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Demon’s Trilogy Gena Showalter

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Gena Showalter

Demon’s Trilogy

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Darkest Night The Darkest Kiss

The Darkest Pleasure HQN Books

© 2008 Gena Showalter © 2008 Gena Showalter © 2008 Gena Showalter

Traduzioni di Anna Polo ed Elisabetta Humouda

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Bluenocturne aprile 2009

giugno 2009 settembre 2009

Questa edizione Harmony Special Edition novembre 2010

HARMONY SPECIAL EDITION

ISSN 1722 - 067X Periodico trimestrale n. 79 del 27/11/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 102 del 24/2/2003 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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DEMON'S NIGHT

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Ogni notte la morte arrivava in modo lento e doloroso e ogni mattina Maddox si risvegliava sapendo di dover morire di nuovo. Questa era la sua maledizione e il suo castigo eterno. Si passò la lingua sui denti, desiderando che fosse una lama con cui tagliare la gola al nemico. Era già trascorsa quasi tutta la giornata: sentiva il tempo scorrere via, un velenoso ticchettio nella sua mente, e ogni sin-golo movimento delle lancette gli ricordava il dolore e la mortalità. Tra poco più di un'ora il primo colpo gli avrebbe trafitto lo stomaco, senza che lui potesse farci niente: la morte sarebbe arrivata inesorabile. «Maledetti dei» borbottò tra i denti, accelerando la velocità con cui si esercitava con i pesi. «Sì, sono tutti dei bastardi» disse una voce familiare alle sue spalle. Maddox non rallentò il ritmo all'intrusione di Torin. Aveva sfogato la frustrazione e la rabbia per due ore, colpendo il sacco da pugile, cammi-nando sul tapis roulant e ora sollevando pesi; rivoli di sudore gli colava-no sul petto nudo e le braccia, sottolineando i muscoli possenti. Avreb-be dovuto sentirsi esausto mentalmente come lo era fisicamente e invece le emozioni erano più intense e cupe che mai. «Non dovresti essere qui» disse. «Non volevo interromperti, ma è successa una cosa» si giustificò To-rin con un sospiro. «Occupatene, allora.» «Non posso.» «Provaci; io non sono in grado di aiutarti.» In quelle ultime settimane bastava poco per suscitare la sua collera assassina a cui nessuno scampava, neanche i suoi amici. Anzi, soprat-tutto i suoi amici. Non era quella la sua intenzione, ma a volte non riu-sciva a controllare l'impulso di colpire e straziare. «Maddox...»

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«Ho i nervi a fior di pelle, Torin» gracchiò lui. «Farei più male che be-ne.» Maddox conosceva i suoi limiti da migliaia di anni, fin dal giorno ma-ledetto in cui gli dei avevano scelto una donna per un compito che a-vrebbero dovuto affidare a lui. Pandora era la guerriera più forte del suo tempo, ma lui era migliore e più capace, eppure era stato considerato troppo debole per vigilare su dimOuniak, un vaso sacro che conteneva demoni così malvagi e devastanti da non poter restare neanche negli In-feri. Maddox non avrebbe certo permesso che venisse distrutto; si era sen-tito invadere dalla frustrazione per quell'affronto, un sentimento condi-viso da tutti i guerrieri che ora vivevano là. Avevano combattuto e ucciso per il re degli dei, l'avevano protetto con cura e si aspettavano che quel compito venisse affidato a loro. Il fatto che invece fosse stata scelta Pandora costituiva un'intollerabile umiliazione. La notte in cui avevano rubato il vaso a Pandora e liberato nel mondo un'orda di demoni volevano solo dare una lezione agli dei, ma il piano per dimostrare il loro potere era fallito: nel parapiglia il vaso era scompar-so e i guerrieri non erano riusciti a ricatturare gli spiriti maligni. Il mondo era piombato nel caos e nelle tenebre, fino a quando il re degli dei era intervenuto, condannando ogni guerriero a ospitare un de-mone dentro di sé. Era stato un castigo esemplare e adeguato: i guerrieri avevano scatenato il male per vendicare il loro orgoglio ferito e ora erano costretti a ospitarlo. Così erano nati i Signori degli Inferi. A Maddox era stato assegnato il demone della Violenza, che ormai faceva parte di lui come il cuore o i polmoni. L'uomo non poteva vivere senza il demone e il demone non poteva manifestarsi senza l'uomo: e-rano connessi come due metà di un insieme. Fin dall'inizio la creatura che viveva dentro di lui lo aveva spinto a commettere azioni odiose e malvagie e Maddox era stato costretto a ob-bedire, perfino quando si trattava di uccidere una donna... come era suc-cesso con Pandora. Maddox strinse così forte i pesi che le nocche di-vennero bianche: nel corso degli anni era riuscito a controllare gli stimoli più ignobili del demone, ma era una lotta costante e lui sapeva che a-vrebbe potuto cedere in qualsiasi momento. Che cosa avrebbe dato per un giorno di calma, senza quel desiderio travolgente di fare del male agli altri, senza battaglie interiori, preoccupa-zioni e morte! Un giorno di pace... «Non sei al sicuro qui» disse all'amico, ancora fermo sulla porta. «Devi andartene.» Posò la sbarra a cui erano attaccati i pesi e si mise a

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sedere. «Solo Lucien e Reyes possono starmi vicino quando muoio.» E solo perché, per quanto riluttanti, avevano un ruolo da svolgere. Erano impotenti nei confronti dei loro demoni come Maddox lo era nei con-fronti del suo. «Manca ancora un'ora.» Torin gli lanciò un asciugamano per tergersi il sudore. «Correrò il rischio.» Maddox lo prese al volo e se lo passò sulla faccia. «Acqua.» Non aveva ancora finito di chiedere, che una bottiglietta ghiacciata fendette l'aria: l'afferrò con destrezza, la scolò avido e studiò l'amico. Come al solito Torin era tutto vestito di nero e portava i guanti. I ca-pelli chiari gli ricadevano sulle spalle e incorniciavano un viso che le donne mortali consideravano bellissimo. Non sapevano che quell'uomo era un demone dall'aspetto angelico, anche se in realtà avrebbero dovu-to capirlo: pareva emanare insolenza e nei suoi occhi verdi brillava una luce inquietante. Sarebbe stato capace di riderti in faccia mentre ti cava-va il cuore, o magari mentre si cavava il cuore. Per sopravvivere erano tutti costretti a trovare un po' di umorismo dove potevano. Come ogni altro abitante della fortezza di Budapest, Torin era un dannato: non moriva tutte le notti come Maddox, ma non poteva tocca-re un essere vivente senza trasmettergli qualche terribile infezione. Torin era posseduto dal demone della Malattia. Non toccava una donna da oltre quattrocento anni: aveva imparato quella dura lezione quando, cedendo al desiderio, aveva accarezzato il viso di una donna e scatenato un'epidemia che aveva decimato un vil-laggio dopo l'altro, uccidendo un enorme numero di esseri umani. «Cinque minuti del tuo tempo: è tutto quello che ti chiedo» proseguì Torin risoluto. «Pensi che oggi verremo puniti per aver insultato gli dei?» chiese Mad-dox, ignorando la sua richiesta. Se non avesse permesso a nessuno di chiedergli un favore, non si sarebbe sentito in colpa al momento di rifiu-tarlo. «Ogni nostro respiro è una punizione» sospirò l'amico. Era vero. Maddox arricciò le labbra in un sorriso lento e affilato e in-clinò la testa verso il soffitto. Bastardi. Punitemi ancora, se osate. Forse allora sarebbe finalmente svanito nel nulla. Comunque dubitava che gli dei lo avrebbero ascoltato: dopo aver sca-gliato su di lui la maledizione di morte, lo avevano ignorato, fingendo di non sentire le sue invocazioni di perdono e assoluzione, le sue promesse e i suoi disperati tentativi di concludere un accordo. E comunque, cos'al-tro potevano fargli?

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Niente poteva essere peggio di morire ogni notte, di ritrovarsi privato di tutto ciò che era buono e giusto e di ospitare nel corpo e nella mente il demone della Violenza. Maddox balzò in piedi e lanciò in un cesto l'asciugamano umido e la bottiglia dell'acqua vuota, poi attraversò la stanza, raggiunse l'alcova semi-circolare di vetro colorato e guardò fuori nella notte attraverso l'u-nica parte trasparente. Vide il Paradiso. Vide l'Inferno. Vide la libertà, la prigionia, tutto e niente. Vide... la sua casa. La fortezza era situata in cima a una collina affacciata sulla città: le luci brillavano intense, illuminavano il cielo di velluto e si riflettevano sul Danubio e sugli alberi carichi di neve. Spinti dal vento, i fiocchi candidi danzavano nell'aria. Lassù lui e gli altri potevano godere di un po' di in-timità nei confronti del resto del mondo e potevano andare e venire sen-za essere costretti ad affrontare raffiche di domande. Perché non invec-chi? Perché di notte urla disumane scuotono la foresta? Perché talvolta sembri un mostro? Gli abitanti del posto si tenevano a distanza con un atteggiamento di rispetto e reverenza. Durante un raro incontro con un mortale aveva sen-tito sussurrare la parola angeli. Se solo avessero saputo... Maddox serrò le dita intorno alla pietra. Budapest era una città di ma-estosa bellezza, fascino antico e piaceri moderni, ma lui si era sempre sentito ben lontano da tutto questo. Non aveva nulla a che fare né con il quartiere del castello né con quello dei night-club; né con i mercati che vendevano frutta e verdura, né con le strade che offrivano corpi per il piacere. Forse quel senso di disconnessione sarebbe svanito se avesse esplora-to la città come facevano gli altri, ma lui era intrappolato nella fortezza e nella foresta circostante come Violenza era stato chiuso nel vaso di Pan-dora migliaia di anni prima. Le unghie si allungarono e divennero quasi artigli. Pensare al vaso lo rendeva sempre di umore nero. Prendi a pugni un muro, lo esortava Vio-lenza. Distruggi, ferisci, uccidi. Gli sarebbe piaciuto eliminare gli dei a uno a uno; o magari decapitarli, o strappare loro dal petto quei cuori an-neriti e marci. Il demone mugolò entusiasta. Non c'era da stupirsene, pensò Maddox disgustato; qualsiasi atto sanguinario, chiunque fosse la vittima, incontrava sempre l'approvazio-ne e il sostegno di Violenza. Aggrottò la fronte e lanciò un altro sguardo

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infuocato al cielo. Era stato unito al demone tanto tempo prima, eppure ricordava con chiarezza quel giorno: le urla degli innocenti, gli umani insanguinati, feriti e morenti tutt'intorno a lui, con gli spiriti che divora-vano le loro carni in una frenesia estatica. Aveva perso il contatto con la realtà solo quando Violenza era stato inserito a forza nel suo corpo: non c'erano stati suoni né immagini, ma solo una profonda oscurità. Quando aveva ripreso i sensi il sangue di Pandora era sparso sul suo petto e l'ultimo respiro della donna gli risuo-nava nelle orecchie. Non era stata la sua prima vittima e neanche l'ultima, ma la prima e unica donna che avesse ucciso. La vista di quella figura femminile un tempo vibrante di vita e poi spezzata a causa sua gli aveva provocato un senso di colpa, un rimpianto, un dolore e una vergogna da cui non si era ancora ripreso. Maddox aveva giurato di fare tutto il necessario per controllare lo spi-rito, ma ormai era troppo tardi. Ancora più infuriato, Zeus aveva lanciato su di lui una seconda maledizione: ogni giorno a mezzanotte sarebbe morto come Pandora, trafitto per sei volte allo stomaco. Il tormento da lei subito era terminato in pochi minuti, mentre il suo sarebbe durato per sempre. Maddox cercò di respingere una nuova ondata aggressiva e ricordò a se stesso che non era l'unico a soffrire: anche gli altri guerrieri dovevano combattere con i loro demoni. Torin era il custode della Malattia, Lucien della Morte, Reyes del Dolore, Aeron dell'Ira e Paris della Promiscuità. Perché quell'ultimo demone non era toccato a lui? Così almeno a-vrebbe potuto recarsi in città ogni volta che ne aveva voglia, prendersi tutte le donne che desiderava e assaporare ogni tocco e ogni suono. Visto come stavano le cose, invece, Maddox non si avventurava mai così lontano e non si fidava ad avere lunghe relazioni: se il demone della Violenza lo avesse sopraffatto, non osava pensare al destino della sua compagna di letto. O se, peggio ancora, non avesse fatto in tempo a tornare a casa prima di mezzanotte, qualcuno avrebbe potuto trovare il suo corpo morto e insanguinato, seppellirlo o bruciarlo. In fondo desiderava che un evento simile mettesse fine alla sua esi-stenza desolata; aveva pensato spesso di buttarsi dalla finestra più alta della fortezza, ma ormai sapeva che qualsiasi cosa avesse fatto, si sareb-be svegliato a pezzi, ma vivo. «Stai guardando da un pezzo fuori da quella finestra» osservò Torin. «Non sei almeno curioso di sapere che cos'è successo?» Maddox sbatté le palpebre e tornò al presente. «Sei ancora qui?» Torin inarcò le sopracciglia scure, il cui colore formava uno strano

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contrasto con i capelli chiarissimi. «Direi che la risposta alla mia doman-da è no, non sei curioso. Ti sei calmato, almeno?» Era più tranquillo?, si chiese. «Per quanto possa calmarsi una creatura come me.» «Smettila di lamentarti: c'è una cosa che devo mostrarti e non accetto rifiuti. Possiamo parlare del motivo per cui ti ho disturbato mentre ci muoviamo.» Senza un'altra parola, Torin girò sui tacchi e uscì. Maddox rimase fermo per vari secondi, seguendolo con lo sguardo fino a che non scomparve dietro un angolo. Smettila di lamentarti, lo aveva rimproverato Torin e in effetti era proprio quello che stava facen-do. La curiosità e un amaro divertimento ebbero la meglio sull'umor nero e Maddox lasciò la palestra. In corridoio una raffica di aria fredda e umi-da lo avvolse; vide Torin a poca distanza e lo raggiunse. «Allora, cosa c'è?» «Oh, finalmente un po' d'interesse.» «Se questo è un altro dei tuoi trucchi...» Come quando Torin aveva ordinato centinaia di bambole gonfiabili e le aveva sparse per tutta la fortezza, solo perché Paris si era lamentato della mancanza di compagnia femminile in città. Le donne di plastica li fissavano da ogni angolo con gli occhi sgranati e la bocca oscenamente aperta. Cose del genere succedevano quando Torin si annoiava. «Non sprecherei il mio tempo cercando di giocarti qualche tiro man-cino» rispose Torin senza nemmeno voltarsi. «Tu non hai alcun senso dell'umorismo, amico mio.» Era vero. Mentre Maddox gli teneva dietro, le pareti di pietra si stendevano ai lati e le lampade inserite nelle nicchie gettavano una luce dorata sul lun-go corridoio. La Casa dei Dannati, come l'aveva battezzata Torin, era stata costruita centinaia di anni prima e, sebbene l'avessero modernizza-ta, i pavimenti e i muri di pietra denotavano tutta la sua età. «Dove sono gli altri?» chiese Maddox. Si rese conto solo in quel mo-mento di non aver visto nessuno degli altri guerrieri. «Speravo che Paris si occupasse del cibo, visto che le nostre provviste sono quasi esaurite e quello è il suo unico dovere, e invece no: è fuori in cerca di una nuova donna.» Fortunato bastardo: posseduto com'era dal demone della Promiscui-tà, Paris non poteva andare a letto per due volte di fila con la stessa donna e così ne seduceva una – o a volte anche due o tre – al giorno. Se non riusciva a trovarne una si riduceva a fare cose a cui Maddox non vo-leva neanche pensare, cose che avrebbero fatto rivoltare lo stomaco a un

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uomo dai normali appetiti sessuali. In quei momenti l'invidia nei suoi confronti si attenuava, per rinnovarsi ogni volta che Paris parlava di una delle sue innumerevoli amanti. Il morbido tocco di una coscia... il con-tatto con la pelle calda... i gemiti di piacere... «Aeron è... Preparati: questo è il motivo principale per cui sono venu-to a cercarti» spiegò Torin. «Gli è successo qualcosa?» chiese Maddox, mentre le tenebre gli o-scuravano i pensieri e l'ira minacciava di travolgerlo. Distruggi, annienta, lo esortava Violenza. «È ferito?» Per quanto fosse immortale, Aeron poteva essere colpito e perfino ucciso, una verità che avevano scoperto nel peggior modo possibile. «No, niente di tutto questo» gli assicurò Torin. Maddox tornò a rilassarsi e Violenza perse la sua presa. «Allora che cosa è successo? Ha dovuto ripulire qualche disastro domestico e si è arrabbiato?» Ogni guerriero aveva una sua specifica responsabilità: era il loro modo di mantenere una sembianza di ordine nel caos delle loro anime. Aeron doveva tenere in ordine la casa, Maddox si occupava delle riparazioni e Torin di azioni e investimenti. Lucien si faceva carico di lettere e docu-menti e Reyes li riforniva di armi. «Gli dei lo hanno convocato.» Maddox rimase così sconvolto che inciampò. «Che cosa?» chiese stu-pefatto. Doveva aver capito male. «Gli dei lo hanno convocato» ripeté Torin paziente. Era incredibile: gli dei non parlavano con loro dal giorno della morte di Pandora. «Che cosa volevano? E come mai lo so solo adesso?» «Primo, nessuno lo sapeva. Stavamo guardando un film, quando al-l'improvviso lui si è irrigidito e la sua espressione è diventata vacua, co-me morta. Qualche secondo dopo ci ha annunciato che lo avevano con-vocato ed è sparito prima che avessimo il tempo di reagire. E secondo, ho tentato di parlartene, ma tu non sembravi interessato.» «Avresti dovuto dirmelo comunque.» «Con il rischio che mi tirassi addosso un peso? Il mio demone è la Malattia, non la Stupidità.» Era... Maddox non avrebbe voluto soffermarsi sulla natura di quella novità, ma non poté impedire ai pensieri di correre veloci: a volte Aeron, custode del demone dell'Ira, perdeva il controllo e si lanciava in qualche terribile vendetta, punendo i mortali per i loro supposti peccati. Gli dei gli avevano forse lanciato una seconda maledizione per via dei suoi atti, com'era successo a lui tanti secoli prima? «Se non ritorna com'era quando se ne è andato, troverò il modo di

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fare irruzione nei cieli e distruggere ogni essere divino che incontro» rin-ghiò minaccioso. «I tuoi occhi sembrano braci ardenti» notò Torin. «Siamo tutti confu-si, ma Aeron tornerà presto e ci racconterà che cosa sta succedendo.» Maddox si costrinse a rilassarsi. «È stato convocato anche qualcun altro?» «No. Lucien è fuori a raccogliere anime e Reyes dev'essere da qualche parte a tagliuzzarsi.» Avrebbe dovuto immaginarlo: per quanto Maddox soffrisse terribil-mente ogni notte, compativa Reyes, costretto a infliggersi di continuo qualche tortura. «Che altro volevi dirmi?» Maddox passò le dita sulle due colonne che fiancheggiavano la scalinata. «Preferisco mostrartelo.» Sarebbe stata una notizia peggiore dell'annuncio riguardo ad Aeron?, si chiese Maddox dirigendosi a grandi passi verso la stanza dei diverti-menti, il loro santuario: non avevano badato a spese per arredarla con mobili sontuosi e fornirla di tutte le possibili comodità. Il frigorifero era pieno di vini pregiati e birra e c'erano un tavolo da biliardo, un canestro e un enorme schermo al plasma, che in quel momento mostrava tre donne nude impegnate in un'orgia. «Vedo che Paris è stato qui» commentò Maddox. Torin non rispose, ma accelerò l'andatura senza degnare di un'oc-chiata lo schermo. «Non importa» borbottò Maddox. Attirare l'attenzione di Torin su qualcosa di carnale era inutilmente crudele: lui desiderava il sesso, o an-che solo un contatto fisico, con ogni fibra del suo essere, ma non poteva soddisfare quell'impulso. Ogni tanto Maddox si concedeva un'amante; in genere erano donne abbastanza stupide da cercare di seguire Paris fino alla fortezza, nella speranza impossibile di tornare a letto con lui e così eccitate da non cu-rarsi di chi finiva per possederle. La maggior parte delle volte erano ben felici di accettarlo come sostituto, anche se si trattava di unioni veloci, impersonali e vuote, soddisfacenti solo dal punto di vista fisico. D'altra parte non poteva essere diversamente: per proteggere i loro segreti i guerrieri non facevano mai entrare gli umani nella fortezza e Maddox era costretto a possedere quelle donne nella foresta circostante. Preferiva prenderle da dietro, senza guardarle in viso, con un accoppia-mento veloce che non avrebbe destato il demone dentro di lui, spingen-dolo a compiere atti che poi l'avrebbero tormentato per l'eternità. Poi le rimandava a casa con un ammonimento: se fossero tornate,

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sarebbero morte. Concedersi una relazione permanente sarebbe stata una stupida follia: avrebbe finito per affezionarsi a loro, per poi ferirle e questo avrebbe solo aumentato il peso della colpa e della vergogna che già lo opprimeva. Gli sarebbe piaciuto indugiare accanto a una donna almeno una volta, come faceva Paris, baciarla sulle labbra, leccare, carezzare ed esplorare tutto il suo corpo. Sarebbe voluto annegare dentro di lei, senza temere di perdere il controllo e farle del male. Giunti nella camera di Torin, Maddox respinse quei pensieri: ormai aveva imparato che era inutile sprecare tempo in desideri impossibili. Si guardò intorno: era già stato in quella stanza, ma non ricordava il sistema di computer che copriva le pareti, per non parlare degli schermi, dei telefoni e delle apparecchiature. A differenza di Torin, Maddox non amava la tecnologia e non riusciva ad abituarsi alla velocità con cui le cose cambiavano: ogni nuova invenzione lo portava più lontano dal guerriero semplice e spensierato che era stato un tempo. D'altra parte, non poteva negare che molti di quei moderni ritrovati procurassero pia-ceri e comodità di cui godeva volentieri. Completato l'esame della stanza e del suo contenuto, tornò a rivol-gersi all'amico. «Tutto questo ti serve a dominare il mondo?» «No, solo a sorvegliarlo: è il modo migliore di proteggerci e serve an-che a fare un po' di soldi.» Torin si piazzò in una comoda sedia di fronte allo schermo più grande e cominciò a battere sulla tastiera. Uno degli schermi si illuminò e sulla superficie nera apparvero macchie bianche e grigie. «Ecco: era questo che volevo mostrarti.» Attento a non toccare l'amico, Maddox si fece avanti: le macchie in-distinte divennero presto linee opache e poi alberi. «Interessante, ma non è certo qualcosa che avevo un bisogno tremendo di vedere.» «Abbi un po' di pazienza.» «Sbrigati.» Torin gli lanciò uno sguardo ironico. «Visto che me lo chiedi in modo così gentile, ti dirò che ho cosparso la foresta qui intorno di sensori e telecamere nascoste, in modo da sapere sempre se qualcuno sconfina.» Continuò a battere sui tasti e sullo schermo apparve per un attimo un lampo rosso. «Torna indietro» ordinò Maddox teso. Non era un esperto, ma perfino lui sapeva che quel colore rappresentava il calore di un corpo umano. Torin riprese a digitare e la macchia rossa apparve ancora una volta sullo schermo. «Umano?» A questo punto si riusciva a distinguere una piccola sa-goma dai contorni delicati.

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«Sì.» «Maschio o femmina?» Torin si strinse nelle spalle. «Direi femmina: troppo grossa per essere un bambino, troppo piccola per un uomo adulto.» A quell'ora di notte, ma anche di giorno, ben pochi osavano avventu-rarsi su per la collina: Maddox non sapeva se quello fosse un segno di rispetto o di timore, ma avrebbe potuto contare sulle dita di una sola mano i fattorini, i bambini ansiosi di esplorare o le donne in cerca di ses-so che nel corso dell'ultimo anno avevano osato risalire la collina. «Una delle amanti di Paris?» chiese. «È possibile. O...» «O?» lo incitò, vedendolo esitare. «Un Cacciatore» rispose Torin cupo. «O piuttosto un'Esca.» Maddox premette le labbra in una linea dura e contratta. «Ora mi stai prendendo in giro.» «Pensaci: i fattorini arrivano carichi di pacchi o scatoloni e le donne di Paris si precipitano alla porta, mentre questa qui è a mani vuote, cammi-na in cerchio e ogni tanto si ferma accanto a un albero. Magari sta la-sciando un candelotto di dinamite, o installando una telecamera per sor-vegliarci.» «Ma se è a mani nude...» «Dinamite e telecamere sono facili da nascondere.» Maddox si massaggiò la nuca. «I Cacciatori non ci inseguono e tor-mentano da tempi immemorabili.» «Magari i figli dei loro figli ci cercano da allora e finalmente ci hanno trovati.» Maddox sentì lo stomaco contrarsi: prima la sconvolgente convoca-zione di Aeron e ora questo visitatore indesiderato. Possibile che si trat-tasse di una coincidenza? Tornò con la mente a quei giorni cupi nell'an-tica Grecia, giorni di guerra, stragi, urla e morte, giorni in cui i guerrieri erano più demoni che uomini. Giorni in cui la fame di distruzione detta-va ogni loro azione e le strade erano cosparse di cadaveri. I Cacciatori erano sorti da quelle masse torturate, una lega di uomini mortali decisi a distruggere coloro che avevano scatenato tanto male e a lanciare una faida di sangue. Maddox si era trovato coinvolto in mille battaglie: le spade cozzavano e mandavano scintille e la pace sembrava qualcosa di lontano e irraggiungibile, appartenente alle leggende. Al di là degli scontri diretti, l'astuzia si era dimostrata l'arma più letale dei Cacciatori: avevano addestrato delle donne perché fungessero da e-sca, per sedurre e distrarre i guerrieri e in questo modo avevano ucciso Baden, custode della Sfiducia. Non erano però riusciti a uccidere anche il

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demone, che era balzato fuori dal corpo decapitato del suo ospite più pazzo e contorto che mai. Maddox non sapeva dove risiedesse adesso. «Gli dei ci odiano» gli ricordò Torin. «Quale modo migliore di perse-guitarci, che mandarci dei Cacciatori ora che finalmente abbiamo trovato un po' di pace?» Maddox sentì intensificarsi l'orrore. «I demoni sarebbero ancora più folli e sanguinari senza di noi; non credo che gli dei li vogliano sguinza-gliati in giro per il mondo.» «Nessuno conosce i motivi delle loro azioni» dichiarò Torin. Era vero: anche dopo tutti quei secoli, nessuno di loro li capiva davvero. «Dob-biamo fare qualcosa, Maddox.» Lo sguardo gli cadde sull'orologio a muro. «Chiama Paris» ordinò te-so. «L'ho già fatto: non risponde al cellulare.» «Chiama...» «Pensi che ti avrei disturbato, quando manca così poco a mezzanot-te, se ci fosse qualcun altro disponibile?» Torin si girò sulla sedia e lo guardò con fermezza. «Tocca a te.» Maddox scosse la testa. «Tra poco morirò. Non posso uscire dalla fortezza.» «Neanch'io.» Qualcosa di torbido, amaro e pericoloso brillò nello sguardo di Torin, conferendo una tinta velenosa ai suoi occhi verde sme-raldo. «Tu almeno non distruggerai l'intera razza umana semplicemente uscendo di casa.» «Torin...» «Non la spunterai, Maddox, quindi smettila di sprecare il fiato.» Invaso da una frustrazione crescente, lui si passò le dita nei capelli. Lasciamola fuori a morire, dichiarò Violenza. Per il demone, l'umana era solo una cosa. «Può essere un Cacciatore o un'Esca» continuò Torin. «In ogni caso non possiamo lasciare che viva: bisogna distruggerla.» «E se è innocente e la mia maledizione di morte colpisce?» replicò Maddox, cercando di placare il demone che si agitava dentro di lui. Il senso di colpa incupì lo sguardo di Torin, come se tutte le vite che aveva spento si agitassero nella sua coscienza, pregandolo di salvare quelli che poteva. «È un rischio che dobbiamo correre. Non siamo i mo-stri che i demoni vorrebbero che fossimo.» Maddox strinse i denti: non era un uomo crudele, non era una bestia senza cuore e odiava le ondate di immoralità che minacciavano di conti-nuo di travolgerlo. Odiava ciò che faceva, ciò che era e ciò che sarebbe diventato se avesse smesso di combattere contro quegli impulsi malvagi.

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«Dov'è l'umana adesso?» chiese. Sarebbe uscito nella notte, anche se il costo poteva essere terribile. «Sulla riva del Danubio.» Una corsa di un quarto d'ora: aveva giusto il tempo di armarsi, trova-re l'umana, metterla al riparo se era innocente o ucciderla se le circo-stanze lo richiedevano e poi tornare nella fortezza. Se qualcosa lo avesse rallentato, sarebbe potuto morire all'aperto e chiunque fosse stato abba-stanza imprudente da avventurarsi su per la collina avrebbe corso un tremendo pericolo: quando il dolore cominciava a colpire, infatti, Vio-lenza prendeva il sopravvento, non lasciandogli altra scelta se non la di-struzione. «Se non ritorno entro mezzanotte, chiedi a uno degli altri di cercare il mio corpo, insieme a quello di Lucien e Reyes.» Morte e Dolore lo rag-giungevano sempre a mezzanotte, dovunque fosse: Dolore lo trafiggeva con la spada per sei volte e Morte lo accompagnava negli Inferi, dove restava fino alla mattina seguente, torturato dal fuoco e dai demoni. Purtroppo all'aperto Maddox non poteva garantire per la sicurezza degli amici: avrebbe potuto ferirli prima che completassero il loro compi-to e in quel caso l'angoscia si sarebbe unita all'agonia che provava ogni notte. «Promettimelo.» Torin annuì. «Sta' attento, amico mio.» Lui uscì in fretta dalla stanza. Era già arrivato a metà del corridoio, quando Torin lo richiamò. «Vieni a vedere questo.» Maddox sperimentò un'altra fitta di angoscia: cosa c'era ancora? La situazione poteva peggiorare? Giunto davanti allo schermo, incitò Torin ad affrettarsi con un perentorio cenno del capo. «Sembra che siano quattro» spiegò l'altro. «Uomini, o forse Amazzo-ni. Prima non c'erano.» «Maledizione.» Maddox studiò i quattro lampi rossi, ognuno più grande del primo che avevano avvistato. Parevano decisi ad accerchiare la figura più piccola: sì, le cose stavano peggiorando. «Mi occuperò di loro» dichiarò. Poi si affrettò a uscire. Giunto nella sua stanza, si diresse all'armadio superando il letto, l'u-nico altro mobile. Aveva distrutto il cassettone, uno specchio e le sedie in un attacco di terribile violenza. A un certo punto aveva riempito la camera di vedute tranquillizzanti, nella speranza che lo colmassero di pace e gli calmassero i nervi tesi, ma quel tentativo non aveva funziona-to: tutto era stato distrutto in pochi minuti quando il demone aveva pre-so il sopravvento. Da allora Maddox aveva optato per uno stile che Paris definiva minimalista.

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Possedeva ancora un letto solo perché era fatto di metallo e Reyes aveva bisogno di incatenarlo a qualcosa, a mano a mano che si avvicina-va la mezzanotte. Maddox si infilò in fretta una maglietta nera e degli stivali e legò dei pugnali ai polsi, alla vita e alle caviglie. Niente armi da fuoco: lui e Vio-lenza erano d'accordo sul fatto che i nemici dovessero morire dopo uno scontro a distanza ravvicinata. Se qualcuno degli umani che si aggiravano per la foresta si fosse rive-lato un Cacciatore o un'Esca, ormai niente avrebbe potuto salvarlo.

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Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2010 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)