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Periodico di informazione e di indirizzo sui problemi per le autonomie locali e regionali N.4 luglio/agosto 2016 Tariffa Regime Libero: Poste Italiane S.P.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma TESTO DI LEGGE COSTITUZIONALE CON A FRONTE LA COSTITUZIONE VIGENTE ALL’INTERNO

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Periodico di in for ma zio ne e di in di riz zo sui pro ble mi

per le au to no mie lo ca li e re gio na li

N.4 luglio/agosto 2016

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Periodico di in for ma zio ne e di in di riz zo sui pro ble mi per le au to no mie lo ca li e re gio na li

Proprietario ed Editore

Via degli Scialoja, 3 - 00196 Romatel. 0669766034 fax 066784524

[email protected]

As so cia to al la U nio ne Stam pa Pe rio di ca I ta lia naCodice ISSN: 1126-43

associazione autonomie locali lazio

Re gi strazione Tri bu na le Ci vi le di Roma

n.124 del 27/03/2002

Di ret to re Re spon sa bi leBruno Manzi

Di ret to re EditorialeLuca Abbruzzetti

CollaboratoriLuigi Poeta

Maria Enrica Rubino

Contributi diGianfranco D’AlessioGaetano Palombelli

Cesare PinelliPietro Reichlin

Angelo Schillaci Alessandro Sterpa Giuseppe VaccaGiulio Vesperini

Grafica e Stam paVeat Litografica snc

00067 Morlupo (Roma) Via Flaminia, 2937tel. 0690192800 www.veatlitografica.it

Numero di copie stampate7000

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02 EDITORIALEpag. 02 Unire gli italiani riformando la democrazia

04 SPECIALE RIFORMA COSTITUZIONALEpag. 06 La Riforma Costituzionale nel contesto economico globale

pag. 08 L’elettore al centro del sistema costituzionale

pag. 10 La nuova Costituzione e l’Amministrazione

pag. 14 La riforma del Senato e la politica partecipata

pag. 17 Una democrazia più robusta: gli strumenti di partecipazione politica diretta nella riforma

pag. 20 Le ragioni delle Autonomie nella riforma della Costituzione

pag. 22 Le competenze legislative dello Stato e delle Regioni

26 BANDI - FINANZIAMENTI

28 ULTIME NOTIZIE

INSERTOTesto di legge Costituzionale con a fronte la Costituzione vigente

SOMMARIO

n. 4 luglio-agosto 2016

1916-2016

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SPECIALE RIFORMA COSTITUZIONALEdi Giuseppe Vacca, Presidente Fondazione Istituto Gramsci

2 Orientamenti luglio/agosto 2016

Nel 1993 Guido Carli conclu-deva le sue memorie dedi-cando al Trattato istitutivodell’Unione Europea (il Trat-tato di Maastricht) parole

profetiche per il nostro paese. “ La classepolitica italiana , egli scriveva, non si è resaconto che, approvando il Trattato, si è postanella condizione di avere accettato un cam-biamento di una vastità tale che difficilmen-te vi sarebbe passata indenne”. Nel 1993 ilsistema di partito della Prima Repubblicaera ormai imploso e le parole di Carli ne il-luminavano le ragioni profonde: vi avevanocontribuito non solo la “caduta” del murodi Berlino e la ”rivoluzione dei giudici”, masoprattutto la nascita di una Unione Euro-pea in cui l’Italia non poteva integrarsi etantomeno competere restando in balìa diclassi dirigenti che governavano con l’espan-

sione incontrollata della spesa pubblica edel debito, con un’inflazione abnorme e lesvalutazioni competitive.Guido Carli era un convinto assertore dellevirtù del “vincolo esterno” per disciplinareun paese alla deriva dei corporativismi e diun sistema politico anacronistico da almenoun ventennio. Era stato uno degli arteficidell’inserimento dell’Italia nel Trattato diMaastricht e quindi le sue parole suonanocome “ una profezia che si autoavvera”, com-piaciute e non prive di cinismo. Ma che diredella “classe politica” della Seconda Repub-blica? Non intendo inoltrarmi qui in un’ana-lisi così vasta. Ho scelto come incipit quelpensiero di Carli per portare alla superficieil problema storico sotteso alla riforma dellaCostituzione che viene sottoposta a refe-rendum. In estrema sintesi, si può dire chenella “classe politica” avvicendatasi al go-

verno dopo la fine della Prima Repubblica,il centro-destra ha cercato di eludere il pro-blema delle responsabilità europee dell’Italiamentre il centro-sinistra non è riuscito adaffrontarlo coerentemente. Il problema è seil “vincolo europeo” debba essere necessa-riamente subìto più o meno passivamenteo possa essere gestito con l’iniziativa politicae la forza negoziale di un paese che, “cam-biando verso”, acquista voce in capitolo an-che per riformare l’Europa dell’ “austerità”,della governance mancata, della crisi di lea-dership, di missione e di coesione. Fra que-sto scenario e il referendum vi è un nessoprofondo. La costruzione europea è un mixa geometria variabile di integrazione e com-petizione fra i paesi membri e non vi si puòpartecipare chiedendo senza avere le cartein regola per ottenere, oppure subendo per-ché non si ha la forza per negoziare. Questa

Docente universitario. É stato membro delcomitato centrale del Partito ComunistaItaliano dal 1972 al 1991, poi nella direzionedel Partito Democratico della Sinistra. Liberodocente in Storia delle dottrine politiche nel1966, nel 1975 vinse la cattedra di taledisciplina presso l'Università di Bari. Dal1978 al 1983 è stato nel consiglio diamministrazione della RAI. Deputato per ilPCI nella IX e X Legislatura nellacircoscrizione elettorale Bari-Foggia. Dalgennaio 1988 è direttore della FondazioneIstituto Gramsci di Roma. Gli scritti diGiuseppe Vacca sono tradotti in tutte leprincipali lingue europee; la sua vastaattività di conferenziere, le opere e il suopensiero sono ampiamente note all'estero.

luglio/agosto 2016 Orientamenti 3

forza è la coesione nazionale che solo ungoverno rappresentativo ed efficace dei cit-tadini, dello Stato e dell’economia può ga-rantire. Quindi il problema che abbiamo ri-guarda innanzitutto l’architettura del sistemarappresentativo (la differenziazione virtuosadelle due Camere) e la governabilità: vale adire la possibilità che il Parlamento e l’ese-cutivo siano posti nelle condizioni di go-vernare effettivamente il Paese. Il verso delleregole e dell’impalcatura amministrativache ci siamo dati negli ultimi decenni nonè stato questo e, volenti o nolenti, ha gene-rato risultati controproducenti e talvolta di-sastrosi. La riforma del titolo V della Costi-tuzione approvata nel 2001, lasciando inal-terato il “bicameralismo paritario”, ha pro-vocato una proliferazione della legislazioneconcorrente fra Stato e Regioni che rendequasi impossibile governare il Paese in vista

dello sviluppo e della competitività inter-nazionale. Le leggi elettorali che sono statedate all’Italia fra il 1993 e il 2006 hanno ge-nerato una deriva plebiscitaria che molti-plica la frantumazione politica ed esasperaparticolarismi sfrenati.Naturalmente le degenerazioni denunciatehanno anche altre cause e richiedono rimedipiù ampi e arditi di quelli introdotti dallariforma costituzionale oggetto del referen-dum. Ma non va sottovalutato il mutamentodell’agenda politica da cui nasce questa ri-forma. Per dirla alla buona, ci eravamo as-suefatti a declinare i nostri problemi consi-derando il vincolo europeo un destino ine-sorabile a cui sfuggire con furbizia o da su-bire passivamente: “ ce lo chiede l’Europa!”, “la Commissione europea ha stabilito lecompatibilità” e via di questo passo. Andavaun po’ meglio quando pareva che il proble-ma fondamentale della politica nazionalefosse quello di “adeguarci” alle direttive eu-ropee. Le riforme su cui siamo chiamati adecidere scaturiscono invece da un signi-ficativo mutamento di questo modo di pen-sare. Sono riforme necessarie all’Italia percosì dire a prescindere dal vincolo europeoe perciò ci daranno anche più forza e auto-revolezza in Europa. Il ragionamento nonè distante, come potrebbe sembrare, dal-l’esperienza quotidiana dei cittadini che han-no imparato a seguire gli andamenti dellospread con l’ansia di capire se un paese cheha le nostre “incongruenze” e il nostro in-debitamento possa risollevarsi e sanno beneche ciò non potrà avvenire se non cambia

il modo in cui esso è governato. L’impalca-tura del sistema politico non è fatta solo del-le due Camere, delle Regioni e della pub-blica amministrazione. Ci sarà molto altroda riformare a cominciare dalla rappresen-tatività dei sindacati e di altre organizzazionisociali. Ma il consenso dei cittadini alla ri-forma costituzionale già approvata dal Par-lamento è un primo passo decisivo e indi-spensabile. Il collegamento con la nuovalegge elettorale che non è sottoposta a refe-rendum, è ineludibile e si potrà discutereancora per migliorarla. Ma il pregio dell’Ita-licum è nella restituzione ai partiti della re-sponsabilità di organizzare la partecipazionedei cittadini alla elaborazione dell’indirizzopolitico del Paese. Il funzionamento dei par-titi, la loro coesione, la coerenza democra-tica dei rapporti fra eletti ed elettori e la tra-sparenza della vita associativa sono le risorsefondamentali delle democrazie moderne.Le leggi elettorali precedenti l’approvazionedell’Italicum sono state ispirate da una pro-fonda sfiducia nella funzione dei partiti, nehanno ostacolato la ricostruzione e sonostate determinanti nel deformarne la fisio-logia. Anche su questo tema, quindi, comeper la riforma della Costituzione, si è inver-tita una tendenza deleteria. Se e quando sidovrà rivedere l’Italicum l’essenziale, permigliorarlo, è non smarrire il criterio chevincola una buona legge elettorale alla ri-costruzione della funzione democratica deipartiti. �

UNIRE GLI ITA LIANIriformando la democrazia

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LA RIFORMA COSTITUZIONALE

luglio/agosto 2016 Orientamenti 54 Orientamenti luglio/agosto 2016

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LA RIFORMA COSTITUZIONALEdi Pietro Reichlin, Professore di Economia LUISS Guido Carli

L economia funziona quandofunzionano bene la politica e leistituzioni. L’Italia è un paese do-ve la politica e le istituzioni han-

no frenato l’espansione dei redditi e delbenessere. I successi economici dell’Italiadalla fine della guerra sono stati realizzatinonostante i difetti delle nostre istituzioni.Questo è un dato riconosciuto da tutti glistudiosi. L’instabilità e la frammentazione politicahanno dominato la nostra storia repub-blicana come in nessun altro paese occi-dentale. Basti pensare che, dal ’45 a oggi,abbiamo avuto 63 governi, quasi un go-verno all’anno. I piccoli partiti hanno sem-pre esercitato una sorta di potere di vetosulle decisioni dei governi, grazie alla de-bolezza delle maggioranze. Esercitare ilpotere di veto serve ai piccoli partiti persegnalare la propria importanza all’eletto-rato. E’ necessario per sopravvivere. Masignifica che i governi non possono for-mulare programmi coerenti e, avendo bre-ve durata, non possono pianificare per ilfuturo. L’instabilità e la frammentazione politicasono un risultato (deliberato) del nostroassetto istituzionale, cioè, in particolare,del bicameralismo paritario, del numero

pletorico di deputati e senatori e del fattoche Parlamento e Senato possono sfidu-ciare i governi senza alcun vincolo e senzache ciò provochi lo scioglimento delle ca-mere. Facciamo un confronto. Dal 1945 la GBha avuto 14 governi e la Germania 22. Lagran parte di questi governi hanno avutoa disposizione un’intera legislatura (se nondue) per realizzare riforme importanti chehanno impresso delle vere svolte per queipaesi. Tutti sappiamo chi sono e quale im-portanza hanno avuto i capi di governo diFrancia, Germania e Gran Bretagna. Wil-son, Brandt, Shmidt, Thatcher, Blair hannodefinito delle stagioni della politica nazio-nale e internazionale e sono stati al potereper il tempo definito dalla durata di unao due legislature. Ognuno di essi è andatoal potere ed è uscito di scena per effetto diun voto popolare. Molti nostri capi di go-verno, invece, sono entrati e usciti da Pa-lazzo Chigi tante volte nell’arco degli ul-timi 70 anni, per effetto di congiure di pa-lazzo e cambi di casacca dei parlamentari.Molti sono restati al potere per decenni,come capi di governo o come ministri, manon hanno mai completato una legislaturae portato a termine un programma. Unesempio di massima instabilità e di mini-

mo ricambio politico.A causa dell’instabilità, della frammenta-zione politica e dei poteri di veto, i nostrigoverni, con pochissime eccezioni, nonsono stati in grado di completare ciò cheavevano cominciato. L’eccesso di concor-renza tra partiti nelle coalizioni al potereha generato irresponsabilità e provocatol’aumento della spesa e del debito pubblico.Molti studi dimostrano che i sistemi elet-torali proporzionali, e la debolezza degliesecutivi, sono causa di disordine fiscale.Ma questi problemi sono ancora più graviin un’economia globalizzata. Il costo delnostro debito pubblico dipende dalla fi-ducia dei mercati nei confronti dei gover-ni. Se i governi sono credibili, cioè sonoin grado di realizzare nel futuro ciò chepromettono oggi (contenimento della spe-sa, riforme fiscali), allora la fiducia deimercati aumenta e il costo del debito di-minuisce. Ciò libera risorse per aumentaregli investimenti pubblici o per le politichesociali. Alcuni pensano che l’instabilità ela presenza di piccoli partiti nelle coali-zioni siano una virtù della democrazia.Pensano, cioè, che sia più democraticoavere tante voci e limitare fortemente ilpotere degli esecutivi. E’ meglio che le ele-zioni forniscano risultati incerti, in modo

e i mercati finanziari attendono con ansiadi sapere se gli italiani saranno capaci didotare il paese di una costituzione più effi-ciente e moderna. La vittoria del NO get-terebbe l’Italia nel caos. Tornerebbe la sta-gione dei governi tecnici o delle coalizionispurie. La BCE e le istituzioni europee sa-rebbero costrette a intervenire per calmarei mercati e metterebbero sotto tutela la no-stra politica.Ciò che sorprende è il cinismo o la man-canza di consapevolezza dei nostri politici.Negli ultimi mesi la battaglia sul referen-dum costituzionale si è caricata di signi-ficati che hanno poco a che fare con il con-tenuto del quesito. Molti partiti invitanoa votare NO per buttare giù il governoRenzi. In molti casi si tratta di politici chehanno votato a favore della riforma costi-tuzionale e che ora vogliono sfruttare unvantaggio politico. E’ una strategia irre-sponsabile e di corto respiro. Non credosia una buona idea chiedere agli italianidi votare SI per paura del caos. E’ meglioconvincerli delle buone ragioni della ri-forma. Ma non dobbiamo neanche sotto-valutare le conseguenze di un voto nega-tivo. Come si dice, il destino è nelle nostremani. �

si è sempre battuta per abolire il bicame-ralismo perfetto e per il maggioritario adoppio turno. Oggi abbiamo una leggeelettorale con il doppio turno e abbiamola possibilità di approvare definitivamenteuna riforma costituzionale che dice unacosa semplice e ragionevole: da ora in poii governi nascono con la fiducia di una so-la camera. Tutto il resto rimane invariato,dai poteri del presidente della repubblicaa quelli del presidente del consiglio. Nes-sun organo di garanzia potrà essere elettosenza il contributo decisivo delle mino-ranze parlamentari. Certo, il Senato avràaltre competenze e, in alcune materie, siporrà in posizione dialettica con la cameradei Deputati. Ci sono aspetti complessi inquesta riforma, che non è perfetta. Ma è,comunque, un grande passo avanti. Pos-siamo avere, finalmente, anche in Italia,una democrazia più forte e più trasparente. Queste riforme, della costituzione e del si-stema elettorale, sono così importanti daessere diventate una specie di passaportodell’Italia per entrare nel novero di paesiche possono essere protagonisti della po-litica internazionale. Finora, questo pas-saporto ci è stato negato principalmentea causa dell’inaffidabilità del nostro siste-ma politico. I nostri partner internazionali

che nessun partito abbia abbastanza potereper governare da solo. E’ una posizioneche rispetto. Ma che non comprendo. Tuttisiamo consapevoli che le democrazie sonobasate sulla limitazione del potere dellemaggioranze. Questo serve a garantire chenon siano violati i diritti degli individui eche le istituzioni di garanzia siano indi-pendenti. Ma dobbiamo fare attenzione. Una costi-tuzione che priva l’esecutivo del potere didecidere sulle questioni di sua competenza(cioè le politiche pubbliche, la politica in-ternazionale, ecc.) rende meno trasparentela democrazia. Togliere il potere dalle ma-ni del capo del governo, che gode della fi-ducia dei parlamenti, significa consegnar-lo, di fatto, ad organismi che svolgono fun-zione di supplenza, dirigenti dell’ammi-nistrazione, magistrati e lobby che riesco-no a manipolare i parlamentari. Il para-dosso è che la democrazia viene svuotatada coloro stessi che ne fanno un vessillocontro il decisionismo. Queste cose che ho appena detto sono no-te da tempo e largamente condivise. E’ daquando ero ragazzo che i nostri politicicercano di rafforzare gli esecutivi con pro-poste di riforme costituzionali e nuoveleggi elettorali maggioritarie. La sinistra

luglio/agosto 2016 Orientamenti 76 Orientamenti luglio/agosto 2016

LA RIFORMA COSTITUZIONALEnel contesto economico globale

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8 Orientamenti luglio/agosto 2016 luglio/agosto 2016 Orientamenti 9

Le ragioni del Sì al referendumsono ampiamente argomen-tabili dal punto di vista costi-tuzionale: semplificazione,snellimento, riduzione dei co-

sti, stabilità, razionalizzazione delle auto-nomie territoriali, efficienza del sistema.C’è una chiave di lettura, in particolare,che più di altre tiene insieme le parti dellariforma; una chiave che peraltro confermal’inopportunità (oltre la già evidente im-possibilità tecnica dettata dall’art. 138 Cost.che parla di “legge costituzionale” al sin-golare) di spacchettare il quesito in più re-ferendum. Si tratta del fatto che con la ri-forma del 2016 l’elettore è posto davveroal centro del sistema costituzionale graziead una serie di scelte innovatrici e la no-stra democrazia rafforza così l’impiantoliberale certo già contenuto nella Costitu-zione repubblicana ma “compresso” dallegrandi ideologie di massa del novecentoche in Assemblea costituente esprimevanooltre i ¾ degli eletti.Vediamo i 5 aspetti (più uno) che segnanoquesto cambiamento.Il livello nazionale di governo, dopo l’ele-zione diretta dei Sindaci (e dei Presidentidi Provincia) degli anni novanta e dei Pre-sidenti di Regione, è rimasto in questi anniin condizioni di forte instabilità con unruolo secondario degli elettori rispetto alledinamiche parlamentari: governi instabiliche non terminano la legislatura e anzi ra-sentano la media dell’anno di durata contutto quello che ne deriva, dalla necessitàdi conquistare consenso tra i diversi grup-pi, trasformismi, debolezza internazionalee di scelta nelle politiche nazionali. Conla riforma questo cambia: l’elettore certonon sceglierà il Premier che continueràad essere nominato dal Presidente dellaRepubblica a seguito delle consultazionicon i deputati e dovrà godere della fiduciadella Camera che potrà costringerlo alledimissioni come accade ora. Tuttavia non

sfugge la novità strutturale: un Governonascerà dal voto popolare che assegneràad un partito la maggioranza di 340 seggisui 630 della Camera: né pochi per nongovernare, né troppi per eleggere da soligli organi di garanzia. A questo puntol’elettore potrà scegliere una maggioranzae poi giudicarla al voto successivo confer-mandola o cambiandola. L’elettore sarà fi-nalmente al centro (secondo argomento)anche perché oggi l’unica forma di inter-vento diretto sulle leggi statali è costituitadal referendum abrogativo: uno strumentoche si è dimostrato di difficile concretiz-zazione non per la raccolta delle firme maperché per far “scattare” il referendum ènecessario che votino la metà più uno de-gli aventi diritto e questo risultato negliultimi anni si è ottenuto solamente nel2011. Con la riforma l’elettore avrà anche refe-rendum propositivi e consultivi (oggi as-senti nella Costituzione) e per quanto ri-guarda quelli abrogativi permetterà – sela richiesta sarà fatta da 800.000 elettori –di abbassare il quorum strutturale: saràsufficiente che votino la metà più uno de-gli elettori che hanno partecipato alle ul-time elezioni politiche per avere l’effettoabrogativo. Ad esempio se i partecipantialle elezioni politiche sono stati il 70% de-gli aventi diritto il quorum si abbassa al35% più uno. Ancora, terzo aspetto cherafforza il ruolo dell’elettore, la chiusuradei “circuiti paralleli” ossia dei luoghi di

L’ELETTORE AL CENTRO DEL SISTEMA COSTITUZIONALE

iniziava politica che non hanno una legit-timazione democratica come il CNEL el’emersione in Senato dei rapporti tra Statoe autonomie oggi relegati alle relazioni tragli esecutivi. Quinta ragione è il rafforza-mento dello strumento della iniziativa le-gislativa popolare per la quale da un latosi innalza il numero delle firme necessarie(150.000) ma dall’altro si prevede che ilParlamento si pronunci senza dimenticarele proposte nei cassetti. Non ultimo, poi,il dato che avremo una più chiara riparti-zione delle competenze tra Stato e Regionicorreggendo le esagerazioni della riformacostituzionale del 2001: questo vuol direche gli elettori sapranno “chi deve fare co-sa” e potranno meglio valutare Presidentidi Regione e rispettive maggioranze. Unmotivo in più (quasi un sesto): con la leggeelettorale gli elettori potranno superare leliste bloccate (dichiarate incostituzionalidalla Corte costituzionale) e scegliere ipropri deputati in circoscrizioni dove cisarà solo un capolista prescelto e gli altrisaranno eletti tra i più votati. Semplifican-do: una democrazia più forte perché piùincentrata sul libero voto degli italiani. �

LA RIFORMA COSTITUZIONALEdi Alessandro Sterpa, Professore di Diritto costituzionale Università degli Studi della Tuscia

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LA RIFORMA COSTITUZIONALEdi Giulio Vesperini, Ordinario di Diritto Amministrativo Università della Tuscia

Le novità introdotte nelle nuo-

ve regole costituzionali a pro-

posito dell’amministrazione

hanno avuto, finora, uno

scarsissimo rilievo nel dibat-

tito pubblico.

Ci sono, tuttavia, due aspetti importanti

che meritano considerazione.

Il primo consiste in questo: la nuova di-

sciplina costituzionale fa propri principi

e norme di riforma della pubblica ammi-

nistrazione, già sviluppati nell’ordinamento

giuridico nazionale nel corso dell’ultimo

quarto di secolo. Potrebbe allora apparire

che nulla sostanzialmente è cambiato e

che si tratti, solamente, di un diverso, e

più elegante, vestito fatto indossare a per-

sone già in vita. Le cose, in realtà, stanno

diversamente. La costituzionalizzazione

di regole e principi già esistenti, infatti,

produce almeno due serie di importanti

effetti.

Innanzitutto, non deve essere sottovalutato

l’aspetto più propriamente formale: dare

una copertura giuridica più elevata, di tipo

costituzionale, a principi e a norme di ri-

forma, contenuti in leggi dello Stato, si-

gnifica riconoscerne il valore caratteriz-

zante dell’ordinamento e mettere gli uni e

le altre al riparo dagli eventuali ripensa-

menti del legislatore.

Ma ci sono anche importanti effetti pratici

che conseguono alla costituzionalizzazio-

ne: questa, infatti, serve a rimuovere i vin-

coli, posti dal testo costituzionale vigente,

alla piena efficacia di quelle importanti ri-

forme.

Per spiegarmi meglio, faccio l’esempio del-

le province. Finché c’è (o c’era) una norma

costituzionale che ne prevede(va) la pre-

senza e, addirittura, assegna(va) loro la

posizione di elemento costitutivo della Re-

pubblica, il Parlamento può (poteva) svuo-

tare le province di attribuzioni e di risorse,

o può (poteva) disporre diversamente cir-

ca il sistema di elezione dei loro vertici,

ma non può procedere alla loro soppres-

sione: quindi deve farsi carico di prevedere

per esse una serie (ancorché minima) di

competenze. Pensate, ad esempio, alla leg-

ge Del Rio del 2014, che, tra l’altro, ha for-

temente ridimensionato le competenze

delle province: anche in quella normativa,

che pure aveva dichiaratamente sullo sfon-

do la riforma costituzionale, si sono de-

dicati oltre 50 dei circa 120 commi dei

quali è composto l’articolo unico, alle pro-

vince, alle loro funzioni, al loro ordina-

mento, alle loro risorse. Un vincolo ana-

logo vale(va) anche per le regioni, le quali,

nella disciplina da dedicare al sistema am-

ministrativo del loro territorio, non pos-

sono (tevano) mettere da parte del tutto

le province. Ma nel momento in cui il

nuovo testo costituzionale sopprime ogni

riferimento alle province, il parlamento

nazionale può disporre liberamente sul da

farsi. Agli estremi opposti, quindi: può

conservarle nella attuale configurazione

o sopprimerle del tutto; oppure scegliere

una via di mezzo e affiancarle, in parte,

con nuovi organismi di area vasta, almeno

in tutte le aree dove non ci sono città me-

tropolitane.

A loro volta, le regioni, pur tenute, in que-

sta materia, ad attenersi a una disciplina

ordinamentale riservata allo Stato, posso-

no, nell’esercizio della loro autonomia, sce-

gliere soluzioni tra loro differenti per la

gestione delle funzioni di area vasta e, an-

cora, fare scelte diverse a seconda della

specifica politica regionale.. Non si tratta,

quindi, solamente, come una certa sem-

plificazione del discorso pubblico ha fatto

credere, di sopprimere un ente considerato

inutile e dispendioso. Ma si tratta, invece,

anche e comunque, di consolidare le ri-

forme dell’ordinamento locale dettate negli

ultimi venticinque anni con legge; porre

le basi, anche sotto questo profilo, della

semplificazione dell’azione amministrativa;

dare alle regioni più autonomia e più fles-

sibilità nella scelta degli strumenti con i

quali perseguire i propri indirizzi; dare

anche ai comuni maggiori opportunità di

sperimentare forme di aggregazione delle

funzioni e dei servizi da essi rispettiva-

mente erogati.

Detto della tecnica adoperata e delle sue

implicazioni, passo ora a illustrare i conte-

nuti innovativi della nuova disciplina co-

stituzionale dell’amministrazione più im-

mediatamente e direttamente percepibili.

Innanzitutto, la nuova costituzione porta

nel proprio corpo due principi fondamen-

tali delle riforme amministrative dell’ul-

luglio/agosto 2016 Orientamenti 1110 Orientamenti luglio/agosto 2016

LA NUOVACOSTITUZIONEe l’Amministrazione

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luglio/agosto 2016 Orientamenti 13

cedimento amministrativo e sulla disci-plina giuridica del lavoro alle dipendenzedelle amministrazioni pubbliche tese adassicurarne l’uniformità sul territorio na-zionale”. La riforma costituzionale del2001 su questi due punti era stata elusiva,tanto che se ne erano proposte interpre-tazioni differenti e, con qualche solido ar-gomento, si era potuto sostenere che re-gioni ed enti locali fossero legittimati a di-sciplinare autonomamente i procedimentidi propria competenza e potessero, ana-logamente, dettare proprie norme sull’im-piego regionale e locale, almeno nella par-te non regolata dal diritto privato. Nella pratica si era affermata, con una se-rie di tecniche, una interpretazione favo-revole a riconoscere alla legge dello Statoampi poteri per una disciplina unificante.La nuova riforma costituzionale dissipa idubbi e assegna alla legge dello Stato, invia esclusiva, il potere di definire le regolecomuni a tutti i procedimenti ammini-strativi, sia che siano gestiti da ammini-strazioni statali, sia che lo siano da am-

ministrazioni regionali o locali, e la disci-plina di base del rapporto di lavoro pub-blico. In questo modo si sé centralizzatala disciplina di procedimenti e personalee tolto spazio a regioni ed enti locali perprovvedere autonomamente? Direi di no,per quattro ragioni. Perché, come ho ap-pena detto, se la Costituzione precedentesul punto era stata poco chiara, il “dirittovivente” era andato già in questa direzione.Perché la disciplina dell’impiego con lepubbliche amministrazioni era già, co-munque, in larga parte unificata, in tuttaquella parte di essa soggetta al diritto pri-vato e al codice civile, per definizione dicompetenza dello Stato, non delle regioni.Perché le regioni e gli enti locali, con qual-che eccezione, non hanno mai mostratoparticolare interesse ad avere regole auto-nome sul procedimento amministrativoe quando lo hanno fatto, molto spesso,hanno finito per complicare e quindi peropporre una resistenza passiva alle inno-vazioni introdotte nella legislazione na-zionale. Perché, infine, discipline di uno

stesso procedimento amministrativo diffe-renti tra una regione e una altra o un co-mune e un altro possono esaltare l’auto-nomia degli enti, ma al tempo stesso dan-neggiano la certezza e la chiarezza del di-ritto di chi si trovi ad avere a che fare conregole diverse in località diverse per otte-nere lo stesso tipo di prestazione da partedell’amministrazione. Una terza importante innovazione riguar-da i poteri di controllo del Senato sul po-tere esecutivo. Il nuovo comma 5 del-l’art.55 gliene assegna sostanzialmente didue tipi: quello di controllare, in parte as-sieme alla Camera, l’attività amministra-tiva; quello di valutare politiche pubbliche. Come ha giustamente osservato MassimoLuciani, il Senato non è nella condizionedi attivare meccanismi di responsabilitàistituzionale del governo, dal momentoche la fiducia ormai spetta solo alla Came-ra, ma può invece far valere una sorta diresponsabilità diffusa del governo stesso.Ma tutto dipenderà dal modo nel quale ilsenato farà uso di queste opportunità.Un rapido cenno conclusivo sulla funzio-ne di valutazione delle politiche pubblicheassegnata al Senato. La norma costituzionale non fornisce ele-menti per comprendere il disegno che lasorregge e anche qui, quindi, la confor-mazione puntuale di questa funzione di-penderà dalle scelte che il senato medesi-mo compirà nei prossimi anni. Voglio limitarmi a segnalare un interessantestudio, pubblicato un anno fa sulla rivistaInternational Review of AdministrativeSciences, intitolato significativamente: “thegrowing role of evaluation in parliaments”,che analizza le esperienze in materia delparlamento tedesco e di quello fiammingo,mette in evidenza lo stadio embrionale disviluppo di queste esperienze e le impor-tanti differenze tra l’una e l’altra. Questo cenno solo per indicare che la nor-ma costituzionale pone le basi per avviare,anche in Italia, una esperienza di nuovistrumenti di intervento di una istituzioneparlamentare sulle politiche del governoe delle amministrazioni e sui loro risultati,ma che il successo di questa scelta dipen-derà dall’investimento intellettuale e ma-teriale che si riterrà di dover fare. �

12 Orientamenti luglio/agosto 2016

nella loro sfera di libertà; sancito i principi

di legalità, imparzialità e buon andamento

quali principi fondamentali dell’organiz-

zazione e dell’azione dell’amministrazione.

La riforma costituzionale del 2001, poi,

ha introdotto principi che riguardano spe-

cialmente la ripartizione dei compiti am-

ministrativi tra lo Stato, le regioni, le città

metropolitane, i comuni: sussidiarietà, dif-

ferenziazione e adeguatezza. Questi prin-

timo quarto di secolo: quello della sem-plificazione, che fa la sua prima comparsaimportante con la legge sul procedimentodel 1990 e poi diventa principio informa-tore di decine di leggi negli anni successivie parte integrante delle agende politichedei governi di diverso coloro politico chesi sono succeduti da metà degli anni No-vanta in poi; quello di trasparenza, il qualeanche è parte qualificante della legge del1990, ma che poi conosce uno sviluppoimpetuoso e, talvolta, disordinato, nelleleggi dell’ultimo quinquennio, in strettolegame con le politiche di prevenzione erepressione della corruzione. Principi, en-trambi, che sono parte integrante del pa-trimonio costituzionale del diritto del-l’Unione europea. Anche in questo caso, è utile domandarsiquali siano gli effetti pratici della riformacostituzionale, in aggiunta a quelli generalisegnalati poco fa. Il primo è questo: i principi di semplifica-zione e di trasparenza diventano principivincolanti dei legislatori, di quello nazio-nale e di quelli regionali, con la conse-guenza, per esempio, che la Corte costi-tuzionale potrebbe annullare leggi che vio-lassero questi principi. Il secondo è strettamente connesso al pri-mo: la Costituzione fa un ulteriore passoin avanti nella direzione della costituzio-nalizzazione dei principi regolatori del-l’amministrazione e del diritto ammini-strativo. La Costituzione del 1948 si eralimitata a qualche cenno sulla ammini-strazione: aveva dettato le grandi lineedell’apparato amministrativo, stabilito lariserva di legge per proteggere i cittadinida intromissioni indebite dell’esecutivo

cipi devono guidare i legislatori, nazionalee regionali, quando, nell’ambito delle ri-spettive competenze, assegnano e regolanofunzioni amministrative. La riforma co-stituzionale del 2016, infine, nell’ordine:redistribuisce tra lo Stato e le regioni ilpotere di disciplinare l’amministrazione,in stretta connessione con la nuova ripar-tizione di competenze legislative; ampliail novero dei principi ai quali si devonoattenere le leggi nel disciplinare l’ammi-nistrazione; approfondisce la presa, percosì dire, sul legislatore, perché stabilisceanche quali sono i principi e i criteri aiquali si deve informare la disciplina del-l’esercizio delle funzioni amministrative,tanto che ci si può domandare se i principie i criteri sono applicabili solo ai legislatorio se invece siano diretti immediatamentealle amministrazioni stesse alle quali spet-ta l’esercizio delle funzioni. Una seconda importante modifica del te-sto costituzionale sta in quella aggiuntacon la quale si attribuisce allo Stato la le-gislazione esclusiva per le “norme sul pro-

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LA RIFORMA COSTITUZIONALEdi Cesare Pinelli, Ordinario di diritto costituzionale Università La Sapienza

LA RIFORMA DEL SENATO e la politica partecipata

La legge costituzionale su cui

ci pronunceremo in sede di

referendum ha ricevuto due

ordini di critiche. Il primo è

che essa ridurrebbe gli spazi

di democrazia, mentre secondo l’altro in-

trodurrebbe più complicazioni di quante

ne elimini.

La riduzione della democrazia è per la ve-

rità quasi sempre riferita non alla riforma

costituzionale in quanto tale, ma al fatto

che essa abolisce il Senato eletto diretta-

mente dai cittadini nel momento in cui la

nuova legge elettorale della Camera intro-

duce un sistema maggioritario che assegna

un premio in seggi alla lista che abbia ot-

tenuto almeno il 40% dei voti, o diversa-

mente la maggioranza assoluta nel turno

di ballottaggio.

Una riforma della Costituzione, che do-

vrebbe durare oltre le stagioni politiche, è

cosa diversa da una semplice riforma della

legge elettorale. Ma non mi sottraggo al-

l’obiezione. Veniamo da ventidue anni di

maggioritario, undici dei quali con premio

di maggioranza. La differenza è che l’Itali-

cum assegna il premio alla lista, non anche

a una coalizione di liste (il che significa im-

pedire la frammentazione delle maggio-

ranze che ha caratterizzato la seconda non

meno della prima fase della Repubblica), e

lo assegna a condizione che abbia ottenuto

una soglia abbastanza ragionevole come il

40% dei voti o la metà più uno dei voti al

ballottaggio.

Sulla legittimità costituzionale di questa

scelta si pronuncerà come è noto la Corte

costituzionale: tutto dipenderà da come es-

sa valuterà le innovazioni della riforma elet-

torale rispetto alle disposizioni della legge

del 2005 che hanno formato oggetto di an-

nullamento con la sent. n. 1 del 2014. Per

il resto, si dice, l’Italicum favorisce la per-

sonalizzazione della politica, svilendo la

partecipazione. Il fatto è che la politica è

già personalizzata e verticalizzata: un siste-

ma proporzionale puro equivarrebbe oggi

a una competizione fra quattro o cinque

capi anziché fra due, col solo risultato di

rendere precaria qualsiasi maggioranza. Se

si vuole, come è giusto, un ritorno alla po-

litica partecipata, non è al sistema elettorale

che si deve guardare.

L’obiezione che la riforma, eliminando l’ele-

zione popolare diretta del Senato, contra-

sterebbe in quanto tale colla democrazia,

ricordo che la democrazia non consiste solo

nell’eleggere i parlamentari ma anche i rap-

presentanti delle regioni e dei comuni che

col nuovo progetto eleggono a loro volta i

senatori. E poi ha senso dire che il vecchio

Senato sarebbe più democratico se si con-

sidera che era condannato a fare le stesse

cose della Camera?

In realtà la riforma costituzionale non solo

non riduce gli spazi di democrazia, ma li

aumenta. I rapporti fra Stato e autonomie

sono ora affidati a Conferenze intergover-

native che decidono anche questioni da af-

frontarsi con legge, proprio perché manca

un organo legislativo di raccordo. Il che

costringe non di rado il Parlamento a rati-

ficare decisioni prese in Conferenza, ov-

viamente in forma riservata. Un foro di di-

battito politico nazionale che dia voce al

centro alla dialettica con le autonomie ri-

solverebbe questa doppia stortura. La Con-

ferenza resterebbe per le questioni ammi-

nistrative e di governo, ma si collegherebbe

con un Senato dove le questioni politiche

sarebbero dibattute non più in forma riser-

vata ma pubblicamente, come è regola di

ogni assemblea parlamentare. Non mi sento

nemmeno di escludere che, se il nuovo Se-

nato fosse stato già in funzione, non avrem-

mo avuto il referendum sulle trivelle, per-

ché la trattativa delle Regioni col Governo

si sarebbe spostata in una sede politico-

parlamentare.

Il nuovo Senato riequilibra, poi, i rapporti

Consiglio-Presidente della Regione. Oggi

questi ultimi sommano il grande potere

che deriva loro dalla legittimazione popo-

lare diretta alla opportunità di trattare di-

rettamente al centro le questioni di interesse

regionale, mentre i Consigli approvano

(sotto la mannaia del simul stabunt simul

cadent) leggi che poi sono spesso dichiarate

illegittime dalla Corte costituzionale. L’ele-

zione di consiglieri regionali al Senato potrà

compensare questo gravissimo squilibrio.

Si afferma che la classe politica regionale è

inadeguata a ricoprire i ranghi di senatori.

Ma cosa dire dei deputati delle legislature

più recenti? La qualità del personale politico

è un problema gravissimo, che riguarda pe-

rò ogni sede rappresentativa. Possiamo per-

metterci di aspettare che migliori prima di

intraprendere qualsiasi riforma istituzio-

nale?

Vengo alle complicazioni. Si lamenta che

l’art. 70, che oggi consta di un solo rigo (“La

funzione legislativa è esercitata collettiva-

mente dalle due Camere”), con la riforma

si compone di sette lunghi commi, trascu-

rando che questo è l’effetto inevitabile della

trasformazione del Senato in Camera rap-

luglio/agosto 2016 Orientamenti 1514 Orientamenti luglio/agosto 2016

presentativa degli enti autonomi (vedi gliartt. 76-78 della Legge Fondamentale tede-sca). Altri, poi, hanno contato sette o anche piùprocedimenti legislativi. In realtà la riformaprevede due tipi di procedimenti: quelloche mantiene l’approvazione congiunta del-le due Camere per le leggi di revisione co-stituzionale e per le leggi di attuazione delTitolo V, Seconda Parte, della Costituzione(su Regioni e Comuni), e il procedimentodi approvazione di tutte le altre leggi, attri-buita alla Camera, su cui il Senato può de-liberare proposte di modifica ferma l’ap-provazione definitiva da parte della Came-ra. Per questa seconda tipologia sono pre-viste varianti procedurali, ad esempio, perla legge di bilancio e per leggi che interven-gono su materie non assegnate allo Statoin via esclusiva. E’ chiaro che, se conside-riamo ogni variante come un tipo diversodi procedimento, il numero totale sale asette o più: ma ha senso questa scelta? Si osserva poi che il Senato non sarebbecompetente a legiferare su questioni di in-teresse regionale, in contraddizione con lapremessa della sua trasformazione in Ca-mera rappresentativa delle autonomie. Inrealtà, come abbiamo visto, al Senato la ri-forma assicura un potere di approvazionedi tutte le leggi di attuazione del Titolo Vsullo stesso piano della Camera. Per il restosopprime la competenza concorrente Sta-to-Regioni, riducendo al minimo i casi incui la legge statale detta “disposizioni ge-nerali e comuni” quanto a materie su cuile Regioni legiferano e amministrano dasempre, e che allo stesso tempo richiedonostandard e requisiti appunto “comuni” (ser-vizi pubblici, tutela della salute, formazioneprofessionale), o piani urbanistici, che de-vono essere sia nazionali che regionali (go-verno del territorio). Non si vede la con-traddizione. D’altra parte la riduzione delle competenzeregionali (che non è un’espropriazione im-

provvisa ma razionalizza lo stato dell’artedopo il forte accentramento realizzato dallaCorte costituzionale) è compensata da unSenato rappresentativo delle autonomie, echiamato a svolgere funzioni di raccordofra di esse, lo Stato e l’Unione europea non-ché di valutazione dell’attuazione delle po-litiche pubbliche e della legislazione. Si trat-ta di un compito essenziale che peraltronessuna istituzione ha finora svolto, e sucui vorrei dunque soffermarmi particolar-mente. In effetti, l’attribuzione al Senato dei compitidi verificare “l’impatto delle politiche del-l’Unione europea sui territori”, di “valutarele politiche pubbliche e l’attività delle pub-bliche amministrazioni”, e di “verificare l’at-tuazione delle leggi dello Stato” (art. 55,quarto comma, nuovo testo) evoca un pro-blema assai risalente di cattivo funziona-mento delle nostre istituzioni, e ne indicauna possibilità di soluzione. Luigi Einaudiinserì fra le “prediche inutili” il “conoscereper deliberare”, e il tempo trascorso da al-lora ha confermato la sua saggezza al ri-guardo. E’ incontestabile che non solo ilParlamento, ma tutte le istituzioni della Re-pubblica chiamate a funzioni di delibera-zione politica, non le esercitano sulla basedi una sufficiente conoscenza di elementidi fatto, a partire dallo stato, dal grado edalle modalità di attuazione delle leggi edegli altri atti normativi che si tratta di mo-dificare. Il che avviene, si badi, a prescin-dere dalla disponibilità dei dati, che nel casodel Parlamento è certamente elevata graziealla molteplicità delle relazioni che vi afflui-scono istituzionalmente, ai risultati di hea-rings e di indagini conoscitive nonché al-l’opera di eccellenti burocrazie interne. Ora, le attività di valutazione e di verificadell’attuazione delle leggi e delle politichepubbliche si collocano fra il ‘conoscere’ e il‘deliberare’: non corrispondono a una pas-siva acquisizione di dati, che però presup-pongono, e risultano strumentali al miglio-

re esercizio dell’attività deliberativa senza

confondersi con essa. In questo spazio in-

termedio, ma fondamentale, possono aversi

vari tipi di apprezzamento, dalla mera con-

statazione circa il se una certa legge o una

certa politica pubblica sia stata attuata, fino

alla commisurazione della relativa efficacia,

la quale richiede una prima elaborazione

di parametri da affinare progressivamente

in base all’esperienza, in ordine alla quale

non mancherebbe peraltro l’ausilio di una

ben munita pattuglia di esperti di politiche

pubbliche.

Per quanto giustapposti dalle formulazioni

in esame, e quindi tali da richiedere un ade-

guato assestamento in sede di attuazione,

questi tipi di apprezzamento sono tutti affi-

dati al Senato. Non solo. Il comma aggiunto

all’art. 71 Cost., con l’attribuire al Senato il

potere di “richiedere alla Camera dei de-

putati di procedere all’esame di un disegno

di legge” con deliberazione adottata a mag-

gioranza assoluta dei suoi componenti, pre-

figura un circuito fra deliberazione legisla-

tiva (o di politiche pubbliche), valutazione

e verifica della sua attuazione anche in ter-

mini di efficacia, e iniziativa legislativa sup-

portata da tali elementi cognitivi e valuta-

tivi, che, opportunamente utilizzato, ren-

derebbe il ruolo del Senato assai più incisivo

di quanto non risulti dalla sola lettura del-

l’art. 55, quarto comma.

E’ evidente che qui ci troviamo di fronte a

una scommessa e lo stesso potrebbe dirsi,

ad es., per il raccordo tra Senato e sistema

delle Conferenze. Intanto però disposizioni

del genere si propongono di affrontare pro-

blemi che la disciplina in vigore lascia ir-

risolti o addirittura determina, come ho ac-

cennato a proposito dell’assenza di valuta-

zione delle politiche pubbliche e dell’opaco

funzionamento del sistema delle Conferen-

ze. Sono altri punti a favore del sì alla ri-

forma. �

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Oltre che sugli assetti delbicameralismo, sullecompetenze regionali esui poteri del Governoin Parlamento, la rifor-

ma in itinere incide anche sulla disciplinadegli istituti di democrazia diretta e suglistrumenti di partecipazione politica delcorpo elettorale. Si tratta di interventi pun-tuali, ma non per questo meno importanti:se, infatti, la maggior parte degli interventirealizzati dalla legge di revisione costitu-zionale incidono sulla forma di governo,la riforma degli istituti di democrazia di-retta e di partecipazione politica del corpoelettorale sembra suscettibile di incidere,in definitiva, sulla stessa forma di stato. Fino ad oggi, infatti (ed in estrema sintesi),il nostro sistema democratico si è incen-trato essenzialmente su due pilastri fon-damentali: gli strumenti della democraziarappresentativa e, in forma minore, quellidi democrazia diretta, e su tutti il referen-dum popolare previsto dall’art. 75 dellaCostituzione e quello previsto dall’art. 138in materia di revisione costituzionale (cuivanno aggiunti, limitandosi al livello co-stituzionale, i referendum in materia difusione delle Regioni e di passaggio di ter-ritori da una Regione all’altra, di cui all’art.122 Cost.). La riforma interviene, sul punto, in duedirezioni: per un verso, rafforzando l’isti-tuto referendario nelle forme che si diran-no; per altro verso, prefigurando – speciecon riguardo al nuovo art. 71, u.c. – l’in-

nesto di un terzo pilastro sui due ricordatiin precedenza, che pare riconducibile aimoduli della democrazia partecipativa.Come avviene in relazione ad altri luoghidella riforma – penso in particolare allamodifica dell’art. 97 Cost. – anche in que-sto caso, il legislatore costituzionale integranel testo della Carta principi e modelli ac-quisiti nei livelli inferiori dell’ordinamento,così conferendo loro la massima dignitànormativa e, soprattutto, riconducendolial quadro del progetto costituzionale diconvivenza della comunità politica. Miriferisco in questo caso, in particolare, alprincipio di partecipazione dei soggettiinteressati al procedimento amministra-tivo e al principio di consultazione di talisoggetti da parte delle pubbliche ammi-nistrazioni, già previsti a partire dalla leggen. 241/1990.Per ciò che riguarda il referendum abro-gativo, la riforma interviene sull’art. 75,introducendo un regime di favore, quantoalla determinazione del quorum struttu-rale di validità, per quei quesiti referendariche abbiano ottenuto un particolare ap-poggio in termini di firme di adesione. Siprevede, in altri termini, che qualora ilquesito referendario abbia raggiunto la so-glia delle 800.000 firme, il quorum vengadeterminato sulla base del numero dei vo-tanti alle ultime elezioni della Camera deiDeputati (nei termini della metà più unodi quella cifra) e non, come avviene ora,nella metà più uno degli aventi diritto. Sitratta di una innovazione di sicuro rilievo,

che valorizza le iniziative referendarie chegodano di un particolare appoggio popo-lare, facendo corrispondere a tale maggio-re appoggio, l’aggancio del quorum strut-turale ai livelli di effettiva partecipazionepolitica del corpo elettorale. La disciplinaprevigente continua ad applicarsi, invece,ai referendum che raggiungano “soltanto”le 500.000 firme. A Costituzione rinnova-ta, si avranno pertanto due figure di refe-rendum abrogativo: a) quello ad iniziativasemplice (500.000 firme), la cui validità ègarantita dalla partecipazione al voto dellametà più uno degli aventi diritto; b) quelload iniziativa rafforzata (800.000 firme), lacui validità è assicurata dalla partecipa-zione al voto della metà più uno degli elet-tori votanti alle ultime elezioni della Ca-mera dei Deputati. Il referendum ad ini-ziativa rafforzata diviene pertanto parti-colarmente appetibile, in termini di pos-sibilità di riuscita, ma allo stesso temporichiede uno sforzo cospicuo (e un rischiorilevante: si pensi soltanto alla possibilitàche la Corte costituzionale dichiari l’inam-missibilità del quesito), cui corrispondeperaltro il riconoscimento del particolarevalore politico del livello di partecipazioneraggiunta, che si traduce nell’abbassamen-to del quorum strutturale. Tale valorizza-zione non è stata estesa – e ciò è stato og-getto di critiche – al referendum di inizia-tiva regionale: tale esclusione, tuttavia, ècoerente, nella sostanza, con lo spirito del-la riforma, dal momento che le Regioni –attraverso il nuovo Senato – acquistano

UNA DEMOCRAZIA PIÙ ROBUSTA: gli strumenti di partecipazione politica diretta nella riforma

16 Orientamenti luglio/agosto 2016 luglio/agosto 2016 Orientamenti 17

LA RIFORMA COSTITUZIONALEdi Angelo Schillaci, Diritto pubblico comparato Università La Sapienza

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di indirizzo, stante l’assenza di effetti nor-

mativi. Più complesso il discorso sulle “al-

tre forme di consultazione, anche delle

formazioni sociali”: in questo caso, infatti,

la Costituzione lascia ampia discrezionalità

alla legge costituzionale, quantomeno nel

quomodo. Si tratta, in ogni caso, di un se-

gnale assai significativo, che va nel senso

di una forte apertura del processo politico

al contributo di soggetti diversi dalle forze

politiche rappresentate in Parlamento (ad

es. sindacati, movimenti, associazioni), al

fine di approfondire le dinamiche di ap-

prendimento collettivo e “mobilitazione

cognitiva” (per utilizzare l’efficace espres-

sione di Fabrizio Barca), con esiti sicura-

mente positivi sulla qualità della vita de-

mocratica, specie sotto il profilo del rap-

porto tra democrazia e diritti. La coper-

tura costituzionale di simile allargamento

del processo politico – che si traduce sia

nella prefigurata introduzione di referen-

dum propositivi e di indirizzo, sia nella

previsione di altre forme di consultazione,

anche delle formazioni sociali – pare su-

scettibile, come si accennava in apertura,

di dare voce a potenzialità ancora ine-

spresse della forma di Stato immaginata

dai Costituenti: una democrazia “integra-

le” (avrebbe detto Aldo Moro) capace di

uscire dai palazzi, per andare incontro alla

comunità, dare ascolto alle istanze prove-

nienti da essa, in definitiva assicurando la

maggior corrispondenza possibile tra “de-

terminazione delle politiche pubbliche” e

concrete esigenze di promozione perso-

nale e sociale. �

dizioni ed effetti di tre strumenti di con-

sultazione, le cui modalità di attuazione

saranno demandate ad una legge bicame-

rale. Si tratta, in particolare: a) dei refe-

rendum propositivi, vale a dire quesiti re-

ferendari volti all’introduzione nell’ordi-

namento di disposizioni normative aventi

forza di legge; b) del referendum di indi-

rizzo, vale a dire consultazioni referenda-

rie volte a sottoporre agli elettori, in forma

di quesito a risposta binaria, talune scelte

di indirizzo politico generale; c) di altre

forme di consultazione, “anche delle for-

mazioni sociali”.

Se il primo istituto (referendum proposi-

tivo) sembra facilmente inquadrabile per

condizioni ed effetti – potendo essere age-

volmente modellato “in controluce” sul

referendum abrogativo – lo stesso non

può dirsi per gli altri due strumenti di par-

tecipazione. Quanto al referendum di in-

dirizzo, vi è tuttavia il precedente della

legge costituzionale n. 2/1989, sulla cui

base venne indetto, in concomitanza con

le elezioni europee di quell’anno, un re-

ferendum consultivo di indirizzo sul con-

ferimento di un mandato costituente al

Parlamento europeo eletto in quella data;

da simile precedente, può dedursi ad

esempio che, mentre il referendum pro-

positivo dovrebbe avere effetti normativi,

il referendum di indirizzo dovrebbe avere

effetti meramente consultivi. Da tale dif-

ferenza dovrebbe discendere, ad esempio,

una diversa modulazione del quorum: più

severo per il referendum propositivo (con

disciplina ricalcata, ad esempio, su quella

del nuovo art. 75, con la distinzione tra

iniziativa semplice e rafforzata), meno

stringente per il referendum consultivo

un nuovo e significativo canale di parte-cipazione all’esercizio della funzione legi-slativa (nonché, in qualche misura, allefunzioni di indirizzo e controllo). Pertanto,non vale nei loro confronti l’esigenza dicompensazione che può predicarsi neiconfronti del corpo elettorale, che inveceviene “privato” – per così dire e limitata-mente (cfr. infatti l’art. 57, quinto comma,a mente del quale nella composizione delSenato si deve tener contro delle scelteespresse dagli elettori all’atto dell’elezionedei consiglieri regionali) – della possibilitàdi eleggere una delle due Camere.Per ciò che riguarda invece gli strumentidi partecipazione, è necessario sottolinearedue aspetti, che mi sembrano positivi, e si

evincono dalle modifiche all’art. 71 Cost.Da un lato, si interviene a rafforzare l’ini-ziativa legislativa popolare: come noto,tale istituto – già previsto dal testo vigentedell’art. 71 – non ha goduto di particolarefortuna nel corso della storia repubblicana,non solo e non tanto sul piano del concre-to ricorso ad esso da parte dei cittadini,quanto piuttosto sotto il profilo della scar-sa efficacia dello strumento dell’iniziativalegislativa popolare, assai frequentementeignorata dalle Camere. Proprio per ovviarealla sfortunata storia dell’istituto, la rifor-ma interviene in due direzioni: per un ver-so, aumentando la soglia delle firme ne-cessarie per la sottoscrizione dell’iniziativa,che passano da 50.000 a 150.000; per altro

verso, e questa è senza dubbio l’innova-zione più rilevante, prevedendo (nell’otticadi una valorizzazione del maggior pesoacquisito dall’iniziativa popolare) che i re-golamenti parlamentari garantiscano ladiscussione e – soprattutto – la “delibera-zione conclusiva” sui disegni di legge diiniziativa popolare. Come per molti altriaspetti della riforma, anche in questo casosarà opportuno e necessario monitorarnecon attenzione l’attuazione (in sede di mo-difica del Regolamento della Camera, e dinuova scrittura del Regolamento del Se-nato), al fine di evitare che la previsionecostituzionale resti sulla carta come meradichiarazione di intenti, o ancora che lalocuzione “deliberazione conclusiva” venga

luglio/agosto 2016 Orientamenti 1918 Orientamenti luglio/agosto 2016

interpretata in senso restrittivo (ad esem-pio, con la riproposizione dell’antico isti-tuto della semplice “presa in considera-zione” dell’iniziativa, con un voto poten-zialmente conclusivo, se negativo). Accanto alla modifica del secondo commadell’art. 71, il legislatore costituzionale haaggiunto ad esso un ultimo comma, che -pur rinviando alla fase attuativa – fissa al-cuni principi assai rilevanti in tema di in-tegrazione del modello democratico conl’innesto di robusti strumenti di democra-zia partecipativa. Recita infatti il nuovoultimo comma dell’art. 71 che, “al fine difavorire la partecipazione dei cittadini alladeterminazione delle politiche pubbliche”,la legge costituzionale potrà stabilire con-

LA RIFORMA COSTITUZIONALE

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LA RIFORMA COSTITUZIONALEdi Gaetano Palombelli, Responsabile Rapporti Istituzionali UPI

il processo di riordino di tutta la pubblicaamministrazione.Con la recessione economica, a partire dal2009, l’assetto (quasi) federale della Repub-blica è entrato in crisi e si è fatta strada l’esi-genza di una semplificazione del sistemaistituzionale italiano per ridurre la spesapubblica e migliorare la funzionalità delleistituzioni.La riforma approvata nel 2016 non risolvetutti i problemi, ma offre una cornice sta-bile per consolidare le riforme avviate neglienti locali, nella pubblica amministrazionee nel Paese, perché costruisce un sistemaistituzionale più equilibrato, nel quale i di-versi livelli di governo, invece di competeretra di loro, collaborano e si integrano reci-procamente.La principale novità è senza dubbio il su-peramento del bicameralismo perfetto e latrasformazione del Senato in una cameradi rappresentanza delle autonomie, secon-do un modello largamente diffuso negli al-tri paesi europei, in cui si prevede la par-tecipazione in forma collaborativa delleistituzioni territoriali al circuito della de-cisione parlamentare.

Il Governo avrà la fiducia della sola Cameradei Deputati, eletta con il nuovo sistemaelettorale che risponde ad esigenze di rap-presentatività e, allo stesso tempo, garan-tisce una maggioranza sicura per formareun Governo di legislatura che può portareavanti il suo programma in Parlamento,fermo restando il ruolo del Presidente dellaRepubblica e delle istituzioni di garanzia.Si delinea una “forma di governo parla-mentare” più forte, in grado di decidere piùvelocemente e di incidere pertanto in modoefficace anche sui processi di decisione inEuropa. Secondo le indicazioni della Corte costi-tuzionale, sono ricondotte in capo allo Statoalcune materie legislative che la riforma deltitolo V del 2001 aveva assegnato alle Re-gioni. Il CNEL è abolito. Il Senato della Re-pubblica, composto da rappresentanti delleRegioni e dei Comuni, diventa la principalesede di raccordo tra lo Stato, le autonomieterritoriali e le istituzioni europee, per con-dividere gli indirizzi legislativi e prevenirei conflitti di competenze.La forma di stato è semplificata con il su-peramento delle Province come elementi

tenze legislative alle Regioni ed introdu-cendo il principio di sussidiarietà nell’am-ministrazione, avrebbe dovuto avviare unprocesso di riordino di tutta la presenzapubblica nel territorio, per rafforzare le au-tonomie locali a partire dai Comuni e far“emancipare” la Provincia da sede dell’am-ministrazione periferica statale ad ente au-tonomo costitutivo della Repubblica.Ciò non è avvenuto. Anzi, negli ultimi 15anni, è aumentata la spesa statale e regio-nale mentre è rimasta ferma la spesa locale.Lo Stato e le Regioni, invece di concentrarsisulle funzioni legislative, hanno ampliatole loro funzioni amministrative. In questomodo, non solo si sono moltiplicati i con-flitti tra le istituzioni e le sovrapposizionidi strutture, ma si è inesorabilmente bloc-cato il processo di decentramento verso leautonomie locali.Di conseguenza, l’albero dell’amministra-zione pubblica è restato storto. La PA ita-liana si presenta ancora oggi come una pi-ramide capovolta, con una grossa testa eradici fragili, in netta contraddizione coni principi di autonomia, sussidiarietà, dif-ferenziazione e adeguatezza, che pure sonoscritti nella Costituzione.La riforma costituzionale che sarà sottopo-

sta a referendum in autunno affronta que-sto problema recuperando l’impianto uni-tario ed autonomista della Repubblica, peril quale i Comuni sono le fondamenta del-l’amministrazione. Essa delinea una “formadi stato” più snella che supera, allo stessotempo, l’ordinamento provinciale uniformee la prospettiva federale.E' una scelta che si colloca pienamente nelsolco di quanto stabilito dall'articolo 5 dellaCostituzione: “La Repubblica, una e indi-visibile, riconosce e promuove le autonomielocali; attua nei servizi che dipendono dalloStato il più ampio decentramento ammi-nistrativo; adegua i principî ed i metodidella sua legislazione alle esigenze dell’au-tonomia e del decentramento”.Sulla base di questi presupposti, il legislatorestatale e regionale sono obbligati a far ri-partire il processo di decentramento e a va-lorizzare i Comuni come perno di tutto ilgoverno locale, di prossimità e di area vasta,intorno al quale deve essere ricomposta lagran parte delle funzioni amministrativeche si collocano a livello territoriale.La conquista di una vera autonomia dipen-derà, però, dalla capacità dei Comuni di as-sumere pienamente la responsabilità di tut-to il governo locale, trovando le soluzionipiù funzionali per gestire i servizi ai citta-dini e ai territori, superando l'approccio“ente per ente” e dando vita a processi dicollaborazione più stretta e di “amministra-zione condivisa”.Per questi motivi, è auspicabile che la di-scussione sulla riforma costituzionale giàavviata non si limiti allo scontro a prioritra i tifosi del Sì e i tifosi del No, ma diventiun’occasione importante per condividere ivalori e le disposizioni costituzionali e ri-flettere a fondo sul legame stretto che esistetra il sistema dei partiti, i sistemi elettorali,la “forma di governo” e la “forma di stato”,sulla base delle specifiche discipline previstenelle leggi ordinarie e nella Costituzione.In questo modo, il referendum di ottobrepuò aiutare la formazione di uno “spiritocostituente” unitario nel tessuto connettivodel Paese che rafforzi le radici profonde,inclusive e pluraliste della democrazia, peradeguare l’assetto istituzionale italiano almutato contesto europeo e mondiale e ri-costruire lo Stato come luogo dove i citta-dini e le istituzioni lavorano per un inte-resse generale comune. �

costitutivi della Repubblica. Da 4 livelli di governo che non si integranoe sono spesso in conflitto (Comuni, Pro-vince/Città metropolitane, Regioni, Stato)si passa a 3 livelli di governo (Comuni/Cittàmetropolitane, Regioni, Stato) che devonocooperare tra di loro.Tutto il Governo politico delle autonomielocali, quello di prossimità e quello di areavasta, è ricomposto unitariamente in capoai Sindaci, a cui è affidato non solo il go-verno dei Comuni e delle loro forme asso-ciative, ma anche il governo delle Città me-tropolitane (previste in Costituzione) e deinuovi Enti di area vasta, che sono concepiticome enti di secondo livello strettamentelegati ai Comuni del territorio, secondo ladisciplina che sarà definita dalle leggi delloStato e delle Regioni.Nella storia italiana, la provincia è servitaad uniformare la pluralità di ordinamentilocali esistenti, attraverso il ruolo che i pre-fetti hanno svolto nel controllo delle am-ministrazioni locali. Anche dopo l’appro-vazione della Costituzione repubblicana,la continuità amministrativa ha prevalsoed è restata sempre fortissima la presenzadello Stato nel territorio.La riforma del 2001, spostando le compe-

La riforma costituzionale chesarà sottoposta a referendumnell’autunno 2016 modifica laseconda parte della Costitu-zione in modo strutturale, nel

solco dell’ispirazione unitaria e autonomistaoriginaria della Repubblica, che il 2 giugnoha compiuto 70 anni.La riforma del 2001 aveva scommesso suun assetto federale della Repubblica, a par-tire dai processi di decentramento avviatinegli anni ’90, senza cambiare il sistemaparlamentare fondato sul bicameralismoperfetto. L’Italia si è così attardata a suddi-videre il potere legislativo al suo internoquando, dopo l’entrata in vigore dell’Euro,avrebbe dovuto impegnarsi per unire po-liticamente l’Europa.In questo modo, si sono complicati i pro-cessi di formazione delle decisioni pubbli-che, è cresciuto a dismisura il ricorso alladecretazione d’urgenza e ai voti di fiducia,sono aumentati i conflitti tra i diversi livellidi Governo e, di conseguenza, è rimastoinattuato il principio di sussidiarietà, cherappresentava la principale innovazionecostituzionale che avrebbe dovuto guidare

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LE RAGIONI DELLE AUTONOMIE nella riforma della Costituzione

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LA RIFORMA COSTITUZIONALEdi Gianfranco D’Alessio, Ordinario di Diritto amministrativo Università degli Studi Roma Tre

Nel testo attuale del Titolo Vdella Costituzione (quelloscaturito dalla legge costi-tuzionale n. 3/2001) la po-testà legislativa è ripartita

fra Stato e Regioni nei termini seguenti:a) un consistente numero di materie è at-tribuito in via esclusiva al legislatore sta-tale: fra di esse vi sono alcune materie “tra-sversali”, che vanno a incidere in ambiti esu settori diversi (tutela della concorrenza,ordinamento civile, tutela dell’ambiente edell’ecosistema, armonizzazione dei bilancipubblici);b) numerose altre materie sono oggetto dipotestà legislativa “concorrente” (o ripar-tita): allo Stato spetta la definizione dei“principi fondamentali”, mentre la norma-tiva attuativa compete alle Regioni;c) nelle materie non espressamente riser-vate (in via esclusiva o concorrente) allalegislazione statale si esercita la potestà“residuale” delle Regioni.Va aggiunto che forme e condizioni par-ticolari di autonomia sono riconosciutealle Regioni (e alle due Province) a statutospeciale, secondo i rispettivi statuti adottaticon legge costituzionale. Inoltre, alle Regioni ordinarie posso essereattribuite - con legge statale, approvata amaggioranza assoluta dei componenti,previa intesa Stato-Regione, su iniziativadella Regione, sentiti gli enti locali - ulte-riori “forme e condizioni particolari di au-tonomia” sulle materie concorrenti e sualcune (poche) materie di potestà statale:si tratta, peraltro, di una ipotesi fin qui ri-masta priva di concrete applicazioni.Infine, va ricordato che la distribuzionedel potere di emanare regolamenti segue

quella legislativa (salvo eventuale delegastatale alle Regioni nelle materie di com-petenza esclusiva dello Stato, e fatta salvala potestà regolamentare degli enti localiper l’organizzazione e lo svolgimento delleloro funzioni).

�Con la riforma approvata dal Parlamen-to e sottoposta e referendum confermativovengono eliminate le materie “concorren-ti”. Questa scelta si fonda principalmentesu due motivi: a) la definizione dello spazio della legisla-zione statale e di quella regionale ha datoluogo a un numero altissimo di contro-versie interpretative, affidate alla Corte co-stituzionale (anche se, in realtà, non va di-menticato che il contenzioso si è svilup-pato spesso anche sulla interpretazionedelle materie di competenza esclusiva sta-tale e/o sulla rivendicazione di tale com-petenza nei confronti della potestà regio-nale); b) l’elenco delle materie oggetto di potestàconcorrente comprende incongruamentematerie che per le loro caratteristiche han-no una naturale dimensione nazionale.Vengono, quindi, in primo luogo riportatealla competenza legislativa esclusiva delloStato materie riguardanti reti infrastrut-turali di rilievo nazionale e internazionale:produzione, trasporto e distribuzione na-zionali dell’energia; infrastrutture strate-giche e grandi reti di trasporto e di navi-gazione di interesse nazionale e relativenorme di sicurezza; porti e aeroporti civili,di interesse nazionale e internazionale.Nello stesso senso, sono ricondotte allapotestà statale altre materie che – anche esoprattutto alla luce della giurisprudenzadella Corte costituzionale sul Titolo V postlegge cost. 3/2001 (giurisprudenza consi-derata, nel suo insieme, di ispirazione“centralista”) – sembrano ragionevolmenteavere una dimensione regolatoria da col-locare a livello nazionale: coordinamentodella finanza pubblica e del sistema tribu-tario; norme sul procedimento legislativo;ordinamento scolastico; istruzione uni-versitaria e programmazione strategicadella ricerca scientifica e tecnologica; tutelae sicurezza del lavoro; politiche attive dellavoro; commercio con l’estero; ordina-mento sportivo; ordinamento delle pro-fessioni e della comunicazione.In alcuni casi si amplia e/o si specifica o

qualifica diversamente l’ambito di inter-vento del legislatore statale in materie chegià in parte erano di sua spettanza: ad es.,non solo tutela ma anche “promozione”della concorrenza; non solo tutela ma an-che “valorizzazione” (prima di spettanzaregionale) dei beni culturali, e ora anchedi quelli “paesaggistici”; non solo generi-camente la previdenza sociale ma anchequella complementare e integrativa; nonsolo in generale il coordinamento statisticoe informatico dei dati, ma nello specificoquello dei processi e delle relative infra-strutture e piattaforme informatiche.

� Per certe materie si attribuisce allo Statopotestà esclusiva per gli aspetti di una ma-teria che hanno rilievo generale, lasciandoimplicitamente alle Regioni la possibilitàdi intervenire su aspetti legati alla loro di-mensione (la riforma del 2016 riprendedal testo costituzionale del 1948 il riferi-mento al criterio, sostanzialmente accan-tonato dalle riforma del 2001, della di-mensione dell’interesse per il riparto dellecompetenze), ma garantendo una baseuniforme: ad esempio, norme sulla disci-plina del lavoro nelle pubbliche ammini-strazioni “tese ad assicurarne l’uniformitàsul territorio nazionale”, sistema nazionalee coordinamento della protezione civile. Ma, soprattutto, va rilevato che in variematerie il compito attribuito allo Stato èquello di dettare “disposizioni generali e

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comuni”: così è per tutela della salute, po-litiche sociali e sicurezza alimentare; istru-zione; istruzione e formazione professio-nale; attività culturali e turismo; governodel territorio. Si tratta di materie primain larga parte oggetto di potestà concor-rente. Si pone il problema di comprendere qualesia il rapporto fra il concetto di “disposi-zioni generali e comuni” e quello di “prin-cipi fondamentali”, da definirsi ad operadelle leggi statali nelle attuali materie ri-partite (nel testo introdotto dalla recenteriforma rimane il riferimento a “disposi-zioni di principio” sulle forme associativedei comuni, a “principi fondamentali” sulsistema di elezione e i casi di ineleggibilitàe di incompatibilità del presidente, deicomponenti della giunta e dei consiglieriregionali, a “principi ordinamentali fon-damentali” per gli enti di area vasta). Secondo l’opinione prevalente (basata suuna serie di pronunce della Consulta) nonsi tratta di nozioni coincidenti, perché le“disposizioni generali”, a differenza dei“principi fondamentali”, dettano normedi diretta applicazione, senza necessità diun intervento attuativo ad opera della leg-ge regionale; esse, inoltre, comportanol’attribuzione allo Stato della relativa com-petenza regolamentare (che segue il ripar-to di quella legislativa). Questo fa pensarea una maggiore incidenza della legislazio-ne statale, ma in realtà in passato anche

Le competenze legislative DELLO STATO E DELLE REGIONI

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che travalicano la dimensione regionale:tra l’altro, vanno considerate le materie“trasversali” e la “clausola di supremazia”,di cui si passa a dire. E, soprattutto, è daritenere che la “residualità”, più che unelenco di materie (che pure in vario modola dottrina ha prospettato), significhi lapossibilità di esercitare la potestà legisla-tiva dove non si rinvengano esigenze dicarattere unitario.

� Come accennato, un’altra importantenovità della riforma sta nella previsioneper la quale su proposta del Governo lalegge statale può intervenire, esercitandola c.d. “clausola di supremazia”, in materienon di sua competenza esclusiva “quandolo richieda la tutela dell’unità giuridica oeconomica della Repubblica, ovvero la tu-tela dell’interesse nazionale”. La legge è ap-provata dalla sola Camera dei deputati,ma se il Senato propone modifiche la Ca-mera dovrà votarla a maggioranza assolutadei componenti. E’ una clausola presente normalmente ne-gli ordinamenti federali/regionalisti, anchese qui va considerato il carattere aperto epotenzialmente “pervasivo” del riferimen-to alla “tutela dell’interesse nazionale”. Sidiscute se essa sia o meno “giustiziabile”di fronte alla Corte costituzionale (il checonsentirebbe di evitarne un uso spropor-zionato). Questo istituto non è una ripresaed esplicitazione della “chiamata in sussi-diarietà” elaborata dalla Corte costituzio-nale, perché qui non si richiede l’intesa oaltre forme di “leale collaborazione”. E nonsi pone il limite della proporzionalità eadeguatezza, proprio della disciplina e del-la giurisprudenza pregressa sull’“interessenazionale”. Esso però potrebbe assorbirel’uso delle materie trasversali per imporredecisioni “unitarie” del legislatore statale(con le conseguenti garanzie procedurali).

�Quanto all’art. 116, comma 3, sulle “ul-teriori forme e condizioni particolari diautonomia”, con la riforma, venute menole leggi “concorrenti”, l’ipotesi dell’amplia-mento dei poteri regionali può riguardareun consistente elenco di materie ora dicompetenza statale; l’ipotesi è condizionataal fatto che la Regione abbia un equilibriofra entrate e spese del proprio bilancio;l’attribuzione si realizza con legge “bica-merale”, previa intesa fra Stato e Regione.

Si tratta, evidentemente, di un elementodi flessibilità in prospettiva interessante,specie in relazione al nuovo assetto deirapporti fra la potestà legislativa statale equella regionale. Va, comunque, conside-rato che si tratta non di uno strumentoordinario di distribuzione della potestànormativa, ma di un istituto derogatoriorispetto all’assetto delle competenze fissatoin Costituzione.

� In ordine all’articolazione del potere diemanare regolamenti, la riforma confermache essa segue quella legislativa. Resta sal-va la possibilità che lo Stato deleghi talepotere alle Regioni nelle materie di suacompetenza esclusiva, che, come si è visto,ora risultano significativamente ampliate.E si conferma anche la potestà regolamen-tare degli enti locali per l’organizzazionee lo svolgimento delle funzioni loro attri-buite, “nel rispetto – si aggiunge – dellalegge statale e regionale”.

� Le disposizioni della riforma non si ap-plicano alle Regioni a statuto speciale ealle Province autonome fino alla revisione,sulla base di intese con le medesime, deirispettivi statuti. Fino a tale revisione alleRegioni a statuto speciale e alle Provinceautonome continua ad applicarsi la ver-sione dell’art. 116, comma 3, attualmentein vigore, fatta eccezione per quanto si ri-ferisce alle materie di competenza con-corrente, mentre il nuovo testo si appli-cherà negli enti in questione solo dopo larevisione statutaria; inoltre, fino ad allorarimane anche l’eventuale estensione deiloro poteri derivante dalla riforma del2001, laddove questa presenti profili am-pliativi dell’autonomia rispetto a quantostabilito negli statuti speciali). Va detto che appare discutibile la sottra-zione delle Regioni a statuto speciale alladisciplina prevista dalla riforma, in quantoessa – oltre a dare luogo ad una situazionepiuttosto confusa ed incerta - accentua ladivergenza fra regioni a statuto ordinarioe a statuto speciale, laddove si renderebbe,invece, opportuno un riavvicinamento, senon un riallineamento fra i due ordina-menti: in prospettiva, quindi, sarebbe au-spicabile una correzione della scelta effet-tuata (per ragioni di ordine politico-par-lamentare) in sede di approvazione dellalegge di revisione costituzionale, al fine di

consentire una ricomposizione del sistemaregionale.

� Sicuramente, nel testo sottoposto allaconferma referendaria si riscontra una“centralizzazione” della potestà legislativa,anche se l’obiettivo della riforma, in realtà,è una razionalizzazione della distribuzionedei poteri fra Stato e Regioni.L’ampliamento dello spazio di interventodel legislatore statale, rispetto alla versionedel Titolo V introdotta nel 2001, trova ilsuo fondamento e la sua ragion d’esserein una serie di condizioni e di motivazioni,di vario peso e natura. Sullo sfondo c’è il venir meno, negli ultimianni, dell’idea, dominante un quindicen-nio fa, di un’“Europa delle Regioni”, chesaltava la dimensione statale, mettendodirettamente in relazione le istituzioni co-munitarie con quelle regionali (e locali)dei singoli Paesi membri: oggi, invece, ilriferimento al ruolo degli Stati è stato am-piamente recuperato all’interno del siste-ma europeo (pure affaticato da una fasedi profonda crisi). Va, poi, tenuto presente – come già ac-cennato – il ruolo svolto dalla Corte co-stituzionale, che già aveva notevolmenteinciso sul modello di “regionalizzazione”adottato del 2001, adottando una lineagiurisprudenziale chiaramente orientatanel senso della individuazione di un con-sistente spazio di azione per il legislatorestatale (interpretazione espansiva dellecompetenze trasversali, “sussidiarietà”verso l’alto). Né può essere trascurato lo scarso dina-mismo mostrato dai legislatori regionali,che anche dopo il 2001 hanno continuatoa occuparsi prevalentemente delle materiedell’originario art. 117, e hanno prodotto– con le dovute eccezioni - una legislazio-

ne di corto respiro, disorganica e occasio-

nale, tradottasi in larga misura in leggi di

finanziamento e sul personale. In realtà,

già da tempo le Regioni hanno finito per

operare soprattutto come enti di ammi-

nistrazione, più che di legislazione e pro-

grammazione.

Nel merito, poi, a giustificare la revisione

del riparto di funzioni legislative di cui

all’art. 117 della Costituzione c’era – lo si

è visto- l’esigenza di riportare al potere

normativo statale la decisione su questioni

che evidentemente hanno una valenza na-

zionale e, in certi casi, sovranazionale; e

di recuperare, più in generale, il riferimen-

to alla dimensione degli interessi tutelati

nella determinazione dello spatium deli-

berandi dello Stato rispetto a quello delle

Regioni.

Infine, per dare un giudizio equilibrato

sui profili che attengono al rapporto fra

le istituzioni nazionali e quelle regionali

e locali, non va dimenticato che nella ri-

forma, accanto e prima ancora del riequi-

librio delle potestà legislative, c’è la crea-

zione del nuovo Senato, che dà finalmente

voce e rappresentanza alle autonomie ter-

ritoriali a livello centrale. �

luglio/agosto 2016 Orientamenti 2524 Orientamenti luglio/agosto 2016

� La nuova versione dell’art. 117, comma4, sulla potestà legislativa regionale, affer-ma che spetta alle Regioni legiferare intutta una serie di materie, spesso connessecome oggetto ad ambiti di competenza dellegislatore statale (i due legislatori hannopoteri su aspetti diversi – generali o spe-cifici – della stessa materia, in relazionealla dimensione dell’interesse in gioco).E’ stato notato che spesso il riferimentonon è alla materia complessivamente in-tesa, ma a determinate finalità ed ambitidi disciplina della materia (programma-zione, pianificazione, valorizzazione, ecc.).Ma si aggiunge che, oltre che su queste, laRegione ha potestà legislativa “in ogni ma-teria non espressamente riservata allacompetenza esclusiva dello Stato”. Si trattadi materie anche molto importanti, speciein ambito economico (industria, commer-cio, agricoltura, artigianato, ecc.). Peraltro,seguendo la lezione della Corte costitu-zionale, va detto che la legislazione regio-nale difficilmente opererà in un “vuoto”di norme statali (e europee) per gli aspetti

le leggi sui “principi fondamentali” con-tenevano, non di rado, previsioni moltospecifiche e incisive (è stato denunciato,a tale riguardo, il fallimento dello stru-mento delle “leggi cornice” o “quadro”,che avrebbero dovuto definire con chia-rezza i principi fondamentali per ciascunamateria). In ogni caso, il nuovo assetto basato sunorme generali statali appare, come è statofatto rilevare, più flessibile di quello pre-cedente, perché consentirà allo Stato dimodulare diversamente, in relazione allecircostanze e alle esigenze, l’estensione el’incidenza del suo intervento rispetto allospazio lasciato ai legislatori regionali. Peraltro, le “disposizioni generali” dovran-no essere esplicitamente introdotte conleggi ad hoc e non “desunte” da disposi-zioni esistenti, come spesso finora è avve-nuto per i “principi fondamentali”: questodovrebbe garantire maggiore certezza etrasparenza, eliminando (o, almeno, ri-ducendo) in partenza dubbi interpretativie incertezze applicative.

SSant'Angelo Romano (Rm)

Tivoli (Rm) Villa D'Este - Fontana Dell'Organo

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BANDIFINANZIAMENTI La Regione Lazio per favorire la

crescita dell'adattabilità dei la-voratori attraverso la formazio-

ne continua ha messo a disposizioneeuro 15.500.000, ripartiti in tre anni dal2016 al 2018. L'obiettivo, è quello di ac-crescere le competenze della forza la-voro e agevolare la mobilità, l'inseri-mento e reinserimento lavorativo,l'avviso pubblico è rivolto alle PMI ealle grandi imprese aventi almeno unasede operativa nella Regione Lazio. Ilfinanziamento regionale, è costituitoda tre linee di azione, la prima ha ca-rattere generalista, possono quindiaccedervi tutte le tipologie di imprese,indipendentemente dalla dimensione,comparto produttivo, posizione dimercato, la linea riguarda la realizza-zione di corsi di aggiornamento, spe-cializzazione e riqualificazione per la-voratrici e lavoratori dipendenti; anchela linea due ha carattere generalista,ma la tipologia di intervento è intera-ziendale, ovvero relativa alla contiguitàsocietaria o di sistema delle aziende;settoriale, inerente ad affinità di set-tore delle aziende e territoriale, ba-sata sull'affinità in relazione al terri-

torio delle aziende; infine la terza ti-pologia di linea, riguarda la realizza-zione di corsi di aggiornamento perManager, titolari di aziende, lavoratoriautonomi indipendentemente da di-mensione, comparto produttivo, posi-zione di mercato, a supporto della dif-

fusione di processi di cambiamentoorganizzativo per l'acquisizione dicompetenze e di strumenti indispen-sabili alla gestione innovativa delle or-ganizzazioni, in termini di responsa-bilità sociale e diffusione della culturadella qualità. �

FORMAZIONE ON DEMAND

RETI D'IMPRESE

La Regione Lazio ha informato della presenta-zione del bando regionale da 10 milioni di europer sostenere reti d'imprese che riuniscano

attività economiche su strada come negozi, artigiani,mercati, bar, musei, cinema e teatri. La Regione hasottolineato che l’obiettivo del bando è quello di rea-lizzare servizi per i cittadini e per le imprese con ini-ziative promozionali e di marketing territoriale.L’avviso pubblico sarà aperto dal 17 maggio 2016 al30 settembre 2016. l’avviso pubblico è finanziato con10 milioni di euro derivanti da risorse regionali. Il fi-nanziamento massimo erogabile per ciascun pro-gramma di rete è pari a 100.000 euro, e gli interventiprevisti all’interno del programma di rete dovrannoessere realizzati entro 12 mesi dalla data di ammis-sione a finanziamento. �

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ULTIME NOTIZIEa cura di Maria Enrica Rubino e Luigi PoetaFonti: Ministero dell’Interno, Italia Oggi, Il Sole 24 Ore, www.emilianominnucci.it

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luglio/agosto 2016 Orientamenti 3130 Orientamenti luglio/agosto 2016

«Dopo la legge sull’omicidio stradaleè arrivato il momento di istituire laGiornata nazionale per promuovereun momento di riflessione su uno deitemi più sentiti dai nostri cittadini. Ri-cordare le tante persone uccise o fe-rite sulle nostre strade e rendereomaggio alle forze dell’ordine e sani-tarie che prestano quotidianamenteservizio di controllo e soccorso non èsolo un semplice gesto di civiltà maanche un atto dovuto. Dal 2000 ad oggiabbiamo contato 75.000 vittime e oltre

300.000 disabili permanenti, conside-rando poi i dati offerti dall’Istat relativiall’anno 2015 possiamo sostenere chela sicurezza stradale è diventata peril nostro Paese un problema di granderilievo che deve essere affrontato nonsolo sul piano programmatico ma an-che su quello culturale. In quest’otticaun ruolo importante deve essere rico-perto anche dalle stesse Amministra-zioni locali attraverso l’ideazione diiniziative ad hoc al fine di promuovereuna condotta di guida responsabile e

coscienziosa nelle rispettive comuni-tà» ha detto il deputato PD EmilianoMinnucci, primo firmatario della PDL,presso la Sala Stampa di Montecitorioinsieme ai parlamentari dem AlessiaMorani e Paolo Gandolfi, e alla depu-tata di Scelta Civica, Maria ValentinaVezzali.Sulla base dei dati provvisori pubbli-cati dall’Istat il 19 luglio, nel 2015 sisono verificati in Italia 173.892 inci-denti stradali con lesioni a personeche hanno provocato 3.419 vittime e246.050 feriti. Per la prima volta dal2001, dunque, cresce il numero di vit-time nel nostro Paese (+38, pari a+1,1%): un aumento determinato dal-l’incremento registrato su autostradee strade extraurbane che è stato parial +6,3% e +1,9% rispetto all’anno pre-cedente. Tra i comportamenti erratipiù frequenti, sono da segnalare laguida distratta, il mancato rispettodelle regole di sicurezza e precedenzae la velocità troppo elevata (nel com-plesso il 44,0% dei casi). Le violazionial Codice della Strada più sanzionaterisultano, infatti, l’eccesso di velocità,il mancato utilizzo di dispositivi di si-curezza e l’uso di telefono cellularealla guida.«Questa Proposta di Legge – ha con-tinuato Minnucci – non deve essereconsiderata un banale specchietto perle allodole. È necessario promuovereuna nuova cultura di responsabilità edi rispetto che impegni tutta la societàperché la sicurezza stradale non èascrivibile esclusivamente alle Istitu-zioni, alle forze dell’ordine e a tutti isoggetti impegnati nella manutenzio-ne delle nostre strade. Deve riguar-dare tutti a partire da coloro che simettono alla guida in stato di ebbrezzao sotto effetto di sostanze stupefacen-ti. In questo contesto, un ruolo fonda-mentale deve essere ricoperto anchedalla nostra televisione di Stato attra-verso campagne di informazione esensibilizzazione al fine di incentivareuna nuova e responsabile cultura dimettersi al volante». �

Istituzioni e Rai per incentivare una nuova cultura di guida

EEnti locali: loscadenzarioMartedì 16 agosto. È il termine ultimoper la comunicazione al Mef, Diparti-mento del tesoro, direzione II, dei datirelativi all'utilizzo del credito a brevetermine presso le banche, ai mutuiaccesi con soggetti esterni alla pub-blica amministrazione, alle operazioniderivate e di cartolarizzazione con-cluse, ai titoli obbligazionari emessie alle operazioni di apertura di creditoMonitoraggio debiti commerciali. Lepubbliche amministrazioni comuni-cano, mediante la piattaforma elet-tronica del Mef per la certificazionedei crediti i dati relativi ai debiti nonestinti, certi, liquidi ed esigibili persomministrazioni, forniture e appaltie obbligazioni relative a prestazioniprofessionali, per i quali, nel meseprecedente, sia stato superato il ter-mine di scadenza senza che ne siastato disposto il pagamento (decor-renza degli interessi moratori di cuiall'articolo4 del decreto legislativo 9ottobre 2002, n. 231, e successive mo-dificazioni). Lunedì 22 agosto. Gli adempimenti fi-scali e il versamento delle somme dicui agli articoli 17 e 20, comma 4, deldlgs 9 luglio 1997, n. 241 (es. imposte,ritenute, addizionali, contributi, anchecon versamento rateale), che hannoscadenza dal 1° al 20 agosto di ognianno, possono essere effettuati entroil giorno 20 dello stesso mese, senzaalcuna maggiorazione. Martedì 30 agosto. Scade il termineper la registrazione dei nuovi contrattidi locazione di immobili aventi decor-renza dal 1° del corrente mese e peril versamento dell'imposta di registrosugli stessi. �

Èstato approvato il dl Enti localiche garantisce più flessibilità,più responsabilità e più autono-

mia per gli enti locali. Il disegno di leg-ge di iniziativa governativa modifica lalegge 243 del 2012 con la quale sonostate dettate disposizioni per l'attua-zione del principio del pareggio di bi-lancio introdotto dalla legge costitu-zionale n. 1 del 2012. Nello specifico,vengono soppressi gli obblighi di pa-reggio in termini di cassa e di saldocorrente: ai fini dell'equilibrio rileveràil solo saldo di competenza tra le en-trate finali e le spese finali. Tra le nor-me generali vi è l'istituzione di un Fon-do per l'estinzione dei mutui degli Entilocali con la Cassa depositi e prestiti(140 milioni nel triennio). Un emenda-mento bipartisan inserisce la normache permette alle aziende di trasportocomunale e regionale di ricorrere allariscossione coatta per incassare lemulte. Un aiuto va ai Comuni che de-

vono accogliere gli immigrati mino-renni non accompagnati arriva dallanorma che affida ai prefetti l'incaricodi disporre l'apertura di apposite strut-ture in cui siano ospitati un numeronon superiore a cinquanta ragazzi. Perle città metropolitane e le province, ildecreto disapplica le mancate sanzioniper il mancato rispetto del patto di sta-bilità nel 2015, stanziando 48 milioniper le funzioni fondamentali e 100 mi-lioni per la manutenzione delle strade.Verranno stanziati 80 milioni per i Co-muni colpiti da calamità naturali conun piano triennale per la stabilizzazio-ne del personale delle scuole dell'in-fanzia e degli asili nido. Ulteriori mi-sure riguardano l'agenzia del farmacoe la spesa sanitaria, la bonifica dellediscariche abusive, i contributi alle im-prese vinicole e ai produttori di latte,ai minori stranieri non accompagnatie il sostegno alle fondazioni lirico-sin-foniche. �

APPROVATO IL DECRETO ENTI LOCALI

Il Consiglio regionale del Lazio haapprovato la legge che riforma iservizi sociali, finora regolati da

una norma del 1996. Obiettivo della ri-forma è definire un modello di welfareregionale più aperto alla partecipa-zione dei soggetti pubblici e privati che

operano nel sociale; più efficiente edefficace sotto il profilo della program-mazione, dell'organizzazione e dellagestione dei servizi; più attento ai bi-sogni delle persone più deboli e fragilisia dal punto di vista sociale che sa-nitario. �

Approvata la Riforma dei ServiziSociali del Lazio

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Morlupo (Rm)

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32 Orientamenti luglio/agosto 2016

Il silenzio assenso si applica sia neiconfronti di regioni ed enti locali siaquando su un provvedimento deb-

bano pronunciarsi autorità indipendentio gestori di servizi pubblici o organi po-litici. Il silenzio, dopo 30 giorni di inerzia,sarà equiparato al concerto, assenso onullaosta da acquisire. A quel punto laP.a. non avrà più alcun potere di dis-senso. Lo si apprende da una nota delConsiglio di Stato sulla riforma Madia.Il silenzio-assenso non può costituirela regola nei rapporti tra Pa e cittadino,né in quelli tra amministrazioni chia-mate a esprimere il proprio nullaostasu un provvedimento. Il Consiglio diStato si è espresso sulla portata appli-cativa della novità contenuta nella de-lega Madia (legge n. 124/2015) che haintrodotto l'art. 17-bis sul silenzio-as-senso anche tra le pubbliche ammini-strazioni nella legge sul procedimentoamministrativo (legge n. 241/1990). Laregola del silenzio-assenso, secondo ilparere del Consiglio di Stato, trova fon-damento nel diritto europeo, nella Co-stituzione e nel principio di trasparenza.Il Consiglio ha fatto sapere, più esatta-mente, che: «una pronuncia espressaresta sempre preferibile: permane unavalenza fortemente negativa del silen-zio-assenso (sia tra amministrazione ecittadino, sia tra amministrazioni co-decidenti), ma esso resta comunqueuna soluzione migliore dell'inerzia to-tale». �

CConsiglio di Stato: ilsilenzio-assenso perregioni ed enti locali

CTR Lazio, quando la mancata rispostadella Pa è illegittima

Entrate, che aveva chiesto a una donnadi versare l'imposta relativa alla com-pravendita di un immobile, dovuta dalsuo coniuge deceduto. L'atto era statoimpugnato dalla donna, ma le Entrateavevano emesso ugualmente una car-tella con cui chiedevano alla stessa il pa-gamento di 348 mila euro. Nel 2013, allarichiesta da parte della donna, coeredeinsieme al figlio, all'Agenzia delle Entratedi limitare la pretesa al 50% sostenendoche in materia tributaria gli eredi non so-no responsabili in via solidale. Alla man-cata risposta dell'amministrazione a talerichiesta, sull'istanza si era formato il si-lenzio-rifiuto. La donna ha impugnatonuovamente il diniego chiedendo alla Ctpdi dichiarare l'illegittimità dell'omessarisposta. Il ricorso era stato respinto pereffetto dell'esistenza del giudicato»; ave-va, inoltre, escluso la possibilità di ridurregli importi richiesti dall'ufficio, tenutoconto della «natura solidale dell'obbli-gazione» e della «definitività del titoloche la riguarda». La Ctr ha, tuttavia, af-fermato che in materia di istanze controil diniego di annullamento in autotutela,il ricorso è ammissibile solo per conte-stare la legittimità del rifiuto e non perporre in discussione la pretesa tributaria.La Ctr dichiara, quindi, l'illegittimità delsilenzio-rifiuto e «rimette la decisioneall'autorità amministrativa». È ricono-sciuto, pertanto, alla donna il diritto diottenere una risposta dalla Pa. �

La mancata risposta da parte diun'amministrazione finanziaria al-la richiesta di riesame avanzata

dal contribuente è illegittima quandol'istanza non è palesemente infondata ela questione non è stata decisa con pro-nuncia irrevocabile. Lo ha stabilito laCommissione Tributaria Regionale delLazio con sentenza 1765/2016 del 5 aprile.Tale decisione è stata emanata in seguitoalla vicenda relativa a un'intimidazionedi pagamento da parte dell'Agenzia delle

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Èstata pubblicato in GazzettaUfficiale, Serie generale, n.164 del 15.07.2016, il comuni-

cato che riporta l'avviso di rettificae di errata corrige al D.lgs. del 18aprile 2016, n. 50 «Attuazione delledirettive 2014/23/UE, 2014/24/UE e2014/25/UE sull’aggiudicazione deicontratti di concessione, sugli ap-palti pubblici e sulle procedured’appalto degli enti erogatori neisettori dell’acqua, dell’energia, deitrasporti e dei servizi postali, non-ché per il riordino della disciplinavigente in materia di contratti pub-blici relativi a lavori, servizi e forni-ture». Nello specifico, le rettifichevanno a modificare circa 100 articolisu un totale di 220 (il 44% dell'arti-colato) e le modifiche riguardano inlarga parte riferimenti errati con-tenuti all'interno dell'articolato. Inseguito all'entrata in vigore delnuovo Codice dei Contratti pubblicilo scorso 19 aprile, sono state regi-strate una serie di difficoltà da partedelle stazioni appaltanti che hannoportato ad una riduzione del nu-mero di procedure di affidamentodegli appalti avviati. �

ERRATA CORRIGECODICE APPALTI.

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