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Portraits of Success 2010 Internazionali, creativi, innovatori: Bocconiani all’opera

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Portraits of Success 2010

Internazionali, creativi, innovatori: Bocconiani all’opera

Indice* Per Vikram il piatto ride 3 di Tomaso Eridani Una blogger al Mba 5 di Tomaso Eridani Tomer Broude, un israeliano sul Naviglio Grande 7 di Fabio Todesco Thanos, un imprenditore seriale in cattedra 9 di Fabio Todesco Giancarlo, un vulcano seriale all’Emit 11 di Fabio Todesco Un’orchestra per Marco 13 di Davide Ripamonti Il Cile ferito di Edoardo Moruzzi 15 di Davide Ripamonti Tanja, Massimiliano e Alberto, tutto in 24 ore 17 di Fabio Todesco Due bocconiani dietro il Capello Index 19 di Fabio Todesco ______________________________________ * Portraits of Success è una selezione di articoli precedentemente pubblicati su Bocconi Newsletter, e consultabili online su ViaSarfatti25, il quotidiano della Bocconi, all’indirizzo www.viasarfatti25.unibocconi.it.

Un 'governo' bocconiano a Vancouver 21 di Tomaso Eridani Una Mela d'oro in Bocconi 23 di Susanna Della Vedova Fabio, un giurista dietro il palco della Scala 25 di Fabio Todesco Andrea e Barbara, in Bangladesh con un'Idea 27 di Andrea Celauro I dubbi di Elena 29 di Davide Ripamonti Cuocolo: sul web con Il Ricostituente 31 di Davide Ripamonti La mia Africa 33 di Tomaso Eridani

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Per Vikram il piatto ride di Tomaso Eridani

Vikram Kandula, 27 anni, studente indiano del Master of Science in International Management della Bocconi, produce una linea di piatti ecologici utilizzando foglie di palma. Per il 2010 prevede di venderne un milione e mezzo di pezzi, anche grazie a quello che impara in aula...

Creare un’attività redditizia con un prodotto bello che si produce in modo sostenibile e si usa in modo responsabile. Con tanti buoni propositi in mente Vikram Kandula, 27enne studente indiano alla Bocconi, ha fondato la sua Hampi Products che, facendo tesoro di una pratica dell’India rurale, riesce a produrre piatti usa e getta per il catering con un bel design e con un bassissimo impatto ambientale. Dopo la laurea in ingegneria a Delhi, a 24 anni Vikram mostrava già i premi segnali del suo spirito imprenditoriale con l’apertura di una sua attività di produzione di abbigliamento. L’attività andava bene ma Vikram intuì che aveva bisogno di aquisire altre competenze per sviluppare al meglio le sue idee. “Avevo bisogno di competenze in business e sapevo che la Bocconi ha una buona reputazione per l’apprendimento di un’ampia gamma di skill in management”, spiega Vikram. “E poi mi piaceva l’idea di vivere qualche anno in Italia e assaporare la sua cultura”. Ma mentre ragiona su un suo approdo in Bocconi Vikram ha anche già in mente la sua prossima iniziativa. La lampadina si era accesa quando con un suo amico olandese, Frederic Sanders, conosciuto a Bombay mentre quest’ultimo svolgeva uno stage nel Sustainability department di Abn Amro, andò a un matrimonio in una zona rurale dell’India ed entrambi furono colpiti dai piatti usa e getta usati per servire il pranzo agli oltre 1.000 invitati. “Usavano dei piatti con le foglie di una palma locale. Le foglie cadono in modo naturale tutto l’anno e i piatti sono fatti da produttori locali e senza prodotti chimici e tossine - perciò la produzione è sostenibile e responsabile”, racconta Vikram. “Sono perfettamente ecologici e biodegradabili. Tutti fattori che oggi piacciono al mercato. Era solo necessario raffinare il design di questi piatti e ragionare su come produrli su scala più grande”.

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Vikram e Frederic si mettono al lavoro, in collaborazione anche con i produttori locali, e dopo qualche mese hanno messo a punto una linea di prodotti e sono pronti per tentare l’esportazione. L’estate è alle porte e decidono di provare a venderli ai club balneari nella località di Bloemendaal sulla costa olandese. Riscontrano un buon interesse e il quinto proprietario a cui parlano ne chiede subito 5.000 e l’attività prende il via. “Frederic ha il senso dell’estetica e delle sensazioni, Io quello del business e dei costi. Abbiamo molte discussioni ma c’è un buon equilibrio tra le nostre competenze”, racconta Vikram. A settembre, intanto, con in bagaglio un Merit Award (le borse di studio della Bocconi per studenti internazionali assegnati sulla base di criteri di merito accademico), Vikram arriva a Milano per iniziare il suo Master of science in International Management. L’intenso lavoro di aula va comunque stretto a uno come Vikram che continua a lavorare al progetto dei piatti ecologici. Un designer olandese allarga la gamma e i produttori in India, che lavoravano in maniera artigianale, vengono addestrati con nuove tecnologie e processi. Con Frederic che ci lavora a tempo pieno e Vikram che ci dedica una settimana al mese, il duo riesce a firmare accordi con alcuni distributori in Francia per l’industria del catering e a prendere contatti con altri in Italia. Le stime per le vendite nel 2010? Un milione e mezzo di piatti. Un impegno che richiede la costruzione di una fabbrica nel sud dell’India per adeguare la loro produzione di piatti alla richiesta. “Portare avanti quest’attività in parallelo ai miei studi è un bell’impegno ma avere una mia attività è sempre stato il mio sogno”, spiega Vikram. “E quello che imparo in aula, il marketing per esempio, lo applico in tempo reale e docenti come i professori Markus Venzin e Robert Grant mi hanno aiutato molto con i loro consigli”..

Da Bocconi Newsletter no. 81/2010

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Una blogger al Mba di Tomaso Eridani

L'Mba della SDA Bocconi visto da dietro le quinte, attraverso il blog di una studentessa. La turca Seda Saracer racconta la sua avventura milanese in un diario online ospitato sulle pagine del sito Internet del Financial Times. E, un post dopo l’altro, ne descrive tutti i retroscena...

Seda Saracer ha scelto l’Mba della Sda Bocconi anche per il suo ambiente internazionale ma come se non bastassero i compagni di banco da 31 paesi diversi ora si ritrova anche con 12 compagni blogger sparsi in tutto il mondo, tutti autori di un diario online della loro esperienza sulle pagine di business education del sito del Financial Times. Nata a Istanbul nel 1984, Seda si è laureata in commercio internazionale e ha poi lavorato per tre anni nel marketing di una multinazionale nel settore delle vernici. Un periodo durante il quale ha preso coscienza del bisogno di una svolta nel proprio percorso. “Scelsi un Mba perché all’università avevo imparato semplicemente leggendo libri ma ora volevo acquisire nuove competenze in business insieme a persone con esperienza lavorative, con cui confrontarsi e da cui potere anche apprendere,” spiega Seda. “E scelsi la Sda perché ha un’ottima reputazione e offre una specializzazione in marketing che mi interessava.” Poco prima di iniziare il programma, a ottobre, tramite la Sda arriva la proposta di tenere un blog sul sito del Financial Times. Il carattere aperto e curioso di Seda la spinge ad accettare e così si ritrova con altri otto blogger, tra cui un kenyano che studia a Insead, un’indiana a Chicago e un’americana a Cambridge. “Avevo una certa dimestichezza con Facebook e Twitter ma non mi ritenevo certa una potenziale blogger. Ma mi incuriosiva la proposta e ora ci ho preso gusto!,” racconta Seda. “Sono partita con lo scopo di offrire una visione reale di ciò che vuole dire seguire un Mba. Spesso, infatti, si trova solo informazione istituzionale sugli Mba mentre io voglio descrivere un vero dietro le quinte, personalizzando il racconto il più possibile.”

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Nei vari post (in media due alla settimana) Seda ha discusso, infatti, dell’intensità del programma, dell’importanza del networking e delle prospettive di lavoro a fine corso ma anche dei momenti di svago degli studenti come le feste o i tornei di calcio. “All’inizio è stato uno sforzo duro anche perché cercavo di pianificare i post. Ora riesco a essere più spontanea nella scrittura, viene più facile ed è quasi una pausa rilassante dalla frenesia del corso,” dice Seda. Tra corso, blog e club (Seda e membra del Marketing Club e del Women in Business Club del Mba Sda), gli impegni di Seda la trattengono dalla sua grande passione, la pittura a olio, a cui non riesce più a dedicarsi. E così per ora le resta il sogno di trovare il tempo per dipingere il Duomo di Milano.

Da Bocconi Newsletter no. 82/2010

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Tomer Broude, un israeliano sul Naviglio Grande di Fabio Todesco

Tomer Broude, della Hebrew University di Gerusalemme, ha tenuto per un semestre il corso di International Law in Bocconi e si è allenato sul Naviglio Grande per partecipare alla maratona di Venezia. Perché la corsa, spiega Broude, insegna a mantenere obiettivi di lungo periodo.

Milano per insegnare e Venezia per correre. Grazie alla presenza di Tomer Broude, visiting professor di 40 anni proveniente dalla Hebrew University di Gerusalemme, gli studenti del secondo anno di giurisprudenza della Bocconi, nel semestre appena concluso, hanno seguito per la prima volta un insegnamento obbligatorio completamente in inglese: quello di international law. Broude ha approfittato del periodo lontano da casa per allenarsi lungo il Naviglio Grande e partecipare, il 25 ottobre, a una delle più affascinanti e dure maratone italiane, quella di Venezia. Una delle maggiori aree di interesse scientifico di Broude è il Wto (World Trade Organization), del cui tribunale Giorgio Sacerdoti, ordinario di diritto internazionale alla Bocconi, è stato giudice europeo per otto anni, fino a novembre 2009. È stato dunque naturale per Broude pensare alla Bocconi per l’ultimo semestre del suo anno e mezzo di sabbatico, passato, in parte, anche alla Georgetown University di Washington. “In un primo momento ho trovato gli studenti un po’ intimiditi, forse per la nuova esperienza dell’interazione in inglese, forse perché abituati a lezioni più tradizionali delle mie”, spiega Broude tirando le somme della sua esperienza milanese. “Con il tempo, però, si sono sciolti e, grazie anche al buon livello del loro inglese, si sono dimostrati davvero bravi. Li ho trovati anche molto competitivi, il che, da un lato, è certamente positivo, ma a volte rischia di far perdere di vista il vero obiettivo dello studio, che non è il voto ma la conoscenza”. Un’esperienza particolarmente interessante per docente e studenti, nell’ambito del corso, è stato un moot, la simulazione di un processo davanti a una corte internazionale, basato su un caso ipotetico. La maratona, secondo Broude, può essere un antidoto alla visione di breve periodo. “Sia nell’allenamento, che deve seguire un programma, sia nella corsa, che deve seguire ritmi prestabiliti, la maratona si pone solo obiettivi di lungo periodo”.

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Broude ha ricominciato a correre da un paio d’anni, dopo una lunga interruzione. “Ho cominciato a correre da ragazzo e durante il servizio militare”, racconta, “e per me è diventato uno stile di vita, qualcosa che il fisico finisce per richiedere, e che aiuta a mantenersi in forma e in salute. La maratona, coi suoi 42,195 chilometri, invece, è stata una sfida extraprofessionale che, a un certo punto, viene voglia di affrontare. Ho scelto quella di Venezia perché la ritenevo suggestiva e ho cominciato ad allenarmi a Toronto, in Canada, e non ho smesso neppure durante le trasferte di lavoro negli Stati Uniti e in Finlandia”. Durante il semestre, Broude ha corso anche due mezze maratone, a Monza e Sanremo, e ha scoperto un mondo del podismo diverso da quello che aveva vissuto in Israele o negli Stati Uniti. “In Italia”, spiega, “ho visto molti gruppi con le loro divise sociali, gente che corre in squadra, mentre all’estero la corsa ha una dimensione più individualistica”. Vale l’inverso, invece, per la vita universitaria. Negli Stati Uniti e in Israele le attività strutturate che coinvolgono l’intero corpo docente di una disciplina sono più frequenti, con vantaggi anche per la vita sociale.

Da Bocconi Newsletter no. 83/2010

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Thanos, un imprenditore seriale in cattedra di Fabio Todesco

Un blog della Harvard Business School lo ha definito “serial entrepreneur”: è Thanos Papadimitriou, ateniese di 39 anni, docente SDA di operations and technology management, con vent’anni di esperienza imprenditoriale nella radio, ricerche di mercato, web semantico e musica.

Per relazionarsi con i top manager internazionali che partecipano al Sep, il Senior executive program della Sda Bocconi di cui è coordinatore, “devi avere esperienza d’impresa”, affermaThanos Papadimitriou, ateniese di 39 anni, docente Sda di operations and technology management. E a lui l’esperienza non manca: Conversation starter, un blog della Harvard business school, in calce al suo post Are you the bottleneck in your organization? lo definisce un “serial entrepreneur”, un imprenditore seriale. “Ho avuto la fortuna di essere tra i primi, in Grecia, ad avvicinare il mondo dei computer e dell’elettronica”, dice. Così a 17 anni, con alcuni amici, ha aperto una radio libera, in anni in cui soltanto quella statale era legale. “I giovani greci stavano seguendo l’esempio italiano di qualche anno prima”, spiega Thanos, “e la nostra radio, per un certo periodo, è stata quella più ascoltata di Atene”. La radio non raccoglieva pubblicità e l’iniziativa non è mai diventata un business, “ma molti dei miei compagni, oggi, sono rimasti in quel mondo e sono tra i dj più popolari della Grecia”. Papadimitriou ha lasciato subito dopo l’Europa per studiare computer science al Mit e all’Ucla e il suo primo lavoro è stato da consulente in uno spin-off del Mit, Cambridge technology partners (Ctp). “Ci sono rimasto quattro anni, durante i quali la società è passata da 400 a 5.000 persone. Era un momento di grande fermento: gli Stati Uniti erano usciti dalla crisi dei primi anni ’90, dovuta alla fine della Guerra fredda, e industrie come l’aerospaziale erano sostituite da quelle tecnologiche. Dal mio punto di vista, dovendo introdurre sistemi di It nelle imprese, dovevo analizzarne i processi in ogni dettaglio e l’approccio basato sui processi si è poi rivelato utile in molte altre fasi della mia vita professionale”. Papadimitriou ha lasciato la Ctp quando ha ritenuto non ci fossero spazi di crescita professionale nel breve periodo (“ero troppo giovane per il gradino successivo”) e ha intrapreso un PhD in management alla Ucla. “Ma mi mancava l’attività precedente e così, con due amici, ho fondato Alpha Detail, una società di

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ricerche di mercato nel settore farmaceutico che analizza il comportamento dei medici. Siamo partiti con una presentazione in PowerPoint, grazie alla quale abbiamo raccolto un milione di dollari dai nostri ex datori di lavori e abbiamo aperto nel febbraio 2001”. Quando le cose sembravano bene avviate, con alcuni progetti e contatti promettenti per la start-up, l’economia americana ha subito lo shock dell’11 settembre e, per alcuni mesi, tutto si è fermato. “A novembre e dicembre non siamo stati in grado di pagarci i nostri salari”, ricorda Papadimitriou, “ma abbiamo scommesso sul nostro futuro e ha funzionato. Con il tempo, la società è arrivata a fatturare 14 milioni di dollari l’anno, ma io ho abbandonato ogni ruolo operativo per finire il mio PhD”. Un effetto accademico di questa esperienza imprenditoriale è stato un paper accettato alla prestigiosa Vldb (Very large data base) Conference del 2000. La metodologia statistica sviluppata per Alpha Detail è anche alla base di un altro articolo, scritto con Valeria Belvedere e Alberto Grando, di prossima pubblicazione sull’International journal of production research. Alla fine del PhD, nel 2003, Thanos viene messo in contatto con due giovani della scuola di engineering dell’Università, con specializzazioni in natural languages processes e computer science e una grandissima idea in testa: quella di superare Google con un motore di ricerca semantico, in grado cioè di capire a fondo una ricerca e fornirle solo risposte davvero rilevanti. “Ho fatto loro da advisor per la nascita di Infocious. Ma l’eccellenza tecnica non basta. Google ormai era talmente consolidata da non potere essere scalzata, e allora abbiamo modificato il progetto creando Lingospot, un servizio rivolto a chi gestisce siti web o gruppi di siti di informazione per aumentare il numero delle pagine visitate e gli introiti pubblicitari”. In pratica, grazie al motore di ricerca semantico, il testo pubblicato viene interpretato e le parole più importanti sono automaticamente linkate ad altri testi del sito o del proprio gruppo di siti che trattano temi analoghi, mentre gli annunci pubblicitari basati su keyword sono analizzati e ripresentati in un ordine che ne rispetti l’effettiva rilevanza rispetto al testo. Nel 2004 Papadimitriou è tornato in Europa continuando a percorrere il doppio binario accademico – come Sda professor presso la Operations and technology managemet unit della Sda Bocconi - e imprenditoriale, “anche se qui, devo ammettere, avviare un’impresa è molto più difficile, sia per una maggiore avversione al rischio, sia per l’assenza di un mercato efficiente del venture capital”. Stabilitosi a Milano, dove insegna sia alla Sda che all’Università corsi di operations, innovation management e entrepreneurship, con altre due persone ha fondato mBryo, una sorta di incubatore con sede a New York che aiuta a sviluppare idee imprenditoriali e a scrivere buoni business plan, al quale collabora a distanza, e gestisce un gustoso blog sull’imprenditorialità, Chefs not bakers. In Grecia lo troviamo coinvolto in M2C Media, una società che gestisce la trasmissione di musica e messaggi pubblicitari negli spazi della grande distribuzione, e che ha raggiunto una quota di mercato del 25%, nonché in InHouseMusic, società di produzione musicale che crea sia jingle pubblicitari, sia brani commerciali (si può cercare Sundayman su Youtube per farsi un’idea del genere). “Non si può sfuggire al proprio passato”, dice oggi, commentando questo ritorno alla radio, anche se in una forma tecnologicamente più avanzata.

Da Bocconi Newsletter no. 84/2010

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Giancarlo, un vulcano seriale all’Emit di Fabio Todesco

Lasciare un commento agli amici davanti a un negozio, o ricevere un sms se sta passando la possibile anima gemella: Giancarlo Garibaldi, studente Bocconi del biennio in Economics and management of innovation and technology, sta sviluppando delle applicazioni per smartphone che...

In futuro Giancarlo Garibaldi, studente del secondo anno dell’Emit, il biennio in Economics and management of innovation and technology, potrà diventare un imprenditore seriale. Per ora è sicuramente un vulcano seriale, iperattivo nella generazione di idee imprenditoriali, alcune delle quali già in fase di sperimentazione. L’idea di Post-Here è nata all’Emit, nell’ambito di un’iniziativa intercorso che prevede la stesura di un business plan e la sua presentazione a un gruppo di docenti e business angel. “Combinando messaggistica e geo-localizzazione, Post-Here vuole essere un’applicazione per smartphone che permetta agli utenti lo scambio di messaggi geo-vincolati”, spiega lo studente, che ha generato l’idea con il compagno di corso Gabriele Rodriguez. “Si può pensare che i partecipanti a una community lascino i loro commenti davanti ai negozi, per esempio, o che qualcuno lasci a un collega le istruzioni su che cosa fare quando giunge in un determinato luogo”. Laureato triennale in ingegneria dell’automazione, Giancarlo ha sempre avuto aspirazioni imprenditoriali e cercava un biennio meno tecnico di quelli di ingegneria. Ha scelto l’Emit dopo avere assistito a una presentazione di orientamento della Bocconi riservata agli ingegneri. Garibaldi ha idee chiare sulla fattibilità tecnica e imprenditoriale di Post-Here anche perché un suo progetto è a una fase più avanzata di sviluppo. MatchMe, altra applicazione per smartphone, vuole riavvicinare la vita reale e i social network. “I partecipanti alla community”, dice Garibaldi, “tracceranno il profilo proprio e delle persone che vorrebbero incontrare. Quando due persone con profilo compatibile si trovano nel raggio di qualche metro, l’applicazione se ne accorge, avvisando i due della vicinanza reciproca”. A differenza dei siti di incontri, il match non dovrebbe riguardare solo caratteristiche sentimentali, ma ogni genere di interesse condiviso. In questo come nel caso di Post-Here, anche se secondo modalità diverse, i business dovrebbero reggersi grazie agli introiti pubblicitari e alla vendita di versioni premium con funzionalità avanzate.

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Nata un paio di anni fa, quando Garibaldi studiava ancora ingegneria, l’idea di MatchMe ha già vissuto un’evoluzione importante. In un primo tempo il match non doveva essere segnalato dagli smartphone, ma da “Abbraccialetti” (un marchio che lo studente ha registrato) costruiti appositamente. “Poi ci siamo resi conto che, da una parte, avviare la produzione fisica degli abbraccialetti comportava costi e rischi molto alti e, dall’altra, che gli smartphone si stavano affermando”. In questo caso Garibaldi parla al plurale perché collaborano con lui altri tre studenti di ingegneria e due advisor: un manager del settore telefonico e uno specialista di ricerche di mercato. Lo studente calcola di avere a disposizione una versione beta per i primi test di mercato entro l’estate. La passione di Giancarlo per l’imprenditoria risale a ben prima dell’università. “Alle elementari”, racconta, “ero molto sovrappeso e i miei genitori non mi davano soldi per focacce e merendine, mentre mio padre aveva la casa piena di cancelleria, che gli veniva regalata per questioni di lavoro. Be’, io mi mettevo in tasca un po’ di penne e matite, che poi vendevo ai miei compagni per potermi comprare quello che mi piaceva”. Al liceo ha organizzato, traendone piccoli profitti, settimane bianche e feste d’istituto. Le idee, dunque, non sono destinate a rimanere tali. All’ultima sta lavorando in questi giorni, in Germania. Tramite il network Erasmus for young entrepreneurs ha contattato un imprenditore tedesco attivo nella personalizzazione di alcuni oggetti diffusissimi nella vita d’azienda, in modo da valorizzare il valore dei brand delle imprese che li utilizzano. Garibaldi ha così deciso di svolgere nell’impresa tedesca i tre mesi di stage curriculare, attivandosi con gli uffici Bocconi per la parte burocratica. “In questi mesi, gli farò da assistente per vedere come l’imprenditore si muove nel concreto. Se ce ne saranno le condizioni potrò diventare il referente italiano, importando il suo business”.

Da Bocconi Newsletter no. 85/2010

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Un’orchestra per Marco di Davide Ripamonti

Marco Budano, 20 anni, iscritto al corso di laurea in Giurisprudenza in Bocconi, è un affermato violoncellista, prossimo al diploma di Conservatorio. Tra un esame universitario e un concerto, ha un grandissimo sogno: fondare un'orchestra di musica classica in Bocconi.

A poco più di sei anni ha dovuto prendere la prima decisione importante della sua vita. Marco Budano, avviato dai genitori allo studio della musica classica, dopo aver ascoltato un cd ha infatti deciso che il violoncello sarebbe stato il suo strumento. E mai decisione, nonostante la giovane età, si è rivelata più assennata. Marco, 20 anni, iscritto in Bocconi al corso di laurea in giurisprudenza, è infatti un giovane e affermato violoncellista, prossimo al diploma del Conservatorio che conseguirà a settembre. “Sono anche al quarto anno di composizione”, dice Marco, l’aspetto maturo di chi sul palco è abituato a governare le proprie emozioni, “e faccio parte di un quartetto, il Quartetto Aurora, con il quale abbiamo vinto vari concorsi in Germania (Marco ha frequentato la scuola tedesca) e in Francia”. Il violoncello è per Marco un lavoro, oltreché una passione, per ora poco remunerativo ma che comporta grande impegno soprattutto se, nel contempo, si deve portare avanti anche la carriera universitaria: “Studio musica tre ore al giorno, poi c’è l’università. Faccio anche tre, quattro concerti al mese, con la speranza, una volta conseguito il diploma, di entrare in una grande orchestra; è questo il passo decisivo che può dare impulso alla mia carriera”. Vita sociale ridotta ai minimi termini, spiega sorridendo Marco, ma non si tratta di una rinuncia, la musica è il suo destino fin da piccolo, “anche se”, confessa, “quando ho iniziato le scuole superiori ho avuto per un attimo la tentazione di smettere. Troppi gli impegni, le richieste di ogni tipo che incominciano ad arrivare a quell’età. Ho vissuto una piccola crisi”. Superata, però, con la consapevolezza di avere un futuro. E, nel contempo, la scelta di frequentare la Bocconi “per avere un’alternativa sicura nel caso la carriera musicale non dovesse decollare”. La passione di Marco per la musica è però tale che ha deciso di avviare un ambizioso progetto, la costituzione di un’orchestra di musica classica in Bocconi, dove già esistono un affermato coro e un sestetto jazz di grande livello, la Bocconi jazz business unit.

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“La base minima per allestire un’orchestra sono 12 elementi”, spiega Marco, “otto violini, due viole e due violoncelli. Tutto quello che verrà in più sarà bene accetto”. L’impresa non è semplice, i musicisti dovranno infatti essere di livello “compatibile” affinché l’orchestra risulti omogenea, ma l’opportunità è di quelle da non lasciarsi scappare: “Costituire un’orchestra universitaria può dare molta visibilità, offrire l’occasione di esibirsi di fronte a un pubblico numeroso e quindi di farsi conoscere”, dice ancora Marco, “anche i ‘dilettanti’ devono avere coraggio e farsi vedere, se c’è passione per la musica tutte le difficoltà si possono superare”. Ma, soprattutto, la magica emozione che prende ogni volta che si sale sul palco e si guarda il pubblico (Marco ha suonato anche davanti a 1.500 persone): “Con l’esperienza impari a volgere in positivo tutta l’adrenalina che ti prende quando vedi la gente che è venuta appositamente per ascoltarti”, racconta. “Perché ogni artista suona per il pubblico, per il piacere che riesce a procurare. Chi dice di suonare per se stesso fa solo filosofia, in realtà non è sincero”.

Da Bocconi Newsletter no. 86/2010

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Il Cile ferito di Edoardo Moruzzi di Davide Ripamonti

Si è trovato per caso al centro del terribile terremoto in Cile, e l'ha raccontato attraverso scatti drammatici e intensi. Edoardo Moruzzi, studente Bocconi del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza e fotografo professionista, era in Sudamerica in vacanza quando si è verificata la catastrofe.

Trasformare la passione di bambino nel proprio lavoro è il sogno di tutti, ma pochi alla fine riescono a realizzarlo. Tra questi vi è Edoardo Moruzzi, 21enne bolzanino, studente al quarto anno del Corso di laurea magistrale in giurisprudenza alla Bocconi, giovane fotografo in rampa di lancio. “Ho cominciato da piccolo a maneggiare le macchine fotografiche di mia madre”, racconta, “poi ho fatto la trafila seguendo l’evoluzione tecnologica, dalle reflex analogiche alle prime digitali fino alle moderne reflex digitali professionali”. Insieme all’amico e socio Giuseppe Balacco (laureato alla Naba), Edoardo ha iniziato a farsi conoscere, fino ad essere chiamato per il primo importante incarico: “Nel 2008 siamo stati ingaggiati come fotografi ufficiali dei Campionati europei di canoa all’Idroscalo di Milano, poi sono arrivati altri servizi come cataloghi di prodotti e, da qualche mese, video istituzionali per diverse aziende”. La formazione di Edoardo non è quella tradizionale, cioè una scuola di fotografia e poi un po’ di gavetta, ma è molto di più da autodidatta: “Mi sono formato da solo, con la pratica e con lo studio di alcuni testi di base. Credo che l’impostazione sia importante, ma conta di più l’esperienza diretta”. Unita al talento, ovviamente, perché un bravo fotografo non si limita a ritrarre la realtà, ma la interpreta dal suo punto di vista: “E’ il fotografo che decide cosa trasmettere della realtà che osserva”, spiega, “unendo creatività e capacità di affrontare gli imprevisti che spesso si presentano”. Imprevisti alle volte tragici, che però possono trasformarsi in una grande opportunità per crescere professionalmente e umanamente, come capitato di recente a Edoardo. “Ero andato a trovare mio fratello in Cile, dove lavora come diplomatico all’Ambasciata italiana”, racconta, “il programma era trascorrere una settimana a Santiago e poi partire per l’Isola di Pasqua, ma sono rimasto coinvolto nel terribile terremoto”. Un’esperienza molto forte per Edoardo, che ha accompagnato il fratello impegnato, come tutti gli addetti dell’Ambasciata, a prestare soccorsi. Ma anche l’opportunità di realizzare uno straordinario servizio fotografico “che resta nel mio personale portfolio, ho ripreso le immagini della tragedia, la gente, un paese

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profondamente ferito ma che ha sempre conservato fiducia nelle proprie istituzioni, come dimostrano le molte bandiere cilene che sventolavano un po’ ovunque”. A soli 21 anni la strada per diventare un fotografo “completo” è ancora lunga. In cosa si sente forte oggi Edoardo e dove ci sono margini di crescita? “Mi riescono bene le foto di paesaggio, quelle architettoniche e anche le foto in studio, che per certi versi sono quelle più interessanti perché completamente da costruire, che esaltano la creatività. Devo invece migliorare nei ritratti, non ho ancora sviluppato la necessaria capacità di interagire con la persona”. Nel futuro Edoardo si immagina fotoreporter, “perché è un lavoro che mi permetterebbe di unire la passione per la fotografia e quella per l’esplorazione e la ricerca”, spiega, “e soprattutto di realizzare la fotografia che preferisco, quella che racconta le cose”.

Da Bocconi Newsletter no. 87/2010

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Tanja, Massimiliano e Alberto, tutto in 24 ore di Fabio Todesco

Si sono aggiudicati il business case game internazionale di information technology più importante del mondo, il CaseIt di Vancouver: Tanja Collavo, Massimiliano Spalazzi e Alberto Xodo, team di studenti Bocconi coordinati dal docente di sistemi informativi Gianluca Salviotti, raccontano la loro entusiasmante esperienza.

Un team di studenti Bocconi si è aggiudicato il business case game internazionale di information technology più importante del mondo, il CaseIt di Vancouver. Davanti a una giuria di accademici e manager del settore, i partecipanti dovevano trovare soluzione a un caso inedito e difendere le proprie decisioni nella discussione che ne sarebbe seguita. Nel lungo fine settimana dal 31 marzo al 3 aprile Tanja Collavo (I anno della laurea specialistica in International management), Massimiliano Spalazzi (secondo anno dello stesso programma) e Alberto Xodo (I anno della specialistica in Marketing management), coordinati dal professore di sistemi informativi Gianluca Salviotti, hanno superato la concorrenza di altre 15 università di tutto il mondo, diventando la prima squadra europea ad aggiudicarsi il riconoscimento dalla sua inaugurazione nel 2004. “Decisive”, racconta Tanja, “sono state le 24 ore tra le 9 di mattina dell’1 e del 2 aprile, durante le quali, chiusi in una camera d’albergo sorvegliata, potendo utilizzare solo il computer e il materiale fornitici dall’organizzazione, abbiamo discusso il caso e abbiamo preparato le slide di presentazione”. “Abbiamo letto il caso, lo abbiamo capito, abbiamo impostato la strategia, poi lo abbiamo riletto, lo abbiamo capito in un altro modo, abbiamo impostato un’altra strategia e così ancora per un paio di volte”, racconta Alberto, illustrando un processo apparentemente caotico, ma evidentemente efficace. “Il punto”, spiega Massimiliano, “è che all’interno del team nessuno di noi aveva un ruolo specializzato ed esclusivo. Abbiamo discusso davvero tutto più volte e sempre tutti insieme, senza chiudere occhio”. Il caso non era dei più ovvi, diviso com’era in due parti. “Da un lato”, spiega Salviotti, il docente tutor che ha accompagnato gli studenti nella trasferta canadese, “si chiedeva se bloccare o accelerare l’implementazione di un progetto; dall’altro di introdurre provvedimenti che, in futuro, evitassero tutti gli

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inconvenienti che avevano afflitto questo”. Il doppio orizzonte temporale e la necessità di prendere una decisione operativa e una strategica hanno messo in imbarazzo parecchi team. “I tre studenti sono stati selezionati tra quelli che hanno seguito corsi di sistemi informativi e che hanno manifestato interesse alla manifestazione, segnalata dal Servizio relazioni internazionali”, spiega Salviotti. Nessuno dei tre, però, è uno specialista in information technology, come invece la gran parte degli studenti delle altre università. “Parlando con gli altri”, raccontano i tre ragazzi, “ci siamo resi conto che molti avevano un background ingegneristico e conoscevano a menadito pacchetti informativi sofisticati e ci siamo un po’ spaventati, ma in definitiva il taglio del caso era strategico e questo ci ha avvantaggiati”. “La giuria”, riassume ancora Salviotti, “ha premiato la coesione del team, la semplicità ed eleganza delle soluzioni e la decisione e prontezza con cui hanno risposto alle obiezioni”. Oltre che dal prestigio di una manifestazione organizzata in modo perfetto dagli studenti della Simon Fraser University (“è davvero incredibile il livello di professionalità dimostrato da ragazzi di 22-23 anni”, dichiarano con ammirazione i membri del team Bocconi), Tanja, Massimiliano e Alberto hanno voluto partecipare anche per vivere l’esperienza internazionale di un business case game da condividere con i giovani i tutto il mondo e, forse, hanno sentito la pressione meno di molti team canadesi, asiatici e statunitensi. “In alcuni casi”, raccontano, “lo stress era evidente e un paio di squadre hanno addirittura rinunciato alla cena con speaker internazionali del primo giorno per allenarsi ancora”. Neppure la lingua è stato un handicap per il team italiano. Tutti e tre frequentano programmi tenuti in inglese e hanno esperienze internazionali in curriculum. “Durante la presentazione l’unico espediente”, raccontano Alberto e Massimiliano, “è stato quello di far cominciare e finire Tanja, che è quella che parla meglio”.

Da Bocconi Newsletter no. 88/2010

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Due bocconiani dietro il Capello Index di Fabio Todesco

Un indice basato su criteri scientifici per misurare le performance dei giocatori, da sperimentare ai mondiali di calcio in Sudafrica: dietro l’iniziativa del ct della nazionale inglese Fabio Capello c’è il lavoro di due docenti della SDA Bocconi, Francesco Bof e Sergio Venturini.

La presentazione del Capello Index, lunedì mattina al London Stock Exchange, ha scatenato la stampa britannica. L’idea che il ct della nazionale inglese abbia sviluppato un indice che misura la performance dei giocatori e lo voglia collaudare ai Mondiali di calcio in Sudafrica è sembrata una turbativa alla serenità della squadra. E, invece, si tratta di un’iniziativa che può portare un’ondata di oggettività scientifica nel mondo del calcio, nella quale un ruolo importante è ricoperto da Francesco Bof, docente di sport management alla SDA Bocconi, e da Sergio Venturini, che insegna metodi quantitativi sia in Università, sia alla SDA Bocconi. “Il nostro lavoro è cominciato più di un anno fa”, chiarisce Bof. Fabio Capello e Francesco Merighi, un imprenditore attivo nel campo dei fantasy game e dei social network legati al calcio, hanno avuto l’idea di un indice che misurasse in modo oggettivo la prestazione sul campo dei calciatori, con l’idea di utilizzarlo nei giochi di fantacalcio o come supporto decisionale ai manager coinvolti nelle strategie di acquisizione e cessione degli atleti. Bof è stato contattato sulla scorta di un libro sul Management del Calcio curato e scritto insieme a Fabrizio Montanari e Giacomo Silvestri nel 2008. “Quando ci siamo incontrati la prima volta”, racconta Bof, “Capello aveva già individuato una griglia di criteri che, nella sua concezione del calcio, dovevano misurare la performance. Nel corso di questi mesi la griglia si è trasformata in un elenco di oltre 500 eventi possibili nel corso del gioco, la cui esecuzione contribuisce alla valutazione della prestazione di un calciatore. Il numero è così alto sia per la natura complessa del gioco sia perché lo stesso gesto può avere un valore diverso a seconda della zona del campo, del momento della partita o di altre variabili”. Le valutazioni che riguardano un calciatore nel corso di una partita, elaborate dagli algoritmi statistici, definiscono un vero e proprio voto, simile a quello delle pagelle dei giornali e il sistema elabora decine di altre statistiche, potenzialmente utili a un pubblico professionale specializzato. Le valutazioni di ogni singolo match aggiornano di partita in partita il sistema di rating dei giocatori. Nel corso di un intero

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campionato o delle loro carriere si potranno, inoltre, individuare i trend prestazionali, la costanza di rendimento, i punti di forza e quelli di debolezza. Bof, che è diventato chief index developer della società che si è costituita per gestire l’indice, ha curato la messa a punto del sistema sotto gli aspetti di logica e contenuto, la gestione delle risorse operative coinvolte, quelle per lo sviluppo del software di calcolo e, con Venturini, degli algoritmi che permettono l’elaborazione dei dati. Ha inoltre curato gli aspetti di integrazione uomo-tecnologia, con l'obiettivo di rendere i dati finiti disponibili entro due ore dalla conclusione delle partite. Le dimensioni del progetto sono notevoli, se si pensa che l’analisi in diretta di ogni partita necessita di due operatori e un supervisore e che, dopo il collaudo previsto per i Mondiali in Sudafrica, gli imprenditori contano di essere pienamente operativi per l’inizio dei prossimi campionati in Inghilterra, Italia e Spagna, con un forte interessamento anche per Germania e Francia. “Il sistema è un grande passo avanti sulla via dell’oggettività della valutazione”, afferma Bof. “Rispetto alle pagelle giornalistiche, per esempio, si elimina l’aspetto soggettivo, idiosincratico di chi le compila e non si è condizionati dal risultato finale. Anche se, a conferma della bontà delle valutazioni, l’indice di squadra, calcolato come media degli indici individuali, è correlato positivamente con il risultato delle partite”. Si tratta, comunque, di un sistema perfettibile (e nel corso dei mesi è già stato perfezionato più volte) e integrabile con altre valutazioni. “Per ora, ad esempio, non siamo in grado, salvo eccezioni, di valutare la bontà dei movimenti senza palla, perché occorrerebbe conoscere i moduli adottati dagli allenatori e comunque, anche conoscendoli, sarebbe molto difficile. Ma abbiamo fatto migliaia di test e verifiche e l’indice è davvero robusto, oltre che innovativo: non va a riconsiderare statistiche, come quelle dei chilometri percorsi, già disponibili da altre fonti. Non vuole sostituire il lavoro degli osservatori, ma fornirgli gli strumenti per un lavoro di maggiore qualità. Un lavoro che potrà migliorare all'infinito"..

Da Bocconi Newsletter no. 89/2010

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Un 'governo' bocconiano a Vancouver di Tomaso Eridani

G8/G20 Youth Summit 2010: Bocconiani 8 dei 9 membri della delegazione italiana alla quinta edizione del forum di dialogo per giovani leader di tutto il mondo. Scelti tra un centinaio di candidati provenienti da università di tutta Italia, hanno vissuto un'esperienza fuori dal comune.

Un governo a maggioranza bocconiana, con 8 membri sul totale di 9, dal capo di governo al ministro per l’economia, ha rappresentato l’Italia a Vancouver nel summit G8/G20 dei giovani del mese scorso dibattendo, anche vivacemente, con i loro pari da tutto il mondo. Giunta alla sua 5° edizione, il G8/G20 Youth Summit raccoglie studenti universitari dei paesi membri e, ospitato nello stesso paese del G8 ufficiale, si pone l’obiettivo di dare, e fare sentire, la voce ai giovani sui temi globali più attuali e che compongono l’agenda dei leader al summit ufficiale. Le candidature per la delegazione italiana sono state raccolte da Youth Engagement Promoters, una delle tante organizzazioni di studenti internazionali che organizzano l’evento, e i nove delegati finali sono stati selezionati da un comitato di tre professori universitari italiani. Per la Bocconi, un motivo di orgoglio che la delegazione finale, scelta da un centinaio di candidature, sia stata così a maggioranza bocconiana. A Stefano Greco, Claudia Fraccalvieri, Claudia Pereira da Conceiçao, Chiara Rivera, Francesco Fasiello, Giulia Oberti, Folco Cioni e Lucia Brambilla (oltre a una studentessa della Luiss) sono così stati assegnati i diversi ruoli nel governo italiano, dal capo del governo ai vari responsabili per gli affari esteri, sviluppo, ecc., e il compito di preparare ciascuno due position paper da presentare a Vancouver per la discussione nei vari panel. “L’idea di questi summit è di dare voce e visibilità ai suggerimenti di noi giovani e la nostra visione su questi temi globali,” spiega Claudia Fraccalvieri, studentessa al 2° anno del Bachelor of international economics, management and finance. A Vancouver, presso la Simon Fraser University, cinque giorni fitti di dibattito tra i 130 studenti presenti tra sessioni plenarie e meeting dei rappresentanti delle singole aree per discutere di temi quali la governance

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globale, la lotta al terrorismo e la sicurezza alimentare. Con l’obiettivo finale di produrre, come nell’assise dei grandi, un documento finale concordato che raccolga le proposte e gli intenti emersi. “E’ stato bello potere apportare il nostro contributo su questi grandi temi e ideare delle proposte realizzabili,” racconta Claudia Pereira da Conceiçao, di origine brasiliana, iscritta al 1° anno del corso di laurea in Economia e Scienze Sociali. “Ho trovato molto interessante vedere come questi temi siano affrontati in modo diverso nel mondo,” racconta Claudia Fraccalvieri. “Infatti, al di fuori delle aule eravamo tutti amici ma poi dentro il dibattito era molto vivace e animato! La sera poi tornava un clima disteso e divertente.”. “E’ stata anche una bellissima occasione per socializzare e fare networking. C’è stato un vero contatto interculturale,” racconta Stefano Greco, laureando in Economia aziendale e management, ‘capo di governo’ nella delegazione. “In particolare è stato positivo vedere come noi delegati europei ci siamo coordinati bene e abbiamo lavorato in modo unito, grazie anche alla riunione EU Voice che abbiamo tenuto in Germania prima di partire per mettere a punto una posizione comune europea. Essendo giovani speriamo che sia di buon auspicio per il futuro dell’Unione europea.” “Adesso stiamo discutendo su come portare avanti questa esperienza e le idee che sono uscite”, conclude Stefano. “Il sogno, che si sta tentando di realizzare, è di presentare il nostro documento finale a Toronto a fine giugno al tavolo del vero G20.”

Da Bocconi Newsletter no. 91/2010

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Una Mela d'oro in Bocconi di Susanna Della Vedova

Barbara Torre, laureata cum laude Bocconi in Corporate Governance, ha vinto il premio della Fondazione Marisa Bellisario destinato a imprenditrici, professioniste e manager che contribuiscono allo sviluppo del paese, e assegnato per la prima volta a una laureata in economia.

“ Sono fiera di essere una Bocconiana!” sono queste le parole con cui Barbara Torre inizia a raccontare di sé e del Premio che ha appena ricevuto direttamente dalle mani dei ministri Tremonti e Sacconi, per conto della Fondazione Marisa Bellisario, venerdì 18 giugno in Confindustria. Una mela d’oro con inciso il suo nome, il Premio istituito per la prima volta quest’anno anche per giovani laureati in economia che si aggiungono alle mele d’oro che ogni anno, da 22 anni, la Fondazione assegna a imprenditrici, manager, professioniste e talenti al femminile che ogni giorno con la loro determinazione e impegno contribuiscono allo sviluppo del paese. Barbara è giovane, 24 anni, ma è certo che la grinta, la volontà e le capacità per contribuire allo sviluppo del suo paese già ci sono. “Ho studiato management in Bocconi e mi sono laureata cum laude lo scorso 24 ottobre con la tesi Corporate Governance nelle imprese quotate italiane: Ceo tenure, performance ed effetti di settore. La stessa tesi che insieme al mio cv scolastico mi ha permesso di vincere questo Premio”. Un cv che fa invidia a chi di esperienza ne ha già maturata parecchia, e che Barbara si è costruito durante gli anni universitari sfruttando “le opportunità che Bocconi offre ai suoi studenti. E’ ovvio” dice Barbara, “che la grinta, la voglia di mettersi in gioco, la buona volontà sta a ciascuno di noi. Bocconi, però, dà gli strumenti”. Campus abroad in Australia, scambio a Barcellona e negli Stati Uniti e oggi da laureata un impiego, da subito a tempo indeterminato, in Procter & Gamble a Ginevra dove si occupa di financials for initiatives and competitive intelligence. Un lavoro stimolante in un ambiente ancora una volta internazionale che la porta a vedersi almeno per il breve periodo aperta ad altre esperienze lavorative in giro per il mondo, ma che si vede tornare in Italia in futuro più lontano, perché conclude “sono orgogliosa di aver vinto questo prestigioso

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riconoscimento, la prima bocconiana ad averlo ricevuto, e vorrei essere una delle donne il cui impegno quotidiano serva a migliorare il proprio paese”..

Da Bocconi Newsletter no. 92/2010

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Fabio, un giurista dietro il palco della Scala di Fabio Todesco

Fabio Ceresa, classe 1981, laureato Bocconi in scienze giuridiche, e' il piu' giovane tra gli aiuto registi del teatro Alla Scala. Notato quasi per caso mentre collaborava all'allestimento di un'opera in provincia, tre anni fa, e' entrato con uno stage nel teatro milanese e non l'ha piu' lasciato.

Nel complesso dell’ex Ansaldo di via Tortona, a Milano, si sta provando L’occasione fa il ladro, farsa di Rossini che verrà rappresentata alla Scala dagli allievi dell’Accademia a partire dal 18 settembre. Nell’immensa sala prove i giovani cantanti, in abbigliamento casual, si alternano in scena, ascoltano i consigli della regista, Sonja Frisell, e chiedono chiarimenti a più riprese a un altro giovane, che salta su e giù dal palco con un librone sottobraccio Il librone è lo spartito di regia, un volume stampato nelle sole pagine di sinistra con lo spartito; quelle di destra vengono riempite dall’aiuto regista con indicazione dettagliate sui movimenti, le espressioni, gli atteggiamenti degli artisti. Il giovane aiuto regista della Scala è Fabio Ceresa, classe 1981, laureato Bocconi in scienze giuridiche. “Queste sono le prove di scena”, spiega, “e servono a perfezionare la recitazione. Le prove di canto sono un momento a parte”. Fabio è il più giovane degli aiuto registi della Scala, eppure ha maturato la sua scelta professionale relativamente tardi, nel corso degli studi universitari alla Bocconi. “La passione per questo genere di musica è sempre stata forte”, racconta, “e da ragazzino a Rivolta d’Adda, con le mancette, compravo dischi di lirica. Suonavo, cantavo, ma solo a livello amatoriale”. La sua passione doveva essere evidente se, all’esame di diritto privato sostenuto con un musicologo come Giovanni Iudica, la discussione è andata a parare sugli accadimenti giuridici nelle trame d’opera. “Una delle conclusioni che abbiamo tratto”, ricorda Fabio sorridendo, “è che il contratto tra Faust e Mefistofele è da ritenersi nullo perché l’anima non è un bene disponibile ”. È nel corso del secondo anno di università che Fabio ha deciso di provare l’avventura artistica, pur proseguendo gli studi (“furono i miei genitori a insistere”, dice, “e ora devo ringraziarli”). La strada che porta

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alla Scala è piena di occasioni un po’ casuali, ma colte con prontezza. “Tramite amici comuni”, racconta, “ho conosciuto un regista che stava allestendo un’opera in provincia e, sapendo della mia passione, mi ha chiesto se volevo aiutarlo. Poi qualcun altro mi ha chiesto di fare il regista per una produzione altrettanto piccola e infine mi ha notato un vero regista, che mi ha proposto uno stage alla Scala. È successo tre anni fa e sono ancora qui”. Un filone parallelo a quello della regia, per Fabio, è la scrittura per la musica. “Da ragazzo, come molti, scrivevo poesie, ma con una forte attenzione alla forma, e alla metrica in particolare, piuttosto che ai contenuti. In seguito ho scoperto che molti musicisti hanno bisogno di gente che sappia scrivere un testo a partire proprio dalla metrica, ovvero dalla musica”. Anche in questo caso si può osservare una catena che, dai primi tentativi mostrati agli amici, passa per la scrittura di un libretto che doveva servire come base per un concorso di composizione musicale mai partito. “Ma Daniele Zanettovich, un musicista che era stato coinvolto nel progetto, apprezzò il libretto e volle musicarlo. Così è stato pubblicato”. Il risultato più recente è la vittoria al concorso Kinderszenen del Cidim, Comitato italiano musica, per un’opera per bambini: Fabio ha scritto il libretto di “C’era una volta ... Re Tuono!” traendolo dalla favola di Luigi Capuana e Daniela Terranova l’ha musicato. “Nel mondo della musica nessuno ti chiede una laurea”, dice ancora Fabio, “ma il fatto di avere finito gli studi alla Bocconi ti etichetta subito come una persona affidabile, e questo è importante. E poi, un paio d’anni fa, quando alla fine di un’opera c’era da spostare un tavolo per consentire il deflusso del pubblico e ho dovuto chiedere l’aiuto di uno degli artisti, quello in un primo momento mi ha risposto che era un cantante internazionale. Io gli ho detto che sono un laureato Bocconi e così, alla pari, abbiamo spostato il tavolo”.

Da Bocconi Newsletter no. 93/2010

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Andrea e Barbara, in Bangladesh con un'Idea di Andrea Celauro

Quando terminano il lavoro in Bocconi, spendono il loro tempo libero per sostenere i bambini del Bangladesh: sono Andrea Borghi e Barbara Alfieri, fondatori nel 2007 di Idea Onlus, associazione di adozioni a distanza e progetti socio-assistenziali che opera nel paese asiatico.

Dentro le mura della Bocconi, Andrea Borghi e Barbara Alfieri maneggiano alta tecnologia per gestire gli aspetti forse più nascosti ma più vitali dell’ateneo. Fuori le mura, si confrontano con la povertà più nera e terribile del Bangladesh. Per Andrea, tecnico dell’Area sistemi informatici e telematici della Bocconi (Asit), e Barbara, alle dipendenze del Servizio information technology della Sda Bocconi, quello che per molti è il passaggio quotidiano dal virtuale al reale avviene nella maniera più radicale che si possa immaginare: dal 2007 dedicano il loro tempo libero a Idea Onlus (www.ideaonlus.org), l’associazione che hanno fondato insieme a una coppia di amici per creare e sviluppare progetti di adozione a distanza, di assistenza sociale e sanitaria e di promozione della scolarità nel paese asiatico Idea Onlus è però il passo più recente di un percorso di impegno sociale che ha avvicinato Andrea al Bangladesh già dal 1997. È in quell’anno che adotta a distanza, tramite l’ong Rishilpi Development Project, una bambina bengalese: “Ho deciso però di andare da lei di persona per rendermi conto di cosa significa vivere in quel paese”, racconta Borghi. Un impatto con una realtà che è ben più lontana della semplice distanza geografica. “Solo di persona è possibile capire a pieno la disperazione di una popolazione che vive in uno slum nella foresta”. Un’esperienza personale che inizia a logorarlo come un tarlo, sebbene non si tramuti immediatamente in impegno concreto. “Ho iniziato semplicemente a parlare in ufficio dell’adozione a distanza, più come racconto di un’esperienza che come attività di promozione della missione Rishilpi. Alla fine, in Bocconi, le adozioni hanno raggiunto quota duecento”. Era evidentemente il segnale di come l’attenzione di Andrea per i problemi del Bangladesh stesse cambiando forma. Nel 2002 torna nel paese con Barbara, conosciuta sempre nel ’97 e nel frattempo diventata sua moglie, e rientrato in Italia decide di fondare una sede della Rishilpi in Italia, a Pinerolo. Un’attività che dura quattro anni, fino a quando la coppia non decide di fare un ulteriore passo. “Il nostro desiderio era di poter fare qualcosa in più e in più di una realtà. E’ nata così IDEA Onlus”.

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Entrata in attività nel 2008, Idea può operare in tutto il mondo e, attualmente, ha in attivo un progetto in America Latina, nel Mato Grosso brasiliano, e tre nel Bangladesh. Uno di questi, svolto in collaborazione con l’organizzazione bangladese Banchte Sheka Ong e nato come progetto di adozione a distanza per l’assistenza socio-sanitaria dei bambini, sta oggi diventando il tentativo di salvare un’intera comunità. “Operiamo a Jogahati, un villaggio di pescatori la cui attività è stata completamente sconvolta dalla vendita a un privato del tratto di canale del quale la comunità si serviva. Agli abitanti è concesso pescare solo per la propria sussistenza e non per la vendita, una clausola che di fatto ha affossato il villaggio”. L’impegno di Andrea, Barbara, Gabriele e Maria (la coppia di cofondatori di Idea), insieme alla ong locale, è di costruire dieci nuove case per gli strati più poveri della comunità, “persone che oggi”, racconta Andrea, “in alcuni casi vivono, in affitto, sotto una tettoia all’aperto. Andrea, che nel frattempo ha adottato a distanza con Barbara un’intera famiglia (una donna fuggita dal marito violento con le due figlie), insiste molto sull’importanza di non fare assistenzialismo (“L’idea di Idea è trasformare il villaggio in una cooperativa che nel tempo diventi il vero motore della rinascita della comunità”) e sul segno che esperienze di questo tipo lasciano su un benestante europeo. “Sono società in cui l’arretratezza sociale e culturale fa sì che non ci sia rapporto tra adulti e bambini. Comunità in cui un invalido è letteralmente emarginato, nel senso che viene preso di peso e gettato in una discarica. Luoghi in cui il sogno dei bambini è un bicchiere di acqua pulita. È vedendo questa estrema povertà che non solo noi rivalutiamo ciò che abbiamo, ma possiamo anche comprendere a pieno quanto queste situazioni siano spesso il frutto della speculazione dei paesi ricchi su quelli poveri”.

Da Bocconi Newsletter no. 94/2010

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I dubbi di Elena di Davide Ripamonti

La vincitrice femminile di Bocconi Run 2010 e' una studentessa del primo anno del Corso di laurea Bocconi in Economia aziendale e management, e un'atleta di livello nazionale. Elena Vittone, 19 anni, ora si sente, pero', di fronte a un bivio: l'attivita' agonistica o lo studio?

Nata da soli due anni, la Bocconi Run si distingue già per l’elevato livello qualitativo dei suoi partecipanti. Come, per esempio, la vincitrice della gara femminile di quest’anno, la diciannovenne Elena Vittone, che in Bocconi è iscritta al primo anno del Corso di laurea in economia aziendale e management ed è tesserata per la Runner Team RT 99 e allenata da Andrea Monti (“ma ho iniziato nella Gs Chivassesi del presidente Claudio Clerici”, dice). Alta, magra, un po’ timida, Elena ha il tipico fisico da mezzofondista, un po’ per doti naturali ma molto perché forgiato dal duro allenamento e da qualche sacrificio. Ripagato però dai risultati: “Quest’anno ho vinto i campionati regionali del Piemonte, categoria Juniores, di corsa campestre”, spiega Elena, “e sono arrivata quinta alle finali nazionali di Pescara sui 5 mila, su pista”. Risultati brillanti, che seguono quelli del 2008, quando fu terza sui 1500 e 3000 su pista in Piemonte e ottava, sempre sui 3000, ai Nazionali categoria Allieve nella finale di Rieti. Risultati che non arrivano per caso: “Da bambina facevo pallavolo”, dice ancora Elena, che è di Chivasso, a pochi chilometri da Torino, “poi a 14 anni sono passata all’atletica, l’unico altro sport, insieme al nuoto, che potessi praticare dalle mie parti”. Un mondo completamente diverso, dove “manca il senso di squadra, che stempera però sia le delusioni che le soddisfazioni. Nell’atletica sei sola, gioie e dolori sono molto più personali”. L’approccio con l’atletica è subito positivo. Un rapido assaggio di varie discipline, poi il suo primo istruttore la destina al mezzofondo, “perché non avevo una grande velocità di base, che è naturale, mentre la resistenza la si migliora con l’allenamento”. Allenamento che, per chi vuole fare dell’agonismo con qualche ambizione, “significa uscire tutti i giorni, con qualsiasi clima”, anche quello rigido della sua regione.

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Uno sforzo però che si fa volentieri, soprattutto se ripagato dai primi successi: “Le vittorie e i miglioramenti cronometrici in genere arrivano di pari passo e, fino a quando continui a progredire, non senti la fatica degli allenamenti, né ti pesano le rinunce che sei costretta a fare. Quando i risultati non arrivano più, credo che sia il momento di smettere”. Elena si trova adesso davanti a un bivio, con la vita radicalmente cambiata in pochi mesi, dopo il trasferimento a Milano per frequentare la Bocconi: “La scelta della Bocconi è stata ponderata, io e la mia famiglia abbiamo deciso in questo senso per le migliori prospettive di lavoro una volta laureata. Ma è chiaro”, continua, “che questo ha inciso in maniera profonda sulla mia attività sportiva. Lo studio è impegnativo, in più devo trovare anche un luogo dove allenarmi. Per ora infatti frequento il campo XXV Aprile, in zona San Siro a Milano”. Qualunque sarà, però, la scelta di Elena per il futuro, la Bocconi Run rischia di aver trovato, anche per i prossimi anni, la sua dominatrice.

Da Bocconi Newsletter no. 96/2010

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Cuocolo: sul web con Il Ricostituente di Davide Ripamonti

Lorenzo Cuocolo, docente di Diritto pubblico comparato in Bocconi, ha dato vita con alcuni colleghi a un blog, "Il Ricostituente", nel quale spiega la Costituzione con un linguaggio accessibile a tutti. Un modo per unire due grandi passioni: per il diritto costituzionale e per media e web.

Lorenzo Cuocolo, 35 anni, professore associato di diritto pubblico comparato all’Università Bocconi, ha molti incarichi e molte attività: avvocato tra Genova, la sua città, e Milano, consulente dell’Autorità portuale genovese e consulente del Consiglio d’Europa in tema di tutela ambientale, “ruoli nei quali emergono le mie due anime”, scherza il docente, “quella locale e quella globale” Ma Cuocolo ha, soprattutto, una passione per i media a 360 gradi, dalla carta stampata alla tv, per finire al web, il mezzo d’informazione oggi certamente più popolare tra i giovani che il professore frequenta quotidianamente nelle aule universitarie: “Dal 2007-2008 ho una collaborazione come editorialista con il quotidiano Il Secolo XIX, poi da quest’anno partecipo anche a una trasmissione televisiva sull’emittente genovese Primo Canale, Università Popolare, nella quale commento in cinque minuti argomenti di carattere costituzionale che siano in qualche modo legati all’attualità, il tutto con linguaggio comprensibile ai più”. Un tema, questo del rendere comprensibili a lettori e ascoltatori ‘comuni’ problematiche spesso difficili e dibattute con linguaggio da esperti del settore, molto caro a Cuocolo, al punto da spingerlo a dar vita, con alcuni colleghi, a un apposito blog, Il Ricostituente, sito sull’attualità costituzionale. “Il punto di partenza è che vogliamo portare il diritto costituzionale a disposizione di qualunque lettore medio, colui che normalmente su un quotidiano legge anche gli editoriali e le pagine politiche, ma che non leggerebbe mai i lunghissimi e tecnici articoli che noi giuristi scriviamo sulle riviste del settore”, spiega Cuocolo, “ci poniamo cioè una finalità in un certo senso civica e sociale”. Il Ricostituente raccoglie contributi di docenti della Bocconi che hanno fin da subito apprezzato l’iniziativa, come Edmondo Mostacci e Oreste Pollicino, “ma ne ho parlato anche con altri, come Maurizio Del Conte e Marco Ventoruzzo, che si sono detti disponibili, ed è aperto anche ai colleghi di altre università, per avere il più ampio respiro possibile. A breve vorrei poi costituire un vero e proprio comitato editoriale”.

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“Gli articoli del Ricostituente dovranno essere brevi, 3 mila battute o poco più”, aggiunge Cuocolo che del blog è anche coordinatore, “non ideologici, quindi con un taglio e un linguaggio agili e adatti al web. La Costituzione, infatti, viene spesso tirata in ballo a sproposito, chi non è del settore non se ne rende conto e noi ci poniamo l’obiettivo di fornire spiegazioni in questo senso. Calcolando che ci stiamo avviando verso una stagione di dibattito sulle riforme”, prosegue Cuocolo, “credo che ci sia necessità di una voce, terza e neutrale, che cerchi di dare spiegazioni. Questo sarà il ruolo del Ricostituente”. I primi destinatari del Ricostituente, nelle intenzioni del suo ideatore, sono però gli studenti, “che spesso riscontrano una netta separazione tra quanto apprendono in aula, sui loro enormi manuali di testo, e quanto invece accade nella realtà. Noi cercheremo di colmare questa separazione tra principi teorici e pratica”.

Da Bocconi Newsletter no. 97/2010

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La mia Africa di Tomaso Eridani

Al momento di scegliere il luogo in cui svolgere l'internship del suo Mba alla SDA Bocconi, Federico Pippo, dottore commercialista con esperienza nella consulenza fiscale, non ha avuto dubbi: destinazione Uganda, presso il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital di Kalongo.

Una scelta fuori dalla norma che ha lasciato un segno profondo. Se la norma, infatti, solitamente è un’internship in finanza o in consulenza, Federico Pippo, ventinove anni, ha scelto invece di trascorrere i tre mesi di internship del suo Mba presso il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital situato a Kalongo, nel Nord Uganda. Dopo circa quattro anni nel campo della consulenza fiscale, e aver conseguito il titolo di dottore commercialista, Federico, spinto dal desiderio di ampliare la sua formazione e di percorrere nuove strade professionali, ha deciso di intraprendere l’avventura del Master in business administration, iniziato in SDA nell’ottobre 2009. Giunto al momento della scelta del progetto di ‘action learning’ (periodo di 3 mesi del programma in cui gli studenti svolgono una internship o un progetto imprenditoriale, di consulenza o di ricerca) Federico, sebbene con già un’offerta per un’internship nel private equity, fu incuriosito dalla proposta del dean della SDA Alberto Grando che menzionò la possibilità di svolgere un field project presso il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, con l’obiettivo di migliorare le procedure amministrative e gestionali dell’organizzazione e supportare il personale locale nell’applicazione delle stesse. “La proposta ci fu poi illustrata da Paola Galbiati, ricercatrice di Finanza aziendale in Bocconi che ha collaborato al progetto. Mi ha subito incuriosito e ho chiesto a Paola un incontro, ” racconta Federico. “Mi sono bastati cinque minuti ed ho immediatamente sentito dentro di me il forte desiderio di intraprendere quell’esperienza. Ed anche i colloqui con la Fondazione contribuirono ad accrescere dentro di me tali sensazioni. Non è stata una scelta facile ma sentii che fosse un’opportunità da cogliere ora o mai più.” Al progetto si unì anche Valerian Fauvel, studente del Master in Corporate finance della SDA che lo scelse come internship integrante del suo corso, e a inizio giugno Federico e Valerian sono partiti per Kalongo.

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L’ospedale, oggi un ente privato non profit, fu fondato nel 1957 da Padre Giuseppe Ambrosoli, medico chirurgo e missionario comboniano che si dedicò alla cura della popolazione ugandese. È situato a Kalongo, nel Nord Uganda, nel territorio della tribù degli Acholi, un'area estremamente povera, con poche vie di comunicazione e priva di centri sviluppati. L’ospedale oggi garantisce assistenza sanitaria a circa 50.000 persone ogni anno, di cui quasi la metà bambini di età inferiore ai 5 anni, ed è dotato di 345 posti letto e 7 reparti (tra cui maternità, pediatria, malnutrizione, tbc e aids). Nel 1998 venne costituita dai Missionari Comboniani e dalla famiglia di Padre Giuseppe Ambrosoli la Fondazione Dr. Ambrosoli Memorial Hospital che sostiene l’ospedale e la St. Mary's Midwifery school di Kalongo. Nei loro tre mesi a Kalongo Federico e Valerian hanno analizzato le criticità relative al dipartimento amministrativo dell’ospedale, dove la contabilità era ancora tenuta in parte manualmente, introducendo un sistema di gestione contabile più moderno ed efficace attraverso l’utilizzo di excel.Si sono anche dedicati alla gestione dei magazzini ripulendoli, eliminando i materiali obsoleti e introducendo un nuovo sistema informatico per la gestione delle scorte. Infine, si sono occupati della riorganizzazione del “technical department” che offre un servizio di manutenzione all’ospedale. Tutto corredato da un’attività quotidiana di formazione nei confronti del personale locale. “E’ stata un’esperienza straordinaria che rimarrà per sempre dentro di me. Mi sono rimasti impressi gli sguardi di adulti e bambini, che pur vivendo in una situazione molto problematica (il nord dell’Uganda è stato afflitto da una lunga guerra civile sino a circa due anni fa) sono sempre pronti a regalarti un sorriso” racconta Federico.“Ci hanno mostrato grande gratitudine e amicizia per il solo fatto di aver deciso di essere andati lì ad aiutarli.” “Ho anche giocato nella squadra di calcio locale, il Kalongo United. E dopo l’ultima partita i miei compagni di squadra mi hanno commosso regalandomi una maglietta con il mio nome,” ricorda Federico. “E non dimenticherò mai il nostro ‘Good-bye party’ organizzato dalle studentesse della Midwifery School, che ci hanno salutato cantando e danzando per noi.” Ma questa esperienza nel cuore dell’Africa ha anche arricchito professionalmente Federico in modo notevole. “Non è sicuramente stato facile trasmettere ad una realtà così lontana, non solo geograficamente, la necessità di implementare una gestione aziendale efficiente basata su un’applicazione dei corretti principi di sostenibilità economica, nel breve e nel medio-lungo periodo. In aggiunta, ho avuto l’opportunità di mettere alla prova e accrescere quelle caratteristiche, le cosiddette “soft skills”, che sono professionalmente fondamentali oggigiorno. Come il sapersi relazionare con persone di una cultura completamente diversa dalla propria, la capacità di leadership,di analisi e di problem-solving.” “E infine,” prosegue Federico, “poter lavorare sapendo di contribuire ad aiutare gli altri non ha prezzo in termini di gratificazione professionale e personale”.

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L’Mba ora è terminato e Federico attende la cerimonia di graduation che si terrà a dicembre. “Nel frattempo, sto cercando opportunità nell’ambito della finanza – sempre che la voglia di tornare in Africa non diventi troppo forte… Comunque tornerò sicuramente a Kalongo.” Nel frattempo Federico si tiene in contatto con la Fondazione per continuare a portare avanti quanto lui e Valerian hanno avviato a Kalongo.

Da Bocconi Newsletter no. 98/2010

Bocconi Newsletter affronta diverse tematiche legate all’economia, al management, al diritto e molto altro ancora con lo scopo di promuovere la ricerca in campo economico e lo sviluppo del sapere accademico. La Newsletter offre inoltre aggiornamenti periodici sulle attività e iniziative promosse all’interno dell’Università Bocconi: • conferenze, seminari, workshop e altri incontri • eventi istituzionali • orientamento e formazione • mostre, concerti e eventi culturali • presentazioni e incontri alla Libreria Egea di via Bocconi 8 • nuove pubblicazioni edite da UBE ed Egea La Newsletter interna viene pubblicata ogni due settimane. Per ricevere la Newsletter Bocconi basta compilare l’apposito modulo d’iscrizione disponibile alla pagina Internet http://info.unibocconi.it/newsletter/