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The Heart of the Matter on Breastmilk and Environmental Chemicals: Essential Points for Healthcare Providers and New ParentsJudy S. LaKind,1-3 Cheston M. Berlin,2 Donald R. Mattison4

Breastfeeding Medicine 2008;3(4):251-9.

1. LaKind Associates, LLC, Catonsville, Maryland.2. Department of Pediatrics, The Milton S. Hershey Medical Center, Penn State College of Medicine, Hershey,

Pennsylvania.3. Department of Epidemiology and Preventative Medicine, University of Maryland School of Medicine,

Baltimore, Maryland.4. Obstetric and Pediatric Pharmacology Branch, Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and

Human Development, National Institutes of Health, U.S. Department of Health and Human Services, Bethesda, Maryland

Riassunto

Il crescente numero di sostanze chimiche ambientali riscontrate nel latte materno è una conseguenza del miglioramento delle capacità di analisi e del crescente interesse per il biomonitoraggio. La conclusione generale è che i benefici per il neonato che derivano dall’allattamento al seno superano i rischi potenziali associati con l’esposizione a sostanze chimiche ambientali associata con l’allattamento. Tuttavia, ci sono state segnalazioni di lievi effetti negativi sui bambini associati alle sostanze chimiche presenti nel latte materno. Queste associazioni tra concentrazioni di sostanze chimiche nel latte materno e cambiamenti biochimici o altri cambiamenti nei neonati può indicare la necessità di ulteriori studi o di attività normative, mentre a livello individuale questi cambiamenti non devono essere considerati necessariamente negativi. Per gli operatori sanitari, la distinzione è fondamentale, dato che molti operatori ricevono richieste di informazioni sfumate sui rischi e i benefici connessi con l’allattamento al seno, e queste informazioni non sono facilmente disponibili. Riconoscendo la sfida che gli operatori devono affrontare, abbiamo esplorato e sviluppato il caso delle diossine nel latte materno. La conclusione fondamentale per gli operatori sanitari e i genitori è che negli studi che comparano bambini allattati al seno e con latte artificiale in diversi periodi, inclusi quelli in cui i livelli di sostanze chimiche ambientali come le diossine erano più alti, sono sempre stati trovati effetti benefici associati con l’allattamento al seno. Le evidenze che abbiamo attualmente non comportano alterazioni alle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di promuovere e sostenere l’allattamento al seno.

Introduzione

Il numero di indagini sui livelli di sostanze chimiche ambientali nel latte materno è cresciuto sensibilmente da quando sono usciti i primi resoconti sul diclorodifeniltricloroetano (DDT) nel latte.1 Il crescente numero di sostanze chimiche ambientali riscontrate nel latte materno è una conseguenza delle nostre migliorate capacità di analisi e di un crescente interesse per il biomonitoraggio. È assiomatico che l’esposizione a una sostanza chimica ambientale porti ad un certo livello di quella sostanza nel latte materno. Tra le centinaia di sostanze chimiche ambientali che possono essere presenti nel latte materno, poche sono state studiate approfonditamente, sia per le tendenze geografiche e temporali della loro concentrazione sia per quanto riguarda i potenziali effetti sul bambino allattato al seno. Ci sono lezioni importanti da apprendere dalla storia oggi a nostra disposizione sugli studi di tali sostanze nel latte materno, lezioni che possono essere usate dagli operatori sanitari per consigliare i pazienti.

La lezione da trarre riguarda l’importanza di distinguere tra gli effetti sulla popolazione, che possono più efficacemente essere affrontati con strategie governative, e gli effetti individuali, che sono meglio affrontati dagli operatori sanitari e dai genitori. Le associazioni tra concentrazioni di una sostanza chimica nel latte materno e un cambiamento biochimico possono indicare la necessità di ulteriori studi o di attività normative, mentre a livello individuale questi cambiamenti non

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possono essere considerati sufficienti per sconsigliare l’allattamento al seno. Per gli operatori sanitari, questa distinzione è fondamentale, dato che molti operatori ricevono richieste di informazioni sfumate sui rischi e i benefici connessi con l’allattamento al seno e queste informazioni non sono facilmente disponibili. In particolare, le famiglie, i funzionari della sanità pubblica, e altri, spesso cercano informazioni da operatori sanitari per sapere se le concentrazioni di sostanze chimiche ambientali nel latte umano rendono l’allattamento al seno sicuro rispetto all’alimentazione con formula, o se i benefici superano i potenziali rischi. È chiaro che una conoscenza completa non sarà mai raggiungibile, ma un esame del complesso di evidenze disponibili sui benefici e i rischi è necessario al fine di formulare raccomandazioni per quanto riguarda l’allattamento. Riconoscendo la sfida che devono affrontare gli operatori sanitari, abbiamo deciso di esplorare e sviluppare il caso delle diossine nel latte materno.

I due metodi principali usati per ottenere informazioni sul rischio e la sicurezza sono a) confrontare la dose di una sostanza chimica ricevuto dal bambino al seno con i valori soglia stability da agenzie come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e b) condurre studi epidemiologici per seguire coppie madre-bambino nel tempo. Vi sono problemi di interpretazione per entrambi gli approcci usati per valutare benefici e rischi. Per esempio, quando si confrontano le dosi di una sostanza chimica con un valore soglia, è legittimo chiedersi se questo valore è appropriato per l’allattamento (esposizione relativamente a breve termine nelle prime fasi della vita). D’altra parte, gli studi epidemiologici spesso riportano le associazioni tra l’esposizione perinatale a sostanze chimiche e gli effetti nei neonati, ma non possono distinguere pienamente tra esposizione transplacentare e al seno. Se districare la relazione tra esposizione e effetto per le esposizioni pre- e post-natali è difficile, questa distinzione è tuttavia fondamentale se si considerano i possibili interventi che potrebbero essere adottati a livello individuale (cioè se allattare al seno o meno) e le azioni necessarie a livello governativo (ad esempio, elaborare norme per ridurre i livelli di sostanze chimiche ambientali). Da un punto di vista sociale, le informazioni relative alle esposizioni perinatali sono importanti, ma per gli operatori sanitari che consigliano i genitori, sono pertinenti le informazioni relative alle esposizioni post-natali.

In questo articolo esaminiamo le ricerche sulle diossine nel latte materno come un caso di studio per evidenziare le importanti lezioni apprese e per discutere i due principali approcci alla valutazione dei rischi potenziali associati con i prodotti chimici ambientali nel latte materno. Gli approcci ono: a) confronto tra l’assunzione di diossine da parte del bambino tramite l’allattamento al seno e la dose giornaliera tollerabile (TDI) come definita dall’OMS, e b) valutazione degli studi epidemiologici sulle diossine nel latte materno e gli esiti di salute del bambino. Le diossine sono state selezionate per questo studio perché questo gruppo di sostanze chimiche è stato uno dei più ampiamente studiati in termini di esposizione e di effetti sugli esseri umani, comprese le misurazioni nel latte materno e gli effetti sui neonati.

Cosa sono le diossine?

Le diossine e un gruppo collegato di composti chiamati furani sono sottoprodotti non intenzionali di alcuni processi industriali e dell’incenerimento di rifiuti urbani e ospedalieri. La via principale di esposizione per gli esseri umani è l’alimentazione, soprattutto da grassi animali; per i bambini, la principale via di esposizione è il latte materno. Ci sono almeno 75 diossine e 135 furani, che si differenziano a seconda del numero e della posizione di atomi di cloro. Autorità regolatorie e scienziati si sono concentrati su 17 di questi composti, quelli sospetti di avere la massima tossicità (i congeneri con atomi di cloro in posizione 2, 3, 7 e 8). Piuttosto che stimare l’esposizione a singole diossine o furani, è stato stabilito il seguente metodo:2 la concentrazione dei singoli 17 composti è moltiplicata per il loro fattore di equivalenza tossica (TEF), ed i risultati sono sommati per derivare un quoziente tossico equivalente (TEQ). Il TEF di un composto è una stima della potenza relativa di ciascuna diossina e furano rispetto alla più tossica dei congeneri: la 2,3,7,8-tetracloro-p-diossina. Le

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17 diossine e furani sono indicate in questo articolo come “diossine”. Per alcuni studi, alcuni bifenili policlorurati (PCB) per i quali sono stati sviluppati TEF sono inclusi nella determinazione complessiva del TEQ. In poche parole, un valore di TEQ (tipicamente espresso in ng/kg o parti per trilione) dà un’indicazione dell’esposizione complessiva a composti diossina-simili.

Comparazione tra esposizione dei bambini a diossine nel latte materno e TDI dell’OMS

I TDI sono usati come valori di riferimento per confrontare le esposizioni a sostanze chimiche (ad esempio la dose) con livelli accettabili o tollerabili come stabilito dall’OMS o altre agenzie. Un TDI di 1-4 pg di TEQ/kg di peso corporeo per le diossine e i composti diossina-simili è stato stabilito3 ed ampiamente usato per mettere in prospettiva l’esposizione dei bambini alle diossine con l’allattamento al seno (esempi recenti includono le pubblicazioni di Mato ed altri4 e di Polder ed altri5). Il TDI è basato sui livelli più bassi di effetti negativi osservati derivanti da diversi studi di laboratorio con le seguenti risposte: in ratti, diminuzione della conta degli spermatozoi nella prole, soppressione immunitaria nella prole, e aumento delle malformazioni genitali nella prole; nelle scimmie, effetti neuro-comportamentali nella prole ed endometriosi.3

Le concentrazioni di diossina nei lipidi di neonati allattati al seno sono superiori a quelle degli alimentati con latte artificiale, ma queste differenze si riducono nel tempo.6-8 Secondo Renwick e Walker,9 a causa del breve periodo di tempo dell’allattamento al seno e della convergenza dei livelli di diossine nei lipidi in individui allattati al seno e alimentati artificialmente nel corso del tempo, “l’assunzione durante l’allattamento rappresenterebbe un’esposizione insignificante [in eccesso rispetto al TDI] e i benefici dell’allattamento al seno non sarebbero associati ad un aumento del rischio, nonostante la maggiore assunzione.” Di conseguenza il TDI per la diossina, mentre fornisce un’approssimazione dei livelli di assunzione di diossina accettabili, presenta dei difetti per la valutazione dei potenziali rischi per la salute associati con l’allattamento. In particolare, “... le assunzioni giornaliere accettabili, le dosi di riferimento, e i fattori di associazione con il cancro non forniscono strumenti necessariamente utili per la sanità pubblica o decisioni individuali perché questi sono di solito basati sui pericoli di tossicità cronica, che non sono necessariamente adatti all’esposizione de bambino con il latte materno.”10 A nostro avviso, gli studi epidemiologici disponibili forniscono un quadro più chiaro delle potenzialità di effetti nocivi per la salute associati con le diossine nel latte materno. Questi studi sono esaminati nella sezione seguente.

Studi epidemiologici su diossine nel latte materno ed esiti di salute nei bambini

Ci concentriamo su tre coorti di coppie madre-bambino che sono state seguite per valutare i potenziali effetti sulla salute connessi con un’esposizione postatale alle diossine: le coorti di Rotterdam/Groningen e Duisburg, e una piccola coorte che chiameremo di Amsterdam/Zaandam (informazioni da 4 studi provenienti dal Giappone sono incluse se pertinenti). Si farà una breve descrizione delle caratteristiche delle tre coorti (con la Figura 1 che mostra il calendario per gli studi e gli esiti valutati in diverse fasi della vita), seguita da una sinossi dei risultati con particolare attenzione a discutere se i dati confermino o meno una relazione tra l’esposizione post-natale alle diossine attraverso l’allattamento al seno e se questa sia clinicamente rilevante. Una questione generale di interpretazione degli studi di coorte è che spesso non forniscono valori di laboratorio di riferimento; “valori di riferimento affidabili sono importanti per l’interpretazione dei dati di laboratorio, e spetta a ciascun laboratorio verificare che gli intervalli usati siano appropriati per la popolazione di pazienti che servono.”11 In assenza di queste informazioni, ci basiamo su valutazioni degli autori dello studio o, nei casi in cui gli autori non forniscano comparazioni ai range di riferimento, usiamo altri valori di riferimento pubblicati.

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Figura 1. Tempistica ed esiti valutati nelle tre coorti su esposizione perinatale a diossine e salute infantile: coorte di Rotterdam/Groningen (riquadri aperti sopra la linea del tempo), coorte di Amsterdam/Zaandam (riquadri aperti sotto la linea del tempo), e coorte di Duisburg (riquadri ombreggiati sotto la linea del tempo). BMI = indice di massa corporea.

Coorte di Rotterdam/Groningen

Una coorte di 418 coppie madre-bambino è stata reclutata tra il 1990 e il 1992 per partecipare a uno studio prospettico longitudinale per valutare gli effetti sulla salute dell’esposizione sia prenatale che postatale (allattamento al seno) a diossine e PCB. Circa la metà dei bambini sono stati allattati al seno e l’altra metà sono stati alimentati artificialmente (il numero di partecipanti varia negli studi di follow-up). I bambini erano sani e a termine. Campioni di latte materno sono stati raccolti nella seconda settimana post-partum, e 200 campioni sono stati analizzati per diossine e PCB 10 giorni dopo il parto (livello medio di diossina, circa 31 ng di TEQ/kg di lipidi) (il latte è stato anche raccolto 6 settimane e, se possibile, 3 mesi dopo il parto).12

Coorte di Amsterdam/Zaandam

38 donne sono state reclutate ne 1990-91 per partecipare a uno studio di esposizione pre- e post-natale alle diossine (i bambini erano a termine e sani). I campioni di latte materno sono stati raccolti 3 settimane postpartum. I bambini allattati al seno non sono stati confrontati a lattanti alimentati con formula; invece, le coppie madre-bambino con latte materno con TEQ di diossina al di sotto della media del gruppo (8,7-28,0 ng di TEQ/kg di lipidi; media, 18,6 ng TEQ/kg di lipidi) sono stati classificati come “gruppo a bassa esposizione”, e gli altri (29,2-62,7 ng di TEQ/kg di lipidi; media, 37,5 ng TEQ/kg di lipidi) come “gruppo ad alta esposizione”. La durata media dell’allattamento al seno nei gruppi a “bassa” e “alta” esposizione era di 17,3 (± 2.2) e di 18.1 (± 1,9) settimane, rispettivamente.13

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Coorte di Duisburg

232 coppie madre-bambino (neonati sani e a termine) sono state reclutate tra il 2000 e il 2002 per valutare gli effetti sulla salute dell’esposizione prenatale a diossine e PCB (anche l’esposizione post-natale è stata studiata dato che sono state misurate le diossine nel latte materno e la durata dell’allattamento). Il latte materno è stato raccolto nel giro di 3 settimane dopo il parto e i livelli di diossina sono stati di 1,80-34,70 ng di TEQ/kg di lipidi (mediana, 13,10 ng TEQ/kg di lipidi) (con PCB aggiunti al totale, il valore mediano è stato di 26,30 ng TEQ/kg di lipidi).14

Crescita

Coorte di Rotterdam/Groningen. L’esposizione post-natale alle diossine non ha influenzato negativamente il tasso di crescita (peso, altezza e circonferenza del cranio) dei bambini allattati al seno dalla nascita a 42 mesi di età.15

Coorte di Amsterdam/Zaandam. Fino a 6 mesi di età, nessuna differenza è stata osservata tra bambini ad alta e bassa esposizione nel tasso di crescita, nelle dimensioni del fegato, o nel rapporto tra le dimensioni del fegato e il peso corporeo.16 A 2,5 anni di età non sono state riscontrate differenze tra i gruppi di esposizione in termini di storia clinica, esame fisico o crescita.17

Sviluppo neurologico

Coorte di Rotterdam/Groningen. I neonati sono stati valutati in termini di sviluppo neurologico ottimale mediante il test di Prechtl (un esame neurologico che comprende la valutazione dei riflessi e del tono muscolare) tra 10 e 21 giorni postpartum.18 Alle concentrazioni più elevate di diossine nel latte materno, i riflessi e il tono muscolare erano normali, ma c’era una maggiore incidenza di ipotonia (caratterizzata dagli autori come una “disfunzione minore”). In particolare, a causa del “carattere molto minore delle deviazioni”, gli autori non sconsigliano l’allattamento al seno. I bambini sono stati valutati a 3, 7, e 18 mesi di età per lo sviluppo mentale e psicomotorio con le scale di Bayley19 e a 18 mesi per una diagnosi neurologica.20 I bambini allattati al seno hanno ottenuto punteggi significativamente più elevati nell’indice di sviluppo mentale a 7 e 18 mesi e nell’indice di sviluppo psicomotorio a 7 mesi. A 3 e 7 mesi, non è stata trovata nessuna influenza dell’esposizione perinatale a diossine sull’esito mentale. A 7 mesi, i punteggi psicomotori dei neonati allattati al seno non erano significativamente diversi da quelli dei neonati alimentati con latte artificiale. A 18 mesi, non è stata trovata alcuna relazione tra l’esposizione post-natale a diossina e punteggi mentali o psicomotori, ed è stato trovato un “effetto benefico dell’allattamento al seno sulla fluidità dei movimenti”.18 A 42 mesi di età, l’esposizione a diossine con l’allattamento non ha influenzato le capacità cognitive sulla base della batteria di valutazione di Kaufman per le capacità cognitive e di Reynell per lo sviluppo della lingua (comprensione verbale).21

Coorte di Amsterdam/Zaandam. A 1 settimana e a 6 mesi non vi erano differenze significative tra i gruppi ad alta e bassa esposizione per quanto riguarda lo stato neurologico, né vi era un’associazione tra lo sviluppo neurologico e l’assunzione cumulativa di diossina via latte materno.16 Quando i bambini avevano 2 anni, Ilsen ed altri hanno somministrato l’equivalente olandese delle scale di Bayley per valutare lo sviluppo mentale e psicomotorio e, a 31 mesi, l’esame neurologico di Hempel per il bambino più grande.17 Non sono state osservate differenze significative tra i gruppi di esposizione alta e bassa per i punteggi di sviluppo mentale e psicomotorio, e tutti i bambini risultavano normali al test di Hempel. Sono stati trovati Punteggi significativamente più bassi e “subottimali” per cinque prove nel gruppo ad alta esposizione, e i riflessi erano significativamente aumentati nello stesso gruppo. Non c’erano differenze di tono muscolare tra i due gruppi.

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Coorte di Duisburg. L’esposizione alle diossine non ha influenzato lo sviluppo neurologico, motorio o mentale fino a 24 mesi.22 Gli autori concludono che “l’attuale livello di esposizione è sceso a un livello tale che ulteriori effetti negativi dell’esposizione a POP sullo sviluppo mentale e motorio non è più osservabile.”

Tiroide

Coorte di Rotterdam/Groningen. I livelli materni e infantili degli ormoni tiroidei sono stati misurati.23 I neonati sono stati divisi in gruppi di bassa e alta esposizione (sopra e sotto il livello di TEQ medio nei campioni di latte). Il TEQ di diossina nel latte era positivamente correlato in modo significativo con il livello plasmatici nel bambino di ormone tiroide-stimolante (TSH) 2 settimane e 3 mesi dopo il parto, e negativamente correlato con i livelli plasmatici libero e totale di tiroxina (T4) 2 settimane dopo il parto, ma non era chiaro se la correlazione fosse dovuta all’esposizione in utero o con l’allattamento; tutti i livelli della tiroide in tutte le coppie madre-bambino erano comunque compresi nel range di normalità.23

Coorte di Amsterdam/Zaandam. A 1 e 11 settimane postpartum i livelli medi di T4 totale (TT4) e dei rapporti T4/T4 di globulina legante (TBG) erano significativamente più alti nel gruppo ad alta esposizione; a 11 settimane i livelli medi di TSH sono risultati significativamente più alti nel gruppo ad alta esposizione.13 Tuttavia, i livelli di TSH e TT4 nel plasma sembravano essere inclusi nei range di riferimento riportati.11,24-26 Gli autori fanno notare che “il cambiamento del TT4 circolante e la concentrazione di TSH non provano che lo stato funzionale della tiroide sia stato colpito dall’esposizione pre- e post-natale alle diossine.” A 2,5 anni di età non vi erano differenze significative tra i gruppi di esposizione per i livelli plasmatici di TT4, triiodotironina totale (T3), T4 libero o TBG.17 Un follow-up quando i bambini avevano raggiunto 7-12 anni di età non ha mostrato alcuna correlazione tra l’esposizione a diossina con l’allattamento e TSH o T4 libero, ed i livelli ormonali non sono stati considerati clinicamente patologici.27

Altri hanno esaminato la relazione tra diossina nel latte materno e livelli di ormoni tiroidei nel bambino.28,29 Campioni di sangue provenienti da 36 bambini di 1 anno di età sono stati analizzati per livelli sierici di T3, T4, TSH e TBG.28 Una correlazione inversa statisticamente significativa è stata osservata tra i livelli cumulativi stimati di TEQ di diossine attraverso l’allattamento al seno (sulla base di un’analisi del latte materno a 3 mesi dopo il parto [media di TEQ, compresi i PCB, di 27,1 ng/kg di lipidi], della durata nota dell’allattamento al seno, e di una stima del consumo giornaliero di latte materno) e i livelli sierici di T3 e T4, nessuna correlazione è stata osservata per TSH e TBG. I livelli sierici di TSH rientravano generalmente nei range pubblicati di riferimento;11,24,25 i livelli sierici di T4 e T3 erano all’interno o leggermente superiori a quelli di riferimento.30

Matsuura ed altri29 hanno raccolto campioni di sangue da 337 bambini allattati al seno e 53 alimentati con biberon a 1 anno di età per l’analisi degli ormoni tiroidei. Nessuna correlazione è stata trovata tra le diossine nel latte materno (a 30 giorni dopo il parto, livelli medi di diossine e PCB per area geografica di 13,1-29,5 ng TEQ/kg di lipidi) e i livelli di ormoni tiroidei. Non c’era alcuna differenza tra i bambini allattati al seno e con biberon per la funzione della tiroide, con livelli di ormoni tiroidei tutti nel range di normalità e nessuna evidenza di danno della funzione tiroidea.

Ematologia e altri test di laboratorio

Coorte di Amsterdam/Zaandam. A 11 settimane di età, le attività plasmatiche di alanina amino transferasi (ALT) e aspartato amino transferasi (AST) erano significativamente correlate con l’assunzione stimata di diossina, ma non con i livelli misurati di diossine nei grassi del latte.31 Una relazione inversa significativa è stata trovata tra l’assunzione cumulativa di diossina e il numero di

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piastrine. Nessuna relazione è stata osservata tra l’assunzione cumulativa di diossina e attività plasmatica di glutamiltransferasi, colesterolo plasmatico, bilirubina totale e coniugata, o globuli bianchi. Secondo Pluim ed altri,31 “il significato clinico dei nostri risultati non è ancora chiaro, perché le attività plasmatiche di AST e ALT sono nel range di normalità (<54 U/l) in tutti eccetto tre bambini, che avevano un’attività plasmatici di AST e ALT un po’ elevata”. La conta piastrinica è risultata significativamente inversamente associata con la dose cumulativa di diossina post-natale (ma non con il TEQ assoluto di diossina del latte), ed era elevata (circa 80-700 x 109/L) per quasi tutti i bambini (rispetto a una normale conta piastrinica per gli adulti di 140-450 x 109/L).32 Gli autori non potevano spiegare questo risultato. Pluim ed altri31 hanno concluso che i livelli di base di diossina possono avere effetti subclinici sui neonati. A 2,5 anni di età, non vi erano differenze nei parametri epatici in relazione all’esposizione alta e bassa.17 AST e ALT medi erano entro i valori di riferimento per adulti.32 A 8 anni di età, è stata osservata una significativa relazione inversa tra esposizione cumulativa postnatale e conta piastrinica, con conte piastriniche variabili da 248 a 449 x 109/L, mentre la conta piastrinica per nove dei bambini era al di sopra dei tipici valori per gli adulti; gli autori affermano che questo è frequente e non è considerato avere rilevanza clinica.33 C’era una significativa associazione positiva tra l’esposizione cumulativa post-natale e la concentrazione di trombopoietina, ma le concentrazioni di piastrine e trombopoietina erano “normali”. Non c’erano associazioni significative tra l’esposizione post-natale e il numero di globuli rossi o il volume medio di globuli rossi nel sangue. A 7-12 anni di età, non vi era alcuna correlazione tra l’esposizione a diossina con l’allattamento e AST o ALT.27

Sistema immunitario

Coorte di Rotterdam/Groningen. Le analisi immunologiche di riferimento per i linfociti è stata eseguita a 42 mesi di età.34 In aggiunta, la storia di malattie infettive e allergiche è stata determinata mediante questionario e l’immunità umorale è stata determinata dai livelli di anticorpi per parotite, morbillo e rosolia dopo vaccinazione primaria. I TEQ di diossina nel latte erano significativamente correlati con la tosse, la congestione e il catarro (odds ratio 1,06, intervallo di confidenza al 95% 1,00-1,11, p <0,04). Non sono state trovate correlazioni significative tra TEQ di diossina del latte e livelli anticorpali. La conta dei globuli bianchi e le analisi dei marker immunologici dei linfociti erano tutti entro i valori normali e non erano correlati con i TEQ di diossina.

Coorte di Amsterdam/Zaandam. A 8 anni di età, una significativa associazione inversa è stata trovata tra le allergie (ad esempio, allergie alimentari, febbre da fieno, allergia all’acaro della polvere) e l’esposizione post-natale a diossine nel latte materno.33 Nessuna associazione è stata trovata tra l’esposizione perinatale a diossine e l’otite, la polmonite, o la varicella. Gli unici parametri immunologici significativamente associati (associazione positiva) con l’esposizione post-natale è stata con la conta delle cellule CD4 (T-helper) e CD45RA. Poiché le informazioni sui livelli di base di CD4 nei bambini sani è scarsa, e dal momento che i livelli di CD4 sono influenzati dall’ora del giorno in cui si fa il prelievo di sangue, oltre che da stress, infezioni, e il tempo passato dal momento di recenti vaccinazioni,35 il significato clinico di questi risultati non è chiaro. Tuttavia, supponendo che i valori di CD4 siano percentuali (unità non indicate nello studio originale), essi sarebbero vicini al range di riferimento riportato per bambini di 1-2 anni sani che vivono in città.36 Non ci sono informazioni sui range di riferimento per i CD45RA nei bambini.

Altri due studi hanno esplorato alter associazioni tra le diossine nel latte materno e l’immunità infantile.37,38 Campioni di sangue provenienti da 36 bambini di 1 anno di età sono stati analizzati per studiare i livelli sierici di sottogruppi di linfociti.37 I livelli di diossina nel latte materno (media di TEQ compresi i PCB di 27,1 ng/kg di lipidi) erano correlati positivamente ma non in maniera significativa con i livelli di linfociti CD4 e negativamente correlata con quelli di linfocitiCD8 nei bambini. Il rapporto CD4/CD8 è risultato significativamente associato positivamente con l’assunzione totale di diossina; ma il rapporto rientrava in un range di riferimento pubblicato per

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adulti sani (non ci sono risultati simili per i bambini).39 Nagayama ed altri38 hanno riportato un’associazione non significativa tra diossine nel latte materno (media di TEQ 23 ng/kg di lipidi) e CD4/CD8 per 101 bambini di 7-13 mesi di età. I valori riportati si approssimavano ai range di riferimento disponibili per i bambini sani,36 e gli autori notano che il “significato clinico è incerto.”

Sistema respiratorio

Coorte di Amsterdam/Zaandam. Bambini di 7-12 anni sono stati esaminati per valutare gli effetti respiratori (volume espiratorio forzato in 1 secondo [FEV1], capacità vitale forzata [FVC]).40 Il rapporto FEV1/FVC variava da 0,71 a 0,99, con una media di 0,90 (DS 0,06). É stata trovata un’associazione inversa significativa tra esposizione cumulativa postnatale a diossine e FEV1/FVC. Nessuna associazione è stata osservata tra l’esposizione post-natale alle diossine e otite e altre malattie delle vie aeree, tra cui la bronchite. Gli autori riferiscono che i risultati di FEV1/FVC rappresentano una “subottimalità” da lieve a moderata in questo gruppo di bambini. Per il clinico, ci sono due importanti questioni relative a questi risultati, che richiedono una considerazione. In primo luogo, tutti i bambini avevano un rapporto FEV1/FVC superiore a 0,8 (rapporti FEV1/FVC superiori a 0,7 sono considerati normali),41 per cui la rilevanza di questi risultati in un ambiente clinico non è chiara. In secondo luogo, il fumo paterno non è stato considerato come un fattore di confondimento a causa della mancanza di un “legame documentato fra la funzione polmonare dei bambini e l’avere un padre fumatore”; tuttavia, studi recenti (ad esempio, Nuhoglu ed altri42 e Alipour ed altri43) hanno dimostrato significativi effetti negativi del fumo passivo sulla funzione polmonare, compresi FVC, FEV1, e flusso espiratorio forzato.

Studi epidemiologici alla luce dei livelli attuali di diossine nel latte materno

Le coorti di Rotterdam/Groningen e Amsterdam/Zaandam sono state reclutate tra il 1990 e il 1992, un periodo in cui i livelli globali di diossine erano nettamente superiori. La Figura 2 mostra le mediane o medie e i livelli massimi per queste coorti rispetto ai dati internazionali sulle diossine nel latte materno del periodo 1998-2005.44 È improbabile che i livelli osservati negli studi olandesi si ritrovino attualmente. Per cui è possibile che gli effetti subclinici e le associazioni tra esposizione postnatale a diossina e gli effetti subclinici osservati in quelle coorti non si sarebbero trovati nei bambini di oggi. Ad esempio, Ten Tusscher ed altri40 hanno riportato un’associazione inversa tra esposizione postnatale cumulativa a diossine e FEV1/FVC. Assumendo una concentrazione attuale di diossina nel latte materno di circa 11 ng di TEQ/L di grassi del latte,44 un anno di allattamento al seno e un apporto giornaliero di 800 ml di latte, l’esposizione post-natale cumulativa a diossina tramite l’allattamento al seno sarebbe di 82 ng. Diciassette bambini nella coorte avevano avuto esposizioni pari o inferiori a questo valore; per questi 17 bambini, la cui esposizione può essere usata per rappresentare i tipici livelli attuali di diossina nel latte materno, l’associazione inversa tra esposizione cumulativa postnatale alla diossina e FEV1/FVC non si sarebbe osservata.

I livelli di diossina nel latte materno osservati nella coorte di Duisburg (1,80-34,70 ng di TEQ/kg di lipidi; mediana di 13,10 ng TEQ/kg)14 rispecchiano più da vicino i dati internazionali recenti (Figura 2),44 per cui le conclusioni tratte da questa coorte sono più rilevanti per le donne con l’esposizione di oggi (per esempio, nessuna associazione osservata tra le diossine nel latte materno e la funzione tiroidea o lo sviluppo neurologico dei bambini).

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Figura 2. Livelli di diossina nel latte materno nelle coorti di Rotterdam/Groningen (R/G) (media e massimo), Amsterdam/Zaandam (A/Z) (mediana e massimo) (dati raccolti tra il 1990 e il 1992), e Duisburg (mediane e massimo, dati raccolti dal 2000 al 2002), comparati ai livelli internazionali di diossine nel latte materno dal 1998 al 2005. (ppt, parti per trilione) Da LaKind44

Discussione e conclusioni

Nell’esaminare i dati epidemiologici confrontando le dosi di diossine tollerabili nei bambini secondo l’OMS, è stato problematico dimostrare effetti negativi sulla salute nei bambini allattati al seno esposti a diossina dal latte materno. Gli effetti riportati sono stati o lievi e/o di natura transitoria, e sono stati associati a livelli di esposizione oggi improbabili. Ovviamente, se un numero sufficiente di esiti finali sono inclusi in uno studio, è statisticamente probabile che si osservi un’associazione tra i livelli di una sostanza chimica e un esito. La domanda che deve essere allora posta è: qual è la rilevanza dell’osservazione? È il caso, ad esempio, delle associazioni inverse statisticamente significative riportate tra i livelli di diossine nel latte materno e livelli di ormoni tiroidei nei bambini; in tutti i casi, questi livelli tendevano ad essere all’interno di un range di normalità. Allo stesso modo, mentre i risultati sono spesso espressi in un linguaggio del tipo “effetti perinatali”, i lievi effetti neurologici riportati negli studi epidemiologici erano più spesso correlati ad un’esposizione prenatale, piuttosto che con l’allattamento al seno, ed è spesso difficile distinguere le osservazioni con questi due periodi di esposizione. Mentre da un punto di vista normativo può essere importante continuare a concentrarsi su questi risultati, dal punto di vista di un operatore sanitario che cerca di rispondere alle domande dei pazienti per quanto riguarda la sicurezza dell’allattamento al seno, i risultati indicano che si possono dare rassicurazioni per quanto riguarda i benefici dell’allattamento al seno, nonostante la presenza di agenti chimici ambientali nel latte. Noi non cerchiamo di sminuire l’importanza di esplorare esiti di salute molteplici e assortiti, ma vogliamo piuttosto sottolineare l’importanza di distinguere tra i risultati statisticamente significativi e quelli clinicamente rilevanti. Questa dicotomia nell’interpretazione delle informazioni essenziali dagli studi disponibili per gli operatori sanitari e per le autorità di regolamentazione e la comunità scientifica è illustrata in Figura 3.

Idealmente, i medici e gli altri operatori sarebbero contenti se si potesse affermare in modo definitivo che l’allattamento al seno è associato ad un vantaggio specifico e che ad una concentrazione nota di qualsiasi sostanza chimica ambientale è stato osservato un decremento misurabile di quel vantaggio. Ma i dati a disposizione sono insufficienti per questo tipo di analisi. Gli unici studi che potrebbero essere usati in questo modo si riferiscono ad un piccolo numero di avvelenamenti; tuttavia, questi sono stati associati ad effetti molto evidenti e tendono ad essere complicati dalla presenza di miscele di sostanze chimiche ambientali. Questi tipi di esposizioni non sono comuni e quindi non sono rilevanti per la maggior parte dei clinici.

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Figura 3. Dicotomia nell’interpretazione di informazioni essenziali dagli studi disponibili per gli operatori sanitari e le autorità regolatorie e la comunità scientifica. Adattato da Lakind.44

Sebbene il focus di questo articolo fosse su informazioni specifiche per i livelli di base di diossine nel latte materno, analoghe conclusioni si possono trarre per quanto riguarda altri prodotti chimici ambientali nel latte e la sicurezza dell’allattamento al seno (ad esempio, PCB45 e DDT46). Queste conclusioni sono ancora più interessante dato che i livelli di fondo di sostanze chimiche quail le diossine e i PCB nel latte materno sono più bassi oggi di quanto erano al momento di due degli studi epidemiologici qui recensiti (e forse anche di quelli della coorte di Duisburg). In effetti, i dati globali sulle diossine nel latte umano dal 1975 al 2005 suggeriscono un continuo declino dei livelli di diossine in oltre 30 anni (Figura 4).44 È improbabile che avremo, in tempi brevi, studi approfonditi sulle centinaia di altre sostanze chimiche che possono essere misurate nel latte materno.

Figura 4. Concentrazioni di diossine (polychlorinated dibenzop-dioxins/dibenzo-p-furans [PCDD/F] WHO-TEQs, parti per trilione [ppt], sui lipidi) nel latte materno dal 1975 al 2005. I dati rappresentati da cerchi sono stati compilati da LaKind ed altri.47 I dati rappresentano aree sia con livelli di fondo di diossine sia con fonti puntiformi di diossine. Ripreso da LaKind.44

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Si è concluso in generale, sulla base di un’analisi qualitativa, che i benefici noti per il neonato al seno superano i rischi potenziali associate con i livelli di fondo di sostanze chimiche ambientali nel latte materno.48-50 Nel rivedere gli studi sull’allattamento al seno e l’alimentazione con formula, l’American Academy of Pediatrics51 ha preso atto dei benefici dell’allattamento al seno; anche se non specificamente sulla base di studi su sostanze chimiche ambientali nel latte materno, gli studi inclusi nella revisione riguardavano donne che certamente avevano livelli misurabili di queste sostanze chimiche nel loro latte. Una revisione più recente della letteratura sull’allattamento al seno nei paesi sviluppati ha concluso che "... una storia di allattamento al seno era associata ad una riduzione del rischio di otite media acuta, gastroenterite, gravi infezioni delle basse vie respiratorie, dermatite atopica, asma (in bambini piccoli), obesità, diabete di tipo 1 e 2, leucemia infantile, sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS) e enterocolite necrotizzante. Non c’era alcuna relazione tra allattamento al seno nei neonati a termine e sviluppo cognitivo.52 Inoltre, l’OMS ha concluso quanto segue sui rischi derivanti da diossine nel latte materno:3 “I neonati allattati al seno sono esposti a maggiori assunzioni di questi composti in relazione al peso corporeo, anche se per una piccola parte della loro vita. Tuttavia, il gruppo di consulenti ha osservato che negli studi sui neonati l’allattamento è associato ad effetti benefici nonostante la presenza di contaminanti. Gli effetti negative lievi osservati in alcuni studi sono stati associati ad esposizione transplacentare anziché con l’allattamento. Il gruppo di consulenti ha quindi ribadito le conclusioni di precedenti incontri sul significato per la salute della contaminazione del latte materno con composti diossina-simili, e cioè che l’evidenza attuale non comporta un’alterazione delle raccomandazioni OMS che promuovono e sostengono l’allattamento al seno.”

A nostro parere, il punto essenziale per gli operatori sanitari e i genitori rispetto all’allattamento al seno e ai contaminanti chimi ambientali è il seguente: gli studi che comparano i bambini allattati al seno e quelli alimentati con formula nel tempo, inclusi periodi in cui i livelli di contaminazione ambientale con diossine erano elevati, hanno mostrato effetti benefici associati con l’allattamento al seno.

Ringraziamenti

Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano quelle degli autori e non necessariamente quelle del National Institute of Child Health and Human Development, National Institutes of Health, o dell’American Chemistry Council. Daniel Q. Naiman, Ph.D., Department of Applied Mathematics and Statistics, The Johns Hopkins University, Baltimore, MD, ha fornito analisi statistiche sui dati di funzione polmonare.

Dichiarazione di conflitti d’interesse

J.S.L. è consulente per il governo e l’industria e ha ricevuto sostegno dall’American Chemistry Council per questa revisione. Nessun conflitto d’interesse finanziario per C.M.B., Jr. o D.R.M. Dr. Naiman è il marito del Dr. LaKind ma non ha ricevuto sostegno diretto da nessuno sponsor. Lo sponsor non è stato coinvolto nel disegno, raccolta di dati, gestione, analisi o interpretazione dei dati o nella preparazione, revisione o approvazione del manoscritto.

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Per richiedere l’articolo:Donald R. Mattison, M.D., CAPTObstetric and Pediatric Pharmacology BranchEunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health andHuman DevelopmentNational Institutes of HealthU.S. Department of Health and Human Services6100 Executive Boulevard, Room 4A01, MSC 7510Bethesda, MD 20892-7510E-mail: [email protected]