symposium n-01

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TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE SCIENTIFICA GIIUGNO 2009 IN QUESTO NUMERO: Orvit-Profile nuovo sistema implantare Microscopia in chirurgia La guarigione peri-implantare La via della seta l l l l l l l l l l l

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Microscopia in chirurgia Orvit-Profile nuovo sistema implantare La via della seta La guarigione peri-implantare TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE SCIENTIFICA GIIUGNO 2009

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Page 1: Symposium N-01

TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE SCIENTIFICAGIIUGNO 2009

IN QUESTONUMERO:

Orvit-Profilenuovo sistemaimplantare

Microscopia inchirurgia

La guarigioneperi-implantare

La via della seta

l

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Page 2: Symposium N-01

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Page 3: Symposium N-01

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Page 4: Symposium N-01

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Overmed ha ottenuto la marcatura CE per due sistemi di implantologia dentale e per un sistema di viti cannulate per applicazioni ortopediche e traumatologiche

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Overmed è specializzata nella gestione della produ-zione di dispositivi medici, con particolare attenzio-ne alla finitura delle superfici. Overmed è altresì attrezzata per il lavaggio e la de-contaminazione dei dispositivi medici destinati al-l’implantologia, alla protesica, alla traumatologia e all’osteosintesi.

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Page 5: Symposium N-01

Editorialedi Mihaela Roman

Fasi iniziali della guarigioneperi-implantaredi Donato Di Iorio

Orvit-Profile: una nuova sistematica implantare a morfologia radicolaredi Rolando Ceccarelli

Il Microscopio Operatorio in chirurgia oraledi Cristiano Grandi

Trattamento chirurgico dei terzi molari inclusidi Alberto Magistri

La via della setadi Alfredo Tursi

Storia della Fitomedicinadi Andrea Possenti

Intervista a Pier Paolo BoPresidente “GIR” Group for Implant Researchdi Mihaela Roman

3giugno

2009

sommario

5

6

14

23

34

41

47

49

Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:27 Pagina 3

Page 6: Symposium N-01

TRANSMU

COSAL

DEEPN

ECK

NANO

Introduzio

ne alla sistematica

Profile 1

Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:27 Pagina 4

Page 7: Symposium N-01

Tra Scienza e Tecnica

Con SYMPOSIUM Odontoiatrico ci apprestiamo ad entrare nell’arena delle riviste specializ-

zate in Odontoiatria, ma non sarà solo “una rivista in più” vogliamo dargli un’impronta

particolare a cominciare dal titolo anzi dall’appendice al titolo

“TRA SCIENZA E TECNICA”.

Perché questa divisione?

Intanto perché i lettori di una rivista scientifica sono molto diversi tra loro: c’è chi è molto interes-

sato alla ricerca e chi invece predilige la pratica clinica. Quindi la rivista sarà divisa in due parti: la

prima di carattere fortemente scientifico, ospitando ricerche fatte da Università o articoli di alto spes-

sore scientifico; nella seconda parte, invece, porteremo la clinica quotidiana, quindi articoli che

sapranno suscitare interesse nei lettori, in quanto sia per gli strumenti usati, sia per le tecniche adot-

tate, più si avvicinano alle esperienze dello studio medico, direi “Classico”.

Questo è un numero di prova, quindi scusateci errori ed omissioni, volevamo uscire per il

DentalGO di Napoli ed abbiamo dovuto lavorare con poco tempo a disposizione e quindi non tutto è

perfetto. Il numero 0 uscirà in occasione dell’EXPODENTAL e sarà certamente più accurato e com-

pleto. Nell’edizione di Ottobre, saranno definiti gli incarichi editoriali e scientifici che vedranno nella

persona del prof. Alessandro Ruggeri, direttore della cattedra di Anatomia Umana dell’Università di

Bologna, come Direttore Scientifico, mentre per la parte Tecnica in qualità di Direttore Editoriale,

l’incarico sarà curato dal Dr. Andrea Possenti di Roma.

Altri eminenti Professori e Dottori faranno parte, con nostra grande soddisfazione, del Comitato

Scientifico, e nel prossimo numero vi daremo ampia documentazione.

Voi tutti sapete che una rivista vive di Sponsor, ma anche qui abbiamo voluto differenziarci dalle

altre riviste, adottando un metodo che chiameremo “DI ESCLUSIVA” cioè si accetterà solo un’azien-

da per prodotto, in modo da dare ampia soddisfazione allo sponsor, potendo pubblicare case-report

sui loro articoli o macchinari. Questo non impedirà certo un confronto con altri prodotti, ma solo

all’interno di una ricerca.

SYMPOSIUM ODONTOIATRICO, sarà anche un sito WEB, dove attraverso dei forum, molti col-

leghi potranno trovare risposte ai loro quesiti, basterà iscriversi e poter scaricare gli articoli più inte-

ressanti.

Ci sarà inoltre l’area dedicata agli sponsor che proporranno offerte o novità a condizioni partico-

lari. Ci interessa anche la vostra voce, quindi un’area a voi dedicata per consigli, suggerimenti e

altro.

Per finire una rubrica, che spero di poter pubblicare nel prossimo numero che chiameremo “SED

LEX DURA LEX” dove un team di avvocati sarà a vostra disposizione per eventuali problematiche...

Grazie per l’attenzione e spero di leggervi numerosi.

MIHAELA ROMAN

Responsabile Editoriale

5giugno

2009

editoriale

Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:27 Pagina 5

Page 8: Symposium N-01

L’integrazione di un impianto rappresenta la fase

finale di una serie di eventi complessi ed in parte

sconosciuti; nel 1980 osborn e newesley (1) sug-

geriscono l’esistenza di almeno due meccanismi diversi

con cui il tessuto osseo neoformato può giungere a

contatto di un impianto: essi suggeriscono i termini

“osteogenesi a distanza” ed “osteogenesi da contatto”

per descrivere i due meccanismi con cui avviene la

neoapposizione di tessuto osseo alla superficie di un

impianto. nel primo, la matrice osteoide viene deposi-

tata in direzione centripeta rispetto alla fixture, ossia dal

sito chirurgico verso l’impianto (fig. 1A); nell’osteogenesi

da contatto, invece, accade l’opposto, ovvero la neofor-

mazione di tessuto osseo procede dalla superficie del-

l’impianto verso il sito ricevente (fig. 1B). nel 1998 e nel

2003, J. Davies (2;3) riprende le argomentazioni di

osborn e newesley e suggerisce che l’osteogenesi a

distanza è, nella serie di fenomeni che la realizzano, del

tutto simile a ciò che accade durante le fasi del normale

rimodellamento osseo. L’osteogenesi da contatto, inve-

ce, rappresenta il risultato di

due fasi consecutive denomi-

nate “osteoconduzione” e “de

novo bone formation”.

osteoconduzione è la fase in

cui le cellule osteoprogenitrici

provenienti dal circolo emati-

co raggiungono la superficie

dell’impianto, mentre “de

novo bone formation” identi-

fica il momento in cui le cellu-

le osteoprogenitrici, divenute

osteoblasti, depongono nuo-

vo tessuto osseo in direzione

centrifuga rispetto alla fixture.

“De novo bone formation”

non trova una traduzione uni-

voca in italiano; lo stesso

Davies spiega che “de novo

bone formation” significa “for-

mazione di tessuto osseo lad-

dove non c’è mai stato”, ovve-

ro alla superficie di un impian-

to. L’espressione potrebbe

essere resa in italiano come

“formazione ex novo di tessu-

to osseo” o “neoformazione

di tessuto osseo” ma in que-

sto caso si presterebbe ad

6noVEMBRE

2008

Fig. 1: A. osteogenesi a

distanza: la deposizione di

nuovo tessuto procede in

direzione centrifuga rispetto

all’impianto; la linea

cementante (linea bianca) si

forma all’interfaccia tra osso

pre-esistente ed osso neo-

formato.

B. osteogenesi da contatto: la

neoformazione di tessuto

osseo procede dalla superficie

dell’impianto verso il sito

chirurgico. Si assiste, inoltre, alla

formazione di una linea

cementante (linea bianca)

all’interfaccia tra la fixture ed il

tessuto appena formato.

Fasi iniziali dellaGuariGione Peri-imPlantare: Il Ruolo Delle Superfici Nella Formazione E Nella Stabilizzazione Del Coagulo

donato di iorio, sergio Frisone, andrea mastrangelo, Giovanna

murmura

Università Degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara

Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche

Direttore Prof. sergio Caputi

Scienza

Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:27 Pagina 6

Page 9: Symposium N-01

essere confusa con il processo di apposizione di tessuto

che si verifica durante il rimodellamento osseo fisiologi-

co.

A questo punto bisogna attribuire un significato clini-

co alla osteogenesi da contatto ed alla osteogenesi a

distanza; probabilmente entrambi i meccanismi si verifi-

cano contemporaneamente in zone diverse di uno stes-

so impianto, ma il risultato, ossia l’aspetto ultrastruttura-

le dell’interfaccia impianto/tessuto osseo è diverso a

seconda che si verifichi l’uno o l’altro fenomeno.

nell’osteogenesi da contatto, le cellule osteoprogenitrici

depongono, a ridosso della superficie implantare, uno

strato di matrice organica dello spessore di circa 0.5

micron, privo di collagene, che serve da nucleo di cre-

scita per i cristalli di fosfato di calcio. Tale strato, chiama-

to “linea cementante”, rappresenta un reperto ultra-

strutturale tipico del tessuto osseo, in quanto è normal-

mente presente all’interfaccia tra osso neoformato ed

osso pre-esistente e si forma, pertanto, ogni volta che

una porzione di tessuto osseo viene rimaneggiata.

nell’ambito dell’implantologia, alle linee cementanti

Davies attribuisce la funzione di migliorare l’”inter-

locking” tra la fixture ed il tessuto che la integra.

Quando si verifica l’osteogenesi a distanza, invece, la

linea cementante si forma all’interfaccia con il sito chi-

rurgico, perché è da qui che ha inizio la formazione di

nuovo tessuto; la superficie dell’impianto si trova, per-

tanto, ad essere circondata da tessuto neoformato con

l’interposizione, in alcuni punti, di elementi osteocitari.

E’ evidente, pertanto, che la guarigione peri-implanta-

re passa attraverso l’uno o l’altro meccanismo a secon-

da che gli elementi cellulari deputati alla funzione osteo-

genica possano o meno raggiungere la superficie della

fixture, ossia a seconda che si realizzi o meno l’osteo-

conduzione. A questo proposito, Albrektsson e

Johansson (4) rammentano l’esistenza di una ulteriore

fase del processo di guarigione denominata “osteoindu-

zione” e questo è il termine con cui si definisce la tra-

sformazione delle cellule circolanti indifferenziate in cel-

lule capaci di produrre tessuto osseo.

7noVEMBRE

2008

Fig. 2: rappresentazione

schematica del guscio d’acqua

sulla superficie di un impianto

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Page 10: Symposium N-01

Sulla base di quanto detto sino ad ora, pertanto, ci

troviamo nella condizione in cui gli elementi cellulari

indifferenziati hanno bisogno di essere “condotti” sulla

superficie dell’impianto e qui devono essere “indotti”

verso la funzione osteogenica.

Da più parti, in letteratura, si afferma che la struttura

microscopica della superficie dell’impianto ha la capa-

cità di influenzare il comportamento delle cellule che

interagiscono con essa. Ma l’impianto, nei momenti

immediatamente successivi al suo posizionamento, vie-

ne a contatto con il tessuto ematico, tanto che Park nel

2001 (5) parla di “blood modified titanium oxide surfa-

ce” e suggerisce che i tessuti organici interagiscono con

una superficie modificata piuttosto

che con il biossido di titanio. Da altre

parti in letteratura si parla di biofilm,

ed è sulla composizione del biofilm

che si snoda la questione, visto che

le cellule interagiscono con esso. A

questo proposito, nygren e coll. (6)

e Keselowsky e coll. (7) affermano

che alla superficie dell’impianto

adsorbono proteine plasmatiche

quali immunoglobuline, fattori del

complemento, vitronectina, fibrino-

geno e fibronectina e tutto ciò acca-

de, secondo nygren e coll., nell’arco

di cinque secondi dal posizionamen-

to dell’impianto, trascorsi i quali ha

inizio l’attivazione piastrinica.

Keselowsky e coll., inoltre, evidenzia-

no il fatto che il biofilm contiene i

fattori che promuovono l’adesione e

l’attivazione delle cellule deputate

alla riparazione. Sevastianov (8),

invece, riporta che è l’albumina ad

essere adsorbita dalla superficie

implantare, mentre Tang e Eaton (9)

dimostrano, nel 1993, che il fibrino-

geno presente nel biofilm ha un ruo-

lo determinante nella attivazione

della risposta infiammatoria e quindi,

nell’innesco del processo rigenerati-

vo. Diversi gruppi di ricerca si sono

occupati della composizione del bio-

film e, in generale, gli Autori concor-

dano sul fatto che esso presenta una

composizione che varia con le carat-

teristiche ultrastrutturali della super-

ficie su cui esso si forma (10-15).

una bella spiegazione sul meccanismo con cui una

superficie influenza la composizione del biofilm protei-

co arriva da Kasemo e gold (16): l’impianto, al

momento dell’inserzione, entra in contatto con i liquidi

extracellulari; le molecole d’acqua, per prime, interagi-

scono con la superficie e il risultato di questa prima

interazione è funzione delle caratteristiche reologiche

della superficie. una superficie idrofila inerte si lascia

bagnare e qui le molecole d’acqua interagiscono tra di

loro e con il substrato mediante legami idrogeno, mol-

to similmente a ciò che accade nell’acqua pura. Le

superfici idrofile dotate di un più alto potenziale, invece,

8noVEMBRE

2008

Fig. 3: proteine adsorbite su di

una superficie idrofila. il

contatto avviene con

l’intermediazione del guscio di

molecole d’acqua; le proteine

inoltre espongono i loro

domini idrofobi per le

successive interazioni.

Fig. 4: proteine adsorbite su di

una superficie idrofoba. Qui

mancano le molecole d’acqua

e risultano, inoltre, esposti i

domini idrofili.

Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:27 Pagina 8

Page 11: Symposium N-01

reagiscono con le molecole d’acqua

promuovendone la dissociazione e,

in questo caso, il risultato biochimico

consiste nella formazione di una

superficie idrossilata ricca di cariche

negative.

Le superfici idrofobe, invece, si

lasciano bagnare meno favorevol-

mente il che equivale a dire, sul pia-

no biochimico, che le molecole d’ac-

qua vi si legano con legami seconda-

ri molto deboli.

Ad ogni modo, il risultato di que-

sta prima interazione consiste nella

formazione di un guscio d’acqua che

incorpora gli ioni tipicamente pre-

senti nei liquidi extracellulari, rappre-

sentati fondamentalmente dal Cloro

(Cl-) e dal Sodio (na+) (fig. 2).

La superficie così modificata è

pronta per interagire con le protei-

ne. Possiamo esplicare il fenomeno

dividendolo, sul piano puramente

didattico, in due fasi: all’adsorbimen-

to inziale (ossia alla fase di “avvicina-

mento” delle biomolecole alla super-

ficie implantare) segue, infatti, una

fase in cui le proteine vanno incon-

tro a modifiche della loro conforma-

zione sterica, ossia cambia la loro

struttura quaternaria e questo avvie-

ne per l’azione combinata dell’effet-

to vroman con fenomeni di denatu-

razione.

A questo punto appare chiaro come la composizio-

ne dello strato proteico e la conformazione delle pro-

teine adsorbite dipendano dalle proprietà di superficie

dell’impianto e, quindi, dalle caratteristiche dello strato

di acqua e di ioni inizialmente adsorbito. Le superfici

idrofile, infatti, legano le proteine in corrispondenza dei

loro domini idrofili, mentre su superfici idrofobe accade

l’opposto.

Quanto esposto sino ad ora rappresenta la serie di

eventi che porta alla formazione del biofilm proteico e

lo scenario è pressappoco il seguente: alla superficie

dell’impianto risultano adsorbite le proteine di prove-

nienza ematica; il legame che esse stabiliscono con il

substrato è di natura elettrostatica ed è mediato da

uno strato di acqua e ioni quando l’interazione avviene

su di una superficie idrofila (fig. 3); al contrario, il legame

risulta diretto quando l’interazione avviene con una

superficie idrofoba (fig. 4).

Ad ogni modo, tra le proteine che compongono il

biofilm ci sono anche i fattori che attivano la cascata

della coagulazione ed entro pochi minuti dal posiziona-

mento dell’impianto accade che lo spazio compreso tra

la superficie implantare ed il sito osseo ricevente viene

impegnato dalla presenza del coagulo (figg. 5;6;7): ad

esso, ora, spetta il compito di mediare l’arrivo delle cel-

lule osteoprogenitrici sulla superficie dell’impianto, il

che equivale a dire che è per mezzo della rete di fibrina

che si realizza l’osteoconduzione. Le cellule osteopro-

genitrici, infatti, arrivano sulla superficie dell’impianto

mediante un movimento ameboide condotto attraver-

9noVEMBRE

2008

Fig. 5: rappresentazione

schematica della formazione

del coagulo sulla superficie di

un impianto.

Fig. 6: formazione del coagulo

sulla superficie di un impianto.

Sono evidenti numerosi globuli

rossi “intrappolati” tra i

filamenti di fibrina (Microscopia

elettronica a scansione;

1900X).

Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:27 Pagina 9

Page 12: Symposium N-01

so i filamenti di fibrina che si estendono dal sito osseo

alla superficie implantare; tale movimento trova un

razionale biochimico sulla presenza di recettori di

membrana che hanno affinità con la fibrina (fig. 8). in

questo modo, quindi, le cellule indifferenziate riescono

ad “attaccarsi” alle maglie del coagulo ed a “camminarci

sopra”. Questo fenomeno avviene tutte le volte che

una ferita inizia a guarire: esso rappresenta il primo

momento della formazione del tessuto di granulazione

e coincide con la contrazione

del coagulo. Qui però, la retra-

zione del coagulo avviene tra

due superfici rigide ed esiste

pertanto la possibilità che da

qualche parte la fibrina si stac-

chi dalla superficie dell’impian-

to (fig. 9), precludendo così la

possibilità che le cellule osteo-

progenitrici raggiungano la fix-

ture e diano inizio all’osteoge-

nesi da contatto.

Secondo questo punto di

vista, quindi, l’osteogenesi da

contatto si realizza se la rete

di fibrina risulta ben ancorata

alla superficie dell’impianto.

nel caso contrario, infatti, essa

rischia di staccarsi durante la

contrazione del coagulo e le

cellule osteoprogenitrici non

riescono a raggiungere la

superficie dell’impianto.

La ricerca ha quindi iniziato

a muovere verso due direzio-

ni diverse: da una parte, infatti,

si cerca la superficie che trat-

tiene meglio delle altre la rete

di fibrina; dall’altra, invece, si

cerca la superficie che induce,

più delle altre, la formazione

di un coagulo ben strutturato;

ad ogni modo, la superficie

“ideale” no esiste ancora. Ad

oggi le superfici vengono, sul

piano microstrutturale, suddi-

vise in “lisce” (quelle general-

mente definite “machined”) e

“ruvide”, quelle ottenute da

lavorazioni in cui alla fresatura

si aggiungono processi di sabbiatura e di mordenzatura

acida. in letteratura, comunque, esistono da più parti

evidenze scientifiche secondo le quali una superficie

ruvida si integra prima rispetto ad una superficie liscia

ma, ad oggi, sono necessarie maggiori indagini al fine di

comprendere al meglio i meccanismi biochimici che

conducono alla guarigione ossea intorno ad una fixtu-

re.

10noVEMBRE

2008

Fig. 7: Particolare dell’immagine

precedente. La superficie

dell’impianto risulta

completamente ricoperta dal

coagulo (Microscopia

elettronica a scansione;

10.000X).

Fig. 8: le cellule indifferenziate

di derivazione ematica

raggiungono il coagulo e danno

inizio alla formazione del

tessuto di granulazione.

Contestualmente avviene la

contrazione del coagulo.

Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:27 Pagina 10

Page 13: Symposium N-01

Bibliografia

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16. Kasemo B, gold J. implant surfaces and interface

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11noVEMBRE

2008

Fig. 9: coagulo parzialmente

distaccato dalla superficie di un

impianto; le frecce indicano il

gap esistente tra la superficie

ed il coagulo. (Microscopia

elettronica a scansione;

1500X).

Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:27 Pagina 11

Page 14: Symposium N-01

Finalmente un

microscopio

alla portata

di tutti!!

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Page 15: Symposium N-01

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Page 16: Symposium N-01

Storia degli impianti conici

Dall’inizio degli anni ’60, epoca in cui si intrapresero i

primi studi scientifici inerenti l’utilizzo di viti artificiali in

titanio per sostituire gli elementi dentari andati persi (1),

nel mercato implantologico internazionale si sono veri-

ficati moltissimi cambiamenti. Dapprima lo studio di

nuovi trattamenti di superficie, che ha condotto ad

aumentare progressivamente la microruvidità

(Microdesign) del titanio al fine di ottenere una maggior

percentuale di tessuto osseo integrato con l’impianto e

successivamente la ricerca di impianti di diametro più

consono alla sostituzione di ciascun elementoiii ed infine

l’avvento, alla fine degli anni novanta, dei cosiddetti

impianti a morfologia radicolare o root-form

(Macrodesign)iv.

Quest’ultima novità, nata dall’esigenza di riuscire a

migliorare la distribuzione dei carichi che gli impianti tra-

sferiscono all’osso, ha in realtà apportato molteplici

innovazioni in tema di chirurgia implantare.

Con questo articolo, ci proponiamo di effettuare una

14noVEMBRE

2008

orvit-ProFile: unanuova sistematiCa imPlantare a morFoloGia radiColare

IMPLANTOLOGIA

Dott. Rolando Ceccarelli

Libero professionista in LuccaDott.ssa Tatiana Cherichetti

Libera professionista in LuccaDott. Bertucci Andrea

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e-mail: [email protected]

Parole chiave

impianti conici, osteointegrazione, trattamento

di superficie.

Riassunto

Sono stati presi in esame gli impianti conici

Profile (orvit-Bologna-italy), al fine di valutarne

le caratteristiche morfologico-meccaniche

(disegno implantare, trattamento di superficie,

test di resistenza in compressione), biologiche

e cliniche, per arrivare a definire le indicazioni

(sottosquadri ossei, convergenza radicolare, siti

post-estrattivi, espansione crestale) e le con-

troindicazioni (maxi rialzo di seno mascellare)

al loro impiego.

in particolare è stata analizzata la loro sempli-

cità di utilizzo, rispetto alla classica vite cilindri-

ca, soffermandosi particolarmente sulle carat-

teristiche di agevolezza d’uso di tutta la com-

ponentistica, sia implantologica, che protesica

della sistematica implantare orvit-Profile.

Key Words

root-form implants, osseointegration, surface

roughening treatment.

Abstract

An investigation about Profile root-form implants

(Orvit-Bologna-Italy) was made to value the mor-

phological-mechanical, biological and clinical

characteristics (implant design, surface rought-

ness treatment, mechanical testing) to define the

indications and controindications (sinus lift aug-

mentation) for their use.

Expecially was analized the easily use, respect to

the classical cilindrical wire, focusing on the sim-

ple use of all the implantological and prosthetical

components of Profile System.

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Page 17: Symposium N-01

valutazione di una linea implantare “Profile” (orvit-

Bologna-italy), che presenta caratteristiche peculiari dei

cosidetti impianti root-form, al fine di valutarne indica-

zioni, controindicazioni e risultati clinici.

indicazioni e controindicazioni

nel presente articolo intendiamo discutere dei vantaggi

che questo tipo di impianto fornisce, primo tra tutti la

sua estrema semplicità di utilizzo, che ne consente un

impiego agevole anche ai neofiti della disciplina.

Lo sviluppo di questo nuovo design, ha inoltre permes-

so di ricorrere all’alternativa implantare anche in situa-

zioni in cui l’uso degli impianti a vite classica risultava dif-

ficoltoso od impossibile; le indicazioni principe all’uso di

questo particolare tipo di impianto sono infatti:

Convergenza radicolare

Sottosquadri ossei

Siti post-estrattivi

Espansioni crestali

Ciascuna di queste indicazioni è strettamente collegata

alla macromorfologia tronco-conica di questa linea

implantare, ma nel presente articolo ci limiteremo a

descrivere le peculiarità di questa sistematica introdotta

nel mercato negli ultimi anni.

Vi sono comunque anche delle situazioni in cui l’impie-

go di questi impianti può essere controindicato, ad

esempio in caso di posizionamento contemporaneo ad

una procedura di maxi rialzo di seno mascellare. in que-

sti casi infatti, specie se si interviene in seni altamente

pneumatizzati e creste ossee molto riassorbite, è neces-

sario e fondamentale ottenere la stabilità primaria del-

l’impianto. in tali situazioni, con questa sistematica

implantare si potrebbero avere problemi di stabilità pri-

maria dovuti all’ assenza di spire proprio a livello della

porzione coronale degli impianti, ed il loro inserimento

potrebbe quindi portare ad un rapporto inadeguato tra

l’osso residuo e le spire dell’impianto. gli ultimi nati, in

casa orvit, denominati “Profile deep-neck” e dotati di

microfilettatura anche a livello di buona parte del collet-

to degli impianti, sembrano poter rappresentare una

soluzione a queste indicazioni cliniche.

Caratteristiche morfologico-meccaniche

gli impianti della sistematica Profile hanno forma conica,

ovvero presentano una porzione apicale ristretta, ed un

colletto implantare svasato (tipico degli impianti tran-

smucosi) nettamente più largo, che conferisce una

conometria lungo tutto l’asse maggiore dell’impianto.

Questa caratteristica, unica nel suo genere, ha permes-

so, di realizzare una sistematica con un ridotto numero

di accessori. Laddove infatti si abbia una tipologia di

impianto puramente conica, ne deriva la necessità di

una serie di frese per ogni lunghezza implantare, in

quanto un impianto di lunghezza dieci avrà una conicità

diversa da uno di lunghezza tredici, anche se di medesi-

mo diametro. La tipologia tronco conica, in cui la coni-

cità si ha negli ultimi mm apicali, con la rimanente parte

pseudocilindrica, permette altresì di utilizzare un’unica

serie di frese indipendentemente dalla lunghezza da

inserire in quanto tutte le lunghezze presenteranno il

parametro di conicità costante solo nei mm apicali.

Prima di procedere ad una descrizione delle varie carat-

teristiche che rendono questo impianto così semplice,

dobbiamo ricordare alcune peculiarità meccaniche fon-

damentali, che rendono ragione della sua versatilità di

impiego.

Eseguendo dei test in compressione su impianti cilindrici

e conici, dello stesso diametro e lunghezza ed in osso di

diversa densità è stato visto che, per ottenere il mede-

simo spostamento, i valori di carico da esercitare sul

modello root-form sono maggiori ed aumentano signi-

ficativamente sia con l’aumento dello spostamento con-

siderato, sia con l’aumento della densità osseav .

Questa differenza tra i due sistemi implantari è princi-

palmente dovuta alla conicità dell’impianto; infatti se nel-

la vite classica le spire risultano tutte sovrapposte, facen-

do sì che l’area di scarico delle forze verticali si abbia

solo sul fondo dell’impianto, il disegno conico distribui-

sce le forze compressive su una superficie di osso mag-

giore (cioè quell’area che sottende ogni singola spira),

aumentando di fatto la stabilità primaria e riducendo

drasticamente il fenomeno dello “stripping”, intendendo

con questo termine la tendenza a “spanarsi” di un

impianto quando sottoposto ad un torque di avvita-

mento eccessivo.

gli alti valori di stabilità primaria sono inoltre dovuti al

design delle spire, le quali, in sezione trasversale, pre-

sentano la superficie superiore posta perpendicolar-

mente rispetto all’asse dell’impianto e ciò permette da

un lato una maggior capacità autofilettante (in sezione

assiale la dimensione della spira è la metà della classica

Branemark) dall’altro di scaricare completamente sulla

superficie ossea la forza verticale agente sulla spira, sen-

za necessità di scomposizioni di forzevi.

oltre alla morfologia sopra descritta, altre caratteristi-

che peculiari della sistematica implantare Profile sono

rappresentate dal trattamento di superficie, ottenuto

tramite una prima sabbiatura con corindone bianco,

seguita successivamente da una mordenzatura acida, in

grado di ottenere una superfice microruvida esente da

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2008

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Page 18: Symposium N-01

residui ed impurità.Anche nella componentistica prote-

sica, il concetto di ergonomia della sistematica implanta-

re viene esaltato, in quanto, tutti i diametri implantari

presentano lo stresso tipo di connessione, riducendo al

minimo necessario le componentistiche per la riabilita-

zione protesica.

La possibilità invece di disporre di un sistema di connes-

sione universale, permette a coloro che praticano l’im-

plantologia di poter scegliere agevolmente il tipo di

componentistica in base al tipo di riabilitazione che

dovrà essere effettuata.

Semplicità di utilizzo

Passiamo quindi a descrivere una caratteristica fonda-

mentale per tutti coloro che praticano l’implantologia

ed in special modo per i neofiti allorquando ci si appre-

sta ad usare un nuovo sistema implantare.

Anzitutto vogliamo ricordare che il kit di frese necessa-

rie per tutti gli impianti della linea Profile è ridotto a 6,

utilizzabili con tutte le lunghezze e con tutti i diametri.

Quindi, con una serie di frese estremamente ridotta,

sarà possibile inserire 5 diametri diversi ognuno dei

quali rappresentato da 5 lunghezze disponibili, per un

totale di 25 impianti differenti.

A queste va aggiunta inoltre una fresa pilota con testa

lavorante, che viene usata per creare la cavità d’accesso

iniziale, facilitando così l’uso delle frese successive.

Queste frese sono distinte da una scala cromatica (gial-

lo,viola,blu e verde), che è la stessa che identifica i vari

diametri implantari e ne permette una facile e rapida

individuazione; sono frese cosiddette elicodali, con testa

non lavorante, ed alta capacità di taglio, evitando feno-

meni di mancata osteointegrazione da innalzamento

eccessivo della temperatura. Questo permette di ovvia-

re ad un’iniziale mancanza di sensibilità nei confronti del

parametro temperatura, condizionata dalla forza e dal

tempo di applicazione della fresa lavorante sull’osso, che

potrebbe inficiare definitivamente il risultato finale.

Le stesse frese presentano delle tacche di riferimento,

ben evidenti anche durante le fasi di lavoro, che consen-

tono di rendersi conto, anche in fase intraoperatoria,

della profondità raggiunta, senza dover continuamente

ricorrere all’uso della sonda millimetrata.

Come già sottolineato, il non dover ricorrere all’uso del

maschiatore, tranne in rari casi, grazie all’alta capacità di

autofilettaggio, rappresenta indubbiamente un ulteriore

vantaggio in quanto facilita l’intervento e ne riduce i

tempi, con un netto miglioramento della morbilità

postoperatoria.

La gamma di impianti prevede 5 diverse lunghezze e,

come detto, svariati diametri, che permettono di sosti-

tuire tutti gli elementi, dagli incisivi ai molari, rispettando

le caratteristiche estetico-funzionali peculiari dei diversi

settori della bocca. E’ infatti ormai accertata la presenza

di “Canti-lever” nelle riabilitazioni di molari con impianti

standard, così come è altrettanto veritiera la difficoltà di

ottenere una buona estetica nei settori anteriori infe-

riori, sempre con impianti standard.

il serraggio dell’impianto è affidato ad un cric dinamo-

metrico (opzionale), che permette di sviluppare un tor-

que massimo standard di 35 n, impedendo il surriscal-

damento dell’osso del sito implantare ed i conseguenti

fenomeni di fibrointegrazione.

Pur avendo parlato fino ad ora delle caratteristiche

intrinseche degli impianti conici, specifiche per questa

sistematica, non abbiamo ancora accennato a quella che

sembra essere, a nostro giudizio, la caratteristica princi-

pale per un professionista alle prime esperienze in

implantologia.

E’ risaputo infatti che, essendo solo la fresa pilota quella

dotata di capacità di taglio in testa, le frese che la seguo-

no tendono ad essere piuttosto difficili da utilizzare

soprattutto nel momento in cui impattano la corticale

per iniziare l’ampliamento del sito. La corticale infatti,

essendo costituita da osso particolarmente denso,

oppone una notevole resistenza all’azione di taglio e

perciò un neofita con un “polso” non sufficientemente

stabile, può correre il rischio di far scivolare la fresa al di

fuori del letto implantare, con conseguenti danni a livel-

lo dei tavolati ossei. il ricorso ad una sistematica conica

annulla questo fenomeno, in quanto le frese che devono

svasare il sito implantare essendo anch’esse coniche in

testa e quindi di diametro ridotto, tendono a penetrare

automaticamente per alcuni millimetri all’interno del let-

to preparato dalla fresa precedente, potendo quindi

autoguidarsi nella svasatura della superficie ossea.

Come abbiamo già accennato prima, il peculiare dise-

gno dell’impianto Profile consente di aumentare di mol-

to la superficie di contatto con l’osso e la superficie uti-

lizzabile per scaricare le forze verticali di compressione,

mentre la presenza di spire rovesciate rende ottimale la

trasmissione all’osso del carico sottostante.

La seconda parte dell’impianto, cioè il millimetro più

coronale, presenta una superficie liscia (diventata nei

nuovi impianti microfilettata), in corrispondenza della

quale si ha una prossimità, (cioè contatto senza adesio-

ne) della mucosa orale che impedisce una colonizzazio-

ne microbica, per la minore capacità di adesione batte-

rica su substrati lisci.

16noVEMBRE

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Page 19: Symposium N-01

17noVEMBRE

2008

Fig.1-2: Particolare delle frese e

del maschiatore della

sistematica Profile. Risulta ben

evidente la marcatura per non

perdere mai la profondità di

lavoro.

Fig.3-4-5: inserimento

dell’impianto, e particolare

del profilo di emergenza

con l’inserzione della vite

tappo.

Fig. 6-7-8: Vite di

guarigione a distanza di 4

mesi, ed aspetto dei tessuti

molli a guarigione avvenuta.

Fig.9-10: Posizionamento

del transfert da impronta

sia in visione laterale che

occlusale.

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Page 20: Symposium N-01

18noVEMBRE

2008

Fig.14-15-16: Prova

dell’abutmenmt in tiatnio.

Fig.17-18: Consegna della

corona in oro ceramica su

impianto con metodica

cementata.

Fig.11-12-13: Presa

dell’impronta con materiale

siliconico, e visione a maggior

ingrandimento del profilo di

emergenza implantare, sul

modello sviluppato in gesso.

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Page 21: Symposium N-01

Conclusioni

Da quanto detto fino ad ora, possiamo trarre delle

importanti conclusioni: anzitutto da un punto di vista

strettamente pratico e concreto, un numero di compo-

nenti minore, consente di avere minori costi gestionali e

di laboratorio, rendendo più snello e veloce il lavoro, sia

per l’odontoiatra, che per l’odontotecnico, che per tutta

l’equipe dello studio, senza perdersi in una miriade di

componenti diversi.

Sempre da un punto di vista operativo, la chiara e sem-

plice codificazione per colori dei diametri implantari,

ritrovabile anche su tutti gli altri componenti, permette

una maggiore velocità ed immediatezza durante l’atto

chirurgico, individuando subito all’interno del vassoio, i

componenti necessari a tutte le fasi.

Passando poi ad analizzare le caratteristiche fisiologiche

dell’impianto, abbiamo visto la notevole differenza di

resistenza ai carichi assiali rispetto ai corrispondenti

impianti cilindrici, determinata da una migliore distribu-

zione delle forze, che vengono scaricate sull’osso alveo-

lare in modo più normale ed uniforme, merito della

morfologia molto più simile a quella di un elemento

naturale.

Da ciò deriva una migliore risposta biologica sia durante

la fase di inserimento, in quanto il profilo implantare

consente un iniziale posizionamento senza esercitare

forze torsionali di avvitamento (la parte più piccola del

cono, cioè la zona apicale, si impegna direttamente nel

sito), sia per la creazione di un sito a morfologia mista

conico-cilindrica che, accorciando il braccio di leva della

parte lavorante, riduce notevolmente lo sbandieramen-

to della fresa.

Anche durante le prime fasi di avvitamento c’è una

minore probabilità di superare la soglia di forza torsio-

nale necessaria a che le spire si impegnino all’interno

dell’osso, evitando quindi surriscaldamenti eccessivi ed

eventuali fenomeni di “stripping”.

Quanto finora esposto è supportato anche da una let-

teratura internazionalevii viii per quel che riguarda la

biocompatibilità, l’osteointegrazione e la risposta ossea

al carico funzionale di questo tipo di impianti, avendo

oramai dato per accertato la notevole supremazia degli

impianti a morfologia radicolare rispetto ai classici

impianti a vite cilindrica.

Bibliografia

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Lopez B.S., Arvidson K.: Determining optimal surface

roughness of Tio(2) blasted titanium implant material

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cells derived from human mandibular alveolar bone.,

clin oral imp Res, 2001 oct; 12(5): 515-25.

ii Misch C.E., Bidez M.W., Sharawy m.: A bioengi-

neered implant for a predetermined bone cellular

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case report., J Periodont 2001 Sep; 72(9): 1276-86.

iii Hurson S.: Threaded implant design criteria, int J

Dent Symp.1994; 2(1): 38-41.

iv Linkow L.i., gelbart M.: Root form implants for

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v Rieger M.R.: Finite element stress analysis of root-

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vi Barzilay i.: Rotational accuracy of implant compo-

nents for single-tooth, root-form implant., Dent

implant update 1991, Jan; 2(1): 5-7.

19noVEMBRE

2008

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Page 25: Symposium N-01

23giugno

2009

Riassunto

i vantaggi principali apportati dall’uso del Mo

sono legati alla possibilità di ingrandire il cam-

po di azione e l’oggetto dell’intervento, asso-

ciato ad una illuminazione intensa e pressoché

coassiale. Quest’ultima permette di illuminare

efficacemente anche all’interno di cavità buie e

difficilmente raggiungibili. L’ingrandimento del

bersaglio dell’intervento inoltre permette all’o-

peratore di raggiungere grandissima finezza nei

movimenti poiché la definizione dell’immagine

al microscopio amplia la percezione di questi

ultimi. Questo consente una migliore operati-

vità in tutte le branche della chirurgia orale

come mostrato in varie serie fotografiche. Per

potere sfruttare queste possibilità è necessario

che la configurazione e la preparazione del

Mo permettano alla equipe chirurgicadi lavo-

rare con efficienza ed in sicurezza. infine la pos-

sibilità di raggiungere ingrandimenti elevati per-

mette di utilizzare il Mo come un raffinato

strumento di controllo, mentre grazie ai dispo-

sitivi foto-video ad esso collegabili è possibile

raccogliere senza sforzo una completa ed

accurata documentazione. in chirurgia orale il

Mo risulta essere quindi un ausilio validissimo

per “fare, controllare, documentare”.

Parole chiave

Microscopio operatorio, chirurgia orale,

odontoiatria

Summary

i vantaggi principali apportati dall’uso del Mo

sono legati alla possibilità di ingrandire il cam-

po di azione e l’oggetto dell’intervento, asso-

ciato ad una illuminazione intensa e pressoché

coassiale. Quest’ultima permette di illuminare

efficacemente anche all’interno di cavità buie e

difficilmente raggiungibili. L’ingrandimento del

bersaglio dell’intervento inoltre permette all’o-

peratore di raggiungere grandissima finezza nei

movimenti poiché la definizione dell’immagine

al microscopio amplia la percezione di questi

ultimi. Questo consente una migliore operati-

vità in tutte le branche della chirurgia orale

come mostrato in varie serie fotografiche. Per

potere sfruttare queste possibilità è necessario

che la configurazione e la preparazione del

Mo permettano alla equipe chirurgicadi lavo-

rare con efficienza ed in sicurezza. infine la pos-

sibilità di raggiungere ingrandimenti elevati per-

mette di utilizzare il Mo come un raffinato

strumento di controllo, mentre grazie ai dispo-

sitivi foto-video ad esso collegabili è possibile

raccogliere senza sforzo una completa ed

accurata documentazione. in chirurgia orale il

Mo risulta essere quindi un ausilio validissimo

per “fare, controllare, documentare”.

Key Words

Microscopio operatorio, chirurgia orale,

odontoiatria

MICROSCOPIA

Cristiano Grandi

Libero professionista in Roma

il miCrosCoPiooPeratorio in ChirurGia orale

introduzione

Dopo circa trenta anni dagli interventi sull’orecchio pra-

ticati presso l’ università di Stoccolma da Carl nylen (1)

con l’ausilio di un microscopio monoculare, nel 1953 la

ditta Carl Zeiss immetteva sul mercato il primo stereo-

microscopio per chirurgia. Da quei lontani primordi le

tecniche micro-chirurgiche sono state adottate da tutte

le specialità chirurgiche. Anche l’odontoiatria, specialità

chirurgica a tutti gli effetti, ha introdotto il Microscopio

operatorio (Mo) tra i suoi strumenti. Tra i primi ad uti-

lizzare il Mo sono stati Ducamin e Boussens (2,3) che

riferiscono di utilizzare sistemi ingrandenti fino a 40

ingrandimenti dotati di sorgenti di luce coassiale fino dal

1955, e Baumann (4). Dall’inizio degli anni ’80 l’uso del

Mo si diffonde alle varie branche della odontoiatria

(5,6,7,8).

nella moderna odontoiatria viene grandemente enfa-

tizzata la ricerca della precisione delle manovre tera-

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Page 26: Symposium N-01

peutiche, obiettivo che consente di ottenere i due risul-

tati che definiscono la odontoiatria “up to date”: accu-

ratezza e minimo traumatismo. L’uso del Microscopio

operatorio costituisce un ausilio importante per il rag-

giungimento di questi obiettivi.

Vantaggi generici

i vantaggi principali apportati dall’uso del Mo sono

legati alla possibilità di ingrandire il campo di azione e

l’oggetto dell’intervento, associato ad una illuminazione

intensa e pressoché coassiale. Quest’ultima permette di

illuminare efficacemente anche all’interno di cavità buie

e difficilmente raggiungibili. L’ingrandimento del bersa-

glio dell’intervento permette all’operatore di raggiunge-

re grandissima finezza nei movimenti poiché la definizio-

ne dell’immagine al microscopio amplia la percezione di

questi ultimi.

Caratteristiche del Microscopio operatorio

Le caratteristiche del Mo come descritte da Hoerenz

nel 1980-81 (9,10,11) sono:

Due tubi binoculari, un per ogni occhio, che definiscono

i due percorsi ottici indipendenti

obiettivo, a vario ingrandimento

oculari

Sistema di illuminazione.

i moderni microscopi si differenziano per la capacità di

magnificazione, per intensità della illuminazione, per la

mobilità degli oculari, per la possibilità di variare in con-

tinuo l’ingrandimento ( zoom) oppure no, per la possi-

bilità di variare la distanza focale, per la possibilità di

regolare elettricamente questi parametri, per i diversi

sistemi di sospensione del Mo( bilanciato, frizionato,

elettrofrenato), ed infine per la possibilità di associare

diversi tipi di sistemi per la documentazione video.

Caratteristiche del microscopio per la chirurgia orale

Le caratteristiche ideali di un Mo adatto all’utilizzo in

chirurgia orale di discostano alquanto da quelle richie-

ste nell’odontoiatria generale, e sono pressoché sovrap-

ponibili a quelle di un comune Mo per la chirurgia oRL

o per la neurochirurgia. il principio che detta questa

caratteristiche è l’esigenza di avere la massima flessibilità

per potere spostare il punto focale nelle varie zone ana-

tomiche ed per potere inquadrare quest’ultime da

diverse angolazioni secondo le necessita operative. Esso

deve essere quindi necessariamente fornito di disposi-

tivo per la variazione continua dell’ingrandimento

(zoom). Dovrebbe, inoltre, essere fornito di variazione

1

impostazione del lavoro al

Microscopio operatorio

Microscopio in odontoiatria

generale

Allestimento del Mo con

guaine sterili per il lavoro in

campo chirurgico

Team minimo per la chirurgia

orale: primo operatore,

secondo operatore, assistente

24noVEMBRE

2008

1

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Page 27: Symposium N-01

25noVEMBRE

2008

della distanza focale, di oculari inclinabili per l’operatore

e per la co-osservazione del secondo operatore.

Queste funzioni devono essere attivabili elettricamente,

eventualmente con comando a pedale, per liberare la

mani dell’operatore limitare il contatto continuo con il

Mo. il sistema di sospensione deve consentire agili spo-

stamenti se richiesti ed impedire movimenti accidentali.

La sorgente luminosa deve fornire sufficiente illumina-

zione anche in cavità profonde senza alterare i colori né

surriscaldare le strutture anatomiche illuminate. infine

deve tassativamente essere disponibile un sistema di

coperture sterili.

impostazione del lavoro al Microscopio operatorio

L’impostazione del lavoro al Mo in chirurgia orale si

discosta alquanto dalla odontoiatria generale.

L’odontoiatra ha la possibilità di tenere il Mo fermo su

uno stesso bersaglio per lunghi periodi, può evitare

coperture sterili avendo l’accortezza di effettuare le

opportune procedure tra un paziente ed un altro. Può

altresì agevolmente trattare il paziente con il supporto

di una sola assistente, anche non in continuo. Ciò non

accade durante la seduta chirurgica. il primo operatore

ha necessità di spostarsi frequentemente, di inquadrare

la stessa struttura da più angolazioni, si muove in

ambiente sterile deve potere toccare il Mo senza con-

taminarsi. Egli è sempre coadiuvato da un secondo ope-

ratore che deve avere simile possibilità di visione. il

team chirurgico deve essere supportato da minimo una

assistente. Ciò non perché non sia possibile spostare gli

occhi dal Mo, ma allo scopo di riordinare il tavolo ope-

ratorio ponendo gli strumenti in procinto di essere uti-

lizzati più vicini agli operatorio, o di porgerglieli diretta-

mente (fig.1).

Applicazioni del microscopio in chirurgia orale

La sinergia ingrandimento + illuminazione trova applica-

zione in tutte le branche della chirurgia orale permet-

tendo all’operatore di dare il massimo delle sue capacità

in termini di accuratezza e delicatezza.

i campi di utilizzo del Mo nella chirurgia orale si posso-

no così riassumere:

Chirurgia endodontica

Chirurgia periapicale

Chirurgia periradicolare

Chirurgia parodontale

Chirurgia rigenerativa

Chirurgia mucogengivale

Chirurgia resettiva

Chirurgia estrattiva

Chirurgia implantare

Chirurgia preimplantare

Chirurgia odontostomatologica

dei tessuti duri

dei tessuti molli

Chirurgia endodontica:

La chirurgia endodontica per

prima ha adottato il Mo come

strumento indispensabile per la

realizzazione delle moderne tec-

niche chirurgiche. già nel 1984

Reuben ed Apotheker e

Staffileno nel 1985 (13,14) indicavano come il Mo tro-

vasse la sua massima espressione in questo tipo di chi-

rurgia che richiede la massima precisione negli spazi più

angusti e in difficili condizioni di illuminazione. negli anni

successivi centinaia di articoli hanno dimostrato l’inte-

resse degli operatori per le possibilità offerte dal Mo in

chirurgia endodontica, arrivando fino a Zesis e Lin, et al.

(15) che nel 2005 ,in un loro studio, raggiungono , attra-

verso l’adozione di tecniche microchirurgiche, percen-

tuali di guarigione superiori al 90%.

Chirurgia periapicale

in chirurgia periapicale possiamo ottenere abbastanza

facilmente un buon accesso, soprattutto negli elementi

anteriori e premolari, tanto che questo si può conside-

rare il primo passo della curva di apprendimento per

l’operatore che utilizza per le prime volte il Mo. Questo

permette di identificare con facilità il contorno della

2

Chirurgia periapicale dente 16

RX preoperatoria

incisione Submarginale

Festonata (sec. oshenbein-

Leubke)

Scollamento sottoperiosteo

Clivaggio della lesione

Resezione radici vestibolari

Resezione completata radice

palatale (piano di taglio

evidenziato con blu di

metilene)

Rimozione frammento apicale

RX controllo a 12 mesi

guarigione tessuti molli a 12

mesi

2

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Page 28: Symposium N-01

radice, evidenziandone eventuali irregolarità. Consente

altresì di minimizzare la resezione apicale, laddove pos-

sibile, e la preparazione retrograda. Con il Mo è possi-

bile operare in sicurezza, se ben addestrati, anche ele-

menti posteriori di tutti i quadranti. nella figura n°2 è

descritto un caso riguardante un elemento 1;6 affetto

da paradentite apicale cronica con corona protesica

recente che l’endodontista ha inviato per la chirurgia.

Per mezzo di un adeguato ingrandimento è stato possi-

bile clivare precisamente la lesione dal tessuto osseo

sano e resecare sia le redici vestibolari che quella pala-

tale (per via sub-antrale) utiliz-

zando la cripta ossea della lesio-

ne senza estenderla (fig.2).

Chirurgia periradicolare

nella chirurgia periradicolare

vengono trattate più frequente-

mente le conseguenze di errori

procedurali. Questi di norma

vengono aggrediti al terzo

medio od al terzo coronale.

nella figura n°3 viene descritto

un caso di perforazione della

parete palatale di un dente 2;4

localizzata tra il terzo medio ed il

terzo apicale. unicamente grazie

al Mo è stato possibile reperire

la perforazione, visualizzandola

tramite micro-specchi, prepararla

come una cavità regolare ed in

fine sigillarla con cemento adatto

( MTA) (fig. 3).

Chirurgia parodontale

Tutti i tipi di chirurgia parodontale, rigenerativa, muco-

gengivale, rigenerativa, si giovano della possibilità che il

Mo dà di manipolare con grandissima precisione e deli-

catezza i delicati tessuti parodontali. in ragione di ciò nei

primi anni ’90 il Mo ha iniziato ad essere adottato in

parodontologia. Questo ha seguito di pochi anni l’intro-

duzione, in chirurgia parodontale, di tecniche altamente

complesse che richiedevano grande accuratezza. E’ nel

1994 che Shanelec e Tibbets testimoniano per la prima

volta l’utilizzo del Mo in chirurgia parodontale (16,17).

Pecora e De Leonardis nel 1999 pubblicano il primo

studio clinico controllato che valuta l’impatto delle tec-

niche microchirurgiche in parodontologia (18).

Cortellini e Tonetti, nel 2001, utilizzando il Mo nella

gTR ottengono la copertura di membrane in e-PTFE

nel 100% dei casi e la mantengono nel 92.3% dei casi

per tutto il periodo della guarigione (19). infine Francetti

e del Fabbro nel 2004 per mezzo di metodiche micro-

chirurgiche e l’ausilio del Mo ottengono una percentua-

le media di ricopertura di recessioni, trattate con lembo

spostato coronalmente ed innesto di connettivo, del

97,03% (20).

Chirurgia rigenerativa

nella gTR la notevole complessità della tecnica chirur-

gica e la elevata dipendenza del risultato dall’accuratez-

za dell’operatore suggeriscono implicitamente l’uso del

Mo. Questo si rivela particolarmente utile nella delicata

gestione del parodonto marginale e nel controllo della

efficacia delle manovre di eliminazione dei tessuti molli

dal difetto e dei tessuti duri dalla superficie radicolare

all’interno di un sito solitamente stretto e profondo.

nella figura n°4 Viene illustrato il trattamento rigenera-

tivo di una lesione di 9 mm a 2/3 pareti del elemento

14. Dopo avere con precisione disegnato un lembo

“papilla modificata” sec. Cortellini, senza incisioni di rila-

sciamento, viene preparato il sito e correttamente posi-

zionata una membrana in e-PTFE. La papilla viene per-

fettamente ricollocata nella sua sede dove rimane per

tutto il periodo della guarigione (fig.4).

Chirurgia mucogengivale

il Mo rappresenta uno strumento utilissimo nella chi-

rurgia mucogengivale. La massima delicatezza e vulnera-

bilità dei sottili tessuti che vengono manipolati richiede

all’operatore grande precisione e controllo. Questi ven-

3

Chirurgia periradicolare dente

2;4

RX pre

incisione “Papilla Base” ( sec.

Velvart )

Scollamento sottoperiosteo

Rimozione lesione e

visualizzazione perforazione

Preparazione della

perforazione con ultrasuoni

Sigillatura con MTA

Sutura 7-0

guarigione tessuti molli a 12

mesi

guarigione lesione a 12 mesi

26noVEMBRE

2008

3

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Page 29: Symposium N-01

27noVEMBRE

2008

gono amplificati dall’uso del Mo. nella figura n°5 sono

illustrate le fasi salienti di un intervento per la ricoper-

tura di recessioni radicolari multiple nel primo quadran-

te utilizzando il lembo PFP descritto da Zucchelli e De

Sanctis. Per mezzo dell’ingrandimento è possibile con-

trollare con semplicità la delicata incisione a spessore

parziale della papilla, la disepitelializzazione della papilla

residua, la posizione della doppia incisione di rilascio ed

il preciso posizionamento coronale (fig.5).

Chirurgia resettiva

i vantaggi dell’uso del Mo sono meno evidenti, ma non

minori, nella chirurgia parodontale resettiva. Avere la

disponibilità di un campo operatorio ben illuminato e la

possibilità di ingrandire a piacimento un particolare

riduce i tempi operatori, mentre

la maggiore accuratezza delle

manovre migliora a velocizza la

guarigione. La figura n°6 riper-

corre le fasi di un intervento a

lembo riposizionato apicalmente

sugli elementi 25 e 26 con con-

testuale inserimento di una fixtu-

re in posizione 23 (fig.6).

Chirurgia estrattiva

in chirurgia estrattiva maggiore

precisione significa minore trau-

ma per il paziente ma anche

maggiore sicurezza nel portare

strumenti chirurgici aggressivi in prossimità di strutture

nobili e delicate. il Mo migliora la nostra capacità di

identificare il clivaggio tra dente e osso, così come tra

lesioni molli a strutture nervose e vascolari, e maggiore

precisione e sicurezza nel condurre la odontotomia.

nella figura n°7 sono descritte le fasi di un intervento

di estrazione di 4;8 con contestuale rimozione della

struttura cistica a contatto con il nAi.

Chirurgia implantare

L’uso del Mo durante le proce-

dure di chirurgia impiantare con-

sente di ottenere il massimo

controllo in tutte la fasi, si quelle

di accesso ( incisione, scollamen-

to, sollevamento) sia in quelle più

tipiche dell’implantologia ( pre-

parazione del sito, inserimento

della fixture, avvitamento delle

viti di copertura e delle compo-

nenti protesiche). L’utilizzo del-

l’ingrandimento permette, come

sempre, un ottimale preservazio-

ne delle strutture adiacenti. infine

il Mo risulta particolarmente uti-

le nelle procedure di rigenerazio-

ne ossea perimplantare e nella

gestione dei tessuti molli intorno

agli impianti. nella serie n°8 si

possono vedere i principali

momenti di un intervento di

inserimento di fixture in zona 14, 15, 16, con contestuale

rialzo di seno mascellare DX in prossimità delle radici

dell’elemento 17 già trattato endodonticamente.

Chirurgia preimplantare

La illuminazione ideale del campo operatorio e la pos-

4

Rigenerazione parodontale 14

Sondaggio 9mm

incisione “papilla modificata”

Toeletta della lesione

inserimento della membrana

Sutura della membrana

Sutura del lembo

Controllo a 14gg

Rimozione suture a 14gg

guarigione a 12 mesi

5

Lembo PFP spostato

coronalmente

Situazione pre

incisione centrale su 13

incisione a spessore parziale

delle papille

Sollevamento porzione a

spessore totale

Disepitelializzazione papille

Prima incisione di rilasciamento

nuova posizione spontanea

del lembo

Sutura delle papille

Sutura completata

4

5

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Page 30: Symposium N-01

sibilità di variare gli ingrandimenti

per focalizzare particolari impor-

tanti sono i vantaggi apportati

dal Mo nella chirurgia per la

rigenerazione preimplantare. Tali

vantaggi sono sensibili sia che si

operi in un campo ristretto sia,

come vedremo, che si operi in

un campo ampio fino ad una

intera arcata. A questo va aggiun-

to la consueta precisione ed

accuratezza che il Mo permette

all’operatore. nella immagine

n°9 vengono mostrate le vari fasi

di una ricostruzione di cresta

atrofica, con intervento combinato di rialzo di seno e

ricostruzione con griglia in titanio, in cui il Mo viene uti-

lizzato sia a basso ingrandimento visualizzando tutto il

campo correttamente illuminato sia ad elevato ingran-

dimento nelle fasi che richiedono accuratezza maggiore,

come ad es. nella apertura e nel sollevamento della fine-

stra antrale.

Chirurgia odontostomatologica

in tutte le altre situazioni che si

possono presentare al chirurgo

orale, riguardanti sia i tessuti duri

che i tessuti molli, il Mo fornisce

sempre un campo operatorio

chiaro e ben illuminato, mante-

nendo la possibilità di focalizzare

a più alto ingrandimento, in qual-

siasi momento lo si desideri, le

strutture di maggiore interesse.

dei tessuti duri

nella serie n°10 è possibile

seguire una rimozione di cisti

naso palatina. il Mo permette di

inquadrare sia il palato nella sua

totalità che particolari più fini

come il peduncolo vascolare che

viene interrotto con pinzetta

bipolare prima di essere inciso.

dei tessuti molli

nella serie n°11 sono invece visi-

bili le fasi principali della rimozione di una cisti saliva re

del labbro inferiore in cui il Mo consente la manipola-

zione assolutamente controllata di tessuti molli estre-

mamente delicati, permettendo l’escissione della cisti

integra ed una sutura precisa esente da reliquati visibili.

Considerazioni accessorie

A rendere il Mo una strumento di primaria importanza

contribuiscono poi due aspetti aggiuntivi non meno

importanti: l’utilizzo del Mo come strumento di con-

trollo e come strumento per la documentazione foto-

video.

Dopo ogni fase operativa è possibile utilizzare il Mo

come raffinato strumento di controllo spingendo l’in-

grandimento a livelli non altrimenti utili per le procedu-

re chirurgiche ma in grado di consentire un controllo

fine del risultato di ciò che è stato fatto.

Per quanto riguarda l’utilizzo del Mo come strumento

do documentazione, ciò risulta particolarmente agevole

6

Lembo riposizionato

apicalmente

Situazione pre

incisione

scollamento

rimozione parete della tasca

preparazione sito implantare in

23

contestuale inserimento di

fixture in 23

misurazione iSQ

suture

protesi provvisoria

7

Rimozione 48 e cisti

RX pre

incisione

Accesso alla lesione

Scollamento pareti superiori e

laterali della cisti

Estrazione 48

Scollamento parete inferiore

della cisti

Cisti enucleata

Controllo a 12 mesi

RX a 12 mesi

28noVEMBRE

2008

6

7

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Page 31: Symposium N-01

29noVEMBRE

2008

grazie alla possibilità di connette-

re sia telecamere che fotocame-

re ad uno od a entrambi i per-

corsi ottici. Ciò consente di

riprendere o fotografare in tem-

po reale le varie fasi operatorie

senza la necessità di interrompe-

re il lavoro.

Conclusioni

L’uso del Mo in Chirurgia orale

richiede una pianificazione logi-

stica che preveda alcuni accorgi-

menti che ne permettano l’uso

senza che questo si traduca in un

impedimento aggiuntivo al lavoro

del chirurgo invece che un aiuto.

Pur non concordando con i mol-

ti autori che definiscono indi-

spensabile il lavoro “a quattro

mani” in ogni ambito della odon-

toiatria al microscopio constatia-

mo però che questa considera-

zione sia assolutamente valida in

chirurgia, dove un secondo ope-

ratore , e non un’assistente, deve

affiancare il primo operatore. La

configurazione e la preparazione

del Mo deve quindi permettere

questo lavoro di equipe in sicu-

rezza. Tutte le branche della

Chirurgia orale ricavano effetti-

vi vantaggi operativi dall’uso del

Mo. La possibilità di ottenere un

campo perfettamente illuminato

in ogni sua parte e di potere

ingrandire e focalizzare a piaci-

mento qualsiasi area del campo

operatorio ne fanno uno stru-

mento utilissimo. infine la possibi-

lità di raggiungere ingrandimenti

elevati permette di utilizzare il

Mo come un raffinato strumen-

to di controllo, mentre grazie ai

dispositivi foto-video ad esso

collegabili è possibile raccogliere

senza sforzo una completa ed

accurata documentazione.

8

Sinus Lift destro ed

inserimento impianti

RX pre

incisione

scollamento

finestra sinusale

sollevamento membrana

sinusale

controllo apice di 17

larghezza finestra 6mm

altezza finestra 4mm

impianti inseriti

9

Sinus Lift sinistro e griglia in

titanio

situazione pre

TC pre

incisione

finestra sinusale

sollevamento membrana

sinusale

riempimento subantrale

adattamento griglia

fissazione griglia

sutura finale

10

Rimozione cisti nasopalatina

TC pre

Situazione pre

incisione

scollamento lembo palatale

dislocazione lembo palatale

clivaggio della cisti

interruzione peduncolo

vascolare con bipolare

cavità residua

sutura finale

8

9

10

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Page 32: Symposium N-01

11

Rimozione cisti salivare labbro

inferiore

pre

trazione sul labbro

incisione superficiale

scollamento parete anteriore

scollamento pareti laterali

scollamento parete profonda

dopo svuotamento

rimozione parete cistica

lembo accollato

spontaneamente

sutura finale

30noVEMBRE

2008

11

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Page 33: Symposium N-01

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Page 34: Symposium N-01

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Page 36: Symposium N-01

inTRoDuZionE

Le inclusioni dei iii molari, di comu-

ne riscontro nella pratica odontoia-

trica quotidiana, ci pongono per la

loro frequenza nella necessità di

confrontarci con questo tipo di

situazioni.

Esse vengono comunemente classi-

ficate in base alla collocazione spa-

ziale del iii° molare rispetto a quella

del ii°, alla branca montante mandi-

bolare o al seno mascellare.

Whahl considera la disposizione

dell’asse verticale del iii° molare in

rapporto a quella del ii°, distin-

guendo inclusioni: verticali, mesio-

angolari (Fig. 1), orizzontali o disto-

angolari.

noterman mette in relazione la posizione del iii° mola-

re inferiore con la distanza tra la parete distale del ii° e

la branca montante della mandibola, considerando tre

classi: le prime due con distanza uguale o minore al dia-

metro mesio-distale del iii° molare, la terza classe in cui

il iii° molare è situato in toto o in parte all’interno del

ramo mandibolare.

gregory pone in risalto la profondità del iii° molare

riferita alla giunzione amelo-cementizia del ii° (a livello

della porzione occlusale del ii° molare, tra questa e la

linea amelo-cementizia, al di sotto della linea amelo-

cementizia).

iL LEMBo D’ACCESSo

nella realizzazione del lembo d’accesso, per l’estrazione

del terzo molare inferiore incluso, non si può prescinde-

re dal rispetto delle formazioni anatomiche loco regio-

nali: muscoli massetere, temporale, buccinatore, nervo

linguale (decorre in stretta prossimità della corticale

mandibolare linguale all’altezza degli ottavi) nervo

alveolare inferiore, arteria retromolare, arteria facciale

(incrocia il bordo basilare della mandibola all’altezza dei

molari e prosegue verso l’alto nello spessore della

guancia). Solo la conoscenza topografica di queste strut-

ture permette di non lederle durante l’incisione del

lembo. nella pratica di routine eseguiamo corrente-

mente un lembo triangolare, senza aver mai riscontrato

particolari problemi; questo è sicuramente più difficile

da suturare rispetto al lembo a busta, ma tuttavia pre-

senta l’innegabile vantaggio di una migliore visione del

campo operatorio. Viene ottenuto mediante due inci-

sioni. La prima inizia all’angolo distovestibolare del setti-

mo e si porta indietro e vestibolarmente, per circa 1,5

cm, con un angolo di circa 45° sull’arcata dentaria.

Decorsi al centro del trigono o, peggio, distolinguali

sono da proscrivere, perché possono dar luogo a lesioni

dell’arteria retromolare o del nervo linguale. L’incisione

prosegue fino all’angolo mesiovestibolare del iii° molare

con decorso intrasulculare, quindi prima della papilla fra

ii° e i° molare viene effettuata l’incisione di svincolo,

obliqua (non verticale), per migliorare l’irrorazione

ematica del lembo. La disposizione in senso mesiodista-

le dell’incisione obliqua di svincolo, può variare rispetto

a quella orizzontale; può essere eseguita a livello dell’an-

golo distovestibolare del ii° molare, oppure anche a

livello dell’angolo mesiovestibolare dello stesso dente,

nel caso di marcata mesioinclinazione del iii° molare

34noVEMBRE

2008

1

oPT (Particolare) inclusione

mesio-angolare del 3.8

trattamento ChirurGiCo dei terzimolari inClusi

CHIRURGIA

Alberto Magistri, Luciano Botticelli,

Ada Maria Romitelli,

Mauro Muroni, Lucrezia Leomporra

Ospedale “San Giuseppe” Marino - U.O. Odontostomatologica

1

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Page 37: Symposium N-01

(corona a ridosso della radice distale del ii° molare). in

ogni caso durante l’incisione di svincolo è prudente

proteggere il fondo del fornice con un divaricatore, per

evitare di ledere l’arteria facciale che incrocia qui il bor-

do inferiore della mandibola. una volta delineate le inci-

sioni, lo scollamento del lembo, viene eseguito a spesso-

re totale mediante uno scollaperiostio (obwegeser) sia

a livello vestibolare, che distolinguale dove, durante l’o-

dontotomia viene lasciato a protezione del nervo lin-

guale uno scollatore (Prichard) (Fig. 2).

35noVEMBRE

2008

2

3

2

Scollamento del lembo muco-

periosteo

3

osteotomia vestibolo-distale

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Page 38: Symposium N-01

L’oSTEo-oDonToToMiA

Se il dente è situato al di sotto del piano osseo, dopo

aver scollato il lembo sarà necessario procedere all’ab-

battimento della corticale ossea mediante fresa ossivora

montata su manipolo dritto e micromotore (Fig. 3).

Queste manovre devono essere accompagnate da

abbondante raffreddamento, per evitare il surriscalda-

mento del tessuto osseo e la sua possibile necrosi.

Tra lo strumentario, utilizziamo di routine, un kit

(Chirorale Marino) composto da: uno scollaperiostio

(obwegeser), tre tipi di leve (Miller dx e sn, Friedman

dritta ), ed una sonda da dissezione usata per rilevare

i contorni dell’elemento in disodontiasi (Fig. 4).

nei casi di inclusione orizzontale (mesiale o distale) l’o-

dontotomia viene condotta a carico delle cuspidi mesia-

li o delle cuspidi distali (Fig. 5). Viene effettuata con fresa

a fessura in carburo di tungsteno (Fresissima DiA 316)

(Fig. 6) montata su turbina, con movimenti pendolari in

senso vestibololinguale, avendo cura di proteggere i

tessuti gengivali dalla parte linguale mediante scollatore

(Prichard).

non completiamo l’odontotomia con strumenti rotanti

al fine di evitare lesioni alla corticale ossea linguale ed al

canale alveolare mandibolare, frantumiamo l’ultimo

ponte di tessuto dentario con leva (Miller) (Fig. 7) e

rimuoviamo la porzione di corona.

Qualora la porzione distale o vestibolare della corona

fosse ostacolata nella sua fuoriuscita dalla corticale

ossea, procediamo con osteotomia sulculare distovesti-

bolare per favorire con leva, l’estrazione della porzione

coronale rimanente.

Altre volte, rimossa la corona, lo spazio lasciato libero

da questa, consente di portare avanti la radice con leva

(Barry), dopo averla lussata. La leva (Barry) avrà come

punto d’appoggio distale la parete ossea della cavità

neoformata, in prossimità dell’inizio della branca mon-

36noVEMBRE

2008

Fig. 4 • Strumentazione e kit

chirorale Marino

Fig. 5 • Coronotomia mesiale

Fig. 6 • Fresa ossivora e fresa

Fresissima DiA 316

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Page 39: Symposium N-01

tante della mandibola (Fig. 8). L’impegno dell’uncino del-

la leva può essere facilitato dalla esecuzione di un foro

sulla superficie radicolare. Vi sono infine casi particolari

in cui la disposizione delle radici è tale da dover ricor-

rere ad una ulteriore suddivisione delle stesse, seguita

dalla loro rimozione separata.

LA REViSionE DELLA CAViTA’ E LA SuTuRA

ultimata l’estrazione, ispezioniamo la cavità per indivi-

duare spicole o margini ossei taglienti ed addolcirli con

strumenti rotanti (Fig. 9). Asportiamo, se presenti, i resi-

dui del sacco pericoronarico con curette chirurgica e

prima di suturare eliminiamo tutti i frammenti della fre-

satura (ossei e dentari) presenti all’interno della cavità.

Questa semplice operazione viene effettuata con ripe-

tuti lavaggi di soluzione fisiologica. La sutura viene ese-

guita a punti staccati ed inizia a livello degli angoli del

lembo sul taglio verticale prima (Fig. 10), su quello

orizzontale poi, al fine di permettere il giusto riposi-

zionamento, e favorire un corretto riavvicinamento

dei margini della ferita per una guarigione di prima

intenzione (Fig. 11).

Riteniamo necessario, quindi pianificare l’intervento di

estrazione di un terzo molare incluso, disponendo di

adeguata strumentazione; ogni manovra dovrà essere

effettuata nel rispetto delle strutture anatomiche limi-

trofe al fine di evitare complicanze non sempre rever-

sibili.

37noVEMBRE

2008

Fig. 7 • La leva (Miller)

frantuma il ponte di tessuto

dentario

Fig. 8 • Viene asportata

mediante leva angolata

la componente residua del 38

Fig. 9 • Alveolo residuo con

integrità del setto

interradicolare

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Page 40: Symposium N-01

38noVEMBRE

2008

Fig. 10 • Sutura a livello degli

angoli del lembo

Fig. 11 • Sutura completa

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Page 41: Symposium N-01

39noVEMBRE

2008

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Page 42: Symposium N-01

1

AssociazioneScientificaChirurgiaOdontostomatologicaA.S.C.O. - ONLUSSede legale: Via Fontana Candida, 3900132 ROMACod. Fiscale 97345300582Cell. 3343418758Tel. Fax 06 9456049

L’associazione A.S.C.O. -ONLUS nasce tra colleghi chehanno trovato nell’Ospedale

“San Giuseppe” di Marino un puntodi riferimento per un confrontoprofessionale. L’A.S.C.O. - ONLUSsi prefigge di aumentare le possibi-lità di formazione e aggiornamentoprofessionale promuovendo attivitàdivulgative e scientifiche. Lo spiritoche guida l’attività dell’associazio-ne è quello del dialogo e del con-fronto delle idee che possonomigliorare le conoscenze e le com-petenze professionali.

L’Associazione A.S.C.O. - ONLUS èun’organizzazione non lucrativa chesi fa promotrice dei valori universa-li della solidarietà e dell’assistenzaladdove difficili condizioni socio-cul-turali non consentono di garantirealle fasce più deboli una adeguataassistenza odontoiatrica.Essa intende perseguire esclusiva-mente finalità di solidarietà sociale,civile e culturale e si fa promotrice,in particolare, di attività volte allafornitura di una adeguata assistenzaodontoiatrica nei Paesi in via di svi-luppo.L’Associazione si basa sul principiodi umanità ed assistenza sul pre-supposto che la salute è il bene pri-mario del singolo e della colletti-vità.L’ Associazione ha lo scopo di assi-stere, promuovere e praticare tuttele attività che riguardino la tuteladella salute del singolo e della col-lettività, ed in particolare:

• la diffusione dell’informazionerelativa alla chirurgia odontosto-matologica, mirata all’intercetta-mento precoce ed alla prevenzio-ne e cura dei tumori del cavoorale e delle malattie dell’appara-to stomatognatico, attraverso larealizzazione di progetti di ricer-ca e di pubblicazioni scientifichee la organizzazione e promozione

di iniziative culturali volta alladivulgazione delle ricerche effet-tuate, al fine di migliorare l’edu-cazione sanitaria della colletti-vità;

• la promozione dell’integrazionetra le strutture del ServizioSanitario Nazionale presenti sulTerritorio ed il cittadino utente inmodo da facilitare la correttafruizione dei servizi pubblici, daeffettuarsi anche attraverso lacollaborazione con il Ministerodella Salute, le Regioni, leAziende sanitarie e gli altri orga-nismi e istituzioni sanitarie pub-bliche e l’elaborazione di lineeguida in collaborazione conl’Agenzia per i Servizi SanitariRegionali (A.S.S.R.) e la F.I.S.M.;

• la diffusione di una consapevolecultura della salute tra la popola-zione in linea con il principio chela prevenzione è la cura primariadi ogni malessere;

• lo svolgimento di attività di for-mazione ed aggiornamento perpersonale sanitario e non, orga-nizzando campagne informative,convegni, congressi, corsi perso-nalizzati a seconda dell’utenza eproducendo materiale didatticoed informativo con attività edito-riale rivolta alla pubblicazione diperiodici, anche attraverso lapromozione di trials di studio e diricerche scientifiche finalizzate erapporti di collaborazione conaltre società e organismi scienti-fici;

• lo svolgimento di attività di for-mazione permanente e aggiorna-mento dei soci incaricati di svol-gere le varie attività di formazio-ne ed assistenza, con programmiannuali di attività formativa ECMda effettuarsi attraverso l’autofi-nanziamento e i contributi degli

associati e/o degli enti pubblici eprivati;

• l’offerta di attività assistenzialie di consulenza nelle variediscipline sociosanitarie contri-buendo all’umanizzazione dellasanità e al miglioramento nonsolo della salute psicofisica delsingolo, ma anche delle condi-zioni ambientali in cui vive elavora;

• la promozione della solidarietàumana e della dignità del singolocon l’educazione morale e psico-logica di quanti svolgono attivitànel mondo del sociale e dellasalute; educare ai diritti e aidoveri sia dell’utente sia l’eser-cente un’attività sanitaria;

• l’organizzazione di convegni eriunioni volte al perseguimentodello scopo dell’associazione, conparticolare riferimento alla chi-rurgia odontostomatologica,secondo i regolamenti delle nor-mative vigenti italiane ai quali lastessa intende adeguarsi;

• lo svolgimento di ogni altra atti-vità complementare atta adincrementare l’educazione sani-taria del singolo e della colletti-vità.

I componenti dell’Associazionecoadiuvano volontariamente l’atti-vità dei servizi pubblici di diagnosie cura dedicati alla disciplina dellachirurgia odontostomatologica eforniscono agli stessi risorse utilial raggiungimento degli scopi cli-nico - terapeutici.

L’Associazione, promuove, inoltre,attraverso i propri associati le atti-vità di prevenzione e cura dellemalattie chirurgiche della boccanei pazienti disabili e/o apparte-nenti a categorie socialmentedisagiate.

asco pubblicita?:chirorale settembre 05 per QX5 24-03-2009 11:56 Pagina 1Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:28 Pagina 40

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Con il termine “via dellaseta” venivano e ven-gono tuttora indicate le

molteplici vie carovaniere che an-ticamente collegavano il lontano,mitico e misterioso oriente conl’occidente. Non solo la seta –cheavrebbe scatenato insane passioninelle donne e più tardi negli uo-mini occidentali- ma anche spezie–soprattutto zafferano-, pellicce,lavori in ferro fuso, arrivavanonel bacino del Mediterraneo dallaCina nord occidentale, seguendoitinerari che attraversavano le re-gioni a nord delle montagne delNan-Shan, a sud della grandeMuraglia.

Marco Polo percorse questavia, seppure con alcune varianti,nel suo viaggio che dalla floridaVenezia lo portò, in compagniadel padre e dello zio, nel regnodel potente Kubilai Khan.

Indegnamente anche il sotto-scritto ha cercato di ripercorrerele vie che il veneziano Marco per-corse tanti secoli fa. Questo è unpiccolo racconto delle mia espe-rienze sulla via della seta; ho de-ciso, per ragioni di spazio, di sud-dividere il mio racconto in treparti:

IranUzbekisthan, Kirgizisthan;Cina

IRAN

E’ un paese particolare, l’Iran:ciò che se ne sente non è assolu-tamente ciò che è. Io lo definireiun “paese del passa parola”: sedovesse tener conto di quello chesi sente sull’Iran sui vari media,un ipotetico viaggiatore pense-rebbe ad un paese forastico, antioccidentale, poco ospitale e in-cline alla guerra; una ipotetica

viaggiatrice oltre a ciò pense-rebbe al velo che sarebbe obbli-gata ad indossare, come ognidonna iraniana, in ogni momentodella giornata. Nonostante ciò as-sistiamo ad un vero e proprioboom turistico verso quello cheera un tempo solo la parte cen-trale dell’immenso impero per-siano. E questo boom è motivato,oltre che dalle bellezze storico ar-chitettoniche, anche e soprattuttodalla cordialità e dall’ospitalitàdella gente. Non ho sentito nes-suno che, tornato da un viaggioin Iran, mi abbia parlato in ter-mini negativi della gente locale.Da qui la curiosità dei viaggiatoriche hanno visitato quello che a

torto è considerato uno degli“stati canaglia”.

Innanzitutto il velo, l’hijab:ogni donna in Iran lo deve sempreindossare in pubblico ….si puòessere d’accordo o meno con que-sta millenaria usanza delle donnemusulmane (peraltro alquantoscomoda soprattutto nei mesiestivi), comunque la si pensi èun’usanza che va rispettata, chila pensa diversamente può fare ameno di venire in Iran; Tutto ciòlo troviamo anche scritto su uncartello che ci da il benvenuto nelnostro primo hotel iraniano, inquel di Tehran, in una nottefredda ma non troppo delloscorso dicembre.

Tehran, la prima ed ultimatappa del nostro viaggio, ci ac-coglie e ci darà l’arrivederci. Unametropoli, traffico che quello diRoma è nulla al confronto, un ba-zar pieno di gente all’inverosi-mile, bei musei e su tutto il pa-lazzo golestan (fig.1) che ladecadente dinastia cagiara avevascelto per vivere nel suo rammol-lito limbo dorato: bastò poco aReza Shah, un colonnello dell’e-sercito, per andare al potere de-stituendo l’ultimo shah cagiaroed iniziando la brevissima dina-stia pahlavide: un carattere fortee l’appoggio delle potenze stra-niere, soprattutto del RegnoUnito. Capitale cosmopolita, casa

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MARCO POLO

Di Alfredo Tursi

Fig.1

la via della seta (pRIMA pARTE)

1

AssociazioneScientificaChirurgiaOdontostomatologicaA.S.C.O. - ONLUSSede legale: Via Fontana Candida, 3900132 ROMACod. Fiscale 97345300582Cell. 3343418758Tel. Fax 06 9456049

L’associazione A.S.C.O. -ONLUS nasce tra colleghi chehanno trovato nell’Ospedale

“San Giuseppe” di Marino un puntodi riferimento per un confrontoprofessionale. L’A.S.C.O. - ONLUSsi prefigge di aumentare le possibi-lità di formazione e aggiornamentoprofessionale promuovendo attivitàdivulgative e scientifiche. Lo spiritoche guida l’attività dell’associazio-ne è quello del dialogo e del con-fronto delle idee che possonomigliorare le conoscenze e le com-petenze professionali.

L’Associazione A.S.C.O. - ONLUS èun’organizzazione non lucrativa chesi fa promotrice dei valori universa-li della solidarietà e dell’assistenzaladdove difficili condizioni socio-cul-turali non consentono di garantirealle fasce più deboli una adeguataassistenza odontoiatrica.Essa intende perseguire esclusiva-mente finalità di solidarietà sociale,civile e culturale e si fa promotrice,in particolare, di attività volte allafornitura di una adeguata assistenzaodontoiatrica nei Paesi in via di svi-luppo.L’Associazione si basa sul principiodi umanità ed assistenza sul pre-supposto che la salute è il bene pri-mario del singolo e della colletti-vità.L’ Associazione ha lo scopo di assi-stere, promuovere e praticare tuttele attività che riguardino la tuteladella salute del singolo e della col-lettività, ed in particolare:

• la diffusione dell’informazionerelativa alla chirurgia odontosto-matologica, mirata all’intercetta-mento precoce ed alla prevenzio-ne e cura dei tumori del cavoorale e delle malattie dell’appara-to stomatognatico, attraverso larealizzazione di progetti di ricer-ca e di pubblicazioni scientifichee la organizzazione e promozione

di iniziative culturali volta alladivulgazione delle ricerche effet-tuate, al fine di migliorare l’edu-cazione sanitaria della colletti-vità;

• la promozione dell’integrazionetra le strutture del ServizioSanitario Nazionale presenti sulTerritorio ed il cittadino utente inmodo da facilitare la correttafruizione dei servizi pubblici, daeffettuarsi anche attraverso lacollaborazione con il Ministerodella Salute, le Regioni, leAziende sanitarie e gli altri orga-nismi e istituzioni sanitarie pub-bliche e l’elaborazione di lineeguida in collaborazione conl’Agenzia per i Servizi SanitariRegionali (A.S.S.R.) e la F.I.S.M.;

• la diffusione di una consapevolecultura della salute tra la popola-zione in linea con il principio chela prevenzione è la cura primariadi ogni malessere;

• lo svolgimento di attività di for-mazione ed aggiornamento perpersonale sanitario e non, orga-nizzando campagne informative,convegni, congressi, corsi perso-nalizzati a seconda dell’utenza eproducendo materiale didatticoed informativo con attività edito-riale rivolta alla pubblicazione diperiodici, anche attraverso lapromozione di trials di studio e diricerche scientifiche finalizzate erapporti di collaborazione conaltre società e organismi scienti-fici;

• lo svolgimento di attività di for-mazione permanente e aggiorna-mento dei soci incaricati di svol-gere le varie attività di formazio-ne ed assistenza, con programmiannuali di attività formativa ECMda effettuarsi attraverso l’autofi-nanziamento e i contributi degli

associati e/o degli enti pubblici eprivati;

• l’offerta di attività assistenzialie di consulenza nelle variediscipline sociosanitarie contri-buendo all’umanizzazione dellasanità e al miglioramento nonsolo della salute psicofisica delsingolo, ma anche delle condi-zioni ambientali in cui vive elavora;

• la promozione della solidarietàumana e della dignità del singolocon l’educazione morale e psico-logica di quanti svolgono attivitànel mondo del sociale e dellasalute; educare ai diritti e aidoveri sia dell’utente sia l’eser-cente un’attività sanitaria;

• l’organizzazione di convegni eriunioni volte al perseguimentodello scopo dell’associazione, conparticolare riferimento alla chi-rurgia odontostomatologica,secondo i regolamenti delle nor-mative vigenti italiane ai quali lastessa intende adeguarsi;

• lo svolgimento di ogni altra atti-vità complementare atta adincrementare l’educazione sani-taria del singolo e della colletti-vità.

I componenti dell’Associazionecoadiuvano volontariamente l’atti-vità dei servizi pubblici di diagnosie cura dedicati alla disciplina dellachirurgia odontostomatologica eforniscono agli stessi risorse utilial raggiungimento degli scopi cli-nico - terapeutici.

L’Associazione, promuove, inoltre,attraverso i propri associati le atti-vità di prevenzione e cura dellemalattie chirurgiche della boccanei pazienti disabili e/o apparte-nenti a categorie socialmentedisagiate.

asco pubblicita?:chirorale settembre 05 per QX5 24-03-2009 11:56 Pagina 1Impaginato Symposium definitivo 1:Layout 1 23/10/09 15:28 Pagina 41

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per quindici milioni di iraniani,centro del potere legislativo edeconomico, è la meno iranianadelle città: qui il velo si riduce apoco più di una fettuccia sulla te-sta, i capelli possono sciogliersi,ma questa libertà dei costumi du-rerà ancora per poco: da Tehranin poi dovranno essere compressisotto l’hajib. Qui a Tehran visite-remo musei, anche piuttosto bentenuti (notevole quello delle ce-ramiche, da vedere non per il con-tenuto, ma per il contenitore…tral’altro questo museo è stato pro-gettato da un’equipe di architettiitaliani), nelle altre città sarannoprevalenti moschee, madrasse ecase tradizionali.

Dalla capitale economica aquella religiosa il passo è breve,due ore scarse di pullman: siamoa Qom, la città dell’Ayatollah

Khomeini. Da qui il grande vec-chio governava il paese dopo ilsuo ritorno dall’esilio parigino aseguito della destituzione e laconseguente fuga dell’ultimoShah Mohamed Reza. Khomeinie fatima, sorella di uno dei piùimportanti imam della storia per-siana, qui sepolta, fanno di Qomla città più sacra del paese, doveil velo è sostituito da qualcosa diancora più costrittivo, il chador,veste ampia che copre tutto ilcorpo privandolo delle forme elasciando solo il viso alla luce.Nella moschea più importante èsepolta fatima (fig.2) (il corpo diKhomeini è rimasto a Tehran inun mausoleo costruito apposita-mente), qui si incontrano e si in-crociano religiosi e pellegrini,tutti a rendere omaggio alla figliadel Profeta. La grande cupola

d’oro si staglia lucente nel cieloblu, non una nuvola a schermareil sole, è il bel tempo che trove-remo in ogni località, quasi chela nostra visita a Qom abbia fruitodi una particolare benedizione.

Dopo una sosta per dormire aKashan (notevoli le sue case tra-dizionali) ed un passaggio nei vil-laggi di Abianeh (fig.3) (le con-traeree che vediamo arrivandovici fanno venire il sospetto di tro-varci in un punto critico: siamoinfatti nei pressi delle centrali ato-miche causa di “malumori” inter-nazionali) e di Natanz (bella lamoschea ma notevole ancor dipiù il pranzo a base di pomodorie formaggio consumato davantiad essa), siamo ad Isfahan, ilgioiello della Persia, la città dalletante moschee, la città dellaPiazza Imam, la Piazza San

Marco del vicino oriente (fig. 4 e5 ). E’ qui, in questa città grandee turistica- un turismo in questastagione prevalentemente in-terno- che iniziamo a sorpren-derci per la gentilezza della gentelocale: ogni volta che incrociamoun gruppo di turisti iraniani è unoscambio di sorrisi, poi di saluti,il loro poco inglese si adatta be-nissimo al nostro, che non è certoquello prettamente “british”, tuttofinisce con strette di mano, avolte abbracci, sempre con fotodi gruppo. Questa cosa si ripeteràsempre…..Un gruppo di bam-bine, tutte con il loro piccolohajib, scherza con noi, ci inglo-bano nel loro ampio gruppo, unsusseguirsi di flash, di scatti, disorrisi…..Un ragazzo approfittadi una nostra sosta nella piazzaper attaccare discorso: è uno stu-

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Fig.2

Fig.4

Fig.3

Fig.5

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dente di ingegneria, vuole saperecome si diventa ingegneri in Ita-lia, vuole migliorare il suo in-glese….Due ragazze si avvici-nano a Sabrina, le chiedono sesono il marito (quasi), se abbiamofigli –si rammaricano perché nonne abbiamo- poi chiedono con

molta timidezza di fare una fotoinsieme a noi.

Il contatto positivo con gli ira-niani non fa però cadere in se-condo piano le bellezze dellacittà: le Moschee, i Palazzi sfar-zosi, i bazar, la cattedrale armenacon i suoi affreschi, il tempio del

fuoco di Zoroastro, i ponti sulfiume… ed i minareti oscillantifanno di Isfahan probabilmentela città più bella dell’Iran.

Il viaggio prosegue verso sud,l’esperienza Isfahan ci ha toccato,le soste a Na’in –bella la moscheasoprattutto con lo sfondo del cielo

blu (fig.5), segno tangibile che ilnostro viaggio è benedetto daun’atipica atmosfera invernaleche è più primaverile che altro- ea Meybod ci coinvolgono stimo-lando i nostri sensi artistici giàabbastanza stimolati da Isfahan.Queste ultime sono due città sullavia della seta usate come sostedalle carovane che portavano laseta in occidente o da quest’ul-timo si dirigevano laddove la setaera prodotta, tessuta e resa pre-ziosa. Le carovane sostavano neicaravanserragli, strutture adibiteall’accoglienza degli uomini e de-gli animali, dove entrambi pote-vano riposare e rifocillarsi. Oraaccolgono i viaggiatori nuovi conristoranti ed alberghi lussuosi enuovi, retaggio delle soste degliantichi commercianti e viaggia-tori.

La prima visione di Yazd è unbellissimo palazzo in mezzo aduna vasta piazza piena di gente(Amir Chaqmaq) (fig.7): forsenon è la stessa piazza che accolsela famiglia Polo, ma a noi piacepensarlo.

E’ molto affascinante Yazd con

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Fig.8 Fig.9

Fig.6 Fig.7

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i suoi vicoli color mattone cheformano un dedalo attorno allamoschea del jameh (fig.8), snellaed imponente con i suoi minaretigemelli che si stagliano su uncielo che continua imperterrito adessere blu. Ci perdiamo in questivicoli assistiti sempre dal fidoMehran e, dopo la visita alla mo-schea, assistiamo ad un rito gin-nico-religioso che si perpetua dasecoli: la ginnastica tradizionale,alla quale assistiamo in unazurkhanè, una palestra, coinvolgei giovani iraniani anche nelgiorno di festa (oggi è venerdì).Al ritmo dei tamburi, confortati,aiutati ed incitati dai versi del co-rano, i ginnasti compiono eserciziche noi in occidente siamo abi-tuati a compiere con la musicarock: loro mistici, noi sicura-

mente più terreni….il rullo deitamburi frastorna, gli attrezzi gi-rano vorticosamente sulle testedegli atleti, il rumore eccita i gin-nasti e obnubila le menti fino alsilenzio irreale improvviso dellapreghiera finale (fig.9). Usciti adire il vero un po’obnubilati an-che noi, ci rigettiamo nei vicolidella città vecchia per passare ilpomeriggio in attesa di una cenache verrà consumata sulla ter-razza di un hotel, davanti al pa-norama dei tetti e dei minareti(fig.10)….poi, ebbri di suoni edanche pieni di cibo (la cena inquestione è stata molto generosa)ci addormentiamo..quanti di noiavranno sognato Marco?

Il giorno dopo Kerman ci at-tende: ci sbizzarriamo nel bazar,tra teste di agnello mozze, frutta

secca e tessuti: la breve visita adun hammam, il più bello visto inquesto viaggio, è occasione perMehran per raccontarci che oragli hammam non sono più fun-zionanti, il loro uso promiscuo fuconsiderato sconcio dalla classedirigente integralista post Pah-lavi, ed i proprietari furono ob-bligati a trasformare questi am-bienti in ristoranti e sale da the.Con il turismo questa trasforma-zione è alla fine risultata conve-niente.

Da Kerman fino al 2003 si po-teva arrivare fino a Bam, la cuicittadella (Arg) era una delle prin-cipali attrattive del paese. Pur-troppo il terremoto dello stessoanno ha completamente distruttoBam, la città nuova ha avutodanni irreparabili e la cittadella è

stata completamente distrutta,perdita incommensurabile di unodei punti di forza del patrimonioartistico iraniano. Ora il viaggia-tore è dirottato a Rayen, di Bamnon si vedono nemmeno le ma-cerie, è diventata un luogo peri-coloso, gli abitanti hanno mutuatoil loro sistema di vita, passandodall’azienda del turismo a quelladella droga, favoriti dalla vici-nanza con l’Afganisthan. Rayennon è nemmeno lontanamente si-mile a Bam, ma almeno serve adavere un’idea di come eranostrutturate queste roccaforti, co-struite tutte con mattoni di fangoessiccato, argilla, paglia e tronchid’albero di palma.

Una bella sorpresa ce la riser-vano i dintorni di Kerman: unastrada tortuosa, dopo essersi iner-

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Fig.10

Fig.11 Fig.12

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picata fino a 2700 metri (neve efreddo), declina verso il desertodove si stagliano formazioni im-ponenti ed altissime di probabileorigine eolica: sono i Kalut(fig.11). Pochi gruppi avevano vi-sitato questo luogo vasto e silen-zioso se si eccettua il rumore delvento, origine primigenia di questitorrioni naturali, sui quali ci ar-rampichiamo per godere di unavista incredibile.

L’ultimo lungo tratto in bus ciporta da Kerman a Shiraz, la ca-pitale culturale dell’Iran, patria edispirazione dei massimi poeti per-siani, Sa’di e Hafez, i cui resti ri-posano ancora in mausolei diven-tati ora luoghi ameni diriflessione. Shiraz, famosa per isuoi giardini lussureggianti, per isuoi aranceti sotto le cui ombre ipoeti di cui sopra si sedevano per

scrivere i versi che li avrebberoresi immortali. Shiraz che per noidiverrà anche famosa per le pro-cessioni alle quali assistiamo du-rante la notte: è il periodo dellutto, si ricordano i defunti concortei, che dalle parti più perife-riche della città si dirigono versola moschea del jameh, la genteprega, canta, si flagella con catenedi ferro, ma a dire il vero questaflagellazione è simbolica, le ca-tene sono leggere e le percossesono leggerissime (fig.12): nono-stante ciò l’impatto emotivo è for-tissimo ed il coinvolgimento è to-tale.

L’ultima luce persiana per noiè una luce sulla storia, quandol’impero persiano era potente evasto, la storia degli achemenidi,stirpe di sacerdoti guerrieri cheavevano in Persepoli la loro capi-

tale celebrativa: a Persepoli vive-vano solo sacerdoti ed alti digni-tari oltre alla corte imperiale. Ilsito fu scelto con cura sulle pen-dici di una alta collina, su un ter-rapieno sopraelevato. Piccola mapregna di opere d’arte, famosa peri suoi bassorilievi che mostranoin processione tutti i popoli sog-giogati all’impero, Persepoli è unameraviglia, piccola nelle dimen-sioni, ma grande, grandissimanella qualità delle opere d’arte chequi si possono ammirare (figg. 13e 14). I sovrani Achemenidi si fe-cero seppellire, tranne Dario ilgrande, a Naqs E Rostam, pocodistante da Persepoli, in grandinicchie scavate nella roccia. Darioil grande invece si fece seppellirea Pasargade, ad una cinquantinadi chilometri da Persepoli (fig.15).Davanti all’imponente tomba di

Dario vi era il luogo prescelto dal-l’ultimo shah per la sua sepoltura,luogo rimasto deserto, infattiMohamed Reza Shah riposa inEgitto, dove andò in esilio a se-guito della rivoluzione islamicache avrebbe portato Khomeini alpotere.

La Persia sta per salutarci, tradue giorni ci ritufferemo a capo-fitto nella nostra vita da occiden-tali, sicuramente senza velo maanche con la consapevolezza diaver conosciuto una realtà chenon ci aspettavamo, gente stu-penda e cordiale, non certo ilpaese canaglia che ti aspetti a dareretta ai media, gente che, comedice Marjane Satrapi, autrice delfumetto “Persepolis” e voce del-l’opposizione al governo di Aj-madinejad, dopo anni di soffe-renze vuole solo essere felice.

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Fig.13

Fig.14Fig.15

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www.symposiumodontoiatrico.it

INSIEME AI

Volontari nel mondo

www.tr2000.it/volontariperilmondo/home.html

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storia dellaFitomediCina

FITOTERAPIA

Di Andrea possenti

La storia della fitomedicinanon nasce con l’uomo, malo precede: questo perché

il mondo animale che lo ha pre-ceduto si è non solo cibato, maanche curato con erbe medicinaliseguendo un istinto naturale ge-neticamente programmato. Eccoallora, che ritroviamo un concettoguida sempre valido, da tempilontanissimi ai nostri giorni: me-dicina e cibo sono strettamentecorrelati; metà arte medica risiedenella dieta: noi siamo quello chemangiamo (e beviamo).

L’umanità, nel suo lento per-corso su questo pianeta, ha sem-pre cercato di sfruttare razional-mente l’effetto terapeutico dellepiante con l’esperienza e l’intuito.Talora è scivolata nel magico, ta-

lora nell’alchemico, ma il pen-siero umano si è sempre fattoforte del concetto della medicinabasata sull’esperienza e dell’evi-denza. Purtoppo ciarlatani e ma-ghi sono stati confusi con alcunigrandi geni, arrecando danni econfusione in questo ambito.

Un uso plurimillenario di erbetra stregoni e sacerdoti, eremiti efrati per approdare, infine, a unarielaborazione in chiave modernacapace di conferire solidità scien-tifica alle conoscenze derivatedalla conoscenza della cosiddettamedicina dei semplici, la medi-cina popolare.

Sia come tintura madre siacome gemme, la fitomedina agi-sce come l’allopatia in dosi pon-derali. È meno potente e aggres-

siva dell’allopatia: si presta per-tanto, alla cura delle malettieacute non gravi e a gran partedelle croniche. Sfrutta l’organo-tropismo predeterminato di cia-scuna pianta e il polimorfismo diterreno biologico per arrivare aduna terapia più personalizzatadella mdicina classica.agsce inol-tre, sia seguendo il pricipio deicontrari, sia quello dei simili. Ciònon è una contraddizione perchésolo la dose fa il veleno: il confinetra veleno e farmaco varia dapianta a pianta. D’altro canto, an-che nella medina tradizionale siconstata l’inversione dell’effettoterapeutico a seconda della dosesomministrata.

Esistono poi tutta una serie dipiante che rappresentano una vera

e propria zona di confine con l’o-meopatia: infatti utilizzate inomeopatia in bassa diluizione pre-sentano sia uno spiccato organo-tropismo sia un’eziologia legataal trauma capaci, assieme alle mo-dalità reattive, di personalizzarela terapia del paziente senza pren-derne in considerazione lo statomentale, proprio l’opposto diquanto avviene con l’uso di ele-vate diluizioni che sfrutta l’omeo-patia classica utilizzando i sintomipsichici del paziente, Al di là diquesto confine, la fitoterapia, nelsuo complesso, è in grado di dre-nare gli emuntori del nostro orga-nismo gettando le basi per un veromiglioramento del quadro clinico.

Fig.1

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Egr. dott. Pierpaolo Bo, lei

è il presidente del GIR

da quest’anno. Può spiegare che

cos’è il GIR e da quanto tempo

esiste?

Il gIR, “group for Implant Re-search”, è un’associazione cultu-rale non a scopo di lucro creatada un gruppo di colleghi-amicinel 1995. Lo scopo principale èquello di promuovere la cono-scenza di tecniche e materiali, difavorire la ricerca e la sperimen-tazione clinica.

Quali sono le novità per que-

st’anno?

Per il 2009 il consiglio direttivoed io, in qualità di presidente, ab-biamo deciso di dare al nostrogruppo un’immagine differente,puntando principal-mente sul sito inter-net, dando così ai sociun servizio imme-diato. Questo spaziodovrà diventare fulcrooperativo e puntod’incontro di tutte leiniziative gIR.

Nel sito vi sono se-zioni che riguardanola pratica odontoia-trica, con casi clinicie video pubblicati daisoci attivi; l’informazione, conla Rubrica del dott. Claudio Mo-dena, dove vengono trattate re-censioni, presentazioni ed ap-profondimenti di tematiche legatealla professione; lo spazio dedi-cato alle novità delle aziende,dove vengono recensiti i vari pro-dotti provati e testati dai soci at-tivi; lo spazio per gli eventi ed icorsi organizzati dal gIR, dalleassociazioni partners e dalle dittesponsorizzatrici.

Inoltre vengono inviate a tutti isoci, per e-mail, almeno un paiodi news-letters al mese con notiziedal settore, commerciale e profes-sionale, le date di incontri forma-tivi e di aggiornamento organiz-zati sul territorio da noi, dalleassociazioni partners e dalle dittesponsorizzatrici, le date delle as-semblee ordinarie, le comunica-zioni varie.

Infine, quest’anno, abbiamo in-trodotto, a fianco delle figure di“socio ordinario” e di “socio at-tivo”, quella di “socio ordinario

gratuito” per il primo anno, perdare la possibilità a tutti quei col-leghi che non sono mai statiiscritti, di conoscerci e di avvici-narsi alle nostre iniziative.

Quali sono le differenze tra le

varie figure, e quali vantaggi

potranno avere i nuovi soci?

Come sostegno della nostra at-tività, abbiamo chiesto alle dittesponsorizzatrici una scontisticaprivilegiata sui propri prodotti,alla quale i soci ordinari ed i sociattivi beneficeranno per tuttol’anno. I soci ordinari gratuiti nebeneficiano solo per alcuni pe-riodi, fissati della aziende.

Le agevolazioni per i corsi ed i

congressi sono, invece, uguali pertutti, come pure la fruibilità deicasi clinici e degli approfondi-menti pubblicati sul sito.

Insieme al consiglio direttivo,stiamo ultimando gli accordi com-merciali con altre aziende, oltre aquelle già presenti e consultabilinella sezione “convenzioni” delsito. Stiamo inoltre stringendocollaborazioni scientifiche con al-tre associazioni, che ci ricono-scono le relative agevolazioni an-che per i nostri soci.

In conclusione, perchè “iscri-

versi al GIR conviene”, come

riporta il sito?

Dal punto di vista professio-nale, sono molte le possibilità dipartecipare a giornate di aggior-

namento culturale,grazie alle collabora-zioni con altre orga-nizzazioni, ed alla di-sponibilità di granparte dei soci attivi adaccogliere gli altri socinelle proprie strutture,elencate nella sezione“Studi”.

Da un punto di vistacommerciale, la quotaassociativa è di 150€,per cui bastano pochi

acquisti, presso una ditta sponso-rizzatrice, per rientrare dell’iscri-zione.

Quindi, iscriversi al gIR con-viene!

INTERVISTA

Di Mihaela Roman

Pier Paolo boPresidente “Gir”group for implant research

www.girassociation.it

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I contributi vengono accettatia condizione che non sianostati e non vengano successi-vamente pubblicati altrove.Gli Autori pertanto devonoallegare una dichiarazioneautografa in cui richiedonola pubblicazione del lavoro eattestano che l’articolo pre-sentato non è stato pubbli-cato in altre testate e che nonsi trova in visione per la pub-blicazione presso le redazionidi altre case editrici. E’ inol-tre necessario indicare unAutore di riferimento che au-torizzi la pubblicazione delsuo indirizzio, numero di te-lefono e di fax in calce al la-voro.Un’eventuale precedentecomparsa dell’articolo sottoforma riassuntiva di comu-nicazioni orali o scritte nelcorso di Congressi non nepreclude l’accettazione, madeve essere segnalata.La responsibilità dei conte-nuti scientifici spetta esclu-sivamente agli Autori. Laproprietà letteraria dei lavoriviene ceduta alla Casa Edi-trice, che può autorizzare lariproduzione parziale o to-tale. I contributi (compren-sivi di eventuali tabelle efoto) devono essere inviatidattiloscritti in tre copie(unasu supporto magnetico, duesu carta)alla Redazione:Best-Micro s.r.l , Via delle Acacie,34 – CAP 00171 Roma-t e l / f a x : 0 6 / 6 4 7 7 0 6 8 9 ,06/89537092.La pubblicazione degli arti-coli è subordinata al giudiziodella Direzione Scientificadella rivista, che ha facoltàdi non accettarli o di chiedereagli Autori di apportarvi mo-difiche.

I lavori che potrano l’intesta-zione di un Istituto, devonoessere firmati, per l’appro-vazione, dal Direttore dell’I-stituto stesso.I testi devono essere elaboratisu Personal Computer e pos-sono essere in versione Ma-cintosh e MSDOS. I supporti magnetici devonoessere etichettati con: a) nome dell’Autore;b) Titolo del lavoro;c) Word processor usato, in-

cluso il numero di ver-sione.

Il testo dei lavori deve essereredatto in lingua italiana ecorredato da:a) titolo in italiano(lunghezza

massima 100 battute);b) nome e cognome dell’Au-

tore o degli Autori, com-pleto di qualifica profes-sionale, recapito telefonico, numero di codice fiscalee firma del primo Autore;

c) riassunto in italiano(max10 righe di 70 battuteognuna);

d) titolo in inglese (max 90battute);

e) abstract in inglese (max 10righe di 70 battuteognuna);

f) tre parole chiave in ita-liano e in inglese.

L’entità del dossier non dovràsuperare le 6 pagine di rivistacorrispondentia 12 fogli dat-tiloscritti di 30 righe per 70battute ogni riga. La pre-senza di una fotografia cor-risponde allo spazio di 5 ri-ghe di 70 battute ognuna.La suddivisione del lavoro incapitoli, sotto-capitoli devesempre essere indicata nel se-guente modo:0.Titolo del capitolo0.0. Titolo del sotto-capitolo

0.0.0. Titolo del sotto-sottocapitoloOvvero, progressivamente, ilprimo numero della serie in-dicherà sempre il capitolo, ilsecondo numero della serieil sotto-capitolo di riferi-mento , etc.La bigliografia deve sempreessere compilata secondo lenorme internazionali, elen-cata in ordine alfabetico, ri-chiamata nel testo con il nu-mero corrispondente edessere limitata alle voci es-senziali (massimo venti),salvo le rassegne bibliografi-che. Se si considera citare unarticolo o un libro già accet-tato per la pubblicazione, manon ancora edito, occorre in-dicare il titolo del giornale (oil nome dell’editore) e l’annoprevisto di pubblicazione, se-guito dalla precisazione “incorso di stampa”.Il materiale scientifico nonpubblicato (per esempio co-municazioni personali, lavoriin preparazione) va indicatotra parantesi nel testo e nonviene citato in bibliografia.Le illustrazioni, in copia ori-ginale (diapositive e lastre) eidonee alla pubblicazione,debbono essere poste, nume-rate con il proprio numeroprogressivo (romano per letabelle, arabo per le figure),al termine dell’articolo su fo-gli aggiuntivi. Le didascaliedelle figure devono esserecompilate su un foglio aparte ed in successione. Il nu-mero deve sempre corrispon-dere ad un preciso richiamonel testo. Sono a carico degliAutori solo le spese di ripro-duzione e stampa delle illu-strazioni a calori.

50noVEMBRE

2008

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redazionali

FITOTERAPIA

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