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AGGIORNAMENTI GIUSTIZIA

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OGGI55

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2017

PRIMO PIANOLo sport, nel carcere di Bologna, si sta rivelando il migliortrattamento di riabilitazione grazie alla “Giallo Dozza”

di Paoladi Paoladi Paoladi Paoladi Paola

MilliMilliMilliMilliMilli

Purché sia rugby

LO SPORT in un luogo di detenzione è unastrategia vincente comunque lo si vogliaconsiderare, restituisce la speranza e lavoglia di andare oltre, di superare la so-

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glia del dolore, di ritornare a se stessi senzainfingimenti, un prendersi cura che realizzasimilitudini con il seme gettato nella terra arata, dacui prenderanno vita prodigiose fioriture, con ilcessare della furia del vento che aveva piegatoesili piante a cui la quiete restituisce la posizioneeretta. Quel che sta accadendo nella Casa Circon-dariale di Bologna potremmo definirlo un virtuosi-smo che ha del miracoloso, ma i miracoli non esi-stono, nulla prende vita e si realizza senza un immanelavoro d’impegno e di passione profusi dal perso-nale dell’Istituto, dallo staff dei tecnici, dalla capa-cità dei detenuti di fare squadra intorno a un obiet-tivo.

Nel 2013 abbiamo cominciato l’attività prepa-ratoria, racconta il presidente Stefano Cavallini, ilprimo campionato della “Giallo Dozza” c’è statonell’ottobre 2014, gli allenamenti erano partiti quat-tro mesi prima, questo è il terzo campionato chedisputiamo, tutte le partite le giochiamo in casaogni sabato, vengono squadre delle altre città, digiovani liberi, che non sono detenuti, giochiamocontro squadre di Ravenna, di Forlì, di Piacenza, diParma. La cosa importante è che sono giovani libe-ri che vengono in un carcere e incontrano dei dete-nuti, è un’esperienza per entrambi gli schieramenti,il confine tra dentro e fuori diviene più sottile. Underby stracittadino si è giocato nell’ultimo sabatodi febbraio tra i “Giallo Dozza”, dal colore del cartel-lino dell’espulsione temporanea di dieci minuti pre-vista nel rugby, e il “Bologna 1928", la secondasquadra del Bologna che gioca nel campionatoregionale di serie C, mentre la prima squadra è incima alla classifica in serie B e sta puntando allaserie A. Quelli che vengono da fuori, afferma ilpresidente, hanno fatto rugby da quando eranoragazzini, hanno giocato nelle giovanili, presenta-no una maturità atletica e anche tecnica maggioredi quanto non abbiano questi ragazzi, alcuni deiquali hanno cominciato solo da qualche mese, han-no una buona preparazione atletica e tecnica, mapoca esperienza di gioco, considerando che si vie-ne a creare un “turn over”, perché, fortuna loro,scontata la pena, escono, mentre altri, ergastolanio con lunghe pene, sono in squadra dall’inizio delprogetto.

Il rugby è uno sport molto complicato, la cosadavvero importante dal punto di vista educativo èl’autocontrollo richiesto perché, essendo uno sportd’importante confronto fisico, il confine tra la rissae il gioco è labile, questi giovani nella loro vitaqualche scempiaggine l’hanno fatta, riuscire a met-tergli in testa il rispetto delle regole, il rispetto del-l’arbitro è un passo determinante, che si riverberaanche nel loro comportamento in carcere, sonodiminuiti i conflitti, gli scontri interni, sta funzio-nando dal punto di vista educativo. La maggiorparte sono stranieri, su trentacinque detenuti coin-volti nella “Giallo Dozza”, solo quattro sono italia-ni, l’Istituto penitenziario fa una selezione dal pun-to di vista etico, sono operative alcune clausole,delle preclusioni, chi ha commesso certi reati nonpuò entrare, in particolare chi fa parte di organizza-zioni mafiose, chi ha commesso reati sessuali, icomponenti la squadra e le loro riserve sono col-pevoli di reati legati alla droga, ma anche di reati disangue, omicidi, ci sono ergastolani.

Questa è la prima scrematura, poi subentra lostaff tecnico e verifica quel minimo di doti che cipossono essere da un punto di vista fisico, atleti-co, noi facciamo selezioni nelle varie carceridell’Emilia Romagna e anche delle Marche, diceCavallini, i detenuti aspiranti giocatori vengonoselezionati e condotti qui, concentrati tutti nel me-desimo reparto, questo consente di far crescere ledinamiche di squadra, vengono volentieri, esconoun po’ da reparti complicati, difficili, entrano in que-sto settore, tra studenti universitari e giocatori dirugby e stanno un po’ meglio rispetto al regimecarcerario. E poi il rugby riempie la testa, questiragazzi, lo dicono loro, prima che noi li incontrassi-mo, parlavano del furto, della rapina, adesso parla-no della partita, dell’alimentazione, degli allenamenti,acquisiscono un po’ di dimestichezza con la vitasociale, all’inizio della nostra attività i loro problemi

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rugby, può sembrare ai profani, dice, uno sportviolento e basta, alla fine si capisce che è tuttol’opposto, le indicazioni alla base del rugby sononobilissime, lealtà, correttezza, rispetto dell’avver-sario, delle regole. L’ispettore partecipa alla sele-zione “comportamentale” dei detenuti candidati agiocare nella squadra, l’iter per entrare a far partedel progetto, spiega, ha inizio con la richiesta scrit-ta da parte dei detenuti interessati, anche di altrireparti, chi ha un curriculum pieno di rapporti disci-plinari non è ritenuto affidabile, se hanno un finepena di pochi mesi non vengono inseriti perchénon farebbero nemmeno in tempo a imparare leregole, devono, inoltre, essere definitivi, non im-putati in attesa di giudizio, devono avere una posi-zione giudiziaria stabile e non avere fatto uso disostanze stupefacenti.

Superata questa selezione, subentra quellasportiva, al termine della quale gli aspiranti gioca-tori restano sei mesi in prova, firmando una speciedi codice etico, decalogo che devono scrupolosa-mente osservare, il venire meno a queste regolecomporta l’automatica rimozione dal progetto. ABologna si è volutamente creata una sezione nonsolo di sportivi, ma anche di universitari, questasezione è diventata una delle migliori di tutto ilcarcere, il rugby, con le sue regole di civiltà chevanno oltre lo sport, li ha resi delle persone migliori,l’augurio è che continuino a esserlo anche unavolta usciti dal carcere.

Nelle foto, una fase del derby della “GialloDozza” col “Bologna 1928”

e Antonio Molinaro (ispettorepenitenziario responsabile

del progetto e del reparto detenuti)

allenamenti.Incontriamo delle difficoltà a vincere, ammette,

un po’ perché abbiamo gente che non ha mai gio-cato a rugby e comincia a trent’anni, poi qualcunoesce ed entrano quelli nuovi, bisogna sempre ri-partire da zero, ma è un programma soprattuttosociale. Ci vuole molta pazienza, molta costanza, lepersone che sono dapprima un po’ perplesse, chehanno dei dubbi per i loro problemi, ci mettono deltempo a integrarsi, per poi cambiare atteggiamen-to, crescere e prendere questa come prima attività,riuscendo ad aggirare i loro problemi intorno allagrande cosa che adesso fanno. Alcuni di loro, cin-que o sei che sono usciti, sono andati a giocarenella seconda squadra del “Bologna rugby 1928",un detenuto albanese che giocava nella “Giallo

erano problemi individuali, uno aveva pochi soldinon riusciva a comprare le sigarette, oggi c’è unacondivisione, hanno assunto, rispetto ai problemi,un atteggiamento di squadra, hanno acquisito unasocialità che in passato non avevano, erano loro, illoro reato e la loro pena. Sta funzionando, lo rivelail feedback da parte delle Istituzioni, dei coman-danti, degli assistenti, degli educatori, il problemapiù grande è dato da quelli che escono e vengonorimpatriati e non hanno di che sostentarsi, poichéil lavoro non c’è, il rischio è che si mettano di nuo-vo nei guai.

Fino ad oggi sono stati coinvolti nel progetto,finanziato da una legge regionale e sostenuto da-gli sponsor, 140 detenuti e si sono verificate duerecidive, laddove la recidiva segna circa il 70%, un

[email protected]

dato che conforta e induce alla speranza, nella con-sapevolezza che si stia percorrendo la strada giu-sta.

Massimiliano Zancuoghi, il coach della “GialloDozza”, ha giocato fino a trentasei anni da profes-sionista in diverse formazioni di serie A e di eccel-lenza, Modena, Alghero, Bologna, nella fase attua-le dà una mano anche a “Le Fenici”, la squadrafemminile di rugby del Bologna 1928 che gioca inserie A, loro sono libere, non detenute. E’ questa lasua prima esperienza di allenatore di rugby all’in-terno di una struttura carceraria, aveva in prece-denza allenato formazioni di mini rugby, e gli underdiciotto, allenare una squadra di rugby di detenutiè completamente un’altra cosa, dice, l’obiettivonon è quello semplicemente di avere un risultatosul tabellone, è un fine sociale, rieducativo, maall’interno di questo c’è anche una partita da gio-care, occorre alternare la parte sportiva a quellasociale, un po’ ci si allena come dei veri rugbisti, unpo’ si praticano altre attività perché comunque nonè la stessa cosa, i problemi sono tanti e diversi perognuno di loro e incidono sulla prestazione, sugli

Dozza”, scontata la pena, è tornato in Albania e oragioca nella squadra di rugby di Tirana, alcuni han-no continuato quest’attività, tutti quelli che rie-scono, e che possono, continuano.

L’esperienza di “La prima metà”, il film di LedaNegroni dedicato alla “Giallo Dozza”, girato in car-cere e uscito alla fine dello scorso anno, loro l’han-no vissuta come una cosa strana, solo adesso,dopo tre anni che va avanti la squadra, riescono agestire alcune emozioni, alcune sensazioni. Quan-do si è girato il film era il primo anno, ricordaZancuoghi, per loro era tutto nuovo e confusiona-rio, quasi finto, vedere trenta persone arrivare emangiare insieme, chiacchierare, in carcere non sivedono che pochissime persone, qualche educa-tore e il personale, si perde l’abitudine alla socialità,poi tutto è diventato molto reale, hanno inteso ildocumentario come una cosa piacevole,riacquistando spontaneità, dando il loro meglioper farlo.

Antonio Molinaro, ispettore penitenziario re-sponsabile esecutivo del progetto e del reparto deidetenuti della “Giallo Dozza”, non conosceva il

TACCUINO

Uno sguardoa New Yorke... dintorni

FINO AL 5 MARZO - Il KIT (Kairos ItalianTheater) presenta “Goldoni’s Memoirs”. Gli ap-puntamenti sono al Bernie Wohl Center di Manhat-tan (647 Columbus Avenue). Per informazioni,[email protected]

IL 7 MARZO - La Casa Italiana Zerilli-Mari-mò @ NYU (24 West 12th Street) presenta “Ilportiere di notte”, film di Liliana Cavani. L’appun-tamento è alle 6:00 p.m.; per informazioni, tel.(212) 998-8739.

L’8 MARZO - L’Italian Academy for Advan-ced Studies in America @ Columbia University(1161 Amsterdam Avenue) presenta “Music forPiano by Luciano Chessa”, un recital dei pianisti

Luciano Chessa e Sarah Cahill. L’appuntamentoè alle 7:00 p.m.; per informazioni:[email protected]

L’11 MARZO - L’IAWA (Italian AmericanWriters Association) presenta un incontro conMarisa Labozzetta e Tim Tomlinson. L’appunta-mento, alle 5:45 p.m., è presso il Cornelia StreetCafè di Manhattan (29 Cornelia Street). Per in-formazioni, tel. (718) 777-1178.

IL 14 MARZO - La Casa Italiana Zerilli-Ma-rimò @ NYU (24 West 12th Street), per la serie“Adventure in Italian Opera”, presenta un incon-tro con Nadine Sierra. L’appuntamento è alle 6:30p.m.; per informazioni, tel. (212) 998-8739.

IL 15 MARZO - Il John D. Calandra ItalianAmerican Institute @ CUNY/Queens College (25West 43rd Street, 17th Floor) presenta “WhenWe were the Muslism” di Anthony J. Tamburri.L’appuntamento è alle 12:15 p.m.; per informa-zioni, tel. (212) 642-2094.

IL 16 MARZO - Il John D. Calandra ItalianAmerican Institute @ CUNY/Queens College (25West 43rd Street, 17th Floor) presenta “Flavorand Soul: Italian America and its African Ameri-can Edge” di John Gennari. L’appuntamento è

alle 6:00 p.m.; per informazioni, tel. (212) 642-2094.

FINO AL 16 MARZO - La Casa Italiana Zeril-li-Marimò @ NYU (24 West 12th Street) presen-ta “Seeing Through - Vedere attraverso”, unamostra d’opere di Antonio Scaccabarozzi e Mar-the Keller, a cura di Elisabetta Longari. Per infor-mazioni, tel. (212) 998-8739.

IL 21 MARZO - Il Bernie Wohl Center diManhattan (647 Columbus Avenue) presenta “Laprimavera vinni”, un recital di Michela Musoli-no. L’appuntamento è alle 7:30 p.m.; per informa-zioni, tel. (212) 799-9400.

IL 22 MARZO - Il John D. Calandra ItalianAmerican Institute @ CUNY/Queens College (25West 43rd Street, 17th Floor) presenta “TheYoung and the Reckless - Emerging Italian Ame-rican Writers: Chloe DeFilippis, Marc Pollifro-ne ed Angelica Roman”. L’appuntamento è alle6:00 p.m.; per informazioni, tel. (212) 642-2094.

IL 23 MARZO - Il La MaMa Theater diManhattan (74A 4th Street) presenta “Terra deifuochi - Land of Fires” di Bianca Falco. Per infor-mazioni, tel. (212) 924-0496, oppure (646) 430-5374.