"social media and stakeholder engagement in universities"
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Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
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Indice
Pagina Premessa 3
Introduzione 4
1. Stakeholder Engagement 5
1.1) La Teoria degli Stakeholder 5
1.2) Classificazione degli Stakeholder 6
1.3) Lo Stakeholder Engagement 7
1.3.1) Definizione ed elementi generali 7
1.3.2) Implementazione 8
1.3.3) Benefici e rischi 10
1.4) Stakeholder Engagement nelle università 10
1.4.1) Identificazione e classificazione degli Stakeholder nelle università 10
1.4.2) Il “modello di Mitchell” applicato alle università 13
2. Social media per lo Stakeholder Engagement 15
2.1) Social media 15
2.2) Social network 16
2.3) Come utilizzare i social media 16
2.4) Perché le università utilizzano i social media 18
2.5) Facebook e Twitter 18
2.5.1) Facebook 18
2.5.2) Twitter 20
3. Ricerca su social media e Stakeholder Engagement nelle università 22
3.1) Metodologia 22
3.1.1) Content analysis 22
3.1.2) Descrizione della ricerca 23
3.2) Caratteristiche del campione utilizzato 26
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3.3) Analisi per tipo di contenuto 26
3.4) Analisi secondo i feedback ricevuti 29
3.4.1) Analisi overall 29
3.4.2) Analisi tipo di feedback – tipo di post/tweet 29
3.5) Analisi per risposte delle università 31
3.6) Analisi per risposte degli utenti ad altri utenti 32
3.7) Analisi per tono commenti 33
3.7.1) Analisi tono commenti – tipo di post/tweet 33
3.7.2) Analisi tono commenti per singola università 34
Conclusioni 36
Bibliografia 38
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
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Premessa
Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella realizzazione della mia Tesi.
Ringrazio il mio Relatore, il Prof. Giacomo Manetti, per avermi dato la possibilità di svolgere
questo lavoro sotto la sua guida e per la professionalità e la cordialità che ha avuto sia
nell’aiutarmi a redigere la Tesi, sia nell’insegnamento dei corsi di “Economia Aziendale” e di
“Contabilità e Bilancio”.
Ringrazio il mio Co – Relatore, il Dott. Marco Bellucci, per il sostegno e per i suggerimenti che mi
ha dato nella scrittura di questo lavoro.
Ringrazio infine tutte le persone che mi sono state vicine in questi 3 anni, in particolare i miei
genitori, Maria Teresa ed Alessandro, e tutti i “colleghi – amici” con i quali ho condiviso un
percorso che, senza di loro, sarebbe stato sicuramente meno bello.
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
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Introduzione
Questa trattazione ha l’obiettivo di approfondire le modalità attraverso cui le università di
rilevanza internazionale utilizzano i social media per lo Stakeholder Engagement e di fornire
proposte su come dovrebbe svilupparsi questa attività nei prossimi anni. La stesura di questo
lavoro è stata preceduta da una ricerca empirica sui profili ufficiali Facebook e Twitter di 40 tra i
più prestigiosi atenei al mondo, da cui sono stati estrapolati ed analizzati un totale di 1327 post e
1578 tweet. La trattazione è suddivisa in tre capitoli, seguiti da una breve conclusione.
Nel primo capitolo, dopo un’introduzione sulla Teoria degli Stakeholder e sull’identificazione e
classificazione dei portatori di interessi di un’organizzazione, viene approfondito il processo di
Stakeholder Engagement. Vengono in particolare descritti l’evoluzione storica dei rapporti tra
l’azienda e i suoi Stakeholder, i vari metodi di coinvolgimento e i potenziali benefici e rischi. Il
focus si sposta poi sulle università, individuando gli Stakeholder specifici di questa particolare
organizzazione e proponendo modelli di categorizzazione.
Nel secondo capitolo vengono trattati i social media. Viene data una definizione analitica di “social
media” e viene proposta la classificazione in 6 categorie di Kaplan e Haenlein (2010). Vengono poi
date una serie di indicazioni su come utilizzare questi strumenti al meglio e sono esposte le
motivazioni per cui le università debbano oggi essere necessariamente presenti sui social media.
Infine viene fatto un approfondimento su Facebook e Twitter.
Il terzo e ultimo capitolo elabora i dati raccolti nella ricerca. Dopo aver esposto la metodologia
della ricerca, effettuata seguendo i princìpi della “content analysis”, sono riportate una serie di
analisi relative ai principali aspetti dell’interazione degli utenti sugli account ufficiali delle
università del campione, corredate da una serie di grafici e tabelle a titolo esemplificativo.
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1. Stakeholder Engagement
1.1) La Teoria degli Stakeholder
Il termine “Stakeholder” significa letteralmente “to hold a stake”, ossia “detenere un interesse”
(Pubblica Amministrazione di Qualità, 2013). É stato definito in ambito accademico per la prima
volta nel 1963 dallo Stanford Research Institute, secondo il quale sono Stakeholder i “gruppi che
forniscono supporto essenziale ed interagiscono con l’ente impresa” (Viviani, 2006). Il concetto di
Stakeholder si è però diffuso solo nel 1984 con il lavoro di Robert Edward Freeman, il quale è
considerato l’ideatore della cosiddetta “Teoria degli Stakeholder.” Secondo Freeman è uno
Stakeholder qualsiasi individuo o gruppo che può influenzare un’organizzazione o può essere a sua
volta influenzato dalle attività dell’organizzazione stessa (Mitchell R. K., Agle B. R., Wood D. J.,
1997).
Prima dell’avvento di questa Teoria le organizzazioni erano caratterizzate da una “stockholder (o
“shareholder”) view”, un approccio secondo cui l’attività d’impresa deve tendere esclusivamente
all’interesse degli azionisti, ossia alla realizzazione del massimo profitto. La Teoria di Freeman è
fondata invece sulla cosiddetta “stakeholder view”: l’organizzazione deve avere un “rapporto
fiduciario” con tutti i suoi portatori di interessi, i quali non sono più visti come semplici mezzi per il
perseguimento degli utili, ma come veri e propri fini a cui deve tendere l’attività d’impresa
(D’Orazio, E., 2003).
La “Teoria degli Stakeholder” è stata ripresa e sviluppata da molti studiosi, il più importante dei
quali è forse Max B. E. Clarkson. Clarkson ha dato una definizione di Stakeholder più specifica
rispetto a quella di Freeman, affermando che sono Stakeholder le “persone o gruppi che hanno (o
che hanno diritto di avere) diritti o interessi in una organizzazione e nelle sue attività passate,
presenti o future” (Clarkson, M. B. E., 1995).
Questo studioso propone inoltre una distinzione tra Stakeholder primari e secondari. Sono primari
tutti quei soggetti che hanno una relazione diretta con l’organizzazione, ossia tutti coloro che
forniscono all’azienda i capitali finanziari e umani necessari al mantenimento dell’attività
(Romenti, S., 2008). Gli Stakeholder primari così definiti sono pertanto gli investitori, gli azionisti, i
dipendenti, i clienti, i fornitori, i regolatori e la comunità. I portatori di interessi secondari sono
invece coloro che sono influenzati dalle attività dell’organizzazione e/o le influenzano a loro volta,
ma che non sono impegnati in transazioni dirette con l’azienda. Esempi di Stakeholder secondari
sono i media e i gruppi di interesse (Clarkson, M. B. E., 1995).
Non è possibile individuare un elenco generico di Stakeholder che sia valido per tutte le aziende, in
quanto i soggetti che influenzano o sono influenzati da un’organizzazione saranno diversi a
seconda del core business dell’impresa e della sua collocazione geografica (Krick, T., Forstater M.,
Monaghan P., Sillanpää M., 2005).
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Secondo Krick, Forstater, Monaghan e Sillanpää (2005) gli Stakeholder possono essere individuati
utilizzando 5 variabili:
1. Responsabilità: figure verso le quali l’organizzazione ha, o potrebbe avere in futuro,
responsabilità finanziarie, operative e/o legali formalizzate;
2. Influenza: soggetti che possono, o che potranno, incidere sull’efficacia dell’organizzazione,
ossia sulla capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati;
3. Vicinanza: individui o gruppi con cui l’organizzazione interagisce molto frequentemente, a
volte anche a causa di una prossimità anche fisica alla sede operativa dell’azienda;
4. Dipendenza: soggetti con un alto grado di dipendenza dall’organizzazione, come i
lavoratori dell’azienda;
5. Rappresentanza: figure che, con diversi livelli di formalizzazione, hanno il compito di
rappresentare delle persone, ad esempio le rappresentanze sindacali.
1.2) Classificazione degli Stakeholder
Gli Stakeholder non hanno tutti la stessa importanza, pertanto è importante che, una volta
identificati, siano anche classificati. Per fare ciò è comune utilizzare un modello a matrice a due
variabili: “interesse” e “potere.” L’interesse dello Stakeholder verso una determinata impresa è
situato sull’asse delle x, mentre sull’asse y è espresso il potere, ossia il grado di influenza che ha lo
Stakeholder verso l’impresa (Caracciolo, S., 2008).
Con questa matrice si individuano quindi 4 tipologie di Stakeholder, a seconda dei valori assunti
dalle 2 variabili:
1) Stakeholder Marginali (basso interesse/basso potere): sono i soggetti meno importanti,
vengono informati tramite comunicazioni di tipo generale non indirizzate specificatamente
a loro (Morphy, T., 2015).
2) Stakeholder Istituzionali (basso interesse/alto potere): sono gli individui e i gruppi che
esercitano una funzione di supporto e/o di controllo. Spesso hanno l’obiettivo di
aumentare il loro grado di influenza in modo tale da diventare Stakeholder Chiave.
3) Stakeholder Operativi (alto interesse/basso potere): sono le figure che sono coinvolte in
maniera significativa nell’impresa, ma che hanno però scarso potere decisionale.
4) Stakeholder Chiave (alto interesse/alto potere): come suggerisce il nome sono gli
Stakeholder più importanti, infatti hanno sia un forte interesse verso i risultati
dell’organizzazione, sia un alto potere decisionale (Caracciolo, S., 2008).
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Figura 1: Matrice di classificazione degli Stakeholder P
OTE
RE
ALT
O
STAKEHOLDER ISTITUZIONALI (Meet their needs)
STAKEHOLDER CHIAVE (Key players)
BA
SSO
STAKEHOLDER MARGINALI (Least important)
STAKEHOLDER OPERATIVI (Show consideration)
BASSO ALTO
INTERESSE
Fonte: adattato da Caracciolo, S. (2008), Gli Stakeholder di progetto, e da Morphy, T. (2015), Stakeholder Analysis, Project Management, templates and advice.
1.3) Lo Stakeholder Engagement
1.3.1) Definizione ed elementi generali
Dopo aver individuato e classificato gli Stakeholder di un’organizzazione è importante che essi
vengano coinvolti, per questa ragione sta acquisendo sempre più rilevanza il processo di
Stakeholder Engagement. Il termine inglese “Engagement” può essere tradotto in italiano con la
parola “coinvolgimento”, quindi da questo punto della trattazione in poi il vocabolo inglese e
quello italiano saranno utilizzati come sinonimi. L’Engagement può essere definito come l’insieme
degli sforzi “compiuti da un’organizzazione per comprendere e coinvolgere gli Stakeholder e le
loro aspettative nelle proprie attività e nei processi decisionali” (Krick, T., Forstater M., Monaghan
P., Sillanpää M., 2005).
L’Engagement include i processi di individuazione, mantenimento e sviluppo di relazioni con gli
Stakeholder. I principi ISO 26000 per la responsabilità sociale definiscono lo Stakeholder
Engagement come tutte le attività che sono intraprese per “creare opportunità di dialogo tra
un’organizzazione e uno o più Stakeholder con l’intento di fornire una base adeguata per le
decisioni organizzative” (O’Riordan, L. e Fairbrass, J., 2013).
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UNI ISO 26000 è un insieme di linee guida che sono state pubblicate il 1° novembre 2010 e che
hanno lo scopo di “aiutare le organizzazioni a contribuire allo sviluppo sostenibile, di incoraggiarle
ad andare al di là del mero rispetto delle leggi, di promuovere una comprensione comune nel
campo della responsabilità sociale e di integrare altri strumenti e iniziative per la responsabilità
sociale.” Essendo linee guida e non norme non possono essere certificate da terzi, quindi nel caso
in cui l’organizzazione intenda seguirle la loro effettiva implementazione sarà valutata dagli stessi
Stakeholder (Unioncamere, no anno).
1.3.2) Implementazione
Da quando Freeman sviluppò la “Teoria degli Stakeholder” nel 1984 ad oggi il livello e le tecniche
di coinvolgimento degli Stakeholder sono profondamente cambiati. L’evoluzione dello Stakeholder
Engagement può essere idealmente distinta in tre generazioni. Nella prima le organizzazioni si
limitano a rispondere alle pressioni dei vari portatori di interessi per scongiurare una perdita di
reputazione. Nella seconda fase si comincia ad implementare un approccio più attivo,
caratterizzato dalla maggiore partecipazione degli Stakeholder. In questi ultimi anni, nelle
organizzazioni più all’avanguardia, si sta invece affermando il modello dell’inclusione dei principali
Stakeholder nei processi decisionali (Hoffmann, C. P., Lutz, C., 2014).
Mentre in passato gli Stakeholder venivano coinvolti solo per limitare e risolvere dei conflitti sorti
tra essi e l’azienda stessa, oggi molte organizzazioni considerano lo Stakeholder Engagement
fondamentale per la competitività dell’azienda. Le imprese di maggior successo implementano una
forte strategia di coinvolgimento degli Stakeholder, nell’ottica di assumere decisioni strategiche
migliori, di apprendere e di innovare (Krick, T., Forstater M., Monaghan P., Sillanpää M., 2005).
Alcune organizzazioni tendono ad interpretare l’Engagement come una relazione a una via, in cui
l’organizzazione si limita a comunicare le decisioni intraprese agli Stakeholder senza includerli nel
processo decisionale (Foster, D., Jonker, J., 2005). Implementare un buon processo di Stakeholder
Engagement, invece, non significa semplicemente coinvolgere gli Stakeholder soddisfacendo o
riducendo le loro aspettative, ma significa includere i vari portatori di interessi nel processo
decisionale, creando un network di responsabilità reciproca tra gli Stakeholder e l’organizzazione
in cui confrontarsi e condividere informazioni (Manetti, G., Bellucci, M., Bagnoli., L, 2016). Uno
Stakeholder Engagement a due vie richiede una forte disponibilità al confronto, sia da parte
dell’organizzazione sia da parte dei vari portatori di interessi (Rinaldi, L., 2013).
La base dello Stakeholder Engagement è la comunicazione, definita come “quella forma di
interazione in cui i piani di azione dei vari soggetti sono coordinati attraverso lo scambio di atti
comunicativi orientati alla comprensione reciproca”. Questa definizione non esclude l’ipotesi che
uno Stakeholder operi per perseguire fini personali, in tal caso l’azione sarà stata comunque
preceduta da un confronto con l’organizzazione (Foster, D., Jonker, J., 2005).
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Krick, Forstater, Monaghan e Sillanpää (2005) propongono di suddividere idealmente i livelli di
Engagement in otto classi, e per ognuna di queste categorie i metodi di coinvolgimento
implementati saranno diversi. Più il grado di Engagement sarà alto, più la comunicazione sarà
effettivamente bidirezionale.
Figura 2: livelli di Engagement, tipi di comunicazione e metodi di coinvolgimento
Livelli di coinvolgimento
Tipi di comunicazione Metodi di coinvolgimento
Restare passivi Nessuna comunicazione attiva Preoccupazioni degli stakeholder espresse attraverso siti web, media o lettere e pressione su enti di vigilanza
Monitorare Unidirezionale: Stakeholder azienda
Analisi dei media e di Internet
Informare Unidirezionale: azienda Stakeholder
Bollettini e lettere. Brochure, report e siti web. Discorsi, conferenze, interviste, presentazioni pubbliche e pubblicità
Trattare Limitatamente bidirezionale Partnership pubblico-privato, iniziative di finanza privata, sovvenzioni
Consultare Mediamente bidirezionale (“l’impresa domanda e gli Stakeholder rispondono”)
Social media, indagini, focus group, valutazioni sul luogo di lavoro, meeting individuali, incontri pubblici e workshop
Coinvolgere Bidirezionale
Forum multi-stakeholder, comitati consultivi, processi di costruzione del consenso, sistemi di partecipazione ai processi decisionali, social media
Collaborare Fortemente bidirezionale Progetti in comune, iniziative, partnership
Autorizzare L’organizzazione delega alcuni processi decisionali agli Stakeholder
Integrazione degli stakeholder nelle strutture di Governance
Fonte: adattato da Krick, T., Forstater M., Monaghan P., Sillanpää M. (2005). Il Manuale dello Stakeholder Engagement. Volume 2: Il manuale per il professionista dello Stakeholder Engagement. AccountAbility, United Nations Environment Programme, Stakeholder Research Associates. 26
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1.3.3) Benefici e rischi
Secondo Cantù (2014) un buon processo di Stakeholder Engagement può portare
all’organizzazione diversi benefici:
- una migliore comprensione dell’ambiente in cui opera l’organizzazione;
- un aumento della legittimazione sociale;
- una maggiore consapevolezza di quali siano i bisogni e le aspettative degli Stakeholder;
- una più alta capitalizzazione delle relazioni con le risorse interne (dipendenti) ed esterne
(fornitori, clienti e comunità) dell’organizzazione.
Un valido coinvolgimento può favorire inoltre uno sviluppo più equo e sostenibile e una migliore
gestione del rischio, sia attraverso la costruzione di un rapporto di fiducia tra l’organizzazione e i
portatori di interessi, sia tramite lo sviluppo della reputazione aziendale (Confetto, M. G., 2016).
L’effettivo conseguimento di tutti o anche solo di alcuni di questi vantaggi è molto importante per
l’organizzazione. Henisz, Dorobantu e Nartey (2014) hanno infatti dimostrato nel loro studio che
una buona cooperazione con gli Stakeholder aumenta la valutazione finanziaria dell’impresa.
Lo Stakeholder Engagement espone però l’organizzazione anche ad alcuni rischi, come la perdita di
parte del potere decisionale a favore degli Stakeholder più influenti, la perdita di tempo e/o
denaro e la formazione di conflitti (Brunswick Insight, 2013).
1.4) Stakeholder Engagement nelle università
1.4.1) Identificazione e classificazione degli Stakeholder nelle università
Negli ultimi 30 anni la struttura e il business model delle università sono molto cambiati. Amit e
Zott (2001) affermano che un business model definisce il contenuto, la struttura e la governance
dell’organizzazione progettati per creare valore attraverso lo sfruttamento delle opportunità di
business. Lo sviluppo della cosiddetta “economia della conoscenza” sta portando le università ad
avere un ruolo sempre più centrale per lo sviluppo e l’innovazione del territorio di appartenenza e,
di conseguenza, ad aumentare le relazioni con gli Stakeholder (Miller, K., McAdam, M., McAdam.,
R., 2014).
In passato le università coinvolgevano un numero ridotto di categorie di Stakeholder,
principalmente studenti, professori, amministratori, donatori e organizzazioni accreditate. Lo
Stakeholder Engagement nelle università avviene oggi invece con un numero ben maggiore di
soggetti (Burrows, J., 1999).
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Figura 3: Categorie di Stakeholder per le università
Categoria di Stakeholder Principali gruppi di Stakeholder inclusi
nella categoria
Governmental entities Enti governativi Governo nazionale, Consiglio di
Amministrazione, sponsor
Management Management Rettori, presidenti, vice – presidenti,
direttori
Employees Dipendenti Professori, staff amministrativo, staff di
supporto
Students/Clients Studenti/Clienti Studenti, genitori degli studenti, datori
di lavoro, agenzie interinali
Suppliers Fornitori Scuole secondarie, ex studenti,
compagnie di assicurazione
Competition Concorrenza Diretta: altre università
Sostituti: company training programs
Donors Donatori Individui (dirigenti, ex studenti, familiari,
dipendenti, aziende, fondazioni)
Communities Comunità Vicinato, scuole, servizi sociali, Camera
di Commercio
Government regulators Regolatori governativi Ministero dell’Istruzione, enti di ricerca,
autorità finanziarie
Non-governmental regulators Regolatori non governativi
Fondazioni, enti certificati, associazioni professionali
Financial intermediaries Intermediari finanziari Banche, analisti
Alliances and partnerships Alleanze e partnership Alleanze, consorzi, co – finanziatori
Fonte: adattato da Burrows, J. (1999). Going beyond labels: A framework for profiling institutional stakeholders. Contemporary Education; Summer 1999; 70, 4; ProQuest Social Sciences Premium Collection
Burrows (1999) propone inoltre di distinguere gli Stakeholder delle Università utilizzando 4
dicotomie:
1. Stakeholder interni ed esterni: questa classificazione non è così semplice come sembra, in
quanto dipende dalla particolare questione in oggetto. Ad esempio gli studenti sono
Stakeholder interni riguardo ad alcune decisioni relative ai servizi di biblioteca, mentre
sono esterni nella deliberazione relativa all’aumento dei contributi accademici.
2. Stakeholder attivi e passivi: gli Stakeholder attivi sono coloro che hanno interessi di tipo
finanziario, legale o morale nell’università; mentre i soggetti passivi sono stati, sono, o
potranno essere in futuro influenzati dal comportamento dell’organizzazione.
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3. Stakeholder possibili cooperanti e possibili minacce: a seconda del potenziale livello di
cooperazione e di minaccia per l’università, gli Stakeholder possono essere classificati in
una matrice 2x2.
Figura 4: matrice di classificazione degli Stakeholder delle università utilizzando le variabili
“cooperazione” e “minaccia”.
MIN
AC
CIA
ALT
A
BASSA COOPERAZIONE/ALTA MINACCIA Esempio: un nuovo centro di alta
formazione che cerca di entrare nel mercato universitario offrendo programmi formativi innovativi
ALTA COOPERAZIONE/ALTA MINACCIA
Esempio: università concorrenti, con le quali ci si può unire in un consorzio
BA
SSA
BASSA COOPERAZIONE/BASSA MINACCIA
Questa tipologia di Stakeholder richiede solo un monitoraggio periodico
ALTA COPERAZIONE/BASSA MINACCIA
Esempio: donatori e dipendenti soddisfatti
BASSA ALTA
COOPERAZIONE
Fonte: adattato da Burrows, J. (1999). Going beyond labels: A framework for profiling institutional stakeholders.
Contemporary Education; Summer 1999; 70, 4; ProQuest Social Sciences Premium Collection
4. Stakeholder con una partecipazione nell’università e Stakeholder che hanno un’influenza
verso l’università: si distinguono sei diverse tipologie di partecipazione (stake):
“institutional”, “economic”, “social”, “scholarship”, “moral” e “personal” stake. Gli
Stakeholder con un’influenza nell’università possono avere un’influenza economica,
formale o politica (Burrows, 1999).
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1.4.2) Il “modello di Mitchell” applicato alle università
Un altro valido supporto per classificare gli Stakeholder nelle università è il cosiddetto “modello di
Mitchell”, il quale distingue i vari Stakeholder sulla base di tre attributi: potere (“power”),
legittimità (“legitimacy”) e urgenza (“degree of urgency”). Per potere si intende la capacità dello
Stakeholder di influenzare l’attività dell’Università, mentre per legittimità si fa rifermento alla
percezione che l’azione dello Stakeholder sia desiderabile e/o appropriata (Miller, K., McAdam,
M., McAdam., R., 2014). La relazione tra Stakeholder e Università è invece basata sull’attributo
dell’urgenza qualora le richieste dello Stakeholder siano “time sensitive”, ossia devono essere
implementate in un arco di tempo ben definito pena la perdita della loro efficacia. Le pretese dello
Stakeholder devono inoltre essere importanti per le sorti dell’organizzazione (Mitchell R. K., Agle
B. R., Wood D. J., 1997).
Un singolo Stakeholder potrà avere uno, due o tre attributi. Maggiore è il numero di attributi,
maggiore è l’importanza dello Stakeholder (Mandanici, F., 2010).
Figura 5: Classificazione degli Stakeholder secondo il modello di Mitchell
Fonte: adattato da Mandanici, F. (2010), Il controllo strategico nell’azienda università. FrancoAngeli.
Uno Stakeholder che possiede un solo attributo si troverà nelle zone più chiare della figura qui
rappresentata. Se lo Stakeholder è qualificato con il solo attributo sarà indicato come “dormant”,
in quanto se al potere non corrisponde un interesse legittimo e/o urgente questo potere sarà
pressoché inutilizzato. Quando ad essere presente è il solo attributo della legittimità si indica lo
Stakeholder come “discretionary”.
Dormant
Discretionary
Demanding
Dangerous
Dominant
Dependent
Legitimacy
Definitive
Power
Urgency
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Questa tipologia di Stakeholder, mancando il potere e l’urgenza, non è spinto ad instaurare
relazioni con l’interlocutore di riferimento, ma a volte tende a farlo per ragioni di responsabilità
sociale. Uno Stakeholder che ha solo il carattere dell’urgenza, invece, è definito “demanding”:
cercherà di interagire costantemente con l’organizzazione, ma non avendo potere e legittimità
non sarà molto rilevante (Mandanici, F., 2010).
Gli Stakeholder caratterizzati da due attributi sono definiti:
- “Dominant” (potere e legittimità)
- “Dependent” (legittimità e urgenza)
- “Dangerous” (urgenza e potere) (Mandanici, F., 2010)
Queste ultime tre classi di Stakeholder possono essere raggruppate nel cosiddetto gruppo degli
“Expentant Stakeholder”, ossia di tutti i soggetti che hanno delle aspettative verso l’organizzazione
(Mitchell R. K., Agle B. R., Wood D. J., 1997). Gli individui e i gruppi che devono avere massima
priorità per una certa Università e più in generale per qualsiasi organizzazione sono quelli in cui
coesistono i tre attributi, i cosiddetti “definitive Stakeholder”, i quali “godono di autorità in quanto
il potere ha fonte legittima e viene esercitato per soddisfare interessi urgenti” (Mandanici, F.,
2010).
Figura 6: Riepilogo della classificazione degli Stakeholder secondo il Modello di Mitchell
Numero di attributi Categoria di Stakeholder
1 attributo
Dormant (P)
Discretionary (L)
Demanding (U)
2 attributi
Dominant (P+L)
Dependent (L+U)
Dangerous (U+P)
3 attributi Definitive (P+L+U)
Fonte: adattato da Mandanici, F. (2010), Il controllo strategico nell’azienda università. FrancoAngeli.
Gli Stakeholder di un’università saranno ovviamente diversi a seconda del tipo di organizzazione.
Un’università a vocazione internazionale come quelle oggetto di questo lavoro avrà dei soggetti
interessati alle loro sorti piuttosto diversi rispetto a quelli di un’università a vocazione locale. Ad
esempio un’università rilevante a livello mondiale avrà tra i “definitive Stakeholder” la Comunità
scientifica internazionale e tra i “dominant Stakeholder” la Comunità scientifica nazionale. Per gli
Atenei di dimensioni ridotte e con un’ottica a livello locale, invece, è molto meno importante
l’attività di ricerca scientifica, pertanto la Comunità scientifica nazionale ha il solo carattere della
legittimità, mentre quella internazionale non è nemmeno inclusa tra gli Stakeholder (Mandanici,
F., 2010).
Legenda P = power L = legitimacy U = urgency
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2. Social media per lo Stakeholder Engagement
2.1) Social media
L’avvento dei social media ha portato per le organizzazioni nuovi metodi di coinvolgimento degli
Stakeholder. I social media sono un gruppo di applicazioni basate su Internet, costruite sui principi
del Web 2.0 e che consentono la creazione e lo scambio di contenuti generati dall’utente. Il
termine “Web 2.0” è stato coniato nel 2004 per descrivere un nuovo modo di utilizzare Internet,
ossia come una piattaforma in cui i contenuti non sono prodotti da singoli individui, ma vengono
spesso modificati dagli utenti finali in forma collaborativa (Kaplan, A. M., Haenlein, M., 2010). In
questo modo si instaura una comunicazione di tipo “molti a molti”, diversa dalla comunicazione
unidirezionale “uno a molti” tipica del Web 1.0 (Osservatorio Digitale PMI, 2015).
Spesso le locuzioni “social media” e “social network” vengono erroneamente usati come sinonimi.
In realtà i social network rappresentano un sottoinsieme dei social media (Osservatorio Digitale
PMI, 2015). Kaplan e Haenlein (2010) hanno individuato sei categorie di social media:
1. Progetti collaborativi (es. Wikipedia)
2. Comunità di contenuti (es. YouTube)
3. Mondi virtuali di gioco (es. World of Warcraft)
4. Mondi virtuali sociali (es. Second Life)
5. Siti di social networking (es. Facebook)
6. Blog e microblog
La diffusione dei social media sta costantemente aumentando. Il numero di utenti attivi di uno o
più social media è infatti raddoppiato negli ultimi 5 anni, passando dai 970 milioni del 2010 ai 1960
milioni del 2015. Il social media con più profili attivi al mondo è Facebook, seguito da Youtube,
Instagram, Google+ e Twitter (Libo-on, A., 2016).
Figura 7: numero di utenti attivi distinti per social media nel 2015
Fonte: adattato da Libo-on, A. (2016). The Growth of Social Media v 3.0 [Infographic].
https://www.searchenginejournal.com/growth-social-media-v-3-0-infographic/155115/
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
Facebook YouTube Instagram Google+ Twitter Tumblr Snapchat Pinterest LinkedIn
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2.2) Social network
L’Enciclopedia Treccani (2016) definisce l’espressione “social network” come “un servizio
informatico on line che permette la realizzazione di reti sociali virtuali.” Le caratteristiche che
accomunano i vari siti di social networking sono:
- l’interazione tra utenti;
- la condivisione di contenuti;
- la condivisione di dati personali, sensibili e professionali;
- la registrazione mediante la creazione di un profilo personale;
- la possibilità di effettuare ricerche nel database della struttura informatica per localizzare
altri utenti e organizzarli in gruppi e liste di contatti (Enciclopedia Treccani, 2016).
La maggior parte dei social media più popolari sono social network. Sono sicuramente dei social
network 6 dei 9 social media maggiormente utilizzati (Facebook, Instagram, Google+, Snapchat,
Pinterest e LinkedIn), in quanto seguono tutte le peculiarità che distinguono i siti di social
networking (Libo-on, A., 2016). Persino YouTube, pur essendo come detto in precedenza una
comunità di contenuti video, può essere considerato un social network in senso lato. Questa
piattaforma si è infatti evoluta introducendo funzioni tipiche dei social network come la possibilità
di creare e gestire un account personale, di commentare i video e di iscriversi ai canali di altri
utenti (Negri F., 2013).
È più complesso classificare Tumblr e, soprattutto, Twitter. Twitter può essere infatti incluso sia
nella categoria dei social network sia in quella dei blog o, più precisamente, microblog. Per
microblog si intende un “blog ridotto ai minimi termini”, in quanto i contenuti di Twitter (i
“tweet”), non possono superare i 140 caratteri. Questo social media, come un blog, ha i tweet
raccolti in un’unica pagina disposti in ordine anti – cronologico. Ha però anche tutte le
caratteristiche tipiche dei siti di social networking, come la creazione di un profilo personale, la
possibilità di seguire altri account e di essere seguiti e la possibilità di dare e ricevere feedback sui
contenuti condivisi (Conti L., 2010).
2.3) Come utilizzare i social media
Per le università, e più in generale per qualsiasi organizzazione, è fondamentale conoscere e saper
gestire in modo appropriato i social media. Qualsiasi tipo di valore generato attraverso il loro
utilizzo, infatti, non viene dalla semplice presenza sulle varie piattaforme, ma da come viene
sfruttata questa presenza (Palmer, S., 2014). I contenuti realizzati da una certa organizzazione
devono essere rilevanti per i suoi Stakeholder (Glover, J., 2013).
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
17
Kaplan e Haenlein (2010) hanno elaborato 5 linee guida per usare al meglio i social media:
1. Scegliere attentamente: il Web offre decine e decine di social media, è quindi
fondamentale per l’organizzazione selezionare quelli più adatti al suo core business.
2. Scegliere le applicazioni o realizzarne di proprie: si possono creare profili su social media
già esistenti oppure si possono creare nuove applicazioni. La prima strada è decisamente
quella più comune, in quanto consente di beneficiare da subito della popolarità e del
grande numero di utenti dei vari Facebook, Twitter e così via. Inoltre esclude il rischio
d’impresa relativo al lancio di una nuova applicazione. Ciò non esclude che in alcuni casi
particolari possa essere redditizio per l’organizzazione realizzare un nuovo social media.
3. Assicurare l’allineamento delle attività: quando si utilizzano diversi social media è
importante sia che i contenuti non siano contraddittori, sia che siano integrati tra le varie
piattaforme. Quando si implementa una strategia multi – canale una buona sinergia tra di
essi porta dei benefici all’organizzazione (Rutter, R., Roper, S., Lettice, F., 2016).
4. Integrare tutti i media: l’integrazione non deve avvenire solo tra i vari sociali media, ma
anche con tutti i media tradizionali, come la televisione e i giornali.
5. Rendere possibile per tutti l’accesso: tutti i lavoratori dell’organizzazione devono poter
accedere ai profili social, senza bisogno di alcun particolare permesso (Kaplan, A. M.,
Haenlein, M., 2010).
Diverse organizzazioni hanno dei veri e propri team di persone per gestire al meglio i social media.
Le figure principali di questo particolare ramo dell’organizzazione sono:
- Il Corporate social strategist: è la figura di riferimento delle persone responsabili della
gestione dei social media ed è il responsabile degli investimenti effettuati in questo
ambito.
- Il Social media manager: è la persona che pianifica le attività da svolgere nel tempo e che
definisce ruoli e responsabilità assegnando degli obiettivi.
- Il Social media analyst: è il soggetto che controlla le performance sulla base degli obiettivi
prestabiliti e realizza report a riguardo.
- Il Community manager: è colui incaricato della gestione dei vari profili, della definizione del
calendario editoriale di ognuno e delle risposte ai commenti (Cosenza, V., 2012).
Uno dei compiti del Community manager, ossia il rispondere ai commenti, è cruciale per realizzare
un buon Engagement. Se, ad esempio, un potenziale futuro studente dovesse porre una domanda
ad una università su una pagina sociale dell’ateneo senza ricevere una risposta, potrebbe rivedere
la sua decisione di fare application per quell’università. Solo gli atenei che utilizzano i social media
in maniera interattiva riescono effettivamente a creare valore per l’istituzione (Rutter, R., Roper,
S., Lettice, F., 2016).
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
18
2.4) Perché le università utilizzano i social media
Lo sviluppo dei social media ha fornito nuovi mezzi alle università per coinvolgere gli Stakeholder.
Il loro utilizzo nel settore dell’alta istruzione è relativamente recente, ma si è reso necessario per
la loro grande diffusione (Palmer, S., 2014). Come evidenziato nel paragrafo 2.1 il numero di utenti
attivi di uno o più social media ha sfiorato i 2 miliardi nel 2015 e le previsioni indicano che questo
numero continuerà ad aumentare, seppure in misura relativamente minore rispetto al passato. È
ancora più interessante notare come l’89% degli utilizzatori di Internet nella fascia di età 18-29
anni, ossia quella degli studenti e dei ricercatori, sia presente sui social media (Libo-on, A., 2016).
Inoltre l’Engagement attraverso i social media offre una serie di vantaggi rispetto al
coinvolgimento tramite i media tradizionali:
- la rapidità delle interazioni;
- la mancanza di intermediazione con gli utenti;
- il costo di solito inferiore (Kaplan, A. M., Haenlein, M., 2010).
I social media rappresentano anche degli strumenti importanti nell’ottica del reclutamento degli
studenti. Realizzare e condividere contenuti di qualità, soprattutto se realizzati in cooperazione
con gli studenti stessi, porta ad un aumento del numero di persone che seguono gli account
dell’ateneo e che rilasciano feedback. Rutter, R., Roper, S., Lettice, F. (2016) hanno dimostrato che
ad un profilo Twitter dell’università con molti seguaci corrispondono buoni risultati nel
reclutamento degli studenti.
2.5) Facebook e Twitter
Facebook e Twitter, che come spiegato nel paragrafo 2.2 sono rispettivamente un social network e
un microblog (con caratteri tipici dei siti di social networking), sono i due social media
maggiormente usati dalle università (Palmer, S., 2014). Nei prossimi due paragrafi andiamo ad
analizzare le specificità di Facebook e Twitter per provare a comprendere le motivazioni per cui
gran parte degli atenei possiede dei profili ufficiali su queste piattaforme.
2.5.1) Facebook
Facebook è stato creato da Mark Zuckerberg e da alcuni suoi colleghi studenti dell’Università di
Harvard ed ha fatto la sua prima comparsa online il 4 febbraio 2004 con il nome “The Facebook”.
L’idea originaria era quella di creare un social network rivolto esclusivamente agli studenti della
prestigiosa università americana, solo in seguito è stato aperto ad altre università e, infine, a tutto
il mondo (Negri F., 2013).
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
19
Oggi rappresenta il social network per antonomasia, con i suoi 1,55 miliardi di utenti attivi, i quali
trascorrono mediamente ben 42 minuti al giorno sulla piattaforma (Libo-on, A., 2016). La sua
enorme popolarità rappresenta il motivo principale per il quale pressoché tutte le università
hanno un account su questo sito di social networking. Lo strumento più efficace per le università
per essere presenti su Facebook è quello della “pagina ufficiale”, in cui devono essere presenti le
informazioni essenziali relative all’ateneo (come la mission e l’anno di fondazione) e,
naturalmente, i vari contenuti (Cosenza, V., 2012).
I feedback più rilevanti che possono dare gli utenti di Facebook ad un post sono i “mi piace”
(“likes”), i “commenti” (“comments”) e le “condivisioni” (“shares”). Ad ognuna di queste azioni
l’algoritmo utilizzato da Facebook (chiamato EdgeRank) per individuare i contenuti più rilevanti
(che saranno quelli maggiormente in evidenza) assegna un certo peso specifico (Haydon, J., 2013).
In particolare un commento equivale a 7 mi piace e una condivisione a 2 commenti, quindi una
condivisione “pesa” 14 mi piace” Il “like” è considerato meno rilevante in quanto richiede un
semplice click dell’utente, a differenza del commento che invece è preceduto dalla formazione di
un’opinione sul contenuto e dallo scegliere le parole da scrivere. La condivisione è il feedback che
esprime un coinvolgimento maggiore: l’utente è rimasto talmente colpito dal contenuto dal
volerlo inserire nel suo profilo, in modo tale da renderlo visibile a tutti i suoi amici (Calero, A.,
2013).
Figura 8: parametri dell’algoritmo EdgeRank di Facebook
1 commento = 7 mi piace 1 condivisione = 2 commenti = 14 mi piace
Fonte: Cleary, I. (2016). Facebook Analytics: The Only Guide You’ll Ever Need. http://www.razorsocial.com/facebook-
analytics-reference-guide/
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
20
Alla luce di questi dati è evidente come un post su Facebook abbia di norma un numero di “mi
piace” maggiore di quello dei commenti, e un numero di commenti maggiore di quello delle
condivisioni. Ciò non esclude che un contenuto possa avere più condivisioni/commenti che “likes”,
fenomeno comune nell’ipotesi in cui il contenuto generi una forte emozione e/o coinvolgimento
degli utenti (Haydon, J., 2013). Inoltre questi rapporti tra i 3 principali feedback sono delle semplici
medie, quindi per molte pagine i quozienti saranno differenti (Calero, A., 2013).
I post che generalmente raccolgono il maggior numero di feedback sono quelli correlati di una o
più foto (in media generano 5,5 volve più interazioni dei post privi di immagini) e quelli con un
testo inferiore agli 80 caratteri (Zeevi, D., 2013).
2.5.2) Twitter
Così come Facebook, anche Twitter è nato con l’obiettivo di soddisfare un’esigenza diversa da
quella che va a soddisfare attualmente. Jack Dorsey, Evan Williams e Biz Stone, i 3 fondatori di
questo social media, avevano infatti in mente nel 2006 di creare un sistema per inviare dei
messaggi (simili agli SMS) in contemporanea a più persone. Un messaggio, detto “tweet”
(letteralmente “cinguettio”), non poteva e non può ancora oggi superare i 140 caratteri (Conti L.,
2010).
Alcune caratteristiche originarie di Twitter, come i contenuti visibili a tutti e la piattaforma
semplice da usare, portarono ben presto gli iscritti al sito a farne un utilizzo più ampio di quello
previsto dai fondatori. Le persone passarono in poco tempo dallo scambiarsi semplici
comunicazioni personali, a condividere foto, link, informazioni di pubblico interesse ed opinioni,
trasformando Twitter in una piattaforma per veicolare informazioni rapidamente e senza alcun
filtro, anche andando in parte a svolgere il ruolo una volta riservato alle agenzie di stampa (Conti
L., 2010).
Ogni utente di Twitter ha la sua “Timeline”, in cui visualizza tutti i contenuti delle persone che
segue (“following”). Gli utenti che seguono un profilo sono invece detti “followers”. I due elementi
di un tweet che aiutano ad aumentare il livello di Engagement sono la “menzione” e, soprattutto,
l’hashtag. La menzione è l’inserimento in un tweet di un nome utente preceduto dal simbolo della
chiocciola, in modo tale che la persona citata visualizzi il contenuto ed eventualmente risponda.
L’hashtag è invece la scrittura di una o più parole precedute dal cancelletto (#) in modo da creare
delle tendenze o semplicemente di dire la propria su un certo tema. Su Twitter, infatti, possono
essere cercati sia i singoli account sia gli hashtag. Se ad esempio viene digitato nella barra di
ricerca “#università”, appariranno i tweet contenenti questo hashtag in ornine cronologico inverso
(dal più recente al meno recente) (Tirinnanzi, E., 2012).
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
21
I principali feedback che un utente di Twitter può dare ad un contenuto sono simili a quelli di
Facebook. Essi sono:
- “Aggiungi ai preferiti”, simile al “mi piace” di Facebook, anche se in proporzione meno
utilizzato su Twitter;
- “Risposta”, analogo al “commento” del principale sito di social networking, con la
caratteristica ulteriore di iniziare con la menzione dell’utente a cui si sta rispondendo;
- “Retweet”, pressoché uguale alla condivisione (Taverniti, G., 2013).
La presenza su Twitter delle principali aziende, organizzazioni e istituzioni, e le peculiarità di
questo social media (brevità e immediatezza), hanno spinto molte università a fare di Twitter uno
degli strumenti principali per implementare lo Stakeholder Engagement (Palmer, S., 2014). Le
statistiche relative ai fruitori di Twitter, inoltre, non fanno che confermare l’utilità di questo mezzo
per gli atenei, in quanto l’audience di Twitter coincide con quella delle università. Secondo una
ricerca condotta dal “Pew Research Center” il 70% degli utenti di Twitter ha conseguito, o sta per
conseguire, un titolo universitario o post universitario e ben il 50% ha un reddito superiore a
50000 dollari (Molla, R., 2016).
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
22
3. Ricerca su social media e Stakeholder Engagement nelle
università
3.1) Metodologia
3.1.1) Content analysis
La raccolta e l’elaborazione dei dati sono state effettuate secondo il metodo della “content
analysis” (“analisi dei contenuti”), procedimento che può essere definito come un “insieme ampio
ed eterogeneo di tecniche manuali o assistite da computer di interpretazione contestualizzata di
documenti provenienti da processi di comunicazione in senso proprio (testi) o di significazione
(tracce e manufatti), aventi come obiettivo finale la produzione di inferenze valide e attendibili”. È
pertanto uno strumento molto utile quando deve essere analizzata una grande quantità di dati
(Tipaldo, G., 2014).
È importante che la procedura di classificazione sia affidabile, termine che in questo contesto ha la
duplice accezione di “validità” e di “riproducibilità” (Stemler, S., 2001). Per validità si intende
l’affidabilità all’interno di una stessa analisi, il grado con cui una certa procedura di traduzione di
un concetto in variabile rileva effettivamente il concetto che si vuole misurare. La riproducibilità,
invece, è l’affidabilità tra le varie analisi, ossia “il grado con il quale una certa procedura di
traduzione di un concetto in variabile produce gli stessi risultati in prove ripetute” (Tipaldo, G.,
2014).
Secondo Stemler (2001) condurre un’analisi dei contenuti richiede di dare risposta a 6 domande:
1. Quali dati vengono analizzati?
2. Come sono definiti?
3. Qual è la popolazione da cui sono estratti?
4. Qual è il contesto in cui i dati sono analizzati?
5. Quali sono i confini dell’analisi?
6. Qual è il target dell’inferenza?
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
23
3.1.2) Descrizione della ricerca
La ricerca è stata svolta su un campione di 40 università tra le più importanti al mondo. Sono stati
analizzati gli account ufficiali su Facebook e Twitter (quando esistenti) degli atenei selezionati, in
particolare facendo riferimento a tutti i post/tweet realizzati dal 1° dicembre 2015 al 31 gennaio
2016 (senza considerare le condivisioni e i retweet di contenuti non prodotti dall’università) Nel
caso in cui, procedendo in ordine cronologico inverso dal 31 gennaio, i post/tweet fossero stati
maggiori di 60, sarebbero stati esclusi dalla ricerca quelli eccedenti questo numero.
L’87,5% degli atenei del campione (35 su 40) sono presenti sia su Facebook che su Twitter con un
account in lingua inglese, ma la pagina Twitter della Seoul National University non è stata
aggiornata nell’arco temporale preso in considerazione in questa ricerca. I 5 atenei che non sono
presenti con un profilo in inglese in entrambi i social media sono:
- Kyoto University, che al momento della raccolta dei dati possedeva una pagina solo su
Twitter (dal 2 giugno 2016 è presente anche su Facebook);
- Hong Kong University of Science and Technology, che è presente solo su Facebook;
- Ecole Normale Supèrieure di Parigi, che ha un profilo ufficiale in lingua francese su
entrambi i social media;
- Ecole Politechnique Paristech, che è presente solo su Twitter con contenuti in francese;
- Tsinghua University, che non è presente né su Facebook né su Twitter, in quanto questi
social media sono bloccati dal governo cinese (ma non ad Hong Kong) (Di Turi, N., 2014).
Figura 9: presenza su Facebook e Twitter delle università del campione.
Facebook Twitter
Fonte: risultati ricerca.
Profilo ininglese
Profilo inlingua madre(francese)
Nessun profilo
Profilo ininglese
Profilo inlingua madre(francese)
Nessun profilo
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24
Figura 10: campione di università selezionato e presenza sui social media. – Fonte: risultati ricerca.
Nome università Presenza sui social media
Facebook Twitter
1 MASSACHUSETTS INSTITUTE OF TECHNOLOGY (MIT) US Sì Sì
2 HARVARD UNIVERSITY US Sì Sì*
3 UNIVERSITY OF CAMBRIDGE UK Sì Sì
4 STANFORD UNIVERSITY US Sì Sì
5 CALIFORNIA INSTITUTE OF TECHNOLOGY (CALTECH) US Sì Sì
6 UNIVERSITY OF OXFORD UK Sì Sì
7 UCL (UNIVERSITY COLLEGE LONDON) UK Sì Sì
8 IMPERIAL COLLEGE LONDON UK Sì Sì
9 ETH ZURICH (SWISS FEDERAL INSTITUTE OF TECHNOLOGY) CH Sì Sì
10 UNIVERSITY OF CHICAGO US Sì Sì
11 PRINCETON UNIVERSITY US Sì Sì
12 NATIONAL UNIVERSITY OF SINGAPORE (NUS) SG Sì Sì
13 NANYANG TECHNOLOGICAL UNIVERSITY (NTU) SG Sì Sì
14 ECOLE POLYTECHNIQUE FÉDÉRALE DE LAUSANNE (EPFL) CH Sì Sì
15 YALE UNIVERSITY US Sì Sì
16 JOHNS HOPKINS UNIVERSITY US Sì Sì*
17 CORNELL UNIVERSITY US Sì Sì
18 UNIVERSITY OF PENNSYLVANIA US Sì Sì
19 AUSTRALIAN NATIONAL UNIVERSITY (ANU) AU Sì Sì
20 KING'S COLLEGE LONDON (KCL) UK Sì Sì
21 UNIVERSITY OF EDINBURGH UK Sì Sì
22 COLUMBIA UNIVERSITY US Sì Sì*
23 ECOLE NORMALE SUPÉRIEURE, PARIS (ENS PARIS) FR Sì Sì
24 MCGILL UNIVERSITY CA Sì Sì*
25 TSINGHUA UNIVERSITY CN No No
26 UNIVERSITY OF CALIFORNIA, BERKELEY (UCB) US Sì Sì*
27 UNIVERSITY OF CALIFORNIA, LOS ANGELES (UCLA) US Sì Sì
28 THE HONG KONG UNIVERSITY OF SCIENCE AND TECHNOLOGY HK Sì No
29 DUKE UNIVERSITY US Sì Sì
30 UNIVERSITY OF MICHIGAN US Sì Sì*
31 UNIVERSITY OF HONG KONG (HKU) HK Sì Sì
32 NORTHWESTERN UNIVERSITY US Sì Sì
33 THE UNIVERSITY OF MANCHESTER UK Sì Sì
34 UNIVERSITY OF TORONTO CA Sì Sì
35 LONDON SCHOOL OF ECONOMICS AND POLITICAL SCIENCE UK Sì Sì*
36 SEOUL NATIONAL UNIVERSITY (SNU) KR Sì Sì
37 UNIVERSITY OF BRISTOL UK Sì Sì
38 KYOTO UNIVERSITY JP No Sì
39 THE UNIVERSITY OF TOKYO JP Sì Sì
40 ECOLE POLYTECHNIQUE PARISTECH FR No Sì
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
25
Nella tabella della pagina precedente 7 università (Harvard University, Johns Hopkins University,
Columbia University, McGill University, University of California – Berkeley, University of Michigan e
London School of Economics and Political Science) hanno un asterisco nella colonna relativa alla
presenza su Twitter in quanto la piattaforma non ha reso possibile visualizzare i tweet del periodo
compreso tra il 1° dicembre 2015 e il 31 gennaio 2016. Sono stati pertanto raccolti i dati di 36
account Facebook e 29 profili Twitter per un totale di 1327 post e 1578 tweet.
Per ogni post/tweet analizzato sono state ricavate le seguenti informazioni:
- data;
- classificazione del contenuto in base al tema;
- numero di mi piace, commenti e condivisioni (aggiunto ai preferiti, risposte e retweet per
quanto riguarda Twitter);
- numero di risposte dell’università e numero di risposte di utenti ad altri utenti
- tono dei commenti in una scala da 1 (protesta/pareri molto negativi) a 5 (complimenti/alta
empatia) con nota di approfondimento ogni qual volta un post/tweet avesse commenti
discordanti.
Per quanto riguarda la classificazione del contenuto in base al tema, sono state usate le seguenti 4
categorie:
- AI – Post su progetti e attività interne dell'università (iniziative e studi presenti, passate o
future dell’università o dei suoi componenti, progetti realizzati dall’università,
pubblicazioni di professori dell’università, successi conseguiti da studenti dell’università,
servizi giornalistici su progetti dell’università, interviste a membri università su attività, info
su corsi o conferenze dell’università, iniziative e attività utili per studenti, professori e altre
componenti dell’università).
- AE – Post su progetti e attività esterne all'università (progetti di interesse ma non realizzati
da componenti dell’università, interviste a membri esterni dell’università).
- SE – Stakeholder Engagement: post per sfruttare gli aspetti interattivi dei social media per
coinvolgere studenti, professori, impiegati, comunità e altri stakeholder (post in cui si
fanno domande agli utenti o a certi stakeholder per avere una opinione, post in cui si
chiede a certi stakeholder una certa azione o si offre la possibilità di prendere posizione su
qualcosa, post in cui si richiede di contribuire ai piani o alla strategia dell’università).
- O – Altro e divertimenti: (divertimenti, foto del campus, quiz, messaggi di auguri, post su
ricorrenze e date speciali, post su personaggi storici esterni all’università).
Particolare attenzione è stata data alla categoria “SE – Stakeholder Engagement”, in quanto per
ogni post/tweet incluso in questa categoria è stato indicato anche lo specifico Stakeholder a cui
era indirizzato il contenuto.
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
26
3.2) Caratteristiche del campione utilizzato
Il campione effettivamente utilizzato è composto da 37 università. In particolare sono stati
analizzati 1578 tweet estratti da 29 profili Twitter e 1327 post ricavati da 36 account Facebook. 28
dei 29 atenei presenti su Twitter (fa eccezione la Kyoto University) hanno anche una pagina in
lingua inglese su Facebook, quindi per questa porzione di campione è possibile osservare le
analogie e le differenze nell’utilizzo di Facebook e Twitter.
Esattamente la metà delle università prese in esame sono in America (16 negli Stati Uniti e 2 in
Canada), mentre sono 11 gli atenei europei (9 in Regno Unito e 2 in Svizzera). Sono state comprese
nello studio anche 7 istituzioni asiatiche (distribuiti tra Singapore, Hong Kong, Corea del Sud e
Giappone) e una dell’Oceania (l’Australian National University).
Figura 11: distribuzione geografica delle università del campione.
Fonte: risultati ricerca.
3.3) Analisi per tipo di contenuto
La prima elaborazione dei dati riguarda la distribuzione dei post/tweet a seconda del tipo di
contenuto.
Ben 956 dei 1327 post su Facebook riguardano progetti e attività interne dell’università. Molto
meno numerosi i post inclusi nella categoria “Altro e divertimenti” (285) e, soprattutto, quelli su
progetti e attività esterni all’ateneo (solo 20). Ammontano a 66 i post per lo Stakeholder
Engagement, di cui 35 di tipo generale, ossia indirizzati a tutti i portatori di interessi dell’ateneo, e
31 rivolti specificatamente a studenti e clienti.
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
America Asia Europa Oceania
Atenei analizzati solo su unodei due social media
Atenei analizzati sia suFacebook sia su Twitter
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27
Figura 12: distribuzione dei post su Facebook a seconda del tipo di contenuto.
Fonte: risultati ricerca.
La distribuzione su Twitter è abbastanza simile a quella evidenziata sul social network fondato da
Mark Zuckerberg. È ancora maggiore la concentrazione di contenuti relativi a progetti e attività
interne dell’università (categoria “AI”), a discapito dei tweet riguardanti ricorrenze speciali, foto,
quiz e divertimenti (categoria “O”). Leggermente maggiore la percentuale di contenuti per lo
Stakeholder Engagement (6%), per un totale di 101 tweet.
Figura 13: distribuzione dei tweet su Twitter a seconda del tipo di contenuto.
Fonte: risultati ricerca.
I 101 tweet per coinvolgere gli Stakeholder si distribuiscono in 3 gruppi di portatori di interessi:
- 34 sono rivolti a tutti gli Stakeholder, non ad un portatore di interessi specifico;
- 66 sono indirizzati a studenti e clienti;
- 1 è rivolto ai concorrenti.
72%
2%
5%
21%
AE
AI
SE
O
80%
1%
6%
13%
AI
AE
SE
O
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
28
Solo 3 atenei hanno realizzato 10 o più tweet per il coinvolgimento degli Stakeholder e queste 3
università (King’s College London, University of Hong Kong, California Institute of Technology)
hanno sede in continenti diversi, è pertanto evidente che non ci sia correlazione tra l’utilizzo dei
social media per lo Stakeholder Engagement e la collocazione geografica dell’ateneo. L’account
Twitter con più tweet rivolti al coinvolgimento di studenti e clienti è quello della University of
Hong Kong (ben 12), è curioso notare come la pagina Facebook di questa istituzione non contenga,
per lo meno nell’arco temporale preso in esame, nessun post per lo Stakeholder Engagement.
Figura 14: distribuzione dei tweet della categoria “SE” a seconda del gruppo di Stakeholder a cui si
rivolgono e dell’università che li ha realizzati.
Nome università Competi
tion General
Students/Clients
Totale
KING'S COLLEGE LONDON (KCL)
8 8 16
UNIVERSITY OF HONG KONG (HKU)
3 12 15
CALIFORNIA INSTITUTE OF TECHNOLOGY (CALTECH)
3 7 10
UNIVERSITY OF CALIFORNIA, LOS ANGELES (UCLA)
1 6 7
IMPERIAL COLLEGE LONDON
7 7
PRINCETON UNIVERSITY
5 1 6
CORNELL UNIVERSITY
2 3 5
THE UNIVERSITY OF MANCHESTER
2 2 4
NATIONAL UNIVERSITY OF SINGAPORE (NUS) 1 1 2 4
UNIVERSITY OF BRISTOL
1 3 4
UNIVERSITY OF CAMBRIDGE
2 2 4
NANYANG TECHNOLOGICAL UNIVERSITY (NTU)
3 3
UNIVERSITY OF CHICAGO
1 2 3
THE UNIVERSITY OF TOKYO
2
2
UNIVERSITY OF TORONTO
1 1 2
STANFORD UNIVERSITY
2 2
NORTHWESTERN UNIVERSITY
2 2
AUSTRALIAN NATIONAL UNIVERSITY (ANU)
1
1
ECOLE POLYTECHNIQUE FÉDÉRALE DE LAUSANNE
1 1
UCL (UNIVERSITY COLLEGE LONDON)
1 1
UNIVERSITY OF PENNSYLVANIA
1 1
DUKE UNIVERSITY
1
1
Totale complessivo 1 34 66 101 Fonte: risultati ricerca.
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29
3.4) Analisi secondo i feedback ricevuti
3.4.1) Analisi overall
La prima elaborazione dei dati relativi ai feedback ricevuti (mi piace, commento, condivisione per
Facebook; aggiungi ai preferiti, risposta, retweet per Twitter) è un’analisi overall. Sono stati
esportati il numero totale di feedback ricevuti e la media per singolo contenuto, entrambi distinti
per tipo di feedback.
Su Facebook le università raccolgono un gran numero di “mi piace”, in media circa 638 per post. È
molto elevato il numero di condivisioni alla luce dell’algoritmo EdgeRank utilizzato da Facebook,
che come affermato nel paragrafo 2.5.1 equipara 1 condivisione a 14 mi piace. Nel campione
utilizzato le condivisioni medie per post sono circa 91, quindi il rapporto shares/likes è pressoché
dimezzato. Molto meno numerosi i commenti, in media poco più di 17 per post.
Molto diversa è la situazione su Twitter. Su questo social media, infatti, gli utenti forniscono molti
meno feedback. Un tweet raccoglie mediamente circa 16 aggiungi ai preferiti e 13 retweet, ed
appena 0,46 risposte, è quindi molto comune trovare tweet senza alcuna risposta.
Figura 15: numero totale di feedback e media post/tweet, con differenziazione a seconda del tipo
di feedback.
Facebook Twitter
Tipo di feedback
N° totale di feedback
Media per post
Tipo di
feedback N° totale di feedback
Media per tweet
Mi piace 846711 638,06 Aggiungi ai pref. 24679 15,64
Commento 22621 17,05 Risposta 719 0,46
Condivisione 121264 91,38 Retweet 20035 12,70 Fonte: risultati ricerca.
3.4.2) Analisi tipo di feedback – tipo di post/tweet
Dopo aver osservato la numerosità delle varie tipologie di feedback su Facebook e Twitter, e aver
visto la media per post/tweet, è interessante analizzare come queste interazioni siano distribuite a
seconda del tipo di contenuto. Per fare ciò è stato calcolato, per ognuna delle 4 categorie di
post/tweet (AE, AI, O, SE), il rapporto tra il numero totale di feedback (distinto per ciascuna
tipologia di interazione) e il numero totale di post/tweet relativi alla singola categoria.
Su Facebook i post che proporzionalmente raccolgono il maggior numero di interazioni sono quelli
della categoria “O – Altro e divertimenti”, per quanto riguarda i “mi piace” e quelli della classe “AE
– progetti e attività esterni all’università”, per i commenti e le condivisioni.
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
30
L’alto numero di “likes” dei post della categoria “O”, che è il maggiore non solo in proporzione ma
anche in termini assoluti, è spiegabile proprio dalla tipologia di contenuto. Foto particolarmente
belle delle strutture universitarie, post che ricordano personaggi importanti e ricorrenze speciali
sono infatti contenuti che portano un gran numero di utenti ad esprimere il loro consenso, quasi
unanime, con un “mi piace”. Per post di questo genere è meno comune interagire con commenti e
condivisioni, anche se è comunque piuttosto frequente. Lo è in particolare su Twitter, in cui i
tweet della categoria “O” non solo sono quelli che in proporzione raccolgono più “aggiungi ai
preferiti”, ma sono anche quelli con il maggior numero di risposte e commenti nel rapporto
feedback/N° tweet.
I molti commenti e condivisioni ai post della categoria “AE” in rapporto alla bassa quantità di
questa tipologia di contenuto è forse dovuta alla qualità e all’alto grado di interesse di questi post.
Se un’università decide di dedicare un post a progetti e attività esterne lo fa solo nel caso in cui
ritiene che questi contenuti siano di grande rilevanza per l’audience. Questo dato è inoltre in parte
distorto dalla presenza di 3 post della Harvard University che hanno raccolto un gran numero di
interazioni, ottenendo da soli circa il 73% dei “mi piace” avuti da tutti i post della categoria “AE”.
Su Twitter sono molto minori i feedback dei tweet relativi ad attività e progetti esterni
all’università, in media poco più di 10 “aggiungi ai preferiti” e 10 retweet per contenuto.
I contenuti della categoria “AI” spesso raccolgono meno interazioni rispetto a quelli delle classi
“O” e “AI”, ma sorprende osservare come i post/tweet specifici per lo Stakeholder Engagement
siano quelli con in media il minor numero di feedback, ad eccezione dei commenti/risposte.
Questo fenomeno è probabilmente dovuto al fatto che in questa tipologia di post/tweet si chiede
di solito agli utenti di compiere azioni su siti esterni ai social media, pertanto le università tendono
a ricevere più interazioni sui loro siti Web ufficiali e/o su altre piattaforme piuttosto che su
Facebook e Twitter.
Figura 16: N° di mi piace, commenti, condivisioni a seconda del tipo di post (AE, AI, O, SE).
Tot. mi piace
Mi piace/ N° post
Tot. commenti
Commenti/ N° post
Tot. condivisioni
Condivisioni/N° post
AE 19200 960,00 760 38,00 5954 297,70
AI 398392 416,73 12818 13,41 78958 82,59
O 406142 1425,06 8063 28,29 32996 115,78
SE 22977 348,14 980 14,85 3356 50,85 Fonte: risultati ricerca.
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Figura 17: N° di aggiungi ai preferiti, risposte, retweet a seconda del tipo di tweet (AE, AI, O, SE).
Tot. aggiungi
ai preferiti
Aggiungi ai preferiti/ N° tweet
Tot. risposte Risposte/ N° post
Tot. retweet Retweet/ N° post
AE 241 10,95 7 0.32 223 10,14
AI 16621 13,21 516 0,41 13829 10,99
O 7182 36,46 162 0,82 4993 25,35
SE 635 6,29 34 0,34 990 9,80 Fonte: risultati ricerca.
3.5) Analisi per risposte delle università
Nel primo capitolo di questa trattazione è stata sottolineata l’importanza del confronto tra
l’organizzazione e i vari Stakeholder per implementare un buon Engagement (Rinaldi, L., 2013). Il
confronto sui social media avviene principalmente attraverso i commenti degli utenti e le risposte
date dall’università.
Gli atenei devono ancora migliorare molto sotto questo aspetto. Su Facebook, e ancora di più su
Twitter, è infatti molto basso il numero di risposte delle università (rispettivamente 141 e 23). È
pero positivo che siano i contenuti per lo Stakeholder Engagement ad avere in media il maggior
numero di risposte da parte degli atenei stessi. L’università dà una risposta su Facebook ogni 5
post e su Twitter ogni 50 tweet.
Figura 18: numero medio di risposte delle università su Facebook e Twitter per tipo di post/tweet.
Categoria post/tweet
Facebook Twitter
AE 0,16 0
AI 0,07 0,01
O 0,19 0,03
SE 0,20 0,02 Fonte: risultati ricerca.
Su Facebook sono 4 le università che hanno dato più di 10 risposte ai loro post:
- University of Oxford (36);
- University of California, Berkeley (15);
- Cornell University (14);
- University of Toronto (11).
Su Twitter tutte le 23 risposte provengono da un solo ateneo: Massachusetts Institute of
Technology (MIT).
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32
3.6) Analisi per risposte degli utenti ad altri utenti
Le risposte degli utenti ad altri utenti sono molto frequenti nel campione oggetto di studio su
Facebook (in media 2,22 per post), mentre su Twitter costituiscono un numero esiguo (appena
17). La distribuzione a seconda del tipo di contenuto è pressoché opposta rispetto a quella relativa
alle risposte delle università. Sono infatti i post relativi a progetti e attività esterne all’università a
raccogliere in media il maggior numero di questo tipo di interazione, mentre i post specifici per lo
Stakeholder Engagement sono quelli, in proporzione, con il minor numero di risposte di utenti ad
altri utenti.
Figura 19: numero medio di risposte degli utenti ad altri utenti su Facebook per tipo di post.
Categoria post Facebook
AE 2,79
AI 2,27
O 2,21
SE 1,44 Fonte: risultati ricerca.
Figura 20: screenshot del post su Facebook con il maggior numero di risposte di utenti ad altri
utenti (384).
Fonte: account ufficiale California Institute of Technology (Caltech).
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3.7) Analisi per tono commenti
Come viene spiegato nel paragrafo relativo alla metodologia della ricerca (il 3.1), i commenti di
ogni singolo post/tweet sono stati classificati in base al loro tono in una scala da 1 (protesta/pareri
molto negativi) a 5 (complimenti/alta empatia). Per questa analisi è stato calcolato il valore medio
dei tono commenti sia in relazione alla tipologia di post/tweet, sia per singola università.
Figura 21: scala di classificazione dei commenti utilizzata nella ricerca.
Positivo Complimenti/Alta empatia 5
Proposta costruttiva/Empatia 4
Neutro Neutrale/Non c'è un tono particolare 3
Negativo Critica costruttiva/pareri negativi 2
Protesta/Pareri molto negativi 1 Fonte: risultati ricerca.
3.7.1) Analisi tono commenti – tipo di post/tweet
Nella maggior parte dei casi i post su Facebook hanno un tono dei commenti positivo. La media
generale, infatti, è molto vicina al valore 4. In particolare sono i post della categoria “O” ad avere
un tono dei commenti molto positivo (in media 4,39), seguiti da quelli per lo Stakeholder
Engagement (con un valore medio pressoché uguale a quello generale). Più tendente al neutro,
invece, il tono commenti dei post relativi a progetti ed attività interne all’università e, soprattutto,
dei contenuti riguardanti progetti ed attività esterne.
Anche su Twitter i contenuti con le risposte più empatiche da parte degli utenti sono quelli della
categoria “O – Altro e divertimenti”, seguiti dalle classi “SE”, “AI”, “AE”. A cambiare sono però i
valori medi, ben più bassi che su Facebook. Il tono delle risposte medio è, seppur di poco, inferiore
a 3, e solo i tweet delle categorie “O” e “SE” superano questa soglia.
Figura 22: tono commenti/risposte degli utenti medio per tipo di post/tweet.
Categoria post/tweet
Facebook Twitter
AE 3,57 2,75
AI 3,81 2,82
O 4,39 3,42
SE 3,94 3,08
Media generale 3,96 2,94 Fonte: risultati ricerca.
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3.7.2) Analisi tono commenti per singola università
Dopo aver analizzato quali sono i post/tweet con il tono dei commenti più empatico e quali meno
è interessante osservare quali sono le università che ricevono commenti/risposte più positivi e
quali hanno invece feedback degli utenti più negativi.
Figura 23: tono commenti/risposte degli utenti medio per singola università.
Nome università Facebook Twitter
MASSACHUSETTS INSTITUTE OF TECHNOLOGY (MIT) 4,06 3,73
HARVARD UNIVERSITY 3,69 39
UNIVERSITY OF CAMBRIDGE 3,71 3,29
STANFORD UNIVERSITY 3,93 3,34
CALIFORNIA INSTITUTE OF TECHNOLOGY (CALTECH) 4,35 3,32
UNIVERSITY OF OXFORD 4,68 3,63
UCL (UNIVERSITY COLLEGE LONDON) 4,08 3,29
IMPERIAL COLLEGE LONDON 4,05 3,63
ETH ZURICH (SWISS FEDERAL INSTITUTE OF TECHNOLOGY) 4,14 4,00
UNIVERSITY OF CHICAGO 4,00 3,71
PRINCETON UNIVERSITY 4,49 3,50
NATIONAL UNIVERSITY OF SINGAPORE (NUS) 4,24 4,00
NANYANG TECHNOLOGICAL UNIVERSITY (NTU) 4,06 4,50
ECOLE POLYTECHNIQUE FÉDÉRALE DE LAUSANNE (EPFL) 4,06 4,00
YALE UNIVERSITY 4,12 3,50
JOHNS HOPKINS UNIVERSITY 3,46
CORNELL UNIVERSITY 4,06 3,36
UNIVERSITY OF PENNSYLVANIA 3,69 2,50
AUSTRALIAN NATIONAL UNIVERSITY (ANU) 4,13 3,00
KING'S COLLEGE LONDON (KCL) 3,55 3,20
UNIVERSITY OF EDINBURGH 3,56 3,29
COLUMBIA UNIVERSITY 3,13
MCGILL UNIVERSITY 3,53
UNIVERSITY OF CALIFORNIA, BERKELEY (UCB) 4,08
UNIVERSITY OF CALIFORNIA, LOS ANGELES (UCLA) 3,56 3,38
THE HONG KONG UNIVERSITY OF SCIENCE AND TECHNOLOGY (HKUST) 3,20
DUKE UNIVERSITY 3,73 2,86
UNIVERSITY OF MICHIGAN 4,55
UNIVERSITY OF HONG KONG (HKU) 3,67
NORTHWESTERN UNIVERSITY 3,25 3,50
THE UNIVERSITY OF MANCHESTER 4,17 3,75
UNIVERSITY OF TORONTO 3,90 2,67
LONDON SCHOOL OF ECONOMICS AND POLITICAL SCIENCE (LSE) 3,57
SEOUL NATIONAL UNIVERSITY (SNU) 3,50
UNIVERSITY OF BRISTOL 3,89 4,00
THE UNIVERSITY OF TOKYO 3,95 Fonte: risultati ricerca.
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
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Nella Figura 23 sono stati inseriti i valori medi del tono commenti su Facebook e Twitter. Sono
vuote alcune delle caselle della colonna con i valori di Twitter in quanto alcune università non
hanno ricevuto alcun commento ai loro tweet condivisi tra dicembre 2015 e gennaio 2016 e altre
non sono state analizzate, come spiegato nel paragrafo 3.1.
L’università con il valore medio del tono commenti più alto su Facebook è la University of Oxford
(4,68), seguita dalla University of Michigan e dalla Princeton University. Questo non significa però
che in generale le università inglesi e statunitensi ottengano sempre commenti positivi ai
contenuti da loro proposti. Diverse delle università di queste nazionalità, infatti, hanno dei
commenti molto meno empatici rispetto ai 3 atenei appena citati. La Columbia University, ad
esempio, è l’università tra quelle prese in esame con il valore medio del tono dei comenti più
basso su Facebook, appena 3,13.
Non sempre all’apprezzamento su Facebook corrisponde altrettanto favore degli utenti su Twitter.
La stessa University of Oxford ha un tono medio delle risposte ben inferiore su Twitter rispeto a
quello che registra sul social network creato da Mark Zuckerberg. L’ateneo con il tono delle
risposte migliore su Twitter è la Nanyang Technological University di Singapore, a ulteriore prova
che l’efficacia del coinvolgimento non dipende dalla localizzazione geografica dell’università, ma
dal buon utilizzo dei social media da parte dei singoli atenei.
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
36
Conclusioni
Dalla ricerca emerge che la gran parte delle università del campione siano presenti con un account
in lingua inglese sia su Facebook che su Twitter. È però da sottolineare che ben 3 dei 40 atenei
oggetto del campione non abbiano un profilo ufficiale in inglese su nessuno dei due social media
presi in esame. Mentre per la Tsinghua University questa mancanza è dovuta a ragioni politiche
nazionali, è singolare che due atenei prestigiosi come la École Normale Supèrieure e la École
Polytechnique Paristech non propongano contenuti in lingua inglese su Facebook e Twitter.
La maggioranza dei post/tweet delle università (il 72% su Facebook e l’80% su Twitter) hanno ad
oggetto attività e progetti interni. Sicuramente la distribuzione è troppo sbilanciata a favore di
questa tipologia di contenuti, nei prossimi anni dovrebbero aumentare i post/tweet rivolti
specificatamente allo Stakeholder Engagement. I pochi contenuti indirizzati al coinvolgimento dei
portatori di interessi, inoltre, sono sempre indirizzati o agli studenti/clienti dell’ateneo oppure
indiscriminatamente a tutti gli Stakeholder, gli atenei dovrebbero quindi proporre più contenuti
per coinvolgere donatori, regolatori, comunità e così via.
Per quanto riguarda la quantità di interazioni degli utenti, esse sono molto maggiori su Facebook
che su Twitter. Questo fenomeno è in parte dovuto al maggior numero di utilizzatori di Facebook,
che nel 2015 ha registrato ben 1,55 miliardi di utenti attivi nel 2015, contro i 316 milioni di Twitter
(Libo-on, A., 2016). Anche considerando che Twitter ha un quinto degli utenti su Facebook sono
comunque troppo pochi i feedback degli utenti sul microblog fondato da Jack Dorsey, quindi gli
atenei devono ancora migliorare molto per proporre all’audience di Twitter contenuti di maggiore
qualità e più coinvolgenti.
Un altro elemento che le università devono prendere in considerazione per migliorare la loro
presenza sui social media è il basso numero di commenti su Facebook e, soprattutto, su Twitter,
dove non è raro trovare tweet senza alcuna risposta. A favore del lavoro fin qui fatto dagli atenei
va però anche detto che il tono dei commenti su Facebook è generalmente positivo, in particolare
per i post riguardanti foto del campus, ricorrenze speciali e quiz e per i contenuti per lo
Stakeholder Engagement. C’è invece ancora molto da migliorare su Twitter, in cui le risposte degli
utenti sono spesso di tono neutro e, talvolta, persino negativo.
L’utilizzo dei social media per lo Stakeholder Engagement è una strategia ancora relativamente
nuova, specialmente per le università. La “Teoria degli Stakeholder” di Freeman si è affermata nel
1984, il Web 2.0 agli inizi di questo secolo e Facebook e Twitter sono stati fondati rispettivamente
appena 12 e 10 anni fa. La maggior parte degli atenei ha lavorato e sta lavorando molto per
sfruttare al meglio questi nuovi strumenti per coinvolgere i vari portatori di interessi, ma tanti
sono gli aspetti da cambiare e/o migliorare.
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
37
Dando per scontata la necessità di essere presenti su tutti i principali social media (non solo
Facebook e Twitter) proponendo contenuti in lingua inglese, sono ancora pochi i post/tweet rivolti
al coinvolgimento di una o più categorie di Stakeholder. È inoltre da migliorare in generale
l’utilizzo di Twitter, piattaforma su cui la gran parte degli atenei raccoglie troppe poche interazioni
e dove il tono delle risposte degli utenti non è sempre positivo. Ultimo ma non ultimo, le
università danno troppe poche risposte ai loro utenti, anche se è positivo che i contenuti con più
commenti scritti dagli atenei siano quelli per lo Stakeholder Engagement.
Social Media e Stakeholder Engagement nelle Università Andrea Caperchi
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