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Universit ` a degli studi di Firenze Facolt ` a di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Fisica e Astrofisica L’ORIGINE FISICA DELLA RELAZIONE TRA BUCHI NERI SUPERMASSIVI E GALASSIE OSPITI THE PHYSICAL ORIGIN OF THE RELATION BETWEEN SUPERMASSIVE BLACK HOLES AND THEIR HOST GALAXIES Tesi di laurea di 1° livello Anno Accademico 2010-2011 Candidato: Lorenzo Bartolini Relatore: Prof. Alessandro Marconi

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Universita degli studi di Firenze

Facolta di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Triennale in Fisica e Astrofisica

L’ORIGINE FISICA DELLA RELAZIONE

TRA BUCHI NERI SUPERMASSIVI E GALASSIE OSPITI

THE PHYSICAL ORIGIN OF THE RELATION

BETWEEN SUPERMASSIVE BLACK HOLES AND THEIR HOST GALAXIES

Tesi di laurea di 1° livello

Anno Accademico 2010-2011

Candidato:Lorenzo Bartolini

Relatore:Prof. Alessandro Marconi

“As I open my eyes to one more daythe wind burns my face as it whispers your name

as it’s pulling me forward it tears me freeand the only thing left is the tears for you and me”

(Toto-I will remember)

Indice

1 Le relazioni tra buchi neri e galassie ospiti e la loro importanza 2

2 La galassia e il buco nero in assenza di feedback 42.1 La galassia come sfera isoterma autogravitante . . . . . . . . . . . . . . . . 42.2 Interazione gravitazionale tra la galassia e il buco nero . . . . . . . . . . . 62.3 L’energia irraggiata dall’accrescimento sul buco nero . . . . . . . . . . . . . 7

3 Il meccanismo di feedback 93.1 Generazione del vento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103.2 Interazione tra vento e mezzo interstellare . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113.3 L’efficienza del raffreddamento Compton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

3.3.1 Il raffreddamento Compton e il suo tempo caratteristico . . . . . . 153.3.2 Il tempo caratteristico del sistema: paragone con il tempo Compton 17

4 La dinamica del sistema 194.1 Il moto momentum-driven . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194.2 Il moto energy-driven . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214.3 Il moto dopo lo spegnimento del nucleo galattico attivo . . . . . . . . . . . 22

5 Confronto con i dati sperimentali e conclusioni 25

i

Introduzione

Il presente lavoro ha lo scopo di presentare un modello analitico che descrive gli effetti diun buco nero supermassivo in accrescimento sulla galassia ospite (feedback). Tale modellodeve poter giustificare l’esistenza delle relazioni osservate tra il buco nero centrale e lagalassia ospite, con particolare attenzione alla relazione che lega la massa del buco neroM• alla dispersione di velocita σ.Il feedback del buco nero e dato dall’azione di un vento, accelerato nella regione nuclearedalla radiazione emessa dal materiale in accrescimento sul buco nero, che spazza via il gaspresente nella galassia, andando cosı a inibire la formazione stellare e l’ulteriore aumentodella massa del buco nero.

Un primo modello di feedback basato su questo tipo di meccanismo fu proprosto nel1998 da Silk e Rees, mentre il presente lavoro si basa principalmente sugli articoli cheA.King ha pubblicato tra il 2003 e il 2012.

L’obiettivo che ci proponiamo e di sviluppare il modello e fornire una trattazione com-pleta e non dispersiva da cui ricavare le relazioni osservate e comprendere le caratteristicheosservative del fenomeno fisico che le determina, in modo da poter fare delle verifiche spe-rimentali.A tale scopo la tesi e divisa in 5 parti: nella prima si introducono le relazioni M•−Galassiae se ne discute l’importanza; nella seconda si mostra come la galassia e il buco nero sianogravitazionalmente non interagenti su grande scala e come l’energia irraggiata dall’accresci-mento sia sufficiente a influenzare l’intera galassia ospite; nella terza, dopo aver elaboratoun modello di galassia come sfera isoterma autogravitante, si esamina il meccanismo difeedback vero e proprio, cioe la creazione del vento e la sua interazione con il gas dellagalassia e si conclude con una trattazione sull’efficienza del raffreddamento per scatteringCompton inverso, fenomeno decisivo nella dinamica del sistema; nella quarta si esaminal’equazione di moto del materiale interstellare spinto dal vento e si rica la relazione M•−σin maniera piu rigorosa, ottenendo anche la velocita terminale del vento; nella quinta eultima sezione si confrontano le proprieta osservate con quelle corrispondenti predette dalmodello per verificarne la consistenza.

1

Capitolo 1

Le relazioni tra buchi neri e galassieospiti e la loro importanza

Come conseguenza di numerose osservazioni svolte sui nuclei galattici, ad oggi si ritieneche al centro della maggior parte delle galassie, se non di ognuna, sia presente un buconero (black hole, BH nel seguito di questa tesi) supermassivo con massa dell’ordine diM• ' 106 − 1010M� ; tuttavia fino alla fine degli anni ’90 del secolo scorso non era benchiaro quale fosse il ruolo di questi enti nella formazione e nell’evoluzione delle galassieospiti, o addirittura se ne avessero uno.

Tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del nuovo millennio sono state osservate le primeevidenze dell’esistenza di correlazioni tra le masse dei BH e le proprieta delle galassie ospiti:nel 1995 Kormendy e Richstone, basandosi su otto osservazioni, suggerirono l’esistenza diuna correlazione tra la luminosita dello sferoide galattico in banda B e la massa del BH.Tale evidenza fu confermata nel ’98 da Magorrian et al. tramite lo studio di un campionedi 30 galassie: da questo studio emerse l’esistenza di una relazione tra la massa del BH ela massa dello sferoide.La scoperta decisiva in questo quadro e quella del 2000 quando due gruppi di ricerca (Fer-rarese e Merritt, Gebhardt et al.) trovarono relazioni tra la massa del BH e la dispersionedella velocita σ nello sferoide decisamente piu precise e affette da una minore dispersione.La relazione osservata e del tipo

M• ∼ σα

con α = 4 per Gebhardt et al. e α = 5 per Ferrarese e Merrit.Un risultato piu recente e quello di Gultekin et al. che nel 2009 hanno ricavato la seguenterelazione

log (M•/M�) = (8.12± 0.08) + (4.24± 0.41) log σ200

Dove si e introdotto σ200 = σ/(200kms−1).Le altre relazioni osservate legano M• alla luminosita dello sferoide e alla massa dello stesso,e presentano andamenti piu lineari:

M• ∼ L1.1sph

2

Figura 1.1: Le relazioni di Ferrarese e Merrit (2000, sinistra) e di Gebhardt et al. (2000,destra). Si noti come e evidente la presenza di una legge che leghi M• e σ nonostante la presenzadi dispersione intrinseca.

M• ' 10−3Msph

Le grandezze Lsph, Msph e σ sono riferite allo sferoide ospite, cioe il bulge nel caso digalassie a spirale, e l’intera galassia nel caso di galassie ellittiche.Tutte queste relazioni osservate sono affette da una dispersione intrinseca, caratteristicacomune nei sistemi astrofisici: i dati osservati possono in certa misura non essere consi-stenti con la legge ricavata anche tenendo conto degli errori associati alla misura. Questadispersione testimonia l’estrema complessita dell’evoluzione dei sistemi astrofisici su sca-la galattica e la loro varieta, ed e inevitabilmente presente quando si voglia stabilire unalegge generale per una categoria di oggetti che possono avere avuto condizioni iniziali edevoluzioni temporali anche molto diverse tra loro.Di queste tre relazioni quella a cui viene data piu importanza e la M• − σ proprio perchepresenta una dispersione intrinseca minore rispetto alle altre.

L’esistenza di tali relazioni ha una enorme portata per quanto riguarda la nostra com-prensione della formazione e evoluzione delle galassie: rivela infatti che il BH deve avereun ruolo fondamentale nel processo e richiede quindi l’esistenza di un meccanismo fisicocon cui esso possa “comunicare” con la galassia.Inoltre la relazione M• ∼ σα e utile anche da un punto di vista operativo oltre che con-cettuale, in quanto permette di misurare indirettamente la massa dei BH nelle galassietramite la misura di σ: questo e particolarmente utile nel caso di galassie molto lontaneper cui e difficile una diretta misura di massa mentre e piuttosto semplice una misuradella dispersione della velocita, per esempio tramite l’allargamento doppler delle righe diassorbimento delle stelle. Poi, supponendo che tutte le galassie abbiano un BH, si possonocombinare le distribuzioni di luminosita o velocita di dispersione degli sferoidi con questerelazioni per stimare la densita di massa dei BH nell’universo locale.Ma l’importanza maggiore di queste relazioni risiede soprattutto nel fatto che hanno fatto“capire” l’esistenza di una coevoluzione di BH e galassie come vedremo piu avanti.

3

Capitolo 2

La galassia e il buco nero in assenzadi feedback

In questo capitolo si vuole mostrare come la sola interazione gravitazionale non sia suffi-ciente a stabilire delle precise relazioni tra le proprieta della galassia e la massa del BH, ecome d’altra parte l’energia irradiata dall’accrescimento sul BH sia largamente sufficientea avere effetti significativi sulla galassia. La conseguenza di questi fatti e l’esistenza di unaco-evoluzione tra BH e galassia.

2.1 La galassia come sfera isoterma autogravitante

Per prima cosa si rende necessaria una modellizzazione della galassia da cui ricavare leproprieta del suo campo gravitazionale. Si assume che la galassia presenti simmetria sfericae in particolare si e interessati alla funzione di densita ρ(R), con R distanza dal centro,che servira in seguito per calcolare gli effetti gravitazionali della materia componente lagalassia. Per fare questo si costruira un modello di sfera isoterma autogravitante, unasemplificazione spesso usata in questo tipo di analisi perche riproduce abbastanza bene leproprieta generali delle galassie.

Si consideri una sfera autogravitante di gas perfetto. L’equazione di stato in questocaso e la ben nota PV = NKBT dove P e la pressione del gas, N il numero di particelle,KB la costante di Boltzmann, T la temperatura del gas e V il volume che esso occupa.Per differenziazione si ottiene

dP

dr=KBT

m

dr(2.1)

Si ricorda che, poiche si considera il sistema in equilibrio, deve valere l’equazione diequilibrio idrostatico

dP

dr= −ρdΦ

dr(2.2)

con Φ = Φ(r) potenziale gravitazionale tale che dΦdr

= −GM(r)r2

.Uguagliando i membri a destra delle (2.1) e (2.2), con qualche passaggio algebrico (ricor-

4

dando che dρρ

= d ln ρ) e con una ulteriore derivazione rispetto alla direzione radiale, siricava l’equazione

d

dr

(r2d ln ρ

dr

)= −4πGmr2ρ

KBT(2.3)

Si consideri adesso un sistema dinamico non collisionale di stelle. Il fatto di trascurare lecollisioni permettera di trattare il sistema come avente una distribuzione continua piuttostoche discreta nello spazio delle fasi. Una distribuzione nello spazio delle fasi e una funzionef(~x,~v) definita da

dN = f(~x,~v)d3xd3v (2.4)

dove dN e il numero di stelle nell’ elemento di volume d3xd3v dello spazio delle fasi. Laf(~x,~v) dovra inoltre obbedire all’equazione di Boltzmann: nel caso generale, alla variazionenel tempo della f(~x,~v) contribuiranno fenomeni di diffusione e di collisione; nel nostro casoabbiamo trascurato i fenomeni di collisione e l’equazione di Boltzmann assume la forma

∂f

∂t+ ~v · ∇~rf + ~a · ∇~vf = 0 (2.5)

con ∂f∂t

= 0 nel caso stazionario.

E possibile dimostrare che una soluzione stazionaria dell’equazione (2.5) e funzione degliintegrali primi del moto: in caso di simmetria sferica quindi la f(~x,~v) sara funzione solodell’energia, cioe sara f(ε). Ricercando una soluzione della (2.5) con dipendenza solodall’energia e assumendo T , ovvero σ, la dispersione di velocita delle stelle, costante (lasfera e appunto isoterma) si giunge alla forma

f(ε) =ρ1

(2πσ2)3/2eε/σ

2

(2.6)

Tramite le sostituzioni ψ = −φ + φ0 potenziale relativo, ε = −H + φ0 = ψ − 12v2 energia

relativa (H e l’Hamiltoniana per unita di massa), si giunge a una forma con dipendenzaesplicita dalla velocita

f(ε) =ρ1

(2πσ2)3/2eψ− 1

2 v2

σ2 (2.7)

Poiche la f(ε) e definita dalla (2.4) posso ricavare ρ = dNdV

integrando la (2.7) su tuttele velocita. L’ integrazione si esegue semplicemente osservando che per la simmetria sfericadel sistema possiamo sostituire d3v = 4πv2dv, ritrovando cosı la distribuzione di Maxwell(adeguata per il caso isotermo). Utilizzando il risultato noto per gli integrali gaussiani siottiene il risultato

ρ = ρ1eψ/σ2

(2.8)

La densita deve rispettare l’ equazione di Poisson 1r2

ddr

(r2 dψ

dr

)= −4πG ρ

mche, tenendo

conto della (2.8) appena ricavata, assume la forma

d

dr

(r2d ln ρ

dr

)= −4πG

σ2r2ρ (2.9)

5

Si nota che la (2.3) e la (2.9) sono uguali se si pone σ2 = KBTm

e quindi si puo concludere chela struttura di una sfera isoterma di gas autogravitante e identica a quella di un sistemadi stelle non collisionale con funzione di distribuzione data da f(ε).

La σ che compare nelle equazioni ha proprio il significato fisico di dispersione dellavelocita, come si puo dimostrare andando a valutare il valor medio del modulo quadrodella velocita.

v2 =

∫ ∞0

v2dvv2eψ− 1

2 v2

σ2∫ ∞0

dvv2eψ− 1

2 v2

σ2

= 3σ2 (2.10)

A questo punto si ricerca una soluzione per l’equazione di Poisson: imponendo a ta-le soluzione la forma ρ = Cr−b e inserendola nella (2.9) si giunge immediatamente allarelazione ricercata

ρ(r) =σ2

2πGr2(2.11)

e quindi per integrazione

M(r) =2σ2

Gr (2.12)

Si noti che tale modello presenta una densita divergente al centro della sfera, tuttavia alcentro della galassia e presente il BH e si renderebbero comunque necessarie delle modificheal modello; nel presente lavoro si e interessati unicamente all’andamento di ρ su scalagalattica.

Approssimare una galassia a una sfera isoterma di materiale autogravitante potrebbesembrare una semplificazione grossolana, ma si deve tener conto del fatto che sebbene unagalassia tipica abbia una forma tutt’altro che sferica questo e valido esclusivamente perla distribuzione di stelle: la presenza dell’alone di materia oscura, anch’essa esercitanteattrazione gravitazionale, disposto sfericamente intorno alla galassia fa sı che quella disfera isoterma autogravitante sia effettivamente una ottima modellizzazione del potenzialegravitazionale.

2.2 Interazione gravitazionale tra la galassia e il buco

nero

Come si e gia accennato, si dimostra adesso come il BH centrale influenzi gravitazionalmen-te in misura apprezzabile solo una piccola parte a lui circostante del volume della galassia.Si consideri la forza gravitazionale esercitata dal BH (in modulo, in quanto siamo inte-ressati solo all’intensita dell’attrazione) F• = GM•m

r2e quella esercitata dal materiale della

galassia contenuto in una sfera di raggio R

F =GM(R)m

r2=

2σ2Rm

r2(2.13)

6

Si definisce la sfera di influenza del BH come quella regione in cui e apprezzabile l’attra-zione gravitazione dello stesso rispetto a quella dovuta al resto del materiale: per esempiosi puo definire R• come il raggio a cui F assume un valore doppio di quello di F• ottenendo

R• =GM•σ2

(2.14)

Dalla relazione osservata M• ' 10−3Msph utilizzando per Msph l’espressione ricavata dal

modello di sfera isoterma Msph =2σ2Rsph

Gsi ricava

R• ' 2× 10−3Rsph (2.15)

che corrisponde a un volume di influenza del BH

V• ' 8× 10−9Vsph (2.16)

Dunque tramite la sola gravita la presenza del BH puo essere percepita solo entro unapiccola frazione del volume dello sferoide. Ci si aspetterebbe da questa conclusione che,contrariamente a quanto osservato, le caratteristiche della galassia ospite non siano in par-ticolare relazione con quelle del BH. L’esistenza di tali relazioni implica pertanto l’esistenzadi un qualche altro meccanismo fisico che possa portare su scala galattica l’informazionesu quale sia la massa del BH.

In primo luogo e lecito chiedersi se possa essere il BH stesso a generare tale meccani-smo, e in questo caso si parla quindi di feedback del BH, o se sia qualche altro fenomenoesterno al sistema BH-Galassia a influenzare entrambi e stabilire la relazione tra i due comeconseguenza di una doppia relazione con un terzo oggetto o gruppo di oggetti. La rispostaa tale domanda e suggerita dalle considerazioni fatte nel prossimo paragrafo.

2.3 L’energia irraggiata dall’accrescimento sul buco

nero

Un buon criterio per stabilire se le relazioni M• −Galassia possano essere generate da unmeccanismo di feedback e quello di verificare se il BH puo generare energia a sufficienzaper influenzare la galassia su larga scala.

E noto che materiale in accrescimento su un BH, ma piu in generale su un qualsiasioggetto centrale compatto, irraggia grosse quantita di energia sotto forma di radiazioneelettromagnetica: si puo allora ipotizzare che da questa luminosita abbia origine il mec-canismo di feedback. Il rapporto tra l’energia irraggiata tramite accrescimento e l’energiagravitazionale che tiene legata la sfera isoterma sara un indicatore di quanto il fenomenoin questione possa essere considerato un buon candidato per la generazione del feedback.

Durante la crescita l’energia irraggiata per unita di tempo e data da una luminositaL = εMgrowc

2 con ε che indica l’efficienza del processo, e per conservazione dell’energia siavra che la variazione di massa del BH e regolata da M• = (1− ε)Mgrow.

7

Integrando nel tempo la luminosita e sostituendo nel risultato Mgrow = M•1−ε si ottiene

l’espressione dell’energia totale rilasciata per far crescere il BH fino a massa M•

Egrow =ε

1− εc2M• (2.17)

che va paragonata all’energia gravitazionale dello sferoide. Si puo utilizzare il modello di

sfera isoterma per ottenere Egrav = −∫ Rsph

0

GM(r)ρ(r)

r4πr2dr = −2Msphσ

2.

Assegnando i valori ε = 0.1 (tipica efficienza dell’accrescimento su un BH) eM• ' 10−3Msph

si ottiene per il rapporto il valore ∣∣∣∣EgrowEgrav

∣∣∣∣ ' 125σ−2200 (2.18)

Quindi l’energia irraggiata dall’accrescimento non solo e sufficiente a influenzare tutto losferoide, ma e addirittura molto maggiore dell’energia che servirebbe per vincere la forzagravitazionale che lo tiene legato.

Se ne conclude che il feedback dal BH e decisamente possibile e un meccanismo fisicoche trae origine dall’energia irraggiata per accrescimento sul BH e un ottimo candidatocome generatore delle relazioni M• −Galassia.

8

Capitolo 3

Il meccanismo di feedback

Nel precedente capitolo si e mostrato come si renda necessario un meccanismo fisico cheimponga le relazioni M• −Galassia e come il BH abbia tutte le caratteristiche necessarieper generare questo feedback; nel presente capitolo esamineremo le proprieta di tale feno-meno fisico, che in questo caso prende la forma di un vento generato dalla pressione dellaradiazione emessa dalla materia in accrescimento sul BH.

Ricordiamo brevemente le caratteristiche principali dell’accrescimento di materiale suun oggetto molto massiccio (nel nostro caso il BH): il materiale si colloca su un disco sottilein orbite circolari intorno al BH e perde energia per attrito viscoso riducendo progressiva-mente il raggio della sua orbita. L’energia persa durante questo processo di accrescimentoviene emessa sotto forma di radiazione elettromagnetica con una luminosita

L =1

2

GMMgrow

rin(3.1)

dove M e la massa dell’oggetto centrale, Mgrow il tasso del materiale in accrescimento, rin ilraggio interno del disco di accrescimento. Nel caso di un BH rin e pari a tre volte il raggiodi Schwarzschild definito da rS = 2GM•

c2(ultima orbita stabile se il BH non ha momento

angolare) e quindi l’accrescimento su BH comporta una luminosita irraggiata

L =1

12M•c

2 (3.2)

A tale luminosita esiste un limite superiore, il limite di Eddington, oltre il quale la radia-zione esercita sul gas una forza sufficiente a vincere la gravita del BH e bloccarne quindil’accrescimento. Tale valore limite sulla luminosita e dato da

LEdd =4πGmpc

σTM• (3.3)

dove si e indicato con σT la sezione d’urto Thomson e con mp la massa del protone (laradiazione interagisce principalmente con gli elettroni per scattering Thomson e la gravita

9

agisce principalmente sui protoni). Da ora in avanti considereremo sempre che il BHaccresca al limite di Eddington, irraggiando LEdd e aumentando la sua massa col tasso

MEdd =LEddεc2

(3.4)

dove ε rappresenta l’efficienza del processo. Il tipico valore per l’efficienza dell’accresci-mento su un oggetto molto massiccio e, come detto, ε ' 0.1

3.1 Generazione del vento

Abbiamo detto che il feedback ha la forma di un vento spinto dalla pressione della radiazioneemessa dal disco di accrescimento. Perche questo accada e necessario che il vento inquestione sia otticamente spesso, in modo da assobire o diffondere la maggior parte deifotoni irraggiati e ricevere cosı la spinta necessaria.

Si consideri la profondita ottica del vento per l’interazione con la radiazione, definitada

τ =

∫ ∞R

κρdr (3.5)

con κ opacita del mezzo e R distanza dal BH. Sostituendo nell’integrale la definizioneρ = dM/dV e considerando che per una sfera in espansione l’incremento infinitesimo divolume e dV = 4πvR2dt si giunge all’espressione

τ =

∫ ∞R

κM

4πvr2dr (3.6)

da cui, facendo comparire il tasso MEdd definito dalla (3.4), si ottiene il valore

τ(R) =1

2εb

rSR

c

v

Mw

MEdd

(3.7)

dove si e introdotto Mw tasso di trasporto di massa del vento, e un fattore b per tenereconto di una eventuale collimazione del vento; nel caso il vento interessi l’intero angolosolido (4π) si porra b = 1. Da ora in avanti il pedice w stara a indicare che la grandezza acui e applicato e riferita al vento. Si puo definire un raggio fotosferico Rph dalla relazioneτ(Rph) = 1 , cioe Rph e la minima distanza dal BH a cui devono giungere i fotoni percheognuno di essi venga diffuso dal materiale circostante. Assegnando il valore ε = 0.1 si puovalutare il rapporto

Rph

rS' 5

b

c

v

Mw

MEdd

(3.8)

e poiche si ha sempre che vc< 1 e b ≤ 1, ne risulta che se Mw ' MEdd, cioe se L

LEdd' 1,

alloraRph > rS

10

I fotoni vengono emessi da una zona prossima al BH (il disco di accrescimento) e quindiper essi la galassia presentera uno spessore ottico di valore > 1, con la conseguenza cheogni fotone verra diffuso approssimativamente almeno una volta prima di uscire, cedendotutta la sua quantita di moto al materiale.

Il tasso di quantita di moto del vento allora diventa pari al valore di quello dellaradiazione emessa cioe

Mwv ∼LEddc

(3.9)

Puo essere utile, per tenere conto del fatto che l’uguaglianza non e rigorosa, introdurre unaquantita m = Mw

MEddche in genere e m ' 1. Dal tasso di quantita di moto cosı trovato si

puo facilmente ricavare la velocita del vento messo in moto v = εc/m ' 0.1c e quindi lapotenza meccanica

Ew =1

2Mwv

2 ' mε

2LEdd (3.10)

Dalle relazioni trovate in questa semplice analisi si conclude che l’accrescimento su BHpuo dare origine a un vento debolmente relativistico di materiale galattico spinto dallapressione di radiazione. Il feedback del BH sulla galassia sara quindi originato dall’inte-razione di questo vento, generato in prossimita del BH, con il gas che costituisce il mezzointerstellare della galassia.

3.2 Interazione tra vento e mezzo interstellare

Il vento accelerato dallo scattering Thomson della radiazione si trovera a collidere col gasdel mezzo interstellare circostante; ci aspettiamo quindi la formazione di un onda d’urtoche spinga il gas con una intensita dipendente dalla quantita di moto ed energia trasferitidal vento al gas. La struttura dinamica risultante dalla creazione di questa onda d’urtosara quindi composta principalmente da 4 zone concentriche con la seguente composizione(la numerazione cresce con la distanza dal BH):

1. zona interna occupata dal vento debolmente relativistico che ancora non ha raggiuntoil mezzo interstellare

2. zona in cui il vento e compresso dall’urto con il mezzo interstellare

3. zona occupata dal mezzo interstellare spinto dal vento

4. zona esterna contenente il mezzo interstellare che ancora non ha subito l’effetto delvento

Le zone 2 e 3 sono separate da una discontinuita di contatto che si muove con il resto dellastruttura.

La dinamica del sistema dipende in modo critico dalle caratteristiche del vento nell’in-torno della discontinuita di contatto: il vento e caratterizzato da una sua pressione chedetermina la spinta trasmessa al gas circostante. La pressione del vento ha due componenti

11

Figura 3.1: Sezione della struttura del sistema dinamico nei due casi momentum-driven eenergy-driven: la simmetria e sferica per b = 1 e conica per b < 1. Nell’immagine e indicatacon η l’efficienza dell’accrescimento, indicata con ε nella presente trattazione. Immagine presa daZubovas e King [5]

principali: una e data dalla velocita con cui il materiale costituente il vento si porta neipressi della discontinuita e urta con il gas che compone il mezzo interstellare, l’altra e lapressione termica che dipende esclusivamente dalla temperatura del vento. In pratica laprima componente, che d’ora in avanti indicheremo con il termine inglese “ram pressure(di difficile traduzione in italiano) e legata alla quantita di moto del vento, mentre la pres-sione termica all’energia dello stesso: la trasmissione al gas ambiente di quantita di motoe energia e quindi legata alle dimensioni relative di questi due contributi alla pressione.

Si possono presentare due casi estremi distinti: se il vento si raffredda efficacemente neipressi della discontinuita, allora si avra una ram pressure molto maggiore della pressionetermica, e il vento trasferira la sua quantita di moto al gas interstellare; viceversa se il ventonon viene in alcun modo raffreddato (espansione adiabatica) il contributo alla pressionedato dall’energia sara molto maggiore della ram pressure e il vento trasferira la maggiorparte della propria energia al gas.Nel primo caso si parla di “outflow momentum-driven”, mentre nel secondo di “outflowenergy-driven”, dove con “outflow” da ora in poi si intendera il flusso di gas interstellarein allontanamento dalla galassia sotto la spinta del vento.Il meccanismo di raffreddamento verra preso in considerazione nel prossimo paragrafo, mae gia possibile fare alcune semplici previsioni sulle conseguenze che portano i due regimi.

12

Se l’outflow si stabilisce in regime momentum-driven questo acquisisce tutto l’impulsoche viene ceduto dal vento

dMgvg =LEddc

dt (3.11)

e si stabilisce quindi il tasso di trasferimento di quantita di moto

Mgvg =LEddc

(3.12)

La variazione di Mg e dovuta all’espansione sferica del fronte d’onda creato dall’urto, quindisi puo utilizzare la conservazione della massa (equazione di continuita)

Mg = ρg(r)dV

dt= 4πr2ρgvg (3.13)

e utilizzando la (2.11), si ottiene

Mg = 2fgσ

2

Gvg (3.14)

Dove si e introdotto un fattore fg per tenere conto che il gas rappresenta solo una frazionedella massa della galassia. Il valore normalmente utilizzato in cosmologia e dell’ordinedifg ' 0.16. Utilizzando questa ultima uguaglianza, la (3.12) e la (3.3), si puo ricavarel’espressione per v2

g

v2g =

2πG2M•mp

σTfgσ2(3.15)

Se la velocita del gas e inferiore alla velocita di fuga il moto del fronte d’onda e destinatoa arrestarsi e invertirsi, riportando il gas ad alimentare il BH e il vento finche l’impulsotrasmesso non e sufficiente a imporre vg > vfuga. La velocita di fuga puo essere ricavatadal modello di sfera isoterma, supposta avere un raggio massimo R (tale modello non eformalmente corretto, ma lo utilizziamo in modo approssimato per la trattazione espostaqui); in tal caso il potenziale gravitazionale assume la forma φ(R) = −GM(R)

Re quindi la

velocita di fuga valevfuga =

√2|φ(R)| = 2σ (3.16)

Imponendo quindi v2g = 4σ2 si puo ottenere una relazione M• − σ senza parametri liberi

M• =2fgσTπG2mp

σ4 (3.17)

Questo risultato e senza dubbio incoraggiante in quanto la dipendenza di M• da σ ha unandamento simile a quello osservato (vedi capitolo 1). La relazione (3.17) in seguito a uncalcolo esplicito del valore della costante di proporzionalita diventa

M• = 7.3× 108M�σ4200 (3.18)

cioe in forma logaritmica

log (M•/M�) = 8.86 + 4 log σ200

13

in buon (ma non esatto) accordo con la relazione sperimentale

log (M•/M�) = (8.12± 0.08) + (4.24± 0.41) log σ200

Il caso energy-driven puo verificarsi se il vento non si raffredda efficientemente e l’e-spansione puo considerarsi adiabatica; questa condizione puo verificarsi in due casi:

1. il tempo di raffreddamento e maggiore del tempo caratteristico di espansione delvento

2. L� LEdd

Il primo caso verra analizzato nel prossimo paragrafo; per quanto riguarda il secondo sinoti che tale condizione e possibile perche LEdd rappresenta un limite solo nel caso dicollasso sferico del materiale sul BH: la situazione fisica che si presenta di solito e invece diaccrescimento da un disco di materiale e emissione su due fasci conici piu o meno collimatinella direzione del momento angolare e quindi ortogonali al piano del disco. Nel caso unadelle due condizioni sopra elencate sia verificata il vento riesce a trasmettere la propriaenergia al gas interstellare

1

2dMgv

2g = LEdddt (3.19)

e si stabilisce una potenza cinetica

1

2Mgv

2g = LEdd (3.20)

Utilizzando come prima la (3.14) e l’espressione del limite di Eddington (3.3), si ricaval’espressione

v3g =

4πG2M•cmp

σTfgσ2(3.21)

che uguagliata al cubo della velocita di fuga data dalla (3.16) fornisce la relazione cercata

M• =2fgσTπG2mpc

σ5 (3.22)

corrispondente al risultato numerico

M• = 4.9× 105M�σ5200 (3.23)

che posto in forma logaritmica diventa

log (M•/M�) = 5.69 + 5 log σ200

Il rapporto tra le relazioni trovate per i due regimi energy-driven e momentum-driven vale

(M•)ED(M•)MD

c� 1 (3.24)

14

Poiche la normalizzazione della relazione (3.17) e simile a quella osservata, la relazione(3.22) non spiega la relazione M• − σ osservata in quanto ha una normalizzazione piupiccola di un fattore σ/c: se ne deduce che il caso energy-driven non si verifica in natura.Queste considerazioni devono essere ritenute valide piu da un punto di vista qualitativoche quantitativo: in particolare il vento non avra una potenza meccanica pari a LEdd comeappena assunto, ma avra piuttosto il valore ε

2LEdd trovato dall’analisi dello spessore ottico.

In generale il moto del gas spinto dal vento non sara esattamente momentum-driven: questoregime deve essere considerato come un caso limite, seppure vicino alla realta, e difatti leosservazioni confermano una relazione M• ∼ σα con α lievemente maggiore di 4.

3.3 L’efficienza del raffreddamento Compton

Il processo di raffreddamento piu efficiente nelle condizioni del sistema fisico considerato sibasa sullo scattering Compton inverso.Per verificare l’efficienza di tale meccanismo si ricava il tempo caratteristico di raffredda-mento e si paragona con il tempo dinamico del sistema: se il tempo di raffreddamento eminore del tempo dinamico allora il raffreddamento sara efficace.

3.3.1 Il raffreddamento Compton e il suo tempo caratteristico

Lo scattering Compton e il processo fisico di diffusione (scattering) di fotoni da parte dicariche (nel nostro caso elettroni); nel caso in cui hν � mc2 questo si riduce allo scatteringThomson delle onde elettromagnetiche. Considerando l’urto tra singolo fotone e elettronee definendo λi la lunghezza d’onda del fotone incidente, λf quella del fotone diffuso, θl’angolo compreso tra la direzione di propagazione del fotone incidente e quella del fotonediffuso, e λC = h

mecla lunghezza d’onda Compton dell’elettrone, si ha la relazione

λf = λi + λC(1− cosθ) (3.25)

La sezione d’urto per tale processo e data dalla formula di Klein-Nishina che nel casohν � mc2, si riduce a σ = σT (1− 2x+ · · · ) con x = hν/mc� 1. Nel caso in cui l’elettro-ne abbia sufficiente energia cinetica rispetto al fotone, puo verificarsi che l’energia vengatrasferita dall’elettrone al fotone: tale processo va sotto il nome di scattering Comptoninverso ed e il fenomeno alla base del raffreddamento Compton. Si consideri una distribu-zione isotropa di fotoni con funzione di distribuzione nello spazio delle fasi n(p) e densitanumerica nell’intervallo di energie [ε, ε+ dε] pari a u. Si puo porre

udε = n(p)d3p (3.26)

Si ricorda che n(p) e un invariante relativistico e che, essendo l’energia una funzione linearedell’impulso per una particella ultrarelativistica, d3p si comporta come un’energia pertrasformazioni di Lorentz. Pertanto se ne conclude che d3p

ε= 1

n(p)udεε

e udεε

e anch’essoun invariante di Lorentz.

15

Nel sistema di riferimento (d’ora in avanti abbreviato in SDR) in cui l’elettrone e inquiete la potenza totale diffusa e data da

dE ′fdt′

= cσT

∫ε′fu

′dε′ (3.27)

Si assume che il cambiamento di energia in seguito allo scattering nel SDR dell’elettronesia molto minore di quello nel SDR del laboratorio, cioe si assume che γ2−1� ε

mc2. Allora

ε′f = ε′i.

Poiche la potenza diffusa e invariantedEfdt

=dE′fdt′

e utilizzando l’invarianza di udεε

varrannole uguaglianze

dEfdt

= cσT

∫ε′

2u′dε′

ε′= cσT

∫ε′

2udε

ε(3.28)

Dalle trasformazioni di Lorentz si ha che ε′ = εγ(1− βcosθ) che con l’uguaglianza appenaricavata fornisce la potenza emessa espressa tramite quantita del solo SDR del laboratorio

dEfdt

= cσTγ2

∫(1− βcosθ)2εudε (3.29)

Dall’ipotesi di isotropia si elimina la dipendenza angolare sostituendola con il suo valormedio 〈(1− βcosθ)2〉 = 1 + 1

3β2.

Definendo la densita di energia della radiazione Urad ≡∫εudε la (3.29) assume la forma

dEfdt

= cσTγ2

(1 +

1

3β2

)Urad (3.30)

Il tasso di diminuzione dell’energia dei fotoni diffusi e dato dadEfdt

= −cσT∫εvdε =

−cσUrad. Dunque la potenza persa dall’elettrone e convertita in radiazione si ottiene perdifferenza:

dEraddt

= cσTUrad

[γ2

(1 +

1

3β2

)− 1

](3.31)

Si ha che γ2 − 1 = γ2β2 per cui si trova per la potenza Compton l’espressione

PC =dEraddt

=4

3cσTγ

2β2Urad (3.32)

Poiche per γ � 1 si ha che γ2β2 = γ2− ' γ2, si puo sostituire γ2β2 con E2

(mec2)2dove si e

indicato con E l’energia dell’elettrone, ottenendo cosı per la potenza

PC =4

3cσT

E2

(mec2)2Urad (3.33)

Il tempo caratteristico del processo di raffreddamento tramite scattering Compton inversoe pertanto

tc =E

PC=

3

4

mec

σTUrad

mec2

E(3.34)

16

Nel caso in considerazione la densita di energia della radiazione e data da

Urad =LEddc

1

4πR2b(3.35)

Inoltre l’energia degli elettroni dopo la discontinuita di contatto e E = 916mpv

2w (A. King

2003 [1]). La sostituzione di queste due espressioni nella formula del tempo caratteristicoporta alla relazione

tc =4

3

cR2

GM•

(me

mp

)2(c

vw

)2

b (3.36)

e sostituendo le quantita note in tale espressione si giunge a una stima di tc:

tc ' 2.7× 107R2kpcbM

−18 yr (3.37)

dove si sono introdotte le grandezze Rkpc = R1kpc

e M8 = M•108M�

e si ricorda che vwc' 0.1

(vedi sez. 3.1).

3.3.2 Il tempo caratteristico del sistema: paragone con il tempoCompton

Affinche il processo di raffreddamento sia efficiente il tempo caratteristico del raffredda-mento Compton deve essere minore del tempo scala tipico della dinamica del sistema: atale scopo si introduce tflow = R

R= R

vshellche rappresenta il tempo impiegato da una di-

stribuzione sferica di materiale (d’ora in avanti verra utilizzato il termine inglese specificoshell) per raggiungere una distanza R. Per valutare la velocita vshell in modo approssima-tivo si puo ricorrere all’equazione di moto della shell trascurando gli effetti dell’attrazionegravitazionale:

d

dt

[Mg(R)R

]=LEddc

(3.38)

Questa equazione puo essere direttamente integrata tra 0 e t; cio che si ottiene e l’equa-zione M(R)R = LEdd

ct. Utilizzando l’espressione per M(r) di una sfera isoterma (2.12) e

separando le variabili si puo integrare ulteriormente tra 0 e t per ottenere

R2 =LEddG

2fgσ2ct2 (3.39)

da cui si ricava l’espressione per la velocita

v2shell =

LEddG

2fgσ2c(3.40)

Infine l’espressione cercata per il tempo scala del sistema dinamico e

tflow =R

vshell=R√

2fgσ2c√GLEdd

' 6.6× 106RkpcM− 1

28 σ200yr (3.41)

17

Per valutare l’efficacia del raffreddamento Compton si calcola quindi il rapporto fra i tempiscala dei due fenomeni fisici

tctflow

' 4.1bσ−1200M

− 12

8 Rkpc (3.42)

da cui si deduce che il raffreddamento Compton e efficiente solo fino a distanze dellascala del kpc: ci si aspetta quindi che finche la discontinuita di contatto si trova a distanzeinferiori al kpc dal BH si instauri un moto in regime momentum-driven, mentre oltrepassatotale raggio limite il gas comincera a ricevere energia dal vento e si passera a un regimeenergy-driven.

18

Capitolo 4

La dinamica del sistema

Fino ad ora si sono ricavate delle relazioni semplificate nei due casi limite momentum-driven e energy-driven, ma non e stata data una vera e propria descrizione della dinamicadel sistema.Un approccio piu rigoroso al fenomeno in analisi richiede uno studio dell’equazione dimoto della shell spinta dal vento: si studieranno separatamente il caso momentum-drivene energy-driven, ricavandone delle informazioni sulle proprieta osservative delle galassie,da confrontare poi con i dati sperimentali.

4.1 Il moto momentum-driven

Si consideri una shell caratterizzata da un raggio R in regime momentum-driven (assu-miamo quindi R < 1kpc perche il raffreddamento sia efficace): questa sara spinta dallasola ram pressure LEdd

ce sara invece frenata e eventualmente fatta collassare nuovamente

dall’attrazione gravitazionale.L’interazione gravitazionale agente sulla shell sara composta da 2 contributi:

1. L’attrazione generata dal BH centrale GMg(R)M•R2

2. L’attrazione generata dalla massa contenuta all’interno della shell GMg(R)M(R)

R2

Si noti che si e utilizzato il pedice g per indicare la sola massa in gas, mentre M(R) staa indicare l’intera massa contenuta nel raggio R, in quanto l’equazione di moto interessasolo il gas trasportato dall’urto, mentre l’attrazione gravitazionale agente sullo stesso none generata esclusivamente dal gas.

A questo punto e possibile scrivere l’equazione di moto per la shell in regime momentum-driven:

d

dt

[Mg(R)R

]=LEddc− GMg(R)[M• +M(R)]

R2(4.1)

Utilizzando la (2.12) e la (3.3), definendo Mσ = fgσTπG2mp

σ4 (la stessa espressione (3.17)

trovata nel precedente capitolo a meno di un fattore 2), si ricava dopo qualche passaggio

19

algebricod

dt

(RR)

= −GM•R− 2σ2

(1− M•

)(4.2)

da cui esplicitando R si ottiene l’equazione per l’accelerazione

R = −R2

R− GM•

R2− 2σ2

R

(1− M•

)(4.3)

I primi due termini a destra sono sempre negativi, mentre il terzo termine e negativo perM• < Mσ: quindi la shell dovra necessariamente decelerare se la massa del BH centralenon e superiore al valore critico Mσ.Per R� GM•

σ2 , ovvero al di fuori della sfera di influenza del BH, si puo trascurare il termineGM•R2 e ottenere cosı la piu semplice espressione

d

dt

(RR)

= −2σ2

(1− M•

)(4.4)

Questa equazione si puo integrare direttamente per separazione di variabili ottenendo RR−R0R0 = −2σ2(1−M•/Mσ)t che puo essere nuovamente integrata separando le variabili perottenere infine:

R2 = R20 + 2R0R0t− 2σ2

(1− M•

)t2 (4.5)

Si sono introdotte le costanti R0 e R0 ovvero le condizioni al contorno la cui conoscenzanon e necessaria ai fini della discussione del moto del sistema. Derivando questa ultima

equazione rispetto al tempo e imponendo d(R2)dt

= 0 si trova il tempo tmax a cui la shellraggiunge la sua massima dimensione. Inserendo tale tmax nella (4.5) si trova il raggiomassimo raggiunto dalla shell prima di fermarsi e invertire il proprio moto

R2max =

R20R

20

2σ2(

1− M•Mσ

) +R20 (4.6)

Possono adesso verificarsi due casi:

1. Rmax < RC cioe la shell si arresta prima di aver raggiunto il raggio critico a cui cessa diagire il raffreddamento Compton. In tal caso la shell si arresta completamente, inverteil suo moto e riprende a collassare sul BH centrale: una parte del gas andra a formarestelle dando vita allo sferoide galattico, mentre il resto continuera ad accrescere il BHcon un tempo caratteristico tS = M•

MEdd. Se si ha un sufficiente apporto di materia,

per esempio tramite fusioni con altre galassie, allora il BH accrescera la sua massa equindi Rmax fino al punto in cui M• = Mσ e Rmax = RC .

2. Rmax > RC cioe il gas spazzato dal vento raggiungerebbe in regime momentum-drivenuna distanza superiore a RC . In questo caso valgono le considerazioni fatte sul moto

20

fino a R = RC , mentre per R > RC cessa di agire il raffreddamento Compton, lashell viene ulteriormente accelerata dalla spinta aggiuntiva della pressione termica epuo abbandonare completamente la galassia bloccando l’accrescimento e stabilendocosı la relazione M• − σ: oltre RC si ha il passaggio al regime energy-driven, la cuianalisi necessita di un cambiamento dell’equazione di moto.

4.2 Il moto energy-driven

Nel caso il raffreddamento non sia piu efficace si deve modificare il termine destro della(4.1): la shell infatti non e piu spinta dalla sola ram pressure ρv2, ma interviene anchela pressione termica. Occorre quindi tener conto della pressione totale sostituendo LEdd/ccon 4πR2P : in questo modo l’equazione (4.1) diventa

d

dt

[Mg(R)R

]+GMg(R)[M• +M(R)]

R2= 4πR2P (4.7)

Questa relazione si utilizza per eliminare P nell’equazione dell’energia, che per un fluidosi scrive

∂ε

∂t+ ~∇ · [~v (ε+ P )] = L+W (4.8)

dove si e indicato con ε = 32P + 1

2ρv2 l’energia per unita di volume, con L la densita di

energia immessa nel sistema per unita di tempo e conW il tasso di lavoro contro la forza digravita per unita di volume. In ε trascuriamo il termine 1

2ρv2 corrispondente al contributo

del caso momentum-driven.Ricordando che vale l’identita d

dt= ∂

∂t+ ~∇ · ~v si puo ridurre la precedente equazione a

dt+ ~∇ · (P~v) = L+ ω (4.9)

Integrando quest’ultima equazione sul volume V = 43πR3 e utilizzando il teorema della

divergenza otteniamo la forma

dE

dt+ 4πR2R =

∫V

(L+W) dV (4.10)

Nel caso in esame i contributi alla variazione di energia sono dati dalla potenza meccanicadel vento εLEdd

2e dal tasso di lavoro contro la forza di gravita per espandere la shell.

L’equazione dell’energia per questo sistema assume quindi la forma

d

dt

(3

2PV

)+ P

dV

dt=ε

2LEdd −

GMg(R)M(R)

RR (4.11)

in cui si e trascurato il contributo alla forza gravitazionale dato dal BH.Utilizzando le quantita M(R) e P ottenute rispettivamente dal modello di sfera isotermae dalla (4.7) otteniamo, dopo tutti i calcoli, la relazione finale

ε

2LEdd =

2f ′gσ2

G

(1

2R2

...R + 3RRR +

3

2R3

)+ 10fg

σ4

GR (4.12)

21

Con f ′g si e indicato la frazione di gas all’instaurazione del regime energy driven: tale valorepuo essere minore di fg perche durante il moto momentum-driven si possono verificarefenomeni che diminuiscono il gas a disposizione, come la formazione stellare. Imponendoalla soluzione la forma R = vet si giunge all’espressione in ve

2εcfgf ′g

= 3v3e

σ2+ 10ve (4.13)

Per valutare ve si supponga di avere ve � σ. Allora trascurando il termine in v3eσ2 si ottiene

ve = 0.2εcfg/f′g � σ: l’ipotesi ve � σ porta quindi a un assurdo e per valutare ve si

trascurera il termine lineare, ottenendo cosı

ve '(

2

3εcfgf ′gσ2

) 13

' 925σ23200

(fgf ′g

) 13

(4.14)

Tale soluzione e un attrattore: sistemi diversi partono da diverse condizioni iniziali a RC eR(R = RC),ma comunque la spinta ulteriore della pressione termica porta la velocita delsistema al valore energy-driven ve (figura 4.1).

4.3 Il moto dopo lo spegnimento del nucleo galattico

attivo

A questo punto non resta che da chiedersi cosa accade quando viene a mancare il vento,cioe quando si spegne la quasar centrale: questo puo accadere per qualche distanza moltogrande rispetto a RC . In tal caso occorre modificare nuovamente l’equazione di moto delsistema eliminando i termini dovuti al vento:

1

2R2

...R + 3RRR +

3

2R3 + 5σ2R = 0 (4.15)

La dipendenza dal tempo non compare esplicitamente nell’equazione, posso quindi effet-tuare un cambiamento di variabile R = p, R = pp′,

...R = p2p′′ + pp′2, dove con l’apice ′ si e

indicato la derivazione rispetto a R.In questo modo la (4.15) diventa

R2

2

d

dR(pp′) + 3Rpp′ +

3

2p2 + 5σ2 = 0 (4.16)

e sostituendo ancora y = p2 si trasforma nell’equazione 14R2y′′ + 3

2Ry′ + 3

2y + 5σ2 = 0, che

si puo ricondurre con la traslazione y1 = y + 10σ2

3alla forma omogenea

R2y′′1 + 6Ry′1 + 6y1 = 0 (4.17)

Questa equazione ha soluzioni indipendenti y1 ∝ R−2 e y1 ∝ R−3 di cui la soluzione generalesara combinazione lineare:

R2 =A2

R2+A3

R3− 10

3σ2 (4.18)

22

Figura 4.1: A sinistra e al centro: evoluzione temporale del moto di una shell con f ′g = 10−2

e σ200 = 1 in regime energy driven e dopo lo segnimento del nucleo galattico attivo a t = 106yrottenuta tramite soluzione numerica delle (4.12) e (4.15). Si nota come al variare delle condizioniiniziali la velocita tenda comunque a ve. A destra: relazione ve − R ottenuta dalle prime duerelazioni R − t e ve − t che mostra chiaramente il carattere di attrattore della soluzione ve. Lediverse linee indicano diverse condizioni iniziali a R = RC : Immagini prese da [4]

I coefficienti A2 e A3 possono essere determinati imponendo delle condizioni al contorno:nel caso del sistema in esame le condizioni da imporre sono

...R(R = Roff ) = 0 e R(R =

Roff ) = ve con Roff il raggio a cui si trova la shell quando viene meno la spinta del vento.Cosı facendo, indicando per semplicita con x il rapporto R/Roff (e quindi si ha semprex ≥ 1) si trova la soluzione esatta

R2 = 3

(v2e +

10

3σ2

)(1

x2− 2

3x3

)− 10

3σ2 (4.19)

Da questa espressione si puo infine ricavare la distanza a cui la shell si arresta nel casoil nucleo galattico attivo interrompa la sua attivita nell’istante in cui la shell si trova aRoff : si trascura il termine in x−3 in quanto la condizione ve � σ implica anche x� 1, eimponendo R2(R = Rs) = 0 si puo ricavare una stima di Rs

R2s =

9

10

(v2e

σ2+

10

3

)R2off (4.20)

da cui si ottiene Rs ' 0.95veσRoff . E possibile adesso calcolare il ritardo τr che intercorre

fra lo spegnimento dell’attivita del nucleo e l’arresto della shell: questo si puo ottenereintegrando la (4.19) tra Roff e Rs:∫ ts

toff

dt = τr =

∫ Rs

Roff

RdR[3(v2e + 10

3σ2)R2off − 10

3σ2R2

] 12

(4.21)

Rinominando le costanti 3(v2e + 10

3σ2)R2off = C e 10

3σ2 = D, e quindi Rs = (C/D)

12 , ci si

riconduce a una forma ∫ (C/D)12

Roff

RdR

(C −DR2)12

(4.22)

L’integrale si puo calcolare semplicemente effettuando il cambio di variabile y =√C −DR2

e porta al risultato

τr '(C −DR2

off )12

D' Roffve

2σ2' Rs

2σ(4.23)

23

Trascurando il tempo passato in regime momentum-driven, si puo considerare che la shellsi sia sempre espansa a velocita costante ve fino a Roff , cioe Roff ' veta dove si e chiamatota l’intervallo di tempo per cui e stato attivo il nucleo galattico, e pertanto si possono legare

τr e ta: dalla (4.20) sostituendo Roff con veta si ha che Rs ' v2eσta e quindi utilizzando il

risultato dell’integrale si ottiene

τr '(veσ

)2 ta2

(4.24)

Il coefficiente di proporzionalita 12

(veσ

)2vale ∼ 11 [vedi (4.14)] e pertanto si conclude

che l’outflow puo durare anche un tempo un ordine di grandezza superiore a quello diattivita del nucleo galattico: si dovrebbero percio poter osservare outflow in galassie chenon presentano attivita del nucleo.

24

Capitolo 5

Confronto con i dati sperimentali econclusioni

Nei precedenti capitoli si e costruito un modello del meccanismo di feedback del BH sullagalassia ospite: da questo si sono ricavate la relazione M• − σ e alcune proprieta deglioutflow direttamente confrontabili con i dati osservati.

In primo luogo si puo confrontare la relazione M• − σ trovata con il modello, cioeM• = Mσ = fgσT

πG2mpσ4, con i dati sperimentali di Gultekin del 2009: ricordiamo che la

relazione trovata da Gultekin e

Figure 1. M–σ relation for galaxies with dynamical measurements. The symbol indicates the method of BH mass measurement: stellar dynamical (pentagrams), g

60 80 100 200 300 400106

107

109

1010

108

σ(kms-1)

M∙(M

⨀)

Figura 5.1: I dati raccolti da Gultekin nel 2009: innero e rappresentata la retta ottenuta da Gultekin da talidati, in rosso la retta rappresentante la relazione trovatanel presente lavoro. Immagine presa da [6] e rielaborata.

logM•M�

= (8.12± 0.08) + (4.24± 0.41) log σ200

mentre la relazione ottenuta tramite il modelloscritta nella stessa forma logaritmica e

logM•M�

= 8.56 + 4 log σ200

Si puo osservare che nonostante il coeffi-ciente di proporzionalita tra M• e σα sia lie-vemente incosistente con gli errori sperimentalidi Gultekin, l’esponente di σ e invece in ottimoaccordo. La relazione trovata pertanto ripro-duce i dati osservativi in modo piuttosto fedelee depone a favore della veridicita del modelloformulato (figura 5.1).

Ulteriori conferme dell’efficacia del modellonello spiegare i fenomeni di outflow possono es-sere trovate nell’osservazione di outflow in ga-lassie con nucleo galattico attivo; un’ultima proprieta di semplice misurazione che puo dare

25

Figura 5.2: I profili P-Cygni che rivelano la presenza di outflow con velocita di ∼ 1000kms−1.Immagine presa da [7].

ultoriori conferme sul modello in esame e la velocita dell’outflow in regime energy driven:

nel precedente capitolo si e stimato un valore ve ' 925σ23200

(fgf ′g

) 13

e quindi considerando

una galassia con σ = 200kms−1, f ′g = fg si ottiene una tipica velocita del vento di

ve ' 925kms−1

Nella figura 5.2 sono riportate delle osservazioni, discusse da Sturm et al. in [7], di spettriinfrarossi (linea OH a 79µm, corrispondente all’emissione del mezzo interstellare) per diver-se galassie con nucleo galattico attivo: si possono notare distintamente dei profili P-Cygnicaratteristici degli outflow, generati dall’assorbimento spostato verso il blu e l’emissioneverso il rosso a causa del moto del materiale nella stessa direzione della propagazione dellaradiazione. Come viene fatto notare in [7], si osservano spostamenti corrispondenti a ve-locita di outflow ∼ 1000kms−1 (tranne che per NGC 253 che difatti non presenta nucleoattivo) in ottimo accordo con il valore di ve dato dal modello elaborato.

26

Bibliografia

[1] Andrew King, Black holes, galaxy formation, and the MBH − σ relation, arXiv:astro-ph/0308342v2 2003

[2] Andrew King, The AGN–starburst connection, galactic superwinds, and MBH − σ,The Astrophysical Journal, 635:L121–L123, 2005

[3] Andrew King, Black hole outflows, Mon. Not. R. Astron. Soc. 402, 1516–1522, 2010

[4] A.King, K.Zubovas, C.Power, Large-scale outflows in galaxies, Mon. Not. R. Astron.Soc. 415, L6–L10, 2011

[5] K.Zubovas, A.King, Clearing out a galaxy, The Astrophysical Journal Letters, 745:L34(5pp), 2012

[6] A.Marconi, G.Risaliti Relazioni di scala tra buchi neri e galassie ospiti, Dispense delcorso di Fisica delle Galassie, Universita degli Studi di Firenze

[7] E.Sturm et al. Massive molecular outflows and negative feedback in ULIRGs obseredby Herschel-PACS, The Astrophysical Journal Letters, 733:L16 (5pp), 2011

Ringraziamenti

“Conosco la meta di voi soltanto a meta;e nutro, per meno della meta di voi,

meta dell’affetto che meritate.”(J.R.R.Tolkien-La compagnia dell’anello)

Giunto alla fine di questo lavoro, e quindi di questa prima parte del mio percorso distudi, vorrei ringraziare tutte quelle persone che mi hanno aiutato, che mi sono statevicine e che hanno lasciato una impronta indelebile:

• La mia famiglia: mio nonno e le mie nonne, i miei genitori Daniele e Annamaria e lemie sorelle Margherita e Benedetta, per tutto quello che hanno fatto per me, percheda ventidue anni mi insegnano a vivere, perche hanno sostenuto le mie scelte eassecondato le mie passioni.

• Il mio relatore prof. Alessandro Marconi, perche con il suo aiuto e la suadisponibilita ha reso possibile un’impresa che sembrava disperata.

• Gli amici del CLU di Firenze, con una citazione speciale per tutti gli scienziati e inparticolar modo per Francesco Di Noia e Tommaso Favalli, perche nel camminoverso la Bellezza scelgo spesso di percorrere da solo strade strane, ma loro tengonosempre il dito puntato verso la Meta, ed io non mi perdo.

• Michele Luppi, per essere piu che un qualsiasi maestro di musica, ma un esempio diumanita e amore per le proprie passioni, e un buon re per tutti i lemuri; perche conla sua musica e i suoi testi mi ha aiutato a essere “One of a Kind” quando eradifficile.

• Tutti i membri della scuola di scherma antica “Compagnia de’ Valcento”, per tuttele belle esperienze che abbiamo vissuto e quelle brutte che abbiamo affrontatoinsieme.

• Giulio Maestrini, per l’aiuto che mi ha dato in ambito informatico, dall’esame diinformatica del primo anno fino all’utilizzo di LATEXper la scrittura della tesi,perche senza tale aiuto non sarei stato in grado di compiere l’impresa.

• Tutti gli ex giessini di Prato, in particolare Francesco Dessı, Lorenzo Becheri eFrancesco Marcelli, per tutto il periodo del mercatino e di GS, per le cose cheabbiamo combinato e le esperienze vissute insieme in quei cinque anni.

• Diletta Zipoli, per avermi regalato la passione per la musica che ancora oggi miaccompagna e mi guida, perche la gratuita e l’entusiasmo nel vivere una passionesono contagiosi e generano la bellezza.

Ci tengo poi a ringraziare a parte un gruppo di amici conosciuto ironicamente (maneanche tanto) come “Gruppo degli Spadoni Magici”:

• Alessandro Converti, perche cosı diversi siamo riusciti a essere amici, per avermifatto conoscere la “Compagnia de’ Valcento”, perche a modo suo ha cercato diaiutarmi quando avevo bisogno, per il capodanno assurdo a Riccione.

• Andrea Ricci, perche c’e sempre da ormai undici anni, perche condividiamo lapassione di una vita, per aver vissuto insieme la scoperta della “musica degli Dei”per tutte le cose che ci hanno fatto ridere in questi anni.

• Emanuele Biagioli, per l’amicizia indissolubile, perche viviamo da anni comefossimo fratelli, per la passione e la curiosita verso il mondo che ci unisce nellostudio della Fisica, per tutte le cose che sono successe e che succederanno, ma chenon potranno cambiare questi punti fermi.

• Jacopo Sforzi (ormai membro a tutti gli effetti) perche non ricordo neanche come eche ci conosciamo, perche ancora dopo anni non so cosa puo dire o fare da unmomento all’altro, per le sue canzoni improvvisate.

Infine ho lasciato per ultima una persona importante che merita un ringraziamentospeciale: un “grazie” sentito a Emily Maurizi per l’amicizia, l’affetto, la cura e la fiducia;per le cose che insegni e che ti fai insegnare, per il Pensiero Positivo e le paranoie, per lesituazioni completamente assurde che non abbiamo avuto paura ad affidarci l’un l’altro;perche la verita e una e in modi misteriosi alla fine e sempre bella.