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NUMERO 09/18 EMOZIONE Maggio 2018 Rivista trimestrale a tema Eckhart Tolle Una frazione di secondo e un’eternità diventano interscambiabili quando provi emozioni intense IL MAGAZINE

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NUMERO 09/18 EMOZIONE

Maggio 2018

Rivista trimestrale a tema

”Eckhart Tolle

Una frazione di secondo e

un’eternità diventano interscambiabili

quando provi emozioni intense

IL MAGAZINE

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SO

MM

AR

IOE D I T O R I A L E

Sport

Turismo

Mondo

Fantasia Je

Scienza

Fumetto

Danza

Moda

Artecultura

Spriiitz!

Architettura

Vita Naturale

Letteratura

www.postspritzum.it

@postspritzum

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@postspritzum

https://bit.ly/2xrXw7M

https://spoti.fi/2xoftUA

https://issuu.com/postspritzum

[email protected]

Astrologia e Filosofia

Mood Spritz

Autore Elena Massa (foto di Federico Mo)

Titolo Amicizia

Anno maggio 2018

Tecnica disegno a mano libera, colore digitale, fotografia

Dimensioni originali 4000x6000 px

Siamo giunti a un punto importante del nostro percorso: un nuovo sito, un nuovo logo e ora una nuova rivista. Avevamo bisogno di rinnovare tutto il pacchetto completo, ciò che c’era prima possia-mo dire fosse una specie di versione beta, un prototipo, per capire cosa ci serviva veramente e come impostarlo in modo che fosse ben fruibile da tutti i nostri lettori. Siamo comunque sempre in movimento, ci sono ancora tante piccole cose da migliorare, ma ce la faremo!

Parlando della rivista, con una veste tutta nuova, si può dire che questa settimana tocca un argomento particolare: l’emozione. E non l’emozione in senso generico, bensì quella che ha portato ognuno di noi a interessarsi della categoria per la quale scrive su Post Spritzum.La sottoscritta ha proposto questo tema perchè ho pensato fosse ideale inaugurare la grande svolta col botto! Dapprima gli altri mi hanno guardata un po’ male, ma poi hanno acconsentito ad aprire una piccola porticina nel loro cuore per regalarci un pezzo impor-tante della loro vita.Ciò che ne è venuto fuori è qualcosa di veramente straordina-rio, io stessa ho scoperto qualcosa che non conoscevo dei miei compagni di avventura e li ringrazio per questo. Perchè mi hanno fatto avvicinare ancora di più a loro e posso comprenderli meglio anche da questo punto di vista.Mentre leggevo i loro articoli ero combattuta tra il magone di fe-licità che sentivo dentro di me e la voglia di condividere al più presto le loro passioni!Attenti ai deboli di cuore, dunque, questa rivista può portare all’eccessivo consumo di fazzolettini!

Dopo esservi emozionati leggendo gli articoli, troverete due gran-di novità al fondo della rivista: il debutto di Spriiitz!, il fumetto di Post Spritzum con carateristici cocktail parlanti, e il Mood Spritz, una tavolozza di immagini, libri, film e musica per farvi entrare maggiormente nel mood #emozione!

Quindi, che siate a casa, in pausa pranzo o al parco, lasciatevi travol-gere dalle emozioni di questa rivista e accompagnate il tutto ascol-tando la playlist musicale creata appositamente per l’occasione!

Shake Your Mind! Open Your Heart!

Elena Massa

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Pallavolo: più che un gioco

L’emozione del viaggio

Due passi nel bosco

Tramonto

Il fascino delle stelle

Vita di vignette

Ascolta il tuo cuore

La moda su misura per me

Liberare le emozioni con l’arte

La Creazione

Col naso all’insù

Una vita di fango, murene e animatori molesti

Una maglia rotta

La passione per l’astrologia e la filosofia

#Emozione

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SILVIA VIOLASportiva, malata di volley.

Del resto “Dio creò la pallavolo perchè anche i

calciatori hanno bisogno di eroi.

La pallavolo è da sempre il leitmotiv della mia vita. Non ricordo un attimo in cui lei non c’era. È iniziato tutto quando avevo all’incir-ca otto anni e mia mamma cercava disperatamente di farmi fare uno sport che mi piacesse. Ne ho provati dav-vero tanti, dalla danza clas-sica alla ginnastica artistica, dall’atletica al basket, dal calcio al nuoto, ma niente mi ha dato la scossa elettrica come quella palla da palla-volo. Ovviamente è iniziato tutto per gioco, poi il gioco è continuato, ma è diventato una cosa più seria: sacrifici, sudore, divertimento, ma an-che tante lacrime. Ma era un gioco. Poi un fulmine, il momento in cui ho capito che quel gioco mi era entrato sot-to la pelle, come un tatuaggio e così come un disegno sulla pelle difficilmente se ne sarebbe andato. Era un’estate afosa, ricordo un noioso agosto senza nulla da fare, se non zapping da-vanti alla tv. Ma non era un’estate come le al-tre, era l’estate dei cinque cerchi olimpici, Atene 2004.

Fino a quel momento la pallavolo di alto livello, da guardare in tv o nei palazzetti, non mi ave-va attirato. Non so cos’è successo durante quei sedici giorni, ma qualcosa in me è scattato: a catalizzare il mio entusiasmo è stata la nazio-nale maschile, che all’epoca era composta da mostri sacri di questo sport. Forza fisica, tecni-ca e colpi ai limiti dell’immaginabile sono diven-tati importanti come ossigeno, da seguire passo per passo, con il batticuore e le palpitazioni. Una su tutte, la gara che mi ha emozionato di più non è stata tanto la finale olimpica (che ha incoronato il Brasile campione), ma una parti-ta dei gironi di qualificazione, sempre contro il Brasile, giocata all’ultimo respiro. Un 3-2 per i carioca, con un tie break infinito, conclusosi 33-31 per Giba e compagni. Quello che mi aveva colpito, al di là della tecnica e della tattica, era il cuore azzurro, quella voglia di vincere che ha permesso agli atleti in campo di gettare il cuo-re oltre all’ostacolo, provandoci fino alla fine. La grinta, l’entusiasmo, la cattiveria agonistica.

Da quel momento la pallavolo non è stato più un gioco, ma un qualcosa di più, che mi ha dato

Fonti immagini:1) fivb.com2) it.blastingnews.com

Gioco di squadra, soddisfazioni, rispetto e maestra di vita: tutto ciò è il mondo della pallavolo.

PALLAVOLO: PIÙ CHE UN GIOCO

qualche soddisfazione, ma che mi ha anche ferito. Un conflitto tra male e bene infi-nito, uno yin yang senza ap-pello, un amore-odio in cui prima ha prevalso un senti-mento e poi l’altro. Un sen-timento strano da capire e spiegare, ma che ha trovato la sua dimensione in “Open”, la biografia del super cam-pione di tennis Andre Agassi.

«Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure con-tinuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci rie-

sco. Continuo a implorarmi di smettere e conti-nuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l’essenza della mia vita». Ed è anche l’essenza della mia vita. Una volta smesso di giocare, perché non tanto il fisico, ma gli altri aspetti della vita chiedono basta, la pal-lavolo ha continuato ad avere un ruolo centrale, anche se io mi sono messa in una posizione de-filata, da spettatrice. Questo sport mi ha rega-lato le migliori amicizie e fidanzati, ma anche le più cocenti delusioni, quelle che ti fanno dire ba-sta. Da una prospettiva diversa, più distaccata, ho anche capito che la pallavolo è stata un po’ la mia maestra di vita, che un po’ ti premia, un po’ ti punisce, ma ti insegna tanto. Ti insegna a stare al mondo, a prendere botte e ad alzarti, ma non senza avere imparato la lezione. Ti insegna che da solo vali, ma è il gruppo che ti valoriz-za davvero, l’unione fa la forza. Ti insegna che il lavoro paga, se sudi in palestra, prima o poi le soddisfazioni arriveranno. Ti insegna a essere competitivo, ma a rispettare sempre gli altri.

E poi ti entra nella pelle, così tanto da diventare indispensabile, anche se ormai quando riprendi la palla in mano ti sembra di essere incapace e gli avambracci diventano rossi, proprio come se non avessi mai giocato. C’è un’altra pallavo-lo, però, c’è quella pallavolo da guardare, vedere, gustare, vivere, di cui scrivere. Quella che ti per-mette di avere uno scudo, di non farti ferire poi così tanto, che ti permette di allenare l’occhio, più che il fisico. C’è quella pallavolo che non smette di essere parte della tua vita, che è sem-pre lì presente, un angolo sicuro da cui tornare, che, comunque vada, sarà sempre gioia e dolori.

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Sport

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VALERIA SORRENTIIl mio sogno è saper volare. Viaggiare è vivere, sognare e ricordare. Emozioni che rimangono nel tempo.

Turismo

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Una bambina che vuole imparare a volare, sogna di diventare hostess o archeologa.

La prima volta su un treno arriva a sette anni, sull’aereo a sedici.

Ha sempre adorato le altezze, perché da lassù può osservare di più il mondo.

Quando ha bisogno di stare da sola, vorrebbe scappare al mare

ma, se non ne ha l’occasione,si accontenta del lago vicino a casa.

Adora la solitudine perché vuole evadere dal caos cittadino,ma ancora di più perché quando è in viaggio

ci sono solo lei, la fantasia e una macchina fotografica.Si sente libera quando sente il battito del suo cuore

davanti a una chiesa, una statua, un quadro, il mare in tempesta, una montagna innevata o ammirando il tramonto.

Ama sentire il suo respiro quando passeggia in un porto,dopo una pedalata in bicicletta o per il profumo di un fiore appena sbocciato.

Quando passeggia in una città grande come Parigi o Barcellona,le piace osservare le persone e scoprire nuove strade o scorci da fotografare.

Quando parte per una nuova meta,si sente un po’ infedele per non essere tornata in quella precedente,

ma lei sa che ogni posto le ha lasciato un segno indelebile nel cuore.Ama pianificare le cose con largo anticipo,

perché almeno può riprogrammarle altre mille volte. Ama viaggiare per scoprire nuove culture e tradizioni,

e in ogni posto conosce nuove persone con cui ama condividere emozioni. Sa che ogni volta che tornerà in quei luoghi,

troverà qualcuno che la aspetterà con ansia e la accoglierà con amore.Viaggiare è come costruire lego,

mettere tanti mattoncini fino a costruire un edificio intero. Lei non vuole mettere radici,

perché mattoncino dopo mattoncino si sta costruendo la sua casa.Una casa grande come il mondo.

Ama scrivere ogni volta che torna da un viaggio,e ha deciso di studiare per lavorare nel turismo.

Il suo sogno è quello di trasmettere alle persone ciò che vede, sente, prova quando si trova dentro un museo, impara una nuova lingua o assaggia un vino in mezzo alle colline.

Vuole far vivere alle persone esperienze indimenticabili.Vuole creare emozioni.

Perché ogni viaggio può regalare tre emozioni diverse:quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi.

L’EMOZIONE DEL VIAGGIO

Come una poesia è il viaggio intorno al mondo.

Fonti immagini:1-2) Immagini personali

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IRENE CONTEUno sguardo a nuove

realtà, alla ricerca di idee e innovazioni per

prenderci cura del nostro Pianeta!

Quante volte siete partiti la domenica per una gita fuori porta e per respirare un po’ di “aria pu-lita”? Non importa che si vada al mare o in mon-tagna, l’importante è cambiare aria. Molti di noi vivono in città e si rendono conto della differen-za non appena scendono dall’auto e tornare poi a casa la sera tra il traffico e l’aria pesante non è proprio piacevole.Di solito le mete scelte dagli amanti del verde sono quelle che più avvicinano alla natura. Il bello è perdersi tra i sentieri di un bosco (in sen-so metaforico!), lasciarsi sorprendere da un cin-guettio, rilassarsi in riva a un fiume, ammirare il tramonto che colora il prato di un giallo caldo. Anche un’escursione può emozionare: si cam-mina, si fatica, ma poi si raggiunge la meta con grande soddisfazione e il percorso fatto sembra una passeggiata, in confronto alla bellezza del paesaggio.

Purtroppo capita che durante il tragitto, ci si im-batta in cartacce, rifiuti, e ci si chiede “come è possibile non pensare che tutto questo che ci circonda è un patrimonio da preservare?”.Spesso mi distraggo dalla bellezza del paesag-gio nel vedere questa immondizia per terra: vor-rei poter raccogliere tutto, man mano che cam-mino!A volte penso: c’è chi scappa dalla città, ma poi inquina i boschi, chi si preoccupa di scegliere prodotti bio, ma poi non fa caso a tutti gli imbal-laggi di plastica che potrebbero essere evitati, chi sceglie detersivi ecologici, ma poi compra montagne di vestiti la cui produzione inquina l’acqua.

Non c’è un momento preciso in cui mi sia ap-passionata alla categoria, e non so nemmeno se possa essere definita come categoria. Spesso molti degli argomenti che tratto sconfinano di qua e di là, proprio perché si tratta di temi che coinvolgono diversi ambiti.Sono sempre stata sensibile alle tematiche am-bientali, al riciclo e il riuso, alla raccolta differen-ziata. Mi sorprendeva vedere come si potesse riciclare vecchi tessuti o pezzi di legno, per tra-sformarli in qualcosa di nuovo. L’idea è di non buttar via nulla, di non sprecare.

L’ecologista non è l’uomo che dice che il fiume è sporco. L’ecologista è l’uomo che pulisce il fiu-me.

(Ross Perot)

Forse il momento in cui ho capito che bisognava dare più voce a questi temi è sta-to quando ho partecipato a “Puliamo il Mondo” di Le-gambiente. Ero partita con l’idea di passare un sabato alternativo, avrei raccolto qualche carta come quelle che trovavo durante le mie passeggiate, dando il mio piccolo contributo.Sono rimasta sorpresa da quello che abbiamo trovato: pentole, piatti, cucine ar-rugginite, frigoriferi, bottiglie di plastica, vecchi pneumatici, lavandini e addirittura una moto ab-bandonata (o quello che ne restava!). Mi sono accorta di come un bosco apparente-mente “verde” possa in realtà nascondere den-tro di sé un’infinità di rifiuti, e più si va a fondo, addentrandosi tra i rovi, più si trova l’inaspetta-bile!Gli alberi dal canto loro tentavano di “inghiottire” con i rami questo “regalo dell’uomo”, cercando in qualche modo di digerirlo.

Ho capito quanta strada ancora bisognasse fare per sensibilizzare le persone a prendersi cura della propria terra e dei propri mari, perché an-che lì le schifezze non mancano. È necessario raccontare, un poco per volta, il bello e il brutto per far sì che ognuno apra gli occhi e capisca cosa sta accadendo. Bisogna suscitare emozioni forti, anche di sor-presa, perché dire “fai la raccolta differenziata” o “butta la carta nel cestino” molto spesso non basta: ormai non fa più effetto sentir parlare di inquinamento, pesticidi e specie a rischio…que-sta è diventata la normalità…Ma raccontare anche delle cose belle, che non ci saranno più, come i mari puliti in cui si faceva il bagno, che pian piano diventano sempre più sporchi, in qualche modo sembra colpire da vi-cino anche i meno sensibili, che forse in questo modo capiscono di essere i diretti interessati. Ed è così che ho iniziato a scrivere e raccontare, della nostra Terra, della nostra casa…

Io sono me più il mio ambiente e se non preser-vo quest’ultimo non preservo me stesso.

(José Ortega y Gasset)

Una passeggiata in mezzo alla natura, fuori dall’inquinamento cittadino per respirare aria pulita, per poi rimanere sorpresi dall’egoismo umano.

DUE PASSI NEL BOSCO

Fonti immagini:1-2) Immagini personali

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Mondo

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JESSICA VIRZÌ

Fantasia Je

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Anno: 2010Tecnica: acrilico su compensato

Dimensioni originali: 60 x 31,5 cm

Esistono vari modi per esprimere noi stessi: ba-sti pensare alla danza, al canto, alla recitazione. Insomma diverse tipologie di arti per cui uti-lizziamo il nostro corpo e lo rendiamo libero di esprimersi e di comunicare il nostro talento per quel particolare tipo di arte.

Personalmente il mio modo di esprimere me stessa sfocia nella pittura, una scelta dovuta a una mia innata passione fin da piccola sull’uso dei colori, nel mescolarli, nell’interagire con loro. Col passare del tempo il mio hobby è divenuto il mio vero e proprio percorso di studio. La pittura per me è un mezzo artistico di espressione, tra-mite il quale si può leggere la realtà in maniera differente rispetto alle altre chiavi di lettura.

Elemento fondamentale per me nella pittura è l’immaginazione: essa mi consente di andare oltre, usandola come strumento inconscio per elaborare qualcosa di apparentemente inaspet-tato, che inizialmente nemmeno immaginavo. Ritengo l’immaginazione un qualcosa di impre-scindibile, in quanto mi faccio trasportare da essa, liberando ciò che ho dentro e trasferendo-

lo, per l’appunto, alla pittura. Gioia, felicità, dub-bi, sofferenze…tutti stati d’animo che passano dal mio corpo e che posso esprimere al meglio.Come una scarica emotiva che viene immessa nel mio dipinto e il risultato finale non è solo il completamento della mia opera, ma un qualco-sa in più: ovvero lasciare nel dipinto stesso il se-gno delle mie emozioni. Quando lascio il segno nel mio dipinto avverto l’emozione del contatto tra il colore sulle mie dita e il supporto utilizza-to, guido il pennello come se fossi trascinata da una forza misteriosa: come se la mia mano si muovesse secondo un certo tipo di comando, magari non ragionato, sicuramente spontaneo, interiore.

Il risultato finale è variopinto a seconda del mio stato d’animo: a volte esprime tensione, a volte libertà, a volte serenità. Il limite della mia ope-ra viene raggiunta quando sono consapevole di non poter esprimere più nulla in tale opera e, una volta completata, la ammiro e provo un senso di soddisfazione, di appagamento, perché so di aver dato tutta me stessa sia in termini di com-pletamento del quadro, sia intrinsecamente, a livello di pensieri ed emozioni. Posso così pro-cedere a una nuova opera. Un’opera che, come la precedente, sia piena di vita.

TRAMONTO

Alla scoperta di luoghi lontani, emozionandosi...

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Scienza

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FEDERICO MOFisico, rocker, forse

poeta, sognatore...Voglio rendere più poetica la

scienza e più scientifica la poesia.

IL FASCINO DELLE STELLE

Avete idea di quanto siano distanti le Pleiadi dalla Terra? E soprattutto cosa sono le stelle? Sono elementi incredibili nell’Universo.

Ricordo bene le serate che i miei trascorrevano insieme a mio zio a parlare di argomenti im-pegnativi. Ed io - avrò avuto 3 o 4 anni - stavo lì con loro, a cercare di seguire i loro discorsi, fatti di termini a me incomprensibili e imma-gini fantastiche dell’Universo e delle sue pro-tagoniste più famose: le stelle. E quei discorsi, seppur all’epoca a me poco chiari, mi affasci-navano. Era un modo per conoscere ulterior-mente il mondo e come esso funzionava e mi portava a sognarne di altri, di mondi, anch’es-si meravigliosi - ne ero sicuro! E un giorno li avrei esplorati tutti - mi dicevo ingenuamen-te; Terra e altri pianeti attorno a stelle lonta-ne. E in questo modo, an-cor prima di iniziare le elementari avevo già tutta una serie di nozioni di basi riguar-danti le stelle: • Cosa sono le stelle - enormi masse di gas governate da reazioni di fusione termonu-cleari; • Come si formano - per accrescimento di gas e polveri grazie alla forza gravitazionale e nuclei di addensa-mento;• Da cosa sono regolate - da due forze con ten-denza opposta, quella gravitazionale che tende a portare al collasso gravitazionale riscaldando il gas che costituisce la stella fino a innescare le reazioni termonucleari; e quella di pressione di radiazione che deriva dalle reazioni di fusione termonucleari e che tende a spingere il gas ver-so l’esterno, raffreddandolo; • Cosa possono diventare - giganti o supergi-ganti rosse, supernove, nane bianche, stelle di neutroni o buchi neri.

Il punto è che ne rimasi affascinato. E fu uno dei motivi che mi portarono ad approfondire gli stu-di scientifici.E in fondo, come non rimanerne affascinati?

Pensiamo ad esempio a Sirio, la stella che dalla Terra appare più luminosa.La troviamo relativamente isolata, abbastanza vicino alla costellazione di Orione - che è tra le costellazioni più facili da riconoscere per le tre stelle luminosissime quasi allineate, che vengo-no chiamate appunto “la cintura di Orione”.Gli antichi Egizi usavano proprio Sirio per sta-bilire il capodanno - giorno in cui per la prima volta nell’anno la stella diventava visibile, prima

dell’alba, sopra l’orizzonte.

Oppure consideriamo le Pleiadi. Le troviamo non lontano da Orione, ma nella direzione oppo-sta rispetto Sirio, risplendenti come gioielli in un piccolo scrigno. Questo gruppo di stelle giovani e brillanti è un ammasso aperto a una distanza di 400 anni luce dalla Terra. Cosa vuol dire 400 anni luce? Che è a una distanza tale che per per-correrla tutta ad una velocità pari a quella della luce ci vorrebbero 400 anni. Ma quella della luce nel vuoto è una velocità limite irraggiungibile per noi, come per tutte le particelle dotate di massa. Se pensiamo che la luce in appena 8 minuti circa riesce a percorrere

la distanza che ci se-para dal Sole ( che è di circa 149.600.000 km), cominciamo ad avere un’idea della vastità dell’Universo, soprattutto confron-tandola con il raggio del nostro pianeta che è di appena 6.371 km.

Interessante oltre che famosa è poi la Stella

Polare. Essa si trova esattamente nel punto del cielo verso il quale è diretto l’asse di rotazione della Terra, chiamato Polo Nord celeste. Il cer-chio che descrive attorno a tale Polo risulta così piccolo da non essere percettibile senza ricorre-re a precisi metodi di misura. Perciò se si guarda dall’emisfero nord della Terra sembra che tutte le stelle vi girino intorno.

L’asse di rotazione della Terra non è però fermo; si muove, anche se molto len-tamente.E La stella che oggi è nella posizione della Stella Po-lare non sarà lì tra 4.000 o 7.500 anni, mentre tornerà a esserlo tra 25.000, cioè quando l’asse di rotazione terrestre sarà tornato nella posizione in cui è oggi.

E se adesso è venuta anche a voi voglia di co-noscere qualcosa in più sulle stelle e l’Universo, vi ricordo che a Torino troviamo il Planetario, Museo dell’Astronomia e dello Spazio. Costi e orari e altre informazioni disponibili sul sito web www.planetarioditorino.it.

Fonti testo:- “Le stelle”, ideato e realizzato da McRae Books - Fi-renze 1994, testo di Paolo Lenzumi;- www.planetariodi-torino.it

Fonti immagini:1-2) pixabay.com

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Fumetto

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LORIS FERREROL’immagine per stupire, le parole per riflettere: il fumetto, un frizzante invito all’avventura!

Fonti immagini:1-2) Immagini personali

Lui è Mister Agenda e, a dire il vero, nasce con il preciso scopo di mettere alla prova il sottoscrit-to. Non si può parlare di qualcosa senza toccare con mano, occorreva rimediare, e così eccomi matita in mano, a immaginare un personaggio fino a quel momento inesistente, dargli consi-stenza psicologica, caratterizzarlo con un certo aspetto e, infine, sceneggiare una sua piccola avventura.

Sì, concordo sul fatto che non sia venuto un capolavoro. Del resto questo tizio qui che sta scrivendo non ha mai saputo disegnare molto bene. No, siamo onesti: non ha mai saputo dise-gnare. Eppure la vignetta l’ha sempre attratto. È che le parole, con dei simboli accanto, hanno più senso. Rinascono, si sviluppano in modi sem-pre diversi e curiosi, aprono a molte vie; e a loro volta i disegni, affiancati dalle lettere, lasciano il mondo della percezione per entrare in quello dei pensieri, scavando in profondità.

Naturalmente, il bambino che qui è cresciuto e sta buttando fuori qualche parola non ha sem-pre pensato a queste cose. Leggeva Topolino perché lo attirava –Topolino come giornalino, perché poi ovviamente simpatizzava per Pape-rino, come la maggior parte delle persone. Allora scoprì Pikappa, la versione “tamarra” di Paperi-nik, a sua volta la versione eroica di Paolino Pa-perino: ed entrò in un vortice da cui non uscì più. Seguì quel gran fumetto giapponese che è One Piece, entrato nella vita del sottoscritto e diven-tato una sorta di pane quotidiano, poi si rese conto che il fumetto giapponese fosse molto più vasto, poi che il fumetto in generale fosse molto più vasto, e giù di supereroi Marvel e DC (W Spi-derman!), giù di Corto Maltese e di fumetto arti-stico italiano, giù di riviste di settore, tipo Linus.

Poi sono arrivate le fiere: memorabile un Luc-ca Comics di qualche anno fa, ci andai in treno, sbagliai orari, alle cinque di mattina vagavo per Pisa, al telefonino con un amico di buon cuore.

E infine l’ultimo passaggio, la striscia. Come non amare i Peanuts? E comunque i social network sono pieni di strisce, tratti semplici e poche vi-gnette che però dicono molto. Qualche nome non ci starebbe male? Perfetto: “Cyanide and Happiness”, ma anche “Calvin and Hobbes” che con le sue vicissitudini sui diari della Comix fa-ceva passare in secondo piano le lezioni a scuo-la, “Buni” ammirato di nascosto in biblioteca sulle riviste di “Internazionale”.

I più attenti avranno notato un dettaglio: il primo fumettino, in alto, è una striscia. Ebbene sì, con-fessiamolo pure: è la striscia l’essenza della mia passione. La striscia ha spinto il sottoscritto a sceneggiare qualcosina; la striscia ha invitato il sottoscritto a presentare in commissione una tesi di laurea in Scienze dell’Educazione sul fu-metto (virata poi prepotentemente su One Piece, ovvio); la striscia ha fatto capire al sottoscritto come una matita, una manciata di parole e qual-che idea abbiano un potenziale altissimo, pos-sano essere educative e, in un certo qual modo, spingere i limiti umani un po’ più in là.

Sto delirando, pas-siamo ai ricordi. In verità, un primo ap-proccio creativo con il fumetto venne pro-prio attraverso la stri-scia. Nel senso che, sarà stato in quinta elementare, c’era quel ragazzo, Michael, che creò Super Bimbo: e il sottoscritto lì a pro-porre avventure. Per caso avete visto il film di Capitan Mutanda? Ecco, perché noi due assomigliavamo a quella coppia lì. E Super Bimbo è l’unico perso-naggio che, nel tempo, sono sempre riuscito a disegnare. Avevo recentemente l’intenzione di trasformarlo in una palla di neve depressa per qualche vignetta, ma questa è un’altra storia.

Poi arrivò Post Spritzum e con esso la possibili-tà di sciogliere qualche groviglio di pensiero at-traverso la scrittura. Ho iniziato fingendomi cri-tico fumettistico, ho capito di non essere buono in quel campo, ho deciso, articolo dopo articolo, di provare a far capire alle persone quanto la vi-gnetta possa essere speciale, come sia in grado di diventare un canale comunicativo ricchissi-mo. Il futuro? Tanti progetti da portare avanti, tanti fumetti da leggere.

VITA DI VIGNETTE

Come una striscia fumettistica, il percorso verso la passione del fumetto è attraversato da avventure indimenticabili!

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Danza

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VALERIA SORRENTISe non muovi il corpo, fai danzare anima e mente.

La danza interpreta la cadenza e l’armonia

della vita.

ASCOLTA IL TUO CUORE

La prima volta che mi portarono dentro una scuola di ballo avevo all’incirca sei anni. Non ricordo quale sia stata la ragione precisa che mi portò lì, ma ero curiosa di vedere che cosa si combinava là dentro. Un’amica che frequen-to tuttora faceva già da tempo il corso di danza classica, perciò ho voluto provarci anche io. Ero arrivata a corso già iniziato, ma ciò non mi causò particolari problemi. Ricordo ancora il tema dello spettacolo di fine anno: il cielo. Mi avevano affidato il ruolo della nuvoletta, e per l’occasione indossai un grazioso tutù azzurro e un velo che partiva dalla testa fino alle mani. Le altre bambine interpretavano il sole, la luna e le stelle. Sul palco c’era un’atmosfera unica, ogni cosa luccicava e mi sembrava tutto così magico. Conservo ancora con premura e tanta nostalgia le mie prime scarpette rosa. Facevo solo la pri-ma elementare e portavo già il 34. Non perfet-tamente un collo del piede che una vera ètoile dovrebbe avere.

Infatti quello fu l’unico anno che frequentai un corso di danza classica. Ho dei bei ricordi di quel periodo, ma in seguito i miei genitori deci-sero di farmi provare il nuoto. Con il senno di poi, hanno fatto un’ottima scelta perché ho praticato questo sport per diversi anni e ora posso dimo-strare di saper nuotare come una sirenetta. Ma questa è un’altra storia.

Quell’anno di danza classica mi aveva comun-que lasciato un segno indelebile. Adoravo guar-dare le ballerine in tv, che con grazia stavano sulle punte per ore intere creando dei movimenti da farmi provare forti emozioni. Quante volte ho guardato “Barbie e lo schiaccianoci” incollata allo schermo...ormai ho perso il conto. La vide-ocassetta consumata è ancora conservata in

camera mia, non voglio separarmene. Ero anche consapevole di essere legata in qualche modo alla musica e alla danza, ma non avevo trovato del tutto la mia strada. Non potevo fare parte di quel mondo fatto di disciplina e rigorosità, come giusto che sia. Dovevo ancora trovare il mio sti-le.

La scintilla arrivò alle medie quando iniziai un corso di funky e hip hop. In quegli anni ci fu si-curamente una svolta dentro di me. Il ritmo della musica scattante e ritmata con continui cambi di velocità mi sfidò e così mi misi in gioco. Bal-lando iniziai a sentire emozioni nuove, e provavo un senso di libertà che non avevo ancora mai provato. E finalmente mi sentivo a mio agio an-che dentro i vestiti larghi e più comodi. Ascolta-vo la musica, ascoltavo le mie sensazioni e mi lasciavo andare. In quella sala da ballo, seppur uno spazio chiuso e delimitato, potevo dare sfo-go alla mia fantasia e viaggiare con la mente. Ma ero ancora piccola, non avevo ancora capito quale impatto avrebbe avuto l’hip hop nella mia vita. Lo scoprii solo qualche anno dopo.

Se penso alla parola danza nel mio passato, la prima cosa che mi viene in mente è sicuramen-te il periodo delle superiori. Tornai in sala, ero timorosa. Gli specchi davanti a me mi intimori-vano un po’, ma la carica e l’energia che avevo dentro ebbero la meglio. Ho trascorso quasi tre anni dentro quella scuola, e non ho nemmeno un rimpianto di quel periodo. Ho conosciuto delle persone stupende, me ne sono trascinate altre dietro e con tutte loro ho condiviso dei momenti che sicuramente porterò con me per tutta la vita. Un passo avanti, due indietro, giri, salti, giù, su...e che ballo sia!

La danza è un’arte, ma forse è la madre di tut-te le arti. È una delle prime cose che l’uomo ha scoperto di saper fare. Per ballare non c’è biso-gno di strumenti o accessori, serve soltanto il tuo corpo. Come disse Curt Sachs, etnomusico-logo e organologo: “La musica e la poesia esi-stono nel tempo; la pittura e l’architettura nello spazio. Ma la danza vive contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Prima di affidare le sue emozioni alla pietra, al suono, l’uomo si serve del suo corpo per organizzare lo spazio e ritma-re il tempo.”.

La danza è libera espressione, perché ogni per-sona può danzare. Basta ascoltare ciò che si ha dentro e tutto prende forma. La danza sa ascol-tare, fa emozionare e divertire, ma sa anche ispirare e trasmettere qualcosa di importante, svelando quello che la musica cela.

La danza è arte, energia, ritmo e libertà. Basta trovare il proprio stile e ci si troverà sempre a proprio agio a ballare.

Fonti immagini:1-2) Immagini personali

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Artecultura

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IRENE FASCIOL’arte e la cultura rap-presentano un modo per conoscere me stessa e il mondo attraverso diversi punti di vista.

Ho capito che l’arte avrebbe dovuto far parte della mia vita in un momento un po’ particola-re della mia esistenza. Ci sono delle volte nella vita in cui ci si sente confusi, soprattutto nella società di oggi. Una società che ha ritmi velo-ci dove se hai qualche problema o insicurezza non ricevi un minimo aiuto. Abbiamo raggiunto sicuramente grandissimi risultati con le nuove tecnologie, ma a volte tutto questo consumismo non basta. Mi mancava qualcosa che mi facesse ricordare che nella vita c’è molto di più dei soldi, della carriera, dell’andare bene a scuola, dell’es-sere sempre perfetto, qualcosa di più profondo. E così che l’arte entra a far parte della mia vita. Quasi come fosse un’attività di redenzione, ve-dere un quadro particolarmente bello mi faceva stare meglio e mi riempiva il cuore di curiosità e di emozioni. E in quel momento mi sono chiesta che cosa fosse l’arte veramente e ho trovato la risposta nel significato stesso dell’arte.

L’arte, nella sua accezione più ampia, compren-de ogni attività umana svolta singolarmente o collettivamente che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgi-menti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’e-sperienza. Pertanto l’arte è un linguaggio, ossia la capacità di trasmettere emozioni e messaggi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di in-terpretazione. Nel significato più sublime l’arte è l’espressione estetica dell’interiorità e dell’ani-mo umano. Rispecchia le opinioni, i sentimenti e i pensieri dell’artista nell’ambito sociale, morale, culturale, etico o religioso del suo periodo sto-rico. L’arte può essere considerata anche una professione di antica tradizione svolta nell’os-servanza di alcuni canoni codificati nel tempo.

Per quanto già provenissi da studi universitari umanistici, mi sono appassionata sempre di più all’arte con la voglia sempre più crescente in me di cercare di renderla un mezzo e un linguaggio facilmente comprensibile.

Inoltre le varie culture hanno sempre fatto par-te della mia vita. Fin da piccola i miei genitori mi hanno portato nei loro viaggi e questo mi ha aiutato ad aprire la mente, a essere tollerante e sempre curiosa verso le differenze. Ho imparato ad essere sempre aperta alle novità, a parlare in un’altra lingua e a conoscere nuovi punti di vi-sta, nuovi ideali e nuovi valori. Una mente aperta senza pregiudizi nei confronti di nessuno. Ora che sono più grande penso che la cultura renda liberi sé stessi e faccia crescere le per-sone con più rispetto verso il prossimo e verso l’umanità.

Perché è proprio così: a volte ci dimentichiamo che siamo essere umani, ci trasformiamo in specie di robot apatici senza emozioni, senza paure e ci chiudiamo in noi stessi creando bar-riere invece di parlare e confrontarci, per spesso poi ritrovarci a scoprire che, forse, i miei proble-mi possono essere anche i problemi di un altro e che se li affrontiamo insieme magari possiamo ritornare a stare bene ed essere felici e uniti. Ma aprirsi e fidarsi delle persone non è sempre faci-le; saranno molte le delusioni che incontreremo, ma per quanto mi riguarda ho sempre preferito essere me stessa e mostrare ciò che sono in-vece che nascondermi. La libertà è essere sé stessi e la società di oggi sembra fare l’opposto, ti inganna di poter essere chiunque ma la verità è che per essere qualcuno bisogna lottare. E se la nostra mente è già impegnata a combattere sé stessa, come posso pensare di raggiungere qualche traguardo? E così che sono entrata a far parte di Post Spritzum, un gruppo unito dove sento la possibilità di esprimermi veramente.

LIBERARE LE EMOZIONI CON L’ARTE

Vivere l’arte e le culture mondiali per esprimere sé stessi ed essere liberi di avere una personalità al di fuori della dura società odierna.

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Moda

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MARTA FOGLICome Coco Chanel

diceva: “Se una donna è malvestita si nota l’abito.

Se è vestita impeccabil-mente si nota la donna”.

Fonti foto:1)www.viajaryestu-diar.com2) Pinterest.com

La mia passione per la moda non viene solo dall’apprezzare i tessuti, i colori, o i capi di ten-denza, ma viene da qualcosa di più profondo. A volte indossare una cosa che ci piace ci fa stare bene con noi stessi.

Della moda ho sempre apprez-zato questo forte potere che aveva su di me, la possibilità di essere me stessa e di piacermi al 100%. Ed è così che ho comin-ciato a capire come i colori po-tevano essere abbinati al meglio considerando la carnagione o i tratti del viso; mi sono studiata una moda su misura per me, ed è questo che mi fa sentire a mio agio.Con il tempo, cercando, provan-do e osservando ho scoperto quali sono i colori o i capi che mi donano e quelli che invece devo evitare. Assurdo quanto una semplice t-shirt di un colore che non ci dona ci possa far sentire brutte, malate e non a nostro agio. Ho quindi capito che la moda non consisteva nel comprare riviste e desiderare spasmodicamen-te tacchi alti e gioielli; è molto più di questo, per me è un modo per piacermi. Ed è per questo che quello che acquisto è sempre frutto e risultato di ciò che mi serve davvero e di ciò che so che mi può stare bene. Meglio comprare una cosa che comprarne tre di cui non sono convinta.Se dovessi pensare al momento in cui ho comin-ciato ad interessarmi alla moda è stato ai primi anni del liceo. Poi, certo, fin da piccola i vestiti mi sono sempre piaciuti, giocavo a cucire e oltre a quello amavo farmi collane e braccialetti.Ma la passione come la intendo oggi è comin-ciata verso i 15 anni, in piena adolescenza, un po’ per trovare una via d’uscita da quel costan-te senso di inadeguatezza tipico dell’età. Mi ha aiutato davvero tanto a sentirmi bene, e cre-scendo la moda è diventata parte del mio quo-tidiano.

Altro punto a favore che forse ha fatto matu-rare il senso estetico sono state le mie nonne, entrambe molto creative e amanti del “vestirsi bene”, frutto di un’epoca precedente in cui non si usciva senza guanti, calze color carne e bor-setta alla mano.Entrambe hanno sempre cucito e prodotto col-lane e braccialetti, e ancora adesso lo fanno per loro. Questa cosa mi è sempre piaciuta moltis-simo, ovvero poter creare da sola qualcosa fatto

su misura per me ed ecco perché da piccola gio-cavo a farmi i vestiti e le collane.

La moda mi piace perché mi permette in parte di assecondare ogni giorno il mio umore, la per-sona che voglio essere cambiando tutti i giorni.

Spesso questo dipende anche da chi mi sta intorno e da chi frequento in un certo momento, le persone sono per me sempre fonte di grande ispirazione.Non ho mai fatto studi in questo campo, ma sicuramente prima o poi mi piacerebbe approfon-dire la storia della moda, capi-re come ci si vestiva nel 1800 ci dice molto della società del tempo, lo stesso vale per la no-stra epoca.Un’epoca di libertà in cui non c’è uno stile univoco uguale per tut-ti, non è più come ai tempi dei nostri genitori che avevano tutti i capelli cotonati alla stessa ma-

niera, oggi la moda è anche libertà, comunica-zione e personalità.

Oltre a tutto questo la moda è anche marketing, strategia ed economia e anche questi sono tutti aspetti che mi affascinano. Come una collezio-ne di una casa di moda nota possa influenzare tutto il mercato di abbigliamento della stagione successiva. Quando un capo fa tendenza viene riproposto e copiato da tutti gli altri, con un po-tere di diffusione esponenziale.Da qui deriva la moda per le masse, creare l’e-sigenza di quel prodotto per far si che chiunque lo voglia avere per sentirsi alla moda, i classici capi trendy che durano una stagione e che dopo poco ci avranno già stufato. Tipico comportamento che avevo all’inizio, pen-savo che i capi giusti per me fossero quelli delle ultime tendenze, solo tempo dopo ho capito che erano quelli che andavano acquistati con più at-tenzione, dosandoli e comprando davvero solo ciò che ci piace. Ora posso dire che nel mio armadio ci sono solo cose che metto, che mi piacciono e che sono adatte a me. Per arrivare a questo ho fatto spes-so scremature dei capi, eliminato cose che in fondo sapevo non avrei mai più messo e acqui-stato solo quando mi serviva davvero qualcosa in funzione di quello che già avevo.In conclusione, credo che per me la moda voglia dire assecondare me stessa, ogni giorno in ma-niera diversa.

LA MODA SU MISURA PER ME

Capire che solo indossando capi d’abbigliamento adatti a sè stessi si crea la propria moda e ci si può sentire veramente a proprio agio.

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Architettura

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ELENA MASSAÈ colei che ti permette di piantare un mattone, far nascere un edificio e vedere crescere un pezzo di storia.

Ho capito che l’architettura avrebbe dovuto far parte della mia vita molto presto. Non mi è mai importato il “come”, ma avrebbe dovuto farne parte. Questo l’ho compreso in tenera età, quan-do non mi interessava giocare con la Barbie, ma costruire il suo salotto!L’architettura mi ha sempre affascinato: c’è qualcosa di magico in essa, qualcosa che, forse, neanche l’uomo stesso si rende conto, nono-stante sia lui stesso il creatore.Grazie a questa arte, nel mondo si sono formati migliaia di architetti, ma solo di quelli grandio-si ne studiamo le impronte lasciate su questo minuscolo pianeta chiamato Terra. E tra questi migliaia, solo qualcuno è capace di suscitare qualcosa di veramente forte nell’animo umano.

Ero in vacanza in quel di Barcellona, città figlia di Antoni Gaudì. Là ogni edificio sembra essere influenzato dal suo estro, anche quelli non pro-gettati da lui. È una città piena di vita che pro-babilmente deve la sua notorietà proprio perché Gaudì ne ha fatto la sua tela bianca.Da brava turista non potevo mancare la visita al simbolo di Barcellona: la Sagrada Familia. Era una giornata estiva, il sole era alto e neanche una nuvola oscurava l’azzurro del cielo. Mentre ero in coda alla biglietteria tenevo il naso all’insù per ammirare ogni scultura della facciata d’in-gresso, quella nuova, quella che Gaudì ha solo immaginato prima della sua morte. Poi, final-mente, ho varcato il maestoso portone laterale e ciò che ho visto al suo interno mi ha lasciato senza parole.

Avevo visto tante fotografie di quella cattedrale su internet e sui libri di storia dell’architettura, ma nulla mi aveva preparato abbastanza a ciò che era davanti ai miei occhi in quel momento. Devo essere sincera: in quel momento ho pian-to. Ho tentato di cacciare indietro i lacrimoni, ma non ci sono riuscita e non sono una persona che si emoziona facilmente! Ero come paralizzata da tanta magnificenza. In mezzo alla navata centrale mi guardavo intorno: giganteschi tron-chi d’albero in cemento e pietra si inerpicavano fino alla sommità dove i rami terminavano in foglie e fiori dai quali si incanalava la luce. Era come stare in una foresta incantata, silenziosa e luminosa grazie alle grandi vetrate colorate e decorate che facevano filtrare la luce regalando un’esplosione di colori.

Affascinata dal luogo in cui mi trovavo, ho ri-pensato ad Antoni Gaudì. Quest’uomo ha dedi-cato 43 anni della sua vita a questo progetto, di cui gli ultimi 12 senza prendere altri lavori, ma andando persino a vivere in cantiere. La futura

Sagrada Familia era diventata la sua casa e ha dedicato tutto sé stesso perché fosse magnifica e parlasse alla gente.Simboli, luci, storia, natura. Tutto era stato stu-diato da Gaudì per raccontare le vicende della prima famiglia cristiana, come un enorme libro che non ha bisogno di traduzioni perché le im-magini parlano tutte le lingue del mondo.Gaudì lasciò la vita terrena il 07/06/1926 quan-do una serie di sventurate circostanze fecero sì che il grande maestro venisse investito da un tram quando aveva 74 anni. Però le successi-ve maestranze hanno voluto portare avanti la sua opera più grande in suo onore. Iniziata nel 1883, ancora oggi è in fase di costruzione ed è prevista la sua conclusione nel 2026. Una cosa curiosa è che i progetti di Gaudì vennero distrutti a causa di un incendio doloso e solo un gruppo di grandi esperti, con tecnologie informatiche all’avanguardia, è riuscito a ricostruire il metodo progettuale del maestro e proseguire il suo pro-getto. Gaudì non aveva aiutanti e non possede-va sofisticate tecnologie, ma aveva la sua mente e la sua fantasia e da solo è riuscito a concepire una delle più grandi architetture di tutti i tempi, capace di viaggiare nel tempo e nell’animo uma-no. L’architetto Le Corbusier disse: “Quello che ho visto a Barcellona era l’opera di un uomo, di una fede e una capacità tecnica straordinarie […] Gaudì era un grande artista”.

Dopo questi pensieri, mi sono ripresa dal mo-mento di stasi, mi sono asciugata i lacrimoni e ho ripreso a camminare lungo la navata centra-le, in quel bosco meraviglioso e carico di emo-zione. Solo qui ho veramente capito perché l’ar-chitettura è parte fondamentale della mia vita.

COL NASO ALL’INSÙ

Capire l’essenza della propria passione davanti all’incredibile lavoro di chi ha dedicato tutta la sua vita alla medesima cosa.

Fonti testo:- Grazia Massone (a cura di), I Maestri dell’Architettura, Antoni Gaudì, Hachette, Milano 2010

Fonti immagini:1-2-) Immagini personali

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Vita Naturale

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LAVINIA CRIVELLARIVegetariana coi piedi per

terra e la testa per aria: coltivo spensieratezza,

ma non ho il pollice verde.

La Natura ha sempre fatto parte di me sin da quando ero bambina, soprattutto grazie a mio nonno, che mi ha trasmesso l’amore e il rispetto per l’ambiente, in particolar modo per la monta-gna. Mio nonno è una persona a cui tengo mol-to e soprattutto mi ha insegnato a osservare il mondo, a riconoscere le piante e gli animali, a chiedermi sempre il perché delle cose. Quei momenti trascorsi completamente fuori dal mondo erano magici: facevo passeggiate, convincevo i pastori a regalarmi i campanacci delle mucche e delle capre, entravo nelle baite abbandonate scoprendo una realtà tutta nuova, completamente diversa da quella cittadina. Grazie alla montagna ho imparato ad amare e apprezzare ciò che mi circonda, a essere curio-sa e ad arrampicarmi su quell’ultima roccia, che, nonostante la stanchezza e la mia grande pigri-zia, ero sicura mi avrebbe rivelato un paradiso nascosto che valeva la pena ammirare. Questo paradiso nascosto per me coincide con una piccola cascata che ho sempre chiamato “idro-massaggio” e, in effetti, se ti ci metti sotto è un vero e proprio idromassaggio naturale (anche se rischiavi di rimanere congelato).

Sono sempre rimasta affascinata anche dal mare, soprattutto le spiagge deserte, senza ani-matori che ti obbligano a fare aquagym quando vorresti soltanto mangiarti tranquillamente il tuo cornetto super croccante e pieno di ciocco-lato che straborda. Insomma, chi non cerca di evadere in questi momenti? Per fortuna in ac-qua i pesci non ti stressano, anzi, era bellissimo guardarli con la maschera vicino agli scogli. Una volta ho anche visto una murena: l’ho osserva-ta per un millisecondo perché aveva dei riflessi verdi meravigliosi, poi sono subito scappata via dalla paura. L’ho poi scrutata meglio quando un signore l’ha pescata il giorno seguente dicen-

domi: “Stasera sai che brodetto ci scappa?”. In-somma, ci sono rimasta male.

A parte questi traumi infantili, ho sempre prova-to un certo piacere nell’impiastricciarmi le mani con qualsiasi cosa mi regalasse la natura: il mio massimo divertimento era far finta di lavorare in un ristorante stellato e cucinare zuppe col fango e involtini di erba con ripieno di una pappetta di sabbia e acqua…Un menù ricercato che aspet-tava soltanto l’approvazione di Antonino Canna-vacciuolo!

In ogni caso, questa tendenza a “pacioccare” l’ho portata sempre con me e col tempo e si è trasformata in un interesse generale per gli “in-trugli” naturali. In particolar modo, con l’ado-lescenza, i brufoli e i capelli mossi somiglianti ad un cespuglio, ho cominciato a leggere libri e consigli su impacchi e pozioni magiche che po-tessero aiutarmi a risolvere questi “problemi”. Ora sono qui, parte del team di Post Spritzum e scrittrice all’interno della categoria #vitanatu-rale, in cui mi occupo non soltanto di rimedi di bellezza, ma anche di cucina naturale: si posso-no creare moltissimi piatti con pochi ingredienti, ma soprattutto ci sono alimenti del tutto nuo-vi o piatti che si possono reinventare partendo da ricette classiche. Visto che scrivere questo articolo mi ha fatto salire un certo senso di no-stalgia, vi lascio una ricetta per lo scrub viso, un rimedio naturale che vi permetterà di ottenere una pelle più liscia e luminosa. INGREDIENTI:- 5/6 cucchiaini di zucchero; - 2/3 cucchiaini di miele; - acqua molto calda; - 2 cucchiaini di bicarbonato; - un asciugamano.

PROCEDIMENTO:1. Far scaldare l’acqua in una pentola capiente con il bicarbonato;2. mischiare in una ciotola il miele e lo zucchero ottenendo una crema, che sarà più o meno soli-da in base al tipo di miele utilizzato;3. posizionarsi sopra alla pentola dell’acqua calda con un asciugamano in testa, che servirà a far sì che il calore non si disperda e che i pori si dilatino meglio per una pulizia più profonda;4. spalmare sul viso a poco a poco il composto di miele e zucchero e continuare a massaggiare fino a completo scioglimento;5. sciacquare il viso e applicare il tonico, lozio-ne che eliminerà gli ultimi residui di scrub e che chiuderà i pori per un’azione più duratura;6. applicare una crema per il viso idratante.

UNA VITA DI FANGO, MURENE E ANIMATORI MOLESTIMontagne, mare, idromassaggi naturali e intrugli magici: la Natura è un’en-tità davvero ispiratrice.

Fonti immagini:1-2) Immagini personali

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Letteratura

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ALICE BERTOLINILeggere ci fornisce lachiave per aprire tutte leporte del nostro mondointeriore.

È in periodi come questo che comunicare è per me la cosa più difficile. Quando ero al liceo, in uno degli anni più controversi della mia adole-scenza, la mia professoressa di italiano mi die-de 4 e mezzo di un tema. Ricordo ancora oggi quel voto perché per me fu traumatico, non tan-to scoprire che a quella santa donna non era piaciuto il mio tema, quanto più realizzare che, secondo lei, non ero in grado di esprimermi e comunicare agli altri ciò che avevo dentro.

Fu un momento della mia vita che dapprima sottovalutai. Chi era lei per dirlo? Ma alla fine era vero. Non sapevo comunicare con gli altri. Tutto ciò che per me stava alla base delle relazioni so-ciali era quindi per me assolutamente irraggiun-gibile. Questa separazione netta tra quello che avevo dentro e il mondo esterno, gli Altri e basta, sembrava diventare un ostacolo insormontabile in certi momenti. Se l’ingenuità che possedevo a 15 anni non mi permise di guardare questo fatto da un’altra angolatura, crescere mi portò a pensarla diversamente. Fu infatti quando iniziai a leggere di più, un po’ per venire incontro alla terribile noia estiva che caratterizzava le mie va-canze, specie quelle più calde. Distante da tutti, forse più per una mia scelta, decisi di venire a patti con quella grande lacuna interiore che era il senso di smarrimento di fronte alle forme di comunicazione.

Fu allora che scoprii di non essere la sola.“Questa è la parte più bella di tutta la letteratura: scoprire che i tuoi desideri sono desideri univer-sali, che non sei solo o isolato da nessuno. Tu appartieni.” (F.S.Fitzgerald)

Leggevo questi romanzi, e mi sentivo colmata, come una grossa brocca d’acqua che veniva af-facciata alla sorgente di un fiume. Me ne ricordo tre in particolare: Gita al faro di Virginia Woolf, Ulisse di James Joyce e Cent’anni di solitudine di Garcìa Marquez. Probabili letture estive con-sigliate a scuola, questi pilastri della letteratura moderna mi aprirono le porte di un nuovo mon-do. Non si trattava di colmare la mia solitudine, o di farmi conoscere mondi nuovi: la letteratura, o quello che per me rappresentava allora, mi for-niva la chiave della comunicazione, quello che sentivo mancasse nella mia vita. Anziché farmi scoprire qualcosa di nuovo del mondo esterno, mi permise di conoscere me stessa. Detto così, può sembrare la più banale delle constatazio-ni. E non avvenne di certo tutto in un solo mo-mento: quello fu il primo dei grandi momenti di coscienza letteraria che accumulai, come perle, nella mia vita.

Ricordo la seconda volta che mi rigettai tra le braccia di autori che divennero figure di riferi-mento spirituali, maestri, persone che, pur non conoscendomi, pur non avendomi mai cono-sciuta, sembravano capirmi più di chiunque altro.

T.S. Eliot, Beckett e Joyce, il modernismo in ge-nerale, con la sua poetica del frammento, che diventava la chiave di lettura non solo della po-esia ma della stessa vita dell’uomo moderno: lo ricevetti come un abbraccio caldo, che smantel-lò le mie convinzioni di essere imperfetta, ina-deguata, incapace di incastrarmi perfettamente nella realtà e nei desideri degli altri. Fu allora che smisi di incasellarmi dentro schemi che non mi appartenevano, definizioni di chi ero che non si addicevano affatto a quella frammentarietà che faceva innervosire molti, che faceva confondere anche me. Smisi di sentirlo come un peso, e ini-ziai a viverlo come se proprio da questo dipen-desse la mia libertà.

“Cerca una maglia rotta nella reteche ci stringe, tu balza fuori, fuggi!Va, per te l’ho pregato, – ora la setemi sarà lieve, meno acre la ruggine”.

(Montale, In limine)

UNA MAGLIA ROTTA

Incapacità di comunicare, un ostacolo tra sè stessi e il mondo esterno. Un aiuto dalla letteratura può essere fondamente per superare ogni cosa.

Fonti immagini:1) wikipedia.org;2) nobreathleftinsi-deofme.tumblr.com

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Astrologia e Filosofia

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GIADA PUTIRICon la filosofia mi pongo

le domande, grazie all’astrologia trovo le

risposte.

Nella mitologia indiana il pavone bianco è il simbolo di tutte le anime disperse nel mondo e rappresenta l’origine di ogni cosa. Al di là delle proprie credenze personali, che possono essere più scientifiche e pratiche oppure più religiose o mistiche, da questo interesse di comprendere quando e come è iniziato tutto, è nata in primis la curiosità e successivamente la passione, per l’astrologia e la filosofia.

A scuola si studia l’evoluzione dell’uomo tramite alcune discipline quali storia, scienza, geogra-fia e religione; dopo aver seguito il percorso di formazione scolastica standard che più o meno tutti abbiamo seguito, prima l’astrologia e subi-to dopo la filosofia hanno attirato la mia atten-zione. Inizialmente mi sono avvicinata all’astro-logia con leggerezza, curiosavo tra gli oroscopi, ascoltavo chi ne parlava nei programmi televi-sivi ed infine facevo tante domande a mia mamma, anche lei appassionata di astrologia. Con il tempo, ho comin-ciato ad approfondire la materia, rendendomi con-to che è meno semplice e banale di quanto appare. Permette di comprendere le proprie passioni, i punti di forza e di debolezza, le proprie aspirazioni, tutto ciò su cui dobbiamo lavorare per crescere e migliorare in ogni aspet-to della vita. Ognuno di noi ha un proprio tema natale personale che influisce sul cammino che intraprendiamo.

L’astrologia non necessariamente presuppone il fatto di credere ad un’entità superiore. Chi ne è appassionato può essere credente come no. Tuttavia si basa sul concetto basilare che ognu-no di noi non è semplicemente un essere vivente nel senso più scientifico del termine, bensì un essere umano con un’energia personale che lo anima e che lo spinge in una direzione piuttosto che in un’altra; per questo diventa interessante comprendere la posizione dei pianeti, delle case astrologiche e dei segni zodiacali al momento della propria nascita, in quanto ci permettono di suggerire il perché abbiamo certe caratteristi-che caratteriali e certe tendenze piuttosto che altre.

Leggendo alcuni libri, spesso venivano riportate delle citazioni di filosofi che riprendevano il di-scorso proposto dall’astrologia, ma in una chia-ve di lettura diversa: ossia, qual è il nostro sco-po, perché puntualmente ricadiamo negli stessi

errori e nelle stesse situazioni, ecc. Fino a quel momento ho sempre pensato che la filosofia fosse una disciplina piuttosto noiosa e pesante. Solo grazie alle citazioni lette per caso nei libri, ho rivalutato la materia e così ho cominciato ad interessarmi alle varie filosofie di pensiero. La fi-losofia ad oggi può essere un valido spunto per trarre degli insegnamenti da applicare nella vita quotidiana. I tre filosofi che in assoluto mi emo-zionano di più sono: Socrate, Renato Cartesio e Friedrich Nietzsche.

Socrate, colui che sapeva di non sapere, cercava di trasmettere un importante messaggio: nella vita non si è mai arrivati, ci sarà sempre qualcu-no più preparato di te. Un vero maestro rimane sempre un allievo. Invece l’espressione di Car-tesio: “Cogito ergo sum” ovvero “penso, dunque sono” ci permette di comprendere il potere della

mente; abbiamo il dono di scegliere cosa pensare, quello che pensiamo lo possiamo esternare, dar-gli forma, creare! Un pen-siero ha un suo valore, noi siamo quello che pen-siamo e che facciamo! Mentre Nietzsche, con il suo concetto dell’eterno ritorno, tentò di spiegarci l’importanza del momen-

to presente ed il giusto peso che dobbiamo dare alle nostre azioni in quanto tutto torna. Egli cer-cò di spiegarci questo concetto attraverso l’im-magine del punto di incontro di due sentieri, da una parte un sentiero che va all’indietro e dura un’eternità, cioè è infinitamente lungo; questo sentiero rappresenta il passato. Dall’altra parte troviamo un sentiero ugualmente infinito che va in avanti e rappresenta il futuro. L’incontro dei due sentieri è l’istante presente.Il sentiero che va indietro e che rappresenta il passato tutte le persone lo hanno percorso.Il che vuol dire che il passato abbraccia tutto, non può accadere nulla di nuovo in quanto tutto ciò che poteva avvenire si è già verificato ed è contenuto in esso.Lo stesso vale per il sentiero che va in avanti e che rappresenta il futuro: tutto quello che può succedere, che deve ancora verificarsi, è conte-nuto in esso.In conclusione tutti gli esseri e gli avvenimenti sono doppiamente contenuti sia nel passato sia nel futuro.In questo consiste l’eterno ritorno: tutto è già avvenuto e tutto deve tornare ed accadere, ciò che conta veramente e non trascurare mai il mo-mento presente.

LA PASSIONE PER L’ASTROLOGIA E LA FILOSOFIAComprendere l’origine del tutto e sè stessi grazie allo studio dell’astrologia e ai grandi maestri filosofi.

Fonti di testo:- Beatrice Cullina (a cura di), Nietzsche, Hachette editore, Milano 2015- Beatrice Cullina (a cura di), Socrate, Hachette editore, Milano 2015- Beatrice Cullina (a cura di), Nietzsche, Hachette editore, Milano 2015Beatri-ce Cullina (a cura di), Cartesio, Ha-chette editore, Mila-no 2015

Fonti di immagini:- www.dreamtime.it

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Spriiitz!

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LA CREAZIONE

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L’idea alla base di Spriiitz! è piuttosto semplice: dare voce ai cocktail. Questi bicchieri dai nomi fantasiosi e dai colori vivaci sono da sempre costretti ad assistere ai nostri momenti di tri-stezza, a vivere le nostre serate “epiche” fatte di battute improbabili e tentativi d’approccio im-barazzanti. Per una volta, saremo noi ad ascol-tare i loro racconti.

I bar, incroci di storie e vite diverse, diventano l’habitat ideale nel quale rifugiarsi a fine gior-nata, per chiacchierare delle ultime avventure capitate. I protagonisti di questa striscia a fu-metti sono persone normali, con i propri pregi e i propri difetti, ma con uno sguardo partico-lare sulla realtà che rende il quotidiano specia-le, degno di stupore. Spritz, Mojito e Cocarum sono lì per animare le esistenze, per riempire di bollicine l’ora dell’aperitivo. Rappresentano la parte positiva dell’alcool, quella priva di ec-cessi. E così, se da una parte abbiamo dei co-munissimi bicchieri che continuano a svolgere il proprio ruolo di strumenti per bere, dall’altra ecco i nostri cocktail casinisti, imbranati, pieni di idee e progetti, tra l’altro. Simpatiche creature un po’ invenzione commerciale e un po’ magia: non sono solo macchiette dalla battutina facile, ma caratteri diversi nei quali poter riconoscere qualche nostro amico.

Vicissitudini senza l’ambizione di diventare fi-losofia o critica d’attualità, galleria di cose che si spera possano strappare una risata ma che, magari per sbaglio, possano anche far riflettere di tanto in tanto. Una lettura comunque da vi-vere con spensieratezza, esattamente come un buon bicchiere di spritz.

Questi sono stati fin dall’inizio i presupposti per ciò che progettavamo di fare già da tempo, un progetto partito come un’idea ambiziosa e fol-le, di quelle che si dicono quasi per scherzo una sera qualsiasi in un pub davanti a un boccale di birra, appunto! Eppure siamo riusciti a met-tere giù i primi schizzi su carta. I tratti di ogni cocktail dovevano rispettare le proprie peculiari-tà caratteriali, come anche quelli dei personaggi umani, scegliendo uno stile a metà strada tra i fumetti disneyani e i manga giapponesi. Anche la scelta dell’ambientazione è un po’ borderline, una via di mezzo tra il tipico pub tutto legno e perlinato e il cocktail bar moderno e alla moda. Inoltre ci siamo ispirati anche ai luoghi che fre-quentiamo ogni giorno (magari qualcuno di voi potrà riconoscere la casetta nel parco della pri-ma vignetta!).

Ciò che non può assolutamente mancare sono i colori frizzanti, in linea con ciò che vogliamo trasmettere ai nostri lettori, ovvero semplicità, vivacità e allegria. Il tutto arricchito dalla scelta del nero pieno per le ombre che permettono di far risaltare maggiormente i colori e ci permet-tono di entrare nel mood del locale.

In questa nuova versione della rivista di Post Spritzum diamo quindi inizio alla storia a fumet-ti Spriiitz! che, con l’utilizzo delle strip e degli speciali a pagina intera, speriamo vi strappino una risata. Buona lettura!

Loris ed Elena

SPRIIITZ!La nascita della nuova strip di Post Spritzum!

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Mood Spritz

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Il Mood Spritz nasce da quel-lo che i designer chiamano moodboard, ovvero la “tavo-la dell’umore”. Questa tavola consiste essenzialmente in un collage di immagini che ser-ve a mostrare il concept di un progetto. Allo stesso modo, il Mood Spritz serve a creare un collage che sia coerente con il tema della rivista, in questo caso l’Emozione.

“Non dimentichiamo che le piccole emozioni sono i grandi capitani della nostra vita e che obbediamo a loro senza saperlo”

Vincent Van Gogh

FILM DEL MESE1) I love Radio Rock, di Richard Curtis, 20092) Un sogno per domani, regia di Mimi Leder, 20003) The help, regia di Tate Taylor, 20124) Deadpool, regia di Tim Miller, 20165) Il labirinto del fauno, regia di Guillermo del Toro, 20066) Wonder, regia di Stephen Chbosky, 20177) Woman in gold, regia di Simon Curtis, 20158) The Dressmaker, regia di Jocelyn Moorhouse, 20159) I sogni segreti di Walter Mitty, regia di Ben Stiller, 201310) Il matrimonio del mio migliore amico, regia di P. J. Hogan, 199711) American Beauty, regia di Sam Mendes, 200012) I origins, regia di Mike Cahill, 2014

“Senza emozione, è impossibile trasformare le tenebre in luce e l’apatia in movimento”

Carl Gustav Jung

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PLAYLIST DEL MESE

1) Bohemian Rapsody, Queen, 19752) Gift and Curses, Yellowcard, 20043) Happy, C2C feat. Derek Martin, 20124) Come neve, Giorgia e Marco Mengoni, 20185) Born to be my baby, Bon Jovi, 19886) Torno subito, Max Pezzali, 20077) Unsteady, X Ambassadors, 20158) Wings, Macklemore & Ryan Lewis, 20129) She’s always a woman, Billy Joel, 197710) I’m so free, Lou Reed, 197211) Manzarek, Canova, 201612) Mediterraneo, Pan del Diavolo, 2014

“Una frazione di secondo e un’eternità diventano interscambiabili quando provi emozioni intense.”

Jonathan Coe

LIBRI DEL MESE

1) Storia di una ladra di libri, Markus Zusak, 20052) Mille splendidi soli, Khaled Hosseini, 20073) L’alchimista, Paulo Coelho, 19884) Il piccolo principe, Antoine de Saint- Exupéry, 19435) Il signore delle mosche, William Golding, 19546) Il caso Malausséne, Daniel Pennac, 20177) Il potere nascosto degli ipersensibili, Christel Petitcollin, 20168) Marketing della moda e dei prodotti lifestyle, Romano Cappellari, 20119) Noi siamo infinito. Ragazzo da parete, Stephen Chbosky, 201310) L’incredibile storia di Lavinia, Bianca Pitzorno, 198511) Gente di Dublino, James Joyce, 191412) Un luogo chiamato libertà, Ken Follet, 1995

“Un’idea mediocre ma capace di generare entusiasmo farà più strada di una grande idea incapace di generare emozioni.”

Mary Kay Ash

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After SpritzDUE CHIACCHERE CON...

>> COS’È “AFTER SPRITZ”?

Un momento speciale nel salotto all’aperto degli amici del Chiosco di Rivoli, in compagnia di un grande autore esordiente, una serata in una galleria d’arte e molto altro ancora!

>> PROSSIMI EVENTI?

>> DOVE?

Sempre c/o IL CHIOSCO, Piazza Marinai d’Italia (parco Turati), Rivoli (TO)

Vi aspettiamo numerosi! Sostenete gli autori indipendenti! #SHAKEYOURMIND

VENERDÌ8 GIUGNO 2018

H 21.00

VENERDÌ 6 LUGLIO 2018

H 21.00

DUE CHIACCHERE CON...

CORRADO D’ANGELOautore del libro “47 SECONDI”

DUE CHIACCHERE CON...

STEFANO BARONEautore del libro “I MISTERI DELL’ISOLA DI MALBURY”