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Teoria nomiosica della mente e monismo duale non riduzionista Mariano L. Bianca Il Pensare – Rivista di Filosofia ISSN 2280-8566 www.ilpensare.it Anno II, n. 2, 2013 11 Teoria nomiosica della mente e monismo duale non riduzionista Mariano L. Bianca Nomiosic Theory of Mind and Non-Reductionist Dual Monism Abstract This paper presents some aspects of the nomiosic theory of mind, which adopts a dual anti- reductionist monism. According to this theory the mind is considered as a specific part of the brain’s processes that is formed by mental configurations, which are different from cerebral configurations. Mental configurations cannot be explained by neurophysiological processes alone. The main charac- teristic of the mind is to generate meaning, and so the mind is at the same time inside the brain that formulated it and in any other mind that receives these meanings. Keywords: Mind; Dual Monism; Mental Configurations; Meanings. *** In questo articolo presento alcuni aspetti di quella che chiamo teoria nomiosica della mente che si fonda su un monismo duale non riduzionista. Secondo questa teoria la mente fa parte del cervello ma, allo stesso tempo, non è riducibile ai suoi processi cerebrali; la sua specificità di generare significati fa sì che ogni mente si trovi al contempo entro il cervello che l’ha generata e in ogni altra mente che ha ri- cevuto tali significati. Il monismo duale non riduzionista si fonda sui seguenti asserti: a) non esistono due tipi di entità materiali (mente/cervello) ma una sola entità materiale: il cervello (in modo completo il SNC) b) nel SNC vi sono solo enti materiali, come neuroni, assoni, glia, reti neurali ecc., e in esso avvengono processi di diverso tipo e modalità che sono tutti neurofisiolo- gici

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Teoria nomiosica della mente e monismo duale non riduzionista Mariano L. Bianca

Il Pensare – Rivista di Filosofia ♦ ISSN 2280-8566 ♦ www.ilpensare.it ♦ Anno II, n. 2, 2013

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Teoria nomiosica della mente e monismo duale non riduzionista Mariano L. Bianca

Nomiosic Theory of Mind and Non-Reductionist Dual Monism Abstract This paper presents some aspects of the nomiosic theory of mind, which adopts a dual anti-reductionist monism. According to this theory the mind is considered as a specific part of the brain’s processes that is formed by mental configurations, which are different from cerebral configurations. Mental configurations cannot be explained by neurophysiological processes alone. The main charac-teristic of the mind is to generate meaning, and so the mind is at the same time inside the brain that formulated it and in any other mind that receives these meanings. Keywords: Mind; Dual Monism; Mental Configurations; Meanings. ***

In questo articolo presento alcuni aspetti di quella che chiamo teoria nomiosica della mente che si fonda su un monismo duale non riduzionista. Secondo questa teoria la mente fa parte del cervello ma, allo stesso tempo, non è riducibile ai suoi processi cerebrali; la sua specificità di generare significati fa sì che ogni mente si trovi al contempo entro il cervello che l’ha generata e in ogni altra mente che ha ri-cevuto tali significati.

Il monismo duale non riduzionista si fonda sui seguenti asserti: a) non esistono due tipi di entità materiali (mente/cervello) ma una sola entità

materiale: il cervello (in modo completo il SNC) b) nel SNC vi sono solo enti materiali, come neuroni, assoni, glia, reti neurali ecc.,

e in esso avvengono processi di diverso tipo e modalità che sono tutti neurofisiolo-gici

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c) il tessuto, le strutture e i processi cerebrali si organizzano nel corso della dina-mica cerebrale in modi diversi che generano risultati differenti

d) il coinvolgimento di aree diverse dell’encefalo, e in particolare della neocortec-cia, genera processi e risultati differenti tra loro

e) i processi cerebrali permettono la formulazione di quelle attività cerebrali che si denominano mentali

f) i processi cerebrali/mentali (o mentali) sono processi che elaborano informa-zione nomiosica/semiosica, informazione che veicola significati e che può essere espressa con un sistema di segni

g) la struttura e i processi cerebrali sono determinati da: 1) il codice genetico in-dividuale e specie specifico che genera il SNC e che influenza in modi diversi le mo-dalità in cui si svolgono i processi mentali, 2) la costituzione, la dinamica e la storia interna di ogni encefalo e della relativa mente, 3) le molteplici connessioni tra le di-verse parti dell’encefalo, 4) le relazioni tra il SNC, la corporeità, il mondo fenome-nico e l’ambiente socio-culturale attraverso i processi intermentali (tra due o più menti).

Sulla base di questi asserti si possono esaminare le differenze tra mente e cervello e la specificità dei processi mentali e quindi della mente.

Mente e cervello: configurazioni cerebrali e configurazioni mentali Ogni uomo ritiene di possedere una mente che è distinta da qualsiasi altra parte

del suo corpo e del suo Sé e gli permette di svolgere numerose attività mentali come pensare, usare il linguaggio, immaginare, ragionare, provare emozioni, possedere affetti, ecc.

La mente è il risultato della conformazione neuroevolutiva del SNC ed è collocata al suo interno, ma il SNC non svolge solo le attività mentali, bensì molte altre che ri-guardano il corpo e le funzioni vitali permettendo a ogni uomo di restare in vita.

Le attività mentali, che sono il risultato dei processi della neocorteccia e di altre strutture neuronali, possono essere distinte in due tipi: cognitive e non cognitive.

Le attività mentali di tipo cognitivo si riferiscono a: percezione, linguaggio, at-tenzione, intelligenza, formazione dei concetti, memoria, risoluzione di problemi, formulazione di decisioni; quelle non cognitive, invece, riguardano stati d’animo, umori, gusti, affetti, sentimenti, passioni ed emozioni; una dimensione mentale che indichiamo con le espressioni dimensione patica (il termine patico deriva dal verbo

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greco πάσχω) o dimensione emoaffettiva. Questa distinzione tra cognitivo e non co-gnitivo, sebbene accettabile perché la mente elabora anche separatamente informa-zioni differenti (cognitive e non cognitive), spesso nel lavoro della mente queste di-verse informazioni s’intrecciano e sono coinvolte contemporaneamente con gradi diversi a seconda dei processi mentali e delle condizioni psicologiche ed esistenziali in cui si attivano.

Sebbene sia possibile distinguere tra loro le diverse attività mentali con i loro correlati neurofisiologici e differenziare quelle cognitive da quelle patiche, la mente non opera, o non opera sempre, in modo compartimentale (solo diverse aree e pro-cessi), ma in ogni processo sono coinvolte diverse aree corticali oltre quelle specifi-che a trattare un determinato compito. Dimensione cognitiva e dimensione patica sono spesso interrelate e ciò può avvenire con diverse gradazioni, per cui l’una e l’altra possono avere un peso diverso in specifici processi mentali; per esempio, nel-la risoluzione di un compito logico possono avere un peso minore i fattori patici, mentre questi possono averne uno rilevante quando si attiva un processo decisio-nale: non di rado, le decisioni sono determinate da fattori patici e non cognitivi, spe-cie se riguardano aspetti della propria esistenza.

Le attività mentali, come quelle cerebrali che regolano la funzionalità organica, sono il risultato di diversi processi neurofisiologici che coinvolgono differenti parti del SNC e in particolare dell’encefalo, per cui in esso vi sono attività mentali e atti-vità non mentali: ogni attività mentale è un’attività cerebrale, ma non tutte le atti-vità cerebrali sono mentali. Perciò, è necessario precisare quali siano quei processi cerebrali che generano la mente ponendo una distinzione tra diversi processi e aree cerebrali coinvolte: una distinzione tra configurazioni/processi cerebrali e configu-razioni/processi mentali; da qui, la distinzione tra cervello e mente, o meglio, tra quella parte del cervello che non genera la mente e quella invece che processa un ti-po di informazione che caratterizza le attività mentali.

Le configurazioni cerebrali sono strutture neurofisiologiche che contengono in-formazione, neurochimicamente codificata, e sono il risultato di articolati processi neurofisiologici che operano all’interno del SNC e, più ampiamente, entro il corpo (incluso il Sistema Nervoso Periferico, SNP) in cui esso è collocato; esse, si formano in un dato istante, possono essere preservate in memoria, sono connesse tra loro e s’influenzano reciprocamente.

Ogni processo cerebrale genera una configurazione che può essere considerata come uno stato, semplice o molto complesso, del SNC che in teoria può essere ‘os-

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servato’ da un soggetto esterno, così come si osservano gli enti del mondo: per esempio, attraverso specifiche strumentazioni scientifiche come la fMRI o la PET o altre più complesse che potranno essere progettate nel futuro.

In quest’ampio insieme di configurazioni cerebrali, che sono il risultato di tutti i processi che si svolgono entro il SNC, vi sono quelle configurazioni denominate mentali che derivano da processi che si attivano coinvolgendo diverse aree della neocorteccia ed elaborando informazione (significativa) la quale genera la mente e i suoi diversi contenuti; la mente, è parte del SNC ed è formata da processi cere-brali che coinvolgono la neocorteccia: per questo, la mente si forma solo e perché nel SNC di Homo è presente la neocorteccia.

I processi cerebrali non-mentali e le configurazioni generate riguardano la fun-zionalità dell’intero organismo e dei suoi organi incluso il controllo delle emozioni primarie e coinvolgono diverse strutture cerebrali quali il tronco encefalo (dience-falo, mesencefalo, ponte e bulbo), il paleoencefalo nonché diverse connessioni tra SNC e SNP; questi processi non attivano, o non attivano direttamente, le aree della corteccia, anche se possono influenzare i processi corticali (mentali) (influenza del cervello sulla mente).

I processi/configurazioni cerebrali-mentali, invece, generano tutte le attività ce-rebrali che si denominano mentali, cognitive e non cognitive (o emoaffettive): pen-siero, linguaggio, attenzione, intelligenza, formazione dei concetti, memoria, risolu-zione di problemi, formulazione di decisioni, stati d’animo, umori, affetti, senti-menti ed emozioni (escluse quelle primarie).

Le configurazioni e i processi mentali, che insieme costituiscono la mente, pos-siedono i seguenti caratteri:

1) contengono e trasferiscono informazione neurochimica coinvolgendo diverse zone cerebrali e in particolare le aree della neocorteccia

2) possiedono ampie ramificazioni neurali, incluse quelle attivate dalle cellule piramidali (neuroni corticali con ampie ramificazioni) e della glia, in diverse parti dell’encefalo e in particolare della neocorteccia

3) attivano contemporaneamente diverse aree della neocorteccia e della subcor-teccia

4) si diramano (per via efferente) in diverse aree cerebrali non corticali 5) ricevono informazione retroattiva dalle aree corticali e non corticali cui è sta-

ta inviata informazione durante il processo di formazione delle configurazioni

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6) i processi terminano con l’attivazione di diversi tipi di cellule della glia e di specifiche aree corticali, in particolare, ma non solo, quelle frontali e temporali

7) l’elaborazione delle aree corticali può generare l’attivazione di processi che coinvolgono direttamente il corpo e anche le sue funzioni (influenza della mente sul corpo).

La mente, quindi, è soprattutto, ma non solo, il risultato delle attività della neo-

corteccia che è stata generata dalla neuroevoluzione di Homo; questa corteccia, di-versamente da quella di altri esseri viventi incluse le scimmie antropomorfe, ha una struttura neuroanatomica e neurofisiologica che permette di compiere quei processi encefalici che sono tipici dell’uomo, come le attività cognitive quali quelle intellet-tive, logiche, razionali e quelle denominate patiche.

I processi mentali si caratterizzano soprattutto perché elaborano informazione significativa, chiamata nomiosica, e generano quella che denominiamo nomiosi (mentale). La mente è formata da processi che elaborano e preservano informazioni nomiosiche e da correlazioni nomiosiche tra le configurazioni che risultano da que-sti processi (configurazioni nosemiche): le configurazioni mentali considerate dal punto di vista della natura delle loro informazioni e della modalità di formularle.

All’interno del sistema mente/cervello il processo informazionale elabora due tipi di informazione: a) a-nomiosica e b) nomiosica; la prima è quella che è elaborata in tutti i processi che riguardano il corpo e la vita organica; essa è elaborata in diverse parti del SNC (nonché di quello periferico) e non attiva direttamente le aree corti-cali, in particolare quelle frontali e temporali; si pensi, per esempio, ai processi dell’ippocampo che regolano il controllo di alcune funzioni vitali.

La seconda, invece, quella nomiosica è elaborata dalle aree della neocorteccia ed è un’informazione che genera e veicola significati; essa è intrinseca a quei processi e configurazioni che sono denominati nomiosici.

Al fine di superare una concezione fondata su una incommensurabilità tra pro-cessi a-nomiosici e nomiosici (non mentali e mentali), una forte dicotomia tra mente e corpo, e in particolare anche tra mente e cervello, si deve rilevare che non di rado i processi a-nomiosici (non mentali) possono influire in diverso modo su quelli no-miosici; tuttavia, ciò non significa che tali processi generano nomiosi, bensì che le loro informazioni possono far sì che si generino specifiche nomiosi differenti da quelle in cui non è presente ed elaborata informazione a-nomiosica; i processi a-nomiosici possono modulare il processo di formazione delle nomiosi (questa condi-

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zione è riferibile anche alle relazioni tra paleo e neo encefalo). L’incommensurabilità tra i due tipi di processi è spesso presente in specifiche dinamiche mentali ma, al contempo, la commensurabilità non è solo teoricamente possibile, bensì spesso si realizza ed è così che processi neurali relativi a funzioni organiche possono influen-zare l’andamento di quelli nomiosici (o mentali).

La mente non è riducile al cervello e ai suoi processi perché sebbene sia sempre il cervello a elaborare informazione, la mente genera nomiosi o significati che si formano non solo su informazioni presenti in essa, ma anche in base a relazioni con l’ambiente socio-culturale (nonché anche con quello naturale) per cui le informa-zioni che elabora e preserva sono il risultato anche di queste relazioni; la mente è il risultato di un intreccio tra come è costituita e dai suoi contenuti e dalle influenze delle relazioni con il mondo (naturale e socio-culturale) e in particolare quelle in-termentali e quindi interpersonali.

Ogni nomiosi può essere generata in due modi: mentale e intermentale; nel pri-mo caso, si tratta di processi autonomi rispetto a relazioni intermentali; nel se-condo, invece, la nomiosi è il risultato di dirette e attuali relazioni con il mondo, e in particolare con gli altri uomini, e quindi di processi intermentali: un processo in-termentale è quello che coinvolge due o più menti e ciò accade solo nel caso in cui le configurazioni mentali sono trasposte in un qualsiasi sistema di segni come quelli del linguaggio alfabetico e proposizionale o ancora quelli corporei e figurativi; in tal caso, le nomiosi sono formulate in modalità semiosica (nella forma di segni espli-citi) che può essere trasmessa da una mente a un’altra; perciò, la nomiosi è incorpo-rata nelle configurazioni mentali delle menti che sono coinvolte.

Il termine nomiosico è usato per caratterizzare i contenuti-informativi mentali portatori di nomiosi (significato) e così differenziarli da tutte le altre informazioni e processi presenti nell’encefalo. Si usa il termine nomiosi per riferirsi, come accade nelle teorie e filosofie del linguaggio, all’ambito della significazione, in altri termini, ai significati che sono assegnati non solo ai segni linguistici, bensì anche agli enti del mondo.

Il termine nomiosico si applica alle configurazioni mentali considerate dal punto di vista della loro significazione: la nomiosi è il processo di significazione intrinseco alla formazione di ogni configurazione mentale: ogni configurazione mentale è il risultato di processi nomiosici ed è denominata nosema. Il termine nomiosi, come i suoi correlati nosema e nosemico (riferito ai nosemi), ha una duplice radice: quella del termine greco nous (nous) e del verbo greco semaino (sηmaino); tale deriva-

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zione sottolinea che la significazione non è riferita al linguaggio in cui si esprime la mente, ma ai processi mentali prescindendo anche dalla loro modalità semiosica, cioè dall’uso di un sistema di segni, incluso il linguaggio alfabetico.

Il termine nomiosico, riferito a particolari tipi di informazione presente nel SNC, sta a indicare che le configurazioni cerebrali che denominiamo mentali, che coinvol-gono la neocorteccia, non solo contengono e veicolano informazioni ma informa-zioni di natura nomiosica, in altri termini, informazioni significative che le diffe-renziano dalle altre informazioni che sono elaborate da differenti processi cerebrali (per esempio, quelli che controllano le emozioni primarie o quelli che regolano il funzionamento del corpo e dei suoi organi). Anche le informazioni nomiosiche sono codificate neurochimicamente, se si osservano da un punto di vista biologico, ma non sono riducibili all’informazione neurochimica. Si pensi, per esempio, da un lato, all’informazione neurochimica che è elaborata al fine di controllare i muscoli delle gambe durante una corsa e i relativi processi neurochimici; e, dall’altro, all’informazione neurochimica che è elaborata per risolvere un’equazione differen-ziale, per immaginare che cosa si farà domani, per prendere una decisione relativa alla propria vita o ancora per formulare un’ipotesi sullo stato ontico della mente.

Perciò, l’informazione neurochimica mentale è diversa da quella di altri processi cerebrali perché essa genera risultati nomiosici che sono stati denominati nosemi.

I processi nomiosici (nomiosi)o significativi I processi che sono chiamati mentali, com’è già stato rilevato, sono il risultato

della conformazione della struttura e della funzionalità cerebrale e in particolare corticale: esse permettono che l’informazione, formata ed elaborata da diversi pro-cessi in alcune zone corticali (o l’informazione che raggiunge la neocorteccia, come nel caso della percezione), possa diffondersi in molte aree, anche subcorticali o non corticali; i risultati di questa diffusione informativa contengono informazione pre-levata o elaborata, in modo parallelo e correlato, in diverse aree corticali; il caso più evidente è quello dei processi percettivi in cui una configurazione percettiva (la per-cezione di un singolo oggetto fenomenico) risulta dall’elaborazione contemporanea o appena differita di informazioni presenti in diverse aree corticali; la semplice per-cezione visiva di una mela contiene l’informazione elaborata dalle vie visive precor-ticali, dalle aree corticali della visione, nonché quella attivata e presente in altre aree come quelle associative-cognitive: la percezione non è di un oggetto fenomenico,

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bensì di una mela e questo ‘significato-mela’ è null’altro che informazione presente e attivata nelle aree cognitive una volta che l’informazione sensoriale, dopo aver rag-giunto le aree visive, è diffusa tramite connessioni sinaptiche in quelle cognitive (aree frontali e fronto-temporali), in cui si trova l’informazione relativa al concetto di mela (una generalizzazione induttiva); l’oggetto fenomenico non è riconosciuto solo nei suoi caratteri figurali-visivi, bensì anche in quelli cognitivi (‘è una mela’) as-segnati a esso non da informazioni derivate dall’attività sensoriale e delle aree vi-sive, ma da informazione presente in altre aree corticali; a questa informazione se ne possono aggiungere altre come quelle relative alla mela come ‘simbolo’, quelle patiche (emoaffettive) e in generale quelle emotiche o proprie di un soggetto percet-tivo, riferite, per esempio, a significati esperienziali di mela in diverse condizioni (‘una mela mangiata sul mare in compagnia del proprio partner’) a giudizi (‘fa bene mangiare mele’) o ancora ad aspetti di preferenza (‘mi piacciono le mele’) o emozio-nali. Ogni percezione è una configurazione mentale e la sua significatività consiste in questo assemblamento informativo derivato da processi di diffusione corticale dell’informazione e dall’elaborazione compositiva: nel caso presentato, si tratta di un modello visivo di ‘mela’ e del concetto di mela con altri connotati emotici e patici; l’intera configurazione percettiva (o percezione) contiene tali informazioni che la rendono una configurazione nomiosica o, se si vuole, significativa che, trattandosi di percezione, possiede anche una significatività semantica in quanto il suo riferi-mento è un ente nel mondo (il significato estensivo o denotativo).

Questo complesso processo relativo alla percezione indica il modo in cui si strut-tura una configurazione mentale e permette anche di chiarire come si può intendere la significatività delle configurazioni mentali (chiamate nosemi), cioè il fatto di es-sere nomiosi o risultati di processi nomiosici, come quello indicato della percezione visiva di una mela; quanto affermato sulla nomiosi percettiva si applica, seppur in modo diverso, anche alla nomiosi non percettiva, cioè, a tutti i processi mentali che non elaborano informazione percettiva; in essi la loro significazione è il risultato della composizione di informazione presente in diverse zone cerebrali incluse le aree neocorticali.

In quale modo è possibile definire la nomiosi? In analogia con il processo di se-miosi la nomiosi è quel processo cerebrale composizionale che coinvolgendo di-verse aree corticali e non corticali genera configurazioni con significatività, che sono denominate nosemi. Questo processo può essere indicato nel modo seguente.

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L’elaborazione dell’informazione, percettiva o non percettiva, si svolge in una data ‘zona’ della corteccia e, al contempo, è diffusa in diverse zone della stessa area corticale, in altre corticali e non corticali acquisendo o attivando ulteriore infor-mazione che si ‘compone’ con quella iniziale generando una configurazione compo-sizionale significativa.

Le configurazioni mentali sono configurazioni nomiosiche o significative e anche i processi che le formano e le elaborano sono di questa natura e sono regolati non da legami neurochimici, bensì da correlazioni nomiosiche come quella, per esempio, che correla la nozione di ontologia relativa agli enti dell’esperienza ordinaria con ta-le nozione riferita alla mente; o ancora, la correlazione tra l’idea di fare un viaggio e le motivazioni che spingono a farlo e ogni altra configurazione che deriva da questa correlazione significativa.

Se i processi mentali si svolgono sulla base di correlazioni significative, allora non possono essere descritti e spiegati da leggi neurofisiologiche, ma da correlazioni nomiosiche o significative che connettono i diversi contenuti mentali sulla base di determinate relazioni; sono queste correlazioni che determinano i processi neurofi-siologici mentali e non viceversa: è la mente che in questo caso controlla e guida i processi neurofisiologici e determina la loro dinamica. Da qui il primato delle rela-zioni nomiosiche sui processi neurofisiologici; sebbene sia vero che in molti casi è il cervello che dice alla mente cosa fare, è altrettanto vero che in molti altri è la mente che dice al cervello come deve operare; la mente considerata come insieme di pro-cessi, configurazioni e correlazioni nomiosiche che, è utile rilevarlo per evitare frain-tendimenti, sono neurofisiologici e coinvolgono la neocorteccia.

La mente è formata da configurazioni nomiosiche (significative) e da correla-zioni tra di esse; correlazioni che in molti casi si presentano come correlazioni se-miosiche in quanto sono coinvolte le aree del linguaggio; le nomiosi si presentano nella forma di semiosi, o meglio, si tratta di nomiosi in modalità semiosica; per cui i nosemi si presentano nella forma di sememi/lessemi; in altri termini, le nomiosi si esprimono in forma segnico/simbolica come accade quando si esprime il proprio pensiero con determinate proposizioni o con altri segni quali quelli figurativi (dise-gni, schizzi, ecc.).

I processi nomiosici sono quelli che guidano tutti i processi neurofisiologici mentali; i legami nomiosici fanno sì che si generino alcuni processi neurofisiologici e non altri, per questo la mente guida il cervello: in altri termini, quella parte del cervello che denominiamo mente opera sui processi neurofisiologici per ottenere de-

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terminati risultati. Ci si può riferire a una qualsiasi attività noetica come un ra-gionamento in cui la generazione di una nuova configurazione da una precedente è determinata dai legami tra la seconda e la prima e i processi neurofisiologici che se-guono, o che portano dall’una all’altra, sono il risultato di tali legami. Se, per esem-pio, la dinamica mentale riguarda una riflessione sul comportamento di una data persona, si attiveranno informazioni, considerazioni e giudizi relativi a essa e non altre. La mente guiderà il processo e ciò è determinato anche dai fini che si inten-dono raggiugere con tale riflessione e anch’essi sono specifiche informazioni mentali che co-operano per generare alcune configurazioni e innescare legami con altre.

A questo punto è fondamentale chiarire la nozione di significatività mentale. La significatività mentale L’informazione nomiosica è il risultato di processi nomiosici (o nomiosi) che con-

sistono nella co-elaborazione di diversa informazione presente in differenti aree corticali o subcorticali; tale co-elaborazione può essere diversificata a seconda dei processi che si attuano.

L’informazione nomiosica in quale modo si diversifica da altra informazione che circola nell’encefalo? Da un punto di vista strettamente informazionale, non si rileva alcuna diversità, mentre essa risiede nella quantità dell’informazione elaborata, nella composizionalità elaborativa e nelle aree cerebrali coinvolte: informazione proveniente da diverse zone encefaliche e aree corticali; in termini diversi, è la com-posizionalità informazionale che fa sì che l’informazione si presenti come nomio-sica. Una mancata co-elaborazione non genera processi nomiosici; si pensi, per esempio, ai casi in cui danni cerebrali non permettono che le informazioni percet-tive siano co-elaborate con differenti informazioni: quelle delle aree corticali specia-lizzate e quelle delle aree associative e cognitive; in questa condizione, come accade in alcuni soggetti affetti dall’Alzheimer, i dati dello stimolo sono elaborati, ma la lo-ro mancata trasmissione in aree cognitive (o la loro non funzionalità) non permette il riconoscimento cognitivo dello stimolo: il soggetto può anche essere in grado di af-ferrare un oggetto in quanto le informazioni hanno raggiunto le aree senso motorie, ma può non riconoscere cognitivamente che cosa stia afferrando.

La significatività dei processi mentali, o nomiosi, è il risultato di queste molte-plici co-elaborazioni ed è la loro convergenza generativa che costituisce il signifi-cato delle configurazioni nomiosiche o mentali. Il significato di un nosema è il ri-

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sultato dell’attivazione di differente informazione che è co-elaborata. Il significato non è un’informazione specifica o in più che si aggiunge a un processo o a una confi-gurazione mentale, ma è il risultato di una o più co-elaborazioni composite; il signi-ficato è questa co-elaborazione corticale composita. La significatività, quindi, è ine-rente alle configurazioni; in altri termini, è la modalità in cui esse si sono formate in modo co-elaborato e non è qualcosa che si aggiunge a esse una volta che si sono formate, anche se, come si è rilevato, può apparire così a un’analisi della mente. In questa prospettiva la nomiosi è diversa dalla semiosi così come lo è l’analisi nomio-sica rispetto a quella semiosica.

La semiosi è l’assegnazione di un significato a un segno: quindi segno e signifi-cato sono tra loro separati, come accade per un segno del linguaggio naturale cui possono essere assegnati significati differenti. La nomiosi, invece, non è costituita da un segno o informazione cui è aggiunta un’altra che denominiamo il suo signifi-cato, bensì è una struttura complessa di co-elaborazione di differente informazione per cui il significato di un nosema non è qualcosa di separato da esso, ma è esso stesso, o meglio la sua struttura informativa. Tuttavia, è possibile, ma solo in alcuni casi, analizzare le diverse informazioni co-elaborate e solo in tal modo si può scin-dere il significato nelle sue diverse informazioni composite; ci si può riferire alla percezione e separare le diverse informazioni co-elaborate in una percezione: quelle derivate dalle informazioni provenienti da uno stimolo e quelle attivate in diverse aree corticali, ma in questo caso il significato scompare perché non è relativo alle in-formazioni dell’uno o dell’altro tipo, ma alla loro composizione congiunta ed è la lo-ro co-elaborazione che genera il significato di una percezione: come indicato poco sopra, nei casi di Alzheimer non si attua un processo compositivo e quindi non si formulano percezioni vere e proprie che sono tali nel caso in cui le informazioni provenienti dagli organi sensoriali sono elaborate dalle aree specializzate e in se-guito sono elaborate congiuntamente con informazione di altre aree corticali.

La nomiosi, quindi, è quel processo che fa sì che si co-elaborino diverse informa-zioni e il significato è il risultato di questa co-elaborazione, o se si vuole, è questa co-elaborazione: il significato delle configurazioni mentali è la co-elaborazione di informazione composita. Per questo, si può rilevare, per esempio, che anche in pre-senza di uno stesso stimolo o di una stessa configurazione non percettiva il loro si-gnificato può essere diverso sulla base della co-elaborazione composita di differente informazione: si pensi, per esempio, alle diverse percezioni di uno stesso oggetto in

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condizioni mentali differenti in cui sono attivate diverse informazioni relative a que-ste condizioni.

Le configurazioni mentali o nosemi, quindi, sono strutture significative e come tali possono essere soggette a continue modificazioni per cui il cambiamento dei contenuti informativi porta a una loro modificazione e quindi anche a una diversa significazione.

L’analisi della significatività mentale si applica sia alle attività mentali di deriva-zione percettiva sia a quelle che non si fondano sull’elaborazione di dati percettivi; la formazione delle nomiosi è analoga, anche se genera diversi significati specifici che derivano dalle diverse informazioni composite che sono co-elaborate, da qui anche la diversità, che non si indaga in questa sede, tra le diverse nomiosi non percettive, quali concetti e concettualizzazioni, visioni, del mondo, prospettive etiche ed esteti-che, ecc.

Sulla base di quanto indicato, il significato di un nosema è l’insieme articolato delle informazioni che sono state co-elaborate in modo composito; per esempio, il significato di un nosema percettivo è formato dalle informazioni che lo costituiscono ed esso è determinato dal modo in cui una singola mente lo ha formulato; in esso sono presenti le elaborazioni dello stimolo, le informazioni relative attivate in aree corticali e non corticali come quelle che indicano il tipo di stimolo o quelle relative ad altri attributi assegnati a esso quale la sua rilevanza, il suo gradimento o ancora altri affettivi o emozionali. Anche nel caso di un nosema non percettivo il suo signi-ficato risulta nella composizionalità co-elaborativa delle diverse informazioni coin-volte, per cui, per esempio, vi sono quelle che lo definiscono in modo cognitivo, quelle che lo correlano ad altri nosemi o ancora quelle che specificano la sua rile-vanza all’interno di un processo mentale, con riferimento ad altri o ancora all’intera mente.

Per questo, il significato di un nosema non si riduce, come accade nell’analisi dei sememi, alle informazioni definitorie, connotative o denotative, bensì a ogni altra informazione che è contemporaneamente elaborata e svolge un ruolo composizio-nale nella sua determinazione; ciò vuol dire, in particolare, che un nosema non ha un significato solo in se stesso, ma in correlazione con molti altri contenuti propri di ogni mente: all’interno dell’ambiente noetico-nomiosico di ogni mente; in tale dire-zione, sono molti i fattori che intervengono nella sua formazione che può variare a seconda di ampie, o addirittura globali, condizioni mentali in cui è formato o riatti-vato.

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Questa struttura composizionale informativa fa sì che i nosemi siano sostanzial-mente diversi dai sememi il cui significato non comprende i fattori extracognitivi che lo formano, così com’è stato indicato negli esempi presentati; per questo, il se-mema che esprime un nosema, o il semema con cui è espresso un nosema, non completa la significatività dei nosemi; essi, infatti, coinvolgono diverse configura-zioni attivate in diverse aree e zone encefaliche, corticali e non corticali la cui infor-mazione co-elaborata fa sì che un nosema sia il risultato della loro composizione che genera quegli attributi o contenuti di diversa natura che sono propri di ogni nosema.

Da qui, è utile sottolineare che la significatività, e quindi le nomiosi, sono pro-cessi che precedono le espressioni semiosiche, anche se, al contempo, non di rado i processi nomiosici si attivano contemporaneamente in modalità semiosica; in altri termini, sono processi nomiosici-semiosici che si fondano al contempo su legami nomiosici e semiosici, ma la loro semiosicità non completa il loro significato. Per questo, non di rado, la mente si adopera per scegliere uno o più sememi, e quindi uno o più lessemi, in modo da esprimere semiosicamente le informazioni composite di un nosema; come accade quando si formula una catena di lessemi per esprimere un solo nosema.

Località e non località, mente espressa ed estesa La mente, come insieme delle configurazioni significative o nomiosiche e dei pro-

cessi che le hanno generate, può essere considerata sia come incorporata in un cer-vello sia al di fuori di esso nei seguenti modi: a) la codificazione in un sistema di se-gni, in particolare il linguaggio naturale, una volta espressa in forme concrete (gli specifici segni, per esempio parole proferite o scritte o segni figurativi) si pone come ente del mondo fenomenico; b) la codificazione segnico-linguistica espressa con se-gni concreti si pone nell’ambito noetico-segnico di una comunità umana e di menti; c) nel caso in cui la codificazione segnica, e in particolare linguistica, espressa coin-volge altri soggetti, allora ogni mente diventa parte di altre menti; diventa una men-te estesa.

Ogni mente è al contempo locale e non locale; locale perché è il risultato di pro-cessi neuromentali che si attuano all’interno di un SNC nei diversi modi indicati, in particolare le relazioni con il mondo fenomenico e socio-culturale e le altre menti. Non locale perché le informazioni elaborate possono essere espresse in forme segni-che (modalità segnico-linguistica), perciò possono non solo essere trasmesse con

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processi intermentali ad altre menti, ma quest’ultime possono fare proprie le infor-mazioni ricevute; per cui, informazioni di una mente M0 possono diventare parte di una o più menti M1,…, Mn.

In base a tali processi, ogni mente M è anche una mente estesa. Una mente este-sa, fondata sull’espressione dei suoi stati e contenuti, in modalità linguistica o, in senso più ampio, in modalità segnica (i nosemi si formulano in strutture semiosiche segniche o linguistiche), si allontana dal suo luogo di origine e quindi palesa la sua non-località, ma al contempo si mantiene in esso, con il suo stato ontico correlato con la sua significatività. Una mente, o i suoi contenuti, diventa parte di un’altra, pur mantenendo la sua posizione originaria: quella di essere entro un cervello (la sua località).

La non-località della mente conduce all’indicazione della n-località della mente, cioè il fatto che essa si colloca oltre che in un encefalo che la ha generata, anche en-tro ogni altro che recepisce i suoi contenuti e stati nella forma in cui essi si sono espressi.

Il monismo duale non riduzionista di tipo naturalista e la valenza nomio-sico/semiosica delle configurazioni e dei processi mentali fanno sì, com’è stato rile-vato, che la mente si diversifichi dal cervello non mentale, anche se da un punto di vista naturalista i suoi processi sono processi naturali, in particolare neurochimici così come lo sono quelli non mentali, quindi, la mente è parte anche del cervello. Per questo, nonostante le profonde diversità con la tesi presentata, si può affermare che Descartes non errava nel differenziare la mente dal cervello, la res cogitans dalla res extensa; tuttavia, il dualismo che è stato proposto in quest’analisi si fonda su un monismo duale non riduzionista e si caratterizza per la diversità nomio-sico/semiosica tra diversi tipi di processi e configurazioni cerebrali: quelli mentali e quelli non mentali.

Nell’esame della non-località e della n-località di ogni mente ci si occupa di due aspetti mentali correlati tra loro: l’espressione della mente e la sua estensione. L’espressività dell’encefalo non è un carattere solo di Homo, bensì di ogni essere vi-vente e, in particolare, ma non solo, di quelli che possiedono un encefalo sufficien-temente complesso da permettere forme diverse di espressione dei contenuti cere-brali; in questo caso, per contenuti cerebrali ci si riferisce a tutti i processi propri di ogni encefalo, anche se esso non possiede quelli che caratterizzano la mente umana. In quest’ampia prospettiva, si può affermare che una delle funzioni del SNC è quella di esprimere alcuni risultati dei suoi processi in modalità tali da poter essere recepiti

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da altri esseri viventi: quelli del proprio gruppo, della propria specie nonché di altre specie (e forse anche delle specie viventi vegetali).

Il SNC, prima di tutto, deve assolvere funzioni relative al mantenimento dell’equilibrio termodinamico dell’organismo che non di rado sono assolte anche at-traverso l’espressione manifesta dei suoi processi, come accade nel caso in cui si de-ve difendere il proprio territorio di caccia da membri della propria specie di ap-partenenza o da altri che competono nello stesso territorio per l’approvvigionamento energetico; in questo caso, il cervello esprime la difesa del ter-ritorio con appropriate espressioni leggibili da altri esseri viventi: si pensi, per esempio, ai comportamenti e alle vocalità dei leoni e delle iene nella loro ‘tradizio-nale’ competizione nella savana africana.

Il SNC non solo regola le funzioni vitali, ma esprime i suoi stati (o meglio alcuni di essi) con uno specifico sistema di segni: si pensi ancora, per esempio, a quelli re-lativi alla difesa del gruppo o della propria prole come accade per i maschi Alfa degli scimpanzé. Lo stesso avviene in numerose occasioni e condizioni in altre specie vi-venti, ma nell’uomo l’espressione dei propri stati cerebrali/mentali è molto più svi-luppata correlando gli stati mentali con espressioni di un linguaggio interiore e di un linguaggio esteriore. La presenza del linguaggio, o almeno un insieme di segni, in tutte le specie è lo strumento con cui gli stati cerebrali possono essere espressi all’esterno dell’organismo. In questa sede non ci si occupa delle relazioni tra cer-vello/mente e linguaggio, in particolare in Homo, bensì della espressibilità degli sta-ti cerebrali e mentali.

L’espressione dei propri stati cerebrali in tutte le specie assolve una funzione comunicativa, correlata a sé, al gruppo di appartenenza e alle specie con cui ci si correla, perché permette ad altri di conoscere o ri-conoscere la condizione in cui ci si trova: si è affamati, si sta innescando un comportamento aggressivo o predatorio, si è in uno stato di quiete, di difesa, o di cura della propria prole; si pensi, per esempio, alla comunicazione feromonica di molte femmine di mammiferi quando sono di-sponibili all’accoppiamento o all’espressione comportamentale dei maschi di ele-fante nel periodo del ciclo must.

Si potrebbe aggiungere che si tratta anche di un’espressione del proprio stato ce-rebrale e vitale rivolta a se stessi, ma sembra che questo aspetto sia rilevante solo in Homo, seppur non è assente in altre specie viventi.

Esprimere i propri stati cerebrali in modo manifesto è quindi un’attività biologi-camente fondata che si realizza secondo diverse modalità e sistemi di segni geneti-

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camente determinati; questo carattere è presente nell’uomo, sebbene l’espressione encefalica e mentale in Homo, com’è ben noto, sia molto più ampia e articolata ri-spetto a quella di altre specie viventi e, in particolare, il linguaggio verbale o segnico non è costituito da segni biologicamente determinati, anche se sono presenti alcuni di questo tipo.

In tutte le specie viventi con un SNC sufficientemente complesso, i processi di espressione dei propri stati cerebrali (che sono anche vitali), non solo si fondano su segni/segnali geneticamente determinati, bensì si realizzano in base al programma genetico che permette di correlare neuralmente diverse aree dell’encefalo: per esempio, l’area che ha innescato uno stato aggressivo si esprime attivando quella che lo esprime con un determinato comportamento o con specifici segnali anche vo-cali.

I teorici del linguaggio riconoscono che il linguaggio umano, pur con le sue speci-ficità, in molte occasioni non è dissimile da quello di altre specie viventi e in Homo, così come nelle altre specie viventi, esso è un espediente dell’evoluzione biologica per permettere la comunicazione interspecifica e intraspecifica che avviene, come si è affermato, esprimendo i propri stati cerebrali e, nelle forme meno evolute, seppur molto complesse, delle proprie condizioni vitali; si pensi per esempio, al linguaggio dei crotali o degli Artropodi che, nella grande varietà di specie, dispongono di un ampio numero di segnali corporei.

Esprimere con un linguaggio o con segni di varia natura, inclusi quelli corporei o feromonici, la propria condizione vitale o i propri stati cerebrali e mentali in Homo non solo è una forma di comunicazione, ma una comunicazione fondamentale per la sopravvivenza.

Anche per Homo, a eccezione di condizioni patologiche, non solo sono disponi-bili segni biologici, ben noti agli etologi, agli antropologi e ai primatologi, che sono messi in atto in specifiche condizioni, bensì sono geneticamente costituite le corre-lazioni neuronali tra diverse parti dell’encefalo per cui lo stato di una può innescare l’attivazione di un’altra che guida l’espressione linguistica o più ampiamente segnica di quello stato: da questa condizione deriva la correlazione diffusa e intensa tra di-verse aree cerebrali e le aree del linguaggio; in altri termini, ogni area non solo del neoencefalo, bensì anche del paleoencefalo, può connettersi con le aree del linguag-gio (e in concomitanza con quella senso-motoria), anche se in alcuni casi ciò avviene attraverso l’attivazione di aree corticali che a loro volta attivano le aree linguistiche.

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Tenendo presenti queste osservazioni che si riferiscono a caratteri derivati dall’evoluzione biologica e quindi dai diversi genomi specie specifici, si può conside-rare l’esprimibilità degli stati cerebrali e mentali in Homo.

Nell’uomo l’esprimibilità che si sta trattando è riferibile soprattutto agli stati mentali, anche se solo in alcune condizioni si può ritenere che vi sia l’espressione di stati cerebrali senza e con un minimo coinvolgimento della mente; a questo propo-sito, si può ricordare l’attivazione delle emozioni primarie e la loro espressione cor-porea.

Prima di proseguire è utile soffermarsi sulla quantità dell’esprimibilità di stati e contenuti mentali e sulle relative condizioni di esprimibilità. Com’è ben noto, non solo con riferimento al gradiente di consapevolezza, non tutti gli stati e i contenuti mentali sono esprimibili e, ancora di più, sono effettivamente espressi. Sebbene, siano molti quelli che possono essere espressi e molti altri ancora che sono effetti-vamente espressi, v’è una quantità altrettanto ampia di quelli che non sono esprimi-bili e non sono effettivamente espressi. La quantità degli uni e degli altri dipende soprattutto dal modo in cui si è costruita una determinata mente, in base ai fattori che sono già stati indicati: il patrimonio genetico, l’ambiente fenomenico e socio-culturale e la storia della mente; questi fattori che generano i modi di operare di ogni mente, sono anche quelli che determinano le condizioni e la quantità in cui al-cuni contenuti e stati possono essere espressi mentre altri non lo sono mai o lo pos-sono essere solo in specifiche situazioni. Per ogni mente, quindi, varia sia l’esprimibilità sia la quantità di contenuti e stati esprimibili ed effettivamente espressi; quelli esprimibili possono essere espressi sempre o solo in specifiche con-dizioni; non tutti i contenuti e stati esprimibili da una mente sono effettivamente espressi.

Si può, quindi, rilevare che per ogni mente esiste un coefficiente di esprimibilità: esso indica: a) la quantità e le modalità in cui alcuni contenuti e stati mentali sono esprimibili e altri inesprimibili; b) la relazione tra esprimibilità ed effettiva espressi-vità; c) le condizioni di espressività di contenuti e stati esprimibili. Questo coeffi-ciente di esprimibilità è quindi quello che determina i modi, i tempi e le condizioni, in cui la mente può innescare un processo di espressività che porta a determinate espressioni di alcuni suoi stati e contenuti: l’espressività è una disposizione mentale derivata dal coefficiente di esprimibilità che può portare, anche se non sempre ac-cade, a una effettiva espressione; in altri termini, all’innesco di processi neuro-

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mentali che portano a esprimere contenuti e stati mentali in una data forma, come il linguaggio naturale, quello corporeo o un altro sistema segnico.

Nel seguito si esaminano le modalità in cui una data mente si esprime e ciò è possibile in base al coefficiente di esprimibilità che può innescare processi di effet-tiva espressività.

Sulla base di queste osservazioni e precisazioni, si può affermare che in Homo l’espressione di stati (o configurazioni) e contenuti mentali, con diversi tipi di lin-guaggio o segni è un carattere fondamentale della sua mente e, innanzi tutto, assolve funzioni analoghe a quelle dell’espressione degli stati cerebrali in altre specie viventi e perciò è rivolta a comunicare ad altri, ed anche a se stessi, la propria condizione biologica, psichica ed esistenziale. Tuttavia, oltre a queste funzioni, com’è ben noto, l’espressione dei propri stati mentali ne assolve molte altre che sono relative alla cultura, in senso lato, alla conoscenza di se stessi e a ogni forma di organizzazione sociale. Per questo, il linguaggio umano è una parte molto ampia delle attività men-tali e le aree del linguaggio in Homo sono molto più sviluppate di quelle di tutte le altre specie viventi. Come si è accennato, però, l’espressione degli stati mentali non si attua solo con il linguaggio naturale tipicamente umano, bensì, come in altre spe-cie viventi, con diversi sistemi di segni in cui primeggiano quelli corporei.

L’esprimibilità degli stati mentali con l’uso del linguaggio naturale è la più com-plessa perché deve ‘far corrispondere’ contenuti mentali molto articolati con espres-sioni segnico-linguistiche altrettanto articolate. In questi casi, si tratta di processi di trascrizione linguistica di contenuti e stati mentali nella forma di descrizioni più o meno ampie.

Contrariamente all’uso di segni biologici o naturali, che solitamente sono com-prensibili da tutti gli uomini (per esempio, il pianto o il sorriso), i segni del linguag-gio umano sono artificiali (in altri termini convenzionali) e spesso non hanno un’univocità semantica, per questo l’espressione può non risultare univoca per lo stesso soggetto che l’ha formulata e ancor più per colui che la riceve e la interpreta; si tratta di un’espressione indiretta, attraverso l’uso dei segni convenzionali del lin-guaggio naturale, mentre è diretta con l’uso di segni naturali, come quelli corporei.

L’esprimibilità è formulata in specifiche espressioni linguistiche per raggiungere i due obiettivi che sono stati indicati: quello comunicazionale verso la propria mente e quello verso le altre menti.

Il primo obiettivo, esclusivo dell’uomo almeno per quanto riguarda la sua com-plessità e la sua articolazione segnica, rientra nei processi di consapevolezza e di au-

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toconoscenza per cui il soggetto è consapevole di sé e si autoconosce anche attra-verso l’espressione dei suoi stati mentali e non solo attestando la loro presenza nella mente. Il secondo obiettivo, che è quello maggiormente indagato, è relativo alla co-municazione intersoggettiva analoga a quella di altri esseri viventi, cui ci si è riferiti poco sopra.

Nell’ambito del primo obiettivo, l’espressione della propria mente è correlata con la formulazione dei concetti di sé e della propria mente, che sono costituiti non solo dai risultati introspettivi, bensì anche dall’evidenza derivata sia dai propri compor-tamenti sia dai testi linguistici che hanno come riferimento semantico il proprio sé e o la propria mente. Quindi, l’espressione della mente in qualsiasi forma di segni, eseguita in modo intentivo o non intentivo, permette non solo di autoconoscersi, ma di innescare processi approfonditi per entrare entro la propria mente anche per via introspettiva. Per questo, un obiettivo dell’espressione dei propri stati mentali è quello di comunicare con se stessi ed esso, anche se non in modo esplicitamente in-tentivo e consapevole (almeno non sempre), è spesso primario in molte condizioni di espressività mentale. Manifestare qualcosa di sé a se stessi, è molto rilevante per l’uomo, perciò sarebbe riduttivo ritenere che in Homo l’espressione dei propri stati mentali sia meramente riferita alla comunicazione con l’altro; sebbene, questo se-condo obiettivo, sia anch’esso molto importante per le relazioni interpersonali, nell’uomo, il dialogo con se stessi, che può derivare anche da una riflessione sull’espressione dei propri stati mentali, è il più rilevante da cui spesso si determi-nano le modalità di dialogo con l’altro anche attraverso l’espressione dei contenuti della propria mente.

Questo aspetto della comunicazione, relativo all’esprimibilità di contenuti e stati della mente, in modo intentivo o non intentivo, mette in risalto che la mente umana opera per esprimere i suoi stati mentali a se stessi, prima ancora che agli altri, ed è ciò che permette la sua autoconoscenza e da qui tutti i processi psichici di modifica-zione della mente e del sé.

Inoltre, è fondamentale rilevare che l’espressione dei propri stati e contenuti mentali, entro il primo e il secondo obiettivo, non corrisponde sempre in modo at-tendibile all’informazione che essi contengono e ciò è particolarmente evidente nelle descrizioni proposizionali di contenuti e stati mentali; l’espressione dei propri stati mentali non può essere considerata come espressione fortemente attendibile del sé e della mente, almeno in tutte le condizioni; tuttavia, questa tesi non inficia quella se-

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condo cui sia possibile esprimere i propri stati/contenuti mentali e tale espressione è fondamentale anche per l’autoconoscenza.

L’espressione degli stati mentali, nelle modalità che sono state indicate, è un fat-tore fondamentale per l’estensione della mente al mondo e in particolare alle altre menti. Infatti, tale espressione fa sì che i contenuti della mente si presentino nella forma di ‘enti del mondo’ come nel caso di testi scritti od orali o in quello della mes-sa in atto di comportamenti. I contenuti della mente appartengono solo ad essa, ma una volta che si esprimono in forme concrete, pur restando patrimonio della mente e ancora presenti in essa (e quindi nell’encefalo), assumono anche uno stato ‘ester-no’ o ‘mondano’: diventano enti del mondo su cui possono agire non solo la mente che le li ha generati, ma anche le altre menti.

La mente si estende al mondo o, se si vuole, la mente diventa estesa perché i suoi risultati nella modalità espressiva si collocano nel mondo; la mente non è più rac-chiusa in se stessa, ma diventa parte del mondo, o meglio, i suoi risultati sono parte del mondo. Non appartengono più solo al soggetto, bensì al mondo fenomenico e in particolare diventano intersoggettivi e intermentali; l’espressione dei contenuti mentali fa sì che essi ‘escano’ dalla mente e si presentino come enti oggettivi del mondo, quali i segni o le parole proferite o i comportamenti messi in atto, al pari quindi di tutti gli enti del mondo; la mente, o meglio i suoi contenuti e i suoi stati espressi, sono parte del mondo fenomenico e in ciò consiste l’estensione della men-te. Uno degli aspetti più rilevanti di questa espressione/estensione della mente è quello per cui una mente diventa parte di altre menti che attestano l’espressione dei contenuti mentali di una specifica mente. L’espressione/estensione degli sta-ti/contenuti mentali di una mente M’ diventano parte di ogni altra mente o, meglio, di tutte le altre menti M1,…Mn che in modo comunicazionale recepiscono in modi diversi l’espressione/estensione di M’ e quindi i relativi contenuti: la n-località di M’.

Questa espressione/estensione non è propria solo degli stati/contenuti mentali di Homo, bensì anche degli stati cerebrali di un qualsiasi essere vivente rispetto agli altri; il processo è analogo anche se con profonde differenze e prima di tutto quella tra espressione/estensione di stati cerebrali ed espressione/estensione di stati men-tali, cui si è già fatto riferimento; questi processi, in entrambi i casi (Homo e altri es-seri viventi), sono, com’è noto, tipici di ogni forma di comunicazione. Tuttavia, nella specificità di Homo, la mente estesa assume aspetti molto complessi e articolati per-ché fanno parte del dialogo intermentale, il dialogo tra le diverse menti. La mente

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estesa, allora, è quella mente, o quella parte della mente, che è espressa in un si-stema di segni e che può essere recepita da un’altra mente; la propria mente diven-ta, perciò, parte di un’altra mente come accade nel caso in cui si comunicano espressivamente contenuti e stati della propria mente e un’altra mente li riceve e di-ventano parte di essa.

La mente estesa è ancora la stessa mente? A questa domanda cruciale si può ri-spondere, allo stesso tempo, in modo affermativo e negativo; rispondere in modo af-fermativo significa affermare che l’estensione della mente è sempre parte della men-te perché le sue espressioni sono espressioni mentali: si possono considerare tali an-che nel caso siano messi in atto comportamenti che sono sempre attivati dalla men-te; tranne nei casi in cui siano risposte stereotipate paleoencefaliche specie spe-cifiche. La mente estesa è la mente che si esprime e come tale la sua espressione (e in generale l’esprimibilità) fa parte di essa.

La risposta negativa, invece, sottolinea che, sebbene la mente estesa sia parte della mente nel processo di esprimibilità, una volta che sia espressa e quindi i suoi contenuti siano recepiti da altri e diventano parte del mondo fenomenico (per esempio, le parole pronunciate), allora, essa non appartiene solo a se stessa ma an-che a quelle menti che hanno attestato e recepito i suoi contenuti in una forma esplicita.

Perciò, la mente estesa non appartiene solo alla mente che la ha generata, ma a tutte quelle menti che hanno recepito la sua espressione. Questa tesi vale non solo per le altre menti, bensì per il mondo fenomenico; escludendo da esso le altre menti, la mente estesa è parte della mente, ma è anche parte del mondo, nel senso che è stato indicato poco sopra.

Se non si considera l’appartenenza dell’espressione di stati e contenuti mentali di una mente M’ che l’ha generata, in quanto è evidente, allora, ciò che è più rilevante è il fatto che una mente estesa è un ente del mondo che consiste nell’incontro tra due menti da cui deriva che essa fa parte dell’una e dell’altra; uno stato ontico partico-lare in cui un ente del mondo (l’espressione segnica di una mente) si colloca in due luoghi differenti, ammettendo che questo ente abbia analoghi attributi nell’una e nell’altra mente; si pensi, per esempio, a questa teoria della mente estesa che in quanto espressa dalla mia mente fa parte di essa ma, al contempo, può essere di-ventata parte delle menti di coloro che leggono questo testo; non considerando dif-ferenze interpretative relative a stati e contenuti, questa teoria non è più propria della mia mente, ma lo è anche di altre menti; la mia mente, allora, essendo un ente

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Teoria nomiosica della mente e monismo duale non riduzionista Mariano L. Bianca

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del mondo perché le sue espressioni segniche (in questo caso linguistiche) sono enti del mondo, si trova in due luoghi differenti, nella mia e nelle menti del lettore; essa si trova in due luoghi differenti allo stesso tempo e non in tempi diversi, il che non sarebbe possibile per ogni altro ente del mondo; l’espressione della mente M1 una volta che è stata recepita da un’altra mente M2, si trova al contempo in M1 e in M2.

Si può affermare con idonea provabilità questa tesi della non-località della men-te? Della non-località della mente nella sua esprimibilità e nella sua effettiva espres-sione? Non si può affermare che la mente sia sempre non-locale perché ciò potrebbe costringere ad affermare che la mente non stia nel cervello che la genera, ma in qualche altro luogo anche non fisico. La mente è locale perché generata e contenuta nel cervello in quanto costituita da configurazioni neuromentali: il loro luogo ontico è il luogo ontico della mente che, a sua volta, si trova nel cervello. Tuttavia, si deve anche rilevare che la mente è non-locale prima di tutto perché non è riducibile agli stati cerebrali; al contempo, la sua espressione, che è ciò che interessa in questa se-de, essendo costituita da segni che sono fenomenici, non appartiene solo alla mente ma al mondo; e, in particolare ad altre menti.

La mente ha il carattere della non-località, perciò è al contempo in una e in più menti; questo processo è tipico non solo del dialogo intermentale, bensì della for-mazione di quella che si può chiamare mente collettiva o mente non locale e sovra-mentale: quella mente “memetica” cui si sono riferiti diversi autori.

In questa sede, non si esamina questo tema, anche se quanto sarà sostenuto è ri-levante per esso, bensì si restringe l’attenzione alla costituzione e all’onticità della mente estesa che presuppone l’espressione di stati e contenuti mentali in un sistema di segni; quindi, si presuppone anche che queste espressioni siano enti del mondo fenomenico, quali parole, segni figurativi o comportamenti, al pari di altri enti di questo mondo.

La mente estesa si allontana dal suo luogo di origine (il cervello in cui è stata ge-nerata) e quindi manifesta la sua non-località ma, al contempo, si mantiene in esso, con il suo stato ontico, nel senso che è stato indicato e riferito alla nomiosi-cità/semiosicità caratteristica dei contenuti mentali.

Il mondo intermentale è quel mondo in cui una mente è diventata parte di un’altra, pur mantenendo la sua posizione ontica originaria: quella di essere entro un cervello. L’analisi che si sta conducendo deriva direttamente anche dall’esame delle relazioni tra le menti o, in più in generale tra i diversi soggetti umani nelle loro relazioni intermentali (che sono al contempo intramentali); quest’ultime, sono rela-

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zioni mentali basate su espressioni/estensioni delle menti coinvolte; in questo pro-cesso ogni mente, o meglio le sue espressioni, diventano estese per la mente di A che diventa parte della mente di B, come quella di B può diventare parte di quella di A (in una relazione circolare), pur mantenendosi entrambe nel loro stato ontico pri-mario, cioè quello di appartenere a un encefalo che le genera, non dimenticando che in tale generazione sono coinvolte le relazioni con il corpo, il mondo e le altre menti.

La non-località, inoltre, può permettere di chiedersi se la mente estesa che sta nell’una e nell’altra mente al contempo, sta solo in esse o può essere considerata come appartenente a un (non-)luogo intermentale che si differenzia da quello dell’una e dell’altra. La non-località, così com’è stata considerata, permette di rile-vare la presenza di un luogo intermentale che è anch’esso espressione di non-loca-lità mentale: un carattere fondamentale della mente rispetto al cervello. Questo luo-go intermentale, in realtà, è il luogo di tutte le menti che recepiscono i contenuti di altre menti, perciò, si può sostenere che la mente non solo possiede il carattere della non-località ma quello della n-località; in altri termini, ogni mente si colloca non solo entro un encefalo, ma entro ogni encefalo che ha recepito l’espressione/estensione degli stati e contenuti di un’altra mente; contenuti e stati della mente sono quindi n-locali e perciò possono essere onticamente presenti in più d’una mente: la loro n-località; una n-località che si fonda sulla non-località di ogni mente coinvolta. La n-località è la modalità in cui la mente si estende e può estendersi in modi diversi ed è utile esaminarla brevemente.

Diversi autori, tra cui A. Noe, hanno sostenuto una tesi analoga, anche se di-versa, da quella che si sta presentando e hanno affermato che la mente non è rac-chiusa interamente entro il proprio cervello, ma si estende al proprio corpo e alle al-tre menti con le quali ha una relazione intermentale ricevendo e inviando infor-mazioni. Nella parte precedente è stato indicato che l’estensione della mente è pos-sibile solo attraverso la sua espressione in linguaggi o sistemi di segni costituiti da enti fenomenici, quali suoni, parole, simboli, odori o comportamenti; sono solo que-sti che fanno sì che la mente possa estendersi al di fuori del cervello che la genera. Solo così si può estrapolare che la mente si estenda nel mondo, pur mantenendo an-che lo stato ontico primario proprio di essa; in altri termini, la sua appartenenza on-tica al cervello.

Un primo modo di estensione, che è già stato indicato, è quello intermentale per cui ogni mente nelle sue espressioni può diventare parte di una o più menti, gene-rando così una mente intermentale che si colloca non solo all’interno delle menti

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coinvolte, ma in un universo memetico (l’aggettivo deriva dal termine meme usato nella letteratura per indicare unità significative proprie di una cultura) o, in termini diversi noetico, che è un ente del mondo se si prescinde dalle menti che condividono i suoi contenuti. Come accade per ogni teoria formulata che non solo appartiene alle menti che la condividono (la n-località), bensì può essere analizzata al pari di qual-siasi altro ente del mondo, anche se, ovviamente, con metodi epistemologici diffe-renti; si pensi, per esempio, alle analisi della teoria della relatività, o al suo diverso uso in ambito fisico e cosmologico: tale teoria non solo è onticamente entro la mente di Einstein (almeno lo era) e in quella di coloro che la hanno recepita mentalmente, accettandola o rifiutandola, bensì è un ente noetico, o un meme, che può essere ana-lizzato prescindendo dal fatto che sia in una o in più menti. I contenuti mentali di-ventano (o sono) noetici e per questo possiedono lo stato ontico dell’universo noe-tico (che non è ovviamente il mondo delle idee platoniche). Ciò è possibile per la na-tura nomiosica/semiosica delle configurazioni (o stati) mentali, cioè per il fatto che esse veicolano nosemi o nosemi/sememi e sono questi che fanno sì che esse possano essere trasferite da una mente all’altra, anche nel caso in cui non esiste più la mente che le ha generate; questa condizione permette di rilevare anche che la mente, e in particolare i suoi stati e contenuti, non solo sono n-locali, ma sono anche n-temporali; la mente è n-temporale perché può collocarsi non solo nel tempo in cui è presente nell’encefalo che la ha generata, ma anche nel tempo di quelli in cui è stata trasferita in senso n-locale, e ancora in un istante del tempo t’ che è quello di un possibile trasferimento o riferimento ad essa. Per tali motivi, la mente è a-tem-porale o meglio è n-temporale, dove n è riferibile a tutti gli istanti possibili di tempo in cui una mente può essere in un’altra. Essa è in ogni istante di tempo in cui ciò av-viene, ma è tale solo se vi sono menti che possono recepirla (incluse menti di possi-bili E.T.). Il fatto che la mente sia sostanzialmente costituita da nomiosi/semiosi è ciò che permette sia la n-località sia la sua n-temporalità nei sensi indicati.

Il secondo modo di intendere l’estensione mentale è quello che è indicato come embodiment o incorporamento; in questa sede l’incorporamento non è inteso come relazione tra mente e corpo, ma come quel processo per cui una parte della mente è anche entro il corpo. In quale modo si può affermare una tesi di incorporamento della mente?

Prima di tutto è utile ribadire che la mente non solo si colloca nel corpo, bensì è anche una parte rilevante di esso; infatti, sebbene, la mente, com’è stato affermato, possa estendersi oltre il corpo, al contempo è dentro di esso in quanto è costituita da

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processi neurofisiologici: solo i suoi risultati, nel senso indicato, possono trasferirsi in altre menti e nel mondo via la loro espressione e quindi possedere la proprietà di essere n-locali e n-temporali. Uno degli stati ontici della mente è quello di tutti i processi cerebrali che sono processi fenomenici, perciò anche la mente è un ente fe-nomenico. La mente non la si considera riduttivamente come corpo o cervello, però, essa è anche tale: una sua parte. Com’è stato indicato in precedenza, il corpo, o me-glio in questo caso, le configurazioni cerebrali non mentali, influenzano quelle men-tali e viceversa: perciò la mente non solo è anche corpo, ma lo influenza in modo an-che rilevante.

Oltre a questi aspetti, che sono stati già esaminati, l’incorporamento della mente si amplia all’intero corpo e non solo all’encefalo, da cui è stata generata e del quale fa parte.

La mente, di per sé, non si trova in alcuna altra parte del corpo se non nell’encefalo, e allora si dovrebbe escludere un suo incorporamento nella corporeità extra encefalica, mentre è possibile quella encefalica cui ci si è riferiti poco sopra. V’è un modo in cui la mente è nel corpo (extraencefalico)? Se per incorporamento della mente s’intende l’ampiezza delle relazioni tra mente e corpo, non si può che af-fermare (ma è un’affermazione di senso comune) che la mente agisce direttamente sul corpo in così diversi modi tali da rilevare che, in moltissime condizioni (ma non in tutte), il corpo agisce sulla base delle indicazioni della mente (e, com’è noto, dell’encefalo in senso lato); si potrebbe affermare che con la presenza della mente, la corporeità è una corporeità-mentale: in altri termini, una corporeità guidata, anche se non costituita dalla mente.

L’attività della mente non è in alcun modo e in nessuna condizione sostituita o surrogata da qualche parte del corpo extraencefalico, ma quest’ultima può influire sulle attività della mente, come accade spesso; le informazioni che alcune parti del corpo ricevono dalla mente generano processi fisiologici che a loro volta inviano in-formazioni retroattive alla mente inibendo o rafforzando, per esempio, alcuni pro-cessi neurofisiologici e quindi anche mentali. Una condizione che è molto frequente di cui si possono elencare un gran numero di casi che fanno parte dell’usuale fun-zionamento degli organismi; si pensi, solo per fare un esempio, alla condizione in cui la mente è impegnata in un’azione come partecipare a una gara podistica in cui ci si prefigge di riuscire a essere vincitori; lo stress generato dalla corsa, per esem-pio, sulla muscolatura delle gambe, può inviare informazioni alla mente tali da mo-dificare o inibire l’intento di riuscire a vincere.

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Anche questi casi appartengono alla normalità delle relazioni tra mente e corpo e non evidenziano la presenza della mente entro la corporeità non encefalica: rappre-sentano un suo incorporamento, ma solo nel senso che la mente genera modifica-zione degli stati corporei.

Le osservazioni che sono state indicate, permettono di rilevare che la mente si estende al corpo, anche se questa condizione non è tale da poter affermare che an-che il corpo fa parte di processi mentali, a meno che, com’è stato indicato, ci si rife-risca al fatto che non di rado, ma non sempre, le attività mentali coinvolgono diverse parti del corpo (ovviamente, si escludono quelle ordinarie riferite al mantenimento dell’equilibrio termodinamico dell’organismo e quelle che sono utili per svolgere un’attività mentale: per esempio, il movimento delle mani per scrivere su una ta-stiera).

Si può ritenere che questo coinvolgimento della corporeità-extramentale assuma livelli diversi in differenti condizioni; esso può anche essere tale da ridursi a tal pun-to per cui l’attività della mente coinvolge solo in parte la corporeità: per esempio, quando si sogna, o ancora in molte condizioni in cui si è impegnati in un ragiona-mento o ci si concentra sull’analisi di un tema teorico. In molti altri casi, l’attività mentale si estende alla corporeità extraencefalica, nel senso che non solo può influi-re in vario modo sui processi corporei, bensì determinare, come indicato, specifiche condizioni corporee. La mente si estende alla corporeità perché la coinvolge per cui ciò che accade nella mente, in generale, accade nel corpo, ma ciò non significa che la mente, in senso stretto, sia collocata entro la corporeità extraencefalica.

Infine, il terzo modo di estensione della mente è quello riferito al mondo, esclu-dendo il caso delle altre menti cui ci si è già riferiti.

Senza considerare il fatto che la mente faccia parte del mondo perché è conte-nuta nell’encefalo che a sua volta è parte del mondo, si può affermare che la mente si estende al mondo fenomenico, innanzitutto, in quel modo che è stato indicato, se-condo cui l’espressione dei suoi stati e contenuti con segni e comportamenti, è co-stituita da enti del mondo.

Oltre questa modalità mondana della mente, si deve considerarne una più rile-vante cui ci si è già riferiti: quella secondo cui la mente, qui intesa come insieme di tutte le menti, si estende nel mondo fenomenico in quella particolare dimensione che è stata chiamata noetica o memetica. Ciò che è generato da ogni mente e da tut-te le menti, e si esprime in una forma segnica, diventa parte del mondo, quello stes-so mondo cui appartengono gli enti che sono o non sono oggetto della percezione.

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Questa dimensione conduce direttamente al tema dell’influenza sul mondo dell’espressione/estensione della mente nel mondo; in questa sede si rileva solo che la mente, o meglio le sue espressioni, si devono considerare come alcunché del mondo che, come molti altri, generano modificazioni che sono quelle proprie della cultura dell’uomo.