-DL: in un cam-pione di latte sono state rilevate concentra-zioni di PCCD/PCDF/PCB-DL pari 62,663pgTEQ/gr di grasso, di cui a carico dei soliPCB-DL ben 53,7 pgTEQ/gG (ConsorzioInteruniversitario Nazionale per la Chimicaper l’Ambiente di Marghera –VE, analisisul campione di latte con sigla n. 12962, giàanalizzato per i 7 congeneri marcatori diPCB dall’Istituto zooprofilattico di Brescia il7 settembre 200, totale 7 congeneri di PCBng/gG 504,3, Venezia 12 - 18 settembre

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2001); la conferma viene anche dal caso dellatte materno con una contaminazione diPCDD, PCDF e PCB-DL pari a 147 pgTEQ/gdi grasso, di cui ben 116 pgTEQ a carico deisoli PCB-DL (Turrio-Baldassarri L. et al.,PCDD/F and PCB in human serum of diffe-rently exposed population groups of anItalian city, “Chemosphere” 73, 2008, S228-S234). Insomma, nel “Sin Brescia-Caffaro”,la contaminazione biologica e umana dadiossine, furani e PCB, espressa in tossicitàequivalente, è imputabile per circa l’80% aiPCB-DL, ma questi non vengono misuratinei terreni e la tossicità equivalente per i ter-reni viene valutata sommando solo diossinee furani, imputabili del solo 20% della con-taminazione umana, escludendo l’altro80% rappresentato dai PCB-DL.La distorsione che potrebbe verificarsi appa-re con tutta evidenza clamorosa: potremmoavere un terreno apparentemente non con-taminato che però trasmette la contamina-zione all’uomo, semplicemente perchédiversi sono i criteri e le metodologie concui si misura la contaminazione nei terrenie quella biologica, degli alimenti e dell’uo-mo.In conclusione, oltre alla ricerca dei PCBtotali nei terreni, con la revisione restrittivadei limiti di cui al punto 1, nel “Sin BresciaCaffaro” occorre procedere anche alla misu-razione dei PCB-DL e considerare nei valoriespressi in TEQ (limite 10 ngTEQ/kg) lasommatoria di PCDD, PCDF e PCB-DLanche per i terreni. In caso contrario l’anali-si di rischio sanitario sito-specifica previstanella normativa sulla caratterizzazione ebonifica dei siti non sarà credibile.

L’obiezione che la normativa attualmentevigente non prevede espressamente lemetodologie sopra indicate è irrilevante difronte all’eccezionalità del “Sin BresciaCaffaro”, alla imprescindibilità di valutazio-

ni sito-specifiche, previste dalla normativa,e anche al permanere di un elevato rischioper la popolazione esposta. Se hanno fondamento recenti notizie distampa per cui, dopo 11 anni, circa un 40%dei cittadini testati come contaminati nel“Sin Brescia Caffaro” presenterebbero anco-ra le stesse concentrazioni di diossine e PCBnel sangue e addirittura in un 2% si sarebberegistrato un aumento (Altre analisi del san-gue su un campione più ampio, “Giornaledi Brescia” 12 aprile 2013), si può realistica-mente supporre che l’esposizione è prose-guita e che la contaminazione ha continua-to a transitare dall’ambiente all’uomo, datoche in letteratura si valuta un’emivita dellediossine e dei PCB nell’uomo, ovvero unloro dimezzamento, in un arco di tempo tra7 e 8 anni. Ciò, peraltro, dimostrerebbe chel’impostazione fin qui adottata nelle indagi-ni ambientali e nei monitoraggi biologici,nonché la conseguente Ordinanza sindaca-le sui divieti nell’uso dei suoli, sarebberorisultate scarsamente efficaci nel tutelare lapopolazione dai rischi di esposizione aicontaminanti di cui trattasi.Per questo si impone una svolta ed un mag-giore rigore, a partire dalle nuove indaginiambientali nel senso indicato nei punti pre-cedenti, affinché le stesse siano efficaci, siaper la tutela della salute, sia per pianificareadeguatamente gli interventi di bonifica.Infine, per correttezza, si rende noto che lapresente nota verrà trasmessa, per dovero-sa informazione, anche alla Magistraturainquirente.Brescia 20 giugno 2013Comitato per l’Ambiente Brescia Sud; SoSScuola Brescia; Comitato popolare control’inquinamento “zona Caffaro”;Coordinamento Comitati ambientalistiLombardia; Medicina DemocraticaMovimento di Lotta per la Salute –O.N.L.U.S.

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Ilva di Taranto: una storiadisonesta

di Stefano PALMISANO*

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Ma qual è il livello di criminosità oltre ilquale un reato (contro l’incolumità pubbli-ca, contro la salute e la vita di migliaia dipersone, per esser più precisi) smette diesser tale per diventare una questione “diinteresse strategico nazionale”?Da quale momento un soggetto che com-mette uno, dieci, cento delitti (contro la pub-blica amministrazione, contro l’amministra-zione della giustizia, contro la fede pubbli-ca, contro la personalità dei minori… sem-pre reati seri, roba di classe, non bagattelleda venditore di cd tarocchi) cessa, nellaindefettibile vulgata (ha la stessa radice di“volgare”) nazionale, di esser un imputatopluricondannato in sede di merito (fino inappello) per diventare “il Presidente” (dicosa?), “il leader di una delle principaliforze politiche del paese”, “il titolare dellagolden share del governo”….?Quando e chi (il perché possiamo desumer-lo anche da noi) ha deciso di far passare unpersonaggio politico dichiarato, con senten-za passata in giudicato, autore del reato diassociazione per delinquere di naturasostanzialmente mafiosa fino al 1980 (non“di tipo mafioso” solo perché all’epoca delcommesso reato non esisteva questo specifi-co illecito introdotto solo nel 1982) per unilluminato statista, nonché brillante intellet-tuale?E, soprattutto, in che occasione precisa e daparte di chi (per il perché vale lo stessodiscorso accennato sopra) si è deciso di mar-chiare chiunque si permetta di ricordarequeste elementari verità, storiche e crona-chistiche, con il bollo di pubblica infamia di“divisivo”, “antipolitico”, “antinazionale”ecc….?Questi oziosi interrogativi evocano questio-ni che in questa nazione costituiscono ata-

viche piaghe su un corpo sociale e politicoche, evidentemente, ha la stessa capacità difarle rimarginare di quante ne abbia quellodi un diabetico terminale.La vicenda Ilva, in questo senso, rimane unimpareggiabile caleidoscopio delle piùarchetipiche figure dello spirito pubbliconazionale.A partire da quelle appartenenti alle cosid-dette “classi dirigenti.” La Cassazione, confermando pienamentequanto sancito dal Tribunale del Riesamedi Taranto in merito agli arresti dei padro-ni e dirigenti dell’Ilva per i delitti di disa-stro ambientale, omissione dolosa di cau-tele antinfortunistiche, avvelenamento disostanze alimentari ed altre simili amenità,denuncia “la pervicacia e la spregiudica-tezza dimostrata da R.E. e dal C., ma ancheda R.N., succeduto alla presidenza del con-siglio di amministrazione in continuità conil padre, che hanno dato prova, nei rispetti-vi ruoli, di perseverare nelle condotte delit-tuose, nonostante la consapevolezza dellagravissima offensività per la comunità(tarantina) e per i lavoratori delle condottestesse e delle loro conseguenze penali e adonta del susseguirsi di pronunzie ammini-strative e giudiziali che avevano già eviden-ziato il grave problema ambientale creatodalle immissioni dell’industria”. Chi si nasconde dietro quelle iniziali lo silascia immaginare a chi legge.Su questa base delittuosa (integrata dall’as-sociazione per delinquere) e in forza delprincipio di “responsabilità da reato delleimprese”, introdotto nel nostro ordinamen-to giuridico ormai 12 anni fa ma ancoratroppo poco attuato, la Procura di Tarantochiede e ottiene dal GIP il sequestro di € 8,1miliardi nella disponibilità della “Riva fire”

*Avvocato delForo di Brindisi,

([email protected]

www.avvstefanopal-misano.it)

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(questo cognome ha qualcosa a che vederecon le iniziali di cui sopra), importo corri-spondente a quello che occorrerà, secondola stima dei custodi giudiziari, per “ambien-talizzare” gli impianti dello stabilimentoIlva di Taranto. Si tratta di somma esclusivamente relativaal fabbisogno di liquidità della società Ilva aifini degli interventi di risanamento dellemacchine; dal calcolo mancano del tutto icosti inerenti il danno ambientale patito dalterritorio tarantino e, dunque, quelli ineren-te le conseguenti, necessarie, bonifiche. A tacere del danno alla salute degli uomini,delle donne e dei bambini che vivono suquel territorio sventurato.Il governo, con l’ennesima, inusitata, dimo-strazione di formidabile reattività, almenoper i suoi tempi di reazione “fisiologici”, sifionda ad emanare un altro decreto legge,rubricato gustosamente “Nuove disposizio-ni urgenti a tutela dell’ambiente, della salu-te (sic!) e del lavoro nell’esercizio di impre-se di interesse strategico nazionale” (scrive-re direttamente nel titolo della legge “Nuovedisposizioni urgenti a tutela dell’Ilva” pare-va brutto. Ancora per un po’, almeno).Anche se i precedenti scatti “ad Ilvam”(quelli che hanno conferito ai padroni dellostabilimento di Taranto una vera e proprialicenza di uccidere con la revoca a mezzo dilegge del sequestro disposto dalla magistra-tura agli impianti fonte di inquinamento edi morte e con l’autorizzazione a proseguirela produzione anche prima delle opere dirisanamento) sono stati realizzati da un ese-cutivo formalmente diverso, data in questamateria la perfetta continuità di parole,opere e omissioni di Palazzo Chigi non pareincongruo l’uso di un più comodo e veritie-ro singolare: “il governo”. A costo di dare ragione postuma a quell’an-tico e distinto signore con la barba biancache si divertiva ad evocare spettri in giro perl’Europa e che parlava del governo come“comitato d’affari della borghesia”.Come che sia, nel citato testo legislativo,che secondo la consueta vulgata sarebbemirato esclusivamente al commissaria-mento dell’Ilva, all’art. 1, comma 11, silegge che “Il giudice competente provvedeallo svincolo delle somme per le quali insede penale sia stato disposto il sequestro,

anche ai sensi del decreto legislativo n. 231del 2001, in danno dei soggetti nei cui con-fronti l’autorità amministrativa abbia dispo-sto l‘esecuzione degli obblighi di attuazionedelle prescrizioni dell’a.i.a. e di messa insicurezza, risanamento e bonifica ambien-tale, nonché degli enti o dei soggetti control-lati o controllanti, in relazione a reaticomunque connessi allo svolgimento del-l’attività di impresa. Le predette sommesono messe a disposizione del commissarioe vincolate alle finalità indicate al periodoprecedente.”Il commissario nominato alla bisogna è ildott. Enrico Bondi, già amministratore dele-gato della stessa Ilva, assunto da R.E. e R.F.,dei quali la Cassazione, come visto, ha sug-gellato “la pervicacia e la spregiudicatezza”criminale, e dimessosi appena un paio disettimane fa. Just in time.Il senso dell’operazione è solare: gli 8,1miliardi di euro vengono dalle mani in togae graziosamente messi in quelle, assai piùaffidabili, di un ex dipendente di R.E. e R.F.Non ho mai pensato che la magistraturafosse, in sé, un baluardo di legalità costitu-zionale, per varie ragioni.La prima è che fino a pochi decenni fa essa,nella sua larghissima maggioranza, era parteintegrante del blocco socio – politico domi-nante, e più che alla Costituzione dellaRepubblica era ossequente alla “costituzio-ne materiale” del potere in questo paese,con tutto quello che questo comportava intermini di parzialità e strumentalità politicadell’attività di giurisdizione.In quell’epoca aurea, davvero e in manieraquasi inderogabile i magistrati “facevanopolitica”, solo che facevano la politica giu-sta: quella che serve ai padroni. Dunque, nessuno aveva niente da ridire.La seconda ragione è che la magistratura,come qualsiasi altro corpo sociale, non èinterpretabile “al singolare”, come fosse unmonolite; ciò non è possibile ancora oggi.D’altro canto, è notorio pure che le “élites”di questo paese soffrono storicamente,“costituzionalmente” verrebbe da dire, diuna violentissima allergia al concetto esoprattutto alla pratica del controllo di lega-lità. Senza scomodare un altro padre nobi-lissimo del pensiero politico che denuncia-

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va il “sovversivismo delle classi dirigenti”,basta qui ricordare quanto scrive un magi-strato come Roberto Scarpinato, lucidissimoanalista (anche in forza di un osservatoriodel tutto privilegiato a sua disposizione,come, soli, possono essere gli uffici giudi-ziari di Palermo e Caltanissetta) delle dina-miche del potere in questo paese, anche inchiave comparativa con gli altri paesi euro-pei, sulla “storia nazionale, quella con la Smaiuscola, inestricabilmente intrecciatacon quella della criminalità di settori signi-ficativi della sua classe dirigente, tanto chein taluni tornanti essenziali non è dato com-prendere l’evoluzione dell’una senza com-prendere i nessi con la seconda.”Ciononostante, non si può non rilevare cheoggi è sotto gli occhi di tutti un salto di qua-lità: l’idiosincrasia di lorsignori e dei loroservi in livrea governativa e parlamentareall’idea stessa di norma generale ed astrattae di applicazione della medesima in base alprincipio di uguaglianza, dunque di limitealla loro cannibalesca voracità, si fa, da unlato, pratica fondativa di governo e di appo-sita legislazione, con la copertura di tutti ipresunti “organi di garanzia”; e questo inaperto sabotaggio dell’operato di quei setto-ri di un altro potere dello Stato, la su citatamagistratura (settori, per fortuna, assai piùampi di qualche decennio fa, e comunqueenormemente più larghi dei corrispondentiin ambito politico – parlamentare), che,invece, provano in maniera disperata a far sìche la legge sia un po’ meno disuguale tra icittadini e che almeno la salute e la vitaumane valgano un po’ più dei profitti d’im-presa.D’altro lato, quell’avversione delle classidominanti alla signoria della legge ed alcontrollo di chi è preposto ad applicarlagode in permanenza del fondamentale sup-porto costituito dalla sistematica menzognadei mezzi d’intossicazione di massa e dallamistificazione “intellettuale” dei chierici diregime, variamente collocati (con una men-zione particolare, in questo caso, per quelli“che sanno di legge”), la cui prioritaria fun-zione storica, evidentemente, è quella di tra-dire. Ma quello che, in una vicenda come quella

dell’Ilva e di Taranto, costituisce davvero ilvalore etico aggiunto di queste nobili dina-miche del “paese legale” è dato dal fatto chequeste ultime si giocano, in modo diretto eimmediato, sulla salute e sulla vita di qual-che decina di migliaia di uomini, di donnee, soprattutto, di bambini.Per tutelare i quali, com’è tragicamente evi-dente, non bastano certo le esigue forzedelle poche unità delle minoranze etiche(stavolta in senso reale) esistenti anche inquella città.Ancora una volta la lezione della storia èquella per la quale le speranze di salvezzadegli ultimi, degli oppressi, delle vittimepredestinate passa prioritariamente per leloro mani, per la loro intelligenza, per la loroassunzione di responsabilità personale, perla loro resistenza.Specie quando, come in questo caso, quellastoria è una storia disonesta.

*******“A volte, quando taluno, mi chiede che vitaio faccia, sono solito rispondere che fre-quento assassini e complici di assassini.[….] All’inizio ero convinto di dovermi con-frontare con una sorta d’impero del male,con un mondo alieno da attraversare giustoil tempo necessario per poi ritornare nelmondo degli onesti, delle persone normali.Poi lentamente la linea di confine ha presoa divenire sfumata, fino quasi a dissolversi.Inseguendo le loro tracce, sempre più spes-so mi accadeva di rendermi conto che ilmondo degli assassini comunica attraversomille porte girevoli con insospettabili salottie con talune stanze ovattate del potere. Hodovuto prendere atto che non sempre ave-vano volti truci e stimmate popolari. Anzi ipeggiori tra loro avevano frequentato lenostre stesse scuole, potevi incontrarli neimigliori ambienti e talora potevi vederli inchiesa battersi il petto accanto a quelli cheavevano già condannato a morte.” (R.Scarpinato, Procuratore generale diPalermo).

*******“Due casi di tumore in più all’anno... unaminchiata.” (R.F., dall’intercettazione diuna telefonata con uno dei suoi avvocati).

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Pesticidi? No grazie

di Patrizia GENTILINI*

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INTRODUZIONEIl termine “pesticida” è genericamenteusato per indicare tutte le sostanze che inter-feriscono, ostacolano o distruggono organi-smi viventi (microrganismi, animali, vegeta-li). In questo articolo ci riferiamo ai pestici-di usati in agricoltura (indicati come “fito-farmaci”), ovvero a tutte quelle sostanze checaratterizzano l’agricoltura su base indu-striale (diserbanti, insetticidi, fungicidi,agenti chimici usati per difendere le coltureda insetti, acari, batteri, virus, funghi e percontrollare lo sviluppo di piante infestanti).I fitofarmaci sono per la massima partesostanze tossiche, persistenti, bioaccumula-bili che hanno un impatto sulle proprietàfisiche e chimiche dei suoli e sono spessoestremamente nocive non solo per la salutedell’uomo, ma per l’intero ecosistema e perqualunque organismo vivente. Scopo di questo articolo è passare in rasse-gna i principali rischi per la salute dovutiall’ esposizione, specie in età precoce, a que-ste molecole.

1. - USO DEI PESTICIDI E LORO ORI-GINEPurtroppo l’uso di queste molecole si vasempre più estendendo e di fatto la chimicanell’agricoltura industriale sostituisce ormaiil lavoro dell’uomo. Basti pensare al fattoche si va perdendo l’abitudine di tagliarel’erba e l’uso del diserbo chimico sta dila-gando: le strisce giallo/rossastre che segna-no non solo campi e vigneti, ma anche cigli,binari ed i margini di ormai quasi tutte lestrade ed autostrade italiane sono la tragicatraccia di come un pericoloso disseccante -il glifosato - sia stato sparso per ogni dove,anche in prossimità di corsi di acqua. Il capostipite di tali sostanze è un erbicida

tristemente famoso usato massicciamentedurante la guerra del Vietnam per irrorare leboscaglie e conosciuto come “agente oran-ge” dal colore delle strisce presenti sui fustiusati per il suo trasporto e prodotto dallemultinazionali USA, la Monsanto, e la DowChemicals. La prima ampiamente discussae con grandi interessi tutt’oggi nel campodei pesticidi e degli organismi geneticamen-te modificati - OGM (1). L’Agente Orange erauna miscela all’incirca 1:1 degli erbicidi 2,4D (acido-2,4-diclorofenossiacetico) e 2,4,5-T(acido-2,4,5-triclorofenossiacetico) forte-mente contaminati da diossine e, segnata-mente, dalla TCDD, la cosiddetta diossinadi Seveso, ed i suoi effetti sono purtroppoancora presenti sulle popolazioni, sui redu-ci di guerra e sui loro discendenti a distanzadi oltre 40 anni dal suo spargimento (2). Queste molecole sono estremamente tossi-che non solo per la salute umana ma ancheper tanti organismi viventi a causa delle loroparticolari caratteristiche biochimiche:- Persistenza nel suolo e nelle acque condanni diretti e permanenti agli ecosistemiacquatici (pesci, anfibi ecc.);- Bioaccumulo in tessuti animali (es.Dreissena Polymorpha);- Insorgenza di resistenze e necessità quindidi prodotti sempre più potenti;- Tossicità a largo spettro in grado di distrug-gere indistintamente molte specie di insettianche utili (bombi, farfalle, api) come avvie-ne ad esempio nel caso della moria di api daneonicotinoidi (usati per la concia dellesementi del mais o per la flavescenza dellavite).La distruzione degli alveari e la conseguen-te scomparsa delle api è un problema di gra-vità inaudita sia per l’importanza che questiinsetti rivestono per l’impollinatura, sia per

*Medico oncologoed ematologo, ade-rente alle associa-zioni ISDE eMedicinaDemocratica dellaRegione Toscana.([email protected])

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le ricadute economiche legate ai loro pro-dotti (miele, polline, ecc.). A tutt’oggi esso èdi drammatica attualità. Basti pensare allaprotesta estrema da parte di apicultori pie-montesi che non hanno esitato a fare perquesto anche uno sciopero della fame (3).Di fatto residui di pesticidi si ritrovano incirca la metà della frutta e verdura che ognigiorno arriva nei nostri piatti (4) e, cosa forseancora più grave, essi contaminano diffusa-mente le matrici ambientali, comprese leacque, arrivando fino alle falde comedimostra la Tabella 1 (5). Una recente inda-gine dell’ISPRA (Istituto Superiore per laProtezione e la Ricerca Ambientale) ha iden-tificato nelle acque esaminate ben 131 diqueste sostanze, compresi inquinanti vietatida molto tempo come il diserbante a base diatrazina. Ha dimostrato che il 36,6% deicampioni di acqua analizzati nel nostropaese è contaminato da pesticidi in quantitàsuperiori ai limiti di legge (6).D’altra parte, al di là delle buone intenzionidel legislatore per una riduzione dellesostanze chimiche in agricoltura, il loro uti-lizzo è sempre più massiccio: nel nostro

paese sono circa 300 quelle di uso abitualee da dati ISTAT risulta che nel 2007 sonostate distribuite sul suolo italiano 153,4migliaia di tonnellate di tali prodotti, conun quantitativo medio distribuito pari a 5,64chilogrammi per ettaro (7).

2. - EFFETTI SULLA SALUTEGli effetti esercitati sugli organismi superio-ri (quindi anche sull’uomo) da parte di que-ste molecole sono molto complessi e diffici-li da valutare. Si registrano effetti anche adosi infinitesimali (per l’atrazina sonodescritti effetti a dosi 30.000 volte inferiori ailimiti di legge) e vengono in genere valutatiper ogni singolo principio attivo, anche se inrealtà siamo esposti a veri e propri cocktaildi molecole tossiche.Quasi tutte queste sostanze rientrano fra gli“endocrin disruptors”, (EDC) ovvero “inter-ferenti” o “disturbatori endocrini” (8).l’Istituto Superiore di Sanità (8) definisce gliinterferenti endocrini “sostanza esogena, ouna miscela, che altera la funzionalità delsistema endocrino, causando effetti avversisulla salute di un organismo, oppure della

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TABELLA 1. - PESTICIDI DI PIU’ FREQUENTE RISCONTRO NELLE ACQUE ITA-LIANE (Fonte: Rapporto ISPRA 2009)

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sua progenie o di una (sotto)popolazione”.Queste sostanze quindi possono non soloesplicare effetti negativi sull’individuoesposto, ma, agire sulle stesse cellule germi-nali, determinando alterazioni che si tra-smettono alle generazioni successive attra-verso modificazioni di tipo epigenetico (10).Tutto ciò apre scenari ancor più preoccu-panti in quanto siamo di fronte alla possibi-lità di una amplificazione del danno e allasua trasmissibilità attraverso le generazionie dà ragione della crescente attenzione epreoccupazione circa gli effetti di questemolecole specie sulle frange più sensibilidella popolazione: feti, neonati, bambini,donne.Tali effetti si manifestano spesso tardiva-mente (anche dopo decenni) e variano nonsolo in base alla durata, al tipo di sostanza ealla loro quantità, ma anche a seconda delmomento in cui avviene l’esposizione.Gravidanza, allattamento, vita fetale, infan-zia e pubertà sono momenti cruciali, “fine-stre espositive”, in cui il contatto con taliagenti può comportare effetti particolarmen-te gravi. E’ stato recentemente dimostratoche l’esposizione a DDT (un agente in usocome insetticida negli anni ‘50 che - anchese bandito da anni - ancor oggi è presentenelle matrici ambientali) è correlato ad unaumentato rischio di cancro mammario sel’esposizione è avvenuta in età pre-pubere(11).

Endocrine Disruptors (EDC): eterogeneogruppo di sostanze caratterizzate dallacapacità di interferire attraverso svariatimeccanismi (recettore-mediati, metabolici,ecc.) con il funzionamento del sistema endo-crino, soprattutto con l’omeostasi degli ste-roidi sessuali e della tiroide (v. in Tabella 2. iprincipali gruppi di pesticidi con azione di“endocrine distruptors”)

In sintesi i principali danni per la saluteumana per esposizione a tali sostanze sonostati identificati in:• diminuzione fertilità maschile; • abortività spontanea, endometriosi, gra-vidanza extrauterina, parto pre-termine; • disturbi autoimmuni; • aumentato rischio di criptorchidismo eipospadia;

• diabete/alcune forme di obesità; • elevato rischio di tumori; • deficit cognitivi e disturbi comportamen-tali; • patologie neurodegenerative;• disfunzioni ormonali (specie alla tiroide);• sviluppo puberale precoce.

Tabella 2. - Principali gruppi di pesticidicon azione di “endocrine distruptors”

Oltre che a svolgere il ruolo negativo di“endocrine disruptors” è ormai assodatoche molti di questi agenti hanno anche unaazione mutagena e cancerogena e numero-sissimi sono i tipi di cancro messi in rela-zione col loro uso per esposizioni professio-nali, ma non solo. Verranno pertanto prima passati in rassegnai rischi non tumorali e poi quelli correlatiallo sviluppo del cancro.

3. - PESTICIDI E RISCHI NON TUMO-RALILa letteratura al riguardo è estremamentenutrita ed è pertanto impossibile poterlariferire in modo esaustivo. Una recente revi-sione identifica i seguenti rischi per la salu-te umana da esposizione a pesticidi (12):1. danni al sistema immunitario;2. danni riproduttivi, in particolare riduzio-ne della fertilità maschile;3. danni al sistema endocrino (in particola-re alla tiroide);4. danni neurologici/cognitivi;5. danni di vario genere alla salute infantileper esposizione in utero (otite, asma, tressrespiratorio, diminuzione della crescita feta-le e durata della gestazione, alcuni tipi dimalformazioni).

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Insetticidi clorurati (Lindano, Dieldrin)

Fungicidi (Vinclozolin, Linorun)

Tiazoli (Ciproconazolo)

Imidazoli (Imizaloil)

Triazine (Atrazina, Simazina)

Etilene bisditiocarbammatil (Mancozeb)

Coformulanti (Alchifenoli)

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Particolarmente interessante appare l’au-mentato rischio di patologie neurodegene-rative dell’adulto, quali il Parkinson, inseguito al consumo di acqua contaminatada pesticidi, compreso il clorpirifos (13), edi danni alla tiroide per esposizione aMancozeb. L’esposizione a questo ultimoagente - unico fra le molecole indagate -risulta essere correlata sia ad iper che adipotiroidismo, a testimonianza della com-plessità dell’azione di questi agenti, e tipi-ca comunque degli interferenti endocrini ingrado di “spegnere” o viceversa esaltare lefunzioni ormonali [cfr. Tabella 3. (14)].I rischi legati all’esposizione a queste sostan-ze sono particolarmente importanti per l’in-fanzia e semplicemente digitando in data 18gennaio 2012 i termini “pesticides children”sul motore di ricerca scientifico Pubmedsono comparsi ben 4841 articoli al riguardo! I pesticidi in particolare sono ritenutiresponsabili della PANDEMIA SILENZIO-SA, ovvero di gravi danni neuropsichici ecomportamentali che sempre più si verifi-cano nell’infanzia e che vanno dal deficitdi attenzione, alla iperattività e all’auti-smo, fino alla riduzione del QuozienteIntellettivo. Si pensi che già nel 2006 su Lancet (15) eracomparso un allarmante articolo con unelenco di 202 sostanze note per essere tossi-che per il cervello umano, ben 83 delle qualierano PESTICIDI!Il loro elenco viene riportato nella Tabella 4.Un recente studio ha dimostrato come i

bambini, con livelli più alti di tracce dimetaboliti di insetticidi quali i deriva-ti degli organofosfati siano quasi duevolte più a rischio di sviluppare ADHD(“Attention Deficit and HyperactivityDisorder”, la sindrome dei bambini distrat-ti e troppo agitati, ndr.) rispetto a quelli conlivelli di “normale” contaminazione (16).Altri tre recenti tre studi americani, condot-ti indipendentemente presso l’Università diBerkeley (17), il Mt. Sinai Medical Center(18) e la Columbia University (19), dimo-strano che le donne esposte durante la gra-vidanza ai pesticidi usati in agricoltura met-teranno al mondo figli “meno intelligentidella media”. In particolare l’esposizione ingravidanza a pesticidi a base di organofosfa-ti (composti chimici molto utilizzati in agri-coltura) può portare i propri figli ad avere unquoziente intellettivo (QI) molto ridotto giàall’età di 7 anni. Più precisamente, un’espo-sizione prenatale dieci volte superiore allanorma corrisponde ad un calo di 5,5 puntinei test sul QI. Le ricerche a Berkley, iniziate nel 1999 nellacomunità californiana di Salinas, un centroagricolo della Monterey County, hannobasato le loro analisi sulla misurazione deimetaboliti. Gli studi del Sinai MedicalCenter e della Columbia University, invece,hanno esaminato le popolazioni urbane diNew York City. Come nel caso dei ricercato-ri di Berkeley, gli scienziati di Mount Sinaihanno campionato i metaboliti, mentre iricercatori della Columbia hanno esaminato

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Tabella 3. – Pesticidi che causano danni alla tiroide (Fonte: W.S. Goldner et al. Pesticidesuse and thyroid disease among women in the Agricultural Health Study 2010:American Journal Epidemiology 171 : 455-464)

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i livelli di clorpirifos (un particolare antipa-rassitario) nel sangue del cordone ombelica-le.Per Brenda Eskenazi, uno degli autori dellavoro, professore di epidemiologia e disalute materna e infantile, ciò significa chein futuro più bambini dovranno “essere

spostati nella parte bassa dello spettro diapprendimento e più bambini necessiteran-no di servizi speciali a scuola”.

4. - PESTICIDI E TUMORI DEL SANGUE I principali rischi segnalati per esposizione(soprattutto professionale) a pesticidi riguar-

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Tabella 4. – Elenco delle sostanze tossiche per il cervello umano (Fonte: Lancet 2006)

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dano i tumori del sangue. Da studi moltoampi condotti su agricoltori statunitensi èemerso in particolare un aumentato rischioin particolare di: 1. leucemie: per esposizione ad agenti orga-nocloruralti quali Aldrin, Chlordane, DDT,Heptachlor, Lindane (per questi due ultimiincremento del 100%) e per esposizione aMancozeb e Toxaphene incremento rispet-tivamente del 120% e 135%; 2. linfomi Non Hodgkin: incremento del160% per esposizione a Lindane, del 25%per esposizione a Cynazina, del 280% peresposizione a 2,4-D (acido 2,4-diclorofenos-siacetico);3. mieloma multiplo: incremento del 34%fra esposti a svariate molecole e del 160%per esposti al glifosato.In una amplissima revisione del 2010 (20)risulta che su 11 studi che hanno preso inesame il rischio di leucemie, tutti i tumoridel sangue e linfomi Non Hodgkin, tutti ivalori di rischio sono superiori nel gruppodelle persone esposte a pesticidi rispetto aquelle appartenenti al gruppo di controllo.In particolare: • Leucemia: rischi statisticamente signifi-cativi in 5 studi su 9; • Tutti i tumori linfoemopoietici: rischi sta-tisticamente significativi in 4 studi su 8; • Linfomi Non Hodgkin: rischi statistica-mente significativi 1 studio su 2;

• Mieloma multiplo: rischi statisticamentesignificativi in 2 studi su 2. Per quest’ultimapatologia il rischio è in entrambi gli studioltre 5 volte superiore rispetto all’atteso! (V.Tabella 5).Un recente studio, condotto su una coorte diagricoltori in Francia (21), ha permesso dimettere in luce i meccanismi molecolari allabase dell’aumentato rischio di linfomi. Inquesto studio è stata studiata una coorte diagricoltori francesi esposti a pesticidi eseguito per 9 anni. Si è dimostrata in questilavoratori una drammatica espansione dicloni di linfociti con traslocazione (14;18), primo passaggio per la successiva evo-luzione linfomatosa. Questo studio è di fon-damentale importanza perché per la primavolta è stata fatta luce sui meccanismi mole-colari che mettono in relazione l’esposizio-ne ai pesticidi con le malattie del sangue.Ciò consente anche di fare interessanti con-siderazioni con quanto successo a Seveso,in quanto, come si vedrà, i meccanismimolecolari sono identici nella coorte fran-cese esposta a pesticidi e negli abitanti diSeveso esposti a diossine, la 2,3,7,8-tetraclo-rodibenzo-para-diossina (TCDD).Ricordiamo che a Seveso avvenne un disa-stro industriale (un ecocidio) in una fabbri-ca chimica della Hoffmann La Roche cheproduceva Triclorofenolo, un precursoredell’“agente orange”, il defoliante usato

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Tabella 5. – Rischio di contrarre leucemie, tutti i tumori del sangue e linfomi Non Hodgkinnelle persone esposte a pesticidi (Fonte: S. Weichenthal et al. A review of pesticide expo-sure and cancer incidence in the agricultural health study cohort Environm. HealthPerspect. 2010 vol. 118, 1117- 1125)

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dagli USA nella guerra in Vietnam. Con l’e-splosione del reattore di sintesi si liberònell’ambiente una grande quantità didiossina [2,3,7,8- Tetracloro-para-dibenzo-diossina – (TCDD), o “diossina di Seveso”];nella popolazione esposta a tale disastro sisono evidenziati importanti rischi proprioper i tumori del sangue. Dai dati pubblicatia 25 anni dall’ecocidio (22), il RischioRelativo (RR) di morte per emolinfopatieè nell’area più inquinata (zona A), pari a5.38, quindi un aumento del rischio del438%, risultato statisticamente significativo. Altre patologie per le quali si evidenzia unrischio statisticamente significativo, sonorisultate i Linfomi Non Hodgkin (+235%), ilmieloma multiplo (+334%), le leucemieacute (+73%). E’ interessante notare (23) che nelle personemaggiormente esposte (zona A) di Seveso,ove era più alta la presenza di TCDD nelsangue, aumentava proporzionalmente neilinfociti circolanti la presenza della trasloca-zione (14; 18), tanto che nel gruppo conmaggior concentrazione di TCDD nel san-gue la frequenza di linfociti “traslocati” eraquasi 10 volte più alta rispetto alla popola-zione meno esposta.La traslocazione (14; 18) rappresenta unevento cruciale nella linfomagenesi e la siritrova in oltre il 70% dei linfomi NonHodgkin centrofollicolari e con minor fre-quenza anche in altri istotipi e rappresentasicuramente un primo gradino nel processodi trasformazione tumorale. Dal momento

che molti pesticidi sono “contaminati” dadiossine non stupisce quindi che le altera-zioni indotte sui linfociti da questi agentisiano del tutto sovrapponibili a quelle che

si riscontrarono in seguito all’immane disa-stro industriale di Seveso.

5. - PESTICIDI E CANCRO ALLA PRO-STATA Sempre nel medesimo studio (20) vienesegnalato un aumentato rischio di morte percancro alla prostata. Per esposizione aFonofos (indagato a crescenti livelli di espo-sizione) e Methylbromide, si è dimostratoun rischio statisticamente significativo dicancro alla prostata, superiore di oltre 3volte rispetto al valore atteso della popola-zione non esposta ai predetti pesticidi (cfr.Tabella 6.).Recentemente la correlazione fra esposizio-ne a pesticidi e tumore prostatico è stataconfermata anche da una indagine condottain California (24) da cui risulta che l’esposi-zione a pesticidi con effetto biologico pro-stata-specifico come il metilbromuro e gliorganoclorurati aumenta in modo statistica-mente significativo (di oltre il 60%) ilrischio per tale patologia.

6. – PESTICIDI E MELANOMA Il melanoma - tumore in aumento anche frai giovani - non è solo correlato all’esposizio-ne ai raggi solari, ma anche all’esposizione apesticidi, in particolare al Carbaryl e alToxaphene [cfr. Tabella 7 (20)].

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Tabella 6. - Rischio di morte per cancro alla prostata per esposizioni crescenti a Fonofose Methylbromide (Fonte: S. Weichenthal et al. A review of pesticide exposure and cancerincidence in the agricultural health study cohort Environm. Health Perspect. 2010 vol.118, 1117- 1125)

Tabella 7. – Rischio di contrarre il melanoma nelle persone esposte ai pesticidi Carbaryle Toxaphene (Fonte: S. Weichenthal et al. A review of pesticide exposure and cancer inci-dence in the agricultural health study cohort Environm. Health Perspect. 2010 vol 1181117- 1125)

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7. - PESTICIDI E ALTRI TIPI DI CANCRO Oltre alla correlazione con gli specifici tumo-ri sopra riportati, la letteratura segnala consi-stenti associazioni fra numerosi altri tipi dicancro ed esposizione a questi agenti.In proposito, si riportano nella Tabella 8. i

rischi di diversi tipi di cancro negli agricol-tori U.S.A. (20) determinati dalle esposizio-ni alle diverse molecole di pesticidi utiliz-zati; rischi che, in molti casi, sono stati cal-colati anche secondo il livello di esposizio-ne a tali agenti tossici.

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Tabella 8. – Rischio per gli agricoltori USA di contrarre diversi tipi di cancro a seguitodelle esposizioni ai pesticidi utilizzati (Fonte: S. Weichenthal et al. A review of pesticideexposure and cancer incidence in the agricultural health study cohort Environm. HealthPerspect. 2010 vol 118 1117- 1125)

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Come si può vedere, nessun organo risultaesente da rischio.Infatti su ben 66 rischi indagati per: tutti itumori nel loro complesso, cancro al pol-mone, al pancreas, al colon, al retto, leuce-mie, tutti i tipi di linfoma, linfomi NonHodgkin (LNH), mieloma multiplo, tumorialla vescica, alla prostata, al cervello emelanomi, tutti hanno dimostrato unaassociazione positiva e di questi 48 sonostatisticamente significativi.

8. - PESTICIDI E TUMORI NELL’INFAN-ZIA I bambini non sono evidentemente espostiper professione a pesticidi, ma possonoesserlo per il solo fatto di vivere in areeesposte o di consumare acqua e/o cibi con-taminati.La Tabella 9 sotto riportata è tratta da unlavoro (25) condotto sui ragazzi da 0 a 19anni figli della grande coorte di agricoltoridegli U.S.A.Si segnala che il rischio di tumori nel lorocomplesso è più elevato dell’atteso in modostatisticamente significativo (50 casi versus37) e che su 12 forme indagate in 11 si regi-stra un rischio superiore all’atteso statistica-mente significativo per i linfomi nel lorocomplesso e per i linfomi di Hodgkin.

Interessante anche la segnalazione che ilrischio era maggiore e statisticamente signi-ficativo – OR= 1,98 (1,05-1,79) - tra i bambi-ni i cui padri non avevano mai usato misu-re di protezione (guanti).

Ricordiamo che dagli ultimi datidell’AIRTUM in Italia i linfomi crescononella fascia di età da 0 a 14 anni del 4.6%annuo, rispetto ad un incremento medioannuo europea dello 0,9%. (26)

Alla luce del fatto che nel nostro paese ilconsumo per ettaro di pesticidi è il più altod’Europa e che consumiamo ben il 33% ditutti gli insetticidi usati in Europa, il tristeprimato che l’Italia detiene per incidenzadi cancro nell’infanzia, specie per i linfomi,deve farci riflettere e prestare grande atten-zione, anche perchè queste molecole – spe-cie in fasi cruciali dello sviluppo, quali lavita intrauterina o l’infanzia, agiscono adosi infinitesimali e sono ormai stabilmen-te presenti nel nostro ambiente, in partico-lare nelle acque.

Vogliamo richiamare a questo proposito ilgià citato rapporto ISPRA 2010 sulla pre-senza di pesticidi nelle acque, che dimostrache le oltre 150.000 tonnellate di pesticidi

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Tabella 9. – Rischio più elevato di contrarre tutti i tumori evidenziato nello studio con-dotto sui ragazzi da 0 a 19 anni figli (della grande coorte indagata) di agricoltori degliU.S.A (Fonte: Flower KB, Cancer risk and parental pesticide application in childrenof Agricultural Health Study participants. Environ Health Perspect. 2004 Apr;112 (5):631-5.)

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irrorate ogni anno sul nostro territoriohanno contaminato non solo le acquesuperficiali, ma anche quelle sotterranee:l’allarme della comunità scientifica suirischi che tutto ciò comporta è elevatissimo.

9. - CONCLUSIONIPossiamo con ragionevole certezza afferma-re che la relazione fra pesticidi e saluteumana è stata ampiamente indagata e chesoprattutto per quanto riguarda i dannineuropsichici per l’infanzia ed i rischitumorali (in particolare tumori ematologi-ci), si riscontra un nesso di causalità diffi-cilmente opinabile. Questi rischi sono stati infatti ormai dimo-strati in modo inequivocabile per gli agri-coltori o comunque per i lavoratori esposti ela loro prole.Anche nel nostro paese una recente indagi-ne (27) condotta per determinare la morta-lità degli agricoltori in Italia rispetto ai lavo-ratori dell’industria ed altre attività ha postoin evidenza il fatto che in questa categoria,in relazione a tutte le cause di decesso, sisono “riscontrati livelli di rischio general-mente più elevati per i lavoratori e le lavo-ratrici del settore agricolo rispetto agli altrisettori e segnatamente a quello industriale”.Sempre la medesima indagine segnala chele suddette cause sono da ricercare anchenei “profondi cambiamenti che negli ulti-mi decenni hanno mutato il volto dell’a-gricoltura dei paesi sviluppati, vale a direl’impiego massiccio e sistematico disostanze chimiche di sintesi (fungicidi,diserbanti, insetticidi e concimi) ... inragione dell’esposizione diretta degli ope-ratori agricoli agli agenti inquinanti.” Tuttavia è difficilmente credibile cheanche le esposizioni ambientali e non pro-fessionali possano essere scevre da rischi:queste molecole sono ormai entrate stabil-mente nel nostro habitat, contaminano leacque, i terreni, gli alimenti, si ritrovanonel cordone ombelicale e nello stesso lattematerno, agiscono a dosi infinitesimali,sono presenti ormai in veri cocktail diprincipi attivi ed interferiscono con fun-zioni importanti e delicatissime quali quel-le ormonali, riproduttive, metabolichedelle cui patologie si registra un drammati-co incremento.

L’allarme che tutto ciò comporta, almenonella parte più responsabile del mondoscientifico è crescente. In un recente libro diuna grande epidemiologa americana DevraDavis (28) troviamo scritto: ”Quando sco-priamo che quel che ieri era “il trionfodella chimica moderna” è invece unaminaccia mortale all’ambiente mondiale,è legittimo chiedersi cosa altro non sap-piamo”.Di fronte a queste considerazioni apparesempre più urgente imboccare l’unicastrada che fino ad ora non è stata percor-sa nè nella “guerra contro il cancro”, nèper altre patologie, ovvero la strada dellaPrevenzione Primaria, cioè una drasticariduzione della esposizione a tutti quegliagenti chimici e fisici già ampiamentenoti per la loro tossicità e cancerogenicità. La dimostrazione di quanto sia vincente lastrada della Prevenzione Primaria vieneproprio, nel campo dei pesticidi, da quan-to è stato fatto in Svezia dove, grazie allericerche di un coraggioso medico LennartHardell, negli anni ’70 furono messi albando alcuni pesticidi: ora, a distanza ditrenta anni, in quel paese si sta registrandouna diminuzione nell’incidenza dei linfo-mi (29). Questa è la strada del resto indicata anchenell’indagine italiana (27) in cui troviamoscritto: “è facile comprendere che – adesempio - politiche tese a incentivare lepratiche della agricoltura così detta bio-logica, potrebbero contribuire a contenerein misura considerevole l’esposizione acondizioni critiche come quelle cui quisopra si è fatto cenno”.

Su temi di così grande rilievo i/le cittadini/ehanno il diritto di ricevere informazioniserie, puntuali, chiare: la protezione inmomenti “cruciali” della vita quali la gravi-danza, l’allattamento, l’infanzia deve essereun imperativo per tutti/e.E’ nell’interesse nostro, ma soprattutto dichi verrà dopo di noi passare dalle parole aifatti, adottare precise norme a tutela dellasalute pubblica e pretendere l’applicazionedelle leggi già esistenti, perchè come hadetto Sandra Steinberg: “dal diritto di cono-scere e dal dovere di indagare discende l’ob-bligo di agire” (30).

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COSA FARE:

1. PROTEGGERE LE DONNE IN GRAVIDANZA, IN ALLATTAMENTO E LA PRIMAINFANZIA DALL’ESPOSIZIONE A PESTICIDI/FITOFARMACI E GARANTIRE LOROALIMENTI NON CONTAMINATI.2. PROMUOVERE L’ADOZIONE DEI METODI DELL’AGRICOLTURA BIOLOGICA E/OBIODINAMICA(*) CHE BANDISCONO L’USO DI PESTICIDI DI SINTESI SOSTITUEN-DOLI CON METODI DI LOTTA NATURALI E/O NON PERICOLOSI.3. EVITARE, PER QUANTO POSSIBILE, L’USO DOMESTICO DI FITOFARMACI/INSET-TICIDI PER PIANTE ORNAMENTALI, PARASSITI, INSETTI INDESIDERATI, SOSTI-TUENDOLI CON I PRINCIPI ATTIVI DELL’AGRICOLTURA BIOLOGICA E/O BIODINA-MICA.4. PROMUOVERE IL CONSUMO DI PRODOTTI DA AGRICOLTURA BIOLOGICA E/OBIODINAMICA.5. ACQUISTARE PRODOTTI DI STAGIONE, PREFERIBILMENTE LOCALI E DA PICCO-LI COLTIVATORI CHE DIANO LE MASSIME GARANZIE CIRCA L’ASSENZA DI PESTI-CIDI.6. ESERCITARE AZIONE DI CONTROLLO SULLE MENSE SCOLASTICHE. 7. RICHIEDERE UNA VERIFICA PERIODICA DELLA QUALITA’ DELL’ACQUA E DEICONTAMINANTI IN ESSA CONTENUTI.8. LEGGERE, INFORMARSI, DOCUMENTARSI PER RESPONSABILIZZARSI E TUTE-LARE LA SALUTE.9. EDUCARE I FIGLI AD UNA SANA ALIMENTAZIONE, INNANZITUTTO CON L’E-SEMPIO. 10. NON DELEGARE AD ALTRI LA TUTELA DELLA PROPRIA SALUTE.

(*)L’agricoltura biodinamica è ancora più restrittiva di quella biologica e si basa sull’asso-luto rispetto dei cicli naturali.

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Ilva e Malpensa,quale differenza?

di Beppe BALZARINI*1. PREMESSAMalpensa 2000, inaugurata il 25.10.1998,scavalcò illegalmente il PRGA che stabilivaprecisi limiti di traffico dell'aeroportoampliato.Si scatenarono previsioni e proclami sullacrescita del traffico a 10-15 anni. 15 annisono trascorsi e c'è l'evidenza che quelleprevisioni erano scritte nel libro dei sogni.Contro ogni evidenza si rilancia ora la stes-sa previsione, si pubblica un pretenziosoMasterplan (piano di ampliamento) basatosu crescita del traffico e sulla necessità dicostruire la terza pista e molte altre opere.Diventa chiaro che l'obiettivo N.1 è tagliareil bosco del Gaggio, 350 ha su cui costruire200.000 mq di capannoni, una mera opera-zione immobiliare (o Real Estate come sidice ora), che non ha niente a che vederecon l'avionica. Cementificazione in nomedel business e un nuovo pesante attacco alterritorio, anche con l'alibi dell'occupazio-ne. Ci preme evidenziare che la storia degliultimi 15 anni insegna che Malpensa creadisoccupati.

2. MALPENSA INQUINA?La prima certezza è che “Malpensa inqui-na”, asserzione matematicamente ovviapoiché dagli scarichi dei motori alimentati akerosene esce una vasta gamma di sostanzedannose per la salute fino alla cancerogeni-cità. Già il 4 ottobre 2003, in un convegnoorganizzato a Gallarate da UNI.CO.MAL.Lombardia, le relazioni dell’ARPA diVarese, del Politecnico di Milano edell’Università di Brescia lanciarono l’allar-me inquinamento. Spiegarono che, trascu-rando le emissioni dell’aeroporto e del rela-tivo indotto, l’area attorno a Malpensa eragià fortemente inquinata. Molti inquinanti

erano a livelli preoccupanti per la saluteumana. Considerando Malpensa e l’indotto,le soglie da non superare per la tutela dellasalute umana erano già superate. Dovevaessere uno stimolo per sindaci ed altre isti-tuzioni ma fu inascoltato, nessuno raccolse.Si farà qui solo un elenco nominale disopralluoghi, valutazioni e monitoraggi chehanno in seguito certificato una situazionepericolosa per la salute. Innanzitutto lacausa Quintavalle-SEA. Il proprietario della tenuta “Tre pini”,Quintavalle, chiamò in causa SEA ed ENACdimostrando il danno forestale causato nellasua tenuta perchè sorvolata da una rotta didecollo. Il Tribunale di Milano gli diederagione e condannò SEA ed ENAC a risar-cirlo con 5.000.000 di € in primo grado, poiaumentati a 8.000.000 in appello.Informato di questa sentenza il Ministerodell'Ambiente commissionò al Corpo Fore-stale dello Stato un sopralluogo nell'areainteressata, ottenne conferma della situazio-ne di degrado oggetto della sentenza, diffuseuna nota avente oggetto: “Disastro Ecologiconell'area adiacente a Malpensa in pienoParco del Ticino dovuta al sorvolo degli aero-mobili in decollo dalla stessa”. Si elencano poi la “Valutazione della qua-lità dell'aria nel territorio del parco delTicino”, il monitoraggio effettuato dall'Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore di Brescia(anno 2010); Il “Monitoraggio del Comunedi Casorate Sempione nell'anno 2010 per lamisurazione degli IPA”. Nota la sentenzaQuintavalle l'U.E. aprì una “PROCEDURAD'INFRAZIONE 4096/2012 – Pilot n.1509/10/ENVI – CHAP(2010)02056 perdisastro ecologico nell'area SIC IT2010012(Brughiera del Dosso)”.In presenza di queste evidenze ci sembra a

*Castellanza, 29giugno 2013UNI.CO.MAL.Lombardia. Intervento svolto il29.06.2013 alConvegno <<Lasalute dell’ambienteè la nostra salute>>presso la BibliotecaCivica diCastellanza, pro-mosso da MedicinaDemocratica e dalCentro per la Salute“Giulio A.Maccacaro.

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dir poco sfrontato il rapporto ARPA, 22marzo 2013 che esordisce, a pag. 2, con leconclusioni: “Pur essendo l'aeroporto unasorgente emissiva importante, non risultanell'intorno una differenza sensibile dellostato di QA rispetto ad altre aree del territo-rio provinciale.” Poi a pagina 3 in una tabel-la “Emissioni in prov. di VA” vengono disin-voltamente spalmate le emissioni aeropor-tuali sui ca. 1.199 kmq dell'intera provinciamentre, nella realtà, la maggior parte delleemissioni degli aerei, cioè quelle relative aicicli LTO, insistono soprattutto sui comunidi prima fascia quindi su un territorio di ca.100 kmq. (A pag. 4 due diverse tabelle ciinformano che le emissioni dell'aeroporto diMalpensa e le emissioni della rete autostra-dale della provincia di Varese sono ca equi-valenti superando entrambe le 4.000 t/anno.Strategia fuorviante? Se poi con “rete auto-stradale” si intendono solo le autostrade,cioè ca. 32 km, non se ne capisceproprio il senso.) Anche il metodo sorpren-de: sono state effettuate 4 campagne dimisura di soli 15 giorni ciascuna in diversiperiodi dell'anno. L'eventualità di situazionimeteo diverse dalle condizioni mediepotrebbe portare a rilevamenti falsati, adesempio, per episodi di venti anomali.Quindi, se Quintavalle si fosse rivoltoall'ARPA non avrebbe ottenuto nulla, chissàperchè il Tribunale gli ha poi dato ragioneed indennizzo?Tra i dati già noti, dati ufficiali di ARPA,riporto le emissioni del traffico aereo, in per-centuali sui totali di alcuni inquinanti, rile-vate a Somma Lombardo: SO2: 85%, NOX:74%, COV: 32%, PM10: 30%, CO: 50%.

3. REGIONE LOMBARDIAIl 16 ottobre 2011 scrivevamo al Presidentedella Regione: pensavamo che il Consiglioregionale, approvando la l.r. n. 24 dell'11dicembre 2006 e la Giunta regionale, con lad.g.r. n. 5290 del 02/08/2007, avessero benvalutato l’estrema criticità della situazionelombarda in generale e del nostro territorioin particolare. E chiedevamo: vorremmoquindi conoscere l’opinione Sua e dellaGiunta regionale da Lei presieduta sullacoerenza tra le suddette l.r. 24/2006, la d.g.r.5290/2007 ed il piano industriale di SEAche si prefigge il raddoppio dell’operatività

aeroportuale, quindi il raddoppio del con-tributo inquinante. Nessuna risposta.

4. LA SALUTEDefinivamo dati impressionanti quelli resinoti a Taranto lo scorso ottobre, ma, per noi,non stupefacenti perché riecheggiano quelligià noti sull’area di Malpensa e mai tenutinella giusta considerazione. Dobbiamo forseattendere anche noi che la Magistratura sca-valchi altre Istituzioni... più lente? E’ opportuno ricordare che, malgrado quinon ci siano ciminiere con spaventosi pen-nacchi di fumo, le emissioni dei jet chespingono gli aerei sono quelle di un trafficoaereo più che doppio rispetto al limite di100.000 voli/anno stabilito dal PRGA e, nel-l’anno record, i voli sono stati addirittura267.000. Entro 100.000 voli/anno l'impattodi Malpensa sarebbe stato ovviamente infe-riore in termine di inquinamento.Le concentrazioni di benzo(a)pirene e ditutta la famiglia degli IPA erano già note, perMalpensa, prima che fossero presentatequelle di Taranto con il relativo monitorag-gio epidemiologico.Ma c'è una differenza con Taranto e tra pocola vedremo.Il monitoraggio epidemiologico dell’ASLprovinciale di Varese, reso noto nel 2011, hamesso a confronto i dati di ricoveri ospeda-lieri, mortalità ed altri, relativi ai noveComuni più vicini a Malpensa con i dati deirestanti Comuni della provincia di VA.Nel periodo dal 1997 al 2009 si registra unaumento della mortalità per malattie respi-ratorie del 10,7% nel resto dei Comuni dellaprovincia rispetto all'aumento del 54,1%nei 9 Comuni.I ricoveri ospedalieri per tutte le causehanno subito una diminuzione del –5.3%negli altri Comuni della provincia rispettoad un aumento del 2,8% nei 9 Comuni.I ricoveri ospedalieri per malattie respirato-rie sono aumentati del 6,3% nel resto dellaprovincia rispetto al 23,8% nei 9 Comuni.I tassi di mortalità per malattie respiratorieper 1000 abitanti sono aumentati del 2,7%negli altri Comuni della provincia rispetto al41,1% nei 9 Comuni.I tassi di ospedalizzazione per malattierespiratorie per 1000 abitanti sono diminui-ti del -1,4% nel resto della provincia e sono

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aumentati del 13,4% nei 9 Comuni. A com-mento di questi dati l'ASL provinciale diVarese asserisce che “la sorveglianza epide-miologica non è in grado di stabilire il rap-porto causa-effetto tra la presenza dell’aero-porto e tale fenomeno”. Quale prudenza!!!La differenza con Taranto sta nel fatto che,sul rapporto causa-effetto, a Taranto nonabbiano dubbi.Qui a Malpensa studi, monitoraggi e sen-tenze documentano livelli di concentrazio-ni di inquinanti ampiamente superiori allesoglie da non superare per legge. Inoltre idati rilevati da ARPAINEMAR indicano cheMalpensa è, per tutti gli inquinanti riscon-trati, la maggior fonte emissiva.Quale sarà mai la misteriosa difformitàambientale che determina tali differenzeepidemiologiche tra l'area vicina a Malpen-sa ed il resto della Provincia? E a chi spettail compito di determinare il rapporto causaeffetto se non se ne fa carico l'ASL?Questi dati sono relativi alla popolazioneresidente. Riguardo alla salute dei lavoratoriaeroportuali non risulta alcuna indagine.Essi saranno pure residenti nell'intorno oanche altrove ma le loro giornate lavorative sisvolgono nel cratere del vulcano, tra i jetaccesi, emissioni elettromagnatiche del radarprincipale e dei radar di bordo e livelli ele-vati di rumore. E' probabile che in questapopolazione ci siano situazioni di salutemeritevoli di valutazione.Non sono noti, forse perchè troppo bencustoditi, i dati del registro tumori ma si sa,da fonte ufficiale che, nell'intorno degli

aeroporti, aumentano del 6% i tumori dellamammella, del 18% le leucemie e del 21%i tumori infantili. E cosa mai vorrà significa-re malattie respiratorie?Riusciremo mai a conoscere la reale situa-zione?

4. IL MASTERPLANIn questa grave situazione ambientale esanitaria, si ricorda che incombe ilMasterplan, un piano di raddoppio dellacapacità di traffico aereo dell’aeroporto.Sottoposto alla procedura di VIA anzichéalla VAS (D. lgs. 152/2006 e ss.mm.ii), ilMasterplan è stato più volte integrato daaggiunte da parte di SEA, ottenendo ognivolta moltissime osservazioni negative bendocumentate. Nell'imminenza dell'emissio-ne del parere negativo della Commissioneper le valutazioni ambientali del Ministero,SEA ed ENAC riuscirono, lo scorso aprile,ad ottenere un “congelamento” della proce-dura per 9 mesi per poter presentare ulte-riori integrazioni.Se ci può essere soddisfazione per l'orienta-mento assunto dalla Commissione, restaperò l'amarezza per una procedura irritualee discriminante poiché noi e gli altri ricor-renti, a parti rovesciate, mai avremmo otte-nuto lo stesso trattamento.Tutto questo avviene nel cuore del Parco dellaValle del Ticino, Patrimonio dell’Umanità delProgetto “Man and Biosphere” dell’UNE-SCO.Grazie per l'attenzioneCastellanza, 29 giugno 2013

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Industrializzazione e ambiente: il caso italiano

di Pier Paolo POGGIO* e Marino RUZZENENTI**INDUSTRIA E AMBIENTE. UN’IPOTESIDI PERIODIZZAZIONEIl tema controverso del rapporto tra indu-stria e ambiente in Italia appare in gran parteancora inesplorato: delinearne la configura-zione essenziale, sia nello spazio territorialeche nell’evoluzione temporale è un’impre-sa, allo stato attuale delle conoscenze, moltoardua. Tuttavia ci sembra utile tentare unprimo abbozzo di descrizione e periodizza-zione (1), che gli auspicabili studi futuripotranno ampliare, precisare, ridiscutere e,se del caso, correggere. In questa sede, purtenendone conto, non possiamo meccanica-mente rifarci ai criteri che presiedono allascansione cronologica nell’ambito deglistudi sull’industrializzazione (2), né risolve-re il problema dell’arretratezza palese dellastoriografia italiana sui temi ambientali, secomparata con quella di altri Paesi indu-striali.In merito ci limitiamo ad alcune considera-zioni che meriterebbero ulteriori approfon-dimenti. Come in altri casi, si può far valerela lunga egemonia novecentesca dell’ideali-smo ma ancor più il fatto che esso sia statoscalzato solo dal produttivismo ed econo-micismo; esemplare in tal senso il passaggioanche nella sinistra dalla centralità del par-tito a quella dell’impresa. Non meno impor-tante la mancanza di un’elaborazione teori-ca all’altezza della sfida che la crisi ecologi-ca lancia al compimento della modernità. Inquesto ambito si hanno a disposizione piùche altro ripetitive elucubrazioni sull’etàdella tecnica e il suo intrinseco nichilismo.Infine la frantumazione delle discipline nonsolo mantiene ferrea la separazione tra ledue culture, superata solo regressivamenteda movenze new age, ma disintegra inmicrospecializzazioni la ricerca storica.

La storia dell’ambiente nell’età dell’indu-strializzazione solleva anche impegnativequestioni di metodo. Possiamo qui solo sfio-rarle. Esse concernono sia le fonti che glistrumenti per interrogarle. In realtà tutte lefonti tradizionali possono diventare utilialla ricerca allorché in esse sono registratieventi che riguardano l’impatto ambientaledelle attività industriali (e a loro collegate).In questa ottica si possono indagare i com-portamenti e le scelte degli attori istituzio-nali, delle forze politiche, dei movimenti,etc. Si tratta quindi di rivolgere domandenuove a fonti che vengono normalmenteusate per ricostruire aspetti particolari ogenerali della storia contemporanea, contutti i problemi di tale disciplina, sommersada una quantità sterminata di documenti diogni genere, per altro soggetti a rapida espesso casuale distruzione. Una storia e sto-riografia dotate di archivi immensi e labili,alle prese con la dissoluzione incessante diciò che appare più solido e duraturo, ridot-to ad un cumulo crescente di macerie (W.Benjamin). Ma la storia dell’ambiente tra-sformato dall’industria ha a disposizione, setrova i mezzi per interrogarle, anche dellefonti di nuovo tipo, che hanno molto più ache fare con l’archeologia che con la storio-grafia. Un’archeologia del tempo presentecostituita dalla sedimentazione nei luoghiindustriali ad alto impatto ambientale deiresti degli impianti, dagli scarti dei cicli pro-duttivi, del loro mutare nel tempo, ovverodalla testimonianza fisica ma niente affattostatica di come l’industria ha investito l’am-biente, gli esseri viventi, le persone. Bastiaccennare alle analisi chimico-fisiche, aidati delle bonifiche, a quelli epidemiologici,alla documentazione dei conflitti suscitatidall’impatto ambientale dell’industrializza-

*Direttore dellaFondazione LuigiMicheletti diBrescia.**Storicodell’Ambiente dellaFondazione LuigiMicheletti e dellasezione di MedicinaDemocratica,Brescia.

Questo pregnantesaggio dei dueAutori costituiscel’Introduzione alvolume da lorocurato, "Il casoItaliano - Industria,chimica e ambien-te", pp. 522, editoda Iaa Book S.p.A.Milano e fondazioneLuigi Micheletti,Brescia (con il CD acura di GiorgioNebbia <<Un annodi chimica: elementie racconti>>.

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zione, per far intravedere un continente chela storia dell’ambiente deve cercare di esplo-rare, distillando dal caos elementi di cono-scenza, gettando qualche luce nel buio cheinghiotte un passato che è ancora presente.Per altro, paradossalmente e significativa-mente, il delinearsi corposo della crisi eco-logica per effetto delle esigenze e delle con-seguenze del produttivismo industriale, nelcruciale passaggio dagli anni Sessanta aiSettanta, con la fine dei “trent’anni gloriosi”dello sviluppo postbellico, ha avuto effettiparalizzanti sulla storiografia. Sino a quelmomento le principali scuole storiografiche,specie quella egemone delle “Annales” equella marxista, consideravano il territorio,il paesaggio, il clima, elementi costitutivi einterni di una storia che pretendeva di esse-re addirittura totale. Non c’era bisogno diuna storia a parte dell’ambiente. Invece, pro-prio in coincidenza con il manifestarsi dellacentralità della questione ambientale, il pro-getto di una storiografia capace di tenereassieme società e natura, tecnologia ed eco-logia, entra in crisi per lasciare il posto a sto-rie parziali, specializzate, frammentarie, incui è prevista una nicchia anche per la sto-ria dell’ambiente quasi solo di ambito prein-dustriale. Mentre l’impatto ambientale, territoriale,ecosistemico, delle attività antropiche si fadirompente, la storiografia non riesce a col-locare con decisione la crisi ecologica comeluogo di incontro tra scienze naturali eumane. La spiegazione di questo mancatoincontro e dei percorsi molto più tortuosi efragili che si sono intrapresi, anche in Italia,non è alla portata di questo contributo.Possiamo segnalare come pista di ricerca ilcortocircuito che si è venuto a determinarein tempo reale, per l’accelerazione e genera-lizzazione dell’industrializzazione, tra latemporalità lenta propria della storiaambientale di lunga durata con quella dirapidità crescente dell’innovazione tecnolo-gica. Resta il fatto che la grande storiografianovecentesca, si pensi ad un Hobsbawm, siè sempre tenuta lontana dalle colonned’Ercole della crisi ecologica, in definitivaperché partecipe, sia pure in termini rifles-sivi e con lo sguardo attento alle altre civiltàe culture, dello stesso progetto della moder-nità e del progresso che viene minato alla

base dal dispiegarsi della crisi (3). A maggiorragione risulta spiazzata la storia sociale,ancora impegnata a liberarsi dall’egemoniadell’idealismo.In termini più circostanziati una forte debo-lezza del quadro interpretativo deriva dallamancata messa a fuoco del “secondo mira-colo economico” italiano, dopo la crisi deglianni Settanta e la fine della centralità dellafabbrica fordista sia nella realtà che nell’im-maginario. La narrazione prevalente ha rappresentatouno scenario di deindustrializzazione,dematerializzazione, fine della classe ope-raia, approdo ad una società di consumato-ri individualisti. Una costruzione ideologicaseppure ancorata a dati di fatto che ha resoinvisibile, nel suo compiersi, il processo didiffusione capillare dell’industrializzazionedi territorio, distrettuale o meno, che hamantenuto sino a ieri l’Italia al quinto postotra i Paesi manifatturieri. Un’Italia iper-industrialista sviluppatasi in modo selvag-gio secondo le pulsioni e l’energia degli“spiriti animali” del capitalismo familiare. Èquesto mondo, rappresentato emblematica-mente dal Nord-Est, che compensa la crisidella grande impresa, di Stato o meno, ildeclino di comparti come quello della chi-mica, a forte impatto ambientale. È, in lin-guaggio economico, la parte “sana e produt-tiva” del Paese, con al suo interno una con-traddizione micidiale. Ancor più del primo,il secondo miracolo economico si compie adanno dell’ambiente, divorando e distrug-gendo paesaggi, culture e colture. Esso sidispiega infatti sotto forma di sprawlurbanoe in sintonia con l’irruzione della tecno-scienza nell’agricoltura meccanizzata, intutte le aree a maggiore produttività. L’altrafaccia di tutto ciò sono le lotte, le resistenze,le esperienze alternative che in contestidiversissimi, a partire dagli anni Settanta eseguenti, si manifestano localmente senzatrovare veri momenti di unificazione,soprattutto una prospettiva duratura. Sono altre storie negate e sommerse che fati-cosamente, interrogate dall’attualità, si cercadi far riemergere in opere come questa.Il criterio guida che potremmo assumere èquello della dimensione qualitativa e quan-titativa dell’impatto che l’industrializzazio-ne ha esercitato sull’ambiente (4). Come è

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noto il concetto di impatto ambientale edella conseguente valutazione si afferma, apartire dagli Stati Uniti, quando la societàcomincia a percepire le conseguenze negati-ve di determinate produzioni industriali,un impatto che si proiettava al di là deimuri delle fabbriche, investendo l’ambien-te esterno, tendenzialmente l’ecosfera. Per definirlo, potremmo riferirci a quanto lanormativa europea prevede in sede di valu-tazione di impatto ambientale: gli «effettidiretti ed indiretti» di una determinata indu-stria «sui seguenti fattori: l’uomo, la fauna ela flora; il suolo, l’aria, il clima, il paesaggio;i beni materiali ed il patrimonio culturale;l’interazione tra i fattori» sopra indicati (5).Con questo criterio si possono individuarefondamentalmente, per l’Italia, quattroperiodi.• Primo periodo, tra la fine dell’Ottocento ei primi decenni del Novecento, con unimpatto puntiforme, sporadico.• Secondo periodo, dagli anni Trenta a metàanni Cinquanta, caratterizzato da un impat-to intenso, ma ancora circoscritto.• Terzo periodo, da metà anni Cinquantaagli anni Settanta, con un impatto potente epervasivo.• Quarto periodo, dagli anni Ottanta adoggi, in cui l’impatto appare diffuso, capilla-re, anche se contrastato e “mitigato”.• Il primo periodo è quello dell’avvio delprocesso di industrializzazione, che in Italiasi caratterizza, sul piano energetico, per ilpassaggio graduale dall’uso della forzaidraulica diretta all’impiego dei motori elet-trici alimentati da centrali idroelettriche (6).L’impatto ambientale ridotto è determinatodalla prevalenza dei settori metalmeccani-co, metallurgico e tessile, i cui effetti sul-l’ambiente circostante sono per lo più indi-viduabili nelle emissioni polverulente dellecombustioni (forni fusori, in particolare) cheammorbano l’aria circostante. Le acque,invece, sembrano soffrire soprattutto per gliscarichi delle concerie e delle cartiere.L’industria chimica compie in questi anni iprimi passi (acido solforico, superfosfati,carburo di calcio, soda e soda caustica (7),calciocianammide, esplosivi e primi colo-ranti sintetici (8), lavorazioni del cromo…) elocalmente comincia a far sentire la propriaaggressiva e inquietante presenza. Inizia

anche la lavorazione dell’amianto (9). È in questo quadro che si afferma la primalegislazione sanitaria che considera il rap-porto tra industria e territorio circostante,distinguendo le attività industriali in dueclassi: la prima raggruppa gli impianti daisolare lontano dalle abitazioni, la secondaquelli accettabili anche in un contestourbano (10). I limiti di questa normativasono ben evidenziati nel saggio che qui pub-blichiamo di Nicoletta Nicolini pubblicatanell’opera cit. “Il caso italiano - Industriachimica e ambiente”. In sostanza l’ambiente naturalizzato o sem-

plicemente agricolo viene considerato diper sé a totale disposizione dell’industria,capace di ricevere qualsiasi tipo di emissio-ne inquinante. Ma anche la stessa tuteladelle popolazioni urbane, nei fatti, risultapuramente “teorica”, se proprio nel 1906 aBrescia viene autorizzato, in pieno contestourbano l’avvio di un impianto industriale diclorosoda tra i più inquinanti (11). In sostan-za, in questo primo periodo dell’industria-lizzazione nazionale, se l’impatto ambienta-le è relativo, ciò dipende dal fatto che le pro-duzioni più inquinanti sono abbastanzaridotte, rispetto all’industria manifatturieramaggiormente diffusa (meccanica e tessile).• Il secondo periodo coincide in buona partecon il fascismo e con i primi anni dellaRepubblica, fino a quando l’Italia completala ricostruzione e da Paese prevalentementeagricolo diventa industriale e avvia il “mira-colo economico”. In questi decenni, mentrela fonte principale di energia si conferma l’i-droelettrico (12) in grande espansione, losviluppo della chimica e della siderurgia èl’asse strategico per la programmata indi-

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pendenza economica del Paese, indispensa-bile per reggere il secondo conflitto mondia-le e poi per porre su solide basi lo sviluppopostbellico. Produzioni a forte impattoambientale si insediano in alcuni poli dellachimica [coloranti ed esplosivi; compostiorganoclorurati, aggressivi chimici bellici,pesticidi; prime plastiche e gomme sinteti-che; piombo tetraetile per i carburanti avio(13)...]. La siderurgia da rottame (14) si affianca allasiderurgia da altoforno, mentre nuovi mate-riali “autarchici” come l’alluminio e l’eter-nit registrano una straordinaria fortunacommerciale, con le note conseguenzeambientali e sanitarie (15).L’impatto di questi impianti presenta uncarico di tossicità notevole sia a danno dellematrici ambientali che del sistema vivente equindi dell’uomo. Inoltre spesso le nuovesostanze inquinanti di sintesi hanno lacaratteristica di essere xenobiotiche e quin-di scarsamente biodegradabili, dunque per-sistenti e altamente bioaccumulabili.Insomma si tratta di contaminazioni desti-nate a durare nel tempo e a produrre effettianche dopo diversi decenni.• Il terzo periodo è sicuramente quello piùdevastante, caratterizzato dall’espansioneimpetuosa della petrolchimica e dall’uso difonti energetiche molto inquinanti. L’Italiaentra a pieno titolo nell’era del petrolio,garantito in abbondanza e a basso costodall’Agip poi Eni di Enrico Mattei (16), dallasua intraprendente politica filo-araba, maanche dall’assetto neocoloniale instauratosinei rapporti tra Paesi ricchi ed ex coloniedopo la seconda guerra mondiale (17). Ilpetrolio sostiene l’avvio della motorizzazio-ne di massa e l’opzione per il trasporto sugomma voluto dalla Fiat (18).Contemporaneamente l’uso dell’energia elet-trica diventa sempre più centrale sia persostenere l’esplosione industriale del “boom”sia per gli usi domestici, favorendo il diffon-dersi dei beni di consumo durevoli: il suoincremento viene assicurato ora dalle cen-trali termoelettriche alimentate da combu-stibili fossili, mentre si va percorrendo consforzi giganteschi, ma anche confusi, lanuova strada del nucleare civile, poi finitanel nulla. L’utilizzo sregolato delle risorseambientali e il loro conseguente degrado

accompagnano l’industrializzazione inten-siva nel cosiddetto “triangolo” del NordOvest, mentre la politica meridionalista dei“poli di sviluppo”, rivelatasi inconcludenteanche per la scelta di puntare su impianti adalta intensità di capitale, produce feriteprofonde in aree di grande pregio paesaggi-stico nel Sud e nelle isole. Questo periodo sicaratterizza in particolare per l’impiegodelle materie prime fossili, segnatamente ilpetrolio, non soltanto come combustibili equindi fonti energetiche, ma come materiaprima per la nuova imponente filiera dellachimica del petrolio (19). Paradossalmenteun Paese, pressoché del tutto privo di petro-lio, diventa una delle più importanti piat-taforme di impianti di raffinazione e dellapetrolchimica: così dal 1950 al 1973, sipassa da una capacità di raffinazione dicirca 7 milioni e mezzo di tonnellate di greg-gio a 194 milioni, largamente superiore alfabbisogno nazionale, mentre esplode laproduzione di materie plastiche e di fibresintetiche, con incrementi annui dal 15 al30 o addirittura 50%. Cosicché raffinerie egiganteschi impianti petrolchimici vengonodisseminati, spesso, in zone paesaggistica-mente di grande pregio: laguna veneta (20),Mantova, Ravenna, Ferrara, Rosignano,Brindisi, Manfredonia (21), Gela, Priolo(22), Cagliari, Porto Torres (23). La chimica dell’etilene, con annesse raffine-rie, cresce a ritmi annuali di due cifre, facen-do la fortuna della Montecatini (24), poiMontedison, e dell’Enichem, alimentandooperazioni spericolate, ampiamente forag-giate con denaro pubblico, come quelladella Sir (Società italiana resine) di NinoRovelli (25).Insomma i grandi poli petrolchimici siaggiungono alle precedenti produzioni chi-miche ad alto impatto ambientale, anch’es-se in forte espansione (composti organicidel cloro, fitofarmaci, coloranti, piombotetraetile, …), mentre si sviluppa a dismisu-ra la lavorazione delle fibre di amianto (26).La politica espansiva dei poli siderurgici (27)con il ciclo integrale degli altiforni da mine-rale continua fino alla battuta d’arresto del“quinto centro siderurgico” di Gioia Tauro,progettato, ma mai realizzato per l’esaurirsidel ciclo espansivo. Questa fase si chiude,da un canto, con lo shock petrolifero di metà

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anni Settanta, che mette in crisi la filierapetrolchimica e, dall’altro, con l’evento diSeveso del 1976 (28), che per la prima voltatematizza in maniera drammatica pressol’opinione pubblica il rapporto tra industriae ambiente e rende evidente come l’Italiaavesse consegnato il proprio territorio allibero sfruttamento da parte del capitalismoindustriale, senza alcuna limitazione o rego-lamentazione.• Il quarto periodo, dagli anni Ottanta adoggi, appare di più complessa interpretazio-ne. Da un canto, come già si è accennato, simanifesta la crisi irreversibile di alcuni set-tori dell’industria di base (siderurgia daaltoforno e petrolchimica e successivamen-te, in campo energetico, il nucleare), dall’al-tro il rapporto con il territorio, in vaste areeinvestito da una industrializzazione diffusaper effetto del modo di produrre post-fordi-sta, è reso più contrastato sia dall’emergen-za della cultura ecologica, sia da una nuovalegislazione di tutele, limiti e controlli che,seppur con ritardo, l’integrazione europeainfine obbliga ad adottare.La contestazione ecologica, sull’onda dellereazioni al crimine industriale di Seveso, siconsolida in Italia con la nascita agli inizidegli anni Ottanta di quella che diverrà lapiù importante organizzazione ambientali-sta nazionale, Legambiente (29), e nel 1987con l’ingresso per la prima volta del partitodei Verdi in parlamento, con quasi un milio-ne di voti, ma soprattutto con la vittoria delreferendum contro il nucleare, in seguitoalla catastrofe di Chernobyl (30).La mobilitazione contro il nucleare, risalen-te agli anni Settanta, quando l’energia ato-mica viene presentata all’opinione pubblicacome unica risposta di lungo periodo allacrisi energetica, vede affermarsi una nuovacomposizione intellettuale dell’ambientali-smo, sino ad allora caratterizzato dalla pre-valenza della dimensione artistica, paesag-gistica, urbanistica, ovvero, ma in posizionepiù defilata, delle scienze naturali, nono-stante il loro ruolo cruciale ai fini della dif-fusione di una cultura ecologica. Adesso lacritica, seppure minoritaria, prende piedeall’interno delle scienze dure, dalla chimicaalla fisica. Come all’epoca della lotta controla bomba atomica, ci sono scienziati e tecni-

ci che rompono il fronte militare-industria-le, e contestano l’idea di una tecnica che sisviluppa illimitatamente aggredendo lanatura.Si delinea una transizione, dagli esiti incer-ti, che è stata sostanzialmente subita nonsolo dal mondo imprenditoriale alle presecon l’incidenza delle nuove regole sui bilan-ci aziendali ma dall’intera classe politica,culturalmente impreparata ad affrontare ilfuturo prendendo atto della centralità einaggirabilità della questione ambientale.Resta il fatto che nel corso di un trentennioè andato formandosi un nuovo importante

corpo legislativo che, in buona parte, nel2006 è stato raccolto in una sorta di codiceambientale (31), introducendo indubbia-mente restrizioni e limiti alle attività indu-striali sia nell’uso delle risorse ambientali,sia per le emissioni nelle diverse matrici.Non è qui la sede per un’analisi in profon-dità dei pregi e dei difetti di questa legisla-zione, alcuni dei quali francamente macro-scopici (uno per tutti: i limiti alle emissioniin atmosfera sono commisurati sul metrocubo senza considerare la dimensione del-l’impianto e quindi le emissioni assoluteche ricadono in un determinato territorio).Indubbiamente le strategie delle imprese sifanno necessariamente più sofisticate perrendere socialmente accettabile la loro pre-senza (quelle più inquinanti, ad esempio,adottano spesso il prefisso “eco” o “green”).La criticità di questo periodo si evidenzianel fatto che, se l’impatto delle attività indu-striali viene in parte “mitigato”, questocomunque va ad accumularsi su un territo-rio ormai ampiamente degradato, in cui lacapacità di carico (32) si è da tempo esauri-

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ta. Le dismissioni industriali (33) che inquesto periodo si verificano, tra l’altro,mostrano con grande evidenza le devastan-ti lacerazioni e profonde ferite che lascianoin eredità sul territorio. I guasti prodotti nel-l’arco di un secolo riemergono alla luce delsole e la nuova normativa sui siti inquinati,approvata poco più di un decennio fa (34),vive un’attuazione alquanto stentata: la pro-grammata “bonifica” degli stessi produceuna grande mole di carte (studi, dati, inda-gini…), ma ben poche concrete operazionidi reale risanamento. La distanza da quantoè stato fatto altrove, in primo luogo inGermania, primo Paese manifatturierod’Europa, appare enorme e incolmabile.La mancanza di visione prospettica si mani-festa nella perdurante egemonia, innanzitut-to presso una classe politica delegittimata,delle due posizioni incarnate rispettivamen-te dai fautori della crescita previo rigore eco-nomico, attualmente al governo, a cui sicontrappongono i sostenitori del rilanciodell’economia grazie ai consumi se non allaspesa pubblica. L’obiettivo condiviso è dirimettere in moto la stessa macchina, il chenon dà alcuna prospettiva sensata per ilfuturo. All’ordine del giorno c’è invece datempo, soprattutto in un Paese fragile comel’Italia, una transizione imperniata su unrapporto non distruttivo con l’ambiente, ilche fornirebbe anche grandi possibilità siaal lavoro che alle tecnologie intelligenti, maciò significa rovesciare l’ordine delle prio-rità e porre al centro dell’azione politica lacrisi ecologica quale prodotto storico del-l’industrializzazione.Al fine di cominciare a mettere a fuoco glieffetti del processo di industrializzazionesull’ambiente nel contesto italiano, nei saggie materiali pubblicata nell’opera cit., curatada questi autori, l’accento viene posto sullemanifatture che costituirono effettivamenteil motore dello sviluppo economico e l’epi-centro dell’intero sistema dal punto di vistatecnico e sociale. Ciò non toglie che ai fini diuna rappresentazione adeguata della trasfor-mazione dell’ambiente da parte dell’econo-mia industrializzata si dovrebbero prenderein considerazione altri ambiti senza di cuiné l’industrializzazione né il suo impattoambientale possono essere capiti e studiatiadeguatamente. Si pensi alle trasformazioni

dell’agricoltura, alla creazione delle infra-strutture, all’urbanizzazione, al sistema deiconsumi e del commercio, a tutti gli altricomparti della vita sociale che vengonoinvestiti e forgiati dal dispiegarsi dell’inno-vazione tecnico-industriale.La storia ambientale è tendenzialmente glo-bale ma questa enorme dilatazione rischiadi essere paralizzante. D’altro canto puòessere utile concentrare l’attenzione su alcu-ni nodi ad alto valore euristico e indubbia-mente lo è quello del rapporto tra manifat-ture e territorio. Infatti è proprio in questoambito, sia pure solo in casi specifici, che siè imposto, in modo cogente, il tema deilimiti della crescita, di per sé estraneo al fun-zionamento del capitalismo e però, a nostroavviso, orizzonte insuperabile del nostrotempo. Si tocca così una questione crucialeche definisce con chiarezza due campi inconflitto sulla scena culturale, con ricadutesu tutti gli altri ambiti, dalla politica allaricerca, all’industria. Da un lato vi sonocoloro che si collocano all’interno del con-testo definito dalla crisi ecologica quale pro-dotto storico dell’industrializzazione (35),dall’altro coloro che affidano alla scienza, ealle sue applicazioni, il trascendimento deivincoli ecologici, accettando e perseguendouna completa artificializzazione del mondo.La seconda opzione si colloca in continuitàlineare con il progetto della modernità; nellaprima prevale un approccio critico, del restoben presente nella stessa tradizione occi-dentale. L’esito del conflitto, di cui è inutilerichiamare le valenze politiche e filosofiche,è del tutto aperto. In ogni caso crediamo chesia indispensabile far emergere la portata egli elementi concreti che sostanziano le tesiin campo.

ITALIA COME CASO DI “AUTOCOLO-NIZZAZIONE”Nel saggio che aggiorna l’evoluzione dellasecolare vicenda dell’Acna si fa spesso rife-rimento al concetto di “colonizzazione” delterritorio tradizionalmente agricolo da partedell’industria per intendere lo sfruttamentodi risorse naturali da sempre destinate allecolture (nel caso specifico in particolare l’ac-qua) da parte di un’entità estranea al territo-rio stesso, il grande impianto chimico. Inverità, da una rassegna dei casi fino ad ora

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studiati, ed in parte ripresi nei saggi pubbli-cati nell’opera cit., si ricava che qualcosa dianalogo è avvenuto nell’intero Paese, almenofino agli anni Settanta del secolo scorso (36).Classicamente il neocolonialismo tuttora inauge, dopo l’emergenza ambientale nel Norddel mondo, si esprime in una nuova e mici-diale forma di colonizzazione del Sud delmondo, dove è l’ambiente stesso ad essereridotto in stato di servitù, continuando nellarapina delle risorse e dislocandovi le produ-zioni a più elevato impatto, nonché i rifiutie le scorie tossiche (37). A questo propositoil disastro della cittadina indiana di Bhopal,avvenuto nel 1984 con migliaia di vittime(38), è il caso più emblematico di questanuova forma di colonizzazione delle areepovere del pianeta da parte di multinazio-nali dei Paesi ricchi, interessati a collocarefuori dalla madre patria le produzioni piùinquinanti e pericolose, ormai non piùaccettate dalle proprie popolazioni (39). Daallora una tale tendenza non si è più inter-rotta, dilatando in ogni direzione il concettodi Sud del mondo.Ebbene, in Italia sembra essere avvenutoqualcosa di analogo, ad opera però di ini-ziative industriali prevalentemente autocto-ne, per cui potremmo parlare di una sorta di“autocolonizzazione” e di “autosfruttamen-to” del proprio ambiente di vita. In sostanzai meccanismi sono simili a quelli classica-mente coloniali (sfruttamento selvaggiodelle risorse umane, naturali ed economi-che di un territorio da parte di una potenzastraniera dominatrice), ma messi in operada forze interne, che appartengono allo stes-so Paese che si autosfrutta, in un contestodemocratico e con il consenso delle forzepolitiche rappresentative.Questa sembra la peculiarità del “caso ita-liano”, o almeno è una chiave interpretativache ci sembra legittimo avanzare e che vacollocata in particolare in quel terzo periodosopra individuato, in cui l’Italia compie ilbalzo “miracoloso” da Paese prevalente-mente agricolo, arretrato e povero, a Paeseindustriale, avanzato e relativamente ricco.Quello che avviene sul piano economico sipuò rappresentare in estrema sintesi con iseguenti dati arrotondati per comodità diesposizione: nel decennio ’59-’68 il redditonazionale lordo aumenta del 70%, quello

pro-capite del 60%, la produzione indu-striale cresce del 100% e le esportazioniaumentano del 250% (40). I critici di quel“miracolo economico”, in particolare glistudiosi e i politici che gravitavano attornoal più grande partito di opposizione dell’e-poca, il Pci, ne individuarono alcune debo-lezze strutturali, alcuni risvolti negatividestinati a pesare sul futuro. Il “miracolo”sarebbe avvenuto essenzialmente perché «ilcapitalismo italiano ha potuto utilizzareparticolari condizioni preferenziali: bassisalari, alto tasso di autofinanziamento escarso carico tributario, disponibilità di

manodopera e qualificazione delle nuoveleve giovanili, rovesciamento sulla colletti-vità dei costi sociali, esiguo onere dellespese di ricerca scientifica ed utilizzazionedella ricerca estera» (41). Col senno dei suc-cessivi quarant’anni non si può non sotto-scrivere questa analisi che ci aiuta a capireanche le particolari difficoltà del nostroPaese nella crisi attuale. Ma si impone l’in-tegrazione di un elemento cruciale, chesignificativamente sfugge all’illustre criticocomunista del tempo, così come era assentenella cultura politica dell’epoca (e di quellesuccessive): l’azzeramento di ogni costoambientale a carico delle imprese italiane,rendendole, anche per questa via, competi-tive sui mercati internazionali. Insomma,l’ambiente, le risorse naturali e il territoriovengono concessi in uso gratuito e senzaalcun vincolo all’industria; concessione rite-nuta quasi scontata, anche dagli oppositoripolitici, per non caricare il sistema Italia dicosti aggiuntivi che avrebbero ostacolato ildecollo di quella che in poco tempo sarebbedivenuta la quinta potenza industriale del

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mondo. L’adesione entusiasta del popoloitaliano al cambiamento epocale nei costu-mi e nelle condizioni di vita indotto dal“miracolo economico” ci aiuta a capirecome sia alto il grado di accettazione delcarico inquinante dello sviluppo. Si esce dauna condizione di povertà e anche di arre-tratezza culturale, per essere proiettati inpochi anni nella fantasmagorica civiltà deiconsumi, col miraggio di approdare ad unasocietà ricca di ogni comodità, in cui afflui-scono incessantemente beni artificiali allaportata di tutti che alleviano la pesantezzadel vivere quotidiano, che aprono nuovelibertà, di muoversi, di esprimersi, di diver-tirsi, di consumare o almeno di attrezzarsiper farlo. Un’ubriacatura che determina uncambiamento antropologico violento e rapi-dissimo, che sarà colto in presa diretta dapochi perché non può essere accompagnatoda un’adeguata rielaborazione culturale, danuove consapevolezze capaci di vedere inprofondità le debolezze e le ambiguità diquel processo. Forse non si vuole neppureconsiderarle, quelle evidenze critiche, nes-suna cultura politica è attrezzata per affron-tarle. Il bel documentario zavattiniano per iCento anni dell’Unità, La lunga calza verde,nel 1961, in pieno boom, si conclude signi-ficativamente con l’appello a costruire«un’Italia grande e felice»: la società italianaè divisa politicamente ma concorde nell’in-vestire sullo sviluppo senza preoccuparsiminimamente dei guai che si arrecanoall’ambiente, al volto del Bel Paese (42).L’autocolonizzazione del territorio può,quindi, procedere a ritmi incessanti senzaincontrare ostacoli apprezzabili.

I COSTI AMBIENTALI E SANITARIRIMOSSILa nostra ipotesi è che qui risieda la specifi-cità del caso italiano, con conseguenze chesi proiettano sino all’oggi, su cui è utile sca-vare in profondità, sviluppando e moltipli-cando gli studi di “caso”. Il dato costitutivoè il negazionismo in materia ambientaleprevalente nelle élite intellettuali, economi-che e politiche, a cui fa da supporto l’atteg-giamento “da struzzo” che caratterizza ilnostro Paese, quando un po’ in tutto ilmondo sviluppato e industrializzato,comincia a farsi strada una nuova cultura

ecologica. Riassumiamo di seguito percomodità del lettore alcune pietre miliari diquesto percorso, che tende ad evidenziare,da un canto, gli effetti inquinanti di deter-minate produzioni, dall’altro, i limiti dellerisorse naturali disponibili.Il tema della tossicità di certi prodotti, inparticolare degli insetticidi a base di idro-carburi clorurati (DDT, lindano o gammaesa-no, clordano, aldrina, dieldrina …) esplodecon straordinaria risonanza presso l’opinio-ne pubblica mondiale, nel 1962, con la pub-blicazione negli Stati Uniti di Silent Sprint,di Rachel Carson (43). «Su zone sempre piùvaste del suolo statunitense - scriveva laCarson - la primavera non è ormai piùpreannunziata dagli uccelli, e le ore delprimo mattino, risonanti una volta del lorobellissimo canto, appaiono stranamentesilenziose». I pettirossi non giungevanocome sempre a stormi ad annunciare con iloro cinguettii la fine dell’inverno: la prima-vera si era fatta improvvisamente silenziosa,perché i pettirossi erano stati sterminaticibandosi dei lombrichi, veri “accumulato-ri biologici” del DDT ricaduto nel terrenodopo le massicce disinfestazioni operate l’e-state precedente per combattere il coleotterodelle cortecce dell’olmo, il Dentroctonus (44).La ricerca della Carson, peraltro, si collocain un clima culturale che vede per la primavolta negli Stati Uniti il manifestarsi in alcu-ni ambienti accademici di un nuovoapproccio ai temi scientifici, che considerain una visone sistemica sia i fenomeni natu-rali che le relazioni fra questi e la presenzaumana. Nel 1953 Eugene P. Odum aveva pubblicatoinfatti il fondamentale Principi di ecologia(45), dando vita ufficialmente ad una nuovabranca del sapere, che avrà enorme, anchese contrastata, eco nei successivi decenni. Iltesto della Carson è il risultato di questoapproccio sistemico innovativo al temadegli insetticidi dei quali vengono analiz-zati non solo i risultati nella lotta agli inset-ti bersaglio, ma anche gli effetti complessi-vi sull’ambiente e le conseguenti retroazio-ni sia nella propagazione degli insetti stes-si sia sulla salute umana. (Si veda in que-sto dossier l’articolo di Patrizia Gentilini:“Pesticidi? No grazie”). Ebbene questo testo, che potremmo consi-

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derare un classico della letteratura ambien-talista, avrebbe portato, com’è noto, allamessa al bando del DDT (46), il “miracoloso”insetticida che a partire dalla seconda guer-ra mondiale venne usato dagli americanicon grande generosità in particolare pressole popolazioni italiane, per verificarne l’effi-cacia nella lotta ai parassiti cutanei (pidoc-chi, pulci...) e all’anofele portatrice dellamalaria (47). Ma la ricerca della Carson nonsi limita alla denuncia dei danni alla saluteumana [gli insetticidi di questa famigliasono tutti dei potenti aggressivi nei confron-ti del fegato (48) e ad azione cancerogena(49)]; il testo si sofferma anche sugli effettiboomerang del massiccio impiego degliinsetticidi, che selezionano organismi adessi sempre più resistenti, oltre ad elimina-re indiscriminatamente anche i loro antago-nisti biologici. Sulla lunga durata lo scena-rio appare devastante per l’ambiente natura-le e per la salute dell’uomo, con il necessarioimpiego di dosi sempre più consistenti edistruttive (50), in un’escalation che riser-va guadagni iperbolici ai produttori diinsetticidi. In questo senso profeticheappaiono le pagine dedicate dalla Carsonalla lotta biologica contro gli insetti danno-si, anticipatrici di una diversa concezionedell’agricoltura, alleata con l’ambientenaturale, che comincerà ad affermarsi neglianni successivi (51).Sul versante, invece, delle limitate e “finite”disponibilità di risorse naturali, alcuni stu-diosi più attenti alle dinamiche dei processieconomici in relazione allo stato dell’am-biente anticipano i segnali a quel punto cla-morosi dell’oil shock del 1973. Anzi, questoappare una prima lampante conferma diquanto, proprio l’anno prima, aveva resopubblico il Club di Roma animato daAurelio Peccei con il rapporto sui limitidello sviluppo (52).I ricercatori del Massachusetts Institute ofTechnology, incaricati da Peccei, pongonoper la prima volta in maniera chiara e docu-mentata il problema dell’esistenza di limitialla crescita esponenziale dell’economiamondiale, sia sul versante delle risorse natu-rali non rinnovabili, sia dell’inquinamentoindotto nell’ambiente. L’umanità vienerichiamata con forza alla realtà di un“mondo finito” con cui deve prima o poi

fare i conti, cercando di ricostruire uno“stato di equilibrio globale” con il pianetache l’ospita. Un’analoga riflessione vienesviluppata dal biologo americano BarryCommoner, nel suo Il Cerchio da chiudere(1971), che mette in rilievo come le scelteproduttive e di consumo della minoranzache abita i Paesi industrializzati spezzino icicli chiusi in equilibrio della natura sia sot-traendo quantità eccessive di risorse che lanatura non è in grado di ricostituire, sia tur-bando quegli equilibri immettendo inambiente inquinanti che la natura stessanon riesce a “digerire” e degradare (53). Nel

1972, anno davvero cruciale per l’affermarsidi una cultura ecologica, si tiene il 6 giugnoa Stoccolma la I Conferenza delle NazioniUnite sull’ambiente, in cui i governi di tuttii Paesi vengono invitati a cercare una nuovapolitica capace di soddisfare i bisogniumani nel rispetto della natura (54). In Italia,inascoltato, e isolato, il leader comunistaEnrico Berlinguer avrebbe ripreso questitemi all’inizio del 1977 con la proposta del-l’austerità. Concludendo il convegno degliintellettuali all’Eliseo a Roma, il 15 gennaio1977, propone una politica che per la primavolta cerca di farsi carico esplicitamente deilimiti dello sviluppo: «Per noi l’austerità è ilmezzo per contrastare alle radici e porre lebasi del superamento di un sistema che èentrato in una crisi strutturale e di fondo,non congiunturale, di quel sistema i cuicaratteri distintivi sono lo spreco e lo sper-pero, l’esaltazione di particolarismi e del-l’individualismo più sfrenati, del consumi-smo più dissennato» (55). E offre anche unalezione di lungimiranza laddove fonda sul-l’iniquo rapporto, diremmo oggi, Nord-Sud

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la portata di lungo periodo di questa strate-gia, sottolineando come «le profonde ragio-ni storiche, certamente non solo italiane,che rendono obbligata, e non congiuntura-le, una politica di austerità, sono ragionivarie, ma occorre ricordare sempre che l’e-vento più importante, i cui effetti non sonopiù reversibili, è stato e rimarrà l’ingressosulla scena mondiale di popoli e Paesi excoloniali che si vengono liberando dallasoggezione e dal sottosviluppo a cui eranocondannati dalla dominazione imperialisti-ca. Si tratta di due terzi dell’umanità, chenon tollerano più di vivere in condizioni difame, di miseria, di emarginazione, di infe-riorità rispetto ai popoli e Paesi che hannofinora dominato la vita mondiale» (56).

Dunque tra la fine degli anni Sessanta e l’i-nizio degli anni Settanta apparentemente iltema del rapporto tra sviluppo e ambiente,industria e territorio, tecnica e natura, è giàcorrettamente impostato, almeno sul pianoteorico. Ma come reagiscono la società e lapolitica? Da un canto attraverso la rimozio-ne, dall’altro rinviando il più possibile l’a-dozione di norme e regole, annacquandonecomunque l’applicazione effettiva, se nonincoraggiando apertamente gli “spiriti ani-mali” del capitalismo a prendersi una rivin-cita su chi tentava di imbrigliarli, facendovalere il peso di una contraddizione ineditao percepita come tale.La rimozione continuerà anche nei decennipiù recenti. La stessa importante iniziativaoperaia degli anni Sessanta e Settanta per ilmiglioramento degli ambienti di lavoro eper la prevenzione delle malattie professio-nali e degli infortuni, rimarrà stretta all’in-terno dei perimetri delle fabbriche (57) e poicolpita pesantemente dalle ristrutturazioniproduttive che finiscono col dissolvere igruppi omogenei.Nonostante vi sia in alcuni ambienti sinda-cali la consapevolezza dell’ineludibilità delrapporto con l’ambiente esterno, il territorioe la cittadinanza, in generale non si riesce acompiere il salto producendo iniziative diqualche rilevanza. La svolta neoliberistadegli anni Ottanta, infine, annichilisce ognivelleità del sindacato di porsi come sogget-to sociale, confinandolo in un ruolo pura-mente difensivo. In questo contesto i “casi”

che emergono alla luce del sole sono ricon-ducibili ad eventi e disasri industriali ecla-tanti, come l’Icmesa di Seveso ed in qualchemisura la Farmoplant di Massa e Carrara,oppure ad una evidente e pesante contami-nazione indotta nell’ambiente esterno comenel caso dell’Acna di Cengio. In generale,invece, soltanto dopo la chiusura dell’im-pianto per ragioni intrinseche (obsolescenzatecnologica o dei prodotti, crisi finanziaria,strozzature di mercato…) se ne scoprono idanni provocati nell’ambiente circostante esul territorio. Insomma solo nel momento incui viene meno la motivazione produttivaintesa come anima dello sviluppo, si incep-pa quel meccanismo di “autocolonizzazio-ne” fino ad allora accettato proprio in nomedel progresso. È come se si squarciasse unvelo mostrando a quel punto tutte le bruttu-re, la faccia oscura, di certa industrializza-zione. Se si scorrono i 57 siti industrialiinquinati “di interesse nazionale” si scoprecome in gran parte siano riconducibili aquesta fattispecie (58).Questo contesto che, oltre alle emergenzemaggiori, è fatto da una miriade di siti inqui-nati minori, o sconosciuti, costituisce losfondo indispensabile per capire uno deifenomeni più clamorosi e maggiormenterivelatori degli ultimi decenni, vale a dire ilfatto che in Italia lo smaltimento dei rifiuti ele operazioni di bonifica, di per sé crucialiper gestire l’impatto sull’ambiente di unasocietà industriale e consumistica, sianodiventati il territorio privilegiato della cri-minalità organizzata, con un intreccio fitto einestricabile tra delinquenti di professione,politici, quadri amministrativi, imprendito-ri, liberi professionisti. La deriva a tratti èsembrata inarrestabile, nonostante l’azionedi contrasto posta in essere da pezzi delloStato e della società e l’appiglio offerto dallenormative comunitarie.L’integrazione europea costringe l’Italia, inparticolare a partire dalla seconda metàdegli anni Ottanta, ad adottare normative ditutela e controllo più stringenti. Ma l’ado-zione all’interno della legislazione naziona-le delle Direttive dell’Unione Europeaavviene mediamente con cinque anni diritardo dall’emanazione delle stesse.Emblematico, anche per le tematiche chequi stiamo trattando, è il DPR n. 175 del 17

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maggio 1988, Attuazione della Direttiva CEE

n. 82/501, relativa ai rischi di incidenti rile-vanti connessi con determinate attivitàindustriali. Il paradosso è clamoroso: si trattadella Direttiva adottata dall’Unione Europeanel 1982 in seguito al gravissimo crimineindustriale avvenuto presso l’Icmesa diSeveso, chiamata anche “Direttiva Seveso”,ma che il Paese direttamente coinvolto nonriesce ad inserire nel proprio ordinamento senon con grande ritardo. Se poi si seguono lelungaggini con cui si dà attuazione allo stes-so DPR 175/88, le eccezioni ed omissioni chedi fatto aggirano nei casi specifici l’adozionedel provvedimento più significativo, cioè ilpiano di emergenza esterna e la necessariainformazione della cittadinanza, si com-prende come anche un provvedimento ditale rilevanza sia svuotato di sostanziale effi-cacia.Non si può quindi sottacere il tema dell’effi-cacia dei controlli sulla corretta attuazionedelle normative e della repressione dei com-portamenti illegali. Anche su questo terrenol’Italia è un caso a sé che conferma l’operati-vità di quella logica di fondo cui prima siaccennava. Si è detto che gli ultimi trent’an-ni vedono l’adozione di una mole effettiva-mente considerevole di provvedimenti legi-slativi, vuoi a tutela delle acque, dell’aria edei suoli, vuoi per il corretto trattamento deirifiuti e dei reflui industriali, vuoi a salva-guardia del patrimonio naturalistico. Masono per l’appunto gli stessi anni in cui nelPaese si scatena un’offensiva culturale epolitica, all’insegna del neoliberismo, con-tro i “lacci e lacciuoli” (59) che imbriglie-rebbero lo sviluppo e la crescita delle impre-se. Un aspetto cruciale di questa fase “neoli-berista”, ora giunta ad una sua esplicitazio-ne in termini dottrinari, è il drastico ridi-mensionamento dei diritti e delle tutele deilavoratori dipendenti e quindi del ruolo deisindacati, con conseguente redistribuzionedi reddito dai salari ai profitti (60).Uno degli obiettivi espliciti della politicaegemonica in Italia negli ultimi decenni èstata proprio il contrasto alla nuova legisla-zione ambientale a carico delle imprese, lecosiddette “pastoie burocratiche” impostedall’Unione Europea. L’Italia così collezionauna serie infinita di procedure di infrazionedelle normative CEE, con relative condanne

della Corte di giustizia europea (61). Peraggirare i vincoli, negli anni recenti, si sonopotenziati in modo abnorme gli ambiti diintervento della Protezione civile, daglieventi naturali o catastrofici, ai “grandieventi”, ovvero la costruzione di grandiinfrastrutture, spesso molto impattanti sulterritorio. Anche questi ultimi, dunque,ricondotti sotto l’ombrello dell’emergenza,godono di pratiche operative che esoneranodal rispetto della normale legislazione(valutazione di impatto ambientale, correttotrattamento dei rifiuti…) (62). Tutto questomovimento ha avuto un esito emblematico

nel progetto di modifica dell’art. 41 dellaCostituzione, un articolo, in verità, giàampiamente superato dalla “costituzionemateriale” creata dalle prassi economiche esociali di questi ultimi trent’anni.Nell’ambito che qui stiamo discutendo basticonsiderare come le procedure di VIA sianostate concretamente gestite: ridotte ad uncumulo di formule mutuate da pacchettiinformatici preconfezionati (per cui accadeche l’estensore si dimentichi di aggiornare iriferimenti specifici al sito in esame), e già inpartenza avviate ad esito positivo salvo iconsueti interventi di “compensazione emitigazione ambientale”.Per una comparazione del disegno di legge,predisposto in particolare dal ministroTremonti, riportiamo di seguito il testo ori-ginale del 1948:«L’iniziativa economica privata è libera.Non può svolgersi in contrasto con l’utilitàsociale o in modo da recare danno alla sicu-rezza, alla libertà, alla dignità umana.La legge determina i programmi e i control-li opportuni perché l’attività economica

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pubblica e privata possa essere indirizzata ecoordinata a fini sociali».Di seguito la proposta dell’ultimo governoBerlusconi che evidenzia le modifiche piùsignificative:«L’iniziativa e l’attività economica privatasono libere ed è permesso tutto ciò che nonè espressamente vietato dalla Legge.Non possono svolgersi in contrasto con l’u-tilità sociale, con gli altri principi fonda-mentali della Costituzione o in modo darecare danno alla sicurezza, alla libertà, alladignità umana.La Legge si conforma ai principi di fiduciae leale collaborazione tra le pubblicheamministrazioni ed i cittadini prevedendodi norma controlli successivi» (63).Apparentemente le modifiche proposte nonsembrerebbero sconvolgenti. Dal punto divista della nostra trattazione, ad esempio, siafferma un principio in certo qual modopleonastico, cioè che in campo ambientalealle imprese «è permesso tutto ciò che nonè espressamente vietato dalla Legge». Mapoi si aggiunge che la «Legge si conforma aiprincipi di fiducia e leale collaborazione trale pubbliche amministrazioni e i cittadiniprevedendo di norma controlli successivi».Insomma le imprese devono poter operarein piena libertà e responsabilità nei confron-ti delle normative, il cui effettivo rispettopuò essere verificato solo ex post dalle auto-rità competenti.Si demolisce anche formalmente in questomodo la procedura di valutazione di impat-to ambientale, che può avere un senso solose messa in atto prima dell’autorizzazione esuccessiva realizzazione di un impianto. Si snatura profondamente anche tutta lafilosofia del Reach, cioè il Regolamento perla Registrazione, la Valutazione, l’Autoriz-zazione e la Restrizione delle sostanzeChimiche, elaborato dall’Unione Europea eentrato in vigore il 1° giugno 2007: tale pro-cedura prevede che per ogni sostanza chi-mica nuova, prima della sua produzione ecommercializzazione, vengano adeguata-mente documentati i possibili rischi perl’ambiente e la salute umana (64).Ma si potrebbe obiettare: anche il nuovotesto dell’art. 41 prevede comunque dei“controlli”, ancorché “successivi”. Un rime-dio che in parte potrebbe funzionare se ci

trovassimo in un Paese in cui il principio dilegalità fosse senso comune e ispirasse lavita quotidiana della popolazione. Purtroppo non è così: i livelli di economiasommersa e di evasione fiscale non hannoconfronti con altri Paesi dell’UE (65), la cri-minalità organizzata è ampiamente penetra-ta nell’economia soprattutto al Nord, ilmotto nazionale più conosciuto e praticatoè «cosa fatta, capo ha», con il suo corollariodi periodici “condoni”.Inoltre i “controlli”, in ambito ambientale,come è noto, sono affidati sostanzialmenteall’Ispra ed alle agenzie regionali per la pro-tezione ambientale. Strutture endemica-mente alle prese con carenze di personale(66) e soprattutto con un controllo politico-partitico sempre più invadente, come avvie-ne sistematicamente anche per la sanità. Sepoi consideriamo l’efficacia degli strumentirepressivi, qualora venissero attuati, ci tro-veremmo di fronte ad un altro aspetto che inqualche modo coerentemente “chiude ilcerchio”: l’irrilevanza delle sanzioni previ-ste per i reati ambientali nel nostro codice,in larghissima parte di natura puramenteamministrativa e pecuniaria (per taceredella voluta inefficienza della macchinadella giustizia e della reiterata volontà di sot-toporre a tutela politica i pubblici ministeri).Se si considerano anche i processi ambien-tali più importanti, le poche condanne com-minate hanno a che fare con l’ambienteinterno all’impresa e con i danni a caricodella salute e dell’incolumità dei lavoratori(67). Poco o nulla riguarda i danni inferti alterritorio ed alla salute della cittadinanza(68).Indubbiamente, su questo terreno, si incon-trano anche difficoltà oggettive maggiori perla pluralità di fattori confondenti che posso-no rappresentare concause difficilmenteisolabili l’una dall’altra, per cui il cosiddettonesso di causalità, principio cardine deldiritto penale, diventa una prova ardua daconsolidare. Eppure un’estesa letteraturascientifica documenta da anni come conl’industrializzazione sia profondamentemutata la patogenosi anche nel nostroPaese: questa rivoluzione epidemica, consi-stente in una drastica riduzione delle tradi-zionali malattie acute infettive e in un altret-tanto significativo incremento delle patolo-

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gie cronico-degenerative [neoplastiche (69),neuro-degenerative, endocrino-metaboli-che, cardiocircolatorie, immunomediate],appare sempre più chiaramente correlataalla repentina alterazione dell’ambiente pro-dotta dall’uomo (70). Questa moderna “pandemia silenziosa”(71) andrebbe affrontata con la cosiddettaprevenzione primaria, ovvero con la rimo-zione delle cause ambientali che la alimen-tano (72). Invece si preferisce svilupparesempre più l’industria della terapia farma-cologica e chirurgica, con un aggravio dicosti a carico del sistema sanitario pubblicoe con risultati contraddittori: diminuisconoi decessi per queste moderne patologie, maaumenta in continuazione l’incidenza dellestesse. In particolare negli ultimi anni que-sta divaricazione appare clamorosa nel casoitaliano e viene definita dall’oncologaPatrizia Gentilini, “picco della salute”, inanalogia al picco del petrolio: in sostanza apartire dal 2004, mentre continuava adaumentare l’aspettativa di vita, diminuivaprogressivamente l’aspettativa di vita insalute, cioè gli anni di vita prima di incorre-re appunto in patologie cronico-degenerati-ve (73).Trattasi di una questione di grande rilevan-za sociale ed economica che qui possiamosolo evocare. I costi crescenti e insostenibi-li della sanità dipendono, oltre che da spre-chi e truffe, da una medicalizzazione dellavita che ha cause culturali ma anche unabase materiale nel prolungamento mediodell’esistenza e contemporaneo peggiora-mento della stessa per la maggioranza dellepersone. In questo contesto, la scienza e laricerca medica, mentre conseguono suc-cessi importanti sul fronte delle terapiesempre più efficienti (anche se spessocapaci di curare e di mantenere in vita, manon di guarire), sembrano molto piùimpacciate quando si tratti di certificare ilnesso di causalità tra determinate patologiee sostanze inquinanti immesse nell’am-biente.In questo ambito i dubbi e le cautele sem-brano precludere alla scienza il raggiungi-mento di una qualche certezza. Una pru-denza apprezzabile se ispirata a sani princi-pi deontologici ed epistemologici, che, peraltro, stride col fatto che oncologi, trasfor-

mati in star dai mezzi di comunicazione,pronunciano troppo spesso con facilità sen-tenze negli ambiti più diversi (“il nucleare èsicuro”, “le emissioni dei moderni inceneri-tori sono pari a zero”), venendo rapidamen-te, ma inutilmente, smentiti dai fatti.

IL RUOLO DELLA SCIENZAMa la scienza è chiamata in causa non soloper certificare i danni all’ambiente ed allasalute di determinate produzioni e sostanzedi sintesi. La ricerca scientifica ha un ruolofondamentale in questa vicenda per il fattodi essere protagonista della ricerca che pre-

cede e sta alla base delle innovazioni e delleapplicazioni industriali. Il tema è corretta-mente e ampiamente discusso nei contribu-ti dedicati a Laura Conti, che in particolaresi era soffermata sul distacco che ha sempreseparato la ricerca e la sperimentazionedelle proprietà tecnologicamente ed econo-micamente interessanti di nuovi prodotti disintesi, da un canto, e, dall’altro, la ricerca ela sperimentazione degli effetti potenzial-mente nocivi degli stessi prodotti (74). Neglianni di Laura Conti (cfr. opera cit. curata daquesti autori), peraltro, il tema è argomentodi un dibattito acceso e vivace, che travalical’ambito accademico e coinvolge fasce este-se della pubblica opinione e dei movimentisociali, studentesco ed operaio, che la ani-mano.La contestazione studentesca dà il via aquello che verrà definito il «secondo bien-nio rosso» (75), in cui le lotte nelle univer-sità si uniscono senza soluzione di conti-nuità alle lotte operaie nelle fabbriche. Unmovimento sociale, quello degli studenti,estremamente complesso che si dispiega sì

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dentro la scuola come terreno privilegiato dicritica e di azione di massa, ma che ha riper-cussioni su diversi aspetti della società con-temporanea (76).In particolare, ai fini della nostra ricerca, neigruppi di studio, nei seminari, nelle assem-blee, nei documenti studenteschi cominciaa circolare un nuovo punto di vista criticonei confronti della scienza e della tecnica.Erano suggestioni, come vedremo, non ori-ginali, ma quel che qui interessa è che per laprima volta diviene patrimonio comune diuna generazione di intellettuali, destinatialle più diverse professioni (medici, giudici,psichiatri, urbanisti, etc.), nelle quali pene-trerà il germe di quella riflessione critica svi-luppata dentro le università. Si tratta dellacritica alla teoria della “neutralità” dellascienza, fondata su due considerazioni fon-damentali: la prima che «il valore socialedelle singole discipline ne condizionaanche i contenuti», mentre la seconda «sol-leva il problema dell’obbiettività delle cono-scenze ottenute» (77). Viene cioè messa indiscussione la concezione fino ad alloradominante, e fatta propria dalla tradizionemarxista, che considera la scienza e la tec-nica strumenti neutrali di progresso dellasocietà e che postula un processo di svilup-po scientifico regolato da una propria dina-mica interna, soggetta a proprie leggi, dina-mica che può essere tutt’al più favorita edostacolata dalla struttura della società e daisuoi ritmi di sviluppo, ma non alterata odeterminata nella sostanza. Insomma per laprima volta si fa scendere dall’altare coloroche si sono autodefiniti emuli dell’operadivina, togliendo alla scienza quell’aurasacrale che le è stata assegnata nel corsodella modernità, almeno da Cartesio in poi.Questa critica alla “neutralità” ha però radi-ci proprie, interne allo stesso svilupposcientifico novecentesco, a cui il movimen-to degli studenti seppe attingere per tradur-la in senso comune di massa. Da un cantoaffondava nel dibattito epistemologico cheebbe origine dalla critica al neopositivismoe all’induttivismo iniziata da Karl Popper. Questi in particolare nella sua Logica dellascoperta scientifica (1934) introduceva ilcriterio della falsificazione come metodoper avvalorare “in negativo” il sapere scien-tifico. Ma poiché, in assoluto, non si poteva

escludere che una proposizione scientificafosse in futuro esposta al vaglio della criticae alla possibilità della falsificazione e del-l’errore, la verità del sapere scientifico dove-va essere ritenuta mai perfettamente defini-ta una volta per tutte, bensì una sorta di“approssimazione alla verità” (78).D’altro canto un filone ugualmente fecondo èrintracciabile nella critica all’ortodossiamarxista basata in particolare sulla riletturadel Marx dei Manoscritti e dei Grundrissecompiuta dal filosofo tedesco Herbert Mar-cuse, esponente della cosiddetta Scuola diFrancoforte (79). Testo culto fra gli studenti èil suo L’uomo a una dimensione (1964), nelquale si sviluppa una critica penetrante allasocietà contemporanea ispirata dal «pensie-ro a una dimensione» (simile a quello cheoggi viene rinominato dai critici della globa-lizzazione «pensiero unico») in cui la razio-nalità scientifica e tecnologica assume unruolo fondativo. La polemica di Marcuseprende di petto in particolare il caratteremeramente utilitaristico della scienzamoderna, la quale «in virtù del suo metodoe dei suoi concetti, ha progettato e promos-so un universo in cui il dominio della natu-ra è rimasto legato al dominio dell’uomo -legame che rischia di essere fatale a questouniverso intero» (80). E qui l’analisi criticaanticipa alcuni temi decisivi che di lì a pocotroveranno largo spazio all’interno della cul-tura ecologista.In Italia un grande medico e scienziato,Giulio Alfredo Maccacaro, tra gli anniSessanta e Settanta, si occupa di metodidella statistica applicata alla medicina e allaricerca delle cause soprattutto ambientali elavorative delle malattie e da questo puntodi vista mette in discussione la neutralitàdella scienza. Maccacaro dà vita nel 1972all’associazione Medicina Democratica,movimento di lotta per la salute e dirige dal1974 la nuova serie della rivista scientifica“Sapere”, impegnata a divulgare un approc-cio critico alla scienza e alla tecnologia conuna particolare attenzione ai loro possibilieffetti indesiderati sull’uomo e sull’ambien-te (81).Ma nei decenni successivi il mito dell’obiet-tività, imparzialità e neutralità della scienzaha ripreso vigore e sembra essersi nuova-mente imposto nel senso comune. È un

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fenomeno ideologico, smentito dai fatti,nondimeno frutto di processi reali cheandrebbero analizzati in profondità. Da unlato lo scientismo degli scienziati derivadalla crescente specializzazione e ristrettez-za dei loro ambiti di lavoro, con la conse-guente perdita di visione generale, e l’ag-grapparsi a certezze corporative che accom-pagnano la subordinazione della ricerca allamacchina produttiva, la cui logica si è impo-sta nelle università come negli enti e istitutidi ricerca, indebolendo o annullando l’indi-pendenza e libertà dei ricercatori. D’altrocanto le società sono in preda allo smarri-mento per cui o si aggrappano alle religioni,politicizzandole, o, dove la laicizzazionesembra irreversibile, si affidano fideistica-mente alla scienza e ai suoi reali o presuntiportavoce.È pur vero che, all’opposto, si è venutomanifestando anche un rigetto in toto dellascienza, con forme di regressione verso cul-ture irrazionaliste e premoderne (82); unatteggiamento, questo, a nostro parere, erra-to e invalidante perché rischia di rigettare legrandi conquiste di civiltà e di diritti acqui-site con la modernità, mentre risulta nei fattidel tutto inefficace per affrontare i problemicomplessi e le criticità con cui dobbiamooggi misurarci, per effetto dello sviluppotecnico-scientifico e della gigantesca tecno-struttura posta in essere. In sostanza, ancheper questa via, si rischia di rafforzare quellatendenza “scientista” che la vittoria del«pensiero unico» ed il tramonto delle«grandi narrazioni» hanno favorito. Lascienza ridiventa un idolo a cui affidarsi, l’u-nica ancora di salvezza in grado di garantireun futuro all’umanità. Il vasto pubblico chesegue i diversi festival della scienza che sitengono negli ultimi anni in alcune cittàsembra attestare questa rinnovata fede nelpensiero scientifico. Un atteggiamento che èfavorito dalla politicizzazione e spettacola-rizzazione della scienza che attraverso suoiesponenti di punta, o molto noti, lotta con-tro chi propone un atteggiamento critico eriflessivo nei confronti della scienza stessa esoprattutto delle sue applicazioni, tenendoconto che è sempre più difficile separare lascienza dalla tecnica. Sottraendosi alla pos-sibilità di critica, la scienza, contraddittoria-mente rispetto al suo statuto storico-episte-

mologico, rischia di approdare a posizionidogmatiche, come sempre più di frequenteè possibile registrare.Il secondo millennio, del resto, in Italia siapre con il lancio di un manifesto promossodalla Società italiana di fisica, Galileo 2001per la libertà e dignità della Scienza, firma-to, tra gli altri, da Carlo Bernardini, EdoardoBoncinelli, Silvio Garattini, Tullio Regge,che, «rivendicando il valore della scienzacome fonte primaria delle conoscenze fun-zionali al progresso civile, senza distorsionie filtri inaccettabili» stigmatizza le cosiddet-te «culture oscurantiste» da cui «nascono,

ad esempio»:- «il timore di cambiamenti climatici che, damilioni di anni caratteristici del pianetaTerra, sono oggi imputati quasi esclusiva-mente alle attività antropiche;- le limitazioni alla ricerca biotecnologicache impediscono ai nostri ricercatori di coo-perare al raggiungimento di conquistescientifiche che potrebbero tra l’altro com-battere gravi patologie e contribuire ad alle-viare i problemi di alimentazione dell’uma-nità;- la ricerca e l’esaltazione acritica di prati-che mediche miracolistiche che sono rite-nute affidabili solo perché “alternative” allamedicina scientifica;- il terrorismo sui rischi sanitari dei campielettromagnetici, che vuole imporre limitiprecauzionali ingiustificati, enormementepiù bassi di quelli accreditati dalla comu-nità scientifica internazionale e adottati intutti i Paesi industriali;- il permanere di una condizione di emer-genza nel trattamento e nello smaltimentodei rifiuti di ogni tipo, condizione che è figlia

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del respingimento aprioristico di soluzionitecnologiche adottate da decenni in tutti iPaesi industriali avanzati [leggasi inceneri-tori, nda];- la sistematica opposizione ad ogni tentati-vo di dotare il Paese di infrastrutture vitaliper la continuità dello sviluppo e per ilmiglioramento della qualità della vita dellapopolazione;- la preclusione dogmatica dell’energianucleare, che penalizza il Paese non solosul piano economico e dello sviluppo, maanche nel raggiungimento di obiettivi dirazionalizzazione e compatibilità ambien-tale nel sistema energetico» (83).

La lettura di questo documento, se si consi-dera l’autorevolezza, il prestigio e l’ampioascolto di cui godono i firmatari, ci restitui-sce con grande evidenza come, almeno inItalia, quella cultura cui prima abbiamoaccennato, interpretata da Maccacaro, siastata rimossa o al più rimanga del tuttominoritaria. Non c’è una sola delle afferma-zioni sopra elencate che non sia contestabi-le in base a dati ed elementi ricavabili dallastessa letteratura scientifica. Non si trattaquindi di tesi inoppugnabili ma di afferma-zioni altamente controvertibili, a cui vienedata una veste scientifica in base ad unaopzione ideologica, riconducibile, in fondo,ad un unico assunto: la tecnologia indu-striale, applicando principi scientifici, può edeve svilupparsi liberamente, ogni ostacolopuò essere superato, ogni limite valicato;essa è l’ultima divinità che si manifesta sottoforma di religione della crescita.In tal modo la cultura scientista si sottraealla sfida che discende dalla crisi ecologica,evento assiale della modernità, e non sacogliere le lezioni e le opportunità che l’e-cologia offre a tutti i saperi. Non sorprendeallora che non sia stata accolta l’importantee imprescindibile lezione filosofica di HansJonas (84), giunta in Italia con un decenniodi ritardo, ma comunque sempre anticipa-trice di una riflessione che, con difficoltà, staancora proseguendo. Jonas parte dalla con-statazione della novità “ontologica” di unuomo che, grazie alla scienza e alla tecnica,è diventato per la natura più pericoloso diquanto un tempo la natura fosse per lui. Laconseguenza immediata di questa inedita

forza distruttiva dell’uomo nei confrontidella natura, da intendersi come l’ambito divita dell’umanità, determina una contraddi-zione antagonistica, una frattura drammati-ca tra il mondo e l’umanità di oggi e ilmondo e l’umanità di domani, potenzial-mente privati delle stesse condizioni biolo-giche necessarie alla propria sopravvivenza.Muovendo da questa diagnosi, Jonas cercadi andare alle radici filosofiche del proble-ma della responsabilità che, in questa nuovasituazione, non concerne soltanto la soprav-vivenza e la dignità della specie intesa comeconvivenza degli attuali esseri umani, maanche l’unità e la continuità della specie,quindi il rapporto con le generazioni future.E qui Jonas rileva l’insufficienza dell’eticatradizionale, dell’imperativo categorico kan-tiano: «Agisci in modo che anche tu possavolere che la tua massima diventi legge uni-versale». Imperativo che concerne i rappor-ti diretti dell’uomo con l’uomo e che si ali-menta della reciprocità. Ma quali rapportipossiamo intrattenere con le generazionifuture (non ancora esistenti), e quale reci-procità di comportamenti possiamo atten-derci da esse, se, allora, noi non esisteremopiù? Tuttavia Jonas, partendo dal presuppo-sto che l’uomo ha comunque il dovere di farsua la volontà di autoaffermazione dell’es-sere, pronunciando il proprio sì nei con-fronti della vita, individua nel principio diresponsabilità questa disponibilità a favori-re il diritto alla vita, non più solo dei con-temporanei, ma anche di quelli che verran-no in futuro. E il superamento necessariodella reciprocità, Jonas lo attinge da unarchetipo preesistente, quello della curaparentale dei figli, dei neonati, che si rivolgealla vita a partire dal suo grado estremo diindigenza e vulnerabilità. È evidente chequesto nuovo imperativo riguarda molto dipiù la politica pubblica che non il compor-tamento privato ed evoca un’altra coerenza:non quella dell’atto con se stesso, ma quelladei suoi effetti ultimi con la continuità del-l’attività umana nell’avvenire.L’elaborazione di Jonas, al di là della suaintrinseca forza argomentativa, ha comun-que riflessi importanti sul dibattito relativoad etica, scienza e natura, appunto sul temadella presunta “neutralità” della scienza.Infatti, il principio di responsabilità verso le

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“generazioni future” ed i loro diritti ad unavita dignitosa pone non pochi problemi aifondamenti e presupposti della scienza edella tecnologia, ma anche dell’economia,della politica e della stessa idea di democra-zia, così come si sono definiti nel corso dellamodernità.Da qui la straordinaria fecondità del «prin-cipio responsabilità» di Hans Jonas. Da que-sta riflessione, ad esempio, scaturisce tuttala vasta tematica del principio di precauzio-ne che dovrebbe rafforzare ancor più quellapriorità della prevenzione, che, come si èvisto, il «pensiero unico» oggi dominantevorrebbe semplicemente spazzar via.Precauzione significherebbe, dunque, nonsolo evitare quelle iniziative che si sa esseredestinate a produrre un danno, ma anchequelle della cui innocuità non si è certi. Néè possibile limitarsi, secondo un’otticaantropocentrica, a considerare i diritti del-l’umanità attuale e futura: la natura, il “crea-to”, sono l’altro che non abbiamo diritto diridurre a nulla, nientificare, distruggere.Mentre la supponenza della scienza sembranon avere limiti, i legami della stessa con l’e-conomia non per questo si sono allentati.Anzi. In Italia in particolare, di fronte allacontinua riduzione delle risorse pubblicheper la ricerca, la sponsorizzazione dei priva-ti è diventata spesso la fonte principale difinanziamento (85). Dietro la rivendicataneutralità della scienza in molti casi sinasconde la subordinazione della stessaalle strategie e agli interessi dei potentatieconomico-finanziari. Lorenzo Tomatis,illustre epidemiologo e tossicologo, fonda-tore e direttore per un decennio della Iarc diLione, l’Agenzia di ricerca sul cancrodell’Organizzazione mondiale della sanità,ci ha consegnato, prima di lasciarci troppopresto, una straordinaria e documentatadenuncia di come funzionano i meccani-smi della ricerca quando a muoverli sonogli interessi delle grandi multinazionali (86).Se, in conclusione, come verifica empirica,ci soffermiamo sui casi di seguito conside-rati (in particolare Acna di Cengio, piombotetraetile, Icmesa) le istituzioni scientificheche se ne sono occupate non superano dicerto la prova di “neutralità” o “indipen-denza” dai poteri e dagli interessi economi-ci in campo, anzi appaiono spesso grave-

mente responsabili del reiterarsi nel tempodi devastazioni ambientali e sanitarie, chealtrimenti si potevano arrestare.Come già accennato lo scientismo, vale adire la pretesa di assolutezza e inconfutabi-lità delle verità scientifiche, è contradditto-rio rispetto alla natura della scienza, alla suastoria e realtà, all’autoriflessione che si è svi-luppata al suo interno, almeno dagli inizidel Novecento. Lo scientismo è causa digravi danni in primo luogo all’interno dellacomunità scientifica, esso alimenta lo spiri-to corporativo a scapito di quello critico eincentiva la subordinazione della scienza al

potere politico e all’economia, denotandouna situazione di debolezza che contraddi-ce le pretese di superiorità e assolutezza,denunciandone la natura compensatoria,mentre la libertà della ricerca e la sua auto-nomia dai centri di potere dominanti sonoindispensabili affinché la scienza e le sueapplicazioni siano di aiuto nel reggere lesfide della crisi ecologica.D’altro canto lo scientismo, la delega ai tec-nici, sono divenuti strumenti di governo peruna classe politica in caduta libera, priva dicredibilità, impegnata solo nel garantire lapropria sopravvivenza, incapace di assume-re decisioni per il futuro che escano dallacoazione a ripetere. Una classe politica, que-sta, che ricorre opportunisticamente al sape-re tecnico-scientifico, ridotto a copertura diinteressi immediati, indifferenti al benepubblico, estranei e ostili ad una seria poli-tica ambientale. Essa rimanda ad una classedirigente che per molto tempo, forse ancoraoggi, è stata convinta che la questioneambientale fosse una moda passeggera,romantica, ovvero il frutto dell’agitazione di

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gruppi marginali incapaci di adattarsi allecondizioni e necessità della modernizzazio-ne, per i più abili e avvertiti un’opportunitàda sfruttare cercando di riprodurre all’infi-nito lo schema mentale progresso-arretratez-za, affidandosi ciecamente alla religionedella crescita, alimentando e allargando lecause della crisi, sino a renderla strutturalee irreversibile. Nel frattempo si sono mani-festate diffuse resistenze e segnali inquie-tanti di paura del futuro, sintomi di un crol-lo, non solo finanziario, che la disinforma-zione non riesce più ad occultare.

LA «SINDROME NIMBY»A questo punto ci corre l’obbligo di unariflessione sull’odierna situazione del nostroPaese e sulle prospettive future nel rapportoindustria e ambiente, sviluppo e territorio.Abbiamo visto come il gruppo di scienziatidi “Galileo 2001”, alle soglie del terzo mil-lennio, ritenga che sviluppo, crescita,modernizzazione, infrastrutture, nuclearesiano i cardini su cui costruire il futuro perl’Italia. Prospettiva condivisa da ampi setto-ri dei ceti dirigenti, sia dell’economia chedella politica, che vedono in quegli obiettividegli assiomi assoluti e indiscutibili, da per-seguire “a prescindere”.Ma negli ultimi anni sta emergendo unfenomeno nuovo e sorprendente, soprattut-to perché si manifesta all’interno di un con-testo economicamente avanzato, coinvol-gendo in primo luogo i ceti medi riflessivi:di fronte a nuovi insediamenti energetici,industriali, infrastrutturali, l’effervescenzadelle popolazioni locali sembra incontenibi-le; non vi è ipotesi di nuovo impianto pertrattare i rifiuti, di nuova centrale energetica,di nuova autostrada, che non produca subi-to in opposizione un comitato di cittadini,spesso svincolato dai partiti e dalle associa-zioni ambientaliste istituzionali, e quindidifficilmente controllabile, ricco di creati-vità e inusitata radicalità, capace rapida-mente di acquisire competenze tecniche erobuste argomentazioni. Sono comitati tra-sversali, socialmente compositi, di cittadini,donne, ragazzi che hanno l’ardire di ostaco-lare le prospettive di un “nuovo” sviluppodel Paese. Questo fenomeno nel suo dispie-garsi capillare è una grossa novità, chepreoccupa forse più di ogni cosa l’attuale

ceto dirigente, che pur avendo a disposizio-ne il sistema dei media, impegnato a stig-matizzare l’arretratezza, l’egoismo, il parti-colarismo di queste lotte contro il progresso,non riesce a venire a capo del problema,forse neppure a capirlo, a rendersi conto chequei cittadini usciti dall’apatia stannoponendo alla politica non solo il problemadella democrazia ma del senso della vita, apartire dal nostro abitare nel mondo.Ne consegue che la strategia messa incampo è la solita, l’uso del bastone e dellacarota. Il “bastone” (che a volte si materia-lizza anche come strumento della “forzapubblica”) viene agitato con stizza controla “miopia campanilistica” di chi per sal-vaguardare “egoisticamente” il proprio“cortile” ostacola gli interessi generali delPaese, la sua modernizzazione, l’aggancioall’Europa, la crescita che porterà beneficia tutti, etc. etc. «Non se ne può più di que-sto ambientalismo d’accatto che ci buttafuori dall’Europa» dice Raffaele Bonanni,leader della Cisl (87), interpretando il senti-re diffuso dei decisori politici ed economici,mentre il “nuovo” che avanza nella leader-ship politico-intellettuale insiste sulla neces-sità che all’ambientalismo del no si contrap-ponga l’ambientalismo del sì.Ecco allora che nel 2004 il Ministero delleAttività produttive in accordo con ilMinistero dell’Ambiente sponsorizza la pro-mozione di Nimby Forum, da parte diun’associazione no profit, Aris (Agenzia diRicerca Informazione e Società): si tratta del«primo Tavolo di lavoro pubblico-privato eprimo Osservatorio Media italiano per stu-diare il fenomeno delle contestazioni terri-toriali ambientali», un ente di ricerca cherealizza il monitoraggio in continuo delfenomeno e organizza convegni scientificiper studiare questa nuova, contagiosa,«malattia sociale», la «sindrome Nimby»dall’inglese «Not In My Back Yard-Non nelmio cortile». Nimby Forum si propone,quindi, di elaborare «una politica del con-senso intrinseca ai progetti impiantistici,che ne faciliti l’iter burocratico di approva-zione e ne renda possibile la successiva fasecostruttiva» con «l’obiettivo di individuarele più efficaci metodologie di interazione trale diverse parti in causa per ridurre il feno-meno dei conflitti territoriali ambientali».

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Insomma, il compito che si è assuntoNimby Forum non è dei più semplici,anche se fin troppo eloquente nella sua sem-plicistica formulazione: «Che cosa si puòfare per mettere sullo stesso piano progres-so e tutela del territorio, interessi pubblici eprivati, impresa e governo, sviluppo e soste-nibilità?». A questa difficile impresa ha datodirettamente il suo contributo il fior fioredelle aziende energetiche, dei rifiuti e delleinfrastrutture, tra cui Actelios SpA/GruppoFalck [protagonista dei progettati incenerito-ri siciliani], Aem Milano SpA, AmsaMilano SpA, Assoelettrica-Confindustria,Atel Energia SpA, Autostrade SpA, EdisonSpA, Enel SpA, Endesa Italia SpA,Fondazione Fiera Milano, Gruppo EniaSpA, Gruppo Impregilo [capofila di Fibe,protagonista del “disastro rifiuti” in Campa-nia], Gruppo Italgest, Gruppo Teseco, Hera,Siemens Italia, Stretto di Messina SpA, TAV

SpA-Ferrovie dello Stato, Terna Spa, WasteItalia Spa. Mentre hanno assicurato la loropartecipazione, in diverse occasioni, Asso-ciazioni quali: Amici della Terra, ACU -Associazione Consumatori Utenti, Citta-dinanzattiva, CMC Coop. Non manca, infine,il supporto di un Comitato scientifico, costi-tuito da esponenti di rilievo di “Galileo2001”, di Nomisma Energia e di Legam-biente, presente con il direttore di “Qualeenergia”.La mission di Nimby Forum è quella dioffrire un supporto agli operatori pubblici eprivati alle prese con le resistenze dellecomunità sul territorio. Da un canto si tienealto l’allarme rosso per i troppi progetti stra-tegici bloccati: «I numeri confermano la per-cezione comune e parlano di un fenomenoin ascesa. Sarebbero almeno 140 gli impian-ti contestati nel nostro Paese secondo leanalisi prodotte dal Nimby Forum, di cui il62% legati al ciclo dei rifiuti (urbani e spe-ciali), il 24% alla generazione di energia, il9% alle grandi infrastrutture e il 5% ad altretipologie»; i progetti contestati diventano171 nel 2006 e addirittura 283 nel 2009!Dall’altro si suggeriscono le misure oppor-tune per addolcire quelle “resistenze”, la“carota”, per l’appunto, componente essen-ziale della strategia di “persuasione parteci-pata” (88).A sostegno della lotta contro la «sindrome

Nimby» è stato inventato il premio Pimby,acronimo di «Please In My Back Yard - Perfavore nel mio cortile»!. L’idea è sbocciatanel pensatoio «veDrò» [l’Italia del futuro]fondato da Enrico Letta con Anna MariaArtoni, presidente della Confindustriadell’Emilia Romagna, e altri (manager, acca-demici, etc.), nell’agosto 2006, con la parte-cipazione di Giulia Buongiorno, illustreavvocato e, allora, deputato An, nel corso diun seminario residenziale con 300 parteci-panti, «deliziati col dibattito, Da Nimby aPimby. Lui [Letta] vuole l’Alta Velocità, leinfrastrutture, le centrali elettriche, la moder-

nizzazione. Non a caso il “Totem” lettiano èla centrale elettrica parzialmente dismessadi Dro, in Trentino, da cui il nome del thinkthank “veDrò” e il progetto politico “Farripartire la scintilla per dare energiaall’Italia” (89)».Presidente del Comitato scientifico diPimby è Chicco Testa (già presidente diLegambiente, poi di Enel, quindi membroconsultivo di Carlyle Europa, la finanziariadella famiglia Bush, etc.), con la partecipa-zione di esperti “trasversali” provenienti dalmondo accademico, imprenditoriale, me-diatico ed associativo (non manca il presi-dente di Nimby Forum ma anche il diretto-re di “Panorama” e un redattore di “Lanuova ecologia”, organo di Legambiente),con il patrocinio del Ministero dello svilup-po economico e della Provincia di Milano econ il contributo di importanti aziendeenergetiche, tra cui Enel, Cofathec (gruppodi servizi energetici europeo) e Gaz deFrance. Dal 2007 vengono premiate realtàlocali “esemplari” per l’accoglienza chehanno dato ad impianti fortemente impat-

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tanti (90). Chicco Testa, come è noto, in vistadel secondo referendum sul nucleare, èstato anche presidente del «Forum nucleareitaliano, associazione no-profit che vuolecontribuire, come soggetto attivo, alla ripre-sa del dibattito pubblico sullo sviluppo del-l’energia nucleare in Italia». Anche in que-sto caso i soci fondatori sono tutte le grandiimprese potenzialmente interessate al busi-ness nucleare, nonché le organizzazioni sin-dacali settoriali della Cisl e della Uil (91). Ilmetodo scelto per conseguire i propri scopiè quello innanzitutto della divulgazione edell’informazione “scientifica”, sulla basedel presupposto che l’opposizione e la resi-stenza della pubblica opinione siano deter-minate essenzialmente da ignoranza e pre-giudizi, insomma da quell’oscurantismostigmatizzato da Galileo 2001.Tuttavia, nonostante questa offensiva media-tica (a volte un po’ scomposta), è facile per icomitati locali, in un Paese come l’Italia, chegià supera il livello di guardia della “satura-zione” impiantistica, infrastrutturale ecementizia, dimostrare che i cosiddetti“impianti strategici” sono riconducibili adinteressi particolari, talvolta oscuri, e com-promettono invece che assicurare il futurodel Paese. A ciò si aggiunga che i variNimby non si limitano a dire “no”, ma sidimostrano in grado di elaborare alternativeragionevoli e facilmente praticabili, parten-do dai singoli problemi concreti (riduzionee riciclaggio dei rifiuti invece di inceneritorie discariche; risparmio energetico e fontirinnovabili efficienti invece di centrali erigassificatori; prevenzione e riduzione deltraffico e del bisogno trasportistico invece dinuove autostrade e aeroporti; rinnovamentoe potenziamento del sistema ferroviarioordinario invece della Tav, etc.). Alternativemeno costose, anche in termini economici,che proprio per questo non soddisfano i fau-tori dell’ambientalismo del sì e di Pimby,perché non comportano il sì che per lorosembra contare davvero: quello alla crescitaillimitata ed al business facile, e distruttivo,che su di essa può essere innescato, secon-do il modello dominante e però sempre piùpalesemente fallimentare. E nell’illusione ditenere in vita un simile modello, si spreca-no le operazioni di marketing, che in realtàallargano il distacco tra le popolazioni e i

“decisori politici” e loro consulenti.Esemplare in tal senso la vicenda dell’oppo-sizione della Val Susa alla linea Torino-Lione. Attraverso gli anni si è formata unacomunità di persone sempre più esperte epreparate, sia politicamente che “scientifi-camente” (92), cosa che ha messo in crisi iprofessionisti della politica e i tecnici ingag-giati per dimostrare la bontà della grandeopera, in nome del progresso e dell’econo-mia, paradigmi svuotati di senso, stanca-mente riproposti in una sorta di stucchevo-le coazione a ripetere.A questo punto, come si risponde alla legit-tima opposizione delle comunità locali?Quando non si procede con il “bastone” allamilitarizzazione del territorio come nel casoTav, scatta la “monetizzazione dell’ambien-te”, la nuova-vecchia frontiera dei fautoridello sviluppo, il varco individuato per pie-gare, comprare, la resistenza delle comunitàcoinvolte, in perfetta simmetria con le prati-che di monetizzazione della salute chehanno storicamente segnato, e segnano, innegativo i processi di sviluppo industriale.È una strategia che si muove nel solco diquel paradigma che sopra abbiamo definito“autocolonizzazione” del territorio: con unadifferenza rilevante rispetto alla secondametà del secolo scorso. Ora la promessa o lasperanza dei possibili vantaggi di uno svi-luppo futuro non sono più sufficienti: siaperché è cresciuta la consapevolezza deirisvolti negativi dell’industrializzazione, siaperché gli spazi liberi sul territorio si sononotevolmente ridotti, al limite del minimovitale per le popolazioni residenti. Dunquele compensazioni devono essere elargiteimmediatamente e con grande clamore,approfittando della situazione disastrata incui si trovano le finanze comunali.I manager e gli imprenditori, prima ancoradi esserne richiesti, presentano il loro “pac-chetto” agli Enti locali già confezionato conle opportune dotazioni “ambientali e socia-li”: una discarica con annesso l’asilo nidoper i residenti; un inceneritore con parchipubblici alberati, piste ciclabili, piscina; unalottizzazione con oneri di urbanizzazionesovrabbondanti che promettono opere pub-bliche fantastiche. Le procedure di Via enfa-tizzano oltre misura le cosiddette opere dimitigazione e compensazione. Il tentativo di

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ritorno al nucleare, com’è noto, prevedevaelargizioni munifiche per quei territoridisposti ad accogliere una centrale atomicasul proprio territorio.Anche nel processo di cementificazione sel-vaggia in corso negli ultimi anni o megliodecenni nel nostro Paese la pratica della“monetizzazione dell’ambiente” si è istitu-zionalizzata attraverso due meccanismi per-versi che si alimentano reciprocamente: daun canto, la sostanziale deregolazione urba-nistica che ha messo i Comuni nella condi-zione di disporre a piacimento del loro ter-ritorio e dall’altro gli oneri di urbanizzazio-ne che tendenzialmente vanno a surrogarele strette di bilancio imposte dal processo dirisanamento finanziario dello Stato. Questo combinato disposto fa sì che leAmministrazioni comunali siano partico-larmente sensibili alle pressioni della spe-culazione immobiliare ed edilizia, attrattedai cospicui fondi che possono trarre nel-l’immediato da nuove edificazioni, maincuranti del lascito di devastazione paesag-gistica e di compromissione degli habitatche consegneranno in eredità alle futuregenerazioni.Del resto la domanda dei costruttori, deicementificatori e degli asfaltatori, è inesau-sta e, tendenzialmente, sempre più aggressi-va, nonostante nella seconda metà delNovecento l’Italia abbia divorato, spalman-doli di asfalto e cemento, oltre 11 milioni diettari di superfici libere e quindi di paesagginaturali o agricoli. Una superficie enorme,equivalente ad un terzo del territorio nazio-nale ancora libero da costruzioni nel 1951,pari cioè a quello dell’intero Nord Italia (93).Un quadro d’insieme spaventoso, che di persé imporrebbe una svolta in direzione oppo-sta, con la conservazione degli ambientivitali ancora esistenti e la rinaturalizzazio-ne, intelligentemente governata, dei suolicompromessi dallo sviluppo economicoestensivo. In assenza di una politica capacedi guardare al futuro, i costruttori hanno tro-vato la breccia degli oneri di urbanizzazione(e conseguente Ici, ora Imu) con cui amma-liare amministrazioni comunali volutamen-te lasciate sole da pianificazioni urbanisti-che regionali e piani paesaggistici semprepiù evanescenti. La vicenda di Monticchiello ha assunto rile-

vanza nazionale e ha dato vita a un movi-mento che si è esteso in molte aree del Paese(94).Ciò che qui interessa sottolineare è che ladiscussione sulla cosiddetta sindromeNimby non può essere sviluppata in astrat-to, sul terreno puramente teorico del pre-sunto oscurantismo antitecnologico e delleconseguenti paure irrazionali, o dell’egoi-smo miope e particolaristico che ostacola gliinteressi generali. Questa discussione va calata nella realtàattuale e si deve confrontare onestamentecon il vero problema che abbiamo di fronte:

i nostri territori sono in grado di sopportareulteriori colpi minandone la naturalità resi-dua e la capacità di carico già al limite, anziche ha già superato il limite?Per rispondere adeguatamente a questadomanda si dovrebbe sviluppare un’analisiapprofondita ben al di là dei limiti di questaintroduzione all’opera citata.Ci soffermiamo solo su due aspetti, in lineacon la riflessione di Jonas, sui bisogni dellegenerazioni future. Innanzitutto, le genera-zioni future, prima di dare l’assenso ad ulte-riori sconvolgimenti del territorio ancoranaturalizzato e vivo, ci chiedono legittima-mente di rimediare alle ferite più vistoseereditate dal passato. Ebbene, proprio suquesto terreno stiamo dimostrando di nonmeritare alcuna fiducia. Dopo oltre undecennio dall’approvazione per legge delPiano di bonifica dei siti inquinati di inte-resse nazionale (95), nella generalità dei 57siti individuati si è ancora alla fase dei pianidi caratterizzazione e delle conseguentiistruttorie (96), ma ben poco è stato realizza-to, essenzialmente per mancanza di adegua-

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ti finanziamenti. Analogamente per lenumerose discariche abusive e fuori normadi cui è disseminato il territorio nazionale,dalla Lombardia alla Campania, siamo daanni inadempienti rispetto alle necessariemisure di messa in sicurezza e bonifica.Nell’aprile 2007 l’Italia è stata condannatadalla Corte di giustizia delle Comunità euro-pee per inadempimento generale e persi-stente degli obblighi previsti dalla normati-va comunitaria in materia di rifiuti, a causadell’esistenza di migliaia di discariche ille-gali e incontrollate (97). Nel febbraio 2008 laCommissione ha inviato all’Italia una primalettera di avvertimento ai sensi dell’articolo228, applicabile quando uno Stato membronon ha dato piena esecuzione a una senten-za della Corte di giustizia europea. Tale arti-colo attribuisce alla Commissione il potere,dopo l’emanazione di due avvertimenti, dideferire una seconda volta lo Stato membroalla Corte e di chiedere l’applicazione dipenalità. Le informazioni trasmesse dalleautorità italiane in risposta alla prima lette-ra di avvertimento indicano che il problemacontinua a essere di vasta portata e interessaquasi tutto il territorio nazionale.Nonostante che siano stati adottati un certonumero di provvedimenti, come il monito-raggio di alcuni siti, la Commissione giungealla conclusione che, a due anni dalla sen-tenza della Corte, questi non sono sufficien-ti per affrontare la situazione e risolvere l’e-sistenza di un problema sistemico sul lungotermine. La Commissione ha pertanto deci-so di inviare all’Italia un ultimo avvertimen-to scritto ai sensi dell’articolo 228 (98).Insomma, prima di ulteriori assalti al terri-torio, ancorché controllati e “compensati”,sembra doveroso procedere alla riduzionedei disastri compiuti in passato. É solo ilcaso di annotare come il termine “bonifica”sia in realtà ingannevole: purtroppo, nono-stante le capacità rigenerative dei cicli natu-rali, difficilmente si riesce a ripristinare, sutempi storici, il territorio inquinato, moltospesso si tratta di confinare i contaminantiin modo da limitarne l’ulteriore dispersionein ambiente.Eppure in Italia non si fa neppure questo.Cosicché le mancate “bonifiche” spesso,come nel caso di siti minerari dismessi,determinano un’estesa e perdurante com-

promissione dell’ambiente, in particolaredelle falde (99). Insomma le mancate “boni-fiche”, oggi rinviate sine die per mancanzadi risorse, sono destinate a tradursi in costiaggiuntivi, sanitari ed economici, di granlunga superiori, per la collettività di domani(100).Vi è poi un secondo aspetto che va conside-rato e che non sembra essere minimamenteal centro delle attuali preoccupazioni.Grazie all’industrializzazione spinta dell’a-gricoltura, abbiamo perso cognizione delfatto che la nostra vita dipende ancoraessenzialmente dalla fotosintesi clorofillia-na possibile solo su suoli naturalizzati. Da lìvengono gli alimenti, non dagli scaffali deisupermercati, come credono tanti bambini(e adulti) cresciuti in ambienti artificiali.Mentre siamo straordinariamente preoccu-pati dell’indipendenza energetica, chesecondo alcuni avrebbe dovuto imporre ilritorno al nucleare (peraltro tutto d’importa-zione), non ci curiamo affatto dell’indipen-denza alimentare. Negli anni Trenta, quan-do eravamo poco più di 40 milioni di abi-tanti e l’agricoltura si basava fondamental-mente sulla fertilità naturale dei suoli, conqualche difficoltà si riusciva a sfamare gliitaliani, pur con una dieta povera di carne egrassi animali. Tuttavia allora si poteva con-tare su circa 28,5 milioni di ettari di superfi-cie agraria e forestale, pari al 94,6% dellasuperficie totale dell’Italia (101), mentreoggi con 60 milioni di abitanti disponiamoormai di «un dominio geografico di circa16,7 milioni di ettari, ovvero il 55,4 % dellasuperficie nazionale, all’interno del qualericadono le aree del territorio a principalevocazionalità agronomica»(102). Va aggiun-to che l’attuale agro-industria, drogata dalpetrolio e dallo sfruttamento intensivo deiminerali fosfatici, non è tuttavia in grado direndere l’Italia del tutto autosufficiente(103), anche perché il suolo agricolo e fore-stale disponibile si è drasticamente ridottodai 673 ettari ogni mille abitanti del 1936(104) ai soli 278 ettari circa di oggi, cioè diquasi due terzi in settant’anni. Resta davedere che cosa accadrà quando il petrolionecessario a far funzionare i megatrattori e aprodurre i concimi chimici finirà e quandole miniere di fosfati si esauriranno (105),anche perché nel frattempo l’agroindustria

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ha isterilito il suolo della pianura Padana,una delle zone un tempo più fertili, privan-dolo di sostanza organica, ad un livellomediamente inferiore al 2,5%, ritenutopotenzialmente critico per un equilibriobiologico sano (106).Insomma si tratta di un suolo piuttosto ste-rile, che funge soprattutto da sostegno fisicodelle piante, un po’ come l’argilla espansadelle nostre casalinghe idrocolture. Questoparadosso si spiega con il fatto che i conci-mi chimici che hanno fatto esplodere la pro-duttività dell’agricoltura industriale moder-na, mentre non rigenerano la fertilità dellaterra, nutrono direttamente le piante conun’iniezione di minerali ed altre sostanzeche ne consentono la crescita. Si tratta quin-di di un’agricoltura drogata, dai piedi diargilla, priva di futuro; un’agroindustria cheha surrogato l’economia rigenerativa dellanatura con un’economia dissipativa dipen-dente dalla tecnica, basata sulla disponibi-lità di petrolio (107).In questo contesto, ipotizzare un’ulterioreoccupazione di suolo in Italia appare unattentato nei confronti della sicurezza ali-mentare e non solo delle future generazioni.È possibile scommettere sulla costruzionedi un equilibrio dinamico con l’ambiente,puntando su un’agricoltura ecologica capa-ce di coniugare il meglio della tradizionecon l’innovazione ancorata alla conoscenzadell’ecosistema (108). Oppure ci si può affi-dare alla tecnoscienza che promette aumen-ti senza fine della produttività, controllototale e manipolazione illimitata dei fattoriproduttivi, creazione di un “mondo nuovo”che nel suo compiersi potrà fare a menodella terra e del lavoro. È un’escatologiapoco originale che si salda a corposi, imme-diati, interessi materiali, che serve a legitti-mare l’ennesima mutazione della “mega-macchina” sempre più ammaccata e peri-colosa nel suo cieco cammino.Nell’orizzonte della crisi ecologica che defi-nisce la nostra epoca, la “sindrome Nimby”,dunque, non è una malattia, bensì un’estre-ma reazione di “difesa immunitaria” dellasocietà e dell’ambiente aggrediti dalla pato-logia della tarda modernità: il dilagareincontrollato, inutile, spesso criminogeno,della cementificazione, delle infrastrutture,dell’impiantistica impattante (inceneritori,

centrali, rigassificatori, etc.), con grandi costiambientali, l’incremento del caos entropicoe conseguenze sempre più visibili sullasalute fisica e ancor prima psichica dellepersone, proiettate in ambienti sempre piùartificiali, all’inseguimento di mete insensa-te, tra eccessi consumistici, precarietà, nuoveschiavitù. Paradossalmente sono proprio gliostracizzati e stigmatizzati protagonisti dellelotte “Nimby” a ricordarci la qualità dellavita come meta ragionevole di un progressopossibile.Il ruolo di questa miriade di comitati, tra l’al-tro, sembra sia stato determinante nell’ina-

spettato risultato dei referendum del 12 e 13giugno 2011 sull’acqua pubblica e contro ilritorno al nucleare. A differenza del prece-dente referendum dell’87, ora siamo nelperiodo in cui chi non vuole che i quesitireferendari abroghino determinate leggi pro-pugna la non partecipazione al voto: cosìbasta aggiungere poco più di un 20% dicontrari attivi al 30% circa di non votoormai da tempo consolidato ed il gioco èfatto. Inoltre, a differenza del precedente, incui tutti i grandi partiti (PCI, PSI e DC), per unaragione o per l’altra, si erano alla fine schie-rati per votare sì, i partiti di governo in que-sto secondo caso hanno nei fatti invitato alnon voto, mentre il principale partito diopposizione si è collocato nel fronte deireferendari solo all’ultimo momento e connon pochi distinguo e perplessità. La vitto-ria dei referendum sembrava dunqueun’impresa impossibile, poi realizzatasi gra-zie soprattutto alla campagna capillare tran-sitata attraverso il web e i tanti “nimby” chein questi ultimi anni si sono disseminati peril Paese. Una vittoria ancor più clamorosa di

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NOTE1. Un’ipotesi di periodizzazione per il caso ita-liano dal 1880 al 1940, che ci sembra in linea dimassima condivisibile, è stata avanzata dallostorico dell’ambiente dell’Università di Siena,Simone Neri Serneri. Cfr. S. Neri Serneri,Incorporare la natura. Storie ambientali delNovecento, Carocci, Roma, 2005, pp. 67- 80.2. In via preliminare per gli studi di storia eco-nomica ed industriale si possono vedere:Annali dell’economia italiana, vol. I, 1861-1870 - vol. XIV, tomo II, 1971-1977, IstitutoIpsoa, Milano, 1981-1985; Storia d’Italia,Annali, vol. XV, L’industria, Einaudi, Torino,1999; V. Castronovo, Storia economica dell’Italia dall’Ottocento ai giorni nostri, Einaudi, Torino,

1994; R. Petri, Storia economica d’Italia. DallaGrande guerra al miracolo economico (1918-1963), Il Mulino, Bologna, 2002.3. È però interessante che oggi Hobsbawm sosten-ga che «la più grande sfida dell’esistente (è) quel-la ambientale». Cfr. “L’Espresso”, 10 maggio 2012.4. AA.VV., La valutazione di impatto ambienta-le, Gangemi Editore, Roma, 1989; V. Bettini et al.,Ecologia dell’impatto ambientale, Utet, Milano,2000.5. Art. 3 direttiva n. 85/337/CEE.6. Si veda il saggio di Stefania Barca pubblicatoin quest’opera.7. V. Spada, C. Tricase, Crescita e declino delsistema cloro. L’industria cloro-soda in Europa.

quella dell’87 che sfruttò la paura di un’opi-nione pubblica , sconvolta dalle proibizioni,introdotte dopo Chernobyl anche per ilnostro Paese, del consumo di verdure afoglia larga, di determinati funghi, di latteper i bambini. Non si può certamente sottovalutare il ruoloche ha avuto il gravissimo “incidente” diFukushima del marzo 2011. È probabile cheesso abbia contribuito a deprimere lo schie-ramento dei filonucleari, appoggiato datutte le forze che contano, piuttosto che adeterminare il passaggio di questi al fronteavverso. Il fatto è che gli eventi giapponesi sisono inseriti in un trend di crescente diffi-denza verso le pratiche manipolatorie delsistema della comunicazione al servizio delpotere politico ed economico. Una diffiden-za confermata dall’opacità delle informazio-ni sul disastro giapponese, con l’esplicitotentativo di farlo sparire il prima possibile,come se nulla di grave fosse avvenuto.A differenza di 25 anni fa, l’esito del refe-rendum ha sancito una maggioranza assolu-ta degli elettori contraria al ritorno al nuclea-re: nell’87 la partecipazione al voto fu supe-riore (65,7%) ma con una percentuale di nosignificativa (19,43%), per cui i sì furonomeno della metà degli elettori (20.984.110,su 45.869.897); nel 2011 la partecipazione alvoto più bassa (54,79%) viene compensatada una percentuale di no irrisoria (5,95 %),per cui i sì superano la metà degli elettori(25.643.652, su 50.594.868).Ma i referendum, oltre al tema del nucleare,toccano una questione altrettanto rilevante:la natura pubblica della gestione dell’acquae quindi più in generale dei beni comuni.

Insomma è emersa, per la prima volta, unamaggioranza attiva di Italiani che sembraprefigurare un futuro la cui cifra non è piùriducibile al mercato e alla crescita del PIL,che aspira ad una migliore qualità della vitae del funzionamento della democrazia, incui il controllo pubblico delle risorse natu-rali costituisce un elemento essenziale.Affinché una tale prospettiva possa tradursinella realtà e inaugurare un nuovo ciclo sto-rico è necessario, per tornare al tema da cuisiamo partiti, che le attività umane fonda-mentali, l’industria non meno dell’agricol-tura, subiscano una riconversione ecologica,adottando tecnologie appropriate, vale adire ad impatto ambientale sempre piùbasso. Ciò è possibile se ci si libera final-mente dal mito della crescita illimitata e cisi muove in una prospettiva che sappiainvece valorizzare gli aspetti qualitativi,immateriali, non mercantili dell’esistenza.Una tale riconversione è l’unica strada chevalga la pena percorrere, in grado, tra l’altro,di contribuire ad invertire la tendenza aldegrado e mancanza di lavoro. È un percor-so fattibile sulla base delle conoscenze dicui disponiamo e che, dove ancora non cisono, debbono e possono essere rapidamen-te acquisite, dando un senso alla ricerca eall’innovazione.Proprio i settori e i saperi che hanno alimen-tato e reso possibile la crescita estensivahanno la possibilità di diventare il centropropulsivo di un nuovo rapporto tra noi el’ambiente; il resto, volente o nolente,seguirà. A questo punto il vecchio modo diintendere il rapporto tra industria e ambien-te diventerà davvero archeologia industriale.

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Aspetti merceologici ed ambientali, Giappichelli,Torino, 2001.8. P.P. Poggio (a cura di), Una storia ad altorischio. L’Acna e la Valle Bormida, EdizioniGruppo Abele, Torino, 1996.9. E. Bullian, Il male che non scompare. Storia econseguenze dell’uso dell’amianto nell’Italiacontemporanea, Il ramo d’oro, Trieste, 2008.10. Art. 38 della Legge 22 dicembre 1898 n.5849, concernente la tutela della sanità pubblica,ribadito dal R.D. 3 febbraio 1901, n. 45, regola-mento esecutivo.11. M. Ruzzenenti, Un secolo di cloro e…PCB.Storia delle industrie Caffaro di Brescia, JacaBook, Milano, 2001.12. È solo il caso di ricordare che anche l’energiaidroelettrica, pur essendo la più “ecologica”, nonè esente da effetti indesiderati, sia come alterazio-ne brusca del territorio e quindi degli ecosistemisia per il prodursi di incidenti catastrofici: G.S.Pedersoli, Il disastro del Gleno, Grafica Gutenberg,Bergamo, 1973; L. Vastano, Vajont. L’onda lunga.Quarant’anni di tragedie e scandali. 1963-2003,Sinbad Press, Milano, 2003.13. Si veda il saggio di Marino Ruzzenenti pub-blicato “Il caso Italiano - Industria chimica eambiente” opera cit..14. G. Pedrocco, Bresciani. Dal rottame al tondi-no. Mezzo secolo di siderurgia (1945-2000),Milano, Jaca Book, 2000.15. Delle vicende ambientali e sanitarie indotteda un’industria di alluminio in una valle delTrentino dà conto il saggio di Edgard Mayer,pubblicato in “Il caso Italiano - Industria chimi-ca e ambiente” opera cit... Per l’eternit si veda: G.Rossi, La lana della salamandra. La vera storiadella strage dell’amianto a Casale Monferrato,Ediesse, Roma, 2008.16. Su Enrico Mattei la bibliografia è sterminata.Cfr. M. Colitti, Enrico Mattei, in Dizionario bio-grafico degli italiani, vol. 72, Istituto dell’enci-clopedia italiana, Roma, 2009, pp. 145-153.17. P. Jalee, Il saccheggio del terzo mondo, JacaBook, Milano, 1968; S. Amin, Lo sviluppo ine-guale. Saggio sulle formazioni sociali del capita-lismo periferico, Einaudi, Torino, 1977.18. Cfr. Gruppo Carlo Marx di Cremona, LoStato e la Fiat. I trasporti e la classe operaia,Libreria Feltrinelli, Milano, 1968.19. G. Trinchieri, Industrie chimiche in Italia.Dalle origini al 2000,Arvan, Mira-Venezia, 2001,pp. 303-334.20. T. Pugliese, Il polo industriale di PortoMarghera. I cambiamenti in atto, Franco Angeli,Milano, 1991; G. Zucconi, Marghera e la scom-messa industriale di Venezia, in S. Adorno e S.Neri Serneri (a cura di), Industria, ambiente eterritorio. Per una storia ambientale delle aree

industriali in Italia, Il Mulino, Bologna, 2009,pp. 133-148.21. M.G. Rienzo, Manfredonia: industria oambiente? Per la composizione di un conflitto,Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2005.22. S. Adorno, L’area industriale siracusana e lacrisi ambientale degli anni Settanta, in S.Adorno e S. Neri Serneri (a cura di), op. cit., pp.267-316. Si veda anche: P. Saitta, Il petrolio e lapaura. Popolazioni, spazio e altra economianelle aree a rischio siciliane, Aracne, Roma,2010.23. S. Ruju, Il petrolchimico di Porto Torres neglianni della Sir, 1957-1977, in S. Adorno e S. NeriSerneri (a cura di), op. cit., pp. 237-266.24. F. Amatori e B. Bezza (a cura di), Montecatini1888-1966: capitoli di storia di una grandeimpresa italiana, Il Mulino, Bologna, 1990.25. S. Ruju, op. cit.26. Sull’amianto impiegato nei cantieri per lacoibentazione delle navi, ma anche come prote-zione in determinate lavorazioni, si veda: A.Morena, Polvere. Storia e conseguenze dell’usodell’amianto ai cantieri navali di Monfalcone,Kappa vu, Udine, 2000.27. R. Tolaini, Il peso dell’acciaio: Siderurgia eambiente a Genova, 1950-2005, in S. Adorno eS. Neri Serneri (a cura di), op. cit., pp. 87-112; A.Ciuffetti, Industrializzazione e territorio nellaConca Ternana, in S. Adorno e S. Neri Serneri (acura di), op. cit., pp. 149-166; G. Corona,Industrialismo e ambiente urbano: le molteidentità di Bagnoli, in S. Adorno e S. NeriSerneri (a cura di), op. cit., pp. 189-212.28. Sul disastroso crimine industriale di Seveso,oltre al saggio qui pubblicato di Giorgio Nebbiaet al. in “Il caso Italiano - Industria chimica eambiente” opera cit.., si vedano: AA.VV., Icmesa.Una rapina di salute, di lavoro e di territorio,Mazzotta, Milano, 1976; M. Galimberti, G.Citterio, L. Losa, Seveso. La tragedia della diossi-na, Edizioni GR, Besana Brianza, 1977; M.Ramondetta, A. Repossi (a cura di), Sevesovent’anni dopo. Dall’incidente al Bosco delleQuerce, Fondazione Lombardia per l’ambiente,Milano, 1998; L. Centenari, Ritorno a Seveso. Ildanno ambientale, il suo riconoscimento, la suariparazione, Bruno Mondadori, Milano, 2006;“Seveso un crimine di pace” numero monogra-fico di Sapere, novembre - dicembre , 1976.29. www.legambiente.it/legambiente/30-anni-di-storia.30. G. Nebbia, La contestazione ecologica,“Sociologia urbana e rurale”, a. XII, n. 31, 1990,pp. 27-36.31. Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materiaambientale.32. La carring capacity è la capacità di un

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ambiente e delle sue risorse di sostenere un certonumero di individui. Sulla base di questa nozio-ne è stata elaborata la teoria dell’impronta ecolo-gica, ovvero dello spazio fisico necessario perfornire ad una determinata popolazione le risor-se necessarie per i suoi consumi, nonché perospitare i suoi rifiuti. Cfr. R. Wackernagel e W.E.Rees, L’impronta ecologica. Come ridurre l’im-patto dell’uomo sulla terra, Edizioni Ambiente,Milano, 1996; www.footprintnetwork.org.33. Sulle grandi dismissioni e gli effetti sociali,ambientali e culturali delle stesse, si veda, pertutte, il caso di Bagnoli in E. Rea, La dismissione,Rizzoli, Milano, 2002; si tratta comunque di unodei settori in cui si evidenzia con forza la carenzadella storiografia, solo in parte compensata daicensimenti di archeologia industriale, in cui hasvolto un ruolo pionieristico la FondazioneMicheletti di Brescia. Si veda, in tal senso: A.Garlandini e M. Negri (a cura di), I monumentistorico-industriali della Lombardia. CensimentoRegionale. Quaderni di documentazione Regio-nale, n. 17, Regione Lombardia, Settore Culturae Informazione, Milano, 1984; A. Garlandini, B.Micheletti, P.P. Poggio (a cura di), Il patrimoniostorico-industriale della Lombardia. Censimentoregionale, Fondazione Luigi Micheletti, Brescia,1991.34 La prima normativa che interviene specifica-tamente sulla materia è del 1999: D.M. 25 ottobre1999, n. 471, Regolamento recante criteri, proce-dure e modalità per la messa in sicurezza, labonifica e il ripristino ambientale dei siti inqui-nati.35. Cfr. P.P. Poggio, La crisi ecologica. Origini,rimozioni, significati, Jaca Book, Milano, 2003.36. Si noti che l’importante studio di F.M.Snowden, La conquista della malaria. Unamodernizzazione italiana 1900-1962, Einaudi,Torino, 2008, interpreta in chiave di esperimen-to coloniale la politica di “bonifica integrale”condotta dal fascismo.37. Ampiamente noto, e rivelatore, a questo pro-posito il caso dell’uccisione a Mogadiscio dellagiornalista del TG3 Ilaria Alpi, il 20 marzo 1994,e dell’operatore Miran Hrovatin: i due giornalistiavrebbero scoperto un traffico internazionale diveleni, rifiuti tossici e radioattivi prodotti neiPaesi industrializzati e stivati nei Paesi poveridell’Africa, in cambio di tangenti e armi scam-biate coi gruppi politici locali. Cfr. B. Carazzolo,Ilaria Alpi. Un omicidio al crocevia dei traffici,Baldini & Castoldi, Milano, 2002.38. Nella città indiana di Bhopal a causa dellafuoriuscita di 40 tonnellate di isocianato di meti-le (MIC), dallo stabilimento della Union CarbideIndia Limited, consociata della multinazionaleamericana Union Carbide specializzata nellaproduzione di pesticidi, si formò, poco dopo la

mezzanotte del 3 dicembre 1984, un nube tossi-ca che uccise in poco tempo 2.259 persone eavvelenò decine di migliaia di altre. Il governodel Madhya Pradesh ha confermato un totale di3.787 morti direttamente correlate all’evento, mastime di agenzie governative arrivano a 15.000 vit-time. Cfr. L. Mara, Da Bhopal alla Farmoplant.Crimini e chimica di morte, Ecoapuano, Carrara,1995.39. E. Altvater, Economia, ambiente, dirittiumani. A partire dal caso Bophal, le conse-guenze dell’industrializzazione selvaggia,Fondazione internazionale Lelio Basso,Roma, 1995.40. E. Peggio, Tendenze del capitalismo italianoe la programmazione democratica, in IstitutoGramsci - Cespe, Il capitalismo italiano e l’eco-nomia internazionale. I, Editori Riuniti, Roma,1970, pp. 65-185.41. G. Amendola, Relazione introduttiva, inIstituto Gramsci - Cespe, op. cit., p. 16.42. La lunga calza verde, mediometraggio, regiadi R. Gavioli, sceneggiatura di C. Zavattini,Gamma film, 1960 (Riedizione FondazioneLuigi Micheletti-Istituto Luce, DVD, 2011).43. R. L. Carson, Silent Spring, Houghton MifflinCompany, Boston, 1962 (prima edizione italiana:R. L. Carson, Primavera silenziosa, Feltrinelli,Milano, 1963).44. R.L. Carson, Primavera silenziosa, FeltrinelliU.E., Milano, 1973, pp. 105-107.45. Il testo di Odum ebbe una fortuna editorialestraordinaria, con successive revisioni da partedell’autore. Verrà pubblicato in Italia per laprima volta solo nel 1973, anche se una versio-ne ridotta apparve già nel 1966: E. P. Odum,Ecologia, Zanichelli, Bologna, 1966. Cfr. E. P.Odum, Basi di ecologia, Piccin, Padova, 1998, p. V.46. In verità in Italia, come di consueto, ciòavvenne solo dopo circa un decennio: il DDT

venne limitato ad alcune specie vegetali dal D.M.14 gennaio 1970 (G.U. n. 34 del 9 febbraio 1970),finché fu del tutto vietato dal D.M. 11 ottobre1978 (G.U. n. 298 del 24 ottobre 1978), mentre l’e-saclorocicloesano era già stato vietato qualcheanno prima dal D.M. 14 luglio 1974 (G.U. n. 229del settembre 1974) ed il suo isomero lindanovenne limitato dal D.M.12 luglio 1975 (G.U.n. 210del 7 agosto 1978). Per quanto riguarda i compo-sti arsenicali, risulterebbe che la Commissioneconsultiva per i presidi sanitari decise di vietar-ne l’impiego il 10 ottobre 1974. Cfr. R. Binetti, I.Marcello, G. Zapponi, Le sostanze cancerogenein ambiente di lavoro, EPC, Roma, 1974.47. «Probabilmente i moderni insetticidi venne-ro impiegati per la prima volta a scopo sanitarioin Italia, dal Governo alleato che, nel 1943, intra-prese un’efficace campagna antitifica sottopo-nendo gran parte della popolazione ad un trat-

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tamento di DDT in polvere». Cfr. R.L. Carson, op.cit., p. 259. In effetti, i comandi militari america-ni fecero del DDT un protagonista dellaCampagna d’Italia mobilitandolo nel ’43 contro ipidocchi responsabili dell’epidemia di tifo aNapoli (recentemente, abbiamo potuto vederenei filmati americani sull’Italia di quel periodomoltitudini di cittadini letteralmente imbiancatidall’insetticida) e nella primavera del ’44 controle zanzare anofele che infestavano le foci delVolturno e del Tevere, nonché le vecchie areepaludose della piana di Fondi e che stavano pro-vocando la recrudescenza della malaria. Il suc-cesso fu tale che Alberto Missiroli nel 1946 ela-borò il “Piano quinquennale” che in poche sta-gioni avrebbe sradicato la malaria da tutto ilnostro Paese. Ma il modello italiano basato sulDDT, riproposto a partire dal 1955 in tutti i Paesiin via di sviluppo dall’OMS, fallirà clamorosa-mente sia perché ai tropici il plasmodio puòriprodursi e sopravvivere grazie al caldoambientale anche senza il vettore zanzara, siaperché nel frattempo, come prevedeva laCarson, si erano evolute specie di anofele resi-stenti ai DDT e ad altri insetticidi. Cfr. P. Greco, Eil generale DDT conquistò l’Italia, in “L’Unità”, 1novembre 1994. Il DDT, a causa della sua scarsabiodegradabilità e della sua tossicità cronica diaccumulo fu sottoposto anche in Italia ad unaforte limitazione negli impieghi e poi alla messaal bando. La stessa sorte subirono in generale gliinsetticidi clororganici, ad eccezione del linda-no, ancora parzialmente in uso. Cfr. M. Ferrari, E.Marcon, A. Menta, Ecologia applicata 2. La dife-sa delle colture, Ed agricole, Bologna, 1996, p.371.48. «Uno degli effetti più notevoli degli idrocar-buri clorurati è quello prodotto sul fegato. […]Questa nostra barriera difensiva contro i veleniesterni e contro quelli che si formano nell’internodel nostro corpo sta ora vacillando e, forse, è pros-sima a crollare. Un fegato danneggiato dalla pre-senza di insetticidi diventa non soltanto incapacedi proteggerci dalle intossicazioni, ma inadatto adassolvere le altre sue molteplici attività. Gli effettinon solo si ripercuotono a grande distanza ditempo ma, per la loro grande varietà e per il fattoche possono non comparire immediatamente,vengono talvolta attribuiti ad una causa errata. Éinteressante notare, in connessione con l’ormaiquasi universale impiego di insetticidi insidiosiper il fegato, il brusco aumento dei casi di epatiteche ha inizio verso il 1950 e sta proseguendo inuna irregolare ascesa. Le cirrosi, a quanto sembra,sono diventate esse pure più frequenti». Cfr. R.L.Carson, op. cit., pp. 187-189.49. «Quando la causa di un tumore è da ricer-care negli insetticidi, compaiono tra essi, inprimo piano il DDT, il lindano, l’esacloruro di

benzene, i nitrofenoli, il paradiclorobenzene, ilclordano e, naturalmente, i loro solventi». Cfr.R.L. Carson, op. cit., p. 222. È inoltre ormai pro-vato l’effetto di questi sul sistema riproduttivoumano. Tenendo conto della «valutazione dellariduzione sulla concentrazione degli spermato-zoi nel liquido seminale del 40% negli ultimi 50anni» «il rapporto inversamente proporzionaletra il numero degli spermatozoi e l’uso degli anti-parassitari nelle ultime cinque decadi indica unrapporto tra i due fattori. Indagini hanno circo-scritto 583 prodotti commerciali antiparassitaricontenenti una o più sostanze, principi attivi,con effetti sul sistema riproduttivo». Cfr. M.Favale, Così pesticidi e farmaci moltiplicano lasterilità, in “L’Unità”, 22 dicembre 1996, p. 4.50. Alla fine degli anni Ottanta venivano utiliz-zati in agricoltura circa 1.500 principi attivi per40.000 diversi formulati. Nel 1980 nel nostroPaese sono stati distribuiti più di 2 milioni diquintali di fitofarmaci sotto forma di insetticidi,anticrittogamici e diserbanti, una media di circa870 grammi di veleni per ogni ettaro coltivato ose si preferisce 400 grammi per abitante. Cfr. M.Trincale, La difesa delle colture ortive con pro-dotti non tossici. Principi di lotta biologica, Lacasa verde, Sommacampagna (VR), 1988, p. 9.51.Si vedano G. Viggiani, Lotta biologica ed inte-grata, Liguori, Napoli, 1977; C. Aubert, Curare laterra per salvare gli uomini, Red, Como, 1981 eTecniche di base dell’agricoltura biologica, TerraNuova, Firenze, 1985; L. Triolo, Agricoltura,energia, ambiente, Editori Riuniti, Roma, 1988;G. Girolomoni, Terre, monti e colline. Il caso diAlce Nero, Jaca Book, Milano, 1992; C.C.Cesaretti, C. Donnhauser, Proposte per un’agri-coltura ecocompatibile, in Istituto di RicercheAmbiente Italia (a cura di), 1993, EdizioniAmbiente, Milano, 1993, pp. 141-153; G.Girolomoni, Alce Nero grida. L’agricoltura biolo-gica, una sfida culturale, Fondazione LuigiMicheletti, Jaca Book, Brescia Milano 2002; D.Covin, Che cos’è l’agricoltura biologica, Carocci,Roma, 2007.52. System dynamics group MIT, I limiti dello svi-luppo: un rapporto per il progetto del Club diRoma sui dilemmi dell’umanità, Mondadori,Milano, 1972. Per l’impatto in Italia si veda: L.Piccioni e G. Nebbia, I limiti dello sviluppo inItalia. Cronache di un dibattito 1971-74,“Altronovecento”, n. 18, dicembre 2011, http://www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/alle-gati/6677_2012.3.20_Altro900_Quaderno_1.pdf.53. B. Commoner, The closing circle, AlfredKuopf, New York, 1971; traduzione italiana coltitolo Il cerchio da chiudere, Garzanti, Milano,1972.54. G. Nebbia, Breve storia della contestazioneecologica, in “Energia Ambiente Popolazione.

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Quaderni di storia ecologica”, n. 4, CooperativaUniversitaria Editrice Scienze Politiche, Milano,1994, p. 47. Di Giorgio Nebbia, oltre ai testi pub-blicati in “Il caso Italiano - Industria chimica eambiente” opera cit., si vedano in particolare: ID.,Le merci e i valori, Alce Nero-Fondazione LuigiMicheletti-Jaca Book, Milano, 2002 ed il recenteID., Dizionario tecnico-ecologico delle merci,Fondazione Luigi Micheletti-Jaca Book, Milano,2011.55. E. Berlinguer, Austerità, occasione per cam-biare l’Italia, Editori Riuniti, Roma, 1977, p. 13.L’austerity con cui oggi si cerca di fronteggiare,con scarsi risultati, la crisi economica ha un segnopolitico-culturale antitetico, è infatti esplicitamen-te volta a rendere possibile una nuova crescita,non ha altre finalità.56. Ivi, p. 15.57. M. Ruzzenenti, Le radici verdi del sindacatoitaliano, in “Capitalismo Natura Socialismo”,1994, n. 11, agosto, pp. 136-141.58. Ministero dell’Ambiente, Direzione generaleper la qualità della vita, Bonifiche. Relazione sul-l’attività svolta nel 2009, Roma 2010, www.minambiente.it/export/sites/default/archivio/alle-gati/bonifiche/Relazione_2009.doc.59. G. Carli, Lacci e lacciuoli, Luiss UniversityPress, Roma, 2003.60. G. Cremaschi, Il regime dei padroni. DaBerlusconi a Marchionne, Editori Riuniti, Roma,2010; M. Franzini, Ricchi e poveri.Disuguaglianze, crescita e crisi, UniversitàBocconi Editore, Milano, 2010.61. Un documento tra i tanti: Commissione Ue,comunicato IP/05/1303, La Commissione procedecontro l’Italia per 11 violazioni della normativaambientale, Bruxelles, 18 ottobre 2005.62.Emblematico il caso degli interventi per il pre-visto G8 a La Maddalena, in cui, per presuntemotivazioni emergenziali, si sono derogate le nor-mative sui rifiuti. Cfr. F. Gatti, La grande bugia diBertolaso, in “L’Espresso”, 23 giugno 2010. Comeè noto dalle cronache giudiziarie, la prassi emer-genziale ha grandemente facilitato il malaffarecon il consueto dispiegarsi degli intrecci illegali ecriminali.63.Presidenza del Consiglio dei Ministri, Disegnodi legge costituzionale: modifiche agli articoli 41,97 e 118, comma quarto, della Costituzione,Roma, 9 febbraio 2011,http://www.governo.it/Governo/Provvedimenti/dettaglio.asp?d=62215.64. http://guidance.echa.europa.eu/about_reach_it.htm.65. Dati recenti provenienti dall’Agenzia delleentrate attestano che il contribuente italiano, se siescludono i redditi che non si possono evadere(lavoro dipendente, pensione, interessi su Bot econti correnti, eccetera), su 100 euro non versa al

fisco ben 38 euro e 41 centesimi. Cfr. E. Marro,Dalla banca dati del Fisco la radiografia dell’eva-sione in Italia, in “Corriere della sera”, 3 aprile2011. Se si considerano nel loro insieme l’evasio-ne e l’elusione, più la finanza propriamente cri-minale, abbiamo un Paese spaccato in due, in cuiuna frazione della popolazione si dedica al sac-cheggio dell’altra.66. L’Ispra nazionale funziona con ben 250 preca-ri, minacciati continuamente di licenziamento ecostretti ad una continua mobilitazione per salva-re non solo il loro posto di lavoro, ma anche lastessa attività dell’Istituto. Cfr. http://precarii-spra.blogspot.com/.67. Il processo che ha avuto maggiore risonanza aquesto proposito è quello per le morti nelPetrolchimico di Porto Marghera da CVM, clorurodi vinile monomero intermedio per il PVC: N.Benatelli, G. Favarato, E. Trevisan, Processo aMarghera, Ediciclo, Portogruaro (VE), 2002; F.Casson, La fabbrica dei veleni. Storie e segreti diPorto Marghera,Sperling & Kupfer, Milano, 2007.68. Forse l’unica eccezione è quella della recentesentenza del processo Eternit, che si è conclusocon la condanna in primo grado a 16 anni direclusione e l’interdizione dai pubblici uffici delmagnate svizzero Stephan Schmidheiny e delbarone belga Louis Carthier. I due ex vertici dellamultinazionale dell’amianto sono stati ricono-sciuti colpevoli di disastro ambientale doloso eomissione volontaria delle cautele antinfortunisti-che. In questo caso le vittime (2.100 morti; 800ammalati; 80 milioni di indennizzi alle oltre 5.000parti civili) non sono circoscritte agli ex dipen-denti Eternit, ma comprendono anche familiari egli abitanti. Le oltre 700 pagine della sentenza, aldi là dei fondamentali aspetti giuridici connessi aidanni disastrosi, e ben lungi dall’essere esauriti,inferti ai lavoratori e alle popolazioni, ricostrui-scono in modo dettagliato la storia industriale-ambientale delle fabbriche Eternit, evidenziandole tragiche conseguenze “locali” di strategie mon-diali indifferenti al destino delle loro vittime, tro-vando per molto tempo ampie complicità in ogniambiente, a fronte di pochi, tenaci, oppositori. Seil pronunciamento del Tribunale di Torino reg-gesse ai successivi due gradi di giudizio, assume-rebbe indubbiamente una portata storica. Si puòleggere nel sito www.medicinademocratica.org.Al momento nel quale va in stampa questo fasci-colo di “Medicina Democratica”, la Corte diAppello di Torino il 03 giugno - 2 settembre 2013con sentenza, ha condannato a 18 anni di carcereil magnate svizzero Stephan Schmidheiny.69. Un primo importante studio generale checerca di fare il punto sul rapporto tra tumori einquinamento nel caso italiano è quello recente-mente pubblicato dai medici oncologi: AA.VV.,Progetto ambiente e tumori, Associazione italiana

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di oncologia medica, Milano 2011;www.aiom.it/Attivit%EO+Scientifica/Documenti+AIOM/Position+paper/Progetto+Ambiente+ e+Tumori/1,5352,1.70. Su questa mutazione epidemica avvenuta acavallo del “miracolo economico” si veda S.Luzzi, Il virus del benessere. Ambiente, salute esviluppo nell’Italia repubblicana, Laterza, Roma-Bari 2009.71. “Pandemia silenziosa” è la definizione, allar-mata e allarmante, coniata nel 2007 dalla HarvardSchool of Public per indicare le trasformazioni(epi)genomiche che avvengono nelle prime fasi disviluppo del feto e del bambino per l’esposizionea metalli pesanti e a distruttori endocrini qualiIPA, diossine, PCB. Cfr. E. Burgio, Pandemia silen-ziosa. Trasformazioni ambientali, climatiche, epi-demiche, Roma 2008, in “Scienza e Democrazia/Science and Democracy”, www.dipmat.unipg.it/~mamone/ sci-dem.72. In questa direzione si muovono diverse vocidi scienziati, medici, oncologi, purtroppo larga-mente inascoltate. Si veda in particolare l’Appellodi Parigi. Dichiarazione internazionale sui perico-li sanitari dell’inquinamento chimico, promossoda Dominique Belpomme, illustre oncologo fran-cese, e firmato da centinaia di personalità e scien-ziati di tutto il mondo: www.artac.info/fr/appel-de-paris/presentation_000074.html. Da decennisono impegnate in questa battaglia per la preven-zione primaria in particolare due riviste,“Medicina Democratica” (www.medicinademo-cratica.org) ed “Epidemiologia & Prevenzione”(www.epiprev.it), create negli anni Settanta daGiulio Alfredo Maccacaro, di cui parleremo piùavanti. Un lavoro pionieristico da ricordare èquello di Aldo Sacchetti, L’uomo antibiologico.Riconciliare società e natura, Feltrinelli, Milano,1985.73. Nel 2011 Eurostat ha pubblicato i dati sull’a-spettativa di vita sana, che per il nostro Paese sonoaggiornati al 2008: ebbene dal 2004 per le donnesi è verificata una drammatica diminuzione di 10anni e per gli uomini di 8 anni. Cfr.: http://ec.euro-pa.eu/health/indicators/echi/list/echi_40.html#main?KeepThis=true&TB_iframe=true&hei-ght=450&width=920.74. Su alcuni “casi” clamorosi del passato relativia questo aspetto cruciale, che rinvia al tema delprincipio di precauzione di cui si dirà e che avreb-be bisogno di maggiore attenzione da parte dellaricerca storica, si veda: European envirronmentagency, Late lessons from early warnings. Theprecautionary principle. 1896–2000, Eea,Copenhagen, 2001.75. B. Trentin, L’autunno caldo. Il secondo bien-nio rosso. 1968-1969,Editori Riuniti, Roma, 1999.76. Cfr. Movimento Studentesco (a cura di),Documenti della rivolta universitaria, Laterza,

Bari, 1968. Ampia la memorialistica e storiografiasuccessiva. Citiamo, tra gli altri, G. Viale, IlSessantotto tra rivoluzione e restaurazione,Mazzotta, Milano, 1978; P. Ortoleva, Saggio suimovimenti del Sessantotto in Europa e inAmerica, Editori Riuniti, Roma, 1988; P.P. Poggio(a cura di), Il Sessantotto: l’evento e la storia,Annali della Fondazione “Luigi Micheletti”, 1988-1989, Brescia.77. M. Cini, Segnali dal Sessantotto. Il messaggionella bottiglia dell’anno che ha chiuso il secolo, in1968, supplemento mensile a “il manifesto”,1988, n. 6, giugno, p. 21.78. K. Popper, Logica della scoperta scientifica. Ilcarattere autocorrettivo della scienza, Einaudi,Torino, 1981. In effetti la genealogia dell’analisicritica della scienza è molto complessa; oltre aifiloni qui presi in considerazione si ricordi alme-no E. Husserl, La crisi delle scienze europee e lafenomenologia trascendentale, Il Saggiatore,Milano, 1997, risalente anch’essa agli anni Trenta.79. Nel saggio Dialettica dell’illuminismo (1947) idue principali esponenti di tale corrente di pen-siero, Horkheimer e Adorno, in serrata polemicacon le correnti neopositivistiche, criticavano lepremesse di fondo della concezione scientificadel mondo radicata nello stesso movimento ini-ziale della filosofia moderna (cartesianesimo egalileismo), opponendosi all’elevazione dellametodologia quantitativa e matematizzante dellescienze naturali a rigido modello logico di valoreuniversale, cioè applicabile all’intero campo dellescienze, del sapere e delle esperienze umane. Cfr.M. Horkheimer, T.W. Adorno, Dialettica dell’illu-minismo, Einaudi, Torino, 1966.80. H. Marcuse, L’uomo a una dimensione.L’ideologia della società industriale avanzata,Einaudi, Torino, 1967, p. 179.81. G.A. Maccacaro, Per una medicina da rinno-vare. Scritti 1966-1976, Feltrinelli, Milano, 1979;Medicina Democratica Movimento di lotta per lasalute, Università degli studi di Milano,Concezioni scientifiche, saperi popolari e societàumana alle soglie del duemila: attualità del pen-siero di Giulio A. Maccacaro. Atti del convegnointernazionale, Università degli studi di Milano1997, “Quaderni di Medicina Democratica”, sup-plemento ai numeri 114-118, Milano, 1998; E.Ferrara (a cura di), L’umanità di uno scienziato.Antologia di Giulio Alfredo Maccacaro, Edizionidell’asino, Roma, 2011.82. Si veda a questo proposito, per rimanere inambito ecologista, l’edizione italiana della rivista“The ecologist” fondata da Edward Goldsmith,“L’Ecologist italiano”, edita da Libreria editriceFiorentina e diretta da Giannozzo Pucci.83. www.cidis.it.84. H. Jonas, Il principio responsabilità, Einaudi,Torino, 1990, 1993 e 2002. Il testo originale è del

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1979. La riflessione critica sulla tecnica è al centrodella riflessione di altri autori novecenteschiimprescindibili, tra cui segnaliamo almenoGunther Anders e Ivan Illich (per una ricognizio-ne generale su queste correnti di pensiero si vedaP.P. Poggio, a cura di, L’Altronovecento.Comunismo eretico e pensiero critico, voll. 1 e 2,Fondazione Luigi Micheletti-Jaca Book, Milano,2010, 2011.85.Esemplare al riguardo la Fondazione UmbertoVeronesi, finanziata da numerose imprese priva-te. www.fondazioneveronesi.it.86.L. Tomatis, Il fuoriuscito,Sironi, Milano, 2005.87. “La Repubblica”, 12 luglio 2007.88. www.nimbyforum.it.89. “Affari e Finanza-La Repubblica”, 11 settembre2006.90. www.pimby.it.91. www.forumnucleare.it.92. M. Cavargna, 150 nuove ragioni contro laTorino-Lione. Brevi considerazioni tecniche sulprogetto per l’occasione dei 150 anni dell’Unitàd’Italia e dei 20 anni del movimento No Tav, ProNatura Piemonte, Torino 2011, www.notav.eu/.Dossier NO TAV, “Medicina Democratica”, n.200, nov.-dic. 2011.93.F. Sansa, A. Garibaldi, A. Massari, M. Preve, G.Salvaggiulo, La colata. Il partito del cemento chesta cancellando l’Italia e il suo futuro,Chiarelettere, Milano, 2010.94. Si vedano per il movimento coordinato daAlberto Asor Rosa, Rete dei Comitati per la difesadel territorio,www.territorialmente.ite la Rete perlo scambio di esperienze, informazioni, foto evideo, Stop al consumo di territorio, http://stopal-consumoditerritorio.ning.com/ Sul rinnovamen-to delle forme di democrazia e il governo parteci-pato del territorio, si vedano, tra gli altri,www.democraziakmzero.org e www.societàdei-territorialisti.it.95. Legge n. 426/98 Nuovi interventi in campoambientale.96. Ministero dell’Ambiente, Direzione generaleper la qualità della vita, Bonifiche…, cit.97. Sentenza della Corte, Terza Sezione, 26 aprile2007 - Commissione delle Comunità europee/Repubblica italiana (Causa C-135/05) Inadem-pimento di uno Stato-Gestione dei rifiuti -Direttive 75/442/CEE, 91/689/CEE e 1999/31/CE.98. Comunicato Commissione Ue, IP/09/1029,Italia: la Commissione invia un ultimo avvertimen-to riguardo a possibili penalità per le discariche abu-sive e avvia una procedura concernente le acquereflue, Bruxelles, 25 giugno 2009. Con successivoprovvedimento del 27/02/2012, la CommissioneUE ha messo in mora l’Italia per infrazione all’art. 14della direttiva sulle discariche di rifiuti.99. Per le miniere abbandonate delle CollineMetallifere si veda, R. Barocci, ArsEnico. Come

avvelenare la Maremma fino alla catastrofeambientale, Stampa alternativa, Roma 2000; Id.,Maremma avvelenata. Cronaca di un disastroambientale annunciato, Stampa alternativa, Roma2002.100. Esemplare lo studio recente sul sito diAugusta-Priolo e di Gela: qui la bonifica integraledelle aree industriali inquinate potrebbe evitare lamorte prematura di 47 persone in media ognianno, il ricovero ospedaliero di 281 ammalati dicancro e di 2.702 persone per tutte le cause, conun enorme vantaggio economico, stimato, in 30anni, in un risparmio di oltre 10 miliardi di euro(3,6 miliardi a Priolo e 6,6 miliardi a Gela). Cfr.: C.Guerriero, F. Bianchi, J. Cairns, L. Cori, Policies toclean up toxic industrial contaminated sites ofGela and Priolo: a cost-benefit analysis,“Environmental Health”, vol. 10, 2011;http://www.ehjournal.net/content/10/1/68. Dasegnalare anche lo studio epidemiologico preli-minare sui Siti inquinati di interesse nazionale,denominato Sentieri. Studio epidemiologico deiterritori e degli insediamenti esposti a rischio diinquinamento: risultati, in “Epidemiologia &Prevenzione”, a. 35, n. 5-6, maggio-giugno 2011,Suppl. 4, pp. 1-204.101. A. Marescalchi, L’agricoltura italiana e l’au-tarchia, Einaudi, Torino, 1938, p. 5.102. Ministero delle politiche agricole, alimentarie forestali, Agrit 2008. Statistiche agronomiche disuperficie e produzione agraria, Bollettino 20 set-tembre 2008, Roma, p. 1.103. Nel 2000 la bilancia commerciale agroali-mentare italiana denunciava un passivo di circa3,5 miliardi di euro. Cfr. I. Sandri, A. Severo,Aspetti dell’andamento del bilancio alimentareagricolo italiano nel periodo 1980-2001,“Agriregionieuropa”, 2007, a. III, n. 11, dicem-bre. www.agriregionieuropa.univpm.it/dettart.php?id_articolo=272.104. Nel 1936 gli abitanti erano 42.399.000. Cfr.Istat, Popolazione residente dei comuni.Censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994.105. G. Nebbia, “Dove troveremo tutto il fosforoper sfamare tanta gente?”, “La Gazzetta delMezzogiorno”, 11 agosto 2009. Si veda sulla que-stione alimentare oggi: L. Colombo e A. Onorati,Diritti al cibo! Agricoltura sapiens e governancealimentare, Jaca Book, Milano, 2009.106. Di fondamentale importanza per lo studiodella fertilità del suolo in Valle Padana sono glistudi e le ricerche di Giovanni Haussmann. Peruna introduzione si veda: E. Ongaro, Al serviziodell’uomo e della terra: Giovanni Haussman(1906 -1980), Jaca Book, Milano, 2008.107. P. Bevilacqua, Miseria dello sviluppo,Laterza, Roma-Bari, 2008, pp. 53-63.108 Cfr. P.P. Poggio, Resistenza contadina, in“Lo Straniero”, 2012, n. 141, marzo.

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L’insostenibilità dellageotermia in Toscana,evidenziata dai recentistudi epidemiologicidi Maurizio MARCHI,1 Roberto BAROCCI,2 Alvaro GORI,3 Fabio LANDI,4

Pino MERISIO,5 aderenti a SOS Geotermia - Coordinamento dei movi-menti per l’Amiata6

Consensus Document: Valerio GENNARO,7 Patrizia GENTILINI,8 LuigiCARPENTIERO9

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RIASSUNTOPremessa. La Regione Toscana ha pubblica-to nel ottobre 2010 uno studio epidemiolo-gico (SE), prodotto dall’ARS Toscana, dallaFondazione Monasterio e dal CNR di Pisaper verificare i possibili danni alla salute deiresidenti nei sedici comuni della Toscana,sede di impianti geotermici, situati in duedifferenti aree: una a nord (Larderello, PI eRadicondoli, SI) ed una a sud (Amiata gros-setana e senese).Obiettivo. Abbiamo voluto verificare i mate-riali e metodi ed analizzare la coerenza traconclusioni e risultati dello studio SE.Materiali e metodi. La nostra indagine hariesaminato lo studio epidemiologico (SE)pubblicato su Epidemiologia & Prevenzione(2012) e ha verificato i dati osservati sullapopolazione esposta. Come riferimentosono state considerate 2 popolazioni: quellaresidente in Toscana, che ha fornito i datiattesi, ritenuti nella norma e quella localecostituita dai residenti nei comuni situati inun raggio di 50 km dalle centrali geotermi-che, che ha fornito dati utili ad escluderecondizionamenti socio economici.Risultati. L’analisi dei dati forniti dallo stu-dio epidemiologico (SE) sull’inquinamentodi aria, acqua e suolo, rilevati nelle due areegeotermiche, mette in evidenza diversitàimportanti per la quantità e qualità degliinquinanti rilasciati in atmosfera, in partico-lare mercurio, boro, arsenico, ammoniaca,radon e acido solfidrico. Altri inquinamentirisultano provenire da precedenti attività

minerarie e da siti ancora da bonificare.Lo studio SE, per gran parte degli effettisanitari, tiene correttamente ben separate ledue aree geotermiche, mettendo in eviden-za i risultati per zona e per popolazioniesposte, segnalando sostanziali diversità trauomo e donna e per area geografica.Dall’analisi dei dati disaggregati, emerge chenei maschi residenti nei comuni geotermicidell’area dell’Amiata si registra un eccessostatisticamente significativo della mortalitàper tutte le cause del 13%. Per tutti i tumo-ri sono segnalati eccessi (circa 30%) statisti-camente significativi in tre paesi: AbbadiaSan Salvatore, Piancastagnaio e Arcidosso.Conclusioni. Riteniamo che lo studio epide-miologico esprima conclusioni erronea-mente rassicuranti poiché non sono stateindagate le conseguenze di altri inquinanti(es. radon), né ha valutato i loro effetticumulativi ed è mancata una reale georefe-renziazione della popolazione [esposta e dicontrollo] (5). Nonostante l’evidenza di que-sti limiti e l’emersione di alti rischi, lo stu-dio SE ha basato la sua rassicurazione aggre-gando valori molto differenti tra loro ediluendo situazioni molto preoccupanti. Ilmascheramento di questa alta stima di alcu-ni rischi impedisce il corretto riconosci-mento dei danni già subiti e produce nuovidanni alla salute della popolazione esposta.

PREMESSA E OBIETTIVIDopo anni e molte richieste avanzateprima da Comitati di cittadini, poi dalle

1. - MedicinaDemocratica diLivorno, 2. - ForumAmbientalista diGrosseto.3. - ComitatoAmbiente Amiata diAbbadia S.Salvatore.4. - ProspettivaComune diPiancastagnaio.5. - Prc di SantaFiora.6. - Aderenti a SOSGeotermia -Coordinamento deimovimenti perl'Amiata.

ConsensusDocument: 7 - Epidemiologodell'Istituto Tumoridi Genova; 8 - Oncologa, ISDEdi Forlì; 9 - AUSL 10 diFirenze.

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Amministrazioni locali, la Regione Toscana,attraverso l’Agenzia Regionale di Sanità(ARS), ha commissionato alla Fondazione“Gabriele Monasterio” e al CNR di Pisa(Istituto di Fisiologia Clinica) uno studioepidemiologico (di seguito SE) per verifica-re i possibili danni alla salute dei residentinei sedici comuni toscani sede di impiantigeotermici. Lo studio, pubblicato nell’Otto-bre 2010, in rete, scaricabile dal sito dellaRegione Toscana (1) successivamente ag-giornato, è stato pubblicato sulla rivista“Epidemiologia e Prevenzione” (2).Il nostro obiettivo è stato di verificare i meto-di di studio, i dettagli analizzati e la coeren-za delle conclusioni con i risultati analiticidello SE.I comuni in esame sono raggruppati in duearee distinte (vedi Figura 1.): la prima anord, dove si trovano le centrali geotermi-che più antiche a Larderello in Comune di

Pomarance (PI) e a Radicondoli (SI), laseconda a sud nell’Amiata grossetana esenese. Come valori normali di riferimentosono stati presi quelli dell’intera popolazio-ne residente in Toscana, che è sufficiente-mente ampia e per lo più concentrata a norddella regione, nell’asse trasversale Livorno-Pisa-Lucca-Firenze, lontano dalle zone geo-termiche. Inoltre è delineata l’area limitrofadi riferimento locale, comprendente icomuni entro il raggio di 50 km dalle cen-trali, con le caratteristiche socio economi-che di quelli sede di impianti. Un’area loca-le importante per evidenziare, qualora esi-stano, i condizionamenti diversi dall’am-biente dei comuni sede di impianti geoter-mici, ma legati a fattori di carattere socio-economico in grado di confondere. Infatti irisultati osservati nei comuni sede diimpianti sono stati confrontati anche conquelli dei comuni limitrofi.

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Figura 1. - I Comuni dello studio epidemiologico sedi di impianti geotermici nellaToscana meridionale, suddivisi in due sub aree racchiuse nell’area di riferimentolocale in colore più chiaro

Fonte: pag. 69 dello studio epidemiologico (SE), figura ripresa dalla rivista “Epidemiologia ePrevenzione” anno 36 (5) settembre-ottobre 2012.

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ANALISILe diversità dei flussi geotermici e dellematrici geologiche nelle diverse areeLo studio SE rivolto nella prima fase all’a-nalisi dei dati disponibili sull’inquinamen-to di aria, acqua e suolo, rilevati nelle areegeotermiche in collaborazione con ARPAT,mette in evidenza nella Sezione A dal tito-lo “Analisi degli studi ambientali” (1) diver-sità importanti nei vari comuni. La Figura 2riporta per alcuni inquinanti le diversequantità emesse in atmosfera da singole

centrali in un anno nelle due aree geotermi-che toscane.Mentre il boro è pericolosamente diffusonelle acque potabili e con i gas in uscita dagliimpianti nell’area a nord, il mercurio e ilradon predominano a sud. Sono state regi-strate in modo disomogeneo differenzeanche per l’arsenico nell’acqua potabile e perl’ammoniaca tra i gas di scarico. La Figura 3, sulle differenti concentrazionidel mercurio nell’aria rendono esplicitequeste diversità.

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Figura 2. - Dati tratti dallo Studio Epidemiologico (1), pag.16 (da“Epidemiologia ePrevenzione”, anno 36 (5) settembre-ottobre 2012, pag.18)

Figura 3. - Da ARPAT “Monitoraggio delle aree geotermiche – Controllo delle emissio-ni-qualità dell’aria”, Anno 2009

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In particolare emerge che il Mercurio inAmiata senese è almeno venti volte supe-riore agli altri luoghi. Anche nei terrenidell’Amiata si registrano concentrazioniparticolarmente alte di Mercurio nel raggiodi 1000 metri dagli impianti geotermici(pag. 20 dello studio SE cit.).A queste diverse emissioni prodotte dallecentrali geotermoelettriche andrebbero som-mate quelle relative alle emissioni naturalidi gas dal suolo indotte dalla geotermia equelle delle vecchie discariche minerarie dimercurio esistenti in Amiata, ancora dabonificare (3), solamente rammentate nellostudio SE, ma mai quantificate e valutatenella loro azione cumulativa (4) sulla salutedelle popolazioni a rischio.La geotermia nell’area nord comprende 28centrali delle complessive 33 esistenti inToscana. Ognuna viene alimentata con vapor-dotti, coibentati con amianto rimosso solorecentemente, che trasportano i fluidi estrattida numerosi pozzi, talvolta decine. Le tri-vellazioni si spingono oggi anche a 6.000metri di profondità, dato che i giacimentigeotermici più superficiali si vanno depo-tenziando. E’ documentata una interferenzafrequente tra le falde idriche superficiali,destinate agli usi civili e le falde geotermi-che profonde, cariche di inquinanti. Sonointeressati nell’area geotermica sud i baciniidrici dei fiumi Fiora, Ombrone e Teverecon l’Acquedotto del Fiora che serve700.000 persone in provincia di Siena,Grosseto e Viterbo, mentre nell’area a nordvengono coinvolti i bacini della Val diCecina e della Val di Cornia.In entrambe le aree sono state erogate acquepotabili in deroga ai limiti di legge per oltre10 anni (2001-2012), per Boro e Arseniconella zona nord a circa 100.000 abitanti inVal di Cecina e a circa 80.000 abitanti nellaVal di Cornia, compresa l’isola d’Elba.Anche nell’area geotermica a sud, ma conmodalità più articolate, si è distribuito conl’acqua potabile l’Arsenico in deroga permolti anni.La Decisione della Commissione Europeadel 28 ottobre 2010 ha posto un termine ulti-mativo alla fornitura di acqua alla popola-zione in deroga ai limiti di legge per Boro eArsenico. Le istituzioni locali, Regione egestori del Servizio Idrico Integrato, hanno

istallato solo quest’anno, con una spesavalutabile di almeno dodici milioni dieuro, impianti di depurazione per Boro eArsenico.Mentre in Amiata dalle miniere si estraevail cinabro e da questo il Mercurio, la Val diCecina da oltre un secolo è interessata dalleestrazioni e dalle lavorazioni del borace nel-l’area di Larderello e quelle di salgemmanell’area, più a valle, di Saline di Volterra.

RISULTATI DIVERSI NELLE DIVERSEAREE GEOTERMICHECorrettamente lo studio SE per gran partedegli effetti sanitari, non mescola le diver-sità e tiene ben separate le due are geotermi-che, mettendo in evidenza i risultati perzona e per popolazioni esposte, segnalandosostanziali diversità tra uomo e donna,com’è normale in studi simili. Pur avendoprodotto dati per tempi più lunghi, dal 1980al 2006, per eliminare motivi di possibileinterferenza, si è analizzato il periodo 2000-2006. Infatti non vengono individuate e ana-lizzate sotto popolazioni più fragili o piùesposte, come ad esempio i minatori o cate-gorie legate alla lavorazione del cinabro, chehanno trascorso molti anni nelle varieminiere o industrie della zona sud estraen-do o lavorando tale solfuro. Per evitare lapossibile interferenza, si è scelto di limitarele analisi ad un periodo più recente, suffi-cientemente lontano dalla chiusura delleultime miniere e industrie, avvenute neglianni sessanta. Per superare una secondainterferenza, relativa al tempo di latenza e diincubazione di molte possibili patologiealtrimenti non rilevabili, il periodo di riferi-mento è sufficientemente distante anchedall’entrata in funzione della maggior partedegli impianti geotermici, i primi nell’areasud in funzione dagli anni ‘60. In tal modosi sono compiute correttamente valutazionisu popolazione uniformemente esposte.Dall’analisi dei dati disarticolati emerge inmodo non contestabile (vedi tabella inFigura 4.), che nei comuni geotermici dellasub area dell’Amiata si registra un eccessodi mortalità statisticamente significativo neimaschi.La differenza (O-A) tra i decessi Osservati

(O) e quelli Attesi (A) per tutte le cause, pub-blicata a pag. 80 dello studio SE(1) è di 166,

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due decessi in più al mese.La Figura 5 mostra la tendenza registrata dal1980 della riduzione dell’indice di mortalitàa causa di tumori negli uomini, che nell’ariageotermica, in particolare nell’area sud,inverte la tendenza registrata nel resto dellaToscana e assume andamento crescente.L’eccesso nell’area Sud per i maschi e pertutte le cause di morte (+13,1%) è moltosimile sia rispetto all’area di riferimentolocale, scelta sulla base di caratteri di omo-geneità socio economica, sia rispetto all’in-tera regione toscana [+13,7%, pag. 82 delloSE(1)]. Tutto ciò significa che sull’Amiata lecondizioni ambientali locali incidono nega-tivamente sulla salute e che le condizioni

socio economiche non hanno influenzasignificativa sull’eccesso di mortalità regi-strata.A pagina 89 dello stesso studio SE, nelParagrafo “Analisi di tutti i tumori” per imaschi della zona Amiata, si evince unaumento statisticamente significativo diqueste ultime patologie del +19% negli ulti-mi sette anni presi in considerazione,aumento non più attribuibile all’attivitàmineraria del passato per i motivi dettisopra. Vi si legge: “Tra i singoli comuni dellazona sud emergono eccessi statisticamentesignificativi dell’ordine del 30% essenzial-mente nell’ultimo periodo ad Abbadia SanSalvatore; Piancastagnaio, e Arcidosso...”

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Figura 4. - Tabella tratta dallo Studio Epidemiologico [pag. 80 (1)]

Figura 5, tratta dallo Studio Epidemiologico [pag. 88 (1)]

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Lo studio SE individua anche (vedi Figura6) un gruppo di comuni con risultanze omo-genee nel periodo 2000-2006, statisticamen-te significativi e piuttosto preoccupanti nel-l’area di riferimento di 50 Km. In questicomuni si sono Osservati (Oss) nei maschiresidenti 2.596 casi di morte, mentre neerano attesi 2300. Quindi si sono registrati296 morti in più. Il rapporto di mortalitàstandardizzato SMR è 113, quindi un incre-mento medio per questo gruppo di comunidel 13%.Ma situazioni allarmanti si registrano anchenella zona nord. Ad esempio a pag. 84 delRapporto nel “Commento a tutte le cause dimorte per le femmine” vengono riportatidati statisticamente significativi che riguar-dano i comuni di Monteverdi Marittimo eMontecatini Val di Cecina.In particolare, del Rapporto segnaliamo irisultati pubblicati nella sezione E (1):“Studio di correlazione tra inquinanti ed

eventi sanitari” e quelli dell’Allegato 6 (1):“Risultati statisticamente significativi delleanalisi di correlazione geografica tra i datiambientali e dati sanitari”.In questa ultima sezione i 18 comuni geo-termici sono stati raggruppati in “terzili”,cioè tre gruppi di sei comuni aggregati inrelazione alla concentrazione crescente diinquinante nelle matrici aria, acqua e suolo.Ne sono analizzati gli andamenti, riportan-do le patologie certamente associate all’in-quinante. Da questa analisi sono state indi-viduate 54 relazioni, statisticamente signi-ficative, tra incrementi di malattie e con-centrazioni crescenti di diversi inquinantiprodotti anche dalle centrali geotermiche.Ad esempio per il tumore al cervello:“Nelle aree con valori più elevati di mer-curio nell’aria (terzo terzile) si registra uneccesso di rischio del 383% rispetto aicomuni del primo terzile (figura 2.1.3.).”Vedi figura 7:

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Figura 6. - Studio Epidemiologico (1), pag. 81. Il cluster comprende diversi comuni tuttiorientati a nord ovest rispetto agli impianti collocati sull’Amiata. (Sorprende il fatto cheanche i venti prevalenti in Amiata sono orientati da sud est verso nord ovest)

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L’Allegato 6 dello studio SE, di cui riportia-mo come esempio due tabelle riassuntive,nelle Figure 8 e 9, indica il RischioRelativo (RR) tra il terzo ed il primo terzi-le (SMR3/SMR1*) e, quando staticamentesignificativo, anche il rapporto tra il secon-do ed il primo terzile (SMR2/SMR1 # ).Quanto più il risultato del rapporto è mag-giore ad uno, tanto maggiore è la probabilitàche un soggetto, residente nei comuni piùesposti agli inquinanti (terzo terzile), svilup-pi la malattia rispetto a quello di uno resi-dente nei comuni meno esposti (primo ter-zile).Non sono stati condotti approfondimentisull’effetto sinergico e cumulativo (4) dellevarie sostanze inquinanti, né accertamentisugli effetti della preoccupante presenza delRadon.

A pag.162, Paragrafo 6.2 dello studio SE (1):“Considerazioni sui risultati delle analisidella mortalità”, analizzando i dati dell’in-sieme delle due diverse aree geotermichedella Toscana e anche delle singole due subaree separate, si legge :“Negli uomini lamortalità generale osservata nell’interaarea geotermica mostra un eccesso stati-sticamente significativo rispetto sia al rife-rimento locale sia a quello regionale...Inoltre, emergono eccessi per le malattierespiratorie e tra queste per la pneumoco-niosi, per le malattie infettive e tra questeper la tubercolosi. Nelle donne non emergo-no eccessi statisticamente significativi adeccezione della cirrosi epatica... è possibileosservare che la mortalità nelle due sub areeè ben diversificata ... nell’area Sud la mor-talità generale e per il complesso dei tumori

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Figura 7. - Studio Epidemiologico (1), Allegato 6, pag.7, una delle 54 relazioni statistica-mente significative

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Figure 8 e 9: RELAZIONI statisticamente significative rispettivamente dei Ricoveri e della Mortalità in funzione del-l’inquinamento crescente nella matrice acqua. Tabelle riassuntive dell’Allegato 6 allo studio S.E. (Elaborazione degliAutori del presente articolo)

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risulta in eccesso negli uomini, per i qualiemergono eccessi significativi...; tra ledonne emergono eccessi di mortalità per lemalattie respiratorie acute e per malattiedell’apparato digerente.”

COMMENTO AI RISULTATIIn Epidemiologia non si possono mescolarele diversità registrate in aree con differentiesposizioni sulle popolazioni.Se quindi il Rapporto nell’articolazione enegli approfondimenti ha evitato di aggre-gare dati provenienti da popolazione diver-samente esposte e ha compiuto più con-fronti con le popolazioni di riferimento, leConclusioni commettono l’errore di mesco-lare le diversità tra i comuni della zona norde quelli della zona sud, tra i valori riscontra-ti per l’uomo e quelli per la donna, diluen-do situazioni invece preoccupanti.L’ aggregazione tra situazioni ambientalicon diverse esposizioni della popolazionenon è consentita. E’ segnalata in letteratura(5) come errore e, nel caso di specie, hadiluito una realtà preoccupante.Nelle Conclusioni sintetiche e finali dellostudio epidemiologico (SE), a seguito dellaerronea mescolanza delle diversità e dilui-zione dei dati, emerge una valutazione incontraddizione con lo studio. Infatti,nella sez. F (1) (pag. 319) si dà un quadrorassicurante e fuorviante della realtà:“Relativamente ai dati sanitari, i risultatidell’indagine evidenziano uno stato di salu-te della popolazione residente nelle areegeotermiche coerente con quello generaletoscano e con quello degli abitanti deicomuni limitrofi non geotermici.” Queste le Conclusioni del CommittenteARS (1) in “Lo Studio in Sintesi” (pag. 25):“In estrema sintesi... gli indizi e le prove rac-colti evidenziano un quadro epidemiologi-co nell’area geotermica rassicuranteperchésimile a quello dei comuni limitrofi non geo-termici ed a quello regionale;...”.Sembrerebbe il commento di un altro ediverso studio.Queste conclusioni pongono contraddizio-ni irrisolte: infatti è forte la correlazione tral’incremento statisticamente significativo dimolte malattie tumorali e mortali registratenei comuni geotermici dell’Amiata e le con-centrazioni crescenti di arsenico, mercurio e

acido solfidrico..., registrate negli stessi comu-ni geotermici; di più: le stesse ARPAT edENEL dichiarano che alla produzione dellepredette concentrazioni tossiche e nociveconcorrono anche le centrali geotermiche.Pertanto, si può affermare che le centrali geo-termiche in Amiata possano concorrere adeterminare un eccesso di mortalità statisti-camente significativo.

UN AGGIORNAMENTO DELLO STUDIOEPIDEMIOLOGICO, INCOMPLETO ECON CONCLUSIONI FUORVIANTI Nel Seminario “Geotermia e Salute” del 25ottobre 2012 a Firenze, organizzato da ARS,è stato presentato un aggiornamento (2) delRapporto, che pur confermando i dati etendenze descritte nello studio del 2010,ripete l’errore commesso nelle precedentiConclusioni. Infatti, generalizzando e confon-dendo i dati provenienti da zone a diversaesposizione, i risultati vengono diluiti e rite-nuti “coerenti” con quello generale toscanoe con quello degli abitanti dei comuni limi-trofi non geotermici (pag.10), fornendoinformazioni fuorvianti ai Sindaci, i qualirecentemente hanno affermato (11) pubbli-camente che «questo studio commissiona-to dalla Regione Toscana all’AgenziaRegionale della Sanità e i successiviaggiornamenti... hanno fornito un quadroestremamente rassicurante sullo stato disalute della popolazione dei comuni geoter-mici, in linea con i dati del resto dellaRegione che è tra le più longeve d’Italia.”Ma è l’esatto contrario!Tuttavia sembra che gli estensori dell’ultimoRapporto ARS oggi abbiano una prudentepresa di distanza dalle conclusioni “rassi-curanti” precedentemente espresse, artico-lando nelle Conclusioni (pag.10) anche ungiudizio per zone diverse. Infatti si leggeche: “Non mancano tuttavia elementi di cri-ticità attinenti ad alcuni livelli di inquina-mento ambientale e a eccessi di mortalità ericovero emersi per un numero limitato dimalattie, più evidenti nell’area geotermicadell’Amiata (area Sud) rispetto a quelladella provincia di Pisa (area Nord).” Ma, dimenticando che le attività minerariesono terminate negli anni ‘60 del ‘900 etacendo sulle emissioni geotermiche, comese non si potessero ipotizzare e nominare, si

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rimane nell’indeterminazione, ma nonprima di aver rassicurato, rimandando lecause dell’eccesso di mortalità registrato “aoccupazioni nelle attività produttive delpassato, senza escludere esposizioni piùrecenti, negli stili di vita individuali, in unacomponente ambientale, o in altri fattori almomento non noti.”Come è documentato dagli studi ARS le atti-vità del passato e gli stili di vita non c’entra-no affatto (7); pertanto, rimane da indagaresulla presenza di una o più componentiambientali. L’esempio degli studi epidemiologici con-dotti dalla struttura sanitaria della RegioneLazio (8) nella provincia di Viterbo, suglieffetti allarmanti dell’Arsenico nelle acquepotabili, distribuito con deroghe regionali,fornisce una seria indicazione.Nel caso dell’Amiata le emissioni comples-sive delle centrali geotermiche andrebberosommate a quelle relative alla dispersionedi inquinanti dalle discariche minerarie dimercurio, esistenti da decenni e con unritardo scandaloso nelle bonifiche da partedelle stesse amministrazioni pubbliche (4).Ci sono poi dispersioni naturali di gas (9),ripetutamente rammentate da Arpat, daEnel (12), ma mai quantificate e valutate nelloro complesso.Anche nella zona geotermica nord altri fat-tori inquinanti – borace, salgemma, mercu-rio e cromo – hanno reso la risorsa acquasempre più scarsa ed inquinata, mettendo arischio la salute della popolazione.Nonostante queste forti pressioni sulla salu-te, non è mai stata condotta un’indaginesulle interferenze e sull’azione sinergica diquesti fattori. Tuttavia frammenti di indagi-ne ci consegnano una situazione moltograve che richiede approfondimenti, bonifi-che e radicali interventi.Neppure in sede di Valutazione di ImpattoAmbientale delle nuove centrali geotermi-che autorizzate in Amiata, sia la Giuntadella Regione Toscana, che l’ARS hannorichiesto una valutazione dell’effetto cumu-lativo degli inquinanti prodotti dall’insiemedelle centrali in esercizio, senza motivaretale omissione rilevata da pubblici uffici(13), ma pure dalle Osservazioni dei cittadi-ni. In particolare nel 2012, sempre in sede diparere sulla VIA per la stessa centrale ENEL,

poi autorizzata dalla Regione, anchel’Azienda USL9, competente per territorio,aveva rinnovato la richiesta, scrivendo (13):“Inoltre si ribadisce la necessità di valutarel’impatto cumulativo dei singoli elementichimici tossici, in quanto ancorché presentiin concentrazione singola nei limiti dellanorma, potrebbero rappresentare un rischiosanitario non trascurabile se considerati intermine di carico complessivo.” Invece la Giunta della Regione Toscana haescluso una valutazione dell’effetto sinergi-co e cumulativo dei vari inquinanti sullasalute, trascurando il dettato normativo, ilbuon senso e anche ciò che in letteratura ètestimoniato.Nello specifico, l’azione cumu-lativa del complesso delle fonti di emissionegeotermica e in particolare del Mercurio eArsenico, è segnalato dall’InternationalAgency for Research on Cancer (IARC)dell’Organizzazione Mondiale della Sanità(14), che riporta la preoccupante interazionetra Mercurio e Arsenico. Quindi in sede diVIA si è voluto limitare la valutazione allesingole emissioni aggiuntive delle nuovecentrali da autorizzare, senza considerare illivello di inquinamento preesistente ecomplessivo sul territorio, come se laValutazione di Impatto Ambientale nonfosse di norma la valutazione della soste-nibilità sul territorio di una nuova immis-sione, a partire dalla realtà esistente.

CONCLUSIONESulla sostenibilità della GeotermiaDalle considerazioni fatte deriva la primaosservazione generale, necessaria, anche sescontata e di buon senso: la Geotermia nonè solo calore, poiché il calore è veicolatodall’acqua e dal vapore, entrambi associatia sali e gas altamente tossici contenentimercurio, arsenico, ammoniaca, boro,metano, radon, antimonio, altri agenti.Alla Geotermia non possono essere attribui-te valutazioni in termini di sostenibilità uni-voche e valide per tutte le aree, essendo unafonte energetica collegata e condizionata inmaniera determinante dalle caratteristichegeologiche del territorio e dalle tecnologieimpiegate.A parità di tecnologie usate, è possibileesprimere valutazioni in merito alla sosteni-bilità o meno della produzione energetica

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geotermica solo se sono stati realizzatiBilanci Idrici corretti e solo se le caratteristi-che della crosta terrestre sono omogeneesecondo criteri geofisici e geochimici.Le generalizzazioni, comunemente fatte inambito europeo e italiano, anche da moltiamministratori pubblici e da Associazioniambientaliste, sono poco rispettose dellarealtà esistente, specie in Toscana, sede sto-rica di molte miniere in cui si estraevanodiversi minerali metalliferi e dove le caratte-ristiche geologiche sono diversificate. Neconsegue che, sia la rinnovabilità dei consu-mi di acqua emessa con i vapori geotermici,che la sostenibilità sanitaria delle sostanzainquinanti emesse con gli stessi vapori,sono molto diverse da zona a zona.

In Amiata ci sono prove che la Geotermianon sia sostenibile e rinnovabile, mentrenon ci sono prove del contrarioLe argomentazioni dalla Giunta regionale(6)per addebitare i dati del Rapporto a pre-sunti e non documentati diversi stili di vitadegli abitanti, già in parte smentite dal dop-pio confronto dei dati con i comuni limitro-fi di riferimento locale, non sono state sup-portate da valutazioni tecniche.La letteratura scientifica internazionale,infatti, dimostra che lo stile di vita influenzain modo chiaro la mortalità e l’incidenzadelle patologie cardiovascolari, che invecenella zona geotermica sud sono in netto calo.Le argomentazioni sono ulteriormentesmentite da una recente indagine comparati-va del dott. Voller (7) dell’Agenzia Regionaledi Sanità Toscana sugli stili di vita in Amiatae sui consumi della sua popolazione, pre-sentata al Seminario “Geotermia e Salute”del 25 ottobre 2012 a Firenze.L’approfondimento smentisce quelle ipotesiazzardate e mai documentate, che hannoaddebitato gli eccessi di mortalità registratiagli stili di vita degli amiatini.Ovviamente il Rapporto non può produrreevidenze che permettano un giudizio diresponsabilità esclusiva delle emissioni geo-termiche perché concorrono ad emissioninocive anche vecchie discariche minerarienon ancora bonificate (4), valori di inqui-nanti in deroga nelle acque potabili (8) edemissioni naturali (9). Ciò detto, non vi sonodubbi che in Amiata ci siano condizioni

ambientali che provochino gli eccessi regi-strati e non è tecnicamente corretto esclude-re che le emissioni della centrali geotermi-che non concorrano a tali effetti.Se si aggiunge che in Amiata, per rifornire treprovince di acqua potabile vengono utilizza-te falde idriche superficiali, in costante ridu-zione, che tutti gli studi scientifici eviden-ziano collegamenti tra le falde superficiali equelle profonde geotermiche e che, dal varodella prima legge n°183 del 1989, non è statoprodotto il Bilancio Idrico che includa i pre-lievi di acqua legati alla geotermia (10), cisono tutte le condizioni per definire laGeotermia in Amiata non solo insostenibileper motivi sanitari, ma anche non rinnova-bile per gli eccessivi consumi idrici nell’or-dine di molti milioni di metri cubi all’anno.

Sugli studi epidemiologici delle aree geo-termiche toscaneIn ambito scientifico c’è consapevolezzadella presenza nei comuni geotermici dellaToscana di condizioni ambientali diverse einteragenti, già pericolose con effetti oltre ilimiti di sicurezza, su cui indagare in sededi studi epidemiologici e pure in sede diValutazione di Impatto Ambientale.Riteniamo che lo studio SE in esame espri-ma conclusioni erroneamente rassicurantipoiché non sono state indagate le conse-guenze di altri inquinanti (es. radon), nésono stati valutati i loro effetti cumulativi,inoltre è mancata una reale georeferenzia-zione della popolazione (esposta e di con-trollo). Nonostante l’evidenza di questi limiti e l’e-mersione di alti rischi, lo studio SE ha basa-to la sua rassicurazione aggregando valorimolto differenti tra loro e diluendo situazio-ni molto preoccupanti. E’ necessario realiz-zare un attento riesame di tutti gli elementistrutturali che costituiscono gli studi epide-miologici nei comuni geotermici e che puòessere realizzato a costo zero. Le conclusioni tranquillizzanti appaionoper lo più condizionate da volontà politi-che, spesso prive di solide basi scientifiche,francamente incoerenti con gli obiettivi ed irisultati degli stessi studi e impediscono ilcorretto riconoscimento dei danni già subi-ti, producendo nuovi danni alla salute dellapopolazione esposta.

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NOTE1. - Il Rapporto è scaricabile dal seguente indirizzo:http://www.ars.toscana.it/aree-dintervento /deter-minanti-di-salute/ambiente/dati-e-statisti-che/1062-lo-studio-completo-dellars-sulla-geoter-mia.html2. - L’articolo e la rivista si scarica da:http://www.epiprev.it/pubblicazione/epidemiol-prev-2012-36-5-suppl-13. – Ci si riferisce ai seguenti siti inquinati e inseritinel Piano Regionale di Bonifica dalla Deliberazionedel Consiglio regionale n° 384 del 21.12.1999 conprevisione di bonifica a “Breve termine”: GR 034 eGR 053 in comune di Arcidosso, SI 071 in comunedi Piancastagnaio e SI O67a, SI 067c in comune diAbbadia San Salvatore, ancora da bonificare e pub-blicati nel sito ARPAT della Toscana in:http://sira.arpat.toscana.it/apex/f?p=55002:2:1482482808053324::NO:::4.- Neppure in sede di VIA per nuove centrali geo-termiche autorizzate in Amiata, l’Ars ha ritenuto didover suggerire la necessità di una valutazionecumulativa degli inquinanti.5. - In proposito, si vedano gli articoli di seguitoindicati: a) - V. Gennaro, P. Ricci, AG. Levis, P. Crosignani.Epidemiology’s and epidemiologists’ vice and vir-tues. Vizi e virtù dell’epidemiologia e degli epidemiolo-gi. Epidemiologia & Prevenzione 2009; 33 (4-5),supp 2:49-56. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pub-med/ 20124642b) - V. Gennaro, L. Tomatis. Business bias: How epi-demiologic studies may underestimate or fail todetect increased risks of cancer and other diseases.Int J Occup Environ Health 2005;11:356–359. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed /16350469c) - S. Parodi, V. Gennaro, M. Ceppi, PL. CoccoComparison bias and dilution effect in occupatio-nal cohort studies. Int J Occup Environ Health2007; Apr-Jun: 13 (2): 143-52.http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/ 17718170d) - Hernberg. ”Negative” results in cohort studies:how to recognize fallacies.SJWEH.1981; 7:121-6http://www.sjweh.fi/show_abstract.php?abstract_id=2589e) - N. Pearce. Corporate influences on epidemio-logy. Int J Epidem 2008; 37(1):46-53.http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubed/18245050f) - N. Bailar. How to distort the scientific recordwithout actually lying: truth, and the arts of scien-ce. Eur J Oncol 2006; 11(4):217-224. g) - D. Michaels. Doubt is their product. How indu-stry’s assault on science threatens your health.Oxford University Press 2008. 6. - La stampa locale, il giorno 28 novembre 2010,riportando la presentazione della Relazione ARS-CNR, fatta dalla Giunta Regionale, è uscita con que-sti titoli: “Amiata indagine sullo stato di salute deicittadini - Geotermia, dagli studi non emergono

rischi sanitari” (La Nazione); “L’indagine è statacondotta in tutte le aree dove c’è attività termica -La geotermia non uccide - Presentata la ricercadell’Ars sui rischi per la salute” (Il Tirreno); “SantaFiora - La vita al tempo della geotermia. Sala delPopolo gremita per ascoltare la relazione sui datiepidemiologici. Cipriani: - Qui l’aria migliore dellaToscana-. Ma i comitati contestano” (Corriere diMaremma). Vedi: http://www.provincia.gros-seto.it/rassegna/index.php.7. - Fabio Voller, ARS, “Le informazioni sugli stili divita” Ottobre 2012. Vedi:http://www.ars.toscana.it/aree-dintervento/deter-minanti-di-salute/ambiente/dati-e-statisti-che/1199-geotermia-e-salute-le-informazioni-sugli-stili-di-vita-ottobre-2012.html8. - Nei comuni dell’Amiata, fino a tutto il 2009 siè bevuta acqua potabile anche con 30 µgr/litro diArsenico in deroga alle norme europee e naziona-li, sulla base di Determinazioni della RegioneToscana. Nei comuni della zona Nord si è arrivatianche a 50 µgr/litro. Sui risultati sanitari di talideroghe si fa riferimento allo Studio “ValutazioneEpidemiologica degli effetti sulla salute in rela-zione alla contaminazione da Arsenico nelleacque potabili nelle popolazioni residenti neicomuni del Lazio” Aprile, 2012. Si scarica da:www.osservatorelaziale.it/public/allegati/files/126.pdf.9.,10. - Regione Toscana, Nota del Settore “Tuteladel territorio e della costa” Prot. n. A00-GRT int 11del 14 novembre 2007. Oggetto: piano di lavorofinalizzato alla definizione del bilancio idrico del-l’acquifero dell’Amiata (deliberazione Giuntaregionale 8 aprile 2002). Risultati delle indaginieseguite.11.- “Il Tirreno” del 15.02.2013 si scarica da:http://www.provincia.grosseto.it/rassegna/text.php?text=t308988#.UR_K5vL66FQ.12. – Sul punto, va sottolineato che, in modo ine-scusabile, le dispersioni naturali di gas, ripetuta-mente evidenziate sia dall’Arpat che dall’Enel, nonsono mai state quantificate e valutate nel loro com-plesso.13. - Regione Toscana – Settore PrevenzioneIgiene e Sicurezza sui luoghi di lavoro – prot.n° A00-GRT9049/ Q.100.140 del 12.1.2012,“Procedimento di VIA...Bagnore...Contributoistruttorio su documentazione integrativa”.14. - IARC Monografie, Volume 58 (1993), sulMercurio, pag. 11:“Uno studio in Italia ha indicato un aumento delrischio di cancro al polmone in un popolazione dioperaie di una industria che produceva cappelli difeltro e che ha avuto una forte esposizione al mer-curio, ma anche all’arsenico.”Vedi: http://apps.who.int/bookorders/anglais/detart1.jsp?sesslan=1&codlan=1&codcol=72&codcch=58.

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013100 rubriche

Ambiente e società

Il Disastro ambientale di SpinettaMarengo (AL): cronache dal processo.Le responsabilità penali e politiche.Le richieste di giustizia e bonifica delsito per evitare la chiusura della fab-brica

AVVERTENZA LEGALENella presente rubrica vengono rievocate diverse inchieste giudiziarie, alcune concluse e altre in corso.Tutte le persone coinvolte e/o citate a vario titolo, anche se condannate nei primi gradi di giudizio, sono da rite-nersi innocenti fino a sentenza definitiva.

di Lino BALZA* e Barbara TARTAGLIONE*

1. - LE AZIONI DI MEDICINADEMOCRATICA PRIMA DEL-L’AVVIO DEL PROCESSOIl processo per l’inquinamentodella Solvay (ex Ausimont-Monte-dison) di Spinetta Marengo (Ales-sandria), per la portata delle accu-se e le potenzialità degli accerta-menti ambientali e sanitari, è unaoccasione storica. L’obiettivo delnostro esposto alla Procura dellaRepubblica è stato quello di dimo-strare che si tratta di reati – (avve-lenamento doloso delle acque edolosa omessa bonifica) – non cir-coscrivibili alle cessate produzionidi cromo esavalente, bensì che sitratta di reati ambientali protratti-si nel tempo attuale ed estesi aduna ventina di veleni riversati inacque, suolo e aria. Con relativemorbilità.Nel Congresso provinciale abbia-mo convenuto sulla necessità perMedicina Democratica di costi-

tuirsi parte civile nel procedimen-to, per coerenza con il ruolo didenuncia e proposta da sempresvolto dall’Associazione nei con-fronti del polo chimico, nonchéper gli esposti presentati presso laProcura della Repubblica che inostri aderenti hanno presentato.Si sottolinea che è fondamentalela presenza di Medicina Demo-cratica come parte civile, come èstato più volte dimostrato in altriprocessi (petrolchimico di PortoMarghera, Eternit di CasaleMonferrato, Cavagnolo, Rubiera eBagnoli, Thyssen Krupp di Torino,Fibronit di Broni, Fincantieri diMarghera, Montefibre di Verbaniae altri), spesso è l’unica parte civi-le che produce una gran mole dilavoro e partecipa attivamente neldibattimento con i suoi legali econsulenti tecnici, che non accet-ta compromessi e non si ritira difronte a risarcimenti pecuniari,

che persegue la verità e l’accerta-mento delle responsabilità azien-dali e istituzionali fino al terminedel processo.Le vittime, lavoratori e abitanti, delcolosso chimico spinettese sonoattualmente centinaia, migliaia neidecenni, e vanno risarcite.Soprattutto l’azione giudiziariaserve per prevenire nuove vittime:per imporre bonifiche ambientalie strumenti efficaci di controllodella salute e dell’ambiente, inprimo luogo attraverso l’Osser-vatorio ambientale della Fraschet-ta (Alessandria), la cui realizza-zione è stata da oltre 30 annirichiesta da Medicina Democra-tica.Certo, svolgere un ruolo di primopiano come parte civile nel pro-cesso, avendo di fronte un gigantecome Solvay, per Medicina Demo-cratica è uno sforzo immane siaper gli impegni personali che tale

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013rubriche 101

Ambiente e societàscelta impone, sia per realizzarenel tempo la collaborazione conl’avvocato e i consulenti tecnicinominati nel processo, sia per l’e-sposizione economica. Ancor prima dell’avvio del proces-so, con manifesti e lettere abbiamolanciato un appello pubblico a tuttala popolazione, lavoratori, ex lavo-ratori, abitanti, colpiti da malattiee/o morti correlabili all’inquina-mento del polo chimico, affinchétramite un apposito questionariosegnalassero per se stessi o per iparenti lo stato di morbilità, nonchéi tempi, i modi e le condizioni dellostesso, al fine di predisporre gli attilegali per ottenere il riconoscimentoed il risarcimento dei danni patiti. Grazie a questa iniziativa, al pro-cesso si presentano molte particivili, una forza d’urto che mettein difficoltà l’azienda e i corre-sponsabili. Ci assisterà nell’impre-sa l’avvocato Laura Mara.Si segnala che già nel 1943una con-tessa aveva ottenuto un risarcimen-to giudiziario dalla Montecatini diSpinetta Marengo (Alessandria) peri cavalli avvelenati dalle emissionidi cromo nell’ambiente. Poco appresso, con allarmati studiper la stessa zona, il professor Contiteneva all’università di Genovalezioni di sedimentologia e idrolo-gia. Oggi, il limite di legge“ammesso”, per la protezionedelle acque sotterranee, per ilcromo esavalente, un agente tossi-co e cancerogeno, è di 5 micro-grammi per litro (0,005 milligram-mi di cromo/litro). In verità il limi-te per la salute è zero. LaCoopsette, nel novembre 2007,analizzando i terreni su cui inten-de costruire a Marengo un iper-market, ha riscontrato una con-centrazione di 288 microgrammidi cromo/litro di acqua. Così, solosei mesi dopo l’allarme Coop,venerdì 23 maggio 2008 sonoapparsi titoloni a sei colonne sugiornali e tv: “Bomba ecologica.Falde inquinate. Emergenza pozzi

a Spinetta”. Ma dove stava lanovità, la sorpresa? Dato che lapresunta bonifica sarebbe dovutainiziare sei anni prima. Moltotempo prima la dottoressa Rini,capo laboratorio dello zuccherifi-cio di Marengo, fin dagli anni ’80,con noi denunciava ripetutamen-te sui giornali che l’acqua dellafalda era appunto inquinata dacromo, titanio, solforico, cloro ealtre sostanze tossiche, tanto daessere inutilizzabile nella lavora-zione delle barbabietole.Inquinata da chi? Dalla Montedison. Un allarme cheMedicina Democratica negli anniha ripreso più volte, pubblicandosulla stampa le foto dei bidoninascosti, rivendicando la costitu-zione dell’Osservatorio della Fra-schetta, e contestando i palliativiproposti dall’azienda e dalle am-ministrazioni pubbliche (per esem-pio il progetto europeo Linfa).Medicina Democratica l’avevaancora ripetuto all’assembleapopolare di Pozzolo Formigaro, lasettimana precedente il fatidico 23maggio 2008.Finalmente il 23 maggio 2008 l’o-pinione pubblica è rimasta scossadall’emergenza idrica, con il sin-daco che ordina la chiusura deipozzi, sollecitato e con un graveritardo di sei mesi dalle analisifatte eseguire da Coopsette.Abbiamo dunque immediatamen-te scritto ai giornali: “Prima che siesaurisca di nuovo l’ondata emo-tiva, invitiamo di nuovo gli entipreposti ad andare a vedere checosa c’è sotto e attorno allo stabili-mento ex Montedison e ora SolvaySolexis e Arkema ed Edison. Nonci sono barriere che tengano.Spinetta è come Bussi in Abruzzo,è un altro scandalo nazionale. Nelsottosuolo all’interno della gigan-tesca fabbrica stanno percolandonelle falde una ventina di velenisversati, non solo il cromo (altrimetalli, organoclorurati, solventifluorurati ecc.). Bisogna fare i

carotaggi e le analisi. Cosa è statodepositato nel bunker antiaereo dicui si chiacchiera dal dopoguerra?Bisogna andare a vedere. Le colli-ne sullo sfondo dello stabilimentonon sono naturali nella piana diMarengo: sono depositi di rifiuti.Bisogna andare a scavare.Provvederanno ASL e ARPA? Lopretenderà la massima autoritàsanitaria comunale, cioè ilSindaco di Alessandria, preoccu-pato di interrompere i cicli pro-duttivi e non altrettanto dell’ac-quedotto? E gli altri Sindaci dellaFraschetta? Per i reati commessi,per le misure di emergenza, per irisarcimenti: sarà tempestivo l’in-tervento della Magistratura? IlComune si costituirà parte civile?E la Provincia? E la Regione? Sonoqueste le domande inquietantiche poniamo nel timore che unnuovo velo venga in pochi giorni acoprire le vergini grida di allarmee sdegno.”Così scrivevamo. Stendendo unvelo pietoso sul ruolo storico deicollusi sindacati: che, come le trescimmiette, una con le mani sugliocchi, una sulle orecchie, una sullabocca, mettono a rischio i posti dilavoro. Il 24 maggio, avviene sia l’a-pertura dell’inchiesta da partedella Procura della Repubblica diAlessandria, che la riunione diemergenza fra Comune, Provincia,Arpa, Solvay e Unione industriali.Di seguito riassumiamo i 15 puntidell’esposto che avevamo deposi-tato alla Procura della Repubblicadi Alessandria (e ripresi, anchealla lettera, con interrogazioni,ordini del giorno, interpellanzeecc.) in base ai quali avevamoannunciato che Medicina Demo-cratica si sarebbe costituita partecivile nel procedimento che laMagistratura vorrà aprire nei con-fronti dei responsabili dell’azien-da e delle amministrazioni locali.– Le persone indagabili per l’avve-lenamento dell’ambiente nonsono “ignote”, si tratta innanzitut-

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013102 rubriche

Ambiente e societàto di dirigenti della Montedisonche si sono avvicendati nel grandepolo chimico [sono gli iscritti nelregistro degli indagati dal PubblicoMinistero per lo scandalo rifiutiMontedison di Bussi (Pescara), cioèCarlo Cogliati amministratore dele-gato di Ausimont; i direttori NicolaSabatini, Luigi Guarracino, Mauri-lio Aguggia, Leonardo Capogrosso,nonché Giorgio Canti, Bruno Paro-di e Bruno Migliora responsabilidei settori Ambiente e Sicurezzadel gruppo Ausimont, che, peresempio, hanno ricoperto analo-ghe funzioni presso lo stabilimentodi Spinetta Marengo]. Inoltre, sisottolinea che nessuna legge con-sentiva neppure nel passato, chec-chè ne dica il Sindaco, di sotterra-re veleni a migliaia di tonnellatecon i conseguenti rischi e danniambientali e sanitari. Al riguardo,Solvay fino all’8 maggio 2008,dopo aver acquisito lo stabili-mento, malgrado i solleciti fattidall’Amministrazione Provincialefin dal 2006, ha nascosto che ilivelli di inquinamento delleacque da cromo esavalente all’in-terno della fabbrica erano di 2.000microgrammi/litro!La società Solvay, che per untozzo di pane è subentrata nel2002 alla Montedison, era a cono-scenza - (l’Ausimont aveva giàpresentato un piano di caratteriz-zazione che evidenziava notevolisuperamenti dei limiti di legge peril cromo) - della situazione dellafabbrica, ed aveva addiritturabeneficiato dei fondi regionali perla bonifica dei suoli.La bonifica era stata stabilita dallaRegione Piemonte (delibera delluglio 2002) con grave sottovaluta-zione dell’indice di pericolosità,perché l’azienda aveva nascosto idati reali. La stessa, competenza,era stata affidata al Comune diAlessandria con la partecipazionetra gli altri enti, della Provincia,dell’Arpa e dell’Asl. I pozzi del-l’acqua vengono chiusi il 23 mag-

gio 2008, sei anni dopo tale deli-bera. Pertanto, sarà a cura dellaProcura della Repubblica accerta-re le responsabilità aziendali eamministrative - affidando le veri-fiche a enti esterni al territorio pro-vinciale - per i controlli e gli inter-venti sottostimati, od eventualmen-te omessi, taciuti, nascosti. Come inun gioco delle parti, Arpa, Asl,Comune, Provincia, Regione si rim-pallano le responsabilità.Le responsabilità – scrivevamo -dovranno essere accertate ancheper le rilevanti perdite un vero eproprio fiume di acqua (300 metricubi l’ora) dai 22 chilometri dellafatiscente rete idrica interna allostabilimento di Spinetta Marengo,che dovrà essere completamenterifatta; perdite conosciute, cheavrebbero accelerato e alimentatoil deflusso dei veleni nelle sotto-stanti falde idriche. Perdite in attoda almeno due anni e non fron-teggiate dalla Solvay, se non coneffimere barriere idrauliche. La società preleva da tali faldeben 33 milioni di metri cubi diacqua l’anno [ovvero più del con-sumo dell’intera provincia diAlessandria, pari a 31 milioni dimetri cubi], di cui 9 milioni dimetri cubi per le lavorazioni e 24milioni per il raffreddamento degliimpianti e processi produttivi. Le società Ausimont e Solvayhanno – dolosamente – nascosto efalsificato i dati relativi al realeinquinamento agli Enti pubblici.Si tratta di una giustificazionepenale, che non assolve politica-mente l’Amministrazione Provin-ciale e gli altri enti preposti ai con-trolli ambientali. Infatti, tali con-trolli erano possibili anche primadelle più recenti normative am-bientali, a maggior ragione per lerisapute denunce pubbliche effet-tuate da Medicina Democratica. La Provincia accusa l’Arpa di avertrasmesso i dati solo il 14 maggio2008. Incredibile. A sua voltal’Arpa accusa che i suoi studi del

2007 sono stati ignorati, così comei risultati dell’ispezione Asl nel2006 (multa di… 35 mila euro),quando, da oltre un anno, il cromotrasudava dai pavimenti e dai muridi tre palazzine dello stabilimento(1.500 microgrammi/litro?!). Si noti: pur avendo l’Arpa rilevatodal 2002 al 2006 “cromo totale” neiterreni della Fraschetta, gli entipubblici non hanno mai commis-sionato l’accertamento del “cromoesavalente” (ma l’Arpa l’avevarichiesto?). Anzi, la stessa Arpaviene accusata di averlo rilevatotra il 2003 e il 2004 (ma allora, chiha nascosto i dati dell’inquina-mento?). C’è di peggio nel rimpal-lo delle responsabilità: il Comunedi Alessandria afferma che conun’ordinanza del 2005 impegna-va ad affrontare l’inquinamentoda cromo esavalente l’Arpa e laRegione, le quali ora negano diaverla mai ricevuta. E’ tutta una matassa di rimpalliche dovrà essere districata dallaMagistratura. La Solvay, subentrata a prezzistracciati a Montedison nellagestione dello stabilimento, lo siripete, dovrà sopportare totalmen-te i costi della bonifica, nonchéquelli dei risarcimenti in solidocon le altre società coinvolte nelprocesso. Una volta per tutteandrà affermato il principio sanci-to anche dalla Unione Europea:“Chi inquina, paga!” Ricordandoche la società ha realizzato bilan-ci floridi e utili stratosferici. Nonv’è dubbio che gli enti pubblicidovranno costituirsi parte civilenel relativo procedimento penale.La multinazionale belga dovràrisarcire i dipendenti se sarannomessi in cassa integrazione per leperdite salariali, e risarcire la stes-sa INPS. (Post scriptum: di frontea questa minaccia, Solvay ha fattomarcia indietro e rinunciato allamessa in CIG dei lavoratori).I risarcimenti si riferiscono nonsolo ai danni sociali ed economici

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Medicina Democratica numeri 208-212 marzo / dicembre 2013rubriche 103

Ambiente e societàai privati e alle aziende agricole,ma soprattutto ai danni alla salu-te passati, presenti e futuri patitidalla popolazione lavorativa edextra-lavorativa per l’avvelena-mento del suolo, del sottosuolo edelle acque. Danni che compren-dono la zona della Fraschetta,entro cui scorre il fiume Bormidache riceve le acque da tali faldecontaminate.L’avvelenamento va accertato inun’area gigantesca (ben oltre i 10chilometri quadri iniziali), nonsolo per il cromo esavalente maanche per gli altri veleni sversatinei decenni dalle lavorazioni deipigmenti e dei clorofluorocarburi,che tuttora stanno percolandonella falda più profonda. L’Arpaafferma di aver trasmesso lesegnalazioni dell’inquinamentoalla Procura della Repubblica nel2002 - 2003. Anche per questo,urgono carotaggi e analisi deidepositi di scorie e rifiuti indu-striali nascosti sotto gli impianti,nel bunker antiaereo e nelle “colli-ne artificiali” sorte attorno allostabilimento. Urge una bonificaradicale, con la quale asportare ilterreno inquinato fino alla profon-dità interessata dalla presenza disostanze tossi-cancerogene, cheinteressa una notevole superficie.Il monitoraggio va esteso a tutta lazona della Fraschetta. Inoltre,urge la realizzazione di idoneeindagini epidemiologiche, addebi-tando gli oneri di tutto questo allasocietà Solvay.Non è vero che gli abitanti/con-sumatori di questa area intensa-mente agricola possano staretranquilli, e neppure si può esse-re per i prodotti della Paglieri.Al riguardo, la Procura dellaRepubblica dovrà anche verifica-re, se è vero che l’acqua del pozzo(nel quale è stata riscontrata unaconcentrazione di 93 microgram-mi di cromo per litro) della gran-de azienda agricola Pederbonanon fosse mai stata utilizzata per

abbeverare il bestiame da carne eda latte. Se anche fosse vero (cosaalquanto improbabile) che questoe altre decine di pozzi dell’acquafossero stati usati solo per scopoirriguo, è appena il caso di osser-vare che il cromo tossico e cance-rogeno è ugualmente entrato nellacatena alimentare tramite il forag-gio, e da qui nelle carni, nel latte,nelle verdure ....Nei pozzi interni alla fabbricasono stati riscontrate concentra-zioni anche di 400 microgram-mi/litro di cromo. E tutto questononostante che la società Solvaycontinuasse a fornire con un pro-prio pozzo aziendale gli abitantidi Spinetta Marengo che utilizza-

vano l’acqua per usi domestici eper irrigare campi e orti e abbeve-rare bestiame. A tacere dellemigliaia di lavoratori che hannolavorato nei decenni nello stabili-mento in questione, respirandoinquinanti e, in mensa e negli uffi-ci, bevuto e mangiato cromo esava-lente e non solo. Per non parlaredella strage degli operai del repartoBicromati esposti al cromo (e quel-li del reparto Pigmenti esposti, fral’altro, al piombo), la tristementenota “tribù dei nasi forati”.Va sottolineato, che, malgrado lepolemiche che sollevammo, sonostati buttati al vento miliardi disoldi pubblici per progetti (es.Linfa) che non hanno accertato

nulla del disastro ambientale oraal centro delle cronache.Viceversa Regione, Provincia eComune non hanno mai volutorealizzare l’Osservatorio ambien-tale della Fraschetta, che rivendi-chiamo da trent’anni, non comedelega agli enti pubblici bensìcome strumento di democraziadiretta, unica garanzia per le po-polazioni a rischio.La rivendicazione di tale Osser-vatorio è quanto mai attuale, per-ché se è vero che la drammaticasituazione delle falde non è in totodovuta all’attività in corso allaSolvay, però il polo spinetteseresta ad alto rischio chimico e dicatastrofe industriale e non solo;oggetto, anche di recente, di espo-sti alla magistratura per inquina-menti atmosferici. Il polo chimico(Solvay, Arkema, Edison) è un sitoinquinato di interesse nazionaleche, nel territorio della Fraschet-ta, si aggiunge a quelli dell’Ecoli-barna di Serravalle Scrivia e delladiscarica Barco a CastellazzoBormida (3 realtà su 4 in provin-cia di Alessandria, e 3 su 7 inPiemonte). Così scrivemmo nell’esposto allaProcura della Repubblica diAlessandria.A cinque anni dallo scoppio delloscandalo del grave inquinamentoda cromo e da altre sostanze tossi-cancerogene, del suolo e delleacque (nonché dell’aria) nellazona della Fraschetta di Alessan-dria non è stato né affrontato nèrisolto. Fu predisposto un superfi-ciale e fasullo Piano di bonificaAMAG, benedetto tanto dal Co-mune che dalla Provincia, ed oradisconosciuto da entrambi. In pro-posito, si ricorda che denunciam-mo immediatamente all’opinionepubblica che si trattava di unpiano faraonico, dal finanziamen-to incerto, per un costo già sotto-stimato a 52 milioni di euro ma,come sempre nelle grandi opere,destinato a lievitare negli anni,

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senza contare poi gli enormi oneridi gestione e di smaltimento deirifiuti tossici. Un business che,invece di eliminare gli inquinantiall’origine e a totale carico dell’in-quinatore, li scarica all’esterno aspese della collettività inquinata.Una spesa iperbolica che lascia iveleni dove sono sepolti, unafasulla bonifica che non li asportadal terreno sotto la Solvay diSpinetta Marengo, ma cerca vana-mente di raccoglierli quando sonogià percolati nelle falde acquifere.Infatti, 10 o 20 o 30 o 40 pozzi dispurgo, che costituisconoo la cosid-detta “barriera idraulica”, non riu-sciranno mai a “succhiare” tutti iveleni dall’intera falda e ad elimi-narli totalmente nei 20 anni previ-sti:previsione quanto mai ottimisti-ca visto che, non avendo mai fattocapillari e rappresentativi carotag-gi, tali sostenitori non sanno nep-pure né la quantità né la qualitàdei rifiuti tossici tumulati nello sta-bilimento.Infatti, denunciammo che, conquesto cosiddetto Piano Amag,ammesso che vedrà mai la lucenei 18 mesi previsti, la Solvaypotrà continuare a inquinare,mentre la riduzione del dannosarà scaricata sulle casse pubbli-che, attraverso i finanziamenti diComune, Provincia, Regione, Go-verno, sempre che si trovino i fondi,e con un “contributo” simbolicoversato dall’azienda inquinatrice alpiù per un decimo dei costi. In altritermini, un business privato conuno spreco di denaro pubblico.Viceversa, l’intervento pubblicodovrebbe essere finalizzato perattuare una vera bonifica, nonchèuna rigorosa indagine epidemio-logica relativa alla popolazionelavorativa ed extra-lavorativa arischio, che renda finalmente giu-stizia e che sia anche di supportoper far ottenere i dovuti risarci-menti alle centinaia, forse più, divittime dell’inquinamento dellazona della Fraschetta, dove non

c’è famiglia che non abbia avutoun suo caro colpito da tumore.Perciò, piuttosto che ai politici, ciaffidiamo alla Magistratura, doveMedicina De-mocratica si costi-tuirà parte civile nel processo perimporre, secondo giustizia, allaSolvay sia l’onere della bonifica,che quello del risarcimento deidanni patiti, morali e materiali,dalle vittime. Così denunciammo. Di contornoal piano AMAG, fu fatto anche,sempre per la serie “aria fritta perfar soldi”, un progetto redatto dalDISAV (Facoltà di scienze diAlessandria) come autopromozio-ne e ricerca di ulteriori finanzia-menti pubblici. Progetto privo ditrasparenza e oggettività scientifi-ca. L’ATF (associazione dellaProvincia) in periodo elettoralel’aveva presentato come una“offerta alla città”; la stessa com-prende anche la Confindustria,cioè la rappresentanza dell’inqui-natore, Solvay. Come MedicinaDemocratica l’abbiamo criticatoperché il progetto non è in gradodi produrre un esauriente studiosugli effetti dell’inquinamento dacromo ed altri inquinanti del terri-torio della Fraschetta, né tantomeno, al pari del Piano AMAG,non prevede il ricorso a metodolo-gie convincenti per il suo risana-mento; pertanto anche questo pro-getto è carente sul piano dell’affer-mata “oggettività scientifica”.In primis, perché gli inquinanti daricercare ed eliminare sono 21, enon si tratta del solo cromo esava-lente. Inoltre, perché gli accerta-menti non verrebbero svolti all’in-terno dello stabilimento dove iveleni sono sotterrati. Perché ilprogetto proviene dalla stessa“parrocchia” (prof. Viarengo) cheguidò il “progetto LINFA”, unospreco di denaro pubblico che,malgrado le nostre sollecitazioni,non seppe o non volle trovare aSpinetta Marengo né il cromo négli altri 20 inquinanti del suolo,

del sottosuolo e dell’acqua, pernon parlare dell’inquinamentoatmosferico. Ancora, un progettoin collaborazione con l’ARPA che,in tanti anni, malgrado le solleci-tazioni non seppe o non volle ren-dere pubblici i dati relativi agliinquinamenti da cromo e dellealtre sostanze tossiche e/o cance-rogene.In definitiva, in presenza dell’inat-tendibilità di tali iniziative, auspi-cammo che la Procura dellaRepubblica affidasse le perizie adenti esterni all’ambiente alessan-drino.

2. - DALLA PROCURA DELLAREPUBBLICA AL GIUDICEDELL’UDIENZA PRELIMINARE(GUP)Mentre attendavamo che la Magi-stratura aprisse un altro filoneprioritario di indagine per i gravis-simi inquinamenti da PFOA, PFIBecc. a danno di cittadini, lavoratorie dell’ambiente, come avevamodocumentato nei nostri esposti,anche producendo le analisi delsangue dei dipendenti, con soddi-sfazione rilevavamo che la Procu-ra della Repubblica, con la richie-sta al GUP di rinvio a giudizio dei38 indagati per avvelenamentodoloso e dolosa omessa bonifica(reati che prevedono fino a 15anni di reclusione), aveva accoltoi tre punti cardine dell’altro espo-sto presentato da MedicinaDemocratica.Vale a dire: 1) - l’inquinamento nonriguardava solo il cromo esavalen-te, ma anche altri 20 veleni tossici ecancerogeni, anch’essi sotterratinei 500 mila metri cubi (o forse ildoppio?) di rifiuti industriali pressolo stabilimento di SpinettaMarengo; 2) - la Solvay (e prima diessa la società Arkema) ne era per-fettamente a conoscenza, cometutti, e più di tutti: non a caso avevaacquistato il complesso chimicoper un tozzo di pane; 3) - la Solvayha scientemente nascosto e con-

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trabbandato la reale natura dellediscariche, inoltre ha ingannato leamministrazioni e ha omesso dieffettuare la relativa bonifica.Dunque le aziende inquinanti, enon la collettività, dovranno paga-re i costi per la bonifica per i dannicausati alle persone, alle faldeidriche, agli acquedotti. Si ricordache per bonifica si intende l’elimi-nazione dei veleni sotterrati, egiammai attraverso il costoso,fasullo e inefficace piano AMAGincentrato sul presunto “lavaggio”delle acque inquinate. Viceversa,si sottolinea che ci sono già studi ericerche che indicano soluzioniappropriate per disinquinare idiversi comparti dell’ambiente, edin primis le acque di falda. Inoltre,come sempre, ci si opporrà netta-mente allo squallido, inaccettabilee falso ricatto: “Occupazione osalute !”.Come avevamo annunciato nelnostro esposto, al processo per ildisastro ecologico ci siamo costi-tuiti (con l’avvocato Laura Mara)parte civile, insieme agli ammala-ti e ai famigliari dei cittadini e deilavoratori deceduti. Nel processocercheremo di individuare, accan-to alle responsabilità penali deidirigenti aziendali, anche quelledi amministratori ed enti pubblicidi controllo. Le responsabilitàmorali e politiche sono evidenti:se i politici avessero realizzatol’Osservatorio ambientale dellaFraschetta - [zona industriale diAlessandria ove insta lo stabili-mento ex Montedison, ora Solvay]- da noi rivendicato da 30 anni,non saremmo arrivati a questodrammatico punto: le indaginiidrogeologiche ed epidemiologi-che erano infatti al primo puntodell’Osservatorio. Se i sindacati avessero sostenutol’Osservatorio piuttosto che le dire-zioni aziendali, avrebbero difeso iposti di lavoro del futuro. Ora azienda e alcuni sindacatidicono: la bonifica è impossibile,

se no la fabbrica chiuderà. Il clas-sico ricatto occupazionale. Inveceè possibile togliere la montagna diveleni. Come già ricordato, ci sonogià ricerche e studi con le relativeapplicazioni sul campo per realiz-zare appropriati interventi dibonifica del sito industriale e deidiversi comparti dell’ambiente(aria, acque superficiali e di falda,suolo e sottosuolo). Però ci voglio-no i soldi. Soldi della Solvay.Piuttosto che buttare via soldipubblici per il piano AMAG, unainutile “sciacquatura” delle acqueavvelenate. L’opinione pubblica,di cui facciamo parte, ha l’obbligomorale di pretendere una “OPE-RAZIONE TRASPARENZA”: cioè

effettuare verifiche super partes,secondo modelli matematico-sta-tistici, per realizzare un numeroappropriato e rappresentativo dicarotaggi (ed interventi idrogeolo-gici), per determinare con analisiquali-quantitative la reale presen-za delle sostanze inquinanti nelsuolo e nel sottosuolo, che sonostate sepolte nella fabbrica e pre-senti nelle colline artificiali sorteattorno ad essa.

3. - LA VIGILIA DEL PROCES-SO E L’ “OPERATION ADOU-CIR LES JOURNALISTES” Il processo penale per avvelena-mento doloso e dolosa omessabonifica è alle porte (14 dicembre

2010) e Bruxelles sta sempre piùpotenziando lo staff che, all’indo-mani dello scandaloso inquina-mento ambientale da cromo ealtre sostanze tossiche, avevacostituito per cercare di restaurarela sua disastrosa immagine pub-blica.La massiccia campagna mediaticaè denominata “Operation adoucirles journalistes” (“Operazioneaddolcire i giornalisti”). Tra gliobiettivi: risparmiare i costi dellabonifica delle falde inquinate dacromo esavalente e altri 20 veleni.Sveliamo gli altarini. Solvay sta producendo uno sforzomediatico eccezionale. All’ “Operation adoucir les journa-listes” ci lavora uno staff con illimi-tati mezzi capeggiato da PaoloBessone, il tuttofare responsabiledel personale, ma soprattutto por-tavoce dello stabilimento diSpinetta Marengo (AL) in strettocontatto con i giornalisti locali. Masopra di lui, sopra tutti, domina lafigura di Giorgio Carimati, chegerarchicamente mantiene diretta-mente i rapporti con la casa madredi Bruxelles (la sede internazionaledella Solvay), uno dei principaliimputati al processo. Siamo convinti, come il dibatti-mento processuale dimostrerà (enoi ci adopereremo in tal senso),in realtà l’Operation è andata oltrei giornalisti, coinvolgendo ammi-nistratori, politici e funzionari,dando per acquisiti i sindacalisti.La campagna mediatica è lancia-ta in grande stile: articoli sui gior-nali, abbracci sindacali, borse distudio, buoni anziani, buoni libro,buoni asilo, annunci di miliardida investire, interviste pilotate,gadget, depliant casa per casacome Berlusconi. Tanto fumo epoco arrosto. Fumo negli occhianche del roboante annuncio di50 assunzioni in fabbrica. I con-tratti a 3 mesi non sono assunzio-ni! In realtà la Solvay ha ridotto gliorganici dello stabilimento di

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Spinetta Marengo a 524 dipen-denti, e scenderà sotto 500, a cui siaggiungono i 50 precari con man-sioni e retribuzioni e garanzie daprecari. Siamo al minimo storicooccupazionale e in presenza delricorso al lavoro straordinario edagli appalti, che non sono certouna garanzia di sicurezza. Però, iltutto con l’“apprezzamento deichimici CGIL CISL UIL e RSU”,come si legge sui giornali. Gli inquinamenti da PFIB e PFOArappresentano singolarmente “pic-cole” sviste ambientali e sanitarie.Tanto né le indagini epidemiologi-che vengono fatte, nè i rilevamentidegli inquinanti vengono pubbli-cizzati. La sfrontatezza Solvay, allavigilia del processo che vede 38imputati difesi da una cinquantinadi avvocati, viene raggiunta con “ladisponibilità di contribuire econo-micamente per finanziare un pianodi bonifica”.Contribuire? Ma chi ha inquinatodeve bonificare di tasca propria.Non con i soldi pubblici. O pensadi cavarsela con qualche milionci-no (12 secondo il quotidiano LaStampa, 2,5 milioni di Eurosecondo Il Piccolo, quotidiano diAlessandria) per sciacquare lefalde pregne di cromo e altri 20veleni? Ci pensa sì, tanto da inve-stire per l’operazione mediaticaun capitale, un nonnulla se para-gonato ai costi di bonifica.“Operation adoucir”… Sarà dura.“La bête noire”, la bestia nera,come Medicina Democratica èstata definita da Bruxelles, non siè lasciata intimidire dalle minac-ce. Medicina Democratica infatticonta di essere protagonista inquesto processo. E anche grazie alnostro blog, che ci hanno ribattez-zato “le notre WilkiLeaks”.

4. - LE UDIENZE AVANTI ALGIUDICE UDIENZA PRELIMI-NARE (GUP). UNA DESOLANTE IMMAGINEDELLA GIUSTIZIA

UDIENZA DEL 14 DICEMBRE2010Al processo Solvay, è stata deso-lante l’immagine della giustiziache hanno avuto i lavoratori e i cit-tadini ammalati e i parenti dellevittime dell’inquinamento mentreaffollavano l’aula del Tribunale diAlessandria per chiedere giustizia.In quest’aula, già di per sé desolan-te per incuria, disordine e sporci-zia, essi l’hanno giudicato unospettacolo deprimente: lo stuolo diavvocati degli imputati che inizia-no la melina per inficiare gli attidell’accusa e per arrivare di rinvioin rinvio alla prescrizione dei reati;a tacere delle burocrazie giudizia-rie che smarriscono una notificaperfino nel tragitto tra Alessandriae Spinetta Marengo. Il Giudice del-l’udienza preliminare, poi costrettoa rinviare l’udienza di mesi rifis-sando i termini per le notificheagli imputati ed ai difensori, altrimesi, dopo che sono già passati 2anni dall’inizio del procedimentopenale. Visi lunghi tra il pubblico, ma visi-bilmente soddisfatto il responsabi-le Solvay dell’“Operation adoucirles journalistes”, che fra i presenti,su e giù per i corridoi, ha fatto laspola intento a curare l’immaginedella società belga, compito assaiarduo quando si sta tentando disfuggire al giudizio della legge. Lalegge è uguale per tutti: in altocampeggiava la scritta a cui molti,prima di tornare a casa, avrebberoaggiunto un punto interrogativo.Medicina Democratica, con le suetre valige piene di documenti rela-tivi alle costituzioni delle particivili, ritornerà all’udienza del 5aprile 2011 quando non rinunceràdi certo a chiedere giustizia.

5. - LE PARTI CIVILI SI COSTI-TUISCONO NEL PROCESSOUDIENZA DEL 5 APRILE 2011E’ senz’altro merito di MedicinaDemocratica, che le ha promossee propagandate, se le costituzioni

di parte civile hanno già raggiuntoun numero elevato, e che saràdestinato ad aumentare. Si trattadegli Eredi di lavoratori e abitantiche hanno perso la vita (nonché dilavoratori e cittadine/i che hannoperso la salute) e che ora chiedo-no giustizia, ovvero la condannadegli imputati ed il risarcimentodei danni patiti e patiendi dallevittime, in solido con i responsabi-li civili delle rispettive societàcoinvolte nel processo.Solvay, con l’esercito dei suoiavvocatoni, farà fuoco e fiammeper impedire l’accoglimento dellacostituzione delle parti civili nelprocesso. La più rappresentativa etitolata fra le costituende Associazio-ni ambientaliste è senz’altro Medici-na Democratica che da 40 anni – (sipensi all’instancabile operato di LinoBalza e degli altri/e aderenti dellasezione alessandrina) - si batte perla salute dentro e fuori la fabbrica,dimostrandolo con la documenta-zione prodotta e messa agli atti, cene fosse bisogno, con migliaia dipagine di documenti, esposti, arti-coli ecc. E Medicina Democratica -con l’avvocato Laura Mara - saràper gli inquinatori proprio il nemi-co numero uno al processo, perchéin esso svolgerà la parte più attivae professionale per dimostrare lacolpevolezza degli imputati.Fra le parti civili figurano ancheComune e Provincia: che siedereb-bero sul banco morale degli accu-sati, se esistesse, per tutte le omis-sioni e complicità di sempre.Scandalosamente assente la Re-gione. Senza sorpresa, assen-ti CISL e UIL, da sempre conniven-ti aziendali. Tirata per le orecchie,invece partecipa la CGIL, ma a pro-prio titolo e non a rappresentare ilavoratori ammalati e morti perinquinamento, compito che è toc-cato a noi assumere in sua vece. Ilprocesso del secolo riprenderà il 12maggio.

6. - PARTI CIVILI? MA SE NON

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CI SONO DANNEGGIATI !EPPURE L’ACCUSA È DI DOLOUDIENZA DEL 12 MAGGIO 2011Secondo l’esercito di avvocatidifensori, nessuna parte civile èammissibile al processo davanti alGUP di Alessandria. Cioè non c’ènessun danneggiato. Non ci sonomorti e ammalati passati e presen-ti, dunque nessun risarcimento. Néci sono inquinamenti passati e pre-senti, dunque nessuna bonifica dafare, dunque nessun risarcimento. Non si capisce perché fare un pro-cesso se non ci sono parti civili, idanneggiati tra le persone e gli enti. Secondo il fior fiore legale dei 38imputati, non può entrare comeparte lesa nel processo nessunerede di persona deceduta, nessunammalato, nessuna amministrazio-ne pubblica, nessuna associazioneambientalista, addirittura neppureMedicina Democratica che dellostabilimento di Spinetta Marengosi sta indiscutibilmente occupandoda 40 anni, subendo qualunquetipo di rappresaglia. Anzi, que-sti super avvocati, nella foga tri-bunizia, si contraddicono tra diloro: alcuni affermando che l’uni-ca parte civile ammissibile è ilMinistero dell’ambiente, altri chie-dendo che tale ministero sia esclu-so. Perfino Solvay usa la parola“criminali” riferendosi ai dirigentiMontedison (non più processabiliper prescrizione o per decessointervenuto) dai quali, dice, haereditato la catastrofe ambientaledel cromo esavalente e di altri 20veleni tossico cancerogeni sepoltinello stabilimento di SpinettaMarengo: “non ne conoscevamol’esistenza”. E’ uno scaricabarileinaccettabile perché non c’è statasoluzione di continuità tra le duegestioni e proprietarie. I dirigentiMontedison che sapevano tuttosono rimasti tali anche sottoSolvay. Tant’è che la pubblicaaccusa a carico degli imputati nonè di “colpa” bensì di “dolo”. E sel’accusa è di dolo, ragionevolmen-

te ce la spieghiamo: 1) - per esse-re essi stati a conoscenza dell’esi-stenza di enormi discariche tossi-che e cancerogene, illegittime enon autorizzate; 2) - per averomesso la manutenzione dellarete idrica dello stabilimento pro-vocando enormi dilavamenti dellesostanze inquinanti finite nellesottostanti falde idriche; 3) - pernon aver fatto gli interventi neces-sari per eliminare o solo ridurresignificativamente l’inquinamen-to; 4) - per aver avvelenato le faldesotterranee dentro e fuori lo stabi-limento, nonché l’acquedotto diAlessandria, provocando gravidanni alla salute di lavoratori, cit-tadine/i e dell’ambiente, segnata-mente quello agricolo; 5) - per averdirettamente somministrato acquaavvelenata a lavoratori e cittadi-ne/i; 6) - per aver omesso di segna-lare agli enti pubblici il reale con-tenuto delle discariche e la realeportata dell’inquinamento sia delsito industriale che delle faldeidriche; 7) - per aver dolosamenteomesso e nascosto alle autorità idati relativi alla esistenza e allaconsistenza delle discariche, non-ché lo stato di contaminazionedelle falde idriche, e la dolosaomessa bonifica.

7. - IL TENTATIVO DI SPOSTA-RE IL PROCESSO A MILANOUDIENZA DEL 9 GIUGNO 2011Con una dottissima disquisizionegli avvocati della Solvay hannochiesto al Giudice Dr. StefanoMoltrasio di spostare il proces-so per l’inquinamento causato dalpolo chimico spinettese (cromoesavalente e altri 20 veleni) daAlessandria a Milano. La pretestuo-sa motivazione è stata che i giudicialessandrini (tutti, l’intero tribunaledella provincia) non sarebberocompetenti perché potrebbero averconsumato l’acqua inquinata e nonsarebbero dunque sereni nel giudi-zio, né per sé né per i colleghi. Unamotivazione priva di logica: sicco-

me la falda inquinata va a finirenel fiume Bormida, e il Bormidava nel Tanaro, e poi nel Po, infinenel Mar Adriatico, ebbene nessungiudice della pianura padanapotrebbe giudicare in questo pro-cesso.Il GUP ha respinto la dotta quan-to illogica eccezione, che avevacome unico scopo quello di farricominciare dall’inizio il procedi-mento perseguendo l’obiettivodella caduta in prescrizione deireati. Pertanto il processo conti-nuerà ad Alessandria. L’altra ecce-zione sollevata dalle Difesa degliimputati è ancora più risibile,ovvero che il capo di imputazionesarebbe indeterminato. Altro datopositivo dell’udienza del 9 giugnoè stata l’accoglienza delle costitu-zioni di parte civile di MedicinaDemocratica e dei lavoratori/citta-dini/e da essa rappresentati: gliunici a pieno titolo per aver docu-mentato i danni subìti e non ipo-tetici. Un dato curioso è la quan-tità di fango (responsabilità) cheviene scaricata dall’avvocato dellasocietà Arkema sulla societàSolvay, ovvero sui suoi imputati.

8 - LA STRATEGIA DELLA PRE-SCRIZIONEUDIENZA DEL 10 GIUGNO 2011La tattica dilatoria degli imputati.Gli avvocati della società Arkemasono sempre all’attacco.Nel tentativo di scaricare tutte leresponsabilità sulla Solvay, l’Ar-kema ha presentato un pacco didocumenti e consulenze costrin-gendo il giudice a spostare l’udien-za al 27 luglio 2011. In effetti si trat-ta di elementi già presi in esamenei capi di imputazione e quindinon modificherebbero la posizio-ne processuale dell’Arkema. Però tutto è utile agli imputati perrinviare a più non posso il procedi-mento penale.

9. - TRENTOTTO IMPUTATIUDIENZA 27 LUGLIO 2011

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Un commento del P.M.: SpinettaMarengo è un sobborgo della peri-feria sud di Alessandria; questoquartiere è assurto agli onori dellecronache, qualche tempo fa, per-ché le acque del fiume Bormidache lo attraversa - ed i terreni adesso circostanti - sono pesante-mente inquinati dal cromo esava-lente scaricato dalle industrie delqui stanziato polo chimico, forma-to dalle seguenti industrie:Ausimont-Atofina-Arkema- SolvaySolexis. Al Palazzo di Giustizia cit-tadino è in corso di svolgimento -l’ultima udienza prima dellapausa estiva - il processo che vedeimputati, con l’accusa di avvele-namento doloso delle acque, tren-totto personaggi: amministratoridelegati, direttori di stabilimento,responsabili ambiente, dirigenti etecnici che si sono succeduti nelcorso del tempo. Le parti civilicostituite sono cittadini chelamentano pesanti danni allasalute provocati dagli sversamen-ti, nonché enti ed associazioni.L’auspicio è che la vicenda sichiuda celermente con la condan-na dei responsabili dell’avvelena-mento dell’ambiente....

10.- L’ARRINGA DI MEDICINADEMOCRATICAUDIENZA DEL 26 SETTEMBRE2011All’udienza presso il Tribunale diAlessandria, avanti al Giudiceper le Indagini Preliminari (GUP),l’avvocato Laura Mara, procura-trice e difensore di MedicinaDemocratica e dei lavoratori/cit-tadine/i parti civili rappresentati,ha chiesto il rinvio a giudizio dei38 imputati Solvay, Ausimont eArkema in ordine ai reati di avve-lenamento doloso e omessa boni-fica dolosa del sito chimico diSpinetta Marengo (AL). Sul bloghttp://medicinademocraticaales-sandria.blogspot.it si può leggerel’arringa dell’avvocato Laura Mara.

11. - I POLITICI SE LA RIDONOUDIENZA DEL 30 SETTEMBRE2011Nelle foto sul blog si riconosco-no Bigini, Fabbio, Rossi, Stirone,Bessone, Molina, Muliere, Robutti,Bocchio. Brindano e se la ridonoallegramente. Gli imputati hannopoco da ridere: venerdì 30 settem-bre devono comparire in tribunale.Qui, ai politici non hanno impu-tato responsabilità penali, ma perle complicità istituzionali essidovrebbero nascondersi anzichéridere.

12. - GLI IMPUTATI SONOTUTTI INNOCENTI, O POCOCOLPEVOLIUDIENZA DEL 7 OTTOBRE 2011Processo per l’inquinamento delpolo chimico di Spinetta Marengo:avvelenamento doloso e dolosaomessa bonifica.Nell’udienza precedente gli impu-tati della società Ausimont si sonodichiarati innocenti perché il dolosarebbe della società subentrante,dal 2002, la società Solvay. Nell’udienza del 13 ottobre gliimputati Solvay si dichiarerannoinnocenti perché il dolo sarebbefino al 2002 della precedentesocietà Ausimont. Nell’udienza del7 ottobre gli imputati della societàArkema si dichiarano innocentiperché il reato doloso sarebbe statocommesso dalle società Ausimonte Solvay, prima e dopo il 2002. Insubordine, tutti assieme sarebberocontenti che il giudice sentenziasseche non si tratta di reato doloso,ma colposo. Meglio ancora: non ècolpa di nessuno. Cioè la colpasareebbe dei cittadini e dei lavora-tori che sono morti o si sonoammalati senza alcun motivo, e,ora, pretenderebbero anche i risar-cimenti. Il più innocente di tutti,secondo i più famosi avvocati ita-liani, sarebbe Carlo Cogliati, presi-dente e amministratore delegatodelle società Ausimont e Solvaydal 1991 al 2003, il quale - a loro

dire - non sapeva nulla dellediscariche di rifiuti tossici e deirelativi inquinamenti dei diversicomparti dell’ambiente, in primisdelle falde idriche; proprio lui checontrollava perfino la movimenta-zione di una scrivania della sededi Bollate (MI) a quella di SpinettaMarengo (AL); proprio lui che halicenziato Lino Balza e GianniSpinolo per aver denunciato gliinquinamenti causati dall’azien-da.

13. - LO SCARICABARILE FRALE SOCIETA’ ARKEMA, AUSI-MONT E SOLVAY.NESSUN RISPETTO PER LEVITTIME. IL RUOLO CHIAVEDELL’IMPUTATO CANTIUDIENZA DEL 13 OTTOBRE2011Tutti innocenti. Nelle udienze pre-cedenti i famosi avvocati degliimputati della società Ausimont(società dell’ex gruppo Montedi-son), hanno premesso che tutti i 38imputati sono innocenti, e poihanno cercato di dimostrare che seproprio un colpevole ci deve essere,bisogna cercarlo fra gli imputatidella società Solvay che è suben-trata ad Ausimont,ma non ha fattola bonifica. Gli avvocati dellasocietà Solvay fanno la stessa pre-messa, scaricando le responsabi-lità sulla società Ausimont construmentali affermazioni: siamoarrivati dopo e non sapevamonulla e non abbiamo nascostonulla, etc etc..Nell’udienza del 07.10.2011 gliavvocati degli imputati dellasocietà Arkema, fatta analoga pre-messa, ovvero che tutti i 38 impu-tati sono innocenti, hanno soste-nuto la tesi angusta e ad usumdelphini, e cioè che purtroppocapita a chi compra un’auto usatataroccata quando il compratore sifida del venditore. E’ appena ilcaso di osservare (per restare all’e-sempio improprio) che qualunqueacquirente non si fida del vendito-

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re e fa revisionare l’autovetturadal proprio meccanico prima diacquistarla. A maggior ragione,dato che nel caso che ci occupanon si è trattato di un’auto bensì diuna grossa fabbrica chimica.Pertanto, aggiungono gli avvocatidella società Arkema, se proprio cideve essere un colpevole bisognacercarlo nella venditrice Ausimont,o nella società Solvay, che occupala maggior parte del polo chimicodi Spinetta Marengo.E’ andata invece delusa l’aspetta-tiva di ascoltare l’avvocato difen-sore di Giorgio Canti. Si tratta del-l’imputato chiave del processo, iltratto di unione fra le societàAusimont e Solvay, la memoriastorica ambientale dello stabili-mento di Spinetta Marengo, l’uo-mo che ha nascosto gli scheletrinegli armadi (in senso figurato efisico), prima per la societàAusimont e poi per la Solvay. Se isuoi Difensori riusciranno a dimo-strare la sua estraneità, nessunaltro imputato rischierà la con-danna. Sia chiaro, lungi da chiscrive voler trasformare Canti inun capro espiatorio perché, puressendo un esecutore responsabi-le al massimo livello dirigenziale,resta pur sempre un esecutore diordini emessi dall’alto, ovvero daivertici societari.Anche secondo i capi di imputa-zione, e dagli accertamenti effet-tuati, Canti risulta avere pienaconsapevolezza dei terreni conta-minati e dello stato dell’inquina-mento della falda idrica, nonchédelle emissioni inquinanti, passa-te e presenti, nell’atmosfera.Non va poi taciuto che la corri-spondenza tecnica ambientaleoccultata e sequestrata dagli inqui-renti è passata nelle sue mani.Le operazioni di occultamentoprecedenti il 2008 (es. 1) e quelleseguenti il 2008 (es. 2), che coin-volgono l’intera struttura gerarchi-ca aziendale fino alla direzionecentrale in Belgio, sono anche

opera Sua. Inoltre, Egli partecipaattivamente nell’approntare lalinea di difesa con gli altri coim-putati e nella selezione accuratadelle omissioni e manomissioni(doppie versioni) dei dati e delleanalisi relative alle sostanze inqui-nanti monitorate da fornire aglienti pubblici, determinando evanificando così la corretta proce-dura insita nell’iter da attuare perrealizzare una efficace bonificadei diversi comparti dell’ambiente(aria, acque superficiali e di falda,suolo e sottosuolo). Anche per luil’accusa è di dolo.

Esempio 1Il cromo affiorava nella neve gial-

la (La Stampa, novembre 2006),dai muri e dai pavimenti: venivanascosto sotto manti bituminosi egettate di cemento.

Esempio 1 e 2Al sopralluogo Arpa, l’imputatoCanti disconosce la discarica difanghi rossi, benché la stessa fosseopportunamente recintata e chiu-sa con lucchetti senza ruggine,nonchè nascosta sotto la vegeta-zione e comprendente 3 pozzi del-l’acqua.

Esempio 2Il suddetto imputato, fa prepararedue versioni delle risultanze ana-liche da scegliere e da fornire

all’Arpa in relazione al pozzo 8,che, pertanto, somministrava acquainquinata alle utenze dello stabili-mento (mensa, uffici, infermeria,etc.).

14. - LA BANDA FESSACCHIOT-TI. NEPPURE UNA PAROLA DIRISPETTO PER LE VITTIMEUDIENZA DEL 2 NOVEMBRE2011Mentre si attendono i processi perinquinamento atmosferico e malat-tie professionali, stranamente anco-ra a bagnomaria, è in corso davantial Giudice dell’udienza prelimina-re del Tribunale di Alessandria, Dr.Stefano Moltrasio, il “processo delsecolo” per il gravissimo inquina-mento ambientale causato dal polochimico di Spinetta Marengo,impropriamente definito per lasola emergenza cromo (in realtà sitratta di almeno 21 sostanze tossi-cancerogene che inquinano il sitoindustriale ed un vasto territorio adesso limitrofo).Ad ascoltare i difensori, famosi eben retribuiti, che debbono percor-rere la penisola per i processi incorso, gli imputati italiani, francesie belgi delle società Solvay eArkema, sarebbero una banda difessacchiotti. Sarebbero stati frega-ti per ingenuità, sarebbero statitruffati (sic!) da Ausimont, cheavrebbe a loro rifilato una fabbricataroccata nascondendo il fatto chefosse piena come un uovo disostanze inquinanti, con doppiecontabilità ambientali. Anche que-sta volta, si sono attardati a fare ilgià ricordato esempio di colui checompra un’auto taroccata perchési fida del venditore. Lo si ripete,ammesso e non concesso che esi-sta qualcuno che compra unamacchina con gli occhi bendati,non è assolutamente credibile cheun industriale, anzi una multina-zionale compri a scatola chiusa,senza meticolose verifiche addirit-tura una fabbrica chimica, anziun sito oggetto da decenni di cla-

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morose denunce (le nostre) perinquinamenti ambientali di ognitipo. Beata ingenuità o cinico pro-fitto? Non è solo un sospetto pen-sare che Solvay (e prima di lei,Arkema) sapevano benissimo ilperché di un prezzo di venditacosì stracciato. Il perché di queglisconti erano infatti le tonnellatedei 20 tipi di veleni tossici e can-cerogeni (tra cui il cromo esava-lente) sepolti sotto e attorno allostabilimento: da decenni e fino aigiorni nostri. Lo sapevano tutti quelli che vilavoravano, ma non avevano leprove documentali, lo sapeva l’o-pinione pubblica che da decenniMedicina Democratica informavacon le proprie denunce, lo sapeva-no gli amministratori pubblici chele prove non hanno vuluto o sapu-to cercare.Dunque non si tratta di un sospetto.Tanto più che negli atti processualiapprontati dalla Procura dellaRepubblica ci sono le prove che gliimputati, senza soluzione di conti-nuità tra le società Ausimont eSolvay, non solo sapevano mahanno fatto di tutto per omettere emanomettere dati e analisi ambien-tali, imbrogliando i già distratti entipubblici, impedendo in questomodo di contenere ed eliminarel’immenso inquinamento.L’hanno fatto consapevolmente,per interesse, dunque per dolo.Infatti l’accusa è di avvelenamentodoloso e dolosa omessa bonifica.Eppoi, se ci fosse stata questa pre-sunta truffa: perché Solvay non hadenunciato per truffa gli ammini-stratori della società Ausimont?Perché i dirigenti Ausimont, chenascondevano gli scheletri negliarmadi, sono rimasti gli stessi nellagestione della subentrata societàSolvay? In altri termini, Ausimont eSolvay fingono di bisticciare, comefacevano i famosi ladri di Pisa.Gli avvocati degli imputati Solvayparlano solo di inquinamento dacromo e non degli altri 20 veleni; a

loro dire i colpevoli, quelli cheseppellivano i rifiuti e le scorieindustriali e manipolavano i dati,vanno ricercati fuori dall’aula,indietro negli anni, nel secolo scor-so, in Montecatini, nei direttori pre-cedenti alla gestione dello stabili-mento prima dell’arrivo dellasocietà Ausimont (di cui fannotanto di nomi, alcuni vivi comeLeonardo Capogrosso e LuigiGuarracino, altri morti: CorradoTartuferi). Ma non si tocchino gliimputati di questo processo, per iquali i difensori affermano: essinon sono stati informati dai pre-detti direttori, non sapevano, nonimmaginavano, non hanno omes-so e manomesso nulla, non hannopeggiorato la situazione ambien-tale. Anzi, quando hanno saputo(nel 2008!) si sono fatti in quattro,spendendo milioni di euro perpura generosità, per rimediare alloscempio di coloro che li avevanopreceduti e contro i quali puntanoil dito: industriali, politici, Arpa,Asl, Procure della Repubblica.Insomma, ammettono che ci sianocolpevoli… ma purtroppo non piùcondannabili dato che, a loro dire,i reati sono prescritti.C’è chi si è stupito di non aver sen-tito dai famosi avvocati neppureuna parola di doveroso rispettoper le vittime. Non c’è da stupirsi,fra loro c’è chi ha sostenuto chenon ci sono state vittime, l’acquabevuta e l’aria respirata erano esono perfette, e se le perizie delPubblico Ministero dicono il con-trario, e se tutti i dati epidemiolo-gici e delle parti civili dicono ilcontrario, sbagliano, o, al massi-mo, i responsabili vanno ricercatifra le aziende e le persone defun-te, e a queste vanno chiesti i risar-cimenti e la realizzazione dellabonifica, e non alla Solvay. In defi-nitiva chiedono al GUP, per tutti gliimputati, il non luogo a procedere,perché i fatti non sussistono, oi reati non sono stati commessi, o,in subordine, al più si tratta di reati

colposi (commessi per ingenuità!).15. - SOLVAY CONTINUA A SCA-RICARE NEL FIUME BORMIDAUDIENZA DEL 24 NOVEMBRE2011Mentre la società Solvay si stamalamente difendendo nel pro-cesso in corso avanti la Corte diAssise per l’inquinamento dell’e-cosistema da cromo e altre sostan-ze tossi-cancerogene, la societàcome nulla fosse, continua a sca-ricare nel fiume Bormida l’AcidoPerfluoroottanico (PFOA), un’altrasostanza tossica e cancerogena.Sul blog di Medicina Democraticadella sezione di Alessandria, fral’altro, si mostra la foto di unamanifestazione del 1990 per lachiusura dell‘Acna di Cengio(SV), altro stabilimento che avve-lenava il fiume Bormida e tutta lasua valle. Come è noto si è trattatodi una lunghissima lotta dellepopolazioni della valle, che è statafinalmente vinta nel 1999. Nel2011, dopo le “bonifiche” e senzache siano ancora stati risarciti idanni ambientali causati perdecenni e decenni dall’ACNA(altra società dell’allora gruppoMontedison), si parla ancora di un“Piano di azione per la riqualifica-zione ambientale, sociale ed eco-nomica della valle” e di un “Pianooperativo dedicato alle prospetti-ve di sviluppo del territorio.” Per questo, Medicina Democraticacontinuerà ad impegnarsi affin-chè la storia non si ripeta anche aSpinetta Marengo!

16. - LE CONCLUSIONI DEL GUP:AVVELENAMENTO DOLOSO EDOLOSA OMESSA BONIFICAUDIENZA DEL 16 GENNAIO2012Nessuno degli imputati dellacatastrofe ambientale è stato pro-sciolto. Il Giudice del Tribunale diAlessandria, Dr. Stefano Moltrasio,al termine dell’udienza prelimina-re ha emesso il “decreto chedispone il giudizio” nei confronti

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degli imputati della Ausimont edella subentrante società Solvay,Carlo Cogliati, Giulio Tommasi,Francesco Boncoraglio, BernardDe Laguiche, Pierre Jaques Joris,Luigi Guarracino, Giorgio Carimatie Giorgio Canti, che dovranno com-parire come imputati avanti la Corted’Assise il 18 luglio 2012 alle ore10,30. Sono imputati di due reati:avvelenamento doloso e dolosaomessa bonifica (reati che preve-dono fino a 15 anni di reclusione,anche più). Il principale imputatodi questo “processo del secolo”è Carlo Cogliati, presidente eamministratore delegato primadella società Ausimont e, poi,della società Solvay dal 1991 al2003. Si tratta del dirigente che asuo tempo licenziò Lino Balza eGianni Spinolo per aver denun-ciato gli inquinamenti causati daicicli produttivi dello stabilimentodi Spinetta Marengo dell’ex grup-po Montedison, e per questo giàcondannato.Per Stefano Bigini (ultimo diretto-re dello stabilimento, poi Solvay) ei dirigenti Arkema il reato è diomessa bonifica. Fra le parti civiliriconosciute sarà attiva al proces-so Medicina Democratica tramitel’avvocato Laura Mara con i suoiconsulenti tecnici tutti a titolo gra-tuito e a patrocinio degli Eredi deilavoratori e cittadini deceduti e diquelli ammalati per l’inquina-mento doloso causato dai dirigen-ti del polo chimico di SpinettaMarengo. Fra le fonti di prova si annovera-no: le indagini dei carabinieri delN.O.E., i documenti aziendalisequestrati di carattere ambienta-le e medico-sanitari, le intercetta-zioni telefoniche, le testimonian-ze dei dipendenti e dei residenti e,ovviamente, le risultanze delleindagini condotte dal PubblicoMinistero.Dunque, negli atti processualiapprontati dal P.M. Dr. RiccardoGhio della Procura della Repubblica

di Alessandria ci sono le prove chegli imputati, senza soluzione di con-tinuità tra le gestioni dello stabili-mento da parte delle societàAusimont e Solvay, non solo sep-pellivano scorie e rifiuti industria-li, non solo sapevano ma hannofatto di tutto per occultare, omette-re e manomettere dati e analisi,imbrogliando i già distratti entipubblici, impedendo così le appro-priate iniziative per contenere edeliminare l’immenso inquinamen-to della falde acquifere (cromo esa-valente ed altri 20 veleni tossici ecancerogeni). In altri termini, gliimputati hanno fatto il tutto consa-pevolmente, per interesse, dunqueper dolo. Infatti, lo ripetiamo, l’ac-

cusa è quella di avvelenamentodoloso e dolosa omessa bonifica. L’accusa è di dolo: 1) - per essereessi stati a conoscenza dell’esi-stenza di enormi discariche tossi-che e cancerogene, illegittime e nonautorizzate; 2) - per aver omesso lamanutenzione della rete idricadello stabilimento provocandoenormi dilavamenti delle sostanzeinquinanti in falda; 3) - per averomesso di fare i necessari interven-ti per eliminare o ridurre drastica-mente l’inquinamento; 4) - per avercausato l’avvelenamento dellefalde idriche sottostanti lo stabili-mento e le aree limitrofe (SpinettaMarengo, ed oltre), nonché l’acque-dotto di Alessandria, provocando

gravi danni alla salute dei lavora-tori, delle/dei cittadine/i e del-l’ambiente, segnatamente di quel-lo agricolo; 5) - per aver diretta-mente somministrato acqua avve-lenata a lavoratori, lavoratrici ecittadine/i; 6) - per aver omesso disegnalare agli enti pubblici il realecontenuto quali-quantitativo dellesostanze tossiche e cancerogenecontenute nelle discariche e lareale portata dell’inquinamentoesistente, sia del sito industrialeche delle falde acquifere; 7) - peraver dolosamente occultato, omes-so e nascosto alle autorità i datirelativi alla esistenza e alla consi-stenza delle discariche di rifiuti tos-sici, nonché lo stato di contamina-zione delle falde idriche; ancora,per gli omessi interventi di bonifi-ca. Con l’udienza finale avanti alGUP si è così concluso un primoatto di giustizia. Per questo, confidiamo di averegiustizia anche dalla Corte diAssise di Alessandria. Nel mentrerestiamo in attesa dell’aperturadell’altro processo a carico diimputati della società Solvay: perinquinamento dell’aria e per lemalattie professionali causate, unprocedimento che singolarmentetarda ad aprirsi.

17. - LE UDIENZE DAVANTIALLA CORTE D’ASSISE DIALESSANDRIALa Giustizia è lenta!UDIENZA DEL 17 OTTOBRE2012A quattro anni dall’avvio delleindagini (2008), a tre anni dallarichiesta di rinvio a giudizio for-mulata dal Pubblico Ministero(2009), e a due anni dall’avvio delprocesso davanti al GUP (2010),siamo all’inizio del processo veroe proprio.La notizia clamorosa scaturita nelcorso di questa udienza avanti laCorte d’Assise del Tribunale diAlessandria (Presidente la Dr.ssaSandra Casacci, Giudice a latere

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Gianluigi Zulian), è che la societàSolvay si costituisce parte civile neiconfronti di Carlo Cogliati e diFrancesco Boncoraglio, il primo giàpresidente delle società Ausimonte Solvay ed il secondo responsabilecentrale della Funzione Ambiente.In altri termini, la società Solvay sicostituisce parte civile contro sestessa!Infatti, a riprova, si veda il “decretoche dispone il giudizio“ a firma delGiudice delle indagini preliminari,Dr. Stefano Moltrasio, che ha rin-viato a giudizio “Cogliati Carloquale presidente del C.d.A e ammi-nistratore delegato della societàSolvay Solexis S.p.a. nel periodomaggio 2002- ottobre 2003”; lo stes-so Boncoraglio è rinviato a giudiziocome responsabile ambiente dellastessa società fino al 2002. Nei fatti,si tratta, da parte di Solvay, di unaclamorosa (e maldestra!) ammis-sione di responsabilità.

18. - SOLVAY PARTE CIVILECONTRO SE STESSA. IL NODO È: CHI PAGA LABONIFICA? L’IMPIANTO ALGOFRENE VACHIUSOUDIENZA DEL 7 NOVEMBRE2012La strategia delle Difese degliimputati è sempre la stessa: rinvia-re rinviare in attesa che scadano itermini di prescrizione dei reati eche arrivino gli indulti, e forseanche l’amnistia. Infatti, in questaudienza le Difese degli imputatihanno cercato di far ricominciareda capo il processo, riproponendoavanti la Corte di Assise tutte leeccezioni già sollevate avanti alGUP e dallo stesso respinte nelcorso di defatiganti udienze. ComeMedicina Democratica siamo tran-quilli che tutte le parti civili da noirappresentate – cittadini e lavora-tori ammalati o eredi dei defunti -hanno diritto ad essere presenti nelprocesso e ad essere risarciti per idanni patiti, e tutto questo è stato

ampiamente documentato ed illu-strato dal nostro legale, l’avv.Laura Mara. Sgradevole oltre ogni limite, lamancanza di rispetto per le vitti-me: uno degli avvocati difensoriha affermato che “a SpinettaMarengo non c’è mai stato nessunpericolo”. Inoltre, c’è stato il tenta-tivo degli imputati di far estromet-tere dal processo i cosiddetti “entiesponenziali” che si erano costi-tuiti parte civile, ovvero le associa-zioni ambientaliste, invero nessunavvocato si è azzardato a fare talerichiesta nei confronti di MedicinaDemocratica, mentre è stata persi-no chiesta l’estromissione delComune di Alessandria. Su tuttodeciderà la Corte d’Assise. Ma il clou più atteso dell’udienza èstata la richiesta del difensore delresponsabile civile della societàSolvay di costituirsi parte civilecontro Carlo Cogliati, cioè contro ilgià presidente prima dell’Ausimont,e poi della stessa società SolvaySolexis S.p.a.; cioè, paradossal-mente, “Solvay vuole costituirsiparte civile contro se stessa”. Lostesso difensore di Cogliati haspiegato alla Corte il perché delparadosso. Cogliati come caproespiatorio serve come “anticipodell’azione di rivalsa” che Solvayvuole condurre nei confronti dellavenditrice società(estinta) Ausimont,che ora fa capo alla Edison S.p.A..Gli ingenti costi della bonificasecondo (noi) quanto riportato dalPubblico Ministero nel capo diimputazione competono alla societàcompatrice Solvay. Il suddettoavvocato difensore ha rincarato ladose: “E’ di Solvay penalmente laresponsabilità maggiore rispettoall’Ausimont, non ha fatto nessunabonifica, la gestione dissennata èstata proprio quella a partire dal2002” (anno di cessione formaledello stabilimento dalla societàAusimont a Solvay Solexis S.p.a.,n.d.r). C’è tra il folto pubblico chivede nello scontro tra Ausimont e

Solvay un reciproco massacro echi invece vede un gioco delleparti entrambe per salvarsi lechiappe. Osserviamo: che nonsiano le vittime di entrambe lesocietà a pagarne i prezzi!Le doverose condanne dei colpe-voli non sono l’elemento domi-nante. Due sono in realtà le archi-travi di questo maxi processo aSolvay avanti la Corte d’Assise delTribunale di Alessandria. Una è ilrisarcimento dei lavoratori e citta-dini morti o ammalati, parti civilicostituite, vittime della storicacatastrofe ecologica provocatadal colosso chimico di SpinettaMarengo. L’altra architrave è labonifica del sito, affinché per ilfuturo non produca più morte emalattia. Ebbene, il risarcimento esoprattutto la bonifica hanno uncosto assai rilevante che la riccaSolvay non vuole pagare, tentan-do di scaricare il barile addossoalla insolvente (e non più esisten-te!) Ausimont, dalla quale avevaacquistato a basso prezzo lo stabi-limento consapevole che era comeuna mela marcia: situazioneaggravata dolosamente e, secondoil Pubblico Ministero, nascostaalle autorità di controllo (peraltromolto distratte e sorde ai ripetutiappelli di Medicina Democratica).Così si spiega la mossa clamorosasulla quale la Corte d’Assise è chia-mata a pronunciarsi: Solvay hachiesto alla Corte di costituirsiparte civile contro Carlo Cogliatiquale presidente dell’Ausimont,volendo dimostrare di essere stataingenuamente raggirata dall’azien-da venditrice. Si tratta, è evidente,di una richiesta senza senso nécomune né giuridico, che la Cortenon potrà che respingere. Infatti, losi ricorda ancora, Cogliati è statoprima presidente dell’Ausimont epoi della stessa Solvay! DunqueSolvay finirebbe per costituirsiparte civile contro se stessa! Sequesta non è una palese ammissio-ne di responsabilità!?

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La multinazionale belga, pur aven-do goduto di utili stratosferici, stacercando disperatamente di sot-trarsi ai costi della indispensabilebonifica del sito, ivi compresa quel-la delle falde idriche. Ad ogni modo, invitiamo chi leggequeste note ad affacciarsi sullafabbrica dal Castello di Marengo,o meglio aggirandolo da via dellaStortigliona dopo il ponte sulBormida, o guardando le immagi-ni sul nostro blog (http://medici-nademocraticaalessandria.blog-spot.it).Le “montagne” artificiali che sivedono non sono altro che discari-che di rifiuti industriali ricopertesuperficialmente con argilla e telidi plastica - (scorie/gessi fluorurati,metalli e solventi clorurati) – conte-nenti sostanze tossiche e cancero-gene, che i consulenti tecnici dellaProcura della Repubblica hannorinvenuto nelle acque delle faldesottostanti lo stabilimento Solvaydi Spinetta Marengo. Tali monta-gne, ovviamente, non costituisconoun intervento di bonifica!Viceversa, si tratta di una meratumulazione di rifiuti industrialiche non mette assolutamente insicurezza i molteplici siti inquinatiesistenti nell’area dello stabilimen-to di Spinetta Marengo di cui è pro-cesso. Infatti, la pioggia e la neveprovocheranno il dilavamento deiveleni che, inevitabilmente, finiran-no nelle faldesottostanti.Si tratta diuna non soluzione ancorchè prov-visoria, sapendo che da noi il prov-visorio diventa definitivo. Va dettoa chiare lettere che questo noncostituisce un intervento di bonificae tale intervento non può essereproposto per il polo chimico diSpinetta Marengo, pena aggravarel’attuale disastro ecologico. Lo sisottolinea: i veleni non vanno sot-terrati, ma rimossi in sicurezza - [apartire da quelli giacenti sotto l’im-pianto Algofrene, che per questo vachiuso e riallocato] - attraversorigorosi processi di bonifica dei

diversi comparti dell’ambiente(aria, acque superficiali e di falda,suolo e sottosuolo). La chiusura del-l’impianto Algofrene, che stasprofondando, era già nei program-mi della società belga con approv-vigionamenti assicurati e nessunproblema occupazionale, ma oratale iniziativa è stata sospesa dallasocietà, nei fattiper farepressioni intermini occupazionali nei confrontidelle autorità locali, dei sindacati edella Magistratura. Ma contro que-sti disegni continueremo ad essereben attivi nel processo.

19. - FACCE DI BRONZO, A DIRPOCOUDIENZA DEL 28 NOVEMBRE

2012Il Giudice dell’udienza prelimina-re (GUP), come già detto, a suotempo ha respinto, con pregnantiargomentazioni giuridiche, lerichieste delle Difese degli imputa-ti Solvay e delle altre società coin-volte di escludere le costituzioninel processo delle parti civili (entilocali, associazioni, persone fisi-che). Aver riproposto avanti laCorte d’Assise le medesime richie-ste di esclusione da parte dellepredette Difese, serve alla societàbelga per allungare - come giàavvenuto in questi anni - il pro-cesso fino al traguardo agognatodella prescrizione dei reati. Nel perseguire questo obiettivo, il

colpo gobbo della società sarà lascandalosa richiesta di spostare ilprocesso dalla sede giudiziarianaturale di Alessandria a Milano,con l’intento di ricominciare dazero il procedimento, buttandocosì alle ortiche anni di lavoro giu-diziario e di soldi dello Stato, non-ché tutti coloro - anche fra le vitti-me - che credono ancora nellaGiustizia. Sempre nell’ottica diquesto obiettivo, in questa udien-za la società Solvay ha ripropostoil suo tentativo – un clamorosoboomerang - (ri)presentando sestessa come parte civile, con larichiesta di risarcimento dei danninei confronti degli imputatiCogliati e Boncoraglio! Qualidanni? Quelli concernenti la boni-fica. Sorvolando strumentalmentesul fatto che essa non ha fatto -dolosamente - nessuna bonifica!Anzi l’inquinamento è rimasto, senon più aggravato! Danni chiesti achi? Al presidente dell’Ausimontvenditrice dello stabilimento diSpinetta Marengo. Ma se CarloCogliati è stato presidente dellasocietà acquirente Solvay! Ma seegli ha agito con dolo, secondo ilcapo di imputazione, omettendola bonifica e nascondendo e mani-polando i documenti compromet-tenti, sia quando era presidentedell’Ausimont che poi presidentedella Solvay!? Insomma Solvay vorrebbe costi-tuirsi parte civile contro… se stes-sa. Pretenderebbe (da un fantoma-tico capro espiatorio fra tutti gliimputati) il risarcimento di dannida essa procurati con dolo: omet-tendo e ostacolando la bonificaper risparmiare miliardi di investi-menti (devoluti in utili agli azioni-sti belgi). Se l’odierna societàSolvay vuole rivalersi contro laSolvay di ieri: lo faccia in un altroprocesso, non in questo, hannocommentato indignati gli amma-lati e i famigliari dei deceduti,adesso paghi le proprie colpe.Morale dell’udienza. C’è chi in

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Solvay si è mostrato offeso peressere stato definito “faccia dibronzo”, a tacer d’altro. Che sinte-tizza in maniera ancora insuffi-ciente il nostro giudizio.

20. - UNO SPETTACOLO NONEDIFICANTE PER IL GIORNA-LISMO ALESSANDRINONell’udienza del 28 novembre2012 avanti la Corte di Assise diAlessandria il Public Relations(PR) della multinazionale belga,Fabio Novelli, è stato beccato dallaPresidente del Tribunale mentre fil-mava di nascosto. L’episodio puòessere declassato come una figu-raccia di un PR maldestro, ridu-cendolo - come è stato descritto - amacchietta. Oppure, senza ironia,come un abituale caso di spionag-gio industriale sugli attori del pro-cesso: giudici, parti civili, avvocati.Invece da esso si può produrreuna riflessione più ampia.Vediamola. Cosa ci fa sempre ilPR alle udienze? Relazioni con igiornalisti, si risponderà. In effettilo si nota assiduo con alcuni. Chec’è di male, si dirà. Niente: allaluce del sole. Se non che la fre-quentazione avviene anche informe riservate, lontane da orec-chie indiscrete. Come hanno docu-mentato le compromettenti inter-cettazioni telefoniche ordinatedalla Procura della Repubblica(mancano purtroppo i vis à vis).Orbene, si è notato che i giornalinon pubblicano mai comunicatistampa della Solvay. Noi (ci posso-no intercettare tranquillamente)non usiamo altro mezzo che icomunicati stampa, che talvolta civengono pubblicati, ad eccezionedel giornale locale Il Piccolo; noinon facciamo visite a domicilio.Eppure la voce di Solvay comparein continuazione nei servizi gior-nalistici, e noi non possiamo nep-pure replicare alla disinformazio-ne, perché non ha la forma direttadel comunicato stampa. Si dirà: ilPR Fabio Novelli fa il suo lavoro,

ben pagato. Si dirà che certainquietante riservatezza non èdetto che sconfini nell’illecito.Però Giulio Andreotti ci ha inse-gnato che pensare male preclude ilparadiso, ma talvolta serve.Ascoltando le suddette intercetta-zioni telefoniche, la conclusione èlampante: attraverso i propri cana-li privilegiati l’azienda riesce facil-mente a fare apparire messaggicontrari alla verità. Il tono è con-fidenziale, il fine è collaborativo,il risultato è complice. FrancoCapone (Telecity) fornisce perfinodocumenti riservati del Sindaco aPaolo Bessone! Bessone facevaappunto da trait d’union tra i verti-ci belgi e i giornalisti e i sindacalisti“da addolcire” (sui sindacalisti, inparticolare Michele Muliere-CISL,ritorneremo prossimamente).“Adoucir les journalistes” è ilprogramma aziendale, con qualisostanze zuccherine non sappia-mo. Bessone chiama Giorgio Ca-rimati, imputato responsabile delsettore ambientale, e gli dice di esse-re a conoscenza di quanto usciràsui giornali all’indomani, e addirit-tura glielo legge! E’ quel che si dice“velina”. Stefano Bigini, indagatoe direttore dello stabilimento,telefona a Bessone il proposito diricattare gli Enti locali tramitenotizie di stampa in forma anoni-ma! Anonimato che i giornalistievidentemente gli garantiscono.Enrico Sozzetti (Il Piccolo) lo chia-mano “il nostro”, “l’andiamo atrovare domani in redazione”.Capone è “l’amico Capone”. Insomma, nelle intercettazioni,telefonate simili sono all’ordinedel giorno. Non è uno spettacoloedificante per il giornalismo ales-sandrino. Il giornalista che scrivesotto dettatura del committente.Non solo, nel contempo si esercitala censura alle voci che denuncia-no le malefatte della Solvay. Il Piccolo, molto prodigo di servizipadronali, negli ultimi anni non hamai pubblicato un comunicato

stampa di Medicina Democratica.Mai. Eppure Medicina Democraticaè l’unica parte civile indiscussaperché è da 40 anni l’antagonistastorico dell’azienda di SpinettaMarengo. In passato Il Piccolodiede adeguato rilievo alle nostredenunce ambientali e alle odioserappresaglie che seguirono.Finché non è subentrato comedirettore Roberto Gilardengo. Noi,pur bersaglio dell’ostracismo, nonne facciamo una questione perso-nale. Non diciamo, come si dicenell’ambiente, che egli è uno cheha paura della propria ombra.Figuriamoci l’ombra della Solvay.Sappiamo anche che c’è semprelo zampino del datore di lavorodietro ogni redazione, e c’è chi èpiù ligio ad attaccare l’asino dovevuole il padrone. Diciamo cheogni giornale ha il direttore che simerita. Ma gli alessandrini?Chissà, magari Il Piccolo ha ungrande successo commerciale (nonparrebbe dato che sta per chiudereuna delle tre edizioni settimanali),ma giornalisticamente parlando…mai un approfondimento, unainchiesta, scomodare qualcuno…bensì morti e veline. Noi piccolettiandiamo avanti con le nostreforze, con la schiena dritta, con inostri “pochi” lettori (mica tanti inmeno de Il Piccolo) e in barbaall’ostracismo de Il Piccolo.

21. - SCONCERTANTI I TEMPIDELLA GIUSTIZIAUDIENZA DEL 19 DICEMBRE2012La Corte di Assise di Alessandria,presidente Sandra Casacci, ha -giustamente - respinto le eccezio-ni presentate da Solvay. I rinomati avvocati difensori sape-vano benissimo che sarebbe anda-ta a finire così. Perché allora hannopresentato tutto quell’azzeccagar-buglio che era già stato respintodal GUP (Giudice dell’UdienzaPreliminare)? Perché addiritturaSolvay consumava le udienze nel

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risibile tentativo di far costituireSolvay parte civile contro… il suoex presidente?Perché? Non tanto per allungarele parcelle dei legali (anche) maper un obiettivo semplice: obbliga-re la Corte a riascoltare ed a ridi-scutere tutto, in questo modo sonoriusciti a far perdere altri mesi,cioè a far guadagnare tempo aSolvay, che, di rinvio in rinvio,persegue costantemente il traguar-do della prescrizione dei reati, edinsegue gli indulti e, forse, anchele amnistie. L’udienza viene rin-viata al 27 febbraio 2013. Coloroche non sono abituati a frequenta-re i palazzi di giustizia restanosconcertati dai tempi della giusti-zia, soprattutto le vittime e i loroparenti che nella Giustizia hannoriposto la loro fiducia.

22. - SI FA IN TEMPO A MORIREPRIMA DI OTTENERE GIUSTIZIAUDIENZA DEL 27 FEBBRAIO2013Ci hanno rimproverato per averscritto sul processo Solvay: “Itempi e i modi del procedimentopenale sono difficili da compren-dere per i non addetti ai lavori, el’impressione diffusa è che lostuolo di rinomati avvocati difen-sori abbia buon gioco a rinviarerinviare fino a concludere tutto inuna irridente bolla di sapone”. Cihanno anche rimproverato di avercommentato una foto di reperto-rio sui giornali comprendente unlavoratore nel frattempo decedu-to: “Si fa in tempo a morire primadi ottenere giustizia”. Infatti ciobiettano che i tempi di questo pro-cesso non sono più lenti di altri,anzi, bisogna tener conto che è unprocedimento complesso, con unamole di documenti impressionan-te onore al merito del PubblicoMinistero Dr. Stefano Ghio, che igiudici sono ad organici ridottiall’osso, con un battaglione dilegali della difesa che straripanonell’aula e che sollevano tutti i

cavilli giuridici per allungare ildibattimento, magari parlandodue ore ciascuno ripetendo lostesso concetto. Sarà tutto vero,anzi lo è, ma noi interpretiamo lostato d’animo di persone che vor-rebbero sapere infine se ci sonocolpevoli delle proprie malattie odella morte dei propri famigliari,se verranno risarcite, se e comequella fabbrica continua a uccide-re, come si potrà impedire bonifi-candola, e attendono di saperloquanto meno dal 2008 quandoscoppiò il bubbone penale.Teniamo presente che prima del2008, c’è stato chi (MedicinaDemocratica) ha denunciato perdecenni cosa accadeva a Spinetta

Marengo, con tanto di espostiall’Autorità giudiziaria, mentre leluci del palazzo di giustizia non siaccendevano. Allora si debbonocomprendere le aspettative delusedi chi si accorge che, dopo quasicinque anni, il processo è ancoraai preliminari e non si consolaaddebitandolo, come è giusto, alsistema giuridico, con i suoi quasiquattro gradi di giudizio, i governiche non hanno assicurato risorseadeguate al funzionamento deitribunali: una giustizia insommache non funziona ma non quella acui si riferisce Silvio Berlusconi, ilquale anzi ne beneficia, bensìquella della gente comune cheattende anni e anni.

Immaginiamo poi la reazione se cifosse la beffa di ricominciare tuttoda capo trasferendo il processoSolvay da Alessandria a Milano. Il paradosso degli avvocati difenso-ri è che, all’occorrenza, sostengonol’opposto, come lo spostamento delprocesso Eternit da Torino a…Casale Monferrato - Alessandria,tentativo respinto dal Tribunale edalla Corte d’Appello di Torino.Vedremo cosa succederà alla pros-sima udienza del 13 marzo 2013,che rappresenta la prima scadenzadel serrato ciclo di udienze pro-grammate per entrare nel meritodel dibattimento. Una massima èuna norma soggettiva e non unimperativo a cui tutti si devonoattenere (Emmanuel Kant). “Lagiustizia è uguale per tutti”: stascritto bello grosso nelle aule deitribunali. Diciamoci la verità, inmezzo alla gente non c’è moltafiducia in questa massima. Infatti,quanti cittadini hanno rinunciato apresentarsi parte civile al processoperché sfiduciati? “... Non darannomai torto ad un colosso comeSolvay”. Anche i centocinquantaammalati e parenti dei defunti, chehanno dato fiducia alla Magistra-tura come parti lese, sono perples-si dopo tante udienze del processo.I tempi e i modi del procedimentopenale sono difficili da compren-dere per i non addetti ai lavori, el’impressione diffusa è che lo stuo-lo di avvocati difensori abbia buongioco a rinviare rinviare fino a con-cludere tutto in una irridente bolladi sapone. Nell’udienza in Corte diAssise del 19 dicembre 2012, moltidei cittadini in aula, sommersi daicavilli procedurali, non hannoneppure inteso quale sarebbestato l’oggetto della discussione il27 febbraio 2013.In soccorso di Solvay si è intro-messo il Ministero dell’Ambiente. A Solvay infatti la Corte avevarespinto il tentativo di costituirsiparte civile contro il proprio presi-dente: una manovra degli illustri

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legali per scaricare gli oneri pena-li e patrimoniali da Solvay adAusimont (di cui Carlo Cogliatiera stato pure presidente primadella vendita dello stabilimento diSpinetta Marengo). Ebbene, ilMinistero dell’Ambiente, distin-guendosi da tutte le altre particivili (persone fisiche, enti locali,associazioni), tenta di costituirsiparte offesa anche contro EdisonS.p.A., cioè nei confronti dellasocietà erede dell’Ausimont. LaCorte respingerà questa assurditàgiuridica? Intanto si continua aperdere tempo, a rinviare rinviare.Oltre alla tattica del rinvio, c’èquella della cortina del silenzioche Solvay vorrebbe avvolgereattorno al processo, mentre acca-rezza l’ardire di spostarlo aMilano. Come già ricordato, leintercettazioni della Procura dellaRepubblica hanno messo in rilie-vo l’attività della multinazionaleper l’“addolcimento” dei giornali-sti, tant’è che il tri-settimanale cit-tadino è stato costretto a sostituireil giornalista coinvolto. Però cancellare, far tacere Medici-na Democratica resta l’imperativodi Solvay. Sarà una coincidenzache nella cronaca de Il Piccolo sievita accuratamente di nominareMedicina Democratica: è anoni-mamente definita “un’associazio-ne che assiste gli abitanti”.Il molto reverendo direttoredello stesso giornale non mancadi telefonarci minacce, pardon,avvertimenti. “Sopire, troncare,padre molto reverendo: troncare,sopire” (Alessandro Manzoni).

23. - RICOMINCIA IL PROCES-SO DA CAPO?UDIENZA DEL 13 MARZO 2013Noi parti civili, in aula fra amma-lati e famigliari dei defunti, siamoconvinti che il processo non possache continuare nella sua sedenaturale, ad Alessandria. Come èavvenuto da sempre e dappertutto:per Icmesa di Seveso, Montedison

di Porto Marghera e di Mantova,Eternit di Torino e Casale Monfer-rato, Ilva di Taranto, Fibronit diBroni - Voghera, Farmoplant diMassa, ACNA di Cengio (SV),Enichem di Manfredonia (FG),Solvay di Bussi (PE), Solvay diFerrara, Solvay di Rosignano (LI)eccetera.Viceversa, i difensori degli impu-tati Solvay di Spinetta Marengoaffermano che il procedimentodeve essere trasferito a Milano,perché anche se un solo giudicefra i 50 del Tribunale è residentenel Comune di Alessandria o lo èstato negli ultimi 15 anni, questocondizionerebbe l’imparzialitàdella Corte d’Assise in quanto,come residente, tale giudice -(anche se non facente parte dellaCorte d’Assise) - sarebbe un “dan-neggiato, ai sensi dell’art. 11c.p.p.”. Sarebbe un “danneggiato”in astratto per il solo fatto di esse-re residente nel Comune diAlessandria. Sarebbe un “danneg-giato” anche se non lamenta nes-sun danno, anche se non è partecivile al processo e neppure nelCollegio giudicante, anche se(senza fare nomi e indirizzi divul-gati dalla società belga) è residentema fa il giudice a Saluzzo e Vercelli,o ad Acqui Terme, o il GIP a Torino,o è Uditore giudiziario senza fun-zioni a Torino, o è all’Ufficio di sor-veglianza; anche se non ha maimesso piede a Spinetta Marengo,anche se non è più residente nelComune da 14 anni ecc. Ma insomma, di quale reato èaccusata Solvay? Di avvelena-mento doloso delle acque e didolosa mancata bonifica. Il puntoè: quali acque sono state avvelena-te da Solvay? Sono le acque con-sumate dentro lo stabilimento diSpinetta Marengo? Però nonriguardano i giudici ma i lavora-tori. Allora sono anche le acqueprelevate nei pozzi di Spinetta ezone limitrofe, ad uso di privati,l’ex zuccherificio, la fattoria

Pederbona, la società Paglieri,ecc.? Però non riguardano i giudi-ci. Secondo il Pubblico Ministero,infatti, il reato e il danno sono cir-coscritti a Spinetta Marengo ezone limitrofe, come indicato nelcapo di imputazione, e in quellezone non vivono magistrati, laCorte valuterà nel merito ancheciascuna delle parti civili costitui-te. Invece i difensori degli impu-tati Solvay presumono, para-dossalmente, che tutte le decinedi pozzi dell’acquedotto diAlessandria siano tutti indistinta-mente inquinati? In forza di que-sta tesi allora Solvay starebbesostenendo che tutti i cittadiniresidenti di Alessandria, capo-luogo e sobborghi, tutti, tra cuiastrattamente 50 giudici, sono“danneggiati ai sensi dell’art. 11c.p.p.”. E’ come dire che tutti glialessandrini avrebbero diritto dicostituirsi parte civile contro l’a-zienda per essere stati dalla stessaavvelenati per decenni!Clamoroso. Anzi, dato che lafalda inquinata va anche nelfiume Bormida, di lì nel Tanaro e,poi, nel Po, come dimostra lasostanza tossica Acido Perfloru-roottanoico - (PFOA) scaricata nelBormida e ritrovata alla foce delPo, dunque, secondo il paradossogiuridico Solvay, tutti i cittadinipadani sarebbero “danneggiati” etutti i giudici dei tribunali dellapianura padana sarebbero ricusa-bili? Allora che senso ha la richie-sta di spostare il processo aMilano, meglio… a Palermo. In questo processo ne abbiamo vistedi tutti i colori: Solvay che vuolecostituirsi contro Edison e perfinocontro se stessa, fino all’obiettivoodierno di annullare, tramite larichiesta di trasferimento del pro-cesso a Milano, tutto il lavoro svoltodalla Procura della Repubblica edal Tribunale di Alessandria territo-rialmente competenti, per ricomin-ciare il processo da capo, e avviarsialla prescrizione.

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24. - PUÒ IL PROCESSO FINAL-MENTE ENTRARE NEL MERI-TO? COGLIATI IL PRINCIPALEIMPUTATOUDIENZA DEL 27 MARZO 2013La Corte di Assise di Alessandria,come era prevedibile, ha respinto iltentativo delle Difese degli imputa-ti Solvay di spostare il processo aMilano, dando così ragione al PM ealle Difese delle costituite PartiCivili. Finalmente, esaurita la fasepreliminare sfruttata dagli avvo-cati degli imputati per allungare itempi verso la prescrizione deireati, il processo comincerà adentrare nel merito. Anche se le tat-tiche dilatorie dei legali delleDifese continueranno a buttarenegli ingranaggi processuali altreartificiose eccezioni - (nonchè afar parlare ore e ore un numerospropositato di consulenti: i soldia Solvay non mancano...) - per ral-lentare i tempi del dibattimento efar allontanare il giorno della sen-tenza, perseguendo costantemen-te l’agognato obiettivo della pre-scrizione.

25.- ALESSANDRIA 2012: PRE-MIO ATTILAScegliendo fra 18 concorrenti sele-zionati via internet, la Giuria havotato il Premio Attila Alessandria2012. Ha vinto Carlo Cogliati, al secon-do posto si è piazzato il direttorede Il Piccolo (dovrà gareggiare peril prossimo anno, dipenderà tuttoda lui).L’imputato, già presidente dellasocietà Solvay (nonché dell’exsocietà Ausimont) di SpinettaMarengo (AL), classe 1938, era soli-to affermare: sono sempre stato ilprimo della classe. Infatti (fra gliotto) è il principale imputato con-tumace nel presente procedimen-to penale per avvelenamentodoloso e dolosa omessa bonifica;un vero e proprio ecocidio che haannientato la più grande faldaacquifera della provincia, a causa-

dell’inquinamento da cromo esa-valente e di altri 20 veleni tossici ecancerogeni; oltre ad aver inqui-nato con gli scarichi industriali,contenenti la sostanza tossica eteratogena (PFOA), le acque dalfiume Bormida fino alla foce delPo (per quest’ultimo inquinamen-to si attende che la Procura dellaRepubblica attivi la conseguenteazione penale). A prescindere dalprotettorato di Comunione eLiberazione, il “Premio Attila” nonpoteva che essere vinto da Cogliati,avendo tra i supporters l’elevatonumero di ammalati e famigliaridei deceduti, nonché lavoratori ecittadine/i, a centinaia, presenticome parti civili nel presente pro-

cesso per avvelenamento delleacque e di altri comparti dell’am-biente. A tacere delle ulteriori vitti-me relative a un altro processoche, si pensa, dovrebbe aprirsi abreve per l’inquinamento atmosfe-rico.Nelle foto pubblicate sul bloghttp://medicinademocraticaales-sandria.blogspot.it potrete appren-dere che il Premio Attila (già con-seguito da personaggi del calibrodi Marcellino Gavio e FabrizioPalenzona) è stato conseguito dalsuddetto imputato contumace.Come potete vedere (le foto sonoautentiche!), Cogliati è protetto dauna costosissima armatura forgia-ta dai suoi avvocati difensori, i più

famosi fabbri legulei italiani,armatura particolarmente a tergorinforzata a parare i colpi degli expadroni belgi. Il premio è conse-gnato da uno dei due dipendentiche lui, fra tante rappresaglie,licenziò per aver denunciato loscempio ambientale, nonché anti-cipando le accuse di Tangentopoli.Se osservate le foto della tavolafastosamente imbandita, noteretele sedie lasciate vuote dai coimpu-tati che lo vorrebbero unico caproespiatorio, mentre a complimen-tarsi intravedrete il fantasma delcompianto Gianni Spinolo, l’altrolavoratore licenziato che rientròtrionfalmente in fabbrica con sen-tenza pronunciata in nome delpopolo italiano: gli terrà compa-gnia per i prossimi 15 anni severrà condannato. Cogliati avràcosì tutto il tempo di rileggersi i fal-doni di documenti e intercettazionitelefoniche che l’hanno inchiodatopenalmente nel processo del seco-lo, in vana attesa della consuetaamnistia e rimuginando sugli stra-tosferici emolumenti percepiti: piùche inversamente proporzionalialla proverbiale tirchieria azienda-le soprattutto a scapito degli inve-stimenti ambientali.Poi scontata la pena, il fantasmalo terrà sveglio di notte per queiguadagni fatti sulla pelle dellagente, che pur confiscati dallaGiustizia terrena neppure in mini-ma parte hanno coperto i costidella bonifica del territorio, e pernulla risarcito le morti e le malat-tie di lavoratori e cittadine/i. Inquesto periodo, il fantasma glienumererà una per una le discari-che illegittime non autorizzate nédenunciate, i veleni sotterrati che,ancora oggi, dilavano nella faldasotterranea avvelenando i pozziprivati e l’acquedotto di Alessan-dria con cromo esavalente, arseni-co, antimonio, nichel, cloroformio,selenio, DDT, fluorurati, solfati,idrocarburi, metalli pesanti eccete-ra. Gli rammenterà di aver dolosa-

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mente nascosto agli enti pubblicila reale portata degli inquinamen-ti tossici e cancerogeni, e di nonaver fatto nulla per eliminarli osoltanto ridurli significativamen-te; anzi, agendo con condottedelittuose per nascondere e falsifi-care documenti, analisi e dati eco-sanitari. Gli ripeterà che non c’èperdono per aver così cagionatotumori e malattie ai lavoratori e aicittadini, alla fauna e alla flora.Né potrà consolarsi chiamando acorrei gli altri imputati condanna-ti, o gli impuniti nei decenni: poli-tici, sindacalisti, amministratori,funzionari arpa e asl, magistrati....

26. - ALLA SBARRA REGISTI EATTORI DELLA CATASTROFECHIMICA DELLA SOLVAY DISPINETTA MARENGO. IL REGI-STA CARIMATIUDIENZA DEL 17 APRILE 2013Arrivavano direttamente da Bruxelles,dalla casa madre della multinazio-nale Solvay, gli ordini per SpinettaMarengo: nascondere le tonnella-te di veleni sotterrati; nascondereche le sostanze tossiche e cancero-gene stavano percolando in falda;nascondere gli avvelenamenti delleacque dei pozzi e dell’acquedottoche facevano ammalare, anchecon esito infausto, lavoratori e cit-tadini; falsificare le analisi e i docu-menti, imbrogliare gli enti pubbli-ci. A differenza dei giornali, sulblog di Medicina Democratica diAlessandria, si riportano i nomi ecognomi. Senza fermarci al grancapo espiatorio: Carlo Cogliati.Diamo un volto al regista dell’atti-vità spionistica: Giorgio Carimati,nonché al grande occultatore discheletri negli armadi, GiorgioCanti. Ancora ai direttori solertiinquinatori: Stefano Bigini, e aicomplici: Valeria Giunta.... In que-sta udienza, Alberto Maffiotti èstato un teste chiave nella suaveste dal 2006 di direttore provin-ciale dell’ARPA (Agenzia regiona-le protezione ambientale). Ha sfo-

gliato documenti su documenti,dai 20 corposi faldoni che conten-gono le prove dell’avvelenamentodoloso di una delle maggiori faldeacquifere del Piemonte e delladolosa omessa bonifica del polochimico in questione.Avvelenamento delle acque som-ministrate ai dipendenti, avvele-namento dei pozzi privati e del-l’acquedotto di Alessandria amezzo di cromo esavalente, arse-nico, antimonio, nichel, clorofor-mio, selenio, DDT, fluorurati, sol-fati, idrocarburi, metalli pesanti,eccetera. Omessa bonifica dellediscariche illegittime, nè autorizza-te né denunciate, i cui veleni sotter-rati ancora oggi dilavano nellafalda sottostante il sito industriale.Entrambi i reati, come riportato nelcapo di imputazione, commessicon dolo per aver nascosto agli entipubblici la reale portata degliinquinamenti tossici e canceroge-ni, e non aver fatto nulla per elimi-narli o soltanto ridurli significativa-mente; anzi! agendo con condottedelittuose per nascondere e falsifi-care documenti, analisi e dati ecosanitari, provocando così malat-tie, anche con esito infausto, fracentinaia di persone che si sonocostituite parte civili anche con ilpatrocinio legale di MedicinaDemocratica. Dunque dolo, frau-dolenza, volontà di delinquere:Dante avrebbe collocato gli ottoimputati nei gironi più bassidell’Inferno. La Corte di Assise,più modestamente, può condan-nare anche a 15 anni di reclusio-ne, nonchè a risarcire le vittimee, soprattutto, a far effettuare unarigorosa bonifica del sito industria-le e dei diversi comparti inquinatidell’ambiente (aria, acque superfi-ciali e di falda, suolo e sottosuolo).Il Direttore dell’Arpa, tramite idocumenti nascosti dall’azienda,ma sequestrati dal PubblicoMinistero Dr. Riccardo Ghio, hamostrato alla Corte presiedutadalla Dr.ssa Sandra Casacci, giudi-

ce a latere Dr. Gianluigi Zulian, chei dirigenti Solvay (ex Ausimont)non solo hanno avvelenato peranni, ma sapevano che stavanoavvelenando, consapevolmentecome e quando, anzi colpevol-mente minimizzavano i dati dellerisultanze analitiche degli inqui-nanti agli enti pubblici; anzi, lenascondevano e le falsificavanoprima e addirittura dopo il 2008,quando prese avvio la fase proces-suale. Emblematico, fra i numerosidocumenti occultati e sequestrati,è stata l’esibizione in aula dellamail con cui Solvay cercava dinascondere alle autorità il catastro-fico inquinamento, che interessavaun territorio che andava ben oltre iconfini dello stabilimento, raggiun-gendo il fiume Bormida e la città.La mail in questione, non fu redat-ta da uno qualunque degli imputa-ti, bensì da Giorgio Carimati:responsabile tecnico giuridico perl’ambiente e la sicurezza di tuttigli stabilimenti italiani della societàbelga. (1) In costante contattotelefonico con Bruxelles (come daintercettazioni), Carimati era al disopra di tutti i direttori delle fabbri-che ai quali impartiva le disposi-zioni affinchè le stesse fossero “ese-guite alla lettera” a cascata daisubordinati aziendali; inoltre, egliera il coordinatore del pool degliavvocati. Disposizioni rilevantiprocessualmente: “non sono alli-neate a principi di integrità mora-le e giuridica, e si prestano adaspetti confluenti in comporta-menti configuranti reati” (2).Ne sono infatti coinvolti altri sog-getti della realtà spinettese, inscala gerarchica, consapevoli invaria misura dello stato di inqui-namento delle acque e dell’atmo-sfera, e soprattutto solerti attoridelle manomissioni e degli occul-tamenti “suggeriti” dal registaCarimati. Per esempio: le doppieversioni, segrete e ufficiali, delleanalisi dei pozzi; quando dai murie dai pavimenti affiorava il giallo

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del cromo, si provvedeva a sten-derci sopra una gettata di bitumeo cemento. Ma ne sapremo di piùdal direttore dell’Arpa nella suc-cessiva udienza del 24 aprile2013. (3)

27. - RESPONSABILITÀ PENALIE/O RESPONSABILITÀ MORA-LI E POLITICHE. ANCHE FRA IDIPENDENTIUDIENZA DEL 24 APRILE 2013“Gli imputati sono dei banditi”.Sono i commenti che si infittisconomano a mano che durante l’udien-za scorrono i testimoni (ARPA,NOE) avanti la Corte d’Assise: “agi-vano come una banda, in concorsofra loro sotterravano tonnellate dirifiuti tossici e cancerogeni indiscariche dentro e fuori lo stabili-mento e scaricavano nelle faldeacquifere dove pescano i pozzi del-l’acquedotto e in Bormida, per nondire degli scarichi nell’aria; inoltredavano da bere l’acqua avvelenataai lavoratori e ai cittadini. Ancora,sottraevano, nascondevano e falsi-ficavano i documenti e le provecompromettenti, fabbricavano dop-pie versioni dei dati analitici, alte-ravano i computer, ingannavano glienti pubblici, minimizzavano gliallarmi, evitavano le manutenzioniurgenti, non dichiaravano néaffrontavano le emergenze, fingeva-no di fare la bonifica con una bar-riera idraulica; però tutte questeattività dolose – a questo punto icommenti diventano sempre piùcorrosivi - non erano opera solo deipadroni, comprensibile perché cosìguadagnavano miliardi, ma anchedi dipendenti, stipendiati un po’più adeguatamente dei colleghi dilavoro che essi stavano avvelenan-do tramite le complicità con i verti-ci.” Si pensi che le acque diAlessandria erano avvelenate daalmeno 20 sostanze tossiche convalori di concentrazione superioriai limiti di legge fino a migliaia divolte, e lo sono tuttora! Ci sono dunque responsabilità

morali accanto alle responsabilitàpenali degli otto imputati, peralcuni dei quali abbiamo già for-nito un profilo: da Bernard deLaguiche il padrone belga, a CarloCogliati il mega presidente, fino aGiorgio Canti l’occultatore di sche-letri negli armadi del cosiddetto“archivio Parodi”, nonché personafidata del deus ex machina GiorgioCarimati; Paolo Bessone, a suavolta faceva da trait d’union tra ivertici belgi e i giornalisti e i sinda-calisti “da addolcire”. All’udienzadel 13 maggio 2013, risulterà inte-ressante ascoltare i testimoniCaterina Di Carlo per il suo ruolosvolto a fianco di Carimati e Canti,e Valeria Giunta responsabile del

laboratorio di igiene industrialedello stabilimento Solvay in que-stione; quest’ultima dovrebbeavere qualche affanno sullacoscienza. Inoltre, non va taciutoche nella deposizione dell’investi-gatore Francesco Ammirata sonostati citati episodi che richiamavanocome testimoni attivi lo stessoAmmirata, nonchè Fausto Pavese,Luigi Guarracino, Bruno Lagomar-sino, Cosimo Corsa, Stefano Albera,Ermanno Manfrin, Fulvio Gualco,Alessandro Cebrero, Marco Continoed alltri. Ci sono poi i protagonisti incarne ed ossa di questo processo, leParti Civili e, in primis, gli ammala-ti ed i parenti dei defunti: viceversaquesti sono ignorati dai giornali,

dove si parla sempre e generica-mente di Solvay, senza fare i nomidegli imputati, come se la societàSolvay fosse una entità astratta.

28. - SOLVAY: A BUSSI COME ASPINETTAAnche in Tribunale a Pescara i 19imputati sono stati rinviati a giu-dizio per il disastro ambientalecausato dalla tumulazione di unaenorme quantità di rifiuti tossiciderivanti dai cicli produttivi dellostabilimento Solvay (ex Ausimont)di Bussi: l’acqua di falda presentavalori di contaminazione centinaiadi migliaia di volte superiore ailimiti di legge per composti tossicie cancerogeni. Il processo dal Settembre 2012 sisvolge in Corte di Assise a Chieti.Alcuni dei 19 imputati lo sonoanche avanti la Corte d’Assise diAlessandria: Carlo Cogliati e Sal-vatore Boncoraglio.Altri hanno ricoperto ruoli diri-genti anche a Spinetta Maren-go: Maurilio Aguggia, NicolaSabatini, Luigi Guarracino, BrunoParodi, Leonardo Capogrosso.

29. - REALIZZARE UNA RIGO-ROSA BONIFICA DEL SITOINDUSTRIALE E DEI DIVERSICOMPARTI DELL’AMBIENTE,ALTRIMENTI LO STABILIMEN-TO CHIUDERÀ. LA BONIFICANON È QUELLA SPACCIATADAL FACCENDIERE REPETTOUDIENZA DEL 6 MAGGIO 2013Il futuro dello stabilimento chimi-co della Solvay di SpinettaMarengo sta nella realizzazione diuna vera bonifica, altrimenti chiu-derà. Per la sua salvezza serve unpiano industriale come quellomesso a punto da MedicinaDemocratica per lo stabilimentoSolvay di Rosignano (Livorno).Infatti il conflitto che in Alessan-dria oppone la multinazionalebelga alle Parti civili e al PubblicoMinistero è notevole, ivi compre-sa l’eventualità di una condanna

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anche a 15 anni di reclusione peri suoi otto dirigenti. Ma, soprattut-to, la preoccupazione della multi-nazionale è quella di essere costret-ta ad affrontare i costi economiciper attuare la bonifica che scaturi-rebbero dalla condanna degliimputati. (I risarcimenti delle partilese per un colosso come Solvaysono inezie, facilmente assorbibilidai suoi utili astronomici). Il verocosto, lo si ripete, per gli azionisti diBernard de Laguiche, sarebbe lacondanna a pagare gli interventi diuna rigorosa bonifica del milionedi metri cubi di rifiuti industrialicontenenti un mix velenoso costi-tuito da una ventina di sostanzetossi-cancerogene, ivi compreso ilcromo esavalente, tutti sotterratisotto e accanto alla fabbrica. Lo siricorda a tutti, bonificare significatogliere dal terreno la massa vele-nosa innocuizzandola con appro-priati processi disinquinanti, altri-menti continuerà il rilascio delsuo velenoso percolato nelle faldeacquifere sottostanti. Non c’è dub-bio che si tratta di una spesa con-siderevole anche per azionisti chein dieci anni hanno pur collezio-nato utili stratosferici. I belgi della Solvay nel 2002, al ter-mine di una lunga e complessacontrattazione, quando hannocomperato questo stabilimento acondizioni convenienti sapevanoche era bacato, e conoscevano per-fettamente e meglio di tutti, qualeera il grave inquinamento esistente,come sta lì a ricordarci la docu-mentazione sequestrata e le inter-cettazioni telefoniche dispostedalla Magistratura inquirente.Ecco che, piuttosto che estrarre iveleni dai terreni, piuttosto cheestrarre i miliardi dalle lorotasche, hanno ordinato ai propridirigenti di nascondere sia l’esi-stenza delle discariche di rifiutitossici, che le analisi degli inqui-nanti ivi presenti e di imbrogliaregli enti pubblici; quindi, commet-tendo scientemente reati con dolo,

proprio come scritto nei capi diimputazione: “avvelenamentodoloso delle acque e dolosa omes-sa bonifica”. Poi, nel 2008, quandoè scoppiato pubblicamente il bub-bone ed è stato avviato il procedi-mento penale, gli imputati Solvayhanno proposto una superficiale(finta) bonifica, molto meno costo-sa di quella indispensabile e nonpiù rinviabile (dai 2,5 ai 12 milioni,secondo le indiscrezioni di stam-pa). Di fronte a questa situazione idirigenti Solvay hanno subito tro-vato una “sponda giusta” nell’allo-ra presidente dell’Amag LorenzoRepetto, per proporre un superfi-ciale – finto! - piano di bonifica,costoso per gli enti pubblici e fina-lizzato ad una impossibile “sciac-quatura” delle acque avvelenateprelevate dalla falda. In altri ter-mini, come a voler raccoglierel’acqua dal lago con un cucchiaio.Risulta inquietante il ruolo di fac-cendiere che emerge anche dalleintercettazioni telefoniche dispo-ste dalla magistratura, nonché losconcertò per la compiacenza delComune (sindaco PiercarloFabbio) a questo “piano Amag” dicui tutti ora ridono, ma allora nelmerito criticato aspramente soloda noi di Medicina Democratica.A questo punto, Solvay e alcunisindacalisti e politici affermanoavventatamente e senza nulladocumentare, che la vera bonificanon è possibile, costa troppo all’a-zienda che, pertanto, minaccia dichiudere la fabbrica. Si tratta delfalso, angusto e inaccettabile ricat-to: “Occupazione o salute!”, chedura da sempre. Infatti, Medicina Democratica dadecenni rivendica la realizzazionedell’Osservatorio ambientale dellaFraschetta, con al primo punto larichiesta di attuare rigorose inda-gini idrogeologiche ed epidemiolo-giche, nonché gli appropriati inter-venti di bonifica degli impianti edei siti inquinati di questo devasta-to territorio. Se i politici ci avesse-

ro ascoltato, oggi non saremmo aquesto punto.A questo punto è comprensibile siala conduzione disinvolta delladispendiosa campagna mediatica“Operation adoucir les journali-stes” orchestrata da Paolo Bessone,che la foga con cui Solvay si stabattendo con i suoi avvocati inCorte d’Assise – (anche umiliandoammalati e parenti dei defunti) -per evitare una onerosa condannaai suoi azionisti. Nel mentre l’a-zienda attende con preoccupazio-ne che la Magistratura apra unsecondo procedimento penale peraver causato gravissimi inquina-menti da PFOA, PFIB e altresostanze tossiche, con i conseguen-ti danni a lavoratori, cittadine/i eambiente, così come documentatonegli esposti di Medicina Demo-cratica, nei quali sono stati allega-ti anche le analisi del sangue didipendenti dello stabilimentoSolvay di Spinetta Marengo.

30. - COSA NON SI FA PERSOLDI. L’OMERTÀ DEI TESTI-MONI AL PROCESSO SOLVAY:I TESTI DI CARLO E GIUNTAUDIENZA DEL 13 MAGGIO 2013“Io le arresterei” ha mormorato ilpubblico nell’aula della Corte diAssise di Alessandria. Ma laPresidente della Corte, con abbon-dante equilibrio, non ha dato que-sta soddisfazione. Così in questaudienza sono state portate a termi-ne le testimonianze di Caterina DiCarlo e quella di Valeria Giunta,che pure avevano giurato di dire laverità, tutta la verità, nient’altro chela verità. Caterina Di Carlo, con tutti i suoi“Non so”, “Non ricordo”, è statabattezzata “la smemorata diSpinetta”, surclassando il famoso“smemorato di Collegno”. La colta“ingegnere ambientale”, che hasvolto il ruolo di collegamento fral’imputato Canti e il quartier gene-rale di Bruxelles, facendo suo ilproverbio: meglio passare da igno-

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rante piuttosto che da brigante,“giustificando” così l’elevato livel-lo retributivo. In aula, qualcunoha osservato: a scuola, a forza diinsegnarLe ingegneria ambientale,le avevano messo in odio l’am-biente.Valeria Giunta, la “gola profonda”delle intercettazioni telefoniche, inaula è diventata afona. Al telefono,nel 2008, gridava che “sono vera-mente bastardi”, “io non voglio fini-re in galera”, “vi metto nella merdapiù totale”. In aula non ha rivelatoquali erano i segreti con i qualiminacciava i suoi capi di voler sve-lare, e in cambio di che cosa? Mabastano e avanzano le intercetta-zioni riprese dal Pubblico MinisteroDr. Riccardo Ghio, per qualificare laresponsabile del laboratorio azien-dale nonché stretta collaboratricedegli imputati. Quando l’imputatoCanti la induceva a “non scriverequel risultato compromettente” ole ordinava analisi (del pozzo 8,spacciato per potabile) in doppiaversione, una per uso riservatointerno e l’altra, falsa, per gli Entipreposti. Quando scriveva sul dia-rio (sequestrato dai carabinieri)che il cromo era stato nascostosotto il bitume e il cemento.Quando compativa gli operai cheerano costretti ad effettuare leanalisi senza strumenti protettivi:“Io se fossi l’operatore, li denunce-rei”. Quando discuteva come“distruggere i tabulati analitici” oconsegnava i dati sensibili tramitechiavetta pen drive piuttosto chevia e-mail, “perché non restassetraccia”; quei dati che definiva“fuori dal mondo” mentre aglienti esterni “è sempre stato dettoche tutto va bene” (i dati, magaridi un anno prima, spacciati perl’anno dopo). Quando gli avvocatidifensori la invitavano a distrugge-re la relazione in mail dopo l’inter-rogatorio del Pubblico Ministero.Anche dopo questa udienza, lateste Giunta sarà uscita dall’aulaesclamando di nuovo: “Ho pratica-

mente salvato la società Solvay”.Viceversa, pensiamo che la Cortesia del nostro avviso.Interessanti potranno eventual-mente essere le deposizioni degliinterlocutori da Lei citati nelleintercettazioni telefoniche: l’“orso-ne” Gianni Pasero, il fidato Giu-seppe Merlassimo, detto Pino, l’o-diata Patrizia Maccone, e ancora:Stefano Albera, Fulvio Gualco,Marco Contino, Paolo Bessone,Bruno Lagomarsino, “quel defi-ciente di Panaro”, “quell’incapa-ce” del direttore Stefano Bigini,Luigi Guarracino, Allegreschi,Lodone, Girolomoni, Vasori,Colatarci, l’avv. Bagnoli, Giusep-pina Pavese dell’Arpa eccetera.

31. - SOLVAY AMMETTE LEPROPRIE AZIONI DOLOSEPUR DI FAR FUORI LA TESTEDR.SSA CATARUZZAUDIENZA DEL 22 MAGGIO 2013Scommettiamo? Cento a uno, affer-mava qualcuno in aula, che la dot-toressa Chiara Cataruzza si avvar-rà della facoltà di non rispondere,uscendo così di fatto dal processo,evitando dichiarazioni pericolosesia per gli imputati della societàAusimont che della società Solvay(avversarie in apparenza).A dimostrazione (l’ennesima!), leDifese degli imputati Solvayhanno subito sollevato una ecce-zione affinché la Dr.ssa Cataruzza

non fosse ascoltata come teste, macome coimputata. Infatti, lo siripete, Solvay e Ausimont fingonodi litigare tra loro, come i ladri diPisa.

32. - DALLA “FACOLTÀ DI NONRISPONDERE” ALLA “FACOL-TÀ DI NON RICORDARE”UDIENZA DEL 27 MAGGIO 2013Con la precedente normativa per ilreato di falsa testimonianza eraprevisto l’arresto in aula, ed ancheil processo per direttissima. Ora l’a-zione deve essere promossa innan-zitutto dal Pubblico Ministero, conla trasmissione allo stesso degli attida parte della Corte, o anche dalleparti civili.Come volevasi dimostrare, duran-te l’udienza, dopo una intermina-bile sequela di “non ricordo” daparte della Dr.ssa Cataruzza, laPresidente della Corte d’Assise Leha contestato: Lei, Cataruzza, hascritto di suo pugno come mani-polare i dati e le informazioni agliEnti pubblici. La teste ha avuto laspudoratezza di rispondere: “nonricordo”. La mossa degli abiliavvocati Solvay e Ausimont èstata quella di trasformare unascomoda teste in coimputata, che,appunto, nell’interrogatorio puònegare qualsiasi cosa senza incor-rere in sanzioni: anche negandoquanto a suo tempo aveva confes-sato al Pubblico Ministero, trince-randosi dietro un “non ricordo”(sarebbe stato più dignitoso avva-lersi della facoltà di non risponde-re). Anche questa volta dissentia-mo dalla decisione della Corte cheha dichiarato l’inutilizzabilità deiverbali delle testimonianze rese asuo tempo dalla Dr.ssa Cataruzza.Infatti, anche se non siamo deigiuristi, quando la stessa fu inter-rogata dal PM, a nostro modestoparere rivestiva lo status di teste enon di coimputata.

33. - NEPPURE I PROFUMI, GLIYOGURT E IL SANGUE DEI

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LAVORATORI AL CROMO FANNONOTIZIAUDIENZA DEL 3 GIUGNO 2013Qualche giorno prima, c’è chi hascritto, “ennesima” fuga di gas allaSolvay (addirittura PFIB, tossico ecancerogeno), con lo stesso distac-co di chi guarda il cielo e commen-ta “ennesima” giornata di pioggia.L’assuefazione è la malattia profes-sionale dei giornalisti, che si con-giunge con il fatalismo dei cittadi-ni. Non tutti, ma troppi. Dunqueanche gli eventi rilevanti non fannonotizia.Infatti: J) - che la società Paglieriproducesse borotalchi e profumicon l’acqua contenente cromoesavalente assieme ad altri 20veleni tossici e cancerogeni; JJ) -che la fattoria Pederbona conferis-se latte al cromo con altri 20 inqui-nanti alla Centrale del latte diAlessandria e di Asti; JJJ) - cheentrambe le aziende non si sianocostituite parte civile contro lamultinazionale belga; JJJJ) - chevenisse trasfuso a ignari pazienti ilsangue dei lavoratori-donatoriSolvay contaminato di PFOA(sostanza tossi-cancerogena eteratogena); JJJJJ) - che le autoritàsanitarie abbiano ignorato ilnostro allarme e che venganoancora oggi chiusi pozzi dell’ac-quedotto comunale perché l’in-quinamento della falda non avràmai fine senza la bonifica dei ter-reni in cui sono stati tumulaticromo e altri 20 veleni che perco-lano in falda; JJJJJJ) - che famosiavvocati siano impegnati con qua-lunque mezzo a difendere Solvayper tali fatti ed altri, per “avvele-namento doloso delle acque edolosa omessa bonifica” etcetera;JJJJJJJ) - che testimoni mentanotranquillamente al cospetto dellevittime, ammalati… e Famigliaridelle persone decedute per patolo-gie correlate a tale inquinamento;JJJJJJJJ) - che migliaia di podistialla stracittadina non alzino barri-cate bensì sponsorizzino sulle

magliette il logo dell’inquinatore;JJJJJJJJJ) - che le predette notizienon scandalizzino gli animi e nonanimino grandi titoli sui giornalicome dovrebbero: anche questesono notizie, che, purtroppo nonavranno rilievo.

34. - TESTIMONI CHE ANDREB-BERO ARRESTATI IN AULA.ALEMANI E PACI. L’ASSUEFA-ZIONE: MALATTIA PROFES-SIONALE DEI GIORNALISTIUDIENZA DEL 12 GIUGNO 2013Come è noto, prima di deporre itestimoni giurano solennementedi dire la verità tutta la veritànient’altro che la verità. Ci si chie-de, perché la Corte di Assise nonne arresta alcuni in aula per falsatestimonianza, e/o per oltraggioalla Corte? [Forse perché colpitida un virus belga, che causaamnesie?]. Per esempio, PietroAlemani rischia un malanno nel-l’inutile sforzo di ricordare, maCasimiro Pace è un caso ancor piùeclatante. E’ talmente colpito dalVirus Solvay che, tra impietoserisa in aula, non riesce neppure ariconoscere la propria firma appo-sta sui verbali! Chi è Pace?Com’era prima di ammalarsi di“amnesite Solvay”? Vediamone un breve profilo, trattodal commento fatto a suo tempodel compianto Gianni Spinolo.Pace Casimiro, detto Renato, neglianni ’80 era uno dei cinque segreta-ri della Cellula del PCI allaMontedison (poi Solvay) di SpinettaMarengo (AL). Una segreteria com-posta da 2 operai e da ben 3 impie-gati, di cui, uno, era Pace, addirit-tura un capo reparto. Un lavorato-re coraggioso dunque, che si espo-neva, il compagno Pace, soprat-tutto quando la Cellula ebbe unoscontro pubblico durissimo con laDirezione aziendale e dell’alleatoConsiglio di fabbrica. La Cellulachiedeva l’urgente chiusura delreparto Pigmenti e la sua riconver-sione a ciclo chiuso, a seguito del-

l’ispezione sanitaria regionale cheaveva sanzionato che si trattava diuna lavorazione a cielo aperto dicromo e piombo, estremamentetossici e cancerogeni. Viceversa,Sindacati e Direzione si accorda-rono per mantenere aperto ilreparto benché producesse cancrofra i lavoratori esposti, in attesa ditempi migliori (che non arriveran-no mai: l’impianto sarà comun-que chiuso qualche anno dopo,senza che si siano salvate né occu-pazione né salute). Il compagnoPace si battè, sconfitto, contro laDirezione. Ci mette la firma e lafaccia. Riesce così a farsi notare. Eapprezzare. Il direttore LeonardoCapogrosso, memore di esserestato brevemente negli anni ’70rivoluzionario alla Montedison diBussi sul Tirino per essere statosubito rimosso e promosso diri-gente, anch’egli promuove Paceda semplice capo reparto a mem-bro dello staff dirigenziale dellostabilimento di Spinetta Marengo,nel quale assumerà il controllo diben sette laboratori, tra cui quellodi igiene industriale. Funzionenella quale rileverà e nasconderà iparametri anomali delle concentra-zioni dei veleni presenti nelle acquedi falda, come risulta dal verbale asuo tempo da Lui sottoscrittodavanti al Pubblico Ministero, e chein aula cerca goffamente di disco-noscere. Va in pensione nel 2011 mentre laSolvay gli assume la figlia.Insomma anche Lui “tiene fami-glia” ed è l’unica amnesia che il“Virus Solvay” gli risparmia. Ilcompagno Gianni Spinolo, unodei membri di quella segreteria diCellula PCI, che si fece licenziarepiuttosto che promuovere, si starivoltando nella tomba dopo cheGli si era rivoltato lo stomaco davivo. Va detto a chiare lettere,anche in questo processo emergo-no figure luminose della classeoperaia, e, purtroppo, anche squal-lidi personaggi. Il teste Pietro

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Alemani, geologo, è accompagnatoall’udienza dalla moglie. Anche laSua testimonianza è contrassegna-ta da un mucchio di “non ricordo”.Fa di più. Anche se al PubblicoMinistero aveva dichiarato l’esattocontrario come risulta dal verbalesottoscritto a suo tempo,ora cerca discagionare l’imputato FrancescoBoncoraglio, addossando tutte lemalefatte a Leonardo Capogrosso.Tanto non lo danneggia, perchél’ex direttore non è imputato peravvenuta prescrizione del reato.Messo alle strette e preso dallafoga oratoria dell’insegnante, con-fessa i dissensi con Boncoraglio eCapogrosso che gli avevano impe-dito le indagini sulle discariche cheessi sapevano essere tossiche enocive. Per fortuna esistono anchei testimoni onesti. Contro i quali siscatenano i celeberrimi avvocati diSolvay. È il turno, dopo i testimonidell’ARPA e del NOE, di PaoloBobbio, funzionario della Provinciadi Alessandria, geologo dell’ufficiobonifiche.La tesi Solvay è che la società avreb-be voluto mettere nel 2004 in sicu-rezza il sito,ma che la Provincia l’a-vrebbe impedito.Solvay definiva e definisce “bonifi-ca” l’attivazione di pozzi con i qualiemungere e “pulire” l’acqua inqui-nata della falda; insomma, comesvuotare il mare con un cucchiaio,mentre, come è ben noto anche aSolvay, l’unica bonifica efficace eben più costosa, è costituita dall’a-sportazione e dall’innocuizzazionedei veleni presenti nel terreno perevitare che gli stessi continuino arilasciare il loro tossico percolato infalda. Ovvie le perplessità dell’Am-ministrazione della Provincia.Il teste Bobbio ha avuto buon giocoa ribadire: nessuno ha impedito aSolvay di eseguire la presuntamessa in sicurezza, la quale, perlegge, “non va autorizzata, ma varealizzata dall’azienda e poi comu-nica agli enti preposti”. Di più, insi-ste il teste, Solvay conosceva da

anni le perdite inquinanti derivantidai suoi impianti, ma ha continua-to a tacere. E fa i nomi dei princi-pali attori: Giorgio Carimati eGiorgio Canti. La strategia processuale di Solvay èquella di continuare a chiamarecome correi quanti più soggetti pos-sibili (Comune, Provincia, Regione,Arpa, Asl, Noe..., secondo il detto“tutti colpevoli, nessun colpevole”).Sia detto per inciso: tutti quegliEnti hanno avuto negli anni enor-mi responsabilità sull’ecocidiocausato a Spinetta Marengo:siamo stati solo noi di MedicinaDemocratica, per 30 anni e sullanostra pelle, a denunciarlo ina-scoltati; ma in questo caso stiamo

parlando di responsabilità politi-che e morali, mentre le responsa-bilità penali gravano sugli imputa-ti Solvay. A meno che Solvay sap-pia, anzi voglia documentare letangenti che sarebbero state versa-te da Ausimont, a chi?Nelle pause dell’udienza si sentedire: se io fossi un giudice o un giu-rato mi sentirei preso in giro nell’a-scoltare, per esempio, un teste(Casimiro Pace) che, dopo averpercorso avanti e indietro una fab-brica per 45 anni, mi vorrebbe farcredere che ha dimenticato di avervisto discariche di rifiuti industria-li; ... cioè, sì, forse le ricorda manon ricorda che contenesserorifiuti tossici e cancerogeni - (cioè,

sì, senz’altro non poteva nonsaperlo perché era addirittura ilcapo dei laboratori analisi; cioè,sì, l’aveva anche dichiarato al PMe sottoscritto nel verbale dopo l’in-terrogatorio che le discariche con-tenevano sostanze tossi-cancero-gene, come il cromo e diversi sol-venti...) - però non ricorda se lafirma sul verbale… è la sua .... Equell’altro teste (Pietro Alemani),che si è aggrappato agli esiti deisuoi elettrocardiogrammi per farcredere che non si ricorda(va) chesi era dimesso da consulente, per-ché i dirigenti Solvay pretendeva-no che ignorasse il contenuto deiveleni contenuti nelle discaricheaziendali? Eppure, come già ricor-dato, prima di deporre i testimonigiurano solennemente di dire laverità tutta la verità nient’altro chela verità. Perché allora la Corte diAssise al processo Solvay non rin-via gli atti al Pubblico Ministeroaccusando alcuni testi per falsatestimonianza e oltraggio allaCorte?

35. - A SPINETTA MARENGOL’80% DEI TUMORI IN PIÙ. IBAMBINI NASCONO CONMALFORMAZIONI GENETICHEUDIENZA DEL 17 GIUGNO 2013Cromo esavalente, metalli pesan-ti, sostanze clorurate e fluorurateed altre emesse dagli impiantidello stabilimento Solvay provo-cano a Spinetta Marengo unaumento dei tumori dell’80%,rispetto ad altre zone dove lapopolazione non è esposta ai sud-detti rischi ambientali. I bambininascono con malformazioni gene-tiche. I giornali danno granderisalto alla notizia. Non è unanovità. Medicina Democratica losta sostenendo da decenni.L’indagine viene illustrata in que-sta udienza dell’epidemiologodell’ARPA Piemonte, il Dr. EnnioCadum. Eccessi di patologie del30% - 50% per cavo orale, rene,vescica, stomaco, colecisti, altre

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sedi dell’organismo. Le malforma-zioni genetiche dei bambini: 80%in più a Spinetta Marengo rispettoalla media alessandrina! Gli avvocati della Solvay sghi-gnazzano mentre l’epidemiologoconteggia i morti e gli ammalatiche sono stati esposti al cocktaildei 21 veleni sversati nell’ambien-te. Andavano espulsi dall’aula.Gli avvocati difensori della multi-nazionale belga straripano nel-l’aula della Corte di Assise diAlessandria. La occupano peroltre i due terzi, famosi e strapaga-ti, contornati da vice, assistenti,collaboratori, coadiuvanti, esperti,consulenti, PR e altro gregge. Un esercito che le tasche delcolosso chimico si possono per-mettere. Ad un certo punto si sonomessi a sghignazzare platealmen-te, mentre l’epidemiologo espone-va i numeri della carneficina aSpinetta Marengo, e colto su unbanale errore materiale di battituradel testo della relazione tecnica.Sghignazzavano oltraggiando cosìammalati e parenti dei defunti,presenti nell’aula come Parti Civili.L’epidemiologo insisteva, giusta-mente, nel documentare e confer-mare con pagine e pagine di datii tragici contenuti nella SuaRelazione di consulenza tecnica,che inesorabilmente si conclude-vano con: “L’eccesso di tumoridovuto all’assunzione di cromoesavalente per via orale, tramiteacqua, risulta verosimile”. E lorosghignazzavano: in-verosimile in-verosimile!

36. - I TESTI COLOMBO ECONTINO COLPITI DA GRAVEAMNESIAIl teste Fabio Colombo, geologo, sel’è ancora cavata: ha ricordato ladoppia documentazione relativaall’inquinamento, quella ufficialeda fornire edulcorata agli Enti pub-blici e quella da tenere nascosta.Ha ricordato che già dal 1989 eranoto l’avvelenamento della falda

profonda. Ammissioni importan-tissime. Ma nell’ udienza del 17giugno abbiamo scoperto un’altranotizia clamorosa: esiste unavariante del virus “amnesite sol-vay”. Finora era stato dimostratoda numerosi testi (Pace, Giunta, DiCarlo ecc.), che il sintomo più ecla-tante del virus è l’amnesia: nonricordano più nulla delle malefat-te commesse o nascoste, neppurequelle firmate da Loro riportatenei verbali. Invece la variante delgene, anche questa messa a puntoin Belgio, agisce in maniera diffe-rente, il testimone non solo ricor-da ma è potenziato in alcune sele-zionatissime facoltà mentali, alpunto che, prima ancora che l’av-vocato difensore Solvay gli facciala domanda, già gli anticipa larisposta. Neanche che si fosseromessi d’accordo prima. Il pazien-te colpito da questa variante delvirus è risultato il teste MarcoContino.Marco Contino: non tragga ininganno la sua apparenza, comepoteva succedere a Lombroso. Sotto il suo aspetto in realtà si celauno scaltro di tre cotte. Ad esem-pio, ha origliato nascosto dietrouna porta per tutta l’udienza, pursapendo che è vietato per un testi-mone. Ha in questo modo appresoche gli avvocati Solvay battaglia-vano per separare l’inquinamentoatmosferico da quello delle acque,oggetto del processo. Così, quandoè venuto il suo turno, si è speso asostenere che le perdite di clorofor-mio sono solo aeriformi. Quandotutti sanno che questo canceroge-no è stato ritrovato a seguito dispecifiche analisi fra gli inquinan-ti della falda idrica. Come scusan-te, non si è presentato come unchimico, bensì come un contabileche misura le sostanze che entra-no in produzione e i prodotti cheescono dagli impianti. Il “ragio-nier” Contino, il contabile piùpagato dello stabilimento, assomi-glia sì a Fantozzi ma fa solo lo

gnorri per non pagare dazio. Ditutte le perdite di cloroformio siricorda solo quelle apparse suigiornali. Le altre restano nascoste,ovvero rientrerebbero nella realtàquotidiana che scappano dai tubilunghi migliaia di chilometri. E’insomma uno che la sa lunga,come vedremo più avanti quandotratteremo di Lorenzo Repetto, l’expresidente dell’AMAG, tanto affac-cendato con Solvay a preparare ilfasullo piano di bonifica di cuisopra si è fatto cenno. E’ con Contino che Repetto discutela fornitura dell’acqua (avvelenata)alle cascine, con il primo che affer-ma perentorio (telefonata intercet-tata): “Sicuramente quella che stia-mo fornendo fuori non è acquapotabile”. E’ ancora con Continoche Repetto si accorda sui valoridel cloroformio nelle acque, aven-do l’Amag riscontrato valori seivolte superiori a quelli dichiaratida Solvay.

37. - QUESTO È IL LIVELLO DEL-L’INFORMAZIONE AD ALES-SANDRIANessun giornale locale ha pubbli-cato questo intervento di MedicinaDemocratica. Segno che sta funzio-nando il programma “Adoucir lesjournalistes” (Addolcire i giornali-sti) messo a punto dai vertici dellaSolvay. Non è la prima censura, nél’ultima. I giornalisti si conferma-no, al pari dei politici e dei sinda-calisti, proni alla Solvay come loerano sempre stati con laMontedison, ovvero occultando,minimizzando, censurando, ivicomprese le cause delle morti edelle malattie che negli annihanno colpito operai e popolazio-ne a rischio.

38. - IL VERTICE BELGA DELLASOLVAY SCRIVE A NUORA(SEL) PERCHÉ SUOCERA (ENTILOCALI) INTENDAOggetto: chi paga la bonifica deldisastro eco sanitario

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Nella pausa processuale, Sel scri-ve lettere pubbliche a Solvay, chereplica. Scambio di missive adalto livello. Non c’è bisogno di leg-gere tra le righe. L’avvertimento diSolvay è chiaro e potrebbe esserecosì tradotto: cari politici, noncostringeteci a scoprire gli altarini,dato che le responsabilità dellacatastrofe ecologica sono anchevostre, sappiate che non siamodisposti a fare da capro espiatorio,non basta che al processo non cidate alcun fastidio, resta il fattoche penalmente la pagheremonoi, dunque, in cambio, fatecispendere il meno possibile per labonifica: ovvero che sia fatttaquella superficiale - finta - confe-zionata con Repetto e Fabbio. Lamano tesa dei belgi mette in imba-razzo il partito di Vendola. Giorgio Carimati, plenipotenziarioe regista delle Difese degli imputatiSolvay nei processi pendenti pres-so alcuni tribunali della penisola,ha messo a punto - (con Bernard deLaguiche e Pierre Jaques Joris, ipadroni belgi imputati) - una lette-ra ai giornali, a firma di StefanoBigini, direttore dello stabilimentodi Spinetta Marengo.La lettera della multinazionale afirma Bigini non rappresenta unasemplice (maldestra) autodifesa,ma una esplicita offerta manage-riale finalizzata al dialogo con leistituzioni locali. Fa infatti imme-diato riferimento alla precedentelettera aperta di SEL: “moltoapprezzata”. Perché SEL assumequesta importanza? Claudio Lom-bardi (SEL) era presidente dellacommissione ambiente del Comunedi Alessandria: scomodo per le sueiniziative in relazione al territorioinquinato della Fraschetta.Promoveatur ut amoveatur, Lom-bardi infatti è stato rimosso dallasindaco Rita Rossa e promosso ainoffensivo o comodo assessoreall’ambiente. In più, SEL conta trale proprie file l’ex assessore all’am-biente provinciale, Renzo Penna.

Se è chiaro questo filo rosso, èaltrettanto palese l’oggetto delloscambio di messaggi: la bonificadel territorio dove sono sotterratemigliaia di tonnellate di rifiutiindustriali contenenti almeno 21sostanze tossi-cancerogene. Inaltri termini, l’oggetto dei messaggisono i costi di bonifica, e, soprat-tutto, chi paga. Infatti, Solvay tendea riproporre il famigerato “PianoAmag” che a suo tempo era statoconfezionato tramite l’ex presiden-te Lorenzo Repetto, con lo zampi-no famelico della locale Università.Si tratta di un business che, invecedi eliminare gli inquinanti allafonte e a totale carico dell’inquina-tore, li scarica all’esterno a spese

della collettività inquinata. Di più, lascia i veleni dove sonosepolti, non li asporta dal terrenocon appropriati e rigorosi processidi bonifica, ma cerca di “racco-glierli” una volta penetrati nellefalde acquifere. Sul punto, va sot-tolineato che i 10 o 20 o 40 pozzidi spurgo, che costituiscono lacosiddetta “barriera idraulica”,non riusciranno mai a “succhia-re”, ovvero ad intercettare ed eli-minare totalmente il mix di veleni,costituiti da cromo e solventi clo-rurati, che inquinano le falde sot-tostanti il sito industriale e l’areainquinata. Attraverso questo pal-liativo, unito al monito occupazio-nale, la società Solvay, in cambio,

potrebbe ritardare la previstachiusura degli impianti Algofrenie continuare a inquinare, mentrela riduzione del danno sarebbescaricata sulle casse pubbliche,con il contributo simbolico dell’a-zienda.A parte l’efficacia, la differenzasostanziale fra un piano di bonifi-ca fasullo ed uno vero, come quel-lo da noi proposto, è rappresenta-to dal costo. Una differenza enor-me, centinaia di milioni di euro.Di qui, la mano tesa, tramite SEL,per la riesumazione del “pianoAmag-Repetto” e la riproposizio-ne del “piano di azione già condi-viso con gli Enti in un clima dia-lettico” (sic!). Siccome “l’osso”della missiva è il costo della bonifi-ca, Solvay piange per l’“eredità” dimalefatte altrui e fa la faccettainnocente del “capro espiatorio”,ovviamente sorvola sulle responsa-bilità di aver dolosamente nascostoe provocato il disastro ecologico dicui sono imputati i suoi dirigentiavanti la Corte di Assise diAlessandria. Inoltre, Solvay sorvola sugli inqui-namenti di Perfluoroisobutene -(PFIB) e Acido Perfluoroottanoico -(PFOA). Tutto questo in sfregiodelle vittime: ammalati e parentidei deceduti, negando loro i dovu-ti risarcimenti, tacendo sui proce-dimenti penali, quello in corso equelli in avvio. Invece il messaggioSolvay ai politici è “politically cor-rect” nella forma ma esplicitonella sostanza: nel passato avetecondiviso il suddetto piano diazione, dunque le responsabilitàsono anche vostre, anche se quellepenali ricadono su di noi, pertantovi conviene sviluppare con noi il“Progetto di messa in sicurezzagià condiviso”, non pensiate chenoi subiremo in silenzio “di fare ilcapro espiatorio di una situazioneda voi ben conosciuta” senza met-tere tutte le carte in tavola, “cia-scuno deve fare la sua parte”.Peccato che il cosiddetto “Piano

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di azione”, condiviso e riproposto,sia stato un piano di in-azione,che ha portato al disastro eco sani-tario sotto gli occhi di tutti, da noidenunciato per decenni, ma inva-no. Perseverare è diabolico, masoprattutto criminale.

39. - I CORAGGIOSI GIORNALI-STI ALESSANDRINI, FRA CEN-SURA, AUTOCENSURA, ROSO-LIO E RICINONelle costosa strategia dellaComunicazione “Adoucir les jour-nalistes” (Addolcire i giornalisti)della multinazionale belga Solvaysono compresi addolcimenti chepossiamo solo immaginare, mentresono evidenti ingredienti non pro-prio edulcorati. Ovviamente laprima “raccomandazione” saràstata: non esagerate nelle crona-che processuali, anzi ignorate ifatti. Alcuni giornalisti si sonoribellati. Allora è scattata la raffi-ca di “moral persuasions” (si dicecosì anche in lingua fiamminga),avvertimenti suadenti, discreti esorridenti, che da noi si chiamanovolgarmente minacce di querela...se pubblicate gli interventi diMedicina Democratica, lo dicia-mo per il vostro bene, non obbli-gateci… Bene, cioè male.Qualunque giornalista degno diquesto nome, avrebbe replicato:piuttosto che minacciarmi, pardonconsigliarmi, perché non querelateMedicina Democratica? Eppoi,avrebbe continuato il giornalistasentendosi tale, a me pare cheMedicina Democratica commentifatti, persone, atti processuali con-tenuti nei venti faldoni che docu-mentano e provano la sussistenzadei reati commessi dagli imputatie riportati nei capi di imputazioneformulati dalla Pubblica Accusa.(Sul punto, si vedano le intercetta-zioni telefoniche dispostedall’Autorità inquirente, i verbalidegli interrogatori, le analisi ed idati delle indagini ambientali edepidemiologiche, le testimonianze

rese nelle udienze, e quant’altroagli atti del processo). Ancora,Medicina Democratica sembraessere ben informata anche diquanto accade all’interno dellostabilimento Solvay. E tu, caraSolvay, avrebbe così concluso ilgiornalista con la schiena diritta:ricordati, anche se sei un colossomultinazionale, non puoi minac-ciare (impunemente) un giornali-sta di provincia, che non ha messoin vendita la propria dignità e per-sonalità. Nella costosa strategiadella Comunicazione “Adoucir lesjournalistes” (Addolcire i giornali-sti) della multinazionale belga, sipuò immaginare che gli addolci-menti previsti siano molteplici,mentre sono evidenti gli ingredien-ti non proprio edulcorati, a partiredalla prima “raccomandazione”:non esagerate nelle cronache pro-cessuali, anzi meglio se le omettete.

40. - CERCANO DI IMBAMBO-LARE I GIUDICI POPOLARICON GIRI DI PAROLE, FRAPIANO DI BONIFICA E PIANODI EMERGENZAUDIENZA DEL 17 LUGLIO 2013I Difensori degli imputati Solvayabitualmente “aggrediscono” itestimoni dell’accusa, ma appenacompaiono dirigenti o funzionaridi Comune, Provincia, Asl, Arpa:li azzannano. Il loro intento è quello di dimo-strare la complicità degli Enti pub-blici nei crimini ambientali per-pretati dagli imputati della multi-nazionale belga. Paradossalmente,come se il delinquente volessedimostrare che il colpevole dellarapina è stato il portinaio che dor-miva quando lui è entrato nelpalazzo. Con questa aberrante visione, si ècercato di incolpare la testimoneMaria Antonietta Brezzi, direttricedel Servizio Igiene e Sanità pub-blica dell’Asl di Alessandria, col-pevole di aver mal interpretato idati analitici sulla “potabilità”

dell’acqua. E’ appena il caso diosservare: Solvay è forse menocolpevole se gli Enti pubblici nonle hanno impedito di inquinare enon l’hanno obbligata a bonifica-re? Lo si ripete: le responsabilità pena-li dei corrotti se Solvay li conosce sirivolga alla magistratura, mentreper quanto concerne le responsabi-lità politiche degli amministratori emorali dei loro funzionari, Medi-cina Democratica le ha sempredenunciate e continuerà a farlo. Vaancora ricordato che, se si fosserealizzato l’Osservatorio ambienta-le della Fraschetta da noi proposto,con i suoi sistemi democratici dicontrollo, si sarebbe fermata decen-ni prima del 2008 la cancrenainquinante del territorio, e moltemorti e malattie sarebbero state evi-tate. Dunque le responsabilitàpenali contestate dalla PubblicaAccusa sono tutte a carico degliimputati delle società Solvay eAusimont, che hanno causato l’in-quinamento dell’ambiente provo-cato dalla tumulazione di monta-gne di rifiuti industriali, contenentimolteplici sostanze tossi-cancero-gene. Per questo i costi della bonifi-ca dei diversi comparti dell’am-biente vanno addebitati in totoall’inquinatore Solvay.I famosi penalisti della Solvayqueste cose le sanno bene, ma cer-cano disperatamente di imbam-bolare i giudici popolari con gio-chi di parole fra piano di bonificae piano di emergenza. Saremoanche giudici di provincia, mafessi no. Infatti, attuare la Bonificasignifica risolvere definitivamenteil problema, ovvero eliminarecompletamente l’inquinamentocon idonei interventi. Viceversa,Emergenza significa la messa insicurezza attraverso azioni urgentie parziali per delimitare il dannoimmediato. Solvay, con 4 pozzi diemergenza, pretendeva di aver rea-lizzato la bonifica delle falde inqui-nate. Sul punto, è stata facile la

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risposta del teste Pierfranco Robotti,responsabile del Settore Tutelaambientale del Comune di Ales-sandria: “I piani di emergenzanon prevedono nessuna nostraapprovazione preventiva, l’azien-da deve farli e basta. Non possonoessere spacciati per piani di bonifi-ca, con la nostra approvazione.Nessuno vi ha mai impedito difare 4 pozzi di contenimento, ridi-coli definirli bonifica: non aveva-no nessuna efficacia.” In più,aggiungiamo noi, anche gli attuali41 pozzi, che costituiscono la bar-riera idraulica, non possono esse-re spacciati per la bonifica dellefalde inquinate dal cromo esava-lente e dalle altre 20 sostanzetossi-cancerogene.In proposito, tutti sanno ciò cheMedicina Democratica ha soste-nuto di fronte alla fasulla propo-sta del cosiddetto Piano di bonifi-ca Solvay/Amag/Repetto/Fabbio:sanno che non è con i pozzi “anticromo” che si fa una vera bonificabensì togliendo dai terreni quellamoltitudine di veleni (21 sostanzetossi-cancerogene, ivi compreso ilcromo esavalente) che, se non

asportati, continueranno inesora-bilmente a percolare nelle faldeacquifere sottostanti (superficiali eprofonde). Da ultimo, si sottolineache la società Ausimont prima eSolvay poi sapevano benissimoche le falde non erano protette eseparate da strati impermeabili,come dimostrato dagli studi svoltidai consulenti tecnici MauroMolinari e Antonio Di Molfetta,che durante le loro audizioni inaula sono stati letteralmente sotto-posti ad un fuoco di fila da partedei Difensori degli imputati Solvay,che, peraltro, non hanno saputoobiettare nulla al consulente tecni-co Giuseppe Dezani, che accompa-gnò i carabinieri del Noe a scoprirele manomissioni dei computer edei server con i dati dell’inquina-mento criminalmente nascosti ecancellati. La prossima udienza siterrà il 18 settembre 2013. Riassumendo. I testimoni delleDifese degli imputati li abbiamovisti appartenere a due categorie:quelli che si avvalgono dellafacoltà di non rispondere, e quelliche si avvalgono della facoltà dinon ricordare. Nei casi più eclatan-

ti di falsa testimonianza la Cortealla fine dovrebbe prendere prov-vedimenti. Prossimamente saran-no ascoltati i più autorevoli consu-lenti internazionali nominati dagliimputati delle società Solvay edAusimont. Diranno qualunquecosa, mentre i difensori cercheran-no di dimostrare, al di là di ogniragionevole dubbio, che Gesù èmorto di freddo. I chimici, a lorovolta, cercheranno di provare che ilclorofluoruro fa bene alla salute,purchè sia assunto nella giustamiscela con il cromo esavalente. Igeologi che la Terra è piatta e leg-germente inclinata per favorire ilnaturale scorrimento dei veleni. Gliepidemiologi che sono le sigarette,come all’Ilva di Taranto, che nuo-ciono gravemente, soprattuttoquando associate alla Barbera. Unsuper mega consulente infine addi-terà la luna e noi guarderemo ildito, senza apprezzare gli stretti filiche legano le discipline e slegano ipolsi agli imputati.

*Medicina Democratica Movi-mento di Lotta per la Salute, sezio-ne di Alessandria e provincia.

NOTE1. Gli stabilimenti ex Montedison diSpinetta Marengo (AL), Bussi sulTirino (PE), Tavazzano (LO), Bollate(MI), Ravenna (RA), Rosignano Marit-timo (LI), hanno tutti causato gravissi-mi problemi di inquinamento delsuolo, del sottosuolo e delle acque. 2. I conseguenti comportamenti dellepersone coinvolte dalle direttive diCarimati “danno corpo ad ipotesi direato di avvelenamento di acque desti-nate al consumo umano, istigazione

alla commissione di reati, falsi in atti, danni ambientali”.3. Erano frequenti gli affioramenti dicromo esavalente dove era stato lavo-rato o sotterrato (ne parleranno nume-rosi testi). Nel corso della perquisizio-ne del luglio 2008, viene sequestratoalla dottoressa Valeria Giunta un qua-derno di lavoro con su annotato: “tro-vate tracce gialle verosimilmentecromo… steso manto bituminoso egettata di cemento”, come impartito

(vedi telefonata intercettata) da GiorgioCanti, altro imputato eccellente: respon-sabile ambientale prima di Ausimont epoi di Solvay, vera e propria memoriastorica, vero e proprio occultatore pro-fessionista degli scheletri negli arma-di. Sempre Canti telefona (intercettazio-ne) alla Dr.ssa Giunta: “portami le ana-lisi del pozzo 8 nelle due versioni”,oppure “tieni lontano gli ispettori Arpada quella roba strana gelatinosa rinve-nuta nel canale”. Eccetera.

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Fonte: alessandriamd.blogspot.com

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Stabilimento Ilva di Taranto, dicembre 2007. (Fonte:http://it.wikipedia.org/wiki/Ilva)

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