secondo modulo

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www.laboratorioentilocali.it Secondo modulo / segue introduzione Problem solving e Decision Making 2.1 Leadership 2.1. 1 Leadership 2.1. 2 Clima, benessere organizzativo 2.2 Delega e Empowerment 2.2. 1 Delega Strumento fondamentale per motivare i collaboratori fa parte degli strumenti di empowerment 2.2. 2. Definizione e tecniche di empowerment 2.2. 3 La diffusione della responsabilità 2.2. 4 Leadership e empowerment La potenza 2.3 Problem solving e Decision Making 2.3. 1 Problemi e soluzioni Modello razionale Razionalità limitata Garbage can 2.3. 2 Tools individuali Apprezzamento I 5 perchè Diagrammi di affinità Analisi swot fabiano corsini 1

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Secondo modulo / segue introduzioneProblem solving e Decision Making

2.1 Leadership2.1.1

Leadership

2.1.2

Clima, benessere organizzativo

2.2 Delega e Empowerment2.2.1

Delega Strumento fondamentale per motivare i collaboratori

fa parte degli strumenti di empowerment

2.2.2.

Definizione e tecniche di empowerment

2.2.3

La diffusione della responsabilità

2.2.4

Leadership e empowerment

La potenza

2.3 Problem solving e Decision Making

2.3.1

Problemi e soluzioni

Modello razionaleRazionalità limitataGarbage can

2.3.2

Tools individuali

Apprezzamento

I 5 perchè

Diagrammi di affinità

Analisi swot

…..nel modulo 3:3.1.1

Tools di gruppo

BrainstormingFocus Group

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Tag cloud della seconda lezione

2.1 Leadership

Perché si sviluppino buone relazioni tra i componenti di una organizzazione, è necessario che vi sia una cura dell’organizzazione stessa e delle persone che ne fanno parte. La cura è compito di tutti i componenti; ma dipende in gran parte dalla esistenza di un leader, meglio di una leadership, di una guida che sappia gestire il clima organizzativo, orientandolo verso il ben-essere.

Per leader intendiamo normalmente il capo; ma qui ci riferiamo alla leadership come a una funzione e ad uno stile operativo, qualcuno addirittura la qualifica come una competenza, che non necessariamente si riconducono esclusivamente al capo (responsabile, coordinatore, gerarchicamente sovraordinato o no ).

Per leadership si può intendere la capacità di influenzare i collaboratori a perseguire in modo spontaneo e autonomo gli obiettivi dell’organizzazione.

Essere leader significa essere un punto di riferimento, una “guida” per il proprio ambiente professionale. La leadership riguarda la capacità di dare ai propri collaboratori ispirazioni, stimoli con le proprie idee e proposte. Il leader è chiamato a spezzare gli schemi predefiniti e per farlo deve saper convincere e trasmettere una vision del presente e del futuro ai suoi collaboratori. Saper promuovere il cambiamento e creare un clima emozionale positivo in cui le persone condividono

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una visione comune e sanno entrare in sintonia con gli obiettivi organizzativi è il compito primario di un leader. Capacità quali la credibilità, la self-awareness, l’empatia, l’abilità comunicativa.Uno strumento fondamentale per l’esercizio della leadership è oggi ritenuto il c.d. empowerment. Per empowerment si intende un processo che dal punto di vista di chi lo esperisce, significa "sentire di avere potere" o "sentire di essere in grado di fare". Da wikipedia apprendiamo che si tratta di “ un concetto multilivello, che rinvia ad un livello individuale e ad uno sociale e di comunità.. Appare così il frutto del concorrere del senso di padronanza e di controllo raggiunto dal soggetto, (livello psicologico) e delle risorse\opportunità offerte dall'ambiente in cui il soggetto vive (livello sociale e di comunità).”.

Empowerment è il processo di ampliamento delle possibilità di un soggetto (una persona ma anche un gruppo di lavoro o un'azienda) che ha lo scopo di aumentare la capacità di agire nel proprio contesto e di operare delle scelte. E' una tecnica che fa leva sulle risorse già presenti per aumentarne l’autodeterminazione. Essere empowered significa essere dotato di poteri elevati, al fine di soddisfare al meglio le esigenze del cliente e poter esprimere le proprie capacità innovative e creative. (Definizione redatta da Enrico Tamellini)

Empowerment aggiunge motivazione; trasforma il collaboratore in un protagonista, accresce la sua focalizzazione sul risultato, la sua propensione ad assumere decisioni, ad accollarsi rischi; fa accrescere la assertività, l’autostima, e dunque migliora i rapporti di collaborazione all’interno della organizzazione.

Interessante notare come la scoperta (nelle tecniche di management delle risorse umane) dell’empowerment, coincida – almeno temporalmente - con la valorizzazione del principio di responsabilità.Il termine responsabilità può essere usato in una pluralità di accezioni. Elencarle può costituire un utile esercizio. In ogni caso, ci aggireremo attorno ai significati di equilibrio, serietà e ragionevolezza, come doti del soggetto (connotazione soggettiva); ma anche di essere tenuti a rispondere, essere chiamati in causa, subire le conseguenze dell’errore (connotazione organizzativa). Individuiamo così due vettori per l’affermazione della responsabilità: uno che attiene alla crescita delle competenze individuali, l’altro che attiene alle scelte organizzative dell’azienda. In tutti e due casi, ne deriva un processo di empowerment. Una progressiva responsabilizzazione di tutti i collaboratori coincide con una loro migliore valorizzazione; rende più facile e produttiva la collaborazione.L’etica della responsabilità consente di superare la gran parte dei problemi relazionali della vita aziendale.

Concretamente, lo strumento più utilizzato per l’empowerment nelle organizzazioni è la delega.

2.2 Delega e Empowerment

Il processo di delega è un fattore critico di successo per le organizzazioni.Per essere attuato necessita della conoscenza degli aspetti relazionali, emotivi ed organizzativi che lo coinvolgono per poter divenire strumento di miglioramento continuo. Delegando si acquisisce una straordinaria competenza oggi più che mai necessaria: saper vedere le cosa da più punti di vista in un’ottica di cambiamento e miglioramento continui.

Le competenze necessarie per esercitare correttamente la delega, comportano che si sappia: Comprendere la differenza tra delega ed incarico  Apprendere tecniche e metodi per delegare efficacemente

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 Riconoscere le variabili esogene ed endogene che ostacolano la delega  Utilizzare la delega come strumento di miglioramento continuo

Uno degli obiettivi fondamentali di una organizzazione e’ lo sviluppo della collaborazione tra tutto il personale, per portare tutti alla massima espressione delle loro potenzialita’.

Lo stile gestionale del Manager , è a cascata di tutti i dipendenti investiti di responsabilità, deve assumere aspetti diversi a seconda delle necessita’ e del livello progressivo di competenza raggiunto dai collaboratori.

La delega è uno Strumento fondamentale per motivare i collaboratori

Tecnicamente, la delega vera e propria si colloca ad un livello superiore rispetto a quello che si intende per empowerment in senso stretto.

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Non andareVai e

riferisci

Chiedi e poi vai Vai

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Le tipologie che ci interessano sono le tre centrali, tutte e tre classificabili come tecniche di empowerment, astrattamente finalizzate a migliorare la motivazione dei collaboratori e a focalizzarli sugli obiettivi della organizzazione; ma anche, come abbiamo visto, a valorizzare le componenti non razionali o comunque emozionali delle loro competenze.Nelle pubbliche amministrazioni, la delega è regolata da norme e dai contratti.

IL DECALOGO DELLA DELEGAFARE NON FAREFavorire il libero flusso delle informazioni verso i dipendenti.

Accaparrare le informazioni.

Concentrarsi sui risultati. Privilegiare i metodi.Delegare tramite il dialogo. Parlare solo a se stessi.Stabilire scadenze improrogabili. Lasciare nel vago limiti temporali.Accertarsi che l’interessato abbia le risorse necessarie. Delegare a metà, dando incarichi senza gli strumentiDelegare tutta la funzione ad una sola persona. Delegare mezza funzione.Dare consigli, senza interferire. Dimenticarsi di far notare i trabocchetti.

Incorporare i criteri di controllo nel processo di delega. Imporre i criteri di controllo a posteriori.

Spalleggiare il delegato nelle dispute legittime. Lasciare che i dipendenti combattano da soli le loro battaglie.

Riconoscere al delegato tutto il merito dei lavori che ha portato a termine.

Accaparrarsi tutti gli onori, e cercare capri espiatori.

Una riflessione ci viene proposta da Lorenzo Barbagli. Empowerment è in inglese una contrazione di “Give them power”; ma power non si traduce piattamente con “potere”; in italiano la delega si configura sostanzialmente come trasferimento di responsabilità, dunque di potere in senso stretto; ma power vuol dire soprattutto potenza, potenzialità. Possedere power significa disporre di un sè, di risorse profonde ed uniche .La delega non possa essere altro che UNA sola di queste potenzialità. E che l’atto del delegare possa essere riferito solamente a persone che hanno il pregio della responsabilità. Una leadership efficace ma anche “human oriented” (per non scadere nei limiti del lato oscuro della leadership) – è sempre Barbagli- deve sviluppare le potenzialità, la potenza dei singoli e non il potere. Da cui non

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nasce null’altro che strutture burocratiche. Il potere è utile solo se letto come uno dei possibili strumenti da utilizzare.

Nel modello di Prepos differenziamo sette strutture idealtipiche di personalità a cui sottendono sette differenti valori ma ancor di più sette differenti aree di risorse. Per ognuno di essi il concetto di empowerment, e quindi in senso lato di delega, assume significati e forme differenti. Responsabilità, Giustizia, Libertà, Generosità, Pace, Umiltà e Fedeltà sono sette valori coessenziali a cui deve sottendere la delega e la “potenza di”.

1. Potenza di coordinare, organizzare, analizzare e valutare.2. Potenza di lottare, attivarsi e accendere, rispettare l’impegno e di impegnarsi per qualcosa.3. Potenza di vedere oltre, di visualizzare strade nuove ed alternative, di essere autenticamente

ed eticamente liberi.4. Potenza di appassionare, di amare e di conquistare.5. Potenza di mediare, di pacificare gli animi e di spegnere le tensioni.6. Potenza di sostenere, prendere e dare la mira, definire gli obiettivi e di lenire i dolori.7. Potenza di dare affetto, di prendersi cura e di attivare relazioni e mantenerle.

Il compito di un buon leader dovrà essere quello di riconoscere nelle persone del suo staffqueste differenti potenze e tutte le altre che si possano rilevare. Potenziarle, farle emergere.

2.3 Problem solving e Decision Making

Il lavoro è fatto di percorsi che richiedono la assunzione di decisioni e la soluzione di problemi. Problem solving e decision making sono due pratiche diverse, ma spesso si intrecciano e richiedono strumenti analoghi per essere condotte.A proposito di organizzazione, ho fatto riferimento ai modelli razionali, sottolineandone ad un tempo la validità, insieme con la necessità di praticarli con le dovute accortezze, secondo l’atteggiamento “ whatever it works”. E ho poi sottolineato l’importanza della Intelligenza Emotiva, della necessità di accordare alle persone grande autonomia, della necessità di dotarsi di strumenti adeguati a governare e valorizzare le risorse ed il loro potenziale.Con lo stessa tipologia di approccio vi propongo ora di avvicinarvi alle tecniche per le decisioni e per la soluzione di problemi. Anche in questo caso, la teoria “classica” fa riferimento al modello razionale.Assunto che un problema consiste nel gap che si registra tra una situazione (presente) ed un’altra (desiderata), le decisioni che vengono richieste sono quelle relative a come intervenire per provocare modifiche nella materia dove voglio intervenire, verso la nuova situazione. Spesso i problemi consistono nel dover riparare o migliorare l’esistente, più spesso, nelle organizzazioni, per cogliere opportunità di business, per ampliare le attività o i servizi.

Stando così le cose, il modello razionale classico scandisce queste fasi:

1 definizione del problema2 raccolta e analisi di informazioni rilevanti che servono a inquadrare l’attività decisionale3 generare e valutare il più alto numero possibile di alternative, considerando la probabilità di

conseguenze sia negative sia positive per ciascun corso d’azione4 scelta tra le diverse alternative sulla base di criteri elaborati in precedenza e collegati agli

obbiettivi d’impresa.

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5 attuazione dell’alternativa prescelta

Herbert Simon, premio nobel nel 1978 proprio per il suo lavoro in questo campo, elaborò la tesi del modello euristico o a razionalità limitata. Questo modello mette in luce l’esistenza di vincoli ambientali, organizzativi e individuali che inficiano la possibilità di decidere secondo un modello puramente razionale. Inoltre enfatizza il ruolo dell’esperienza e del giudizio soggettivo nel processo decisionale al crescere della complessità e dell’ambiguità. Il principio della razionalità limitata ha due implicazioni riguardo la teoria organizzativa: - i decisori hanno troppe o poche informazioni a disposizione per poter decidere come previsto dal modello razionale. Sia le difficoltà associate alla complessità sia quelle associate al cambiamento producono incertezza e interferiscono con la razionalità del processo decisionale. - presenza di obbiettivi organizzativi contrastanti, in quanto i decisori possono valutare le alternative in modi diversi poiché un aumento di informazioni riduce l’incertezza, ma produce anche ambiguità. Per questo motivo viene scelta la prima alternativa capace di soddisfare i criteri minimi stabiliti come accettabili, secondo un processo denominato appunto satisficing.

Preme ricordare che una delle trappole più insidiose (ma è una trappola?) è quella del garbage can (cestino della spazzatura, Cohen, March e Olsen 1972), cioè di quelle situazioni in cui le decisioni vengono prese per il fortuito incontro tra un problema e una soluzione, senza una razionalità forte, ma spesso con una razionalità implicita, legata a una convenienza particolare (l’esigenza di togliersi il problema di torno in fretta, il bisogno di tamponare una falla organizzativa inaspettata ecc.). Situazioni in cui prosperano nell’organizzazione i «cacciatori di occasioni» – vale la regola che bisogna trovarsi al posto giusto al momento giusto – e che nel medio termine si rivoltano inevitabilmente contro l’organizzazione stessa minandone il senso di equilibrio tra ricompense organizzative e contributi dati dagli individui che è alla base del vivere organizzato in azienda (per esempio, la distribuzione di incarichi organizzativi non per premiare le capacità e i contributi, ma per comprarsi il «consenso» di attori organizzativi che detengono rendite di posizione delicate). Tuttavia, una dose di garbage can rimarrà fisiologicamente presente e, ne sono convinto, una parte di quello che sembra appartenere a processi decisionali da cestino di spazzatura in realtà è frutto di valutazioni molto razionali ancorché non esplicitabili.

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2.3.2 Tools individuali

Ora introdurrò una serie di tecniche, finalizzate a competenze utili per aiutare a risolvere problemi anche complessi.

Queste tecniche consentono di condurre una rigorosa analisi dei problemi che dovete affrontare, aiutando li guardate in modo strutturato e metodico. Sono strumentini, provenienti dalla cultura americana, che danno un buon punto di partenza per risolvere i problemi, intanto contribuendo a sdrammatizzare l’approccio (destrutturandone l’impatto) . Poi consentendo di seguire percorsi razionalmente plausibili; di restituire graficamente (con schemi e report) i percorsi che si seguono, per renderne possibile ed agevole la consultazione ed il confronto. Come vedete, risultati minimali, ma già importantissimi.

Cominciamo proponendo un breve percorso , che parte dall’Apprezzamento

Apprezzamento ( E allora?)

L’ Apprezzamento è una tecnica molto semplice ma potente per estrarre la massima quantità di informazioni da un semplice fatto.

A partire da un dato di fatto, la domanda “E allora?”, vale a dire “quali sono le implicazioni di questo fatto?” Continuate a porre questa domanda fino a quando non saranno esposte e chiare (per quanto vi riuscirà) tutte le inferenze possibili.

Esempio:

Apprezzamento è una tecnica usata dai pianificatori militari, quindi dovremo fare un esempio militare:

Infatti: E’ piovuto molto ieri sera

E allora?

- Il terreno sarà bagnato

E allora?

- Si trasformerà in fango rapidamente

E allora?

- Se le truppe e i veicoli passano sullo stesso terreno, la circolazione sarà progressivamente più lenta e difficile: con la terra fangosa sempre più difficile.

E allora?

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- Ove possibile, bisognerà passare da strade asfaltate. Oppure, programmarci per gestire un movimento molto più lento del normale.

Mentre sarebbe possibile arrivare a questa conclusione, senza l'uso di una tecnica formale, l'apprezzamento fornisce un quadro entro il quale è possibile estrarre informazioni in modo rapido, efficace e sicuro.

Punti chiave:

Chiedendo 'E allora?' riesci ad estrarre tutte le informazioni importanti relative ad un fatto.

Come arrivare rapidamente alla radice di un problema

I “5 perché”

Perché utilizzare lo strumento?

I 5 perché è un attrezzo logico che, nei casi di problemi di semplice soluzione tecnica, consente agli utenti di arrivare alla soluzione rapidamente. Reso popolare nel 1970 dalla Toyota Production System, la tecnica dei 5 perché comporta l'esame di eventuali problemi e chiedere: "Perché?" E "Che cosa ha causato questo problema?" . Molto spesso, la risposta al primo "perché" richiederà un altro "perché" e la risposta alla seconda "perché" verrà chiesto un altro e così via, da qui il nome di 5 whys strategie (strategia dei 5 perché)

Vantaggi :

Questa tecnica contribuisce a determinare rapidamente la causa di un problema

E 'facile da imparare e da applicare

Come utilizzare lo strumento:

Semplicemente lavorando all’indietro (verso la causa principale), continuando a chiedere: "Perché?" .

Questo esercizio dovrà essere ripetuto più e più volte fino a quando la causa principale del problema diventerà evidente.

Attenzione!

Si tratta di una tecnica semplice che può aiutarci a raggiungere rapidamente la radice di un problema. Ma niente di più!

Nei casi di problemi complessi, il rischio di seguire una pista sbagliata è alto. In questi casi, c’è bisogno di strumenti più sofisticati

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Esempio:

Di seguito è riportato un esempio di efficace tecnica di soluzione:

1. Perché è il nostro cliente, Mario, è insoddisfatto? Perché non abbiamo fornito i nostri servizi nel tempo stabilito , dopo che invece lo avevamo promesso; 

2. Perché non siamo stati in grado di rispettare le scadenze per la consegna? Il lavoro ha avuto molto più tempo di quanto avessimo stimato. 

3. Perché c'è voluto così tanto tempo? Perché abbiamo sottovalutato la complessità del lavoro. 4. Perché abbiamo sottovalutato la complessità del lavoro? Perché abbiamo fatto una rapida

stima del tempo necessario per completare, e non abbiamo elencato le singole fasi necessarie per completare il progetto. 

5. Perché non lo abbiamo fatto? Perché abbiamo dovuto correre dietro ad altri progetti. Abbiamo chiaramente bisogno di rivedere la nostra stima del tempo e le procedure specifiche.

Punti chiave:

Questa tecnica è un facile e spesso efficace strumento per scoprire la radice di un problema. Può essere adattata rapidamente e applicata alla maggior parte dei problemi. Tenete a mente, tuttavia, che se le radici non sono individuabili con una risposta intuitiva, occorre mettere in campo altri strumenti.

I Diagrammi Causa-Effetto

Individuare le possibili cause di problemi 

La tecnica dei diagrammi Causa ed Effetto aiuta a indagare a fondo sulle cause di un problema . Il suo grande vantaggio è che vi spinge a prendere in considerazione tutte le possibili cause del problema, piuttosto che solo quelle più evidenti. E’ una tecnica individuale, ma viene molto potenziata se condotta insieme a tecniche di gruppo, come il brainstorming e se viene affiancata da strumenti come l'utilizzo di  una mappa concettuale

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I diagrammi Causa ed Effetto diagrammi sono conosciuti anche come diagrammi a lisca di pesce

Come utilizzare lo strumento:

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Seguire questi passi per risolvere un problema con causa ed effetto Diagramma:

1. Identificare il problema: 

Cercare di descrivere nel dettaglio il problema che dovete affrontare. Cercate di identificare chi è coinvolto, qual è il problema, e quando e dove si verifica. Scrivere il problema in una box sul lato sinistro di un grande foglio di carta. Tracciare una linea attraverso il foglio orizzontalmente dal box. Lungo la dorsale di questa lisca, hai lo spazio per sviluppare idee. 

2. Identificare i fattori (componenti) del problema: 

Procedere e tentare di identificare i fattori che concorrono a determinare il problema. Disegna le linee della lisca per ciascun fattore, cui darai un nome. I fattori, in questa accezione, possono essere persone coinvolte nel problema, materiali, apparecchiature, forze esterne, ecc Prova a tirare fuori il maggior numero possibile di elementi. Se si sta tentando di risolvere il problema in un gruppo, questo potrebbe essere un buon momento per un brainstorming.

3. Individuare le possibili cause: 

Per ciascuno dei fattori considerato in fase 2, cercare di puntualizzare le possibili cause del problema che può essere correlato al fattore. Andranno a costituire ulteriori diramazioni della lisca del nostro pesce.  

3. Analizzare il diagramma:

A questo punto si dovrebbe avere un diagramma che mostra tutte le possibili cause del problema A seconda della complessità e l'importanza del problema, ora è possibile indagare ulteriori probabili cause. Ciò può comportare la necessita di avviare indagini ad hoc, magari destinate a verificare se le vostre valutazioni sono corrette.

Esempio:L'esempio che segue mostra un diagramma di causa e effetto redatto da un manager che sta avendo difficoltà a raggiungere la cooperazione di una succursale:

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Se non si fosse applicato questo modello, il manager si sarebbe limitati a pensare che i suoi interlocutori erano persone difficili. Ora, pensa che forse l'approccio migliore è quello di organizzare un incontro con il direttore di filiale. In questo modo, con l’approccio diretto, gli eventuali problemi saranno affrontati direttamente.

Punti chiave:

L’analisi “a lisca di pesce”, o anche con l’albero dei problemi, fornisce un modo strutturato per aiutarti a mettere a fuoco tutte le possibili cause di un problema. 

Altre tecniche

Ho richiamato solo alcune delle tante tecniche di aiuto al problem solving. E’ importante l’uso dei diagrammi di flusso, e in generale di tutte le tecniche che, graficizzando la descrizione del problema e dei percorsi verso la sua soluzione, incoraggiano la descrizione razionale, la selezione degli elementi, la motivazione delle scelte.

Nella letteratura specialistica un posto particolare è occupato dalla tecnica del cosiddetto “Quadro Logico”.

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Il Quadro Logico (QL) permette una rigorosa identificazione del processo che dai problemi da risolvere, pochi e specifici, conduce all'identificazione di obiettivi e risultati, anche questi pochi e specifici e, se ben applicato, è uno strumento che consente ai vari attori di partecipare alla definizione di un itinerario trasparente, oltre che logico, utilizzando concetti e linguaggi comuni.Secondo Massimo Rossi (Formez) il processo di elaborazione e applicazione si basa sui seguenti binomi:

i. Causa-effetto: si parte dall'analisi del contesto, la situazione negativa che si intende fronteggiare e contribuire a migliorare e cambiare. Il primo stadio è costituito dall'identificazione dei problemi (in generale quelli che verranno espressi come bisogni che giustificano la concezione e realizzazione del progetto) per passare allo stadio successivo costituito dalla selezione degli stessi. Il processo è facilitato dall'utilizzazione di una rappresentazione grafica sotto forma di diagramma o "albero" dei problemi, dove a una causa sottostante (logicamente e gerarchicamente nel diagramma) corrisponde un problema (effetto).

ii. Situazione negativa-situazione positiva. L'identificazione degli obiettivi costituisce la trasposizione in positivo della situazione negativa identificata all'inizio del processo precedentemente descritto di causa-effetto legato ai problemi. Una volta selezionati i problemi, si può identificare il problema principale, e identificare lo scopo del progetto (che corrisponderà al problema principale) e i risultati che si riferiranno agli altri problemi selezionati.

iii. Mezzi-fini (logica verticale): si tratta del percorso che inizia dall'identificazione dei mezzi in direzione della realizzazione degli obiettivi. Le componenti della concatenazione sono: i mezzi da allocare, le attività da realizzare, i risultati attesi, gli obiettivi da perseguire.

iv. Logica verticale-logica orizzontale: è l'intreccio tra una concatenazione rappresentata da indicatori, fonti di verifica, ipotesi, precondizioni (logica orizzontale) e i vari elementi della logica verticale (attività, risultati, obiettivi).E' tale intreccio che viene presentato sotto forma di matrice (si veda la figura 1).

v. QL principale- QL a cascata: dal QL Master ai QL collegati. Una volta elaborato il QL principale (Master o mère), si potranno elaborare dei sotto-QL (a cascata o collegati) a fini di maggior dettaglio per la gestione. Questo potrà verificarsi nel caso di programmi, dove i sotto-QL riguarderanno i progetti, o di progetti, dove i sotto-QL riguarderanno le componenti dei progetti stessi. In questo modo, l'obiettivo specifico del QL principale diverrà l'obiettivo globale del sotto-QL, mentre i risultati del QL principale diventeranno gli obiettivi specifici dei differenti sotto-QL.

vi. Attività-responsabilità e attività-tempi: dalla selezione delle attività all'attribuzione di responsabilità e al calendario di esecuzione. Le attività identificate attraverso la costruzione del QL possono essere elencate di nuovo in varie tabelle, dove costituiscono il riferimento per l'attribuzione delle responsabilità ai vari soggetti chiamati a svolgere i diversi ruoli, e, inoltre, per la stima dei tempi necessari per la loro realizzazione.

(il testo in corsivo è di Massimo Rossi)

Come è evidente, la tecnica descritta si propone principalmente come supporto alle attività di progettazione, di progetti di una certa rilevanza e strutturati. Tuttavia, la stessa metodologia, o almeno la stessa impostazione, possono essere utili in un approccio problem solving..

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ANALISI SWOTIl metodo della SWOT analysis serve a cambiare gli atteggiamenti mentali di fronte ai

problemi. Si basa su una matrice divisa in quattro campi, dedicati rispettivamente ai punti di forza (Strengths) e di debolezza (Weaknesses), alle opportunità (Opportunities) e alle minacce (Threats). La matrice si usa in gruppo e si applica a qualsiasi soggetto: l’azienda, il prodotto, un’iniziativa,un progetto. In genere si tende ad avere un solo punto di vista. Se è troppo pessimistico si stroncano le idee nuove e l’intraprendenza. Se è troppo ottimistico si rischia di avventurarsi in acque perigliose senza avere le attrezzature adatte.Con la SWOT analysis invece ci si costringe ad analizzare il problema da quattro punti di vista diversi e contrastanti. La SWOT analysis è utile per prendere decisioni su quali sono i punti di forza su cui puntare, o i punti deboli su cui intervenire, e su quali sono le minacce che possono essere trasformate in opportunità.È un modo efficace di identificare i vostri punti di forza e di debolezza, e di esaminare le Opportunità e le Minacce a cui fate fronte.Aiuta a focalizzare le attività nelle aree in cui siete forti e dove risiedono maggiori opportunità. L’analisi SWOT è un supporto alle scelte e risponde all’esigenza di razionalizzazione dei processi aziendali. È una tecnica sviluppata più di 50 anni come supporto alla definizione di strategie aziendali in contesti caratterizzati da incertezza e forte competitività.A partire dagli anni ‘80 è stata utilizzata come supporto alle scelte di intervento pubblico per analizzare scenari alternativi di sviluppo; oggi l’uso di questa tecnica è stato esteso alle diagnosi territoriali e alla valutazione dei programmi regionali. I regolamenti comunitari ne richiedono l’utilizzo per la valutazione di piani e programmi.L’analisi SWOT è un’analisi ragionata del contesto settoriale o territoriale in cui si realizza un programma di intervento. Lo scopo dell’analisi è quello di definire le opportunità di sviluppo di un’area territoriale o di un settore o ambito di intervento, che derivano da una valorizzazione dei punti di forza e da un contenimento dei punti di debolezza alla luce del quadro di opportunità e rischi che deriva, di norma, dalla congiuntura esterna.Evidenzia i principali fattori, interni ed esterni al contesto di analisi, in grado di influenzare il successo di un programma/piano. Consente di analizzare scenari alternativi di sviluppo, supporta l’impostazione di una strategia coerente rispetto al contesto su cui si interviene.L’analisi SWOT consente di identificare le principali linee guida strategiche in relazione ad un obiettivo globale di sviluppo economico o settoriale; il suo utilizzo è raccomandato soprattutto in fase ex ante per migliorare l’integrazione del programma nel suo contesto; in fase intermedia consente di verificare se, in relazione ai cambiamenti intervenuti nel contesto, le linee di azione individuate siano ancora pertinenti e fornisce uno strumento per decidere modifiche al programma; ex post serve a contestualizzare i risultati finali dei piani e programmi.

Vantaggi: l’analisi in profondità del contesto orienta nella definizione delle strategie; la verifica di corrispondenza tra strategia e fabbisogni consente di migliorare l’efficacia; consente di raggiungere un consenso sulle strategie (se partecipano all’analisi tutte le parti

coinvolte dall’intervento); flessibilità.

Svantaggi: rischio di procedure soggettive da parte del team di valutazione nella selezione delle azioni; può descrivere la realtà in maniera troppo semplicistica;

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se non viene attuata in un contesto di partnership esiste il rischio di scollamento tra piano scientifico e politico pragmatico.

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