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Port NewS Livorno, Scali Rosciano, 6/7 Livorno Port Authority L’Italia e la riforma dei porti www.porto.livorno.it It’s time to dance with the giants Numero 24 Settembre 2016

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Page 1: Port NewS · centuale è salita al 55%. (gli aggior-namenti sono stati fatti l’anno scorso). Insomma, Verhoeven rivela come ci sia in Europa una spinta verso il su-peramento della

Port NewSLivorno, Scali Rosciano, 6/7 Livorno Port Authority

L’Italia e la riforma dei porti

www.porto.livorno.it

It’s time to dance with the giants

Numero 24 Settembre 2016

Page 2: Port NewS · centuale è salita al 55%. (gli aggior-namenti sono stati fatti l’anno scorso). Insomma, Verhoeven rivela come ci sia in Europa una spinta verso il su-peramento della

L’intervento dell’ex managing partner di MarConsult, Giovanni Vezzoso

Il decreto del Rio, un primo passo (poco convincente) verso la strada della riforma

a pagina 17

SOMMARIO2

L’editoriale

It’s time to dance with the giants

a pagina 3

A tu per tu con il professor Francesco Munari

La riforma? Introdotte significative novità

a pagina 14

Il contributo del super esperto di porti e logistica, Sergio Bologna

La riforma non risolve tutti i problemi

a pagina 20

L’intervista all’avvocato Alberto RossiLa riforma Del Rio coglie nel segno: sì ad Autorità Portuali più snelle

a pagina 10

Parla il senatore PD Marco FilippiI sistemi multi-scalo vero punto di forza della riforma

a pagina 6

Page 3: Port NewS · centuale è salita al 55%. (gli aggior-namenti sono stati fatti l’anno scorso). Insomma, Verhoeven rivela come ci sia in Europa una spinta verso il su-peramento della

Diverse settimane fa, il managing di-rector di Cosco Shipping Ports Ltd,Zhang Wei, alla domanda di un cro-nista se considerasse le nuove alle-anze nel settore dei container unaminaccia per la sua compagnia, ebbea rispondere: “Today, the port indu-stry must learn how to dance with thegiant. We should not resist but try toadapt ourselves to the changes inorder to make a win-win situation”.Wei voleva dar ad intendere che ilprocesso di integrazione tra le attivitàdi trasporto container di China OceanShipping e di China Shipping operatoa marzo avrebbe messo la società digestione dei terminal del gruppoCosco al riparo dai pericoli del gi-gantismo marittimo (navi sempre piùgrandi, alleanze tra vettori, la sele-zione darwiniana dei porti, etc) e infin dei conti la logica che ha portatol’attuale Governo a mettere mano aduna complessa riforma della vecchialegge 84/94 e ad avviare una maxi“operazione di M&A” tra i suoi prin-cipali scali portuali è la stessa che haportato alla fusione tra Cosco eChina Shipping: ovvero adattare iporti ai cambiamenti, raggiungendonuove economie di scala.

In sostanza, mentre fuori dall’Italiafusioni e nuove alleanze tra i linermondiali stanno diventano le leve diun nuovo modello di business nel tra-sporto di marittimo di container, den-tro casa il Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti, Gra-ziano Del Rio, intende giocarsi lapartita della vita puntando su sistemimulti-scalo ancorati alle reti Ten-T ecapaci di creare occupazione e svi-luppo economico.

Pubblicato il 31 agosto scorso sullaGazzetta Ufficiale Italiana, lo schemadi riforma di decreto legislativo pre-disposto sulla base della delega inmateria di riorganizzazione dell'am-ministrazione dello Stato contenutanell'articolo 8 della legge n. 124 del2015, ha di fatto riorganizzato, razio-nalizzato e semplificato la disciplinaconcernente le Autorità portuali, conparticolare riferimento al numero, al-l'individuazione di Autorità di si-stema nonché alla governance. Del provvedimento è stato detto escritto molto. Lo stesso Consiglio diStato ha mostrato di apprezzare ilproponimento del Governo di trasfor-mare l'attuale quadro frammentato e

disarticolato in un moderno ed effi-ciente sistema nazionale di organiz-zazione e governo della portualità edella logistica. Si è detto anche chelo schema, procedendo ad una rivisi-tazione della vecchia legge, riunendole 24 Autorità Portuali in 15 Autoritàdi Sistema, centralizzando i poteri dicontrollo e indirizzo strategico nellemani del Ministro e della Conferenzadi Coordinamento Nazionale, snel-lendo gli organi deliberanti del-l’ADSP e attribuendo nuovi poteri alsuo presidente, riesce a dare ai portiitaliani un nuovo slancio in termini dicompetitività ed efficienza, tanto dadiventare - uso le parole dell’avvo-cato Alberto Rossi, intervistato inquesto numero - uno strumento pro-plusivo di una politica portuale ac-centrata e meno campanilistica.

Il dubbio che resta è se la scelta delgoverno di puntare su un modello digovernance a trazione centralisticasia adeguata a rispondere alle sfidedel futuro. Nessuno ha la sfera di cri-stallo, chi vivrà vedrà: resta comun-que agli atti uno studio (EconomicAssessment of Management Reformin European Seaports) del segretariogenerale dell’European CommunityShipowners’ Association, PatrickVerhoeven, secondo cui l’unica viada percorrere per far fare un salto diqualità ai 93 core ports dell’Ue èquella di traguardare una riforma chegarantisca loro una sostanziale e for-male indipendenza. Il numero unodell’ECSA scrive che l’Unione Euro-pea non ha una strategia esplicita chela indirizzi a definire un comune mo-dello di management per tutti i porti,ma ammette che da sempre la norma-tiva comunitaria considera le port au-thorities come imprese(undertakings) che svolgono attivitàeconomiche. “La corrente di pensieroche va per la maggiore in Europa –

L’Italia alle prese con la riforma della 84/94It’s time to dance with the giants

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Una nave porta container nel porto di Liverpool

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dipendent status”. Oggi, quella per-centuale è salita al 55%. (gli aggior-namenti sono stati fatti l’annoscorso).

Insomma, Verhoeven rivela come cisia in Europa una spinta verso il su-peramento della configurazione delleAutorità Portuali come enti pubblicie autoritativi per configurarli comevere e proprie imprese, sia pure di ri-levante interesse pubblico, consen-tendo loro quell’agilità gestionaleorganizzativa e finanziaria che possaagevolare il loro inserimento nellacatena logistica.

In fondo, come afferma per altro l’exmanaging partner di Marconsult,Giovanni Vezzoso, in uno studio de-dicato alla politica portuale europeae alla riforma dei porti in Italia, pub-blicato sulla rivista specialistica Giu-reta, oggi ad essere messo indiscussione è proprio il principiostesso della land lord port authority“centrato sulla necessità di tenere di-stinta la funzione di tutela e infra-strutturazione del territorio da quelladi gestione dei traffici”. La logica chesta alla base di questa pressione evo-lutiva è molto semplice: un modellodi governance ideale è quello checonsente alle Autorità Portuali disvolgere in pieno la funzione clustermanager (capacità di coordinamento

sostiene Verhoeven nel suo studio - èche le port authorities debbano avereun ruolo autonomo”.

E quando parla di autonomia Verhoe-ven si riferisce:

1)all’autonomia funzionaleInnanzitutto, una port authority devepoter disporre liberamente e piena-mente dei beni del demanio marit-timo. Pur non avendo il diritto divendere pezzi del porto, un’A.P. devepoter appaltare le aree portuali a sog-getti terzi, deve poter valutare se ac-quisire partecipazioni societariedentro società o imprese ritenute ri-levanti ai fini dello sviluppo della ca-tena logistica, deve infine poterdecidere come e se cooperare conaltri porti, formando - nel caso - deicluster, e deve poter fornire determi-nati servizi in house, se non ci sonosoggetti terzi disponibili a farlo.

2)all’autonomia finanziariaL’autonomia funzionale è stretta-mente collegata a quella finanziaria.A causa della ristrettezza dei fondimessi a disposizione dagli Stati perl’implementazione e l’ammoderna-mento delle infrastrutture portuali, acausa, anche, delle restrizioni colle-gate alla normativa sugli aiuti diStato, le autorità portuali devonopoter acquisire una indipendenzasempre maggiore dai sussidi statali edal finanziamento pubblico. Questoimplica che le A.P. debbano quantomeno avere il controllo diretto delleproprie risorse. Per Verhoeven par-lare di autonomia finanziaria vuoldire anche poter decidere autonoma-mente quali investimenti portareavanti. Il tema è chiaramente deli-cato: qui ci vorrebbero altre dieci pa-gine, forse un numero a parte, pervalutare 1)quali ricadute potrebbeavere la politica europea in materiadi aiuti di stato su una piena autono-mia finanziaria delle AP (ne parlaanche il professor Francesco Munari)e 2) Se a queste ultime tale autono-mia non debba essere riconosciutasoltanto con riferimento alla gestione

ordinaria- lasciando - come parrebbegiusto che fosse - che sia il Governocentrale a dire l’ultima parola sulledecisioni di investimento che richie-dono necessariamente, per la loromole, aiuti a carico delle finanze pub-bliche. Considerando che oggi le Au-torità Portuali italiane non hannoalcuna autonomia sostanziale (nonpotendo essere riconosciuta cometale quella che viene concessa con lafruzione di risorse tramite un unfondo di finanziamento alimentato dauna quota dell’IVA sulle merci im-portate ), andrebbe necessariamentetrovata una quadra: per esempio, icanoni concessori e i “diritti portuali”possono o non possono essere introi-tati da chi fornisce questi servizi?

Ciò detto, aperte e chiuse le parentesisul tema dell’Autonomia, aggiun-giamo che il segretario dell’EuropeanCommunity Shipowners’ Associationavverte che l’adesione ad un modellodi governo più indipendente è untrend in via di sviluppo che sta inte-ressando un numero sempre mag-giore di porti europei. Già nel 2010 –ricorda Verhoeven nel suo studio – il46% delle 66 port authorities del corenetwork che avevano deciso di ri-spondere al sondaggio conoscitivopromosso dalla Sea Ports EuropeanOrganization (ESPO), dichiararonodi avere in un modo nell’atro “an in-

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Un’immagine aerea del Maasvlakte 2, del porto di Rotterdam

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superiori, piena responsabilità del ri-sultato economico, possibilità di rea-lizzare joint ventures con le impreseprivate, capacità di istituire collega-menti con operatori del trasporto).

Si guardi l’esempio del Porto di Rot-terdam (un modello da imitare, se-condo Verhoeven): siamo ancora allapresenza di uno scalo land lord ma ditipo nord europeo, dove le attività diamministrazione delle aree, pur es-sendo mantenute separate da quelleimprenditoriali di gestione dei traf-fici, sono gestite dalla Port Authorityin modo societario, non attraverso ri-gidi strumenti di tipo pubblicistico(come le concessioni), bensì attra-verso strumenti flessibili di diritto co-mune (come i contratti). I punti diforza dello scalo olandese (le grandieconomie di scala dovute ad unadelle maggiori concentrazioni di pro-duzione manifatturiera al mondo; laforte vocazione alle esportazioni; ilsupporto economico da parte delloStato, che ha inteso concentrare i pro-pri investimenti su pochi altri porti;alti fondali e grandi disponibilità dispazi, ect), pur indipendenti daaspetti organizzativi interni ai porti,hanno trovato nel modello di gover-nance portuale un fattore determi-nante per la produttività. La gestionedel porto (come documentano gli an-nual reports pubblicati sul sito delporto di Rotterdam dal 2004 ad oggi)è migliorata grazie alla sostituzionedi un organismo di estrazione politicacon un management professionalequalificato (l’executive board, con-trollato da un Supervisory Board) egrazie a un più forte orientamento almercato e all’utenza portuale. L’Am-ministrazione autonoma, formata perdue terzi dalla municipalità di Rotter-dam, e per un terzo dallo stato olan-dese, è dotata di un bilancio proprio,e attraverso la società privata NVmainport Holding Rotterdam, gesti-sce le partecipazioni municipali,opera collegamenti con altri operatoridel trasporto, ricorrendo anche ad ac-quisizioni strategiche di compagnie oterminal interni. È stata in poche pa-

role promossa una gestione manage-riale del porto.

Ovviamente, c’è da chiedersi se unmodello organizzativo a carattere so-cietario con partecipazione azionariapubblica sia applicabile a livello na-zionale. Si tratta di un’idea sugge-stiva, che avrebbe come minimo ilmerito di riconsiderare le AutoritàPortuali sotto una nuova luce, confi-gurandole come enti economici, mache risulterebbe difficilmente attua-bile in Italia per diversi motivi: ci-tiamo a titolo di esempio leproblematiche giuridiche e istituzio-nali relative al rapporto fra Stato eenti locali, e la necessità di rivederel’istituto delle concessioni renden-dolo più compatibile con l’esistenzadi soggetti imprenditoriali in grado dioperare con un alto grado di autono-mia (per esempio, come suggerisceVezzoso, trasformando le attualiconcessioni demaniali in contratti didiritto privato che sanciscano l’ob-bligo della valorizzazione del beneda parte del terminalista, come ac-cade in diversi porti comunitari).

Come detto, il Governo ha già fatto lapropria scelta, scommettendo tutto suun modello di land lord Port Autho-rity, e puntando su enti pubblici noneconomici gestititi, ancora più che inpassato, dal potere centrale. Giusta èl’esigenza di definire una pianifica-zione nazionale delle politiche di in-dirizzo strategico che consentano diconcentrare le risorse disponibili supoche e chiare priorità e appare altret-tanto condivisibile l’esigenza di ri-durre le Autorità Portuali attualiinserendole in sistemi multi-portocollegati alle reti Ten-T, ma ci chie-diamo se il mantenimento della con-figurazione delle Autorità Portualicome enti pubblici non economicinon rischi di contrastare con una pres-sione evolutiva che – in chiave Euro-pea - sta vieppiù proiettando le PortAuthorities verso il ruolo di maniportmanagers. Il senatore Filippi, intervi-stato in questo numero, ha ragione davendere quando asserisce che lo

schema di riforma messo a punto dalMIT è soltanto un primo importantepasso verso la realizzazione di unapiù compiuta riforma del sistema por-tuale italiano: auspichiamo che essapossa veramente dare agli scali por-tuali il tanto atteso slancio per tra-guardare nuovi importanti obiettivi.Fatta la tara di tutte le condizioni sto-riche che di fatto da tempo giustifica-vano un intervento riformatore delloStato – e va dato atto al Ministro DelRio e al suo staff di aver finalmenteprovveduto a mettere mano alla tantosospirata riforma della 84/94 – è in-dubbio che ci troviamo di fronte aduna svolta importante. Resta da ve-dere se essa contribuirà a risolvere omeno i problemi di cui soffre la por-tualità italiana. Nel 2007 un profes-sore di Logistica e economia deitrasporti all’Università di NewCastle,Kevin Cullinane, e una studiosa pro-veniente dall’Università di Dalhouise(Nuova Scozia, Canada), Mary Bro-oks, autori di un volume intitolato:Devolution, Port governance and Portperformance, scrissero riguardo al-l’Italia: “The italian case is quite in-teresting because it is one where thecentral government has a strong regu-latory control over the transport sy-stem but has attempted to implementnew public management principleswithout changing the existing bure-aucratic structure. A rigid regulation,financial restrinctions and bueaucra-tic structures hamper the develop-ment of an efficient port system”. Ladomanda è? Siamo in grado oggi, ariforma realizzata, di smentire i dueprofessori, rispondendo che le loro ri-flessioni sui deficit strutturali dellaportualità italiani sono ormai anacro-nistiche? Abbiamo veramente impa-rato “a ballare con i giganti” dellaportualità (nord)europea? Ai posteril’ardua sentenza.

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Port NewS

Bimestrale on lineSede: Scali Rosciano 6/7

Direttore editoriale: Giuliano GallantiDirettore responsabile: Marco CasaleRegistrazione del tribunale di Livorno

n° 1/2012 del 14/3/2012

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Non c’è che dire, per il senatore

Marco Filippi la riforma della

84/94 può rappresentare una si-

gnificativa opportunità per il ri-

lancio della economia portuale e

dell’economia marittima di una

molteplicità di territori. Certo,

molto deve essere ancora fatto: bi-

sogna mettere mano ad una vera

riorganizzazione del lavoro in

porto, e occorrerebbe rafforzare

alcuni aspetti per semplificare ul-

teriormente le procedure di piani-

ficazione dell’ambito portuale, ma

per il capogruppo del PD della

Commissione Lavori Pubblici e

Comunicazioni del Senato, lo

schema di decreto legislativo ap-

provato dal CDM un mese fa, e da

poco pubblicato sulla Gazzetta

Ufficiale Italiana, ha comunque il

merito di cambiare, e in profon-

dità, la portualità italiana.

Senatore, è proprio così: siamodi fronte ad una svolta epocale?Guardi. Lo schema di decreto vavisto come un primo, importante,passo verso un più complessivosviluppo di una nuova politica

portuale. Il provvedimento ha ilmerito di inquadrare la portualitànazionale come un sistema, anzicome un sistema di sistemi. È que-sto il principio ispiratore, la lentecon la quale occorre leggere le no-vazioni introdotte dal Governocon riferimento alla prospetta-zione di un modello di governancediverso da quello definito a suotempo con la 84/94. Senza questaimportante premessa, rischie-remmo di non dare a questa ri-forma l’importanza che merita.L’idea vincente che sta alla base ditutto è proprio quella di ragionarein una logica di insieme: i singoliporti italiani, presi separatamente,non hanno alcuna possibilità dicompetere con gli scali del Nor-thern Range, ma come sistemasiamo uno dei primi in Europa.

Rimanendo in tema, la princi-pale innovazione dello schemadi decreto legislativo è sicura-mente l'istituzione di 15 Auto-rità di Sistema Portuale(AdSP)…Come detto, per la prima volta si

riconosce alla portualità italiana lanecessità di fare sistema. Si passa,cioè, da un modello che era ten-denzialmente monoscalo ad unoche è tendenzialmente pluriscalo.Le 15 nuove AdSP accorperannoinfatti tutti i 54 scali italiani e so-stituiranno pertanto le attuali 24Autorità portuali, che ricompren-dono attualmente per lo più i portiin cui sono istituite. Si tratta di ungrande passo in avanti. Questanuova impostazione va di paripasso con una rinnovata visionedell’amministrazione pubblica cheattribuisce allo Stato, e in partico-lare al Ministero delle Infrastrut-ture e dei Trasporti, laresponsabilità diretta di promuo-vere la crescita e la competitivitàdei porti italiani.

In questo nuovo sistema pluri-scalo il Ministro sembra acqui-sire un ruolo importante, non ècosì?Durante il passaggio in Senato perl’espressione di un parere non vin-colante sullo schema di decreto le-gislativo, abbiamo espressamentechiesto che il Ministro delle Infra-strutture e dei Trasporti presie-desse la Conferenza nazionale dicoordinamento delle Autorità diSistema Portuale, rispondendo di-rettamente delle scelte strategicheoperate, sia con riferimento altema dell’allocazione delle risorseeconomiche, sia con riferimento aquello dei piani di sviluppo.

Il Ministro sarà insomma unsuper presidente chiamato a me-diare le posizioni dei quindicinuovi presidente di ADSP.No. Non ci sarà nessuna media-zione. Il Ministro non dovrà eser-

Meno vincoli e più sinergie tra portiI sistemi multi-scalo punto di forza della riforma

Il punto di vista del senatore PD (Commissione lavori pubblici e comunicazioni) Marco Filippi6

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citarsi in estenuanti sessioni di tat-tica politica, ma semplicementedecidere, assumendo funzioni dicoordinamento e indirizzo con ri-ferimento alle attività delle singoleAdsp e traguardando gli obiettividi una complessiva programma-zione strategica di settore. Comedetto, la Conferenza (che in unaversione precedente veniva erro-neamente chiamata col nome di“Tavolo”), sarà il luogo ideale perricomporre gli interessi delle sin-gole Adsp e quelli degli operatorieconomici e delle parti sociali ingenere.

Che c’entrano gli operatori eco-nomici e le parti sociali?In Parlamento abbiamo anchechiesto di recuperare, sul pianodella partecipazione alle funzionidi governo, l’apporto delle catego-rie degli operatori economici e deisindacati, che potranno essere orainvitati ad esprimersi su temi diloro stretta competenza. La Confe-renza, inoltre, potrà anche valutarese avvalersi della struttura associa-tiva di rappresentanza delle Auto-rità di sistema, ovvero Assoporti,che è chiamata più che mai oggi adassumere un ruolo strategico. In-somma, il più grande merito dellaRiforma è quello di aver formaliz-zato un punto di governo nazio-nale del sistema dotato di pieni

poteri di coordinamento e con ca-pacità di interiorizzare la dialetticahegeliana all’interno di normali di-namiche democratiche di con-fronto con gli stakeholder delsettore.

Scendiamo di un gradino. All’in-terno delle Adsp sono stati isti-tuiti nuovi organi di governo: icomitati di gestione. Che cosacambia rispetto al passato?Tutto. L’organo deliberante del-l’Autorità Portuale è ora compostoda un numero ristretto di persone,ovvero i rappresentanti delle isti-tuzioni e degli enti locali interes-sati, mentre i rappresentanti dellecategorie produttive e dei lavora-tori sono invece inclusi nel nuovoOrganismo di Partenariato della ri-sorsa mare.

L’Organismo di partenariatoavrà le funzioni che oggi spet-tano alla Commissione Consul-tiva?No. È un paragone improprio. Pre-messo che le modalità di funziona-mento dell’Organismo (e leprocedure di nomina dei suoi com-ponenti) saranno disciplinate inmodo dettagliato con un appositodecreto del Ministero, posso find’ora assicurare che la consulta-zione dell’Organismo fornirà alComitato di Gestione suggeri-

menti utili e rilevanti ai fini di unapiù chiara comprensione dei temiche di volta in volta verranno af-frontati, con funzioni di supportodelle scelte regolatorie che l’or-gano di governo del porto è chia-mato ad assumere. Le categoriedegli operatori economici e le partisociali avranno modo di parteci-pare attivamente alle funzioni digoverno del porto, sia all’internodell’Organismo di Partenariato, sia– a monte, e quando consultate -nei momenti di confronto in sededi Conferenza.

Senta. Si parla spesso e volen-tieri di un nuovo ruolo manage-riale che la riforma va adattribuire alla figura del presi-dente. In che cosa si declina que-sta managerialità?Cominciamo col dire che il presi-dente è ora espressione diretta delMinistro, con cui ha un rapportopiù diretto e operativo che non inpassato. La complessa proceduradi nomina della 84/94 viene in-somma semplificata, non preve-dendosi più che il nome delcandidato debba essere propostonell'ambito di una terna di esperti,da comunicare al Ministro dei tra-sporti tre mesi prima della sca-denza del mandato. Il candidatoverrà scelto dal Ministero di intesacol presidente della Regione e sequest’ultimo non concorda, la que-stione viene rimessa in sede diConferenza Stato Regioni alla de-liberazione del presidente del Con-siglio.

Ma quali sarebbero i maggioripoteri di cui disporrebbe il pre-sidente dell’ADSP?I presidenti dispongono in manieraesclusiva del demanio per contodello Stato, hanno poteri di coor-dinamento di tutti gli altri soggettipubblici, possono altresì promuo-vere la stipula di protocolli d’in-

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tesa fra l’autorità e le altre ammi-nistrazioni operanti nei porti per lavelocizzazione delle operazioniportuali e la semplificazione delleprocedure; possono promuoveprogrammi di investimento infra-strutturali che prevedano contri-buti dello Stato o di soggettipubblici nazionali o comunitari epartecipano alle sedute del CIPEaventi ad oggetto decisioni strate-giche per il sistema portuale di ri-ferimento;

Passiamo dal tema della gover-nance a quello della pianifica-zione. Che cosa mi dice delPiano Regolatore del SistemaPortuale e delle sue modalità diapprovazione?È uno dei punti dolenti della ri-forma, che in ambito di pianifica-zione urbanistica dei porti non èstata altrettanto innovativa e co-raggiosa come sulla governance.Le procedure sembrano appesan-tire eccessivamente l'approvazionedei piani regolatori portuali, con-figurandoli come subordinati aipiani regolatori comunali e quindiassoggettandoli alle preventive in-tese con Regioni e Comuni, cheperò spesso sono molto difficili daottenere. Se avessimo voluto recu-perare in velocità ed efficienza, ilGoverno avrebbe dovuto recepirequanto abbiamo chiesto in Parla-mento, qualificando i piani regola-tori portuali come varianteurbanistica al piano regolatore ge-nerale, in ragione del loro caratterestrategico. Bada bene, io non di-sprezzo le autorità locali. Me seciò che ha ispirato la riforma della84/94 è il fatto che la portualità èun ambito economico strategicoper lo Stato, questo principio devevalere anche per le scelte di fondorelative alla pianificazione di quel-l’ambito.

Parliamo un attimo dei porti

Lo schema di decreto legislativo, nato da unpercorso che ha visto una prima approva-zione nel Consiglio dei ministri del 21 gen-naio 2016 e successivi pareri dellaConferenza unificata, del Consiglio diStato, nonché delle Commissioni prepostedi Camera e Senato, si compone di 23 arti-coli ed un allegato e modifica molti articolidella legge n. 84 del 1994, che ha riordinatola legislazione portuale, in precedenza di-sciplinata dal Codice della navigazione.

La principale innovazione dello schema didecreto legislativo è l'istituzione di 15 Au-torità di Sistema Portuale (AdSP), che ac-corpano tutti i 54 porti italiani esostituiranno pertanto le attuali 24 Autoritàportuali La sede della AdSP è la sede delporto centrale (c.d. core), individuato nelRegolamento (UE) n. 1315/2013 relativoalla nuova Rete Transeuropea dei Trasporti(TEN-T).

L' AdSP viene qualificata giuridicamentedal nuovo art. 6 come ente pubblico noneconomico di rilevanza nazionale a ordina-mento speciale, dotato di autonomia am-ministrativa, organizzativa, regolamentare,di bilancio e finanziaria. Gli organi dell'AdSP sono:a) Il Presidente; b) Il Comitato di gestione,che sostituisce il Comitato portuale; c) IlCollegio dei revisori dei conti.

Il Comitato di gestione è l’organo delibe-rante cui sono attribuite le funzioni dell'at-tuale Comitato portuale. Esso è nominatodal Presidente dell'AdSP. Il Comitatoadotta il piano regolatore di sistema por-tuale; approva il piano operativo triennale,concernente le strategie di sviluppo delle at-tività portuali e Logistiche; approva il bi-lancio di previsione, le note di variazione eil conto consuntivo; predispone il regola-mento di amministrazione e contabilità del-l'AdSP, da approvare con decreto delMinistro delle infrastrutture e dei trasportidi concerto con il Ministro dell'economia edelle finanze; approva la relazione annualesull'attività dell'AdSP da inviare al Mini-stro delle infrastrutture e dei trasporti; no-mina il segretario generale su proposta delpresidente dell' AdSP.

Oltre al Comitato di gestione è stato istituitol’Organismo di partenariato della risorsamare composto dal Presidente dell' AdSPche lo presiede, dal comandante del portoovvero dei porti facenti parte del sistema

dell'AdSP. Si tratta di un organo in cui con-fluisce la rappresentanza delle categorieprofessionali: vi partecipano infatti le asso-ciazioni datoriali e sindacali rappresenta-tive delle categorie operanti in porto.All’Organismo vengono attribuite funzioniconsultive di partenariato economico, so-ciale, per l'adozione del piano regolatore disistema, del piano operativo triennale, peri livelli dei servizi resi nell'AdSP, nonché perl'organizzazione del lavoro in porto e l'ap-provazione del bilancio preventivo e con-suntivo.

È stato inoltre istituito un Organismo delcluster marittimo in ciascuno dei porti coreche siano confluiti in un'unica AdSP.

Il nuovo articolo 11-ter istituisce poi la Con-ferenza nazionale di coordinamento delleAdSP, presso il Ministero delle infrastrut-ture e dei trasporti, quale organo di coor-dinamento nazionale delle nuove Autoritàavente in particolare il compito di coordi-nare e armonizzare: le scelte strategicheper i grandi investimenti infrastrutturali;le scelte di pianificazione urbanistica in am-bito portuale; le strategie di attuazione dellepolitiche relative alle concessioni demanialimarittime; le strategie di marketing e pro-mozione sui mercati internazionali del si-stema portuale nazionale. La Conferenza ècomposto dai Presidenti delle AdSP ed èpresieduto dal Ministro delle Infrastrutturee dei Traporti.

Con decreto del Ministero delle infrastrut-ture e dei trasporti è poi istituita, in ogniporto, una commissione consultiva compo-sta da cinque rappresentanti dei lavoratoridelle imprese operanti in porto, da un rap-presentante dei lavoratori dell’Autorità disistema portuale e da un rappresentante diciascuna delle seguenti categorie imprendi-toriali operanti nel porto: armatori; indu-striali; imprenditori di cui agli articoli 16 e18 della medesima legge n. 84; spedizio-nieri; agenti e raccomandatari marittimi;autotrasportatori operanti nell’ambitoportuale;

La commissione di cui al comma 1 ha fun-zioni consultive in ordine al rilascio, alla so-spensione o alla revoca delle autorizzazionidi cui all’articolo 17, nonché in ordine al-l'organizzazione del lavoro in porto, agli or-ganici delle imprese, all'avviamento dellamanodopera e alla formazione professio-nale dei lavoratori.

La riforma portuale in pilloleLe principali novità

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non sede di Adsp. Ci può spie-gare qual è la differenza tra gliuffici territoriali e quelli ammi-nistrativi decentrati?La riforma stabilisce che i primivengano istituiti nei porti già sededell’Autorità Portuale, i secondinei porti dell’AdSP ubicati pressoun comune capoluogo di provin-cia non già sede di Autorità por-tuale. Agli Uffici territoriali èpreposto direttamente il segretariogenerale dell’ADSP, che ha fun-zioni delegate dal Comitato di Ge-stione con riferimento alcoordinamento delle operazioni inporto, al rilascio delle concessioniper periodi fino a durata di quattroanni anche determinando i rispet-tivi canoni, e ai compiti relativialle opere minori di manutenzioneordinaria in ambito di interventied edilizia portuale. Gli Uffici de-centrati amministrativi, prepostida personale quadro o dirigentedell’ADSP, hanno funzioni difront office e si limitano a recepiree inoltrare al Comitato di gestionele istanze che provengono dal ter-ritorio. Le faccio un esempio: aPiombino avrete un Ufficio terri-toriale, Trapani avrà invece un Uf-ficio decentrato.

Nel dispositivo normativo èanche previsto che L’ADSPpossa assumere partecipazioni,

a carattere societario di mino-ranza, in iniziative finalizzatealla promozione di collegamentilogistici e intermodali, funzio-nali allo sviluppo del sistemaportuale. Che cosa ne pensa?Si tratta di un punto estremamentequalificante della riforma, che ab-biamo voluto a tutti i costi fosseinserito nel decreto legislativo.Oggi i confini tradizionali deiporti sono in via di superamento:con le procedure di preclearing e icorridoi veloci, ad esempio, losdoganamento delle merci avvienegià fuori dal porto. Di conse-guenza, una moderna gestione delsistema impone la capacità di col-legare tra loro porti e retro porti.Per questo motivo abbiamo insi-stito perché l’Autorità mantenessela possibilità di acquisire parteci-pazioni minoritarie in società lacui ragion d’essere sia quella dipromuovere i collegamenti logi-stici e intermodali. Abbiamo in-vece escluso che le Adsppotessero gestire in proprio so-cietà che gestiscano servizi in am-bito portuale, anche servizigenerali.

Abbiamo notato che il disposi-tivo normativo non introduce al-cuna novazione con riferimentoall’eterogenea articolazione deiruoli assunti dall’Autorità Ma-

rittima e dall’Autorità Por-tuale...In ordine al rapporto tra autoritàmarittima e autorità portuale, esi-stono ancora oggi una serie di in-certezze e ambiguità cheandrebbero chiarite. Oggi rimanein piedi un sistema di governo delporto di tipo duale che franca-mente appare anacronistico. Nel-l’ambito delle questioni disicurezza il comandante del portorisponde soltanto alle sue funzioni,mentre secondo il mio modestoparere, il presidente dell’Adsp, inquanto diretta espressione del mi-nistro, dovrebbe, nel rispetto dellecompetenze che competono al-l’Autorità Marittima, avere sottodi sé la piena disponibilità deglistrumenti e delle risorse umaneche insistono sulla circoscrizionedell’Autorità di Sistema (Capita-neria di porto inclusa). Uno stru-mento che potrebbe aggredire lostatus quo, producendo utili cam-biamenti, è lo Sportello UnicoAmministrativo che, a seconda dicome verrà disciplinato (il regola-mento attuativo verrà adottato dal-l’amministrazione competenteentro 90 giorni dall’entrata in vi-gore dello schema di decreto legi-slativo), potrebbe diventarel’interfaccia unica per tutti i pro-cedimenti amministrativi.

E che cosa mi dice dello SportelloUnico Doganale?Viene implementato l'attuale Spor-tello Unico Doganale, istituitodall'art.4, comma 57, della legge 24dicembre 2003, n. 350, riconoscendoall'Agenzia delle Dogane un ruologuida con riferimento a funzioni diSportello Unico per i Controlli e acompetenze per tutti gli adempimenticonnessi all'entrata/uscita delle mercinel/dal territorio nazionale. Sarà inte-ressante vedere come l’agenzia delledogane saprà rapportarsi con i PortCommunity System dei vari porti.

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“Una riforma che coglie nel segnoe che si appresta a diventare lostrumento propulsivo di una poli-tica portuale nazionale accentratae meno campanilistica”. L’avvo-cato Alberto Rossi, genovese,classe 1963, partner del presti-gioso Studio Legale AssociatoNCTM, ha una vastissima espe-rienza professionale nel campodel diritto dei trasporti e delle at-tività portuali, la sua formazioneinternazionale (ha lavorato nelRegno Unito per tre anni, occu-pandosi di assistenza e consu-lenza ad alcune società attive neltrasporto marittimo), gli consenteperaltro di inquadrare lo schemadi decreto legislativo approvato inCdm il 26 luglio scorso nella suagiusta dimensione. Pur avendopiù volte chiesto di considerarel’ipotesi di una trasformazionedell’ente pubblico autorità por-tuale in una società per azioni acapitale pubblico privato se-guendo il modello vigente in am-bito aereoportuale, il legale ritieneche la riforma crei i presuppostiper una gestione snella, operativa

e manageriale.Avvocato Alberto Rossi, laprincipale innovazione delloschema di decreto legislativoè sicuramente l'istituzione di15 Autorità di Sistema Por-tuale, è d’accordo?Mi permetta di contraddirla.L’istituzione dell’Autorità diSistema che ingloba più portiestende e formalizza una pra-tica che il Ministero dei Tra-sporti ha già seguito da tempoaffidando la gestione di portiminori alle Autorità Portuali dialcuni porti principali: si pensial porto di Gaeta affidato a Ci-

vitavecchia e ai porti di Crotone eVilla San Giovanni affidati aGioia Tauro.

Quali sono secondo lei le verenovità di questa riforma?Le vere innovazioni sono l’aboli-zione del Comitato Portuale, so-stituito con un Comitato diGestione ristretto e fortementeapicale, l’istituzione della Confe-renza nazionale di coordinamentodelle Autorità di Sistema presso ilMinistero e la semplificazionedelle procedure di approvazionedel piano regolatore portuale.Le prime due novelle dovrebberosnellire le procedure di delibera-zione oggi appesantite dalla par-tecipazione di troppi attori ecreare pertanto uno strumentopropulsivo di una politica por-tuale nazionale accentrata e menocampanilistica e per questo piùidonea a competere con i sistemiportuali nord europei che fanno diquesta caratteristica uno dei puntidi maggiore forza. Riguardo al piano regolatore,nella prassi attuale una vera spina

nel fianco delle Amministrazioniportuali, la procedura risulta snel-lita e potenzialmente acceleratacon il ricorso alla conferenza deiservizi in caso di mancanza di ac-cordo tra le amministrazioni.Inoltre la facoltà di procedere adadeguamenti tecnico funzionali aldi fuori delle procedure di varia-zione del Piano, precedentementemolto complesse e disincenti-vanti, coglie nel segno per potervelocemente assecondare mediotempore eventuali modifiche aicomparti portuali in funzionedelle mutate esigenze del traffico.Questo dovrebbe evitare perico-lose cristallizzazioni della strut-tura portuale arroccata su pianidivenuti obsoleti a cagione delmutare delle esigenze dell’utenza.

Torniamo un attimo a parlaredel Comitato di Gestione, è unbene che nuovo organo delibe-rante dell’AdSp sia formato sol-tanto da rappresentanti deglienti pubblici interessati?Certamente sì, ma a condizioneche l’Organismo di Partenariatofunzioni in maniera diversa ri-spetto alla vecchia commissioneconsultiva. Il criterio di rappre-sentatività forzata che voleva pre-sidiare il vecchio comitato si èrivelato spesso un simulacro diveti incrociati, conflitti di inte-resse mai sedati e un vero lac-ciuolo per il presidente e il suosegretario costantemente alleprese con una miriade di suppli-che e pressioni.La governance a quattro disegnatadalla riforma (che rimette l’ammi-nistrazione del porto a chi effetti-vamente rappresenta l’interessepubblico) non deve essere inter-

La riforma della 84/94 coglie nel segnoSì ad Autorità Portuali più snelle e manageriali

L’intervista all’avvocato Alberto Rossi, partner dello studio legale NCTM10

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pretata come un tentativodirigistico volto a smarcarela port community privan-dola dell’indispensabilepresenza consultiva e pro-positiva. La novella pre-vede l’organismo delpartenariato le cui delibe-razioni, pur non vincolanti,dovranno essere tenute indebito conto dal Comitatodi gestione. Aver spostatol’asse decisionale più inalto e nelle mani di chideve fare l’interesse dellacollettività, così smarcan-dolo da un pericoloso e conflit-tuale consociativismo, è uno deipiù significativi pregi della ri-forma.

Accennava all’Organismo dipartenariato della RisorsaMare. Qual è, secondo lei, ilruolo che sono chiamati a svol-gere gli operatori economici e leparti sociali: protagonisti osemplici comparse?Protagonisti come sempre e nonvedo proprio come un Ente di ge-stione possa farne a meno. Sa-rebbe un grave sbaglio. Piuttosto,come ho detto più sopra, do-vranno essere chiarite le funzionie la caratura delle indicazioni cheverranno dal tavolo. Il Decretoche regolerà le prerogative di que-sto Organo per nulla secondario,attribuirà senz’altro all’Organi-smo di partenariato un ruolo e unafunzione in grado di rappresentarele istanze delle categorie rappre-sentate. Per esempio obbligandoil Comitato di Gestione a moti-vare le proprie scelte ove le stessesiano difformi dalle indicazioniche provengono dal tavolo. Mipare poi condivisibile la scelta deicomponenti dell’Organismo conuna doverosa precisazione: chesia sempre rispettato il criteriodella rappresentatività delle cate-

gorie professionali, imprendito-riali e dei lavoratori attraversouna verifica concreta circa il pos-sesso delle necessarie credenzialiche tali soggetti debbono presen-tare per poter legalmente presi-diare le posizioni delle categorieinteressate.

Insomma, mi sembra di capireche il nuovo sistema di gover-nance non le dispiace…Come ho detto questo è un puntocentrale della riforma. Non credoinfatti che possano essere affidatele redini della politica generaledei trasporti in Italia alle ammini-strazioni dei singoli porti che, inmodo del tutto indipendente edesclusivamente funzionale agli in-teressi dell’aria amministrata,hanno fino ad oggi deciso le poli-tiche degli investimenti, la sceltadelle opere da realizzarsi, la voca-zione portuale, i piani industrialie la scelta dei concessionari cheaspirano alla realizzazione diopere conseguendo concessioni dilunga durata. Il precedente regime ha fallitoanche e soprattutto in questi ter-mini e come immediata conse-guenza abbiamo ereditato unaserie di cattedrali nel deserto e po-litiche portuali inutilmente con-correnziali con altri scali,

politiche che hanno sottratto ri-sorse, alterato il libero corso dellaconcorrenza e in ultima analisinon hanno giovato all’interessenazionale. Auspico poi che la ConferenzaNazionale di Coordinamentodelle AdSP diventi un organostrutturato che assuma compiti dirappresentanza e promozione, an-ch’essa coordinata, del sistemaportuale nazionale in ambiti inter-nazionali, che diventi lo stru-mento per armonizzare leprocedure e le regole per il rila-scio delle concessioni e delle au-torizzazioni, i canoni e lecondizioni di esercizio del lavoroportuale. Tutto ciò porterà unbene perché renderà il sistemaportuale nazionale armonizzato epiù forte.

Non era possibile pensare a mo-delli societari alternativi, peresempio un modello Rotter-dam?Ho chiesto più volte di conside-rare l’ipotesi di una trasforma-zione dell’ente pubblico autoritàportuale in una società per azionia capitale pubblico privato se-guendo il modello, ovviamentecon le opportune integrazione emodifiche, vigente in ambito ae-reoportuale. Sono ancora con-

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Una società per azioni a capitale pubblico privato che segua il modello aeroportualePer Rossi è una scelta alternativa al modello di governance definito con la riforma Del Rio

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vinto che questo sia il modello piùopportuno per attirare investimentisoprattutto da parte delle impresee dei fondi stranieri.Debbo tuttavia dire che la riformacoglie nel segno laddove, purmantenendo la natura dell’EntePubblico, crea i presupposti peruna gestione snella, operativa emanageriale.La facoltà, di cui oggi le AdSP di-spongono, di poter partecipare aiprogetti di sviluppo (la realizza-zione degli interporti per esempiodata la grande importanza chequesti avranno nel prossimo fu-turo) è un altro segno di impor-tante innovazione.

Ritornando al tema del PianoRegolatore Portuale, di cui haparlato in apertura di questa in-tervista, lo strumento principedi programmazione delle opereportuali sarà sempre subordi-nato alla preventiva approva-zione del piano regolatorecomunale e questo richiederàinevitabilmente tempi più lunghiper qualsiasi intervento. Nonpensa fosse necessario un po’ piùdi coraggio da parte del Go-verno?Sì, qui si poteva fare di più ma ri-cordiamo che è ben difficile poterimmaginare in porti come Ge-nova, Livorno, Trieste, Napoli emolti altri, l’attribuzione in viaesclusiva alla AdSP del potere didefinire e approvare il propriopiano regolatore in forma di-sgiunta rispetto alle amministra-zioni comunali interessate. Nelnostro paese il porto è spesso in-corporato nella città e questo fat-tore rende non solo opportuna manecessaria la partecipazione delcomune interessato alla proceduradi approvazione. Quel che do-vranno fare i nuovi presidenti è diimprimere alle procedure di valu-tazione e approvazione dei piani

regolatori un impulso che nel pas-sato in molte situazioni è mancato.Sono poi convinto che il piano re-golatore sia uno strumento essen-ziale per la programmazione delleopere ma che lo stesso non deveingessare le attività portuali per-ché se da una parte è corretto af-frontare e risolvere una volta pertutte la specializzazione dellevarie aree portuali, dall’altra parte,visti i tempi biblici per la sua mo-difica, tale programmazione nondeve diventare permanente ed in-suscettibile di essere evoluta infunzione della modifica dei traf-fici. Questo fenomeno, presente inmolti porti, deve essere combat-tuto perché aumenta la litigiositàtra le parti, fa perdere al porto oc-casione di traffico e disorienta glioperatori marittimi creando tral’altro rendite di posizione che aben vedere sono anticoncorren-ziali e antieconomiche.

Che cosa ne pensa dello Spor-tello Unico Doganale?La norma fa chiarezza su due temiessenziali in materia di competiti-vità del sistema doganale nazio-nale rispetto ad altri sistemidell’Unione che garantiscono aglioperatori tempi e modalità più ap-petibili rispetto a quelli che fino adoggi gli uffici italiani sono stati ingrado di esprimere. Ricordo che lo Sportello UnicoDoganale è stato definitivamenteattivato a luglio2011. La norma incommento ha ilpregio di rendereefficiente il "dia-logo telematico" tratutte le amministra-zioni coinvolte nelprocesso di sdoga-namento compresi isegmenti di con-trollo di cui sono ti-t o l a r i

12amministrazioni diverse dal-l'Agenzia delle Dogane e soprat-tutto definire lo sportello unicodoganale il soggetto unico deputoalle verifiche e ai controlli così dacreare un unico interlocutore pergli operatori. Ricordo tuttavia che già nel 2010il DPCM 242/2010 aveva impostoalle varie amministrazioni di inte-grare i processi di competenza dicui erano titolari, il tutto per offrirealle imprese un’interfaccia unita-ria, mentre la circolare 16/D del2012 della Agenzia delle Doganeaveva propugnato la completa di-gitalizzazione delle dichiarazionidoganali. Oggi la norma novellatadovrebbe risolutivamente averchiuso il cerchio per quanto at-tiene le funzioni e i compiti delloSportello Unico in ambito por-tuale. Saranno gli uffici doganaliche dovranno attivarsi per rendereservizi, che in gran parte sono giàefficienti ma che presentano areepassibili di significativi migliora-menti. Come al solito il diavolo stanel dettaglio, le norme sono chiarema nello svolgimento diuturnodelle attività si possono annidareinefficienze che vanno combat-tute.Trovo pertanto emblematico che lenorme siano state opportunamenteinserite nel corpo della legge cheregola la nostra industry portualeper confermarne la centralità el’importanza per tutto il sistema.

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menti antistorici e pertanto ineffi-cienti. Anche la Conferenza di Coordina-mento delle varie AdSP mi au-spico possa, anche sotto il profilodella promozione dei traffici delsistema portuale Italia, aiutare apromuovere l’industria portualenazionale con politiche mirate aigrandi operatori internazionali cheoggi prediligono altre strade. Unapromozione fatta a livello centralesarà più efficiente e convincente diquella fatta da una singola autoritàdi sistema magari in concorrenzarispetto a quella territorialmentepiù vicina.

Le Autorità di Sistema Portualeda una parte, le autorità marit-time dall’altra: il rapporto tra idue anti rimane complesso, nontrova? Questo aspetto è senz’altro un’occa-sione mancata. Anche se la giurispru-denza fin dagli anni 90 ha aiutato neldefinire gli ambiti di competenzadelle due autorità. È mancato e con-tinua a mancare, un organico e chia-rificatore provvedimento da parte dellegislatore.È un’occasione mancata ma nondobbiamo preoccuparci posto che laprassi amministrativa ha sedimentatoprincipi guida che, anche a fronte dialcune sentenze dei Tribunali ammi-nistrativi, hanno aiutato a definire ipunti più sensibili di questa coabita-zione istituzionale. Un tema da chiarire sarà l’estensione(a mio avviso corretta) del potere diregolazione delle attività e operazioniportuali conferito alla Autorità di si-stema dal nuovo comma 4 dell’art. 6della legge portuale “anche con rife-rimento ai rischi di incidenti connessialle attività e alle condizioni di la-voro”. L’art. 14 della legge, nella sua nuovaformulazione afferma la competenzadella Autorità Marittima in ambito si-curezza “ai sensi della normativa vi-

Crede che la riforma trasformiil ruolo del presidente dandoglipiù poteri?Non credo che la riforma trasformila figura e il ruolo del presidentepoiché - fin dalla sua origine - lalegge 84/94 ha previsto tra i com-piti istituzionali dell’autorità por-tuale quello dello sviluppo deltraffico. È proprio riguardo a questa mis-sione che, a mio avviso, dovrà es-sere prestata la massimaattenzione da parte delle nuoveAutorità di Sistema Portuale. È qui che si pone in maniera frut-tuosa il riferimento alla manage-rialità della figura del presidenteche dovrà innanzitutto avere unaconoscenza perfetta del mercato,dei traffici marittimi e una sensi-bilità maggiore che nel passatonell’assecondare le esigenze degliarmatori per poter sviluppare oquantomeno consolidare il traf-fico.In Italia vi sono stati esempi vir-tuosi ove le Autorità Portualihanno creato, attraverso investi-menti ad hoc, i presupposti perraccogliere il traffico. Al contrarioabbiamo molti esempi ove l’Auto-rità Portuale è rimasta semplice-mente in attesa che il traffico loportassero altri magari confidandosu una posizione geografica favo-revole. Quindi, porto come Ente Pubblicodeputato alla gestione del dema-nio, alla regolazione delle attivitàportuali ed extra portuali, maanche porto come azienda com-merciale deputata ad ottenere ri-sultati del pari di qualsiasi altraazienda con l’obiettivo di profitto.Questo è il modello per il successodell’economia portuale mondiale.Ai dubbiosi dico di analizzare gliesempi dei porti anseatici, anglo-sassoni e statunitensi in primis.Sarebbe un grave errore affrontarela contesa internazionale con stru-

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Nato a Genova il 23 agosto del1963, iscritto all’ordine degli av-vocati dal 1990, Alberto Rossi haaccumulato nel corso del tempoimportanti competenze profes-sionali nel diritto dei trasportimarittimi e terrestri e della con-correnza. Le sue esperienzehanno avuto ad oggetto materiedi rilievo in questo settore comeil contratto del trasporto marit-timo, i servizi tecnico-nautici, gliaiuti di stato e il rilascio delleconcessioni, le procedure diM&A, e la legittimità e i limitidel regime tariffario e delle age-volazioni fiscali alle imprese nelcampo dell’autotrasporto merci.Ha inoltre acquisito una consoli-data esperienza in materia doga-nale, essendosi occupato dellaprocedura che ha portato allacostituzione a Gioia Tauro di unadelle più importanti zone fran-che d’Europa. In materia di di-ritto della concorrenza hapartecipato infine al patrociniodi numerose controversie da-vanti alle giurisdizioni nazionali.Oggi è socio dello studio legaleNctm, uno dei più importanti inItalia, per numero e rilevanzadelle operazioni seguite.

Chi è Alberto Rossi

gente” specificando poi il ruolo disupporto funzionale per garantire“l’ordinato svolgimento delle attivitàportuali”.Vedremo nella prassi quali saranno leregole di cui le AdSP (auspichevol-mente in forma coordinata) si dote-ranno per regolare questacompetenza a mio avviso concor-rente.

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Un auspicio: “i Comitati di Gestione

siano veri e propri consigli di ammini-

strazione (board snelli per decisioni ra-

pide) e non consessi politici di natura

politica”; una certezza: “fino a quando

il demanio portuale non sarà privatiz-

zato, o privatizzabile, e non credo che la

questione sia in agenda, meglio avere le

AdSP come enti pubblici a tutti gli ef-

fetti” e un invito, cordiale ma serio: “la

Conferenza nazionale di coordinamento

delle AdsP si occupi fin da subito del

tema dell’applicazione delle norme

sugli aiuti di Stato, e dei concreti spazi

di manovra e di decisione autonoma

che, al riguardo, lo Stato italiano deve

potersi preservare”. Francesco Munari,

avvocato di lunga esperienza, e profes-

sore ordinario di diritto dell’Unione eu-

ropea all’Università di Genova, dove

insegna anche diritto internazionale, ha

le idee chiare: la solida esperienza pro-

fessionale maturata in materia di anti-

trust e di diritto dei porti, dei trasporti e

della navigazione marittima e aerea, gli

consente di tracciare un quadro clinico

ineccepibile dei punti di forza e di de-

bolezza della riforma voluta dal Mini-

stro Del Rio: “si tratta di un passo in

avanti rispetto alla legge 84/94 dal

quale è possibile aspettarsi ricadute po-

sitive per il sistema portuale – ammette

Munari – ma occorre ripensare certe

prassi e comportamenti, in un’ottica

assai più orientata allo sviluppo e all’in-

teresse degli operatori e del lavoro di

quanto purtroppo in non pochi casi si è

verificato”.

Professore, la prima domanda è dirito: qual è il giudizio che dà a questariforma?Il decreto legislativo n. 169/2016 intro-duce effettivamente significative novitàrispetto al previgente regime della l. n.84/1994: trattasi di una riforma effettiva,dalla quale è possibile, e speriamo pro-babile, aspettarsi ricadute positive per ilsistema portuale.

A cominciare da quelle che potremoavere con la nascita delle Autorità diSistema Portuale e la riduzione dellaAutorità Portuali esistenti..Non credo che questa sia davvero lamodifica caratterizzante la riforma; po-liticamente è senz’altro un segnale, tral’altro molto celebrato mediaticamentesoprattutto sotto il profilo della previstariduzione dei costi; tuttavia, se si consi-dera solo la riduzione delle Autorità,siamo ben lungi dall’aver ottenuto mo-

difiche qualitative della governance. Ciòdetto, ritengo inevitabile comunque unapluralità di Autorità, poiché i porti ita-liani sono molti, e poiché trattandosi dienti che amministrano un territorio, hasenso garantirne la presenza appunto sulterritorio. L’idea quindi di ridurre a 15 le Autoritàè sensata, nella misura in cui coincidesostanzialmente con l’identificazionedei porti italiani cd. “core” effettuata dal-l’UE.

Idea che considera sensata ma – aquanto pare di capire – non sufficien-temente coraggiosa.. avrebbe prefe-rito puntare su qualcosa di piùdrastico? Non penso affatto che ulteriori riduzionidi numero avrebbero giovato o garan-tito, di per sé, risultati più efficaci in ter-mini di governance e programmazionesettoriale: non dal lato della coincidenzatra “mercati” e “regolatori”, visto che imercati geografici rilevanti dei trafficiportuali sono diversi a seconda della lorotipologia (il traffico di linea contenitoriha dimensioni ben diverse da quellocrocieristico, o dal traffico traghetti, o daquello del trans-shipment), né dal lato dicreare “sistemi portuali” di riferimento,nozione che appare più frutto di unaconvenzione – e quindi nominalistica –che in realtà idonea ad avere una speci-fica valenza economica, giuridica, o lo-gistica. Il coordinamento e la coerenzacomplessiva della politica portuale na-zionale dovrà essere fatto – se si vuolefare, e speriamo di sì – con altri stru-menti, peraltro previsti dal nuovo de-creto.

A quali strumenti sta pensando?Mi riferisco in particolare alla neocosti-tuita Conferenza nazionale di coordina-mento delle AdSP, di cui al nuovo art.11-ter: mi pare lodevole l’intenzione del

La Conferenza Nazionale punto di forza di questo decreto

I Comitati di Gestione diventino dei veri e propri Cda

A tu per tu con il professor Francesco Munari: la riforma? introdotte significative novità14

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legislatore di creare questo “luogo” nelquale, letteralmente, «coordinare e ar-monizzare, a livello nazionale, le sceltestrategiche che attengono i grandi inve-stimenti infrastrutturali, le scelte di pia-nificazione urbanistica in ambitoportuale, le strategie di attuazione dellepolitiche concessorie del demanio ma-rittimo, nonché le strategie di marketinge promozione sui mercati internazionalidel sistema portuale nazionale». Consi-derato che, sul piano delle risorse finan-ziarie destinate ai porti, nulla cambiarispetto all’attuale disciplina, vedremocome questo tavolo funzionerà. E nelcaso, questa potrebbe diventare davverouna delle modifiche “qualitative” dellariforma.

Quali sono gli altri punti di forza diquesta riforma?Tra le altre modifiche qualitative allagovernance dei porti italiani, va segna-lato il tentativo di attribuire al presidentedell’AdSP un ruolo di guida delle altreamministrazioni che a vario titolo eser-citano competenze in ambito portuale.Qui la riforma poteva essere anche piùcoraggiosa, perché il decreto 169/2016introduce per ora un solo un potere dicoordinamento, mentre è la stessanorma a indicare che scelte più ambi-ziose siano rinviate a successive inteseinterministeriali. Non è detto tuttaviache sia una scelta sbagliata, quantomeno se alla base di tale scelta vi è l’esi-genza di testare prima il funzionamentodei nuovi organi dell’AdSP. Auspicocomunque vivamente che la riformaporti con sé una grande semplificazionedi tipo burocratico e amministrativo, siacon la creazione dello sportello unicodoganale, di cui all’art. 20 del decreto,sia col coordinamento di cui si diceva.Resta però ferma la necessità di ribadireche, in molti casi, non sono tanto lenorme a rendere particolarmente pe-sante il funzionamento della macchina,quanto le prassi e certe attitudini delleamministrazioni. Confido quindi che lariforma sia vista anche come un’occa-sione per ripensare certe prassi e com-

portamenti, in un’ottica assai più orien-tata allo sviluppo e all’interesse deglioperatori e del lavoro di quanto pur-troppo in non pochi casi si è verificato.

Che cosa mi dice dei Comitati di Ge-stione?L’eliminazione di rappresentanti di im-prese e lavoratori dal “consiglio di am-ministrazione” dell’AdSP èchiaramente finalizzata e rimuovere ilfenomeno del… club privé e del con-flitto di interessi che non raramente hacaratterizzato il funzionamento delleAutorità portuali. E questo è un bene.Tuttavia, il CG deve – o almeno do-vrebbe – diventare un vero “consigliodi amministrazione”, e non invece unconsesso di natura politica, dove cioèsiedano persone che, pur dotate di qua-lifiche amministrative (sindaco, presi-dente di regione, ecc…) non abbianospecifiche competenze nella materia, ointerpretino la funzione di componentidel CG in chiave di “controllo” dellaRegione e dei Comuni sull’AdSP e nondi “collegialità” di gestione.Non a caso la norma parla di persone“designate” dalle, e non “rappresen-tanti” le, Regioni e Comuni (essendo in-vece e tra l’altro chiaro che ilcomponente designato dall’Autoritàmarittima non può che esserne espo-nente). Ritengo altamente auspicabileche gli enti titolari del potere di nominadei membri del CG esercitino quindi illoro potere in coerenza con l’assolutaopportunità – se non vera e propria ne-cessità – di affiancare al presidente per-

sone dotate di specifiche professionalità.Diversamente, si rischia di costituireAdSP di fatto interamente gestite dalsolo presidente/segretario generale, conl’ulteriore rischio che invece sia la strut-tura dell’AdSP a gestire la stessa oveprevalesse una scelta di tipo “politico”sui nomi dei due soggetti di vertice; trat-tasi peraltro di ipotesi non peregrina,considerate tra l’altro le forse troppostringenti incompatibilità previste per ilpresidente. Oppure si rischia di avereun’AdSP di fatto monocratica, nellaquale il CG finisce per essere il luogonel quale si confrontano – e speriamonon si contrappongano – le istanze delporto e quelle (per definizione ben piùpolitiche) delle istituzioni locali. Nellefamose slide di presentazione della ri-forma, il Governo scrive testualmenteche il CG sarà un «board snello per de-cisioni rapide»: è appunto a questo chemi voglio riferire, nell’ottica di far sì cheil CG non sia quindi un Comitato por-tuale… mutilato della componente pri-vata, ma qualcosa di totalmente nuovo.Insisto quindi sull’opportunità di nonperdere il valore della collegialità tec-nica a mio avviso espressione del nuovoCG, che si perderebbe necessariamentequalora esso fosse composto da soggettipoliticamente eletti, e tra l’altro verosi-milmente già molto occupati ad assol-vere i gravosi compiti che i cittadinielettori hanno chiesto loro di svolgere.Col rischio di dover rimpiangere il vec-chio Comitato portuale, nel quale co-munque si garantiva la presenza di uncerto tasso di competenze tecniche.

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“Il Comitato di Gestione dovrebbediventare un vero e proprio “consi-glio di amministrazione”, questa af-fermazione mi porta a chiederle senon sia stata persa l’occasione di tra-sformare le Autorità in s.p.a., comeda taluni auspicato. Io continuo a ritenere che, nella misurain cui i porti restino demaniali e deb-bano essere regolati dall’AdSP, sia net-tamente preferibile il modello di entepubblico rispetto a quello societario.Tanto più che, come ho avuto modo diricordare anche in passato, una societàpubblica che è costituita per legge pergestire beni pubblici e fare programma-zione strategica difficilmente può esseretrattata come una società commercialedi diritto comune, con conseguenti in-certezze molto rilevanti sul regime con-cretamente applicabile a singole sceltedell’ente, a tacere dei profili concernentia quel punto l’inevitabile applicazionedella disciplina degli aiuti di Stato ri-spetto a qualsiasi trasferimento di ri-sorse pubbliche o “tassa” percepitadall’ente stesso, vero elemento decisivoper la politica portuale nazionale. Inol-tre, sarebbe stato poi molto più com-plesso organizzare il coordinamento tral’Autorità e le (altre) amministrazioniche operano nei porti. È pur vero cheesistono Stati nei quali il modello del cd.landlord port è gestito da un soggettocostituito in forma di società; ma ho lasensazione che non si possa esportarequel modello senza tener conto del tes-suto normativo complessivo di cia-scuno Stato. E in Italia, per me, il rischiosarebbe stato quello di aumentare con-fusioni e incertezze. Anche il paragonecon gli aeroporti può essere pericoloso,tra l’altro perché il gestore aeroportualeè sì una società per azioni, talora anchequotata, ma non è il regolatore, taleruolo spettando all’ENAC.Insomma, fino a quando il demanioportuale non sarà privatizzato, o priva-tizzabile, e non credo che la questionesia in agenda, meglio avere le AdSPcome enti pubblici a tutti gli effetti. Ciòcomprende anche l’obbligo di lealecooperazione tra gli enti che si rappor-

tano con le AdSP e tra gli organi del-l’AdSP medesima: a questo proposito,risulta che non in tutti i porti questa lealecooperazione vi sia stata, con conse-guenti ricadute molto negative anchesul funzionamento e la capacità decisio-nale dell’ente. Sarà opportuno quindiche, con l’occasione della riforma, que-sti principi siano ben presenti sia in capoai soggetti che provvederanno alle no-mine, sia in capo ai nominati. Ciò detto,la riforma lascia immodificate molteimportanti norme del nostro settore por-tuale….

Quali?Il rapporto tra AdSP e Autorità marit-tima, tanto per cominciare, oppure il re-gime delle concessioni o a quello deiservizi tecnico-nautici. Rispetto a questiultimi, sui quali risultano tuttora lavoriparlamentari in corso ispirati a disegnidi riforma ampiamente discussi a livellopolitico, spero si arrivi presto a un risul-tato tangibile, idoneo a confermare lavalidità sotto tutti i profili della disci-plina e dei modelli organizzativi di que-sti servizi, salvi quei necessarimiglioramenti e aggiornamenti di cuiappunto si danno carico i disegni rifor-matori cui accennavo. E a fortiori un ta-gliando alla disciplina di cui trattasiappare utile in vista o in attuazione delregolamento UE sui porti, che salve sor-prese sarà adottato molto presto.La riforma del regime concessorio nonè in agenda, essendo piuttosto prevista,com’è noto, l’adozione - dopo oltrevent’anni - del regolamento di attua-zione dell’art. 18: in argomento non vo-glio entrare, perché sarebbe troppolungo parlarne. Mi limito ancora unavolta a scongiurare i rischi mortali di“gare pubbliche” per l’assegnazione oil rinnovo di concessioni su beni dema-niali, quali sono i terminal portuali: laprocedura pubblicata e trasparente concui finora - salve rare, particolari ed in-felici eccezioni - una gara si è fatta è piùche coerente col diritto dell’Unione eu-ropea e i principi di concorrenza e liberacircolazione dei servizi. Quanto ai rapporti tra AdSP e Autorità

marittima, giustamente non mi parefosse necessario intervenire: il sistemaè assestato, e non credo vi saranno pro-blemi a continuare la cooperazione traamministrazioni portuale e marittimaanche post decreto 169/2016.

Secondo il senatore Filippi, quellopresentato da Del Rio è soltanto unprimo step verso una più completa eesaustiva riforma della 84/94. Profes-sore, che cosa resta da fare per rilan-ciare concretamente sviluppo ecompetitività?Restano tuttora molte azioni da com-piere estranee alla riforma, ma indispen-sabili per il settore portuale: mi riferiscosoprattutto ai rapporti con l’UE, in par-ticolare sotto il profilo dell’assoluta ne-cessità di un chiarimento complessivosul regime degli aiuti di Stato ai portiitaliani. Da qui passa la politica indu-striale e infrastrutturale del nostro Paese,senza la quale neanche la migliore go-vernance porterà un rilancio e svilupponel settore e nell’economia, del mare edi terra. In argomento l’Italia si giocatutto nei prossimi mesi, e nelle prossimesettimane, ben oltre quanto purtropposembra percepito a Roma. E al ri-guardo, rischia di diventare sterile di-scettare di autonomia finanziaria delleAdSP, o di politiche infrastrutturali na-zionali per i porti, senza affrontare iltema dell’applicazione delle normesugli aiuti di Stato, e dei concreti spazidi manovra e di decisione autonomache, al riguardo, lo Stato italiano devepotersi preservare. Da tempo auspicouna task force al massimo livello, tec-nico e politico, per affrontare questodossier con la Commissione: la Confe-renza nazionale di coordinamento delleAdSP potrebbe farne il primo e impor-tante oggetto di discussione, proprio acausa della strategicità della questioneche vale per tutti i porti italiani. Colgoquindi la gentile opportunità che miviene concessa dal vostro giornale perchiudere con questo invito, formulatosenz’altro garbatamente, ma altrettantoseriamente.

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Luci e ombre (forse più ombre che

luci). Se la logica accentratrice è pie-

namente approvabile per quanto con-

cerne la pianificazione dei grandi

investimenti, il giudizio che Giovanni

Vezzoso dà sull’impostazione gestio-

nale che sembra caratterizzare il de-

creto di riforma è tutt’altro che

positivo. Quello di Vezzoso è un nome

noto in ambienti marittimo-portuali.

Per anni managing partner di MAR-

CONSULT, una delle società di con-

sulenza più importanti in Italia nel

campo portuale e dei trasporti, Vez-

zoso, oggi firma prestigiosa di diverse

riviste specializzate, per le quali scrive

saggi in materia giuridica, considera

il decreto Del Rio una non riforma (o

meglio, un primo passo, non comple-

tamente convincente, sulla strada di

una riforma complessiva). Per lo stu-

dioso il Decereto Del Rio non soltanto

concentra l’attenzione su un elemento

limitato seppure qualificante - lo sta-

tus e il numero delle Autorità portuali

-, ma contrasta con qualsiasi spirito

di autonoma responsabilità gestionale

e di concorrenza fra i vari porti. Pub-

blichiamo di seguito il contributo che

l’esperto marittimista ha avuto la

bontà di farci avere.

Punto di arrivo o punto di par-

tenza?Il decreto legislativo 3 agosto2016 (nel seguito Decreto DelRio) non contiene il disegno di unsistema portuale razionalmentearticolato in tutte le sue compo-nenti, proprio perché esplicita-mente concentrato sul soloobiettivo di ridimensionare e ri-definire il ruolo delle Autoritàportuali, semplificando anche leprocedure che ne regolano la ge-stione. Per la verità, il più ambi-zioso obiettivo di ridisegnare intutti i suoi aspetti il sistema por-tuale italiano potrebbe essere in-dividuato nel Piano strategico

della portualità e della logistica cui sifa riferimento nelle premesse del de-creto. Ma il piano in questione con-tiene una serie di indirizzi e dipropositi – a volte piuttosto vaghi o aaddirittura in contrasto con il disegnoe l’assetto di potere adombrati nel de-creto - cui è difficile attribuire preciseimplicazioni sul piano giuridico e isti-tuzionale.Si deve pertanto convenire con coloroche hanno affermato di essere di frontead una non riforma e che il pur cor-retto ridimensionamento delle Auto-rità portuali va considerato soltanto unprimo passo per portare avanti con de-cisione un più organico processo di in-novazione e razionalizzazione. Se siadotta questo punto di vista, vengonoin rilevo alcuni aspetti problematici,che presumibilmente richiederannoulteriori interventi di razionalizzazionee affinamento. Senza pretesa di com-pletezza, vorrei accennare a tre aspettiche mi sembrano di maggiore impor-tanza.

Natura giuridica delle Autorità por-tuali e sue implicazioniIl testo governativo si presenta comeuna proposta di decreto attuativo dellalegge delega 7 agosto 2015, n. 24 cheha definito gli obiettivi e i criteri per la

riforma della pubblica amministra-zione, in cui rientrano gli enti pubblicinon economici nazionali. Al punto f)dello stesso articolo si fa esplicito ri-ferimento alla riorganizzazione, razio-nalizzazione e semplificazione delladisciplina concernente le Autorità por-tuali, che il decreto delegato definisceenti pubblici non economici di rile-vanza nazionale a ordinamento spe-ciale, mentre la legge modificata silimitava a dichiarare che le Autoritàportuali hanno personalità giuridica didiritto pubblico. Va però ricordato chel’appartenenza delle Autorità portualiagli enti pubblici non economici èsempre stata controversa e sia la dot-trina che la giurisprudenza hannoavuto occasione di pronunciarsi suquesto punto in modo difforme, per ladifficoltà di considerare non economi-che alcune delle attività che le Autoritàportuali ante riforma svolgono o ri-vendicano di potere svolgere. Difronte a queste difficoltà, è stata anchesuggerita la soluzione di applicare, aseconda dei casi, la disciplina più ade-guata alla singolarità della fattispecie.In un suo parere del 25 luglio 2008 (n.2361) il Consiglio ha affermato che leAutorità portuali costituiscono una fi-gura di pubblica amministrazionecomplessa ed ibrida, certamente nonriconducibile tout court a quella tradi-zionale dell’imprenditore pubblico,ma neppure identificabile con unapubblica amministrazione in sensopropriamente soggettivo ed oggettivo.Si tratterebbe in sostanza di un sog-getto che seppure non integralmentein possesso dei requisiti formali clas-sici dell’ente pubblico economico(agire per fini di lucro, perseguire fi-nalità esclusivamente economiche,cioè operare con criteri di economi-cità, essere sottoposti a procedure con-corsuali speciali, ecc.), ha tuttavia unaforte connotazione economica che inmolte parti non si discosta da quelladegli enti pubblici economici.

Il decreto Del Rio? Non mi convince del tuttoÈ solo un primo passo verso la strada della riforma

L’intervento dell’ex managing partner di MarConsult, Giovanni Vezzoso17

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territoriali, che giustamente rifiutanodi essere chiamate soltanto a espri-mere “intese” su proposte già formu-late e approfondite. E’ per questaragione che i porti comunitari piùavanzati danno un ruolo alle comunitàterritoriali, chiamate in varia misura econ diverse modalità a partecipare allagestione dei porti. Nel nostro ordina-mento, invece, il coordinamento fra ivari enti interessati allo sviluppo e allagestione dei porti è affidato al fragilestrumento di “intese” da raggiungerenel quadro di procedure abbastanza ri-gide e ispirate a quel principio di lealecollaborazione istituzionale enunciatadalla Corte costituzionale con la suasentenza n. 339 del 14 luglio 2005, eprecisata in successive pronunce.Manca invece una soluzione istituzio-nale, quale potrebbe essere l’attribu-zione alle comunità territoriali di ruolispecifici negli organismi di gestionedei porti. L’esperienza dei porti comu-nitari più efficienti è in questo sensosignificativa, per il rilevante ruolo cheviene attribuito alle comunità territo-riali nella gestione dei porti. L’esem-pio dei porti di Anversa e Rotterdam,la cui gestione è affidata a società dicapitali controllate dalle Autorità mu-nicipali, non è unico e costituisce unmodello di riferimento.Al contrario, nella riforma prospettata,le istanze federalistiche e di decentra-mento sono sostanzialmente ignorate,e la riduzione delle Autorità portuali amere branche dell’amministrazionestatale e l’impostazione accentratrice

adottata nel decreto Del Rio contrastacon qualsiasi spirito di autonoma re-sponsabilità gestionale e di concor-renza fra i vari porti. Va fatta a questoproposito una distinzione importantefra la pianificazione delle opere infra-strutturali e di raccordo e i concreti in-dirizzi gestionali: mentre è del tuttocondivisibile l’obiettivo di rivedere ra-dicalmente – in un quadro nazionaleed europeo - l’attuale processo di pia-nificazione, superando le resistenzeparticolaristiche e corporative, fonti disprechi e duplicazioni di risorse, nonsi può dire lo stesso delle concrete mi-sure di gestione di un porto, per lequali anzi è opportuno un ampio de-centramento funzionale, requisito in-dispensabile per instaurare fra i portiuna corretta concorrenza e per realiz-zare gestioni più efficienti.Per quanto concerne il ruolo delle Re-gioni, il decreto Del Rio non prevedealcuna modifica dell’art. 4 della legge84/94, per la parte in cui distingue iporti commerciali fra quelli di rile-vanza economica nazionale o interna-zionale e quelli di rilevanzaeconomica regionale. Continuerannoquindi ad esistere porti di interesse re-gionale rientranti o meno nelle circo-scrizioni delle nuove AdSP. Si apriràquindi il problema di precisare i rap-porti fra Stato e Regione in materiaportuale, problema complicato dalfatto che nelle circoscrizioni di unaAdSP possono ricadere porti apparte-nenti a regioni diverse. Né si potrebbeobiettare che un chiarimento potrebbe

Di fronte a queste difficoltà, il decretoDel Rio compie una sorta di interpre-tazione autentica e dichiara esplicita-mente il carattere di ente pubblico noneconomico delle Autorità portuali at-tuali e delle future Autorità di sistema.E’ dubbio però che questa soluzionepossa reggere di fronte alle situazioniche si sono verificate e si verifiche-ranno nella pratica: l’obiettivo di qua-lificare sempre di più le Autoritàportuali come enti con caratteristicheimprenditoriali, la tendenza a un mag-giore coinvolgimento delle Autoritàstesse nelle operazioni a monte e avalle di quelle di sbarco/imbarco, e, infine, la contrastante tendenza dellenormative comunitarie, che danno perindiscusso il carattere di impresa delleAutorità portuali, sono gli elementiche depongono a favore della qualifi-cazione delle Autorità portuali comeenti economici. Il testo legislativo èandato invece in direzione contraria,rispettando i limiti della delega, mamancando così l’occasione di comin-ciare a incidere su vari aspetti che do-vranno essere necessariamente toccatiper definire una politica portuale: con-correnza fra porti e nei porti, statodelle imprese all’interno dei porti, re-golamentazione delle concessioni por-tuali, aiuti pubblici per ilfinanziamento delle infrastrutture por-tuali e di collegamento, rapporti frastato e regioni, etc. é lecito quindi pre-vedere che, di fronte alla pressionedell’evoluzione organizzativa, il pro-blema della natura giuridica delle Au-torità portuali, debba essere rivisto,con relative implicazioni sull’assettocomplessivo del sistema.

Porti, regioni e poteri localiLa rivendicazione di regioni ed enti lo-cali di svolgere un ruolo adeguatonella determinazione delle scelte rela-tive allo sviluppo dei porti che insi-stono sul loro territorio si fonda sullacircostanza che essi hanno un impattopositivo o negativo, ma sempre rile-vante, sull’assetto del territorio. I loroprogrammi di sviluppo non possonoessere calati dall’alto sulle comunità

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provenire dalle previste modificazionicostituzionali. E’ vero che la riformacostituzionale è orientata per un nettoridimensionamento dei poteri regio-nali in materia di portualità. Sparirà inparticolare la competenza concorrentedi Stato e Regioni in materia di grandireti di trasporto e di comunicazione,fonte di problemi interpretativi, con-flittualità e blocchi dei processi deci-sionali. Ma è vero anche che i motivia sostegno di una maggiore presenzadelle regioni e degli enti locali nell’or-ganizzazione e nella gestione de portisussisteranno. Il nuovo articolo 117, seapprovato, assegnerà alle Regioni ilgoverno e la pianificazione del territo-rio regionale, lo sviluppo economico,la dotazione infrastrutturale e la for-mazione, oltre alla competenza resi-duale per le materie non riservate allacompetenza esclusiva dello stato. Sarànecessario non riporre troppa fiducianella leale collaborazione istituzionalee escogitare meccanismi decisionaliappropriati per assicurare un efficacecoordinamento fra i vari soggetti cheingombrano il campo. E’ un altro set-tore sul quale sarà indispensabile in-tervenire.

Accentramento e decentramentodelle gestioni portualiSe la logica accentratrice è pienamenteapprovabile per quanto concerne lapianificazione dei grandi investimenti,è diverso il giudizio che va dato sul-l’impostazione gestionale che sembracaratterizzare il decreto di riforma. Siprevede la costituzione di 15 nuoveAutorità di Sistema Portuale (AdSP),da sovrapporre alle 24 Autorità por-tuali ora esistenti. E’ quindi nelleAdSP che dovrebbero essere concen-trate tutte le principali funzioni di pro-mozione, pianificazione, gestione econtrollo oggi attribuite alle Autoritàportuali attuali. Questa impostazionegiustifica serie perplessità. Perché didubbia efficacia sul piano funzionale,dove invece il decentramento garanti-sce la considerazione delle particola-rità delle situazioni locali. La logicaaccentratrice adottata, fa intravvedere

il rischio di un sistema decisionale vi-schioso e burocratizzato, alimentandoresistenze, spesso giustificate, alle mi-sure di accentramento predispostedalle AdSP. Se queste resistenzeavranno un buon grado di successo, cipotremmo trovare di fronte a ben 43organismi (14 + 25) responsabili in di-versa misura della gestione dei porti.E’ un rischio che va assolutamentecontrastato e giustifica quindi la ri-cerca di un sistema radicalmente di-verso.In realtà, l’unica remore efficace allatendenza alla proliferazione delle Au-torità Portuali è costituita dal configu-rarle come imprese operanti in unquadro programmatico definito, macon spiccata autonomia gestionale epienamente responsabili del loro risul-tato economico. Una proposta formu-lata con questo obiettivo dall’ANCI -Associazione dei comuni italiani - pre-vedeva di affidare la gestione dei portia società di capitali caratterizzate dauna quota maggioritaria di partecipa-zione del comune o dei comuni nel cuiterritorio è compreso l’ambito por-tuale, con eventuali partecipazionidegli altri enti territoriali e regionali in-teressati all’area gravitante sul porto edi un’adeguata rappresentanza dei ge-stori delle reti terrestri, degli utenti edella business community. La propostanon ha avuto alcun seguito significa-tivo, forse perché troppo innovativa ri-spetto alla situazione esistente. Ci sipuò però domandare se non sia venutoil momento di riprenderla, per appro-fondirla e adattarla alla situazione evo-lutiva del trasporto marittimo e dellalogistica.

ConclusioneLa breve elencazione di problemi nonrisolti, e sui quali è urgente intervenire,costituisce una riprova dell’assunto dacui partita questa nota: il decreto DelRio costituisce di fatto una non riforma, il cui vizio originale nasce dal fattoche non è partita dalle esigenze di ra-zionalizzazione del sistema portualecomplessivo, arrivando alla defini-zione di un sistema correttamente arti-

colato in tutte le sue componenti, maha concentrato l’attenzione su un ele-mento limitato seppure qualificante:lo status e il numero delle Autoritàportuali. Si tratta quindi di un primopasso, non completamente convin-cente, sulla strada di una riforma com-plessiva. Si può non condividerel’approccio seguito, ma la politica hasue specifiche esigenze, che possonocontrastare con una visione essenzial-mente razionale e tecnica ma che ègiocoforza rispettare. Conviene quindibasarsi su questo primo passo e pre-mere perché sia portato avanti con de-cisione il più ampio processo diinnovazione e razionalizzazione cherimane necessario. E’ auspicabile cheil Governo e tutti i soggetti interessatiadottino quell’ampiezza di visione cheè giustificata dalla complessità delproblema. Un contributo in questosenso potrebbe essere fornito dagli or-ganismi di partenariato da costituirepresso ogni AdSP e dalla Conferenzanazionale di coordinamento delleAdSP, a condizione che tutti parteci-panti sappiano superare ogni visioneparticolaristica a favore dell’interessegenerale.

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Nato a Savona nel 1933, si è lau-reato in giurisprudenza nel 1956 al-l’Università di Genova, presso laquale è stato assistente alla cattedradi Scienza delle finanze e diritto fi-nanziario. Nel 1958 ha abbando-nato la professione legale e l’attivitàuniversitaria per entrare a farparte, a seguito di concorso, dell’or-ganico dell’allora Comunità delCarbone e Dell’Acciaio. Rientratoin Italia nel 1961, ha operato confunzioni dirigenziali in una grandeazienda, con particolare riguardoalle tematiche dell’organizzazionegenerale e del lavoro e delle rela-zioni industriali. E’ stato successiva-mente managing partner diMARCONSULT, società specializ-zata nel campo portuale e dei trra-sporti. Attualmente collabora conriviste specializzate con articoli esaggi in materia giuridica.

Giovanni Vezzoso: chi è

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Punto primo: il mercato europeo,

oltre le Alpi, si conquista con il

treno; punto secondo: o ci sono

operatori che stringono una par-

tnership con il porto per un pro-

getto logistico comune o non si va

da nessuna parte; punto terzo: con

i porti del Nord è inutile competere,

si collabora, costruendo piuttosto

dei land bridge (vedi esempio Vene-

zia-Grimaldi-Lubecca); last but not

least: la crescita viene dal traffico

inframed e non dalle linee oceani-

che. Altro che riforma, per Sergio

Bologna sono questi i cardini at-

torno a cui dovrebbe ruotare una ri-

flessione esaustiva sulle prospettive

di sviluppo della portualità italiana.

Le novazioni introdotte alla legge

84/94 consentono, certo, di ricen-

tralizzare le decisioni in materia di

infrastrutture e politiche portuali

ma non sono la panacea di tutti i

mali. Potremmo condensare in que-

ste poche righe il pensiero che

l’esperto marittimista ha avuto la

gentilezza di consegnarci per que-

sto numero di Port News dedicato

allo novellata legge di istituzione

delle Autorità Portuali. Di seguito

pubblichiamo il contributo nella

sua interezza.

Mi si chiede un’opinione sulla ri-forma. In generale, credo siabuona cosa ri-centralizzare le de-cisioni in materia di infrastrutturee politiche portuali e cercare diporre fine all’andazzo di accon-tentare tutti gli interessi, grandi epiccoli, che sono rappresentatidentro ed attorno ai porti. Tutta-via rimangono alcuni interroga-tivi di fondo. Come fa ungoverno a seguire una strategiase da almeno una decina d’anniil discorso sui porti si è popolatodi una serie crescente di scioc-chezze che hanno fatto perdere divista la realtà? A cominciare

dallo scenario mondiale. La sconsi-derata politica di aumento della ca-pacità da parte dell’armamentomondiale, ha portato all’impasse dicui vediamo gli effetti. Adesso è lavolta dell’industria terminalistica,troppa capacità è stata creata in Eu-ropa, eppure molti Presidenti di APitaliane, imperterriti, hanno conti-nuato ad alimentare sogni di gloria,immaginando anche strutture avve-niristiche per un mercato che, se-condo gli ultimi studi di Drewry, secrescerà del 3% annuo a livellomondiale nel container sarà un suc-cesso.Ha ragione da vendere Paolo Ber-nardi nel suo articolo su Repot, Ri-vista di economia e politica deitrasporti, quando pone il dito su dueargomenti delicati.Come si può invocare l’autonomiafinanziaria dei porti e contempora-neamente svalutare il patrimoniopubblico con canoni concessori ri-dicoli e magari non riscossi? In que-sti anni si è tradito completamentelo spirito della riforma 84/94. Nonè che la riforma è superata, è chenon è stata applicata. La filosofia diquella riforma si riassume in due

parole: un porto è un bene pubblico,la governance deve valorizzare que-sto bene. Punto. Come? Secondo ilprincipio inviolabile dell’economiadi mercato per le infrastrutture: coni proventi del servizio derivanti daicanoni, dalle tariffe, dalle tasse ver-sati dagli utenti di questa infrastrut-tura pubblica: imprese privateconcessionarie e imprese amatorialiche toccano il porto. Da nessunaparte sta scritto che la governanceportuale deve sussidiare le impreseprivate a scapito della valorizza-zione del bene pubblico.Di recente abbiamo condotto unostudio sulle tasse di ancoraggio. Cisiamo spaventati. Certe tipologie dinaviglio utilizzano questo benepubblico, costato fior di miliardi,praticamente gratis. L’andazzo inmolti porti non solo è quello di ab-bassare i canoni, ma di praticare si-stematicamente sconti su tutto…purdi portare via traffico al vicino. Al-lora se un Presidente, al quale vienechiesto di valorizzare un bene pub-blico, in realtà lo svalorizza, con attiche certe volte sono di vera e pro-pria concorrenza sleale, non solotradisce la missione che gli ha affi-dato lo Stato ma alimenta presso glioperatori portuali un clima disin-centivante agli investimenti, mentrecon gli armatori non riuscirà mai astabilire un rapporto di partnership,perché questi continueranno a con-siderare il porto una vacca da mun-gere e per dieci centesimi di euro dimeno cambieranno scalo alla primaoccasione. Sono ancora tollerabiliqueste pratiche, fossero pure mino-ritarie?La riforma della governance, gli ac-corpamenti, le nomine dei Presi-denti allo stadio attuale a questiinterrogativi non hanno dato rispo-sta.

La riforma? Non risolve tutti i problemiIn questi anni si è tradito lo spirito della 84/94

Il contributo del prof. Sergio Bologna

Sergio Bologna

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L’altro punto toccato da Bernardiquasi tra le righe, ma a mio avvisomolto importante, è quello della de-bolezza del nostro settore delle spe-dizioni, che controlla una quotairrisoria della merce che passa per inostri porti, lasciando in mano ilmercato agli armatori, i quali ovvia-mente agiscono non in funzione deicosti e dell’efficienza della logisticadelle nostre imprese, ma per cercaredi contenere le loro perdite. Ne fa lespese soprattutto il traffico intermo-dale nazionale, che deve accettarecondizioni tali da dover fare ricorsosempre più al sussidio pubblico.Non è un caso che di tutte le com-pagnie ferroviarie low cost apparsesul mercato in questi anni non ce nesia una che abbia tentato seriamentedi scalzare Trenitalia dai trafficiportuali.Se gli operatori logistici, gli spedi-zionieri, non hanno la forza di allar-gare la catchment area dei portiitaliani, gli aumenti di capacità fattidi recente, in primis in Liguria, ri-schiano di rivelarsi un boomerangoppure vedremo il porto di Rotter-dam, grazie anche ai nuovi valichi,venire a prendersi la merce a Bu-salla. Per onestà dobbiamo dire chele cose in Nord adriatico invecevanno meglio, ma sembra che nes-suno ci faccia caso o cerchi di trarnedegli insegnamenti. Quali? Primo,il mercato europeo, oltre le Alpi, siconquista con il treno, secondo, o cisono operatori che stringono unapartnership con il porto per un pro-getto logistico comune o non si vada nessuna parte, terzo, con i portidel Nord è inutile competere, si col-labora, costruendo piuttosto deiland bridge (vedi esempio Venezia-Grimaldi-Lubecca), last but notleast la crescita viene dal traffico in-framed e non dalle linee oceaniche.Le scelte del prossimo Piano deitrasporti e della logistica, affidatoall’Unità di missione diretta dalprof. Cascetta, dovranno rendersi

conto di questo nuovo scenariomondiale e saper inserire i porti inuna strategia logistica del sistema-Paese facendo piazza pulita ditroppi luoghi comuni che ancora in-gombrano il campo. Solo a quelpunto potremo parlare di riforma. Un’ultima osservazione sul profilodei Presidenti. Si invocano figuremanageriali. Ho la sensazione in-vece che se c’è un ruolo, una pro-fessione, che in questi ultimi anni siè degradata e squalificata è proprioquella del manager. Quando pensoa un manager mi viene spontaneopensare a una persona vanitosa,protagonista, che pensa solo ai suoibenefit ed al suo stipendio e se nestrafotte della continuità e della so-lidità dell’azienda, untuoso con ipolitici, arrogante con il pubblico,con un profondo disprezzo per laforza lavoro e per il territorio. Met-tere a capo di un bene pubblico unindividuo del genere mi sembre-rebbe un suicidio. Sarà che sonoforse condizionato dagli esempibancari, ma ormai anche nelleaziende di tutti i settori ne ho vistoparecchi di simil pasta. Preferiscoun funzionario pubblico, con sensodello Stato, competente, rigoroso,capace di mediare e conciliare gliinteressi del rissoso mondo portualema senza per questo svendere il pa-trimonio pubblico con piccoli favoria destra e sinistra. Oppure un tec-nico. Ma un manager proprio no,

quelli debbono stare nelle industrieterminalistiche, purché siano bravi,sono loro che fanno il mercato,sono loro che promuovono il porto,il Presidente deve vigilare sulle re-gole e alla fine del mandato conse-gnare al demanio qualcosa che valedi più non di meno. In definitiva,piuttosto che un bene pubblico ce-duto a prezzi stracciati o una spacon socio cinese che sta a Tianjin eun socio italiano che sta al Mini-stero per tappare i buchi di bilan-cio, preferisco un porto tuttoprivato, all’inglese.

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Genova: un’immagine del porto commerciale di Sampierdarena

Classe 1937, per vent’anni ha in-segnato in varie università(Trento, Padova, Milano Politec-nico). È stato il coordinatore delsettore merci del Piano Generaledei Trasporti e della Logistica(1998-2000), e membro del comi-tato scientifico del Piano nazio-nale della Logistica (2010-2012).Ha ricoperto la carica di vicepre-sidente dell’Associazione Italianadi Logistica (AILOG) e per circadieci anni è stato l’esperto delCNEL sui problemi marittimo-portuali. È socio onorario dell’as-sociazione di logistica tedesca(BVL). È autore di diversisaggie libri, il più noto: le multinazio-nali del mare.

Chi è Sergio Bologna

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