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Audio Libro - Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Letto da Paolo Poli - Giunti Anno VII N. 2 Estate 2011 PERIODICO DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO PER OPERATORI DELL’INFANZIA E LE FAMIGLIE P inocchio La rinuncia di 2 LA RINUNCIA DI PINOCCHIO 4 LA MADRE CHE RESPINGE 9 INSERTO: UNA COLLABORAZIONE DYNAMO CAMP & GLAXOSMITHKLINE 24 LEGGERE PER FAR CAPIRE GLI ALTRI 26 PERCHE LEGGERE AD ALTA VOCE AI BAMBINI? 10 BUONI SUGGERIMENTI + 1 30 LIBRI IN VETRINA Sommario

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Page 1: ti n u i l o l o a d o t Pinocchio e no i t a r u b n u i d A · 2019. 4. 23. · Pinocchio ovvero l’adeguamento alre tà Nell’Ottocento, alla nascita della lette - ratura per

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ino. Letto da Paolo Poli - Giunti

Anno VII N. 2 Estate 2011

PERIODICO DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTO PER OPERATORI DELL’INFANZIA E LE FAMIGLIE

PinocchioLa rinuncia di

2 LA RINUNCIA DI PINOCCHIO4 LA MADRE CHE RESPINGE9 INSERTO: UNA COLLABORAZIONE

DYNAMO CAMP & GLAXOSMITHKLINE24 LEGGERE PER FAR CAPIRE GLI ALTRI26 PERCHE LEGGERE AD ALTA VOCE AI BAMBINI?

10 BUONI SUGGERIMENTI + 130 LIBRI IN VETRINA

Sommario

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ERA IL 1880 quando sul fio-rentino Giornale dei bam-bini apparve la prima pun-tata della Storia di un bu-

rattino del già localmente ben noto Car-lo Collodi.1 Le successive puntate arri-varono fino al 1883, anno in cui furo-no raccolte in un volume dal titolo Leavventure di Pinocchio. Storia di un bu-rattino. Sono passati più di 130 anni eancora ci si chiede sorpresi quale sia ilsegreto di questo libro, ormai da tuttie in tutto il mondo chiamato sempli-cemente Pinocchio, riconosciuto comeuno dei maggiori capolavori della let-teratura italiana dell’Ottocento, pur trat-tandosi di una opera apparentementedi modesta struttura e di carattere spic-catamente provinciale. Il segreto consi-ste nel fatto che, sotto le spoglie di quel-la che lo stesso Collodi ebbe a definireuna “bambinata”, i lettori, per lo più in-consapevolmente, hanno scorto, espres-sa in una lingua spiritosa, divertente eun po’ bizzarra, ma anche con forti ve-nature di amarezza, una opera di gran-de valore poetico e sociale. I critici daparte loro, e non subito, hanno rico-nosciuto che Pinocchio in realtà rap-presentava, nella cultura italiana deltempo, una vera e propria rivoluzioneletteraria.

Pinocchio ovvero la rivoluzione nella letteraturaLa rivoluzione letteraria cui ha concor-so in modo significativo Carlo Collodicon il suo Pinocchio può essere ap-prezzata per confronto, considerando,per esempio, l’opera di quello che fu de-

finito il vate dell’Italia postrisorgimen-tale, la cosiddetta “terza Italia”, riuni-ta in un solo Stato a partire dal 1861:Giosuè Carducci (1835-1907) che conle sue prose e poesie ha offerto “al-l’orgoglio nazionalistico della borghe-sia della nuova Italia il blasone di un’ar-te aristocratica e l’eloquenza fastosa deigiorni di parata”,2 mentre invece so-praggiungeva “un tempo di delusionie di mediocrità dopo il riflusso degli en-tusiasmi e degli slanci risorgimentali”,3

tempo in cui emergeva il bisogno di unaletteratura più vicina alla comune vitaquotidiana, che riflettesse “gli aspettipiù semplici e più sinceri della borghe-sia del tempo, le sue concrete esigen-ze di umanità e di sapere, le sue pre-sunzioni e le sue angustie, anche il suoprovincialismo: [gli artisti che hanno cor-risposto a questo bisogno sono stati] lospecchio veridico di quel piccolo mon-do, e talora, nei più ricchi e profondi,anche la coscienza di esso”.4

Carlo Collodi, con Pinocchio, si immergenella rappresentazione antiretorica del-

la realtà, in una condizione contadinacaratterizzata dalla miseria, dalla famee dall’ingiustizia, sulla quale, come in Fe-dro e nelle sue favole 2000 anni prima,pesa un profondo senso di rassegna-zione. Non inganni la freschezza del lin-guaggio e della fantasia. Il mondo fa-voloso di Pinocchio è dominato dalle fer-ree leggi della sopravvivenza e della ine-vitabilità di quello che accade di preva-ricante nella condizione dell’uomo,dalla quale è possibile sfuggire soltan-to attraverso “il sacrificio come unicostrumento di miglioramento e di riscattosociale e la vita operosa e trasformatri-ce del lavoro”.5

Pinocchio ovvero la libera felicità della fanciullezzaPinocchio, con la sua continuamenteagitata esistenza, le marachelle, le tra-sgressioni è il simbolo dell’infanzia, conle sue fantasie, il desiderio di avventu-ra, di ricerca di libertà; la “redenzione”

CAPITOLO 12

Il burattino di Carlo Collodi non è soltanto un inno alla

fantasia, ma anche un segnale di libertà, destinato tut-

tavia a malinconicamente estinguersi quando, divenuto

fanciullo, esce dalla favola per entrare nella realtà.

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finale è l’emblema dell’abbandono, del-la rinuncia alla vita favolosa della fan-ciullezza. Questa interpretazione è so-stenuta dal finale con il quale Collodivoleva concludere la serie pubblicata sulGiornale dei bambini: troncarla con latragica fine di Pinocchio impiccato allaQuercia grande dal Gatto e la Volpe. Lasollevazione dei lettori, a cui si unì an-che Giosuè Carducci, nell’interesse del-la piccola figlia Libertà, costrinse Collodia proseguire nell’opera; il finale tutta-via non è meno malinconico: un mat-tino Pinocchio si sveglia ragazzo e ve-de il burattino, che egli è stato un tem-po, abbandonato contro una sedia, iner-te, ricordo di un passato certamentecontrassegnato dal disordine, dall’indi-sciplina e dai dolori, ma anche da unafelice creatività liberatoria.

Come spesso accade ai capolavori, an-che Pinocchio è stato visto con le lenticritiche più diverse valorizzando chi so-prattutto i caratteri favolistici, chi quel-li realisti; altri hanno elaborato inter-pretazioni psicoanalitiche, sociologichee ideologiche. In realtà, come appuntoaccade spesso ai capolavori, anche Pi-nocchio non può essere costretto inun’unica interpretazione, ma a molteche non possono essere qui ricordate;tranne una, di cui non si può fare a me-no e che ai più potrà sembrare quellaprincipale: essere l’opera uno strumentoche copre l’intento di far passare aibambini e ai ragazzi ammaestramenti

per mezzo di un racconto apparente-mente soltanto di intrattenimento,senza particolari pretese artistiche. Nelcaso di Pinocchio, tali sono state le qua-lità stilistiche e la felice comicità di quel-le pagine che l’opera ha finito per as-sumere una posizione di primario rilie-vo, inizialmente nella sola letteratura perl’infanzia e successivamente nella let-teratura senza aggettivi limitativi. Posi-zione di rilievo e distinta nell’imposta-zione educativa di fondo rispetto a quel-la delle consimili opere di altri autori acarattere pedagogico.

Pinocchio ovvero l’adeguamento alla realtàNell’Ottocento, alla nascita della lette-ratura per l’infanzia, il modello dibambino cui gli autori si ispiravano (eche ha sostanzialmente resistito fino aglianni Sessanta del Novecento) consiste-va in un soggetto prevalentemente pas-sivo al quale si dovevano impartire le-zioni istruttive e moraleggianti ricor-rendo a materiali esplicitamente peda-gogici, al fine di farne un buon bam-bino rispettoso delle regole del viverecivile, premessa per ottenere un adul-to disposto ad adeguarsi alla mentali-tà, alle opinioni, ai modi di vita preva-lenti (o autoritariamente imposti) nellasocietà in cui avrebbe condotto la suaesistenza. I cambiamenti socioeconomici e cultu-rali intervenuti tumultuosamente, per-lomeno nei Paesi occidentali, a partiredalla fine della Seconda Guerra Mon-diale, hanno comportato la crisi di quelmodello ottocentesco di bambino, al

quale è subentrata, nella psicologia enella pedagogia moderne, una figuraben diversa: il bambino oggi è consi-derato come un soggetto attivo, com-petente, capace di emozioni e senti-menti complessi, dotato di una sua pro-pria logica e di una propria autonomia.Certo, non si può dire che il concettoche Collodi poteva avere del bambinofosse di tale profondità; tuttavia nellasua opera sono ben riconoscibili i segnidi lontananza dalla tradizionale pre-cettistica pedante e pervasiva della let-teratura per l’infanzia di quei tempi, se-gni rivelatori di una sua istintiva com-prensione della psicologia dei bambiniche si riflette nella evidente simpatia concui egli tratta, con freschezza poetica euna sostanziale tolleranza per le sue vi-tali contraddizioni, il suo pur discolo per-sonaggio. L’intento pedagogico e mo-ralistico, pur presente nel Pinocchio,“non si sovrappone per altro mai dal-l’esterno, non turba il libero gioco del-la favola, bensì ne sottolinea con arguziae malizia leggera l’insegnamento buo-no, di una bontà antica e patriarcale”.6

Qualità, quella della bontà, che emer-ge compiutamente dalle pagine di Pi-nocchio facendone il capolavoro che è:uno dei maggiori della letteratura ita-liana dell’Ottocento.

1. Collodi è lo pseudonimo (dal nome del paesedella madre) di Carlo Lorenzini (1826-1890). 2. Sapegno N., Compendio di storia della lette-ratura italiana, volume III, La Nuova Italia, III edi-zione, 1989.3. AA. VV., Storia della civiltà letteraria italiana,volume V, tomo I, UTET, 1994.4. Sapegno N., Op. cit.5. Luparia P., Grande Dizionario Enciclopedico, vo-lume V, UTET, 1986.6. Luparia P., Op. cit.

Illustrazione di Attilio Cassinelli

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ÈACQUISITO ORMAI da mol-to tempo il concetto diquanto sia essenziale per ilbambino, fin dalla nascita, la

vicinanza della madre e l’atteggiamen-to che questa ha verso di lui, tanto cheè diventata la regola procedere all’at-taccamento del neonato al seno per ini-

ziare l’allattamento all’incirca sei ore do-po il parto o addirittura già nella salain cui questo è avvenuto. Non è soltantouna questione di nutrizione: l’allatta-mento al seno ravviva lo stretto rap-porto fra madre e neonato, ben esi-stente nel corso della gravidanza, po-nendo le fondamenta dei legami fra lo-ro. È stato dimostrato che “tutti i van-taggi di una vita familiare successivapossono andare sprecati per un bam-bino a cui sia mancato inizialmente unrapporto affettuoso e soddisfacente conla madre”.1

Le cause esterne del rifiutoIn questa condizione associativa pri-maria, quella tra il neonato e la madre,le richieste sono tutte da una parte(quella del neonato) mentre gli obbli-ghi sono tutti dall’altra parte (quella del-la madre). È compito della madre essereattenta ai bisogni del bambino (cibo,sonno, calore, movimento, consolazio-ne, compagnia ecc.), non fraintender-li o confonderli l’uno con l’altro, e sod-disfarli non secondo i propri ritmi maadattando le proprie azioni ai ritmi delfiglio. Il lattante è dipendente dalla ma-dre per ottenere i suoi soddisfacimen-

ti: se essa prova di essere soddisfacen-te e accomodante nel provvedere ai suoibisogni urgenti, egli comincia ad ama-re non solo le proprie esperienze di ap-pagamento dei desideri, ma anche lapersona di lei. In questo modo lo statooriginario di egocentrismo del lattantesi muta in un atteggiamento d’interes-

se emotivo per l’ambiente che lo cir-conda, ed egli diventa capace di ama-re, dapprima la madre e – dopo di lei– il padre e altre figure importanti delsuo mondo esterno.

Molti analisti sostengono che dipendetotalmente dalla madre di un lattanteche si verifichi o meno questo sviluppofavorevole. Quando la madre “accogliebenevolmente la prima effusione di sen-timento del bambino verso di lei e vi ri-sponde, essa favorisce il suo progressodall’egocentrismo all’amore oggettua-le. Se essa fallisce in qualche punto ri-spetto a questo compito e respingequindi gli approcci del bambino, può di-struggere nel figlio una potenzialità disomma importanza, con conseguenzedisastrose per un suo sano sviluppo fu-turo”.2

Considerato il problema sotto questa lu-ce, non sfugge la possibilità che una ma-dre, ogni madre, viva con un senso dicolpa riassumibile nella domanda: “So-no o sono stata una buona madre?” econduca la propria esistenza in peren-ne conflitto tra il soddisfacimento del-le proprie legittime esigenze personalie quello dei bisogni del bambino che hamesso al mondo. Infatti, non si può

CAPITOLO 2

Molti bambini vengono tra-

scurati fino al punto da esse-

re sostanzialmente rifiutati

dalle loro mamme, alcune su-

scettibili di essere aiutate a

superare le loro difficoltà di

rapporto con il proprio bambi-

no, altre per le quali è molto

difficile o addirittura impossi-

bile controllare il comporta-

mento di rifiuto, in quanto que-

sto affonda nel profondo di una

psiche materna albergante

conflitti irrisolti.

MADREMamma, hai avuto me / ma io nonho mai avuto te; Padre, tu mi hailasciato / io non ho mai lasciato te;avevo bisogno di te / ma tu non dime; mamma, non andartene / Papàtorna a casa.

John Lennon

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ignorare che nella madre, come ha scrit-to il filosofo e psicologo Umberto Ga-limberti, “si dibattono due soggettivi-tà antitetiche, perché una vive a spesedell’altra. Una soggettività che dice ‘io’e una soggettività che fa sentire la don-na ‘depositaria della specie’. Il conflit-to fra queste due soggettività è alla ba-se dell’amore materno, perché il figlio,ogni figlio, vive e si nutre del sacrificiodella madre, sacrificio del suo tempo,del suo corpo, del suo spazio, del suosonno, delle sue relazioni, del suo la-voro, della sua carriera, dei suoi affettie anche degli amici, altri dall’amore peril figlio”.3

Intanto, per dare una realistica dimen-sione del problema dei “distacchi” ma-terni e della possibilità se non di supe-rarli, almeno di compensarli, è oppor-tuno distinguere le cause che possonoallontanare la madre da un rapporto to-talizzante con il proprio bambino. Infattivi possono essere delle cause esterne,come la necessità o il desiderio di la-vorare; oppure interne legate alla per-sonalità della madre, senza escludereche spesso i due ordini di cause coesi-stono. Sulle cause esterne non occorrespendere molte parole, tanto sono in-tuitive e di comune esperienza: nelle so-

cietà contemporanee dei Paesi avanzatila causa più frequente del distacco del-la madre dal figlio sono le assenze do-vute a impegni di lavoro, che non rap-presentano soltanto una risposta ad unanecessità di ordine economico della fa-miglia, ma anche l’esercizio di un dirit-to, ormai largamente riconosciuto, anon esaurire la propria persona nel so-lo ruolo materno.Naturalmente vi possono essere altre cir-costanze in cui l’attaccamento della ma-dre al proprio bambino diminuisce intermini sia di disponibilità continua asoddisfare la sua necessità di averla sem-pre a disposizione sia di intensità di cu-re: tipico il caso della nascita di un fra-tellino, che inevitabilmente comportavariazioni anche consistenti nelle pre-stazioni materne verso il primo nato,che le può vivere come un vero e pro-prio abbandono, in un inconsolabile tu-multo emotivo che spesso non viene ab-bastanza considerato. Tenerne conto ètuttavia abbastanza difficile perchéogni tentativo di preparare il maggio-re all’arrivo del nuovo componente del-la famiglia si scontra con il fatto che eglisostanzialmente una sola cosa avverte:che la mamma ha ritirato una parte delproprio amore verso di lui per darla adun altro che gli è estraneo e tale priva-zione lo può gettare nell’angoscia e nel-la regressione e gli può far provare sen-si di colpa in quanto può interpretareil ritiro materno come una punizione perun fallo commesso inconsapevolmen-te e pertanto, come tale, fonte di mag-giore preoccupazione.

Le cause internedel rifiutoQuando dalle cause, per così direesterne, si passa a considerare una ma-dre “respingente”, o che viene inter-pretata come se lo fosse, per ragioni in-terne, psichiche, le possibilità di com-prenderle si complicano, così comequelle di mettere in atto adeguate mi-

sure per superare tali cause o quantomeno contenerle per salvaguardare ilbenessere del bambino.

I diversi tipi di madri “che rifiutano” pos-sono essere in parte classificati dal pun-to di vista dei principali bisogni irrinun-ciabili dei bambini.

Il bisogno di essere desiderato.Il primo bisogno del bambino è quellodi sentirsi veramente desiderato e cer-to che la madre gli darà tutto quello dicui ha bisogno sia fisicamente sia emo-tivamente. Ai desideri del bambino de-ve tuttavia corrispondere, ancor primache nasca, quello della madre, come hascritto il pediatra Marcello Bernardi(1922-2001): un autentico “desideriosostenuto dalla vocazione al dare, dal-l’impulso di regalare se stessi a colui cheverrà”.4 Ora, nell’anima di una donnadivenuta madre senza un vero deside-rio di esserlo o addirittura contro la pro-pria volontà, con maggiore difficoltàpuò germogliare l’impulso di dedicaretutta se stessa al bambino che ha ge-nerato. Non è escluso che questo ac-cada per la spinta altruistica (l’istinto ma-terno) determinata dall’emozione cheogni nuova vita il più delle volte susci-ta nelle donne, ma non risulta che siala regola, specialmente quando inter-vengono condizioni ambientali sfavo-revoli: la povertà, i dissidi coniugali, l’ab-bandono del compagno, la disappro-vazione sociale verso le madri nubili.

Il bisogno di vicinanza. La madreche rifiuta, di solito del tutto inconsa-pevolmente, è talvolta essa stessa vitti-ma dell’impossibilità di stare vicino alproprio bambino, specialmente quan-do è ancora lattante, per circostanze chela tengono lontana da lui più di quan-to il piccolo possa tollerare. Vittima nelsenso che la lontananza prolungata agi-sce indebolendo nella madre la dispo-nibilità nei confronti del figlio, mentrequesti reagisce spesso divenendo in

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qualche modo egli stesso un bambinonon disponibile, contribuendo a com-promettere l’armonica sincronia com-portamentale madre-figlio, danneg-giando sia la disponibilità materna siail proprio sviluppo emotivo.

Il bisogno di sicurezza. Non si con-sidera qui la sicurezza fisica del bambi-no, affidata alle cure materne (nutri-zione, igiene, protezione dai rischi, vac-cinazioni, controlli medici ecc.) bensì lasicurezza di non essere abbandonato.Ricorda Anna Freud nell’opera già citata:“Poiché il bambino piccolo non può af-ferrare la ragione della scomparsa del-la madre, ogni separazione equivale perlui ad un abbandono da parte sua. Pri-ma che si sviluppi il suo senso del tem-po, la pressione dei suoi bisogni rendetormentosamente lungo ogni periododi attesa; perciò egli non fa distinzionefra separazione di breve o di lunga du-rata. Tutti siamo automaticamente par-tecipi e comprensivi verso il bambinopiccolo la cui madre muore; se la ma-dre è semplicemente assente per qual-che settimana, il nostro interesse è mol-to minore. Siamo in torto: noi sappia-mo che la madre ritornerà, il bambinono. Le separazioni fra madre e neona-to sono rifiuti, sia che avvengano per ra-gioni buone oppure cattive, siano esselunghe o brevi. Il bambino piccolo, stac-cato dalla stretta associazione con lamadre, è reso emotivamente orfano, an-che se può essere un orfano ‘artificia-le’, con la madre viva. È istruttivo ap-prendere, per esempio, nel corso del-l’analisi di adulti che abbiano perso lamadre, nel periodo della loro prima in-fanzia che, inconsciamente, essi nonhanno cessato di rimproverarle l’ab-bandono”.5

Intesa in senso lato, la sicurezza traedunque origine e fondamento nei pri-mi legami affettivi del bambino, in uncomplesso di scambi che gli psicologidello sviluppo comprendono nel ter-mine “attaccamento”. La sicurezzache il bambino ricava dalla possibilità distabilire tali scambi viene ritenuta un in-grediente particolarmente importanteper la formazione della sua personali-tà e di tutti i legami interpersonali nel-la sua vita futura.

Natura e tipi di attaccamentoL’attaccamento presenta tipi differentifra i bambini, per le differenti interazioniche possono intercorrere prevalente-mente con la madre e ai particolari ti-pi di cure materne che vengono loro ri-servate:6

■ vi sono madri che comprendono i lo-ro bambini fin da neonati e pron-tamente rispondono alle loro esi-genze; a queste madri in generalecorrispondono bambini sicuri;

■ vi sono madri poco disponibili ver-so il loro bambino, non in sintoniacon i segnali che manda e che so-stanzialmente lo trascurano soprat-tutto da un punto di vista psicolo-gico ed emotivo; a queste madri cor-rispondono spesso quelli che ven-gono definiti bambini insicuri/evi-tanti, nel senso di insicuri nelle re-lazioni e poco interessati al contat-to con la madre fino a evitarlo;

■ vi sono infine madri poco sensibiliin modo incostante: a volte dispo-ste a rispondere positivamente albambino, altre volte a respingerloquando chiede attenzione; a que-ste madri corrispondono bambini

che dimostrano insicurezza e re-sistenza: sono molto turbati quan-do vengono separati dalla madre, ilcui ritorno però difficilmente li con-forta, quindi la consolazione vieneda loro allo stesso tempo ricercatae rifiutata.

La teoria dell’attaccamento, affermatasisulla base di ricerche pubblicate nel pe-riodo 1958-1982, determinò un dis-tacco rilevante dalla concezione secon-do cui il bambino alla nascita avrebbeesclusivamente stimoli primari di natu-ra fisiologica (fame, sete, dolore, son-no ecc.) causa di tensioni dalle quali vie-ne sollevato dalla madre, nei confrontidella quale egli svilupperebbe un amo-re interessato. In altre parole, nello svi-luppo dell’attaccamento non vi sareb-be alcuna predisposizione biologica. Inrealtà, osservazioni e ricerche hanno di-mostrato che certamente le cure, la vi-cinanza della madre hanno una note-vole influenza nello sviluppo dell’amo-re verso la sua figura (a sua volta ele-mento di grande importanza per la suc-cessiva maturazione della personalità delbambino), ma che questo non è il solomeccanismo. Di fatto, i legami che ibambini formano con la madre, o an-che con chi si occupa di loro, hanno leloro radici nell’evoluzione: “nel lonta-no passato dell’umanità, quando i pre-datori costituivano un pericolo reale, eranecessario un sistema che portasse i pic-coli a stare vicini alle figure di accudi-mento e a ottenerne la protezione, au-mentando così le proprie possibilità disopravvivenza. Piangere, aggrapparsi,seguire l’adulto: questi e altri tipi di com-portamento servono a tale scopo e so-no definiti schemi fissi di azione; essi sa-rebbero ‘preclablati’ fin dalla nascita nelrepertorio di risposte del bambino, ga-

CAPITOLO 2

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rantendo che egli realizzi e mantengala vicinanza a chi si prende cura di lui[...] Ma ciò, naturalmente, avviene so-lo se l’adulto ricambia il comportamentodel bambino; da qui lo sviluppo paral-lelo di un sistema di attaccamento pa-rentale grazie al quale anche i genitorisono a loro volta ‘preprogrammati’ a ri-spondere ai segnali del bambino [...].[Secondo questa concezione] il corsoevolutivo della formazione dell’attac-camento passa attraverso una serie difasi, a cominciare da una reattività so-ciale indifferenziata nelle prime setti-mane di vita quando i diversi compor-tamenti di attaccamento possono esseresuscitati in modo puramente automa-tico e possono essere rivolti a chiunque,per passare poi gradualmente a com-portamenti caratterizzati da un maggiorgrado di selettività, flessibilità, inten-zionalità e organizzazione”.7

In un certo senso, queste concezioni sol-levano un po’ la madre dal peso di sen-tirsi, se non l’unica certamente la prin-cipale responsabile del bambino nel suopercorso di sviluppo psichico ed emo-tivo, facilitando anche la risposta ad unadomanda piuttosto impegnativa: “Diche madre hanno bisogno i bambini?”Questo interrogativo è già stato af-frontato in un precedente numero diLeggere per Crescere8 da cui vale la pe-na riprendere il tranquillizzante se-guente estratto.

“Tuttavia, se le madri onnipresenti so-no sempre meno possibili, quanto ibambini possono fare a meno di loro?Quali misure sostitutive possono avereo avvicinarsi ad avere il valore dell’ac-cudimento materno, del rapporto di-retto e costante madre-figlio?Il latte in polvere non è proprio la stes-

sa cosa di quello materno, tuttavia ibambini possono crescere bene anchecon il biberon; e la bottiglia e la tetta-rella non impediscono certo che si sta-bilisca un flusso di tenerezza fra la ma-dre che non può o non desidera allat-tare al seno e il bambino, ma rendonopossibile che egli cresca senza provar-lo in modo compiuto. Estremizzando unpo’, lo studioso americano James Kim-mel ha scritto che proprio questo, il bi-beron, consente a milioni di bambini dicrescere senza tenerezza. ‘Il punto ditutto questo è semplicemente che lemadri non sono più necessarie, ma ognibambino ne ha [ancora] bisogno diuna’.9

Di che madre hanno bisogno i bambiniDi che madre ha bisogno il bambino equale madre può essere oggi, peresempio, una donna che lavora e cheper farlo deve lasciare il proprio picco-lo alle cure di altre persone per granparte della giornata? I compiti essen-ziali attribuibili alle madri nei primi 12-15 mesi di vita del bambino e, secon-do molti studiosi, fino ai tre anni, so-no numerosi e complessi: vanno dallanutrizione all’accudimento materiale inun contesto di prestazioni caratterizzateda attenzione, sollecitudine, protezio-ne e costante senso di responsabilità,alimentate dalla preoccupazione chel’interruzione del rapporto madre-figliopossa deprimere il bambino, indurrereazioni di ansia e, alla fine, in qualchemodo rallentare il suo sviluppo psi-coaffettivo.Riuscire a soddisfare ininterrottamentee totalmente i bisogni fisici e affettivi delproprio bambino farebbe di una don-na una ‘madre perfetta’ che tuttavia è

frequentemente impossibile. Fortuna-tamente, il bambino per crescere benenon ha bisogno di una madre perfet-ta, ma soltanto di una ‘mamma buonaabbastanza’. Il concetto di ‘madrebuona abbastanza’ è stato formulatodal pediatra e psicoterapeuta infantileinglese Donald W. Winnicott (1896-1971), in contrasto con quello della‘madre perfetta’. Sulla base di una plu-ridecennale esperienza clinica, egligiunse alla conclusione che la madre dis-ponibile in ogni momento a soddisfa-re le necessità e le richieste del propriobambino in realtà finisce per limitarnelo sviluppo. Al contrario la madre buo-na abbastanza che, pur provvedendo aibisogni del proprio bambino, lascia unospazio di tempo crescente fra le sue ri-chieste e la loro soddisfazione lo aiutameglio a crescere. Infatti, di fronte allerichieste non immediatamente soddi-sfatte e alle reazioni di protesta del bam-bino, la madre buona abbastanza cer-ca di contenere queste ultime in modogentile, ma fermo, facendo tuttavia inmodo che il rapporto non perda mai tra-sporto e calore. Il mancato soddisfaci-mento immediato delle richieste delbambino lo induce a compensare latemporanea deprivazione con unamaggiore attività mentale e un accre-scimento delle capacità di capire. In talmodo il bambino impara a controllareper crescenti periodi di tempo sia le esi-genze del proprio Io sia le tensioni istin-tuali, mentre emerge e si afferma il sen-so della realtà e la madre viene via viasempre più percepita come una perso-na separata, contribuendo a sviluppa-re la capacità di stare da solo.

‘La madre buona abbastanza cominciacon un quasi completo adattamento aibisogni del proprio bambino; poi, con

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il trascorrere del tempo, lo fa sempremeno, gradualmente, secondo le cre-scenti capacità dell’infante di affronta-re le sue omissioni’.10 Mediante so-spensioni date in piccole dosi e nei tem-pi opportuni, la madre aiuta il bambi-no a sviluppare un proprio importantesenso di indipendenza; con l’avverten-za tuttavia di produrre il graduale al-lentamento del rapporto sempre in mo-do molto delicato, evitando che si tra-sformi nel trauma di essere bruscamenteabbandonato.

Il recupero della mammaIl concetto della madre buona abba-stanza e le considerazioni sulla poten-ziale negatività della madre perfettaconferiscono una cornice entro cui con-siderare la convinzione largamente dif-fusa che la madre-che-lavora producasvantaggi sullo sviluppo dei suoi bam-bini. Numerosissime ricerche non han-no consentito di poter affermare chequesto accada, mentre è stata rilevatal’importanza dei comportamenti dellemadri una volta rientrate a casa.

Per esempio quando, dopo il lavoro, lemadri si impegnano in attività condivi-se con i bambini (come il gioco), gli ef-fetti potenzialmente negativi delle as-senze per lavoro appaiono fortementeattenuati. In questo senso, una funzio-ne di grandissima efficacia è risultata lanarrazione e la lettura ad alta voce.11

Al di là di tutte le ricerche, per ogni ma-dre che lavora, l’esperienza cruciale, nelrapporto con i propri bambini, è il quo-tidiano rientro a casa e il tempo che tra-scorre con loro fino a quando non van-

no a dormire. Il carico delle incomben-ze domestiche gravano di solito pesan-temente sulle spalle della madre-lavora-trice, riducendo i margini di disponibili-tà che dovrebbero essere dedicati a in-trattenere i figli per colmare i vuoti rela-zionali imposti dal lavoro. Si tratta di af-finare le prestazioni in modo che le in-terazioni madre-figlio risultino le più ef-ficaci possibili.

L’Organizzazione Mondiale della Sani-tà ha proposto otto suggerimenti chepossono facilitare il conseguimento diquesto risultato e che qui vengono pro-posti in una traduzione non stretta-mente letterale.12

■ Non trascurare mai di dimostrare altuo bambino che lo ami.

■ Quanto più puoi, parla al tuo bam-bino, dando calore alla tua voce,espressioni emotive ai tuoi gesti.

■ Per quanto ti è possibile, segui lavolontà e i desideri del tuo bam-bino.

■ Loda e apprezza quanto il tuo bam-bino si impegna a fare.

■ Aiuta il tuo bambino a concentrar-si e condividi con lui le sue espe-rienze.

■ Aiuta il tuo bambino a dare un sen-so al suo mondo.

■ Aiuta il tuo bambino ad ampliare leproprie esperienze.

■ Aiuta il tuo bambino ad apprende-re regole, limiti e valori.

A questi suggerimenti se ne possonoaggiungere due:

■ Soddisfa di tanto in tanto con pic-coli, possibilmente non consumisti-ci regali il credito che il bambino cer-tamente pensa di avere nei tuoi con-fronti per il tempo che non gli haidedicato.

■ Soprattutto ascoltalo, veramente.

1. Freud A., “Il concetto di madre che respinge”

(1954) in Freud A., Opere 1945-1964, vol. II, Bo-

ringhieri 1979. Questo intervento di Anna Freud

costituisce una delle principali basi del presente

capitolo.

2. Ibidem.

3. Galimberti U., “Il conflitto dell’amore mater-

no”, D - La Repubblica delle donne, 17-3-2007.

4. Bernardi M., L’avventura di crescere, Fab-

bri,1999.

5. Freud A., Op. cit.

6. Schaffer H.R., Lo sviluppo sociale, Raffaello Cor-

tina Editore, 1998.

7. Schaffer H.R., I concetti fondamentali della psi-

cologia dello sviluppo, Raffaello Cortina Editore,

2008

8. “La madre buona abbastanza” in Leggere per

Crescere, GlaxoSmithKline, Anno III n. 2, 2007.

9. Kimmel J., Whatever Happened to Mother?,

http://www.naturalchild.org/whatever_happe-

ned/chapter 7.html

10. Winnicott D.W., Collected Papers: Through

Paediatrics to Psycho-Analysis, London, Tavistock

Publications, 1958.

11. Motherhood – Extent And Effects of Mater-

nal Employment, http://family.jrank.org/pa-

ges/1187/m-e-e-m-e.html.

12. World Health Organization, (WHO-OMS),

Improving Mother/Child Interaction to Promo-

te Better Psychosocial Development in Children,

International Child Development Programs,

0510, 1998.

CAPITOLO 2

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Una collaborazioneDynamo Camp &GlaxoSmithKline

L’iniziazione

aL voLontariato

in oncoLogia

pediatrica

D ynamo Camp (www.dynamocamp.org) è un

Camp (campo) di Terapia Ricreativa, il pri-

mo in Italia, strutturato per ospitare gratuitamente

per periodi di vacanza bambini e ragazzi affetti

da patologie gravi o croniche dai 7 ai 17 anni, in

terapia o nel periodo di post ospedalizzazione. Si

tratta principalmente di bambini e di ragazzi af-

fetti da tumori e da patologie neurologiche.

Dynamo Camp ha aperto le porte nel 2007 ospi-

tando 60 bambini, cresciuti a 218 nel 2008, a

500 nel 2009, a 787 nel 2010. L’associazione

Dynamo Camp Onlus sta lavorando per accoglier-

ne 1000 nell’arco del 2011, nell’ambito delle ses-

sioni estive, delle vacanze pasquali e natalizie e

dei week end per le famiglie.

Il progetto ha respiro nazionale e internaziona-

le: i bambini vi affluiscono da tutta Italia (nel-

l’estate 2010 il 34% proveniva dal Nord, 41%

dal Centro e 25% dal Sud, inclusi i bambini stra-

nieri curati nel nostro Paese), e da Paesi stranieri,

in particolare, nel 2010, da Germania, Iraq, Si-

ria e Giordania.

Questi alcuni dei numeri di Dynamo Camp del

2010: 787 i bambini ospitati; 17 i programmi;

44 le patologie accolte; 57 il numero medio di

bambini in una singola sessione dedicata ai pa-

zienti di oncoematologia; 90 ospedali, associa-

zioni di patologia e associazioni di genitori; 1250

donatori individuali; 180 imprese, fondazioni, as-

sociazioni e scuole; 15 partner professionali pro-

bono; 10 partner istituzionali; 400 volontari; 70

componenti, annuali e stagionali, dello staff; 22

medici e infermieri; 100.000 SMS ricevuti in tre

settimane nella campagna di raccolta fondi tra-

mite SMS solidale dell’aprile 2010.

Il Camp è situato a Limestre in Provincia di Pi-

stoia, nell’Oasi Dynamo affiliata al World Wide

Fund For Nature (Fondo [d’estensione] mondia-

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Gli ospiti del Dynamo Camp

hanno un’età compresa tra 7 e 17

anni, corrispondente alle fasce

evolutive dell’età scolare (7-11) e

dell’adolescenza (12-17). In ter-

mini generali, nell’età scolare

i bambini sono in grado di soste-

nere in modo adeguato

i propri stati emotivi e di utilizzare

correttamente un linguaggio sim-

bolico; necessitano di una sicura

base familiare, ma sono interessati

a realizzarsi attraverso nuove

le per la natura - WWF). In occasione dell’Open

Day 2010, Dynamo Camp ha ricevuto la “Me-

daglia di adesione del Presidente della Repub-

blica”.

Dynamo Camp è il primo in Italia della famiglia

degli Hole in the Wall Camps (www.holeinthe-

wallcamps.org)1 fondati da Paul Newman2 e at-

tivi in tutto il mondo. Il primo Camp è stato inau-

gurato nel 1988 nel Connecticut (USA); attual-

mente sono in funzione nel mondo 11 Camp e

altri sono in fase di realizzazione. Globalmente

hanno preso parte al progetto oltre 200.000

bambini provenienti da 50 Stati USA e 45 Pae-

si del mondo. I Camp ospitano pazienti affetti

da oltre 150 patologie e coinvolgono ogni an-

no più di 12.000 volontari.

I fondamenti di Dynamo CampLa base scientifica che ispira l’attività del Cam-

po è la Terapia Ricreativa, che significa parteci-

pazione ad un’avventura, condivisione di momenti

indimenticabili con coetanei e riscoperta delle pro-

prie capacità. Le esperienze vengono orientate

verso la scoperta, da parte dei bambini e dei ra-

gazzi ospitati, di nuove potenzialità e di nuove

possibilità di apprendimento finalizzate a conse-

guire cambiamenti positivi e duraturi nella capa-

cità di confrontarsi con la propria malattia. Ogni

attività a Dynamo Camp può essere interpretata

come una sfida personale, costruttiva e senza ele-

menti di competizione. I ragazzi hanno la scelta

del ritmo a cui procedere e del limite al quale ten-

PIA MASSAGLIANeuropsichiatra infantile e Psicoterapeuta psicoanaliticaUniversità di Torino1

Il ruolo dei volontari nel Dynamo CampL’amore non basta: occorrono conoscenze

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acquisizioni e a mettere in gioco

le proprie capacità. Sono chiamati

a impegnarsi nell’apprendimento

di nuove conoscenze e a confron-

tarsi con figure esterne sia adulte

(che rappresentano un sostituto

genitoriale) sia coetanee (che

costituiscono il gruppo dei pari)

in vari ambiti (scuola, tempo libe-

ro, attività diverse).

Nell’età che corrisponde alla

scuola primaria, gradualmente

progrediscono l’autonomia e la

responsabilizzazione nella cura di

sé e delle proprie cose e si perfe-

ziona la socializzazione: anche il

gioco diventa collettivo e coope-

rativo, con accettazione e rispetto

delle regole. Si delineano ulte-

riormente differenze di genere (i

maschi e le femmine) in atteggia-

menti, interessi e attività.

Nell’adolescenza, che è il perio-

do di vita compreso tra l’infanzia

e l’età adulta, avvengono profon-

de trasformazioni sia a livello

fisico (dimensioni corporali

accresciute e maturazione delle

funzioni sessuali) sia mentale

(sviluppo del pensiero astratto).

Acquistano maggiore significati-

vità le relazioni extrafamiliari

(adulti come alternativa ai geni-

tori e coetanei come aggancio di

sicurezza e di uguaglianza);

aumenta il raggio di attività (fisi-

che, sociali, ricreative ecc.), che

rappresentano un campo di

dere. Ogni obiettivo viene raggiunto con l’impe-

gno individuale, la collaborazione del gruppo e

la supervisione di personale qualificato. Subito do-

po ogni attività, in una discussione di gruppo op-

pure in modo più privato, scrivendo i propri pen-

sieri in un diario, i ragazzi hanno la possibilità di

riflettere sugli obiettivi raggiunti, sui modi con cui

sono stati ottenuti e sul significato del successo

conseguito. Questo processo, a vari livelli, porta

i ragazzi alla scoperta di poter riuscire a fare an-

che quello di cui non si ritenevano capaci e quin-

di li induce al consolidamento della fiducia in se

stessi, fiducia che li aiuterà nelle successive sfi-

de che si troveranno ad affrontare.

Naturalmente l’esperienza a Dynamo Camp è so-

prattutto divertimento e, grazie al supporto del

gruppo, all’assenza di competitività e alla rifles-

sione dopo le attività, i ragazzi spesso scoprono

di poter riuscire oltre le proprie limitazioni, con-

centrandosi così sulle proprie abilità piuttosto che

sulle disabilità.

Le attività a Dynamo Camp

Il fulcro dei programmi di terapia ricreativa a

Dynamo Camp è costituito da un’ampia offerta

di attività creative, espressive, divertenti ed emo-

zionanti, raggruppate in due macro aree: sport

e attività all’aperto, laboratori e attività in spa-

zi coperti e attrezzati. A queste si aggiungono

i progetti speciali: Oasi Dynamo, Camping Lab,

Art Factory e Radio Dynamo.

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prova delle proprie capacità.

I ragazzi sono impegnati nel ride-

finire la propria identità persona-

le, intessuta sia del proprio con-

cetto di sé sia dei rapporti con gli

altri sia delle realizzazioni sociali:

possono vivere sentimenti di

incertezza e di inadeguatezza, ma

a volte tendono ad assumere

posizioni di contrapposizione e

“provano a fare esperienza”

(anche in modo un po’ indiscri-

minato); essi cercano di andare

verso il proprio futuro con il

bagaglio dell’esperienza prece-

dente e con le risorse attuali.

Sul piano individuale il processo

evolutivo, pur nel suo divenire

continuo, non è lineare ma

costellato da ampie oscillazioni e

da momenti di crisi; inoltre il suo

fluire non è strettamente aggan-

ciato all’età bensì alle esperienze

di vita. Di conseguenza, l’accom-

pagnamento e il sostegno alla

crescita, per risultare efficaci,

vanno personalizzati: non sono

utili modelli standardizzati, appli-

cabili in modo aspecifico in ogni

realtà e situazione. Per aiutare

davvero ad andare oltre gli osta-

coli, gli adulti devono saper met-

tersi in gioco e cercare insieme a

ogni bambino/ragazzo la “sua”

strada di crescita: è tanto più pos-

sibile trovarla e/o ritrovarla quan-

to più si orienta lo sguardo al

futuro.

Sport e attività all’aperto

■ Equitazione e Mini-fattoria

■ Terapia Ricreativa con animali

■ Percorsi avventura/arrampicata

■ Terapia ricreativa in acqua

■ Tiro con l’arco

■ Natura, Giardino Sensoriale e Oasi Dynamo

■ Scuola di circo

Attività creative e in spazi coperti attrezzati

■ Fotografia e realizzazione di cortometraggi

■ Teatro

■ Radio Dynamo

■ Art Factory

■ Laboratori manuali

■ Diario di casetta (vedi a pagina 11)

Terapia ricreativa fuori dal Camp

■ Radio Dynamo e Outreach Programm

di Dynamo Camp

Radio Dynamo è nata come attività all’interno di

Dynamo Camp divenendo dal giugno 2010 un pro-

getto più ampio: una web radio, che si può ascol-

tare all’indirizzo www.radiodynamo.it.

Radio Dynamo sviluppa l’Outreach Program di

Dynamo Camp: porta cioè le attività di Dynamo

Camp anche fuori dal Camp, coinvolgendo i bam-

bini e i ragazzi che non possono essere fisicamente

nella struttura e i bambini che ne sono stati ospi-

ti, nei periodi in cui sono a casa o in ospedale.

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Interferenze della malattia sul

percorso evolutivo. La malattia

nell’infanzia e nell’adolescenza

rappresenta una occasione più o

meno grave di crisi, che permane

(in caso di patologie croniche) o

si conclude (in caso di patologie

acute), restando comunque signi-

ficativa (per esempio nelle pato-

logie oncologiche, perché 2 o 3

anni nell’esperienza di un bambi-

no/ragazzo costituiscono un

tempo molto lungo).

La specificità del vissuto di

malattia in età evolutiva è deter-

minata dalla possibile compro-

missione non solo e non tanto di

una condizione già stabilmente

acquisita (come avviene nell’a-

dulto), quanto e piuttosto delle

realizzazioni future immaginate:

i progetti fantasticati e/o avviati

vengono pesantemente ipotecati

e, in certi casi, vanno riformulati,

causando sentimenti di perdita

perenni. I rischi principali di

interferenza sul percorso di cre-

scita riguardano:

■ la costruzione dell’identità per-

sonale, che può risultare so-

stanziata dalla malattia (quasi

“il proprio biglietto da visita”),

a scapito delle parti normali di

sé, con intensificazione di sen-

timenti di diversità;

■ il processo evolutivo, che può

essere su certi aspetti bloccato

Con la collaborazione di Radio Deejay, per la di-

rezione artistica e la programmazione musica-

le, e di Telecom Italia, per le soluzioni tecnolo-

giche, vengono realizzati programmi di Terapia

Ricreativa negli ospedali pediatrici, nei day ho-

spital e nelle case-famiglia coinvolgendo bam-

bini e ragazzi malati nella creazione di pro-

grammi radio, con l’aiuto di volontari e spea-

ker professionisti.

Ospedali e associazioni con cui collabora Dynamo Camp

Il Camp è supportato a livello medico-scientifi-

co dalla partnership con l’Ospedale “A. Meyer”

di Firenze, che è l’ospedale pediatrico di eccel-

lenza più vicino al Campo. In totale, come già

sottolineato, sono oltre 90 gli ospedali, le as-

sociazioni di patologia e le associazioni di ge-

nitori con cui Dynamo Camp lavora in Italia e a

livello internazionale.

Ospedali italiani

ANCONA Ospedale dei Bambini “G. Salesi”

BARI Policlinico

BOLOGNA Policlinico “Sant’Orsola - Malpighi”

BRESCIA Ospedale dei bambini

CAGLIARI Ospedale Microcitemico

FERRARA Dipartimento di Medicina Clinica e

Sperimentale - Sezione di Pediatria

dell’Università di Ferrara

FIRENZE Ospedale Pediatrico “A. Meyer”

GENOVA Istituto “G. Gaslini”

MILANO Dip. di Pediatria, Ist. Naz. dei Tumori

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o rallentato dalla malattia (co-

me “la palla al piede”), con

persistenza di una rilevante di-

pendenza dai genitori e con li-

mitazione di nuove esperienze

di apprendimento e di socializ-

zazione: si consolida in tal mo-

do un vissuto di fragilità e di

differenza rispetto ai coetanei;

■ l’accelerazione di consapevo-

lezze e di riflessioni, legate al

confronto con i limiti e la pre-

carietà della condizione uma-

na: ne consegue una maturità

maggiore, ulteriore elemento

di allontanamento dai coeta-

nei, in quanto impedisce di di-

vertirsi pienamente insieme a

loro nei momenti “sciocchi” e

degli scherzi “puerili”, peraltro

perfettamente normali;

■ l’utilizzo della malattia come

alibi per non assumersi impe-

gni e responsabilità (a scuola,

in famiglia ecc), per legittimare

privilegi (rispetto a fratelli e co-

etanei) e per giustificare atteg-

giamenti di rabbia, di controllo,

di pretesa (rispetto ad adulti e

coetanei); questa tendenza vie-

ne sostenuta e accentuata an-

che dall’iperprotezione degli

adulti.

I progressi che sono stati com-

piuti nella cura delle malattie

pediatriche gravi e croniche con-

MILANO Divisione Pediatria Ospedale “Niguarda

Ca’ Granda”

MODENA Unità Operativa di Ematologia, On-

cologia e Trapianto - Azienda Poli-

clinico

MONZA Ospedale “San Gerardo”

NAPOLI Ospedale “Santobono Pausilipon”

NAPOLI Seconda Università degli Studi di

Napoli

NAPOLI Ospedale “San Giovanni Bosco”

NAPOLI Unità Operativa di Chirurgia Pe-

diatrica - Day Hospital Talassemia -

Azienda Ospedaliera di Rilievo Na-

zionale “A. Cardarelli”

PADOVA Dipartimento di Pediatria - Unità

Operativa di Oncoematologia Pe-

diatrica dell’Università di Padova

PADOVA Azienda Ospedaliera

PALERMO Ospedale dei bambini “G. Di Cri-

stina”

PAVIA Oncoematologia Pediatrica Istituto

di Ricovero e Cura a Carattere

Scientifico Policlinico “San Matteo”

PERUGIA Ospedale “R. Silvestrini”

PESCARA Ospedale Civile “Santo Spirito”

PISA Ospedale “Santa Chiara”

ROMA Divisione di Oncoematologia Pe-

diatrica, Policlinico “A. Gemelli”

ROMA Oncologia Pediatrica Università “La

Sapienza” - Umberto I

ROMA Unità Operativa di Oncologia Pe-

diatrica Ospedale “Bambin Gesù”

Istituto di Ricovero e Cura a Ca-

rattere Scientifico

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sentono oggi, alla maggior parte

dei casi, di diventare adulti, per

cui è particolarmente importante

limitare il rischio che restino “a

vita” piccoli bambini malati,

magari in grado di distribuire

“perle di saggezza”, ma in diffi-

coltà ad affrontare esperienze

semplici di autonomia.

Peraltro l’esperienza di malattia,

come reazione alla realtà o ai

sentimenti di esclusione (“il tun-

nel”), sollecita nei bambini

/ragazzi anche desideri di parte-

cipazione e di realizzazione, che

li portano a chiedere: “Posso

andare a scuola?, “Posso andare

in vacanza?”. Inoltre possono

emergere risorse, derivate in

parte da autentiche energie posi-

tive (come la fiducia in sé e negli

altri), in parte da sentimenti di

rabbia e di rivendicazione, che

non sfociano in pura negatività

ma attivano nel contempo tena-

cia (“la grinta”).

L’attenzione alla qualità di vita

e il sostegno alla crescita. La

terapia delle malattie pediatriche

importanti si svolge oggi attraver-

so percorsi specialistici, basati su

protocolli assistenziali con ospe-

dalizzazione minima, e consente

nella maggior parte dei casi,

come affermato già ricordato,

l’accesso alla vita adulta. L’ottica

di cura nei centri di riferimento

per le diverse patologie è da

molti anni di tipo globale, quindi

ROMA Reparto di Ematologia Pediatrica -

Azienda Policlinico “Umberto I”

ROMA Ospedale “Sant’Eugenio”

SIENA Dipartimento di Pediatria, Ostetri-

cia e Medicina della Riproduzione

dell’Università degli Studi

SIRACUSA Ospedale “Umberto I”

TORINO Ospedale Infantile “Regina Mar-

gherita”

TORINO Unità Operativa Pediatrica Ospe-

dale di Ivrea

TRIESTE Ospedale Infantile “Burlo Garofolo”

UDINE Oncologia Pediatrica Policlinico

Universitario

VERONA Unità Operativa Oncoematologia

Pediatrica Policlinico “G.B. Rossi”

Ospedali stranieri

HANNOVER Medizinische Hochschule

BERLINO Charité Universitätsmedizin

FRIBURGO Universitätsklinikum

DORTMUND Universitätsklinikum

STOCCARDA Olgahospital

ESSEN Universitätsklinikum

BASRAH (IRAQ) Ospedale

GIORDANIA King Hussein Cancer Center

Continua a pagina 17.

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Associazioni

MODENA Associazione Sostegno Emato-

logia Oncologia Pediatrica

(ASEOP) Onlus

MILANO Associazione Italiana Sindrome

di Williams

ROMA Associazione “Angeli di Noonan”

MILANO Organizzazione Sindrome di An-

gelman (O.r.SA)

BARI Associazione Pugliese per la Lot-

ta contro le Emopatie e i Tumo-

ri nella Infanzia (APLETI) Onlus

Nascita e sviluppo della collaborazione Dynamo CampGlaxoSmithKlineper la formazione dei volontari

Nel 2010 L'associazione Dynamo Camp On-

lus ha avviato una Partnership con GSK Cor-

porate e GSK Italia attraverso la sottoscrizione di

un accordo formale che prevede una collabora-

zione sinergica per la rivisitazione e arricchimento

del programma formativo offerto allo staff e ai

volontari Dynamo attivi nel Camp di Limestre (Pi-

stoia), il primo in Italia. In particolare, l’opera di for-

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contempla una grande attenzione

alla qualità di vita, attuale e futu-

ra. Viene così ridimensionato lo

sconvolgimento legato all’insor-

gere e al perdurare della malattia

a favore del recupero che riguar-

da le quattro aree:

■ area della funzionalità fisica

(livello di autonomia

e di prestazioni);

■ area emozionale (sintomi psi-

chici, stato emotivo, vissuti);

■ area relazionale (intra ed ex-

trafamiliare);

■ area spirituale.

Il bilancio individuale è connota-

to da specificità legate all’unicità

della persona, ma è anche fun-

zione degli aspetti particolari di

ogni patologia e della fascia del-

l’età, che, in rapporto ai compiti

evolutivi caratterizzanti, può

accentuare o smorzare elementi

di difficoltà o di facilitazione.

Il Camp come esperienza di

normalità e di crescita. Dynamo

Camp accoglie dunque bambini

/ragazzi con problemi di salute

rilevanti, di tipo acuto o cronico:

l’esperienza offerta ha l’obiettivo

di mettere la malattia sullo sfon-

do, per farne riemergere il singo-

lo bambino/ragazzo, da incon-

trare rispetto alle proprie possi-

bilità di autonomia, di socializ-

zazione, di apprendimento

gioioso, di prestazioni fisiche e,

mazione prospettata era rivolta prevalentemente al-

l’assistenza dei bambini e dei ragazzi affetti da pa-

tologie tumorali ospitati nel Camp. Questo orienta-

mento incontrava una situazione favorevole dato che

GlaxoSmithKline Italia da una quindicina di anni col-

labora con l’Associazione Italiana di Ematologia e On-

cologia Pediatrica (AIEOP) in gran parte proprio nel-

la formazione dei volontari attivi nei suoi oltre 50 Cen-

tri presenti sul territorio nazionale.

Gli interventi nell’ambito dell’oncologia pediatrica so-

no stati avviati sul finire del 1996, quando Glaxo-

SmithKline decise di favorire il benessere dei bambi-

ni affetti da neoplasie ricoverati nei Centri AIEOP me-

diante una iniziativa che da una parte potesse con-

tribuire al miglioramento della qualità della loro vita

mentre erano ospedalizzati e dall’altra consentisse di

approfondire la conoscenza dei loro sentimenti e dei

loro pensieri nel loro rapporto con la malattia, l’ospe-

dale, i medici, gli infermieri, i volontari stessi.

In collaborazione con AIEOP, nel 1997 GlaxoSmith-

Kline ha promosso una prima ricerca sulla psicolo-

gia e la clinica del bambino colpito da tumore ba-

sata sull’analisi di circa 800 elaborati, prevalente-

mente disegni, realizzati da bambini ricoverati per

un concorso a premi denominato “Tutti bravi”. I ri-

sultati della ricerca sono stati pubblicati in un volu-

me edito da Raffaello Cortina Editore nel 1998 con

il titolo Tutti Bravi. Psicologia e clinica del bambino

portatore di tumore.

Nel 1999 GlaxoSmithKline ha promosso un secon-

do concorso per approfondire le conoscenze sulla psi-

cologia dei bambini in carico ai Centri AIEOP. Gli ela-

borati dei bambini e dei ragazzi ricoverati, soprat-

tutto scritti, e la loro analisi sono stati pubblicati dal-

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ultimo ma non meno importan-

te, di divertimento.

La proposta si rivolge “alla parte

sana” dei bambini/ragazzi e mira

a sostenerne la crescita, limitando

l’isolamento e la passività, quindi

favorisce un loro miglior reinseri-

mento nella realtà esterna (scuo-

la, tempo libero ecc.). Il Camp si

inserisce nella rete di interventi

finalizzati al miglioramento della

qualità della vita, di cui coinvolge

quattro aree. I bambini/ragazzi

malati, infatti, durante il soggior-

no sperimentano:

■ la separazione di durata si-

gnificativa dai genitori e dagli

ambienti familiari e l’incontro

con nuovi adulti (sostituti o

alternativi delle figure genito-

riali);

■ l’incontro con nuovi coetanei

(il cosiddetto “gruppo dei pa-

ri”, a volte ricercato, altre evi-

tato);

■ il confronto con richieste di

autonomia e di responsabiliz-

zazione (cura di sé, delle pro-

prie cose, degli spazi personali

e comuni, collaborazione a pic-

cole mansioni comuni ecc.);

■ le varie occasioni di parteci-

pazione tutelata, accompagnata

e “su misura”, con la valutazio-

la Casa Editrice Raffaello Cortina, nel volume Favo-

le e Favole. 360 favole scritte da bambini porta-

tori di tumore alla luce della semiotica e della

psicologia.

Nel 2001, sempre con le stesse finalità, è stato rea-

lizzato un terzo concorso nei Centri AIEOP deno-

minato Oggi comando io. Psicologia, etica ed eco-

nomia sanitaria nella gestione delle malattie onco-

logiche pediatriche. Gli elaborati del concorso e le

relative analisi degli esperti sono stati pubblicati, co-

me i precedenti, nel 2003 dallo stesso editore e con

lo stesso titolo del concorso.

Sempre in collaborazione con AIEOP, a partire dal

2003, sono stati organizzati corsi di formazione ri-

volti ai volontari che operano presso i Centri AIEOP

con l’obiettivo di contribuire al miglioramento delle

loro prestazioni nell’ambito dell’assistenza ai bambini

che sono o sono stati affetti da tumore e le loro fa-

miglie. (Tabella 1).

Le conoscenze acquisite nelle attività di ricerca e le

esperienze maturate sul campo hanno consentito di

produrre nel 2010 il volume L’assistenza ai bambi-

ni malati di tumore. Manuale per la formazione dei

volontari, Raffaello Cortina Editore, finalizzato a mi-

gliorare la preparazione dei volontari che operano

nel campo dell’oncologia pediatrica.

L’impostazione di questo manuale è sintetizzata al-

le pagine 22-23. ■

1. L’accordo con l’associazione Dynamo Camp in Italia rap-presenta un’ulteriore tappa di una collaborazione avviata, datempo e ad ampio raggio, da GlaxoSmithKline (GSK). A livel-lo internazionale infatti il Gruppo assicura il proprio sostegnoal Camp di Barretstown in Irlanda, fin dal 1994. Le collabo-razioni sono estese ad altri Camp: Bator Tabor (Ungheria), L’En-vol (Francia), Over the Wall (UK), Victory Junction (USA).

2. Paul Newman (1925 - 2008) famoso attore, regista e pro-duttore cinematografico statunitense.

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Luogo Anno Centri di provenienza dei volontari

Monza 2003 “San Gerardo” di Monza

Torino 2003 “Regina Margherita” di Torino

Padova 2003 Azienda Ospedaliera di Padova

Bologna 2003 “Sant’Orsola” di Bologna

Roma 2004 “Bambin Gesù”, “Umberto I” e “A. Gemelli” di Roma

Ospedale “Santobono Pausilipon”, Università II di Napoli

Clinica Universitaria “Santa Sofia”, Ospedale dei Bambini di Palermo

Palermo 2007 Azienda Ospedaliera Pugliese “Ciaccio” di Catanzaro

Ospedale dei Bambini di Palermo

Ospedale per le Microcitemie di Cagliari

Azienda Ospedaliera I Policlinico di Bari

Ospedali Riuniti Reggio Calabria

Azienda Ospedaliera Annunziata di Cosenza

Clinica Pediatrica di Catania

Puglia 2007 12 Distretti, 70 Scuole dell’infanzia, 95 Pediatri, 13 psicologi2008 coinvolti

Verona 2009 Centro di A. O. “Santa Maria degli Angeli” di Porde none e IRCCS

Centro Riferimento Oncologico di Aviano

Clinica Pediatrica Oncoematologica Pediatrica e TMO

Ospedale dei Bambini di Brescia

U.O. Oncoematologia Pediatrica Azienda Ospedaliera “A. Meyer” di Firenze

Dipartimento di Ematolog. e Oncologia Pediatrica “G. Gaslini” di Genova,

Divisione Pediatria Fondazione Istituto Nazionale Tumori di Milano,

U.O. Oncoematologia Pediatrica Azienda Policlinico di Modena

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Parma

U.O. Oncoematologia Pediatrica di Siena

TABELLA 1 PRINCIPALI CORSI DI FORMAZIONE PER VOLONTARI

ORGANIZZATI DA AIEOP-GSK NEL PERIODO 2003-2009

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ne e la valorizzazione dell’im-

pegno nel provare, indipen-

dentemente dal risultato.

Tutti questi elementi vanno in

direzione della crescita, ma pos-

sono essere più o meno sosteni-

bili dai bambini/ragazzi rispetto

al momento evolutivo individuale

e al bagaglio di esperienze prece-

denti (molto diversificate in rap-

porto non solo alla malattia ma

anche agli stili di vita familiari).

La presenza dei volontari garan-

tisce agli ospiti un accompagna-

mento personalizzato, che,

offrendo rispetto, attenzione e

disponibilità, consente loro di

collocarsi in questa nuova espe-

rienza nel modo via via più ade-

guato a renderla una vera occa-

sione di apprendimento e di

buona realizzazione di sé, anche

attraverso il rapporto con gli altri.

Il contributo dei volontari si svol-

ge a fianco dei bambini /ragazzi;

di base garantendo loro un riferi-

mento sicuro, che limita i senti-

menti di solitudine; nell’operati-

vità concreta nell’arco della gior-

nata declinandosi poi in vario

modo: dall’aiuto materiale, al

richiamo, all’ascolto e alla condi-

visione: nei momenti emotiva-

mente significativi, sia in negativo

sia in positivo, i bambini/ragazzi

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Attività 2011 Data Luogo Operatori

Firma dell’accordo 18 novembre 2010 GSK CorporateDynamo Onlus e Associazione Dynamoe GlaxoSmithKline Onlus

Organizzazione di un gruppo di lavoro A partire dal dicembre 2010 Team di GSK Italia e Staff dedicato alla progettazione del percorso Formazione Dynamoformativo per i volontari addettial Dynamo Camp

Organizzazione di un gruppo di lavoro A partire dal dicembre 2010 Gruppo di lavoro GSK Italia,dedicato alla realizzazione di un video Comunicazione Dynamo per la campagna di reclutamento e TBWA italiavolontari 2011

Conferenza stampa congiunta 23 marzo 2011 Palazzo delle Stelline GSK Italia e AssociazioneAssociazione Dynamo Onlus Milano Dynamo Onlusdi annuncio dell’avviodella collaborazione nellaformazione dei volontari

Corso di formazione dei volontari 24-26 marzo 2011 Dynamo Camp Circa 100 volontariper il Dynamo Camp (prima sessione)

Corso di formazione per lo staff 02-03 giugno 2011 Dynamo Camp Circa 30 operatoridi Dynamo Camp

Corso di formazione dei volontari 03-05 giugno 2011 Dynamo Camp Circa 100 volontariper il Dynamo Camp (seconda sessione)

TABELLA 2 LE ATTIVITÀ SVOLTE IN COLLABORAZIONE FRA DYNAMO CAMP E GLAXOSMITHKLINE NEL PRIMO SEMESTRE 2011

possono avere bisogno/desiderio

di uno scambio comunicativo. Il

ruolo del volontario, esercitato

con flessibilità, ma con attenzio-

ne costante agli ospiti, risulta

fondamentale per lo svolgimento

positivo del soggiorno, che realiz-

za così pienamente l’obiettivo di

rappresentare una tappa signifi-

cativa di crescita. ■

1. Professore Associato in

Neuropsichiatria Infantile dall’ot-

tobre 2001, in servizio presso il

Dipartimento di Scienze

Pediatriche e dell’Adolescenza

dell'Università di Torino fin dal

1982 in qualità di Ricercatore

confermato. È direttore della

Scuola di Specializzazione in

Neuropsichiatria Infantile e della

Scuola di Specializzazione in

Psicoterapia dell’età evolutiva ad

indirizzo psicodinamico.

Collabora da diversi anni al

Progetto “Salute & Società” di

GlaxoSmithKline come relatrice

di percorsi formativi destinati ad

operatori sanitari e professionisti

sui temi relativi all’ospedaliz-

zazione pediatrica e al relativo

impatto psicologico. È tra gli

autori del manuale L’assistenza ai

bambini malati di tumore.

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L ’OBIETTIVO perseguito dagli autori di questapubblicazione è sostanzialmente quello di dar

conto dei principali problemi che le volontarie ei volontari possono quotidianamente incontrarenell’assistere, nei Centri di oncoematologia pe-diatrica, bambini e ragazzi affetti da patologie tu-morali e i loro familiari. Il compito di queste per-sone non è facile per la complessità delle dina-miche che malattie molto serie come quelle on-cologiche comportano, così cariche come sono disofferenze, di ansie, di frustrazioni.

Il punto chiave nelle prestazioni di volontariato è rap-presentato dalla capacità di porsi, senza interferire, fraéquipe curante da una parte e pazienti e familiari dal-l’altra; per farlo non vi sono ricette date una volta pertutte e sempre utilizzabili: ogni caso è un impegno asé, con un suo proprio bagaglio di responsabilità e dicoinvolgimento emotivo.

Questo significa, da parte del potenziale volontario,innanzi tutto valutare seriamente la personale, realecapacità di sostenere il peso psicologico ed emotivoche l’assistenza a bambini e ragazzi malati di tumo-re, in circostanze spesso drammatiche, inevitabilmentecomporta; in secondo luogo, dopo questa valutazio-ne preliminare, è indispensabile perseguire una seriaformazione orientata alla conoscenza soprattutto del-la dimensione psichica della malattia tumorale e deisuoi effetti, lungo un percorso che sempre meno siconclude con la morte, grazie ai progressi dell’onco-logia pediatrica, ma che sempre più risulta impegna-tivo per il protrarsi delle terapie, delle intermittenzedei ricoveri, per le difficoltà di adattamento non so-lo nel corso della malattia, ma anche della guarigio-ne, del ritorno alla vita normale.

Il volontario non è un professionista in senso stretto, peresempio uno psicologo, e non deve pretendere di es-serlo, pur potendo svolgere una funzione assai impor-tante nel sostenere i pensieri e i sentimenti dei bambi-ni malati, in particolare quando lo sono di malattie mol-to gravi come sono i tumori. È questo un impegno as-sai complesso che esige una preparazione che tengaconto delle caratteristiche delle varie forme di malattietumorali che possono interessare i bambini, delle lorofasi di sviluppo e dell’impatto che possono avere sulbambino sul piano fisico ed emotivo, sull’umore, il com-portamento, l’apprendimento. Il volontario, in allean-za con gli operatori che curano e assistono il bambinomalato su un piano medico-psicoterapeutico specializ-

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zato, può diventare una presenza su cui poter fare af-fidamento, tanto più quanto più la sua opera è fonda-ta su conoscenze derivabili, come in questo manuale,dal sapere di professionisti di lunga esperienza nel-l’ambito dell’oncologia pediatrica.Il lavoro di volontariato, come tutti i lavori, non solo de-ve essere appreso, ma possibilmente sempre aggiornato.Mediante un’adeguata formazione, si tratta insommadi arricchire l’amore e la disponibilità con la conoscen-za, applicando al volontariato il criterio che esprime ilsenso profondo di ogni forma di assistenza: sapere, sa-per fare, saper essere.

In questa ottica è stato allestito questo manuale da cuisi possono ricavare, da parte dei volontari, altre due in-dicazioni, oltre a quella che la buona volontà è indi-spensabile, ma non sufficiente:

■ le prestazioni di volontariato non sono meno effica-ci se sono fondate sulla constatazione, del tutto ov-via, che non si può sapere tutto di tutto, ma lo di-ventano di più se le si motivano continuamente me-diante la ricerca di nuove e più approfondite cono-scenze utili al concreto agire quotidiano;

■ la necessità di tenere realisticamente conto del fat-to che le risorse disponibili sono sempre insufficientia coprire completamente la domanda di assisten-za in situazioni di gravità, ma che questo non de-ve essere preso a pretesto per non fare, per nondedicarsi, purché non diventi un sacrificio fine a sestesso, una forma di protagonismo “eroico” cheinvece di aiutare a risolvere i problemi degli assi-stiti diventa in realtà esso stesso un problema chefinisce il più delle volte per complicare quelli di chidovrebbe essere aiutato.

Alcuni suggerimenti possono aiutare a impostare il la-voro di volontariato in modo efficace e ragionevole:

■ non perdere di vista l’obiettivo principale del vo-lontariato che è quello di aiutare il bambino o il ra-gazzo malato e la sua famiglia a superare l’esperienzadi malattia all’insegna di una condivisa consapevo-lezza e speranza di esito favorevole;

■ considerare ogni caso per sé nel contesto in cui ilbambino o il ragazzo vive la propria malattia, ondeorganizzare interventi il più possibile mirati quantopiù possibilmente guidati dall’équipe curante;

■ analizzare le risorse disponibili (della struttura di ri-covero e familiari ed eventualmente integrarle conquelle possibili nell’ambito del proprio operare;

■ attivare e rendersi disponibili a tutte le possibili col-laborazioni;

■ definire ogni progetto di assistenza nella realtà e nel-le reali possibilità del contesto in cui è destinato aessere realizzato e sottoporlo al vaglio dell’équipecurante;

■ porsi obiettivi circoscritti, basati su un ragionevolerapporto fra risorse e costi, anche personali, e be-nefici ragionevolmente ottenibili;

■ considerare ogni progetto di assistenza un impe-gno non sostitutivo di funzioni che spettano ad al-tri operatori.

Gli autori di questo manuale, oltre a fornire essenziali in-formazioni scientifiche e professionali, hanno voluto rin-novare un messaggio: nel lavoro di volontariato, l’amo-re, la generosità non bastano; occorrono conoscenze, leprincipali delle quali, rilevanti nell’ambito dell’oncologiapediatrica, sono esposte nel manuale in modo che ci siaugura possa essere di pratica utilità ai volontari e alle per-sone propense a diventarlo che vorranno consultarle.

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GLI ADULTI, nei comporta-menti dei propri simili,scorgono, o credono discorgere, gli stati mentali

che li mettono in moto: pensieri, emo-zioni, convinzioni, desideri. In sostanzasi riconosce loro la capacità di cono-scere, oltre che se stessi, gli altri. Nonè così per i bambini piccoli. È infatti con-vinzione diffusa fra gli studiosi dell’etàevolutiva che soltanto verso i quattroanni il bambino acquisisca la consape-volezza che anche le azioni degli altri,oltre che le proprie, sono animate damotivazioni, punti di vista, sentimentie umori personali, compiendo un rile-vante passo in avanti nella compren-sione delle persone che gli stanno at-torno e nella loro rappresentazione nel-la sua mente.

I fattori che favorisconolo sviluppo della comprensioneIl conseguimento di questa capacità èil risultato di uno sviluppo del bambi-no che viene interpretato in vari modi.Vi è chi ritiene che la maturazione del-la comprensione degli altri trovi fon-damento nel fatto che il bambino na-scerebbe dotato di un meccanismo giàpredisposto per arrivare a tale compe-tenza, meccanismo che verrebbe atti-vato dal contatto con le persone che sioccupano di lui o comunque dall’e-sperienza sociale cui viene esposto ne-gli anni successivi alla nascita. Altri pen-sano che nel bambino lo sviluppo del-le rappresentazioni mentali degli altri siail prodotto di un susseguirsi, nel corsodei primi cinque anni di vita, di rap-presentazioni sempre più elaborategrazie al confronto con le esperienze so-ciali che via via arricchiscono la sua esi-stenza. Altri ancora sostengono che ibambini acquisirebbero la capacità di

comprendere la mente degli altri met-tendosi, per così dire, nei loro panni, si-mulando come si sentirebbero attra-versando le stesse esperienze.

Comunque stiano le cose, di certo vi èil riconoscimento dell’importanza fon-damentale, nello sviluppo delle rappre-sentazioni mentali e quindi della com-prensione degli altri da parte del bam-bino, delle esperienze sociali, dei rap-porti interpersonali fra adulti e bambi-ni i cui ruoli possono essere sostanzial-mente complementari: di guida quellodegli adulti, di partecipazione quello deibambini, come in una combinazione frauna chiave inseribile in una serraturaadatta o adattabile ad accoglierla. Ora,tra bambini della stessa età possono es-sere riscontrate differenze anche note-voli nella capacità di rappresentarsi men-talmente e di comprendere la vita de-gli altri (le loro azioni e i pensieri, le emo-zioni, i sentimenti che li muovono) sol-levando l’interrogativo di quali possanoessere i fattori che possono sostenere tali differenze.

Il ruolo primario del linguaggioTrascurando di considerare ragioni di na-tura biologica, individuate per esempionell’autismo (condizione in cui gli indi-vidui sono interamente assorbiti dalleproprie esperienze interiori con conse-guente perdita di ogni interesse per lerealtà a loro esterne) gli studiosi attri-buiscono una grande importanza, neldeterminare le differenze nella capaci-tà di comprendere fra un bambino e uncoetaneo, alla ricchezza o meno dellerelazioni che i bambini intrattengono

CAPITOLO 3

Una funzione peculiare degli esse-

ri umani è il linguaggio, in conti-

nua espansione tanto più quanto

più sono ricche le esperienze in-

terpersonali cui ogni individuo va

incontro nel corso della sua vita. Il

linguaggio, infatti, non è soltanto il

mezzo con il quale gli esseri uma-

ni comunicano fra loro, ma è an-

che lo strumento con cui l’uomo

elabora, rappresenta ed esprime la

realtà che lo circonda, costruendo

entro se stesso la rete di simboli

che la riflette. In questo senso si

può comprendere il fatto, per

esempio, che quando una mamma

racconta o legge una storia al pro-

prio bambino non trasmette sol-

tanto informazioni relative ad una

vicenda, ma, consciamente o in-

consciamente, esprime una parte di

se stessa, del proprio modo di sen-

tire, di pensare, di essere, che il

bambino percepisce e incorpora,

oltre la storia in sé, arricchendo la

propria capacità di capire gli altri

nelle loro azioni, animate da pen-

sieri, emozioni, sentimenti.

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con gli altri nelle comuni esperienze divita familiare o nel mondo esterno daloro frequentato, come per esempio gliasili nido e le scuole dell’infanzia.

Numerose ricerche hanno dimostratoche lo sviluppo nei bambini di quella cheè stata definita cognizione sociale,cioè la conoscenza degli altri, oltre chedi se stessi, trova elementi di vantaggioo di svantaggio, in termini di compar-sa più o meno precoce, nelle condizio-ni culturali, sociali ed economiche in cuiessi si trovano a vivere. Non solo, ma in-fluenti si sono dimostrati anche i diffe-renti stili educativi adottati dai genito-ri, educatrici e insegnanti, nonché laqualità delle relazioni affettive, di at-taccamento, esistenti fra bambini e ge-nitori. Persino le differenze delle di-mensioni dei nuclei familiari si sono di-mostrate influenti nel senso che, quan-to più numerosi sono i membri della fa-

miglia, tanto più veloce è la matura-zione della capacità di rappresentazio-ne mentale dei bambini, specialmentedi quelli più piccoli, per il fatto di ave-re una maggiore possibilità di matura-re questo tipo di abilità grazie alle re-lazioni e ai giochi con i fratelli maggiori.In particolare, notevole importanzasembra doversi attribuire al tipo di lin-guaggio con cui i bambini vengono in-trattenuti. Diverse ricerche hanno con-sentito di dimostrare che nelle famigliein cui si parla di più di sentimenti, diemozioni e di altri stati mentali, i bam-bini hanno maggiori probabilità dicomprendere più precocemente sia ipropri stati d’animo sia quelli degli al-tri. In altre parole si può dire che, fra glistrumenti che maggiormente concor-rono allo sviluppo di quella che più so-pra è stata definita cognizione sociale,il linguaggio occupa una posizione diprimo ordine in quanto, come ha teo-rizzato lo psicologo russo Lev S. Vygot-

skij (1896-1934) fin dai primi anni delsecolo scorso, il linguaggio dapprimanasce dalle interazioni del bambino conl’ambiente umano che lo circonda efunziona come mezzo di comunicazio-ne, per divenire successivamente lastruttura sulla quale si organizza il pen-siero e con questo la rappresentazionedel mondo. Di qui l’importanza di sti-molare nei bambini lo sviluppo del lin-guaggio, obiettivo che è alla base delProgetto “Leggere per Crescere” di cuiquesta pubblicazione è espressione.

La funzione della narrazione e della lettura ad alta voceNel considerare lo sviluppo del lin-guaggio, come indicatore della cogni-zione sociale, è opportuno tener con-to che l’acquisizione del linguaggio puòvariare anche notevolmente da bambi-no a bambino per cui è di limitata va-lidità paragonare i progressi compiuti daun soggetto rispetto ad altri della stes-sa età. Premesso tutto questo, si puòben comprendere come possano esse-re soltanto indicative le indicazioni re-lative alle tappe che contrassegnano lacomparsa e lo sviluppo delle capacità diparlare (e di ascoltare) e di pensare deibambini alle quali adeguare i compor-tamenti, capaci di incidere in modo ri-levante nello sviluppo del linguaggio. inparticolare la pratica della narrazione edella lettura ad alta voce nell’ambito del-la famiglia, e naturalmente negli asili ni-do e nelle scuole dell’infanzia, nei pri-mi anni di vita del bambino.Adeguamento per facilitare il quale, letappe dello sviluppo del linguaggio ven-gono sintetizzate nella tabella 1. ■

TABELLA 1 PRINCIPALI TAPPE DELLO SVILUPPO DELL’ASCOLTO E AL LINGUAGGIO NEI BAMBINI

Illustrazione da: Mary Ann Hoberman, Michael Emberley, Tu leggi a me, io leggo a te,Mondadori, 2003.

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1 Raccontare e leggere con natu-ralezza: ognuno deve semplice-mente essere se stesso.

2 Raccontare e leggere in modorealistico, cioè come si parla nor-malmente.

3 Pronunciare le parole con chia-rezza e precisione.

4 Ricorrere alle pause il menopossibile, quando si sente la ne-cessità di far risaltare una parolaod una frase.

5 Adattare il racconto e la letturaalle esigenze e alle possibilità dicomprensione del bambino (vedialla pagina seguente).

6 Limitare il ricorso eccessivo ai vez-zeggiativi.

7 Evitare di regredire nel modo diraccontare e di leggere al livellodel linguaggio del bambino.

8 Collegare con coerenza le paro-le dette e le illustrazioni, possibil-mente dedicandosi a queste ulti-me dopo le prime.

9 Rispettare la disponibilità all’a-scolto da parte del bambino.

10 Rispettare le reazioni emotive delbambino.

Senza pretendere di esaurire la com-plessità e la varietà delle peculiarità deibambini rispetto all’ascolto, se ne pos-sono individuare tre tipi principali. Vi so-no bambini la cui disponibilità e atten-zione sono maggiori quando il raccon-to e la lettura sono sostenuti dalle im-magini; altri, invece, sono più attratti dal

suono delle parole e dal loro fluire; in-fine, vi sono bambini di cui si potrebbedire che “sentono con il corpo” e chequindi hanno particolarmente bisognodi contatto fisico, di muoversi e agire se-condo le suggestioni di quello che stan-no ascoltando.

Fermo restando che raccontare e leg-gere ad alta voce non deve diventareuna prestazione teatrale, non vi è dub-bio che una maggiore attenzione è ot-tenibile tenendo conto non solo delladisponibilità dei piccoli ascoltatori, maanche delle loro reazioni, interagendocon le quali si contribuisce a creare unostato d’animo, un’atmosfera emotivache non possono non influenzare po-sitivamente la loro attenzione.

Premessa di ogni attività di narrazionee di lettura ad alta voce è che chi ascol-ta senta bene e chiaramente la voce nar-rante, cosa che non sempre accade,specialmente quando i piccoli sono nu-merosi e irrequieti. Quindi è necessarioricorrere a continue verifiche e a solle-citazioni all’attenzione, senza tuttaviache la narrazione si spezzetti fino a ren-dere difficile seguirla, sia per chi ascol-ta sia per chi racconta o legge.

Naturalmente è opportuno tenere neldovuto conto la disattenzione dei pic-coli ascoltatori, nel senso che, essendola loro capacità di attenzione limitata,le manifestazioni di irrequietezza de-vono essere correttamente interpreta-

CAPITOLO 4

Una obiezione che viene spesso

avanzata per giustificare il fatto

che non si racconta e non si leg-

ge, o non si legge abbastanza, ai

propri bambini è che non si è ca-

paci di farlo. È una obiezione fa-

cilmente confutabile dal mo-

mento che non vi sono, in asso-

luto, modi giusti e modi sbagliati

per raccontare e leggere ad al-

ta voce ai e con i bambini: è suf-

ficiente farlo come si può, come

si è capaci; l’importante è saper

interessare, divertire, condivi-

dere le emozioni, stimolare la

fantasia e la creatività dei pic-

coli ascoltatori.

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te come un segnale che è bene che lanarrazione o la lettura vengano inter-rotte. L’interruzione tuttavia non deveaccadere bruscamente, come segno diinsofferenza o con intento punitivo,bensì con l’accortezza di sfumare in unfinale provvisorio che lasci nel bambi-no che ascolta l’impressione che la so-spensione è soltanto una pausa e chela narrazione continuerà.

Un errore abbastanza frequente nel qua-le gli adulti incorrono è quello di consi-derare inutile raccontare e leggere ad al-ta voce a bambini che continuano amuoversi, allontanarsi, giocherellare,interpretando tali comportamenti comeuna mancanza di disponibilità all’ascol-to, di disinteresse. In realtà, molto spes-so i bambini con questi comportamen-ti non sono affatto disinteressati: una ve-rifica può dimostrare che essi rimango-no comunque sempre ad una distanzautile all’ascolto e che, alla fine, hannofruito della narrazione quanto se fosserostati tranquilli.

Una raccomandazione particolare èquella di non associare mai l’ascolto aduna valutazione dei rendimenti cogni-tivi. Ascoltare deve essere un piacere,non la premessa di un test su quantoil bambino ha imparato.

È anche opportuno tenere conto cheuna fiaba o una storia possono aver col-pito la sensibilità del bambino tanto chegli è necessario un certo tempo per “so-

stenerla” interiormente e quindi lo sidisturba quando la si vuole immedia-tamente rievocare per discuterne.

Altri due accorgimenti sono da tene-re in conto per rendere il raccontare eil leggere ad alta voce più attraenti, sti-molanti e sopportabili per i bambinipiccoli. Il primo accorgimento consiste nel sal-tare senza esitazioni lungaggini e di-gressioni che rallentano il racconto, ren-dendolo di più difficile comprensionee/o eccessivamente lungo rispetto allacapacità di attenzione del bambino.Il secondo accorgimento è quello di nonforzare oltre misura la propensione adare voci diverse ai diversi personaggidi una favola, di una storia, di un rac-conto. È vero che le storie per bambi-ni offrono la possibilità a chi legge diadattare la propria voce in modo da fa-vorire nei piccoli una maggiore com-prensione ed una migliore caratteriz-zazione di personaggi e situazioni; maquesto è utile e possibile quando i per-sonaggi sono (vocalmente) relativa-mente semplici e soprattutto quandosono poco numerosi altrimenti si rischiadi generare nel piccolo ascoltatore sol-tanto difficoltà di attenzione e di com-prensione. Quanto detto naturalmen-te non significa optare per una voce te-diosamente sempre uguale, monotona,ma vuol dire cercare di renderla viva, at-traente, specialmente attraverso varia-zioni naturali che esprimono la parte-cipazione emotiva di chi legge.

È anche da considerare il rapporto fral’adulto che racconta e legge e i bam-bini che ascoltano. Per l’adulto, un fat-tore di interesse in una narrazione è lavarietà; mentre per il bambino picco-lo la ripetitività è un elemento assolu-tamente irrinunciabile. Infatti il bam-bino piccolo è un conservatore: amarisentire più volte la stessa storia e nongradisce i cambiamenti. La storia si sno-da davanti agli occhi del bambino noncome una pellicola, una rappresenta-zione filmica piatta e bidimensionaledella quale è semplicemente spetta-tore, ma come una rappresentazionetridimensionale che lo circonda e in cuiegli è inserito: vive con la fantasia unasequenza “reale” di situazioni in am-bienti sovrapposti. Per cui risentire lastessa storia è come riesplorare un per-corso in un ambiente via via semprepiù noto. Risentire la stessa descrizio-ne permette al bambino di ripercorre-re lo stesso viaggio lungo un percor-so che già conosce, sapere che cosa staper accadere lo tranquillizza e gli per-mette una escursione libera anche difronte a situazioni emotivamente co-involgenti.

+ Uno

Non vi è suggerimento veramente ef-ficace se, da parte degli adulti, le nar-razioni e le letture non vengono prati-care con reale partecipazione e veracondivisione con i bambini del piaceredi ascoltare. ■

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CAPITOLO 4

Fonte: Reach out and Read® Program Manual, Reach Out and Read Inc., Sommerville, MA 02145 (USA), 1999.

PRINCIPALI TAPPE NELLO SVILUPPO DEL BAMBINO IN RAPPORTO ALLA LETTURA AD ALTA VOCE

6-12 mesi 12-18 mesi

Sviluppo motorio ■ allunga le mani verso i libri ■ sta seduto senza sostegno

■ si porta i libri alla bocca ■ può portare un libro

■ sta in grembo, con la testa ferma ■ tiene i libri in mano, aiutato

■ gira le pagine con l’aiuto dell’adulto ■ gira più pagine rigide alla volta

Sviluppo cognitivo ■ guarda le figure ■ indica le immagini con un dito

■ vocalizza, tocca le figure ■ può emettere lo stesso suono

■ preferisce le immagini di visi per immagini particolari

■ indica quando gli si chiede

“Dove è…?”

■ gira i libri nel verso giusto

■ dà i libri all’adulto perché legga

Cosa possono ■ tenere il bambino in modo per lui ■ rispondere prontamente

fare i genitori più confortevole alla richiesta di leggere

■ guardarlo faccia a faccia ■ lasciare che sia il bambino

■ assecondare la richiesta del bambino a controllare il libro

di andare avanti o di fermarsi ■ adeguarsi ai brevi momenti

■ indicare e nominare le immagini di attenzione del bambino

■ chiedere “Dove è il…?”

e lasciare che sia il bambino

a rispondere

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18-24 mesi 24-36 mesi 3 anni e oltre

■ gira facilmente, una alla volta, le pagine ■ impara a maneggiare le pagine di carta ■ è capace di maneggiare i libri,

rigide di un libro ■ sfoglia i libri avanti e indietro per trovare gira le pagine

■ porta i libri in giro per casa le immagini favorite di carta una alla volta

■ nomina le immagini familiari ■ recita intere frasi e talvolta intere storie ■ ascolta storie lunghe

■ inserisce parole nelle storie ■ coordina i testi con le immagini ■ può riraccontare storie

che gli sono familiari ■ protesta quando l’adulto dice una parola che gli sono familiari

■ “legge” alle bambole o agli animali di stoffa sbagliata in una storia conosciuta ■ comprende che cos’è il testo

■ recita parti di storie ben note ■ si “legge” i libri che gli sono familiari ■ muove le dita lungo

■ manifesta attenzione di durata le righe del testo

assai variabile ■ si muove verso il riconoscimento

delle lettere

■ rapportare i libri all’esperienza del bambino ■ rendere una consuetudine l’uso dei libri ■ chiedere “Che cosa sta succedendo?”

■ usare i libri con regolarità, ■ leggere un po’ prima di andare a dormire ■ lasciare che il bambino

per esempio all’ora di andare a dormire ■ essere disponibili e leggere più volte racconti la storia

■ chiedere “Che cosa è quello?” la stessa storia ■ incoraggiare l’uso delle matite

e lasciare al bambino il tempo di rispondere ■ chiedere “Che cosa è quello?” per disegnare e “scrivere”

■ interrompersi e lasciare che il bambino ■ rapportare i libri all’esperienza del bambino

completi le frasi ■ mettere a disposizione carta e matite

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Libri in vetrinaA cura di WALTER FOCHESATO

CAPACITA’ DI COMPRENSIONE

SUZY LEEOmbra

Corraini, 2010Pagg. 40, Euro 15Un albo senza parole, dall’inconsue-ta e felice rilegatura in orizzontale chediventa altresì indispensabile elemen-to narrativo. Una bambina gioca inuna cantina buia e, grazie alla sua fan-tasia, le ombre paiono prendere vitaper dar il la a tante avventure. Incan-tevole e poetico, ironico e con ma-gnifiche tavole dalle mille, possibili let-ture.

ISABEL MINHÓS MARTINSIllustrazioni di MADALENA MATOSOQuanti siamo in casa

Topipittori, 2011Pagg. 32, Euro 14Un imprevedibile e gioiosa introduzio-ne, pensata per i lettori di 5-6 anni, al-la conoscenza del corpo umano. Un iti-nerario arguto, dove ogni doppia pa-gina cela sorprese e impliciti inviti allariflessione. Opera di due autrici porto-ghesi, il volumetto nasce da un origi-nalissimo progetto dove grafica, testoe illustrazioni si fondono perfettamen-te assieme.

SONIA DELAUNAYAlfabeto

Babalibri, 2010Pagg. 56, Euro 22,50Dopo molti anni di assenza dal mer-cato editoriale ritorna uno straordina-rio e fascinoso alfabetiere, dove ognilettera è accompagnata da una fila-strocca della tradizione popolare. So-nia Delaunay (1885-1979), di originiucraine e moglie del pittore Robert, èstata una delle voci più interessanti del-l’arte del Novecento. Celebri i suoiarazzi e tessuti di cui, in queste pagi-ne, si coglie un’eco fervida e precisa.

LINGUAGGIO E DIALOGO

HERVÉ TULLETUn libro

Franco Cosimo Panini, 2010Pagg. 60, Euro 12Un libro assolutamente geniale e digrande divertimento, ideale per coin-volgere insieme grandi e piccoli. Un al-bo interattivo ricco di numerose e lim-pide sorprese. Una implicita e ironicapresa in giro dei videogiochi.

SOPHIE FATUSBuongiorno oggi

Prìncipi & Principi, 2011Pagg. 24, Euro 12Le piccole ma preziose e irripetibili espe-rienze quotidiane che accompagnanola crescita in un piccolo albo intelligen-te e raffinato, semplice in apparenza(poche righe di testo) ma ricchissimo dimotivi di riflessione e di scoperta. Conle limpide, intense e riassuntive imma-gini di una delle nostre più brave illu-stratrici.

DEBORAH UNDERWOODIllustrazioni di RENATA LIWSKAPiano piano

Rizzoli, 2011Pagg. 48, Euro 12Attraverso le calde e briose immaginidella Liwska con animaletti antropo-morfizzati, un invito (quanto mai attualee prezioso) a far le cose piano, con cal-ma e grazia, pensando e ripensando. Unelogio del vivere slow e un invito a cer-care tante altre occasioni dove far pre-valere il pian piano.

LA MAMMA

RAMON ARAGUES PELEATOIllustrazioni di FRANCESCA CHESSAL’ombelico di Giovannino

Logos, 2011Pagg. 32, Euro 12,95

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Un giorno, a 4 anni, mentre sta facen-do il bagno, Giovannino scopre il suoombelico. Nasce da lì una grande cu-riosità a cui soltanto la mamma sapràdare una giusta risposta (“Prima di na-scere vivevi dentro di me, e io ti davoaria e cibo attraverso un tubicino…”).

ALESSANDRO SANNALa mamma

Emme Edizioni, 2011Pagg. 24, Euro 10Un robusto volume cartonato dove,pagina dopo pagina, attraverso un gio-co di fori via via diversi si presentanoai più piccoli i cinque sensi. Ma al cen-tro vi è la figura tenera e protettiva del-la madre. Con un finale di grande poe-sia e le splendide e morbide tavole diuna delle voci più alte della nostra il-lustrazione.

ARIANNA GIORGIA BONAZZIIllustrazioni di VITTORIA FACCHINIMamme

Rizzoli, 2011Pagg. 32, Euro 22In un formato grande grande, un per-fetto libro strenna ma anche una pre-ziosa occasione di incontro e di identi-ficazione. Vivaci ritratti di mamme, aper-ti all’invenzione fantastica, con le colo-ratissime e suadenti tavole di una bra-vissima artista.

LE FIABE/LETTERATURA AD ALTA VOCE

ISABEL MINHÓS MARTINSIllustrazioni di YARA KONOPecorella dammi lana

Kalandraka, 2011Pagg. 28, Euro 14Il recupero, e l’originale riscrittura, di unafilastrocca della tradizione popolare dan-no vita ad un albo in rima di non co-mune vivacità e delicatezza. Con illu-strazioni quanto mai felici e in perfet-ta sintonia con il testo.

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Anche se in famiglia esiste già unacopia di Pinocchio, vale la pena diprendere in considerazione l’acqui-sto dell’audiolibro che la Casa Edi-trice Giunti propone in occasionedei 130 anni del favoloso perso-naggio creato da Carlo Collodi,non solo perché si tratta di un’edi-zione critica del testo arricchitadalle bellissime illustrazioni originalidi Enrico Mazzanti, ma soprattuttoperché il racconto viene letto da undelizioso Paolo Poli. (Nelle librerie,12 Euro).

Leggere Ascoltare VederePinocchio

Per la gioia degli occhi e dello spi-rito, non si può non rivedere di tan-to in tanto la toccante versione fil-mica delle avventure di Pinocchioche il regista Luigi Comencini rea-lizzò nel 1971 con artisti fra i piùamati del cinema italiano: NinoManfredi, Franco Franchi, CiccioIngrassia, Gina Lollobrigida, Vitto-rio De Sica e il piccolo straordina-rio Andrea Balestri. (In DVD, Le av-venture di Pinocchio, 20th CenturyFox Home Entertainment, 2000, 14Euro).

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GlaxoSmithKline (GSK) è una multinazionale farmaceutica, basata sulla ricerca, nata nel dicembre 2000 dalla fusione di Glaxo Wellcome e SmithKline Bee-cham. In Italia GSK è presente dal 1932 e ha sede principale a Verona dove si trova uno dei due stabilimenti produttivi del Gruppo, dedicato alla produzio-ne mondiale di antibiotici sterili, mentre il sito di San Polo di Torrile (PR) si occupa dello sviluppo di nuovi prodotti in forma sterile e della produzione di vac-cini e di liquidi e liofilizzati sterili a livello mondiale. A Baranzate (MI) sono infine concentrate le attività relative ai prodotti da banco e di largo consumo.Nell’ambito delle proprie iniziative a favore della comunità, GSK sviluppa in Italia dal 2001 interventi a favore dei bambini e degli anziani con il programmadi responsabilità sociale “Salute & Società”.

Periodico del Progetto “Leggere per Crescere” - Registrazione del Tribunale di Verona n. 1602 del 17/6/2004 - Direttore responsabile Romolo Saccomani

© GlaxoSmithKline 2011

■ Progetto editoriale e testi Garamond SAS, Milano ■ Grafica TypeDesign, Milano ■ Redazione Luciana Bozzotti ■ Stampa Cortella S.p.A., Verona Questa pubblicazione è stampata in 25.000 copie.

Si dichiara la disponibilità a regolare eventuali spettanze, per le fonti utilizzate, agli aventi diritto che non sia stato possibile contattare nel corso della lavorazione di questo volume.

Volume prodotto nell'ambito del Progetto GlaxoSmithKline "Leggere per Crescere" nella sezione dedicata ai bambini stranieri

e alle loro famiglie.