quando i comici facevano touchdon

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In questo divertente saggio di Lawrence J. Epstein, l'ascesa e il declino dei team comici americani.

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LAWRENCE J. EPSTEIN

QUANDO I COMICI FACEVANO TOUCHDOWN

Dai Fratelli Marx ai Blues Brothers, l’esilarante epopea dei team comici d’America

lawrence j. epstein

QUanDO i cOMici FaceVanO tOUcHDOwn.Dai Fratelli Marx ai Blues Brothers, l’esilarante epopea dei team comici d’america

traDUZiOne di Marco Bertoli

titOlO Originale:Mixed nutsamerica’s love affair with comedy teams from Burns and allen to Belushi and aykroyd

copyright © lawrence j. epstein, 2004Original publisher publicaffairs™,a member of the perseus Books group.250 west 57th street, new York, nY 10107 Usatutti i diritti riservati

prefazione di Henry Zaffa © Henry Zaffa, 2010tutti i diritti riservati

iMMagini:copyright © getty imagesillustrazione in copertina di jim Hunt tutti i diritti riservaticopyright © sagoma, 2010

largo pontida, 1820059 Vimercate (Mi)tel. +39 039 5967800Fax +39 039 [email protected]

i edizione: maggio 2010isBn 978-88-6506-008-7

Indice

Prefazione Meglio male accompagnati

di Henry Zaffa 9Introduzione 13

Cap. 1 Teatri ammuffiti e sipari antincendio L’ascesa di Burns e Allen 19

Cap. 2 Battute sfrenate e inglese storpiato Nascono le coppie comiche 37

Cap. 3 Un’esplosione di stelle I primi classici team comici 55

Cap. 4 “In questo Paese è permesso avere un solo marito” Le coppie comiche alla radio 77

Cap. 5 La comicità approda sul grande schermo Mr. Laurel e Mr. Hardy 111

Cap. 6 “Ho sparato a un elefante in pigiama” I Fratelli Marx 143

Cap. 7 Via libera all’anarchia Altri team comici degli anni Trenta 159

Cap. 8 “Chi gioca in prima base?” Gianni e Pinotto e gli anni Quaranta 171

Cap. 9 L’avventura delle coppie temporanee Hope e Crosby 197

Cap. 10 Svitati che si fanno onore I Tre Marmittoni 213

Cap. 11 “Il playboy e il putz” Martin e Lewis 231

Cap. 12 “Helloooo, palla”

Gruppi comici degli anni Cinquanta 245

Cap. 13 “Sei sempre stato il preferito della mamma”

Gruppi comici degli anni Sessanta 279

Cap. 14 Le stelle svaniscono Ultimi fuochi: la scomparsa dei team comici 303

Cap. 15 Il ritorno delle star

L’inatteso aldilà e l’eredità immortale

dei team comici 333

indice dei nomi 343le sagome 350

Questo libro è dedicato al mio team:mia moglie Sharon

e i nostri figli Michael, Elana, Rachel e Lisa.

Credetemi, io sono la spalla.

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PREFAZIONEMeglio male accompagnati di Henry Zaffa1

sono alla cassa di un ipermercato, indaffarato alla ricerca del portafoglio quando squilla il cellulare. Dall’altra parte la voce del mio interlocutore arriva stentorea: “ciao, disturbo?” che cosa vuoi rispondere? nemmeno hai capito bene con chi stai parlando! e poi, il vero problema in questo momento è il conto della spesa, che non ti aspettavi così alto, nonché l’impietosa cassiera che con tono da si-sbrighi-che-sta-intralciando chie-de: “contanti o carta?” nel frattempo il misterioso interlocutore – che si rivelerà essere l’editore di sagoma – mi chiede di scrivere la prefazione al bel tomo che ora hai in mano. Un tomo che ti consiglio di tenere ben stretto, perché non è un libro qualsiasi! era ora, infatti, che si proponesse una riflessione stimolante e profonda sulla comicità e che venisse pub-blicato un testo che compie un viaggio esauriente all’interno di questo mondo. Ma soprattutto era ora che lo si facesse in modo divertente: mi sono piaciuti, infatti, l’occhio curioso e appassionato con cui la materia è stata analizzata e la semplicità con cui sono stati ricostruiti i legami tra il mondo dell’entertainment e le dinamiche sociali degli stati Uniti, un paese in continuo fermento. È bello tornare a pensare e rivalutare, oggi che siamo adulti, gli eroi che ci hanno fatto divertire e che abbiamo am-mirato da bambini: ora lo possiamo fare inserendoli nel loro contesto, e scoprendo i retroscena della loro vita.

pensando alla storia della comicità, sia americana che nostrana, forse non è errato concludere che la comicità è una forma d’arte quasi sempre collettiva. probabilmente è una questione di origini, dato che i comici moderni (e per moderni intendo quelli del novecento, eredi di una lunga tradizione) vengono dalle famiglie circensi e, prima ancora, dalle zinga-resche compagnie erranti della commedia dell’arte. Ma se è evidente che stanlio e Ollio insieme ad Hal roach avevano creato un incredibile

1 comico e monologhista milanese, è tra i fondatori del laboratorio di cabaret lo scaldasole.

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team, e che i Fratelli Marx sono una pietra miliare della risata, a ben guardare anche quelli che appaiono come dei solisti esemplari non so-no che l’espressione finale di un processo creativo collettivo. si pensi a charlie chaplin, Harold lloyd o Buster Keaton: anche in questi casi non si può non parlare di team (notare le due negazioni che affermano). i loro collaboratori, infatti, erano sempre gli stessi, ed erano insostituibili: guai a spostare una sola pedina, anche fosse solo un cameraman! charlie chaplin, stanlio e Ollio o i Fratelli Marx rappresentavano un vertice so-stenuto dall’opera di grandi attori caratteristi, “spalle”, autori, “gagghisti”, registi e produttori.

lo stesso può osservarsi in italia, spesso avvertita come il regno dei solisti. i grandi della comicità nostrana, ci tengo a citare polidor – che fu addirittura tra gli ispiratori di un certo chaplin – ettore petrolini, gilber-to govi e totò, lavoravano circondati da team eccezionali e sceglievano spalle all’altezza: govi spesso andava in scena con la moglie, totò cercava validi e duraturi connubi con personaggi del calibro di peppino De Filippo, aldo Fabrizi o Macario. si formavano quindi quelle che l’autore di questo libro definisce “coppie temporanee”, come gli indimenticabili tognazzi e Vianello. in italia sono stati meno numerosi i cosiddetti “team tradizio-nali” ma alcuni, come i Fratelli De rege o, per certi versi, i De Filippo, serbano un posto indelebile nella nostra memoria individuale e collettiva, senza contare la commedia all’italiana, con cochi e renato, la smorfia o i giancattivi, e fino ai team di oggi come aldo, giovanni e giacomo, Ficarra e picone e ale e Franz. la comicità “collettiva” in italia è stata cru-ciale anche nella formazione dei nostri grandi solisti. Qualche esempio? tognazzi senza Vianello e viceversa, Massimo troisi senza i compagni della smorfia, athina cenci, Francesco nuti e alessandro Benvenuti dai giancattivi e renato pozzetto attore di cinema e tV senza cochi.

Mi accorgo che, preso dall’entusiasmo, ho divagato: tornando a questo libro – continua a tenerlo saldamente in mano! – si tratta, come dicevo, di un viaggio appassionante nella storia americana del novecento, vista attraverso quella dei suoi grandi team comici. Beato te che devi ancora godertelo tutto! Quanto a me… torno a pagare la mia spesa.

Henry ZaffaAprile 2010

QUANDO I COMICI FACEVANO TOUCHDOWN

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Quando io e mio fratello eravamo bambini il medico ci fece una puntu-ra che per un po’ ci impedì di alzare le braccia. Doloranti e impauriti, ci trascinammo davanti allo schermo granuloso della tivù accesa. le immagini incerte di Razzi Volanti,1 un film con gianni e pinotto,2 ci fecero ridere tanto che ci dimenticammo completamente del dottore.

Qualche anno dopo mi ritrovai insieme ad altri studenti svogliati in una buia aula di college letteralmente incapace di smettere di ridere da-vanti alle invettive e all’inconfondibile camminata di groucho Marx, all’innocenza angelica di Harpo, sistematicamente sabotata dal suo debole per le belle donne, e agli abusi linguistici di chico.

altri momenti spensierati sono legati a lucille Ball e Vivian Vance alle prese con uno spietato nastro trasportatore traboccante di caramel-le o a stanlio e Ollio che incontrano un gorilla mentre trasportano un pianoforte su un ponticello di corde che attraversa un burrone.

Dalle mie parti non accadeva mai niente del genere!poi, con l’eccezione di poche “rocce” come i tre Marmittoni,3 i team

comici sono spariti tutti. le classiche coppie o i team comici, in cui più persone mettevano insieme le loro vite professionali, travolti dal ciclone culturale degli anni sessanta e settanta, sono finiti relegati nella terra della nostalgia.

nel corso degli anni, ho continuato a divertirmi guardando i film e gli show dei team comici e alcuni anni fa ho deciso di addentrarmi

1 Keep ‘Em Flying, regia di arthur lubin (1941).2 il nome originale del duo è abbott and costello. [n.d.t.]3 il nome originale del trio comico è the three stooges. [n.d.t.]

INTRODUZIONE

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il volume intende seguire un percorso cronologico, ho incluso artisti di ogni generazione e attivi in qualsiasi media.

Un altro importante criterio di selezione è stato il grado di popolari-tà. inizialmente temevo che questo parametro potesse portarmi a non valorizzare coppie che non avevano ricevuto un apprezzamento ade-guato ai loro meriti. tuttavia, con mia grande sorpresa, nel momento in cui mi sono trovato a valutare i vari contributi, sono giunto alla conclusione che la notorietà delle coppie comiche era un criterio equo e, generalmente, un indizio affidabile del loro talento. insomma, i Fratelli Marx, per esempio, erano semplicemente più bravi dei loro contemporanei. allo stesso tempo va detto che alcune delle coppie comiche di successo nel passato, oggi sono dimenticate. Ho cercato di capire le ragioni del loro successo iniziale, spiegare il loro fascino e includerne il maggior numero possibile.

pur essendo consapevole dell’importanza di dare informazioni personali sui singoli componenti, non volevo fare di questo volume una mera raccolta di minibiografie, soprattutto perché esistono già ottimi libri dedicati a questo scopo.

certamente volevo studiare l’essenza dei team, inserire alcune del-le loro gag più famose, raccontare aneddoti sulle loro vite, sul loro lavoro, sull’origine del loro umorismo, ma anche analizzare il loro ruolo nella storia della comicità, le loro influenze e come abbiano a loro volta influenzato le generazioni successive di comici.

Quando ho cominciato a scrivere, mi sono reso conto che la storia dei gruppi comici in america andava ben al di là della semplice storia di uomini e donne molto divertenti. la loro storia ne racchiudeva una più profonda, quella della società americana. l’ho capito nel momento in cui ho spostato i riflettori su di noi, sul pubblico; osser-vando quanto questi artisti ci avessero colpito, mi sono accorto che avevano toccato le nostre corde più intime contribuendo a forgiare la coscienza del pubblico americano. Ho ricercato i motivi del successo di alcuni team e non di altri in date epoche della vita americana, il perché alcuni siano stati delle meteore nello scenario culturale men-tre altri siano tornati alla ribalta a più riprese nell’arco degli anni.

i gruppi da cui ci sentivamo attratti erano uno specchio del nostro sentire e ci chiarivano i nostri stessi sentimenti. in tempi di guerra e

nel mistero: perché sono usciti di scena? Ho raccolto le loro battute e le gag di repertorio e svelato i retroscena meno noti della vita dei loro componenti. Ho scoperto quanto la vera gracie allen fosse diversa dal personaggio che ammaliava e confondeva george Burns; cosa impedì a Dean Martin e jerry lewis di rivolgersi la parola per così tanti anni dopo la rottura, e come gianni e pinotto riuscissero ad alleviare il dolore di un bambino grazie alla loro parlantina fulminea e alla loro comicità fisica.

Ho indagato l’origine e lo sviluppo dei gruppi comici nel tempo, le piccole bagarre quotidiane dietro le quinte, le liti che nascevano dal dover pagare conti e salari, gli scontri di ego gonfiati dalla fama, o le tragedie private, come la morte del figlio di lou costello o il suicidio in una bottega di barbiere di uno dei membri di una coppia molto nota negli anni trenta.

Ho imparato a distinguere i vari tipi di gruppo: quelli legati alla ce-lebrità cinematografica, per esempio, in cui le star si univano soltanto in occasione della produzione di un film, ma che altrimenti seguivano carriere distinte: da Bob Hope e Bing crosby alle coppie del Saturday Night Live, come john Belushi-Dan aykroyd e chris Farley-David spade. Ho scoperto anche gruppi comici come i Monty python.

Questo libro è il risultato delle mie ricerche.all’inizio sono rimasto sbalordito di fronte all’enorme quantità di

team comici e il primo problema è stato trovare un modo per farli stare nei limiti di un solo volume. Ho deciso di lasciar fuori i gruppi che comprendessero membri non umani. per questo non vengono citate le coppie dei cartoni animati, Fred Flinstone e Barney rubble, per esempio, e nemmeno i ventriloqui come i grandi edgar Bergen e charlie Mccarthy. certo, un’opera esaustiva sui gruppi comici dovrebbe includere anche questi immensi talenti e i loro contributi alla storia della comicità.

pur delimitando il campo di lavoro, non ero venuto a capo del pro-blema. il numero dei gruppi era ancora troppo grande: solo quelli del vaudeville, ad esempio, avrebbero potuto riempire un’enciclopedia. in questo libro presento pertanto solo gli artisti che a mio avviso hanno dato un contributo determinante alla storia dei gruppi comici o che hanno una storia particolare oppure materiale insolito. poiché

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clino, ma comprende anche il corso non tracciato della loro vita dopo la morte che si riflette nel moderno genere della situation comedy.

Quella dei gruppi comici è una lunga storia che nasce nel Dicianno-vesimo secolo e, attraverso il Ventesimo, arriva ai giorni nostri. Que-sta storia comincia con un uomo e una donna nell’angusto camerino di uno sfarzoso teatro di vaudeville, pronti a varcare la meravigliosa soglia del successo e della fama.

di stenti, per esempio, c’erano Bob Hope e Bing crosby e gianni e pinotto a sollevare dall’ansia i disperati e gli affamati, coloro che si sentivano vittime di una sorte avversa. gli spettatori sapevano che finché riuscivano a ridere non erano morti dentro. in tutte le fasi della storia americana i comici hanno rappresentato i nostri sentimenti e ci hanno aiutato a sopravvivere alle difficoltà.

la storia delle coppie comiche è come un film della vita emotiva d’america: mio intento è stato di proiettarlo dall’inizio alla fine. Vo-levo capire quali universi emotivi prendevano forma quando, come nel caso di Burns e allen, un membro ci traghettava in un mondo di fantasia, mentre l’altro ci riportava alla realtà.

infine, dopo averne tracciato l’ascesa e il declino, sono giunto alla conclusione che i gruppi comici hanno prosperato quando più senti-vamo il bisogno di sentirci vicini e quando – volenti o nolenti – do-vevamo fare appello al nostro spirito di sacrificio. la loro struttura interna rispecchiò lo spirito cooperativo che sempre animò l’america nei periodi di difficoltà.

l’umorismo dei team è stato fondamentale di fronte a enormi re-sponsabilità, a dolorose insicurezze e paure molto concrete. l’umo-rismo pulito, le frecciatine, i giochi di parole e i frizzi bonari hanno aiutato il pubblico ad accettare i sacrifici e ad andare avanti un giorno dopo l’altro. in quegli anni i gruppi comici hanno rappresentato un barlume di speranza; i loro componenti non erano geni solitari e tor-mentati, come chaplin, ma – di norma, con eccezioni come groucho Marx – dispensatori di umorismo come genere di prima necessità. i comici monologhisti alla ribalta alla fine degli anni cinquanta e ses-santa, invece, erano figli del loro tempo e per questo, diversamente dai gruppi comici, posero molta più enfasi sulla realizzazione e sulla felicità dell’individuo. sotto questo aspetto, la storia dell’ascesa e del declino dei gruppi comici può essere letta come metafora del con-flitto interiore degli americani, lacerati fra responsabilità collettive e aspirazioni personali.

raccontare la storia delle coppie comiche significa quindi percorre-re un sentiero inesplorato per capire cosa significhi essere americani.

la scomparsa delle coppie comiche è poi, come ho scoperto, solo apparente. la loro storia, certo, passa per le origini, l’apogeo e il de-

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1. TEATRI AMMUFFITI E SIPARI ANTINCENDIO

L’ascesa di Burns e Allen~~

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nessuno credeva che avrebbe mai recitato al palace.invece george Burns, tutto in ghingheri, attraversò baldanzosamente

Broadway per recarsi nel miglior teatro di vaudeville, nel tempio delle leggende dello showbusiness. era il 1926 ed era la sua prima appari-zione.

Questo spettacolo era dedicato a sua madre, troppo malata per assiste-re di persona, a suo padre, morto così giovane, a gracie che lo seguiva con trepidazione, agli impresari spietati che l’avevano licenziato e al pubblico che l’aveva dileggiato. e sebbene avesse amato quella vita, con quello spettacolo intendeva anche rifarsi di tutti quegli anni trascorsi a trascinare grandi bauli su e giù dai treni per altoona o Fargo, ad al-loggiare in minuscole stanze d’albergo e a cucinare di nascosto. presto sarebbe entrato a pieno titolo tra i sovrani del mondo dell’entertainment.

il palace, un edificio stretto con decorazioni dorate e cremisi, svettava tra Broadway e la Quarantasettesima. Burns e allen percorsero a grandi falcate il marciapiede di fronte, soprannominato “la spiaggia”, dove gli artisti del vaudeville, o aspiranti tali, si incontravano e si confondevano con gli spettatori estasiati per parlare di battute e sketch, salari e peccati, rischi e gioie della professione.

Oltrepassarono l’insegna del retropalco che diceva: Questo teatro si rivolge a donne, uomini e bambini. La volgarità non sarà tollerata; oltrepassarono la lavagna da cui quella mattina, alla prova generale, avevano appreso il loro rango sulla locandina e superarono il camerino al primo piano riservato agli headliner,1 che non avrebbero dovuto fare le scale o montare sul traballante ascensore d’acciaio che secondo la di-rezione era invece perfetto per gli ultimi arrivati. Burns e allen, infatti, usando quel pericolante congegno raggiunsero il piano superiore e il loro camerino, piccolo e demodé ma pulito. le dimensioni della stan-za non infastidivano Burns. sentiva montare l’adrenalina, l’eccitazione incontrollabile che provava soltanto quando si esibiva.

gracie indossava, come sempre, lunghi guanti per coprire il braccio deturpato. i due si truccarono. ci vollero tre tentativi prima che gracie riuscisse a mettersi il rossetto come desiderava. non si rivolsero parola.

lo show era una matinée del lunedì, la classica prima a cui parte-

1 sono gli artisti di punta, quelli più celebri e che esercitano maggior richiamo sul pubblico. [n.d.r.]

gracie allen (1895-1964) e george Burns (1896-1996) nel George Burns and Gracie Allen Show (1955 circa)

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crimine. Meyer lansky,2 per esempio, era arrivato dalla russia con la famiglia nel 1911 ed era cresciuto anche lui nel lower east side.

Burns cominciò invece a lavorare nel negozio di dolciumi rosen-zweig. tra uno sciroppo di cioccolato e uno di ciliegie, nat can-ticchiava spensieratamente con i suoi due fratelli, un passatempo comune nelle case degli immigrati poveri.

Un giorno lewis Farley, un impiegato delle poste che voleva entrare nel mondo dello spettacolo, entrò nel negoziò e sentì i ragazzi cantare. lì esortò a trovarsi un quarto componente e a formare un gruppo di cui lui sarebbe stato manager. così nacque il peewee Quartet.

Farley li piazzò dove poteva, ovvero agli angoli delle strade. Burns sosteneva che i successi maggiori li ottenevano sul traghetto per staten island, dove le coppiette li pagavano per andare a esibirsi da qualche altra parte. come Burns stesso ebbe modo di osservare: “l’unico modo di evitarci era buttarsi a mare”.

all’età di dieci anni nat Birnbaum aveva già perso una lunga bat-taglia con l’aritmetica, sapeva a stento leggere e scrivere e, per lui, riconoscere le lettere o individuare le parole era una tortura. sapeva di essere più sveglio degli altri bambini, ma faceva fatica a seguire le lezioni. così lasciò perdere la scuola e si unì a un gruppo di ballerini chiamato i Burns Brothers. Burns dichiarò, che sia vero o meno, di aver preso il nome dal Burns Brothers coal Yard, un magazzino di carbone dove era solito rubacchiare.

per tutta la vita Burns ebbe la tendenza a indorare la realtà, darle quella “patina da vaudeville”, come si diceva ai suoi tempi, per ren-derla più spumeggiante e allontanare i ricordi dolorosi.

È probabile che il nome Burns fosse semplicemente l’abbreviazio-ne di Birnbaum; accadeva spesso che gli immigrati, entrando nel mondo dello spettacolo, cambiassero nome. non volevano rovinare la reputazione della loro famiglia: l’idea che gli artisti di vaudeville non conducessero una vita dignitosa né moralmente irreprensibile era allora ampiamente diffusa.

nat Birnbaum, tuttavia, non poté prendere il nome d’arte di nat Burns perché c’era già un altro nat Burns nel vaudeville che non avreb-

2 gangster amico di lucky luciano e di Bugsy siegel. [n.d.t.]

cipavano gli amici e i colleghi per dare il loro sostegno. Burns conosceva jack Benny e archie leach, quel bel giovanotto ingle-se che voleva diventare attore ma che, per il momento, guadagnava cinque dollari a settimana cam-minando sui trampoli a coney island; una maschera sarebbe salita sul palcoscenico per offri-re un mazzo di fiori al termine dello spettacolo.

non li avrebbe delusi.Burns fissava lo specchio e il

suo viso da trentenne ricambia-va lo sguardo.

non era mai stato facile essere george Burns.lui e i suoi otto fratelli e sorelle avevano dormito tutti su un mate-

rasso in una casa popolare al 95 di pitt street, nel lower east side di new York, un quartiere abitato prevalentemente da ebrei. col tempo si aggiunsero alla famiglia altri tre bambini e così si trasferirono in un appartamento più spazioso, composto di tre stanze, al 259 di rivington street. erano tempi di grande e frenetica attività. nel 1903 fu inaugurato il ponte di williamsburgh che univa Brooklyn al resto della città e, nel 1904, la prima linea della metropolitana.

il padre di Burns, louis, lavorava in una macelleria kosher ma i soldi non erano mai abbastanza. Dora, sua moglie, sembrava nutrire d’aria la sua famiglia. la loro difficile situazione finanziaria si fece tragica quando louis, che era solito sedere davanti alla finestra a leggere il suo libro di preghiere, si ammalò e morì di influenza. aveva quarantasette anni e il giovane george, che ancora portava il suo vero nome, nat Birnbaum, ne aveva otto. Deciso a diventare il capofamiglia, il ragazzo avrebbe potuto scegliere la strada del

Broadway, 1926

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la vita di Burns cambiò quando, sul finire dell’autunno del 1923, fu scritturato a Union city, nel new jersey. rena arnold, che pure era in quel cartellone, invitò nel backstage le sue compagne di stanza, Mary Kelly e gracie allen, e raccontò a quest’ultima che george e Billy si stavano separando e che entrambi erano alla ricerca di una partner femminile. arnold esortò caldamente gracie a fare coppia con Billy lorraine e gracie si decise a incontrarlo, ma alla fine si ritrovò a chiacchierare con Burns. i due si videro ancora pochi giorni dopo nella sala prove di un editore musicale.

Dapprima non scattò la scintilla. Burns era sempre ufficialmen-te sposato con Hannah siegel e gracie, appena diciassettenne, era innamorata di Benny ryan, un ballerino e cantante irlandese, alto e bello. ryan sembrava proprio fatto per gracie: anche suo padre, george allen, era un irlandese alto e bello ed era stato cantante e ballerino. solo che lui aveva abbandonato la famiglia, trovando giusto il tempo, prima di andarsene definitivamente, di insegnare i passi della giga irlandese a gracie, che aveva solo cinque anni. la giovane iniziò la sua carriera artistica proprio ballando in occasione di un raduno parrocchiale.

Di gracie sarebbe più tardi divenuta famosa una battuta sulla sua infanzia: “Quando sono nata, tanta è stata la sorpresa che per un anno e mezzo non ho parlato”. la battuta aveva un retrogusto amaro che il pubblico non poteva cogliere: proprio all’età di un anno e mezzo, la piccola gracie si era rovesciata su un braccio e una spalla una pentola d’acqua che bolliva sul fornello, procurandosi delle terribili scottature che le lasciarono cicatrici permanenti. prese l’abitudine di tenere quel braccio coperto, tanto che non esistono foto di gracie a braccia nude.

l’esordio di gracie nel mondo dello spettacolo fu in un quartetto vocale formato con le sorelle. Quando una lasciò, le rimanenti tre si unirono a un’altra troupe, ma i risultati non furono felici. gracie, sco-raggiata, rinunciò e si iscrisse a un corso di stenografia che ben presto prese in odio, non sognando che di tornare al mondo dello spettacolo.

si trovò quindi preparata quando all’orizzonte comparve george Burns, che all’epoca andava in scena ancora con il nome di nat Bir-nbaum. tre settimane dopo essersi conosciuti, il loro primo sketch era

be certamente gradito l’omonimia con un novellino. così nat Birnbaum divenne george. suo fratello izzy aveva scelto quel nome per sé e nat pensò che suonasse proprio bene.

nacque così george Burns, nell’indifferenza più totale del vaude-ville. Dopo averlo scritturato, gli impresari gli spedivano indietro le sue fotografie. era un segnale temuto: la scrittura era stata disdetta. provò a fare di tutto: ballare il tango, pattinare. niente da fare. non lo voleva nessuno o se l’avevano voluto una prima volta, non c’era mai una seconda.

Fu dunque costretto a cambiare spesso il nome d’arte per ingannare gli impresari e farsi ingaggiare di nuovo. Divenne pedro lopez e phil Baxter. recitò per un brevissimo periodo nello show Maurice Valenti e il Suo Cane Miracoloso, ma il cane non era quel prodigio a cui alludeva il titolo. in Flipper e il Suo Amico Burns ebbe a che fare con una foca che si voleva ammaestrata. Malgrado il suo nome fosse il primo in locandina, però, Flipper non s’impegnava molto.

i guadagni bastavano a malapena per mangiare. spesso doveva ac-contentarsi di un surrogato di zuppa di pomodoro fatto versando un po’ di ketchup nell’acqua calda. l’abitudine di aggiungere ketchup un po’ ovunque gli restò per tutta la vita.

tra uno show e l’altro Burns sposò Hannah siegel, sua partner in un numero di danza. a spingerlo, raccontò, fu l’alta probabilità che i genitori della ragazza non le consentissero di andare in tournée per ventisei settimane con uno scapolo. Burns le affibbiò anche il no-me d’arte di Hermosa, come il suo sigaro preferito. successivamente Burns sostenne, esagerando alla sua maniera, che il matrimonio durò quanto la tournée.

subito dopo lavorò con Billy lorraine, con cui imitava i cantanti del momento. il quindicenne Milton Berle li sormontava in locandi-na e pensava, giustamente, che il loro numero fosse senza speranze. Burns, all’epoca già ventisettenne, si ritrovò sposato con una donna che non era più la sua partner in nessun senso, squattrinato, senza prospettive e con un numero scadente, quasi patetico. era pieno di energie e di ambizioni ed era comunque felice, ma sapeva di aver bisogno di qualcos’altro.

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patina di vaudeville), rideva quando gracie gli porgeva la battuta, mentre non rideva affatto quando la battuta la diceva lui. Bastò dunque quella prima esibizione a fargli capire che i ruoli andavano invertiti. già la volta dopo, a sentire Burns, era lui quello che dava la battuta, la spalla, insomma: mentre il comico era diventata gracie.

la verità è che george Burns rinunciò al suo ruolo solo con grande riluttanza. Burns e allen ricevettero due recensioni su Variety l’anno successivo, in aprile e in giugno: entrambi i recensori identificavano in Burns il battutista.

in quel periodo Burns e allen sembrarono destinati allo status di “numero di ripiego”, cioè a fare da tappabuchi quando gli artisti in cartellone non si presentavano perché malati o ubriachi. le prime degli spettacoli nuovi si tenevano di lunedì e di giovedì. in quei giorni george e gracie se ne stavano in albergo in attesa della telefonata che annunciava che qualche numero era stato cancellato. Quindi la coppia saltava sul primo treno per la città dove l’artista o la compagnia avrebbero dovuto esibirsi.

Fu dura per Burns, alla fine, accettare la realtà: gli toccava abdicare al ruolo di comico. gracie faceva ridere; lui no. il pubblico la adorava. adorava la sua voce. adorava i suoi modi schietti. adorava i suoi occhi scintillanti e la sua carnagione di porcellana, la sua figurina elegante e i suoi riccioli.

Una volta presa la decisione, Burns s’impegnò al massimo a definire il ruolo di gracie. sempre sensibilissimo alle reazioni del pubblico, si era accorto che gracie non piaceva quando era sarcastica. Burns apprezzava quella che avrebbe poi chiamato “logica illogica”, cioè ragionamenti che avevano un senso, ma un senso tutto loro. la cosa gli era stata in parte ispirata da sua madre. “Mia madre non sapeva di far ridere. Una volta disse: «so che sto per morire… lo zio Frank verrà al funerale… Mi raccomando che il caffè sia bollente… perché se non è bollente… lui non verrà»”. Burns aveva immaginato per sé e per gracie un numero di corteggiamento, in cui un uomo e una donna discutevano le relazioni fra i sessi e dove gracie avrebbe sfoggiato quel tipo di logica bislacca. Quest’idea andava contro la tradizione del vaudeville. sebbene le coppie miste uomo/donna non mancassero certo, in quasi tutte il ruolo della donna era limitato a quello della

a punto. le prime volte gracie comparve in cartellone come “grace allen”: il vezzeggiativo “gracie” arrivò in seguito, quan-do poliziotti, taxisti e strilloni cominciarono a chiamarla così.

Burns voleva per sé il ruolo di comico, mentre gracie sa-rebbe stata la “donna che par-la” (così era definita la “spalla” in versione femminile). Voleva riscuotere lui le risate, sia pure con battute tolte di peso dai li-bri di barzellette.

l’inedito duo esordì in un tea-tro di Boonton, nel new jersey, sul finire del 1923. Fu una scrit-

tura di un’unica serata per la paga di dieci dollari. secondo una versione della storia, il direttore del teatro volle informarsi sul tipo di sketch. “È un dialogo”, fu la risposta di Burns.

“Ok”, replicò il direttore. “Ma qualunque cosa facciate, poche ciarle”.suo figlio, lì vicino, aggiunse: “se c’è una cosa che papà non sopporta,

sono le ciarle”.Ma Burns non poteva tralasciare le ciarle, erano il cuore del loro

spettacolo: scambi veloci ed esilaranti e non truccature grottesche o buffonate, anche se Burns sapeva quanto fossero importanti i costumi per innescare la risata nel pubblico. Burns indossava abiti nuovi, ma voleva che già a vederli la gente si divertisse. per questo rimboccò l’orlo dei pantaloni e si rialzò la tesa del cappello. Quando i due an-darono in scena, Burns era non solo pronto a parlare, ma a farlo in maniera esilarante.

parlare parlò, con i suoi pantaloni arrotolati, ma esilarante non lo fu proprio.

negli anni a venire si divertiva a raccontare e riraccontare quella serata, tanto da rendere leggendarie quell’esibizione e le sue conse-guenze. il pubblico (così sosteneva, per aggiungere all’aneddoto una

gracie allen tutta infiocchettata a dieci anni

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adesso, quando scriveva, aveva in mente lei. sapeva che personag-gio voleva creare per gracie, e seppe integrarvi brillantemente episodi della loro vita quotidiana, per esempio le abitazioni sovraffollate dei parenti di gracie. Ma, soprattutto, Burns assoldò scrittori esperti per sviluppare il personaggio che diede fama a gracie:

Gracie: tutti i grandi cantanti passano le loro difficoltà. pen-sate a caruso. trent’anni su un’isola deserta con tutti quei cannibali.3

GeorGe: sbagliate uomo.Gracie: no. siete voi l’uomo per me.GeorGe: Ma tutti dicono che come cantante sono finito. estinto.Gracie: non lo siete!

la coppia ebbe presto un grande successo e Burns, che da poco aveva ottenuto il divorzio, poté dichiararsi. stupefatta, gracie ci rise sopra e lo rifiutò categoricamente, ribadendo il suo amore per Benny ryan. poco dopo, i due comici si trovavano a san Francisco, città d’origine di gracie, quando la ragazza fu colta da appendicite. george giurò di aver telegrafato a Benny ryan, che però non si fece mai sentire. gracie si infuriò, ma non per questo accettò di sposare Burns.

a una festa di natale – era il 1925 – gracie diede a Burns un regalo con un biglietto che diceva: “con tutto il mio amore”. Burns, bardato per l’occasione da Babbo natale – abbigliamento fra i meno adatti a uno sfogo di passione – gliene chiese conto e le disse che non avrebbe dovuto usare simili parole con leggerezza. le diede quindi un ulti-matum: sposarlo o sciogliere il duo. subito dopo Babbo natale lasciò precipitosamente la stanza.

più tardi, quella stessa sera, Benny ryan chiamò. gracie parlò con lui e fu lì, al telefono, che decise che era finita. a sua volta chiamò immediatamente Burns per dirgli che era pronta a sposarsi. lo fecero il 7 gennaio del 1926.

la loro ascesa professionale, che fu sancita proprio da questo evento, diventò argomento da rotocalco, roba da sogni a occhi aperti.

3 la battuta si regge su una smaccata pronuncia americana del nome di caruso, che finisce per assomigliare a “crusoe” (robinson). [n.d.t.]

svampita, la cosiddetta “Dumb Dora” (Dora la tonta).

Un tipico sketch, per esempio, era il “Dialogo fra il Maestro di cerimonie e Dora la tonta”, di un attore di vaudeville dall’impro-babile nome di james Madison. cominciava così:

Maestro di ceriMonie: se lavorerà bene questa set-timana, potrei metterla in regola.dora la tonta: Quale re-gola?Maestro di ceriMonie: Vo-glio dire, potrei mettere in regola il rapporto.

dora la tonta: perché, era sregolato?Maestro di ceriMonie: sregolato? che cosa?dora la tonta: il nostro rapporto.Maestro di ceriMonie: noi non abbiamo un rapporto srego-

lato. nella mia indole non alberga la sregolatezza.dora la tonta: Bene! neanch’io sto in albergo.Maestro di ceriMonie: lei mi sfotte?dora la tonta: Mi… che cosa le faccio io?Maestro di ceriMonie: sfotte!dora la tonta: non qui, ci vedono tutti.

essenzialmente, il numero consisteva di un’unica trovata nata dal sus-seguirsi dei qui pro quo. Burns sapeva che il pubblico si aspettava di più da gracie, perché le era affezionato. Fu così che le conferì la mercuriale genialità della logica illogica di sua madre. creò un nuovo genere di spalla femminile, una donna che, almeno all’interno di un mondo tutto suo, non era per nulla tonta. in un sol colpo, Burns assegnò a gracie la battuta finale e la profondità, e sovvertì radicalmente la tradizione del vaudeville.

Un george Burns pensieroso

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Gracie: la scuola mi paga venticinque dollari al mese per mantenere il segreto.

GeorGe: tu e la tua famiglia, vivete tutti insieme?Gracie: certo! Mio padre, mio fratello, mio zio, mio cugino e

mio nipote dormono tutti nello stesso letto e…GeorGe: lo stesso letto? e come mai tuo nonno non sta con

loro? Gracie: Beh, prima c’era anche lui, ma poi è morto. così l’han-

no fatto alzare.

Dopo lo sketch, le luci in teatro si abbassarono e un riflettore illu-minò gracie che incominciò a cantare. Verso la fine della canzone la musica accelerò e gracie si lanciò nella sua giga irlandese.

tornarono le luci in sala. Burns era accanto a gracie e l’applaudi-va insieme al pubblico mentre lei faceva l’inchino. continuarono a scambiarsi battute a raffica per qualche minuto e nella parte finale dello spettacolo fecero ciò che nessuna coppia aveva mai fatto prima: ballarono, ma con george che interruppe per ben quattro volte la mu-sica per pronunciare alcune battute, riprendendo poi subito a ballare. Uscirono di scena a passo di danza.

Dietro le quinte, Burns e allen erano al settimo cielo. si sentivano ancora gli applausi scroscianti. tutti i loro amici si precipitarono a congratularsi, compreso archie leach che avrebbe in seguito cambia-to nome in cary grant. non passò molto tempo prima che il palace li ingaggiasse nuovamente, ma stavolta come headliner.

Burns non avrebbe più avuto un momento così in tutta la sua carrie-ra. Dopo aver tanto spasimato, sofferto e sperato, con questa esibizione la coppia varcò i cancelli del paradiso dello spettacolo.

gracie non andava matta per quell’ambiente e fuori scena non par-lava mai di lavoro. george, invece, viveva per le pagliette, per i teatri ammuffiti e i sipari antincendio del vaudeville. lo showbusiness per lui era come l’aria. era lì che aveva riposto tutte le sue speranze, ogni volta imparava qualcosa in più su come navigarne il mare periglioso, e non sprecò mai una sola occasione per parlare del suo futuro.

Burns e allen finirono col diventare i più grandi comici di vaudevil-le e Burns attribuì sempre alla sua partner il merito del loro successo.

a sole sei settimane dal matrimonio andavano in scena al pa-lace. Burns e allen aspettavano dietro le quinte che cambiassero la scenografia. Quando attaccò la loro canzone, “the love nest”, Burns raggiunse gracie e la prese per mano mentre il riflettore li seguiva. entrambi sorrisero e raggiunsero con disinvoltura il palcoscenico.

gracie si fermò, si voltò e salutò con la mano. lasciò la presa di george e fece per riguadagnare le quinte continuando a salutare. Quindi si fermò e con un cenno invitò qualcuno dal retropalco a uscire allo scoperto. era un uomo che abbracciò gracie e la baciò, lei gli restituì il bacio, si salutarono e l’uomo uscì rapidamente di scena. gracie raggiunse george al centro della scena.

Gracie: chi era quello?GeorGe: non lo conosci?Gracie: no. Mia madre mi ha insegnato a non parlare con

gli estranei.GeorGe: Ora è tutto chiaro. Gracie: Mi capita sempre. Mentre venivo qui, un uomo

mi ha fermata all’entrata del palco e mi ha detto: “ehi, bellezza, ti andrebbe di mettere una cosa sotto i denti, stasera dopo lo spettacolo?”

GeorGe: e tu cos’hai risposto?Gracie: gli ho detto: “Dopo lo show avrò da fare, ma ora

sono libera”. così gli ho dato un morso.GeorGe: gracie, posso chiederti una cosa? per caso da pic-

cola la balia ti ha fatto cadere e hai picchiato la testa?Gracie: no, non potevamo permetterci una balia. lo ha

dovuto fare mia madre.GeorGe: in gamba, tua madre. Gracie: eh sì, è di famiglia. Quando andavo a scuola ero

così in gamba che il mio insegnante è rimasto nella mia classe per cinque anni.

GeorGe: gracie, che scuola hai frequentato?Gracie: non posso dirlo. GeorGe: e perché no?

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gracie si fece amare dal pubblico per la sua risata, per la sua voce esile, acuta (che non era affatto la sua vera voce), per la sua bellezza condensata in quei riccioli neri e in quelle labbra rosse e voluttuose, per la sua dolcezza e per quel suo modo un po’ strampalato ma sincero di vedere il mondo. si vestiva bene. aveva l’aspetto di una ragazza attraente ma con le qualità migliori di una bimba. Diversamente da molte altre interpreti, come ad esempio Fanny Brice, non aveva niente del clown, non faceva smorfie e non faceva battute a doppio senso.

gracie non era una minaccia per il pubblico. i suoi fan non volevano essere come lei, ma speravano che lei realizzasse i suoi desideri più intimi. in un certo senso volevano proteggerla. Burns doveva andare in sala prima di ogni spettacolo per controllare che non ci fossero spifferi. non voleva che le arrivasse in viso il fumo del suo sigaro. sapeva che il pubblico non glielo avrebbe perdonato.

gracie piaceva tanto agli uomini quanto alle donne. gli uomini la adoravano perché era carina e corrispondeva allo stereotipo dell’epo-ca, secondo cui donne e logica non vanno d’accordo. le donne, di conseguenza, avrebbero potuto risentirsi per le sue esibizioni e invece, nonostante tutto, l’ammiravano. a sentir lei, questo successo dipen-deva dal fatto che non ne erano gelose, ma la sua attrattiva risiedeva anche nella sua dignità, nel senso che anche la logica femminile più derisa aveva, in realtà, un suo significato. il suo personaggio poteva essere inteso e apprezzato come un’arguta parodia della visione che gli uomini hanno della maniera di ragionare delle donne.

gracie incarnava alla perfezione un modello di donna combattuta tra la moralità vittoriana e le usanze moderne. in quel periodo le donne godevano di una libertà molto limitata: non potevano fumare in pubblico, per esempio. l’esibizione di belle donne nel vaudeville costituiva una piacevole novità. il rigido corsetto della morale ame-ricana veniva slacciato dagli sfrontati artisti del vaudeville, che pro-pugnavano, in maniera discreta ma netta, una moralità che accettava l’attrazione istintiva e le azioni impulsive. Molte donne, però, erano disorientate da questi cambiamenti. sebbene eccitate dal nuovo, esige-vano rispetto. non deve sorprendere che un personaggio affascinante, confuso, ma che riscuoteva rispetto stimolasse un simile interesse nel pubblico femminile.

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