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Neurological Sciences
Official Journal of the Italian Neurological Society
Editor in Chief Antonio Federico
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Estratto da Numero speciale 1 - 2016
SPECIALEXLVI Congresso SIN Genova 2015Opzioni terapeutiche nel panorama della sclerosi multipla: come cambia la gestione del paziente
Il punto di vista clinico: natalizumabLuca Prosperini (Roma)
Neurol Sci (2016) NS1
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Il punto di vista clinico: natalizumab
dalla relazione di Luca ProsperiniDipartimento di Neurologia e Psichiatria, Università “Sapienza”, Roma
Natalizumab è da tempo uno dei cardini del trattamen-to della sclerosi multipla (SM) recidivante-remittente, ma le evidenze disponibili si sono recentemente ampliate con gli importanti risultati dello studio STRATA [1], la fase di estensione che ha raccolto i dati degli studi pilota AFFIRM, SENTINEL, GLANCE e STARS. Lo studio STRATA ha dimostrato il mantenimento a lungo termine dell’efficacia del farmaco su 1094 pazienti che hanno ricevuto un numero mediano di 56 infusioni, pari ad una esposizione a natalizu-mab di 3460 pazienti/anno.
I risultati dello STRATA hanno evidenziato un ottimo controllo della malattia, sia in termini di tasso annualizza-to di ricadute (ARR), sia in termini di stabilizzazione del punteggio di disabilità EDSS (Expanded Disability Status Scale). È da notare che la riduzione della ARR e la stabiliz-zazione dello score EDSS sono state più marcate nei pazien-ti trattati fin dall’inizio con natalizumab rispetto al gruppo inizialmente randomizzato a placebo. Questi risultati sono stati confermati anche dall’analisi interinale a 5 anni dello studio multicentrico internazionale TOP, condotto in aperto su oltre 4800 pazienti seguiti in maniera prospettica in con-dizioni di pratica clinica reale (Fig. 1) [2].
Efficacia di natalizumab sul carico di malattiaUn’analisi post-hoc dello studio AFFIRM, il cui obiettivo era la valutazione del punteggio EDSS come potenziale indicatore di miglioramento neurologico, ha consentito di evidenziare una probabilità cumulativa a 2 anni di riduzione sostenuta della disabilità pari al 29,6% nei pazienti tratta-ti con natalizumab rispetto al 18,7% in quelli che avevano ricevuto placebo (HR=1,7; p=0,006) [3]. Una conferma a questo dato giunge dai risultati dello studio TOP, in cui si è evidenziata una probabilità cumulativa di miglioramento a 5 anni della disabilità pari al 29% nel sottogruppo di pazienti con punteggio EDSS basale ≥2,0; inoltre, la probabilità di miglioramento confermato dell’EDSS è risultata significati-vamente più elevata rispetto alla probabilità di un peggiora-mento confermato (p<0,0001) [2].
Ulteriori dati a supporto sono forniti da studi post-mar-keting di più piccole dimensioni (Fig. 2). Belachew e coll. hanno dimostrato come natalizumab, in 44 pazienti trattati con un follow-up di 44 settimane, abbia determinato il mi-glioramento confermato di 1 punto nel punteggio EDSS del 29% dei pazienti [4]. L’efficacia di natalizumab sul recu-pero funzionale è stata confermata in uno studio su 88 pa-
0
Mesi dall’inizio della terapia con natalizumab
Basale
1,99
0-12n=4821
12-24n=3433
24-36n=2224
36-48n=1000
48-60n=355
0,240,210,240,250,300,5
1,5
1,0
2,0
2,5
Tass
o an
nual
izzat
o m
edio
di r
icad
ute
0
Settimane dalla prima infusione di natalizumab
Numero di pazienti a rischio
0 24 48 72 96 120 144 168 192 216 240
4797 4014 3273 2646 1955 1337 858 506 285 160 57
IC 95%
16%0,2
0,6
0,4
0,8
1,0
Prob
abilit
à cu
mul
ativa
di p
rogr
essi
one
conf
erm
ata
del p
unte
ggio
EDS
S
Figura 1 Studio TOP: mantenimento a lungo termine dell’efficacia di natalizumab in un setting di pratica clinica reale. (Mod. da [2])
2 Neurol Sci (2016) NS1
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Più recentemente, Prosperini e coll., in uno studio mul-ticentrico, post-marketing, hanno confrontato l’efficacia di natalizumab, fingolimod e farmaci iniettivi (IFN-beta e GA) in due gruppi di pazienti: non-responders a un precedente trattamento con IFN beta-1a o GA (n=412) e pazienti naïve al trattamento, ma con elevata attività di malattia (n=273) [8]. L’outcome principale dello studio era la percentuale di pazienti che a 2 anni non presentavano evidenza di attività di malattia (NEDA, no evidence of disease activity), defi-nita come assenza di ricadute, assenza di peggioramento della disabilità e assenza di attività alla risonanza magne-tica convenzionale. Nei pazienti non-responders, natalizu-mab è risultato più vantaggioso sia di fingolimod sia della strategia di switch orizzontale (passaggio da IFN-beta a GA o viceversa): NEDA 67% vs 45% per fingolimod, vs 22% per IFN-beta/GA (p<0,05 per tutti i confronti, aggiustato mediante propensity score). Natalizumab si è dimostrato efficace anche nei pazienti naïve con malattia molto attiva (definita dalla presenza di ≥2 ricadute nell’anno precedente
zienti seguiti per 2 anni, nel quale è stato osservato che il miglioramento di almeno 1 punto del punteggio EDSS (ve-rificatosi nel 18% dei pazienti trattati) era associato ad una significativa riduzione del carico lesionale T1-ipointenso a livello cerebrale (esaminato mediante risonanza magnetica). Quest’ultimo dato suggerisce che natalizumab possa gioca-re un ruolo importante nella soppressione dell’evoluzione delle lesioni demielinizzanti-infiammatorie a “black holes”, aree caratterizzate da perdita assonale cronica [5].
Per quanto riguarda il quadro cognitivo, un recente studio post-marketing, condotto su 24 pazienti seguiti con un follow-up di 3 anni, ha mostrato che il trattamento con natalizumab si associa a un miglioramento dei test neuro-psicologici e ad una riduzione dell’atrofia cerebrale in aree specificamente correlate alle funzioni cognitive esplorate, soprattutto nei pazienti con EDSS al basale ≤3,0 (Fig. 3) [6].
Studi di confronto con altri trattamenti attiviAl fallimento della terapia di prima linea con interferone beta (IFN-beta) o glatiramer acetato (GA), la scelta del trat-tamento fino a oggi si è orientata verso natalizumab o fin-golimod, in assenza però di solide evidenze comparative. Il gruppo di Kalincik ha confrontato per la prima volta nata-lizumab vs fingolimod in un ampio studio internazionale, osservazionale, prospettico, condotto su 579 pazienti con progressione di malattia entro 6 mesi dall’inizio della tera-pia di prima linea [7]. Dopo una media di 12 mesi di follow-up, lo switch a natalizumab è risultato significativamente più vantaggioso rispetto a fingolimod in termini di percentuale di pazienti liberi da ricadute (77% vs 52%, rispettivamente; p=0,02), tasso semestrale di ricadute (p<0,05) e probabilità di riduzione della disabilità (20% vs 11%, rispettivamente; p<0,001) (Fig. 4).
0Peggioramento
confermatodi 1 punto
0
Peggioramentomarginale
Stabilità Miglioramentomarginale
Miglioramentoconfermatodi 1 punto
2927
40
410
40
50Pa
zient
i (%
)
20
30
–0,5
Basale
p=ns
p=ns
p=0,041
Miglioramento dell’EDSS (n=16)
p=0,017
p=ns
p=ns
Mese 6 Mese 24
–0,4
0,0
0,1
Varia
zione
med
ia d
al b
asal
e (m
l)
–0,3
–0,1
–0,2
–0,035
Basale
p=ns
p=ns
p=0,023
p=ns
p=ns
p=ns
Mese 6
T1-LV Rapporto T1:T2
Mese 24
–0,030
0,000
0,005
–0,025
–0,005
–0,010
–0,020
–0,015
Stabilità dell’EDSS (n=60)
Peggioramento dell’EDSS (n=12)
Figura 2 Recupero funzionale in corso di trattamento con natalizumab. a Miglioramento del punteggio EDSS. b Riduzione delle lesioni in T1 nei pazienti con miglioramento dell’EDSS. (Mod. da [4,5])
Figura 3 Miglioramento cognitivo promosso da natalizumab. (Mod. da [6])
0Basale 1 anno
*
*
**
*
2 anni 3 anni
p<0,05
EDSS≤3
1
3
2
4
6
Num
ero
med
io d
i tes
t fal
liti 5 EDSS>3
* p<0,05 vs basale
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tale fenomeno sia correlato alla malattia piuttosto che alla terapia farmacologica.
È bene precisare che la riattivazione dell’attività infiam-matoria di malattia, ampiamente descritta in caso di so-spensione di natalizumab, è un fenomeno autolimitante, ma può in qualche caso portare a un accumulo della disabilità. Pertanto, una corretta stima del rapporto rischio/beneficio è essenziale per riuscire a mantenere il paziente in trattamen-to il più a lungo possibile, onde garantire anche nel lungo termine tutto il vantaggio acquisito, grazie a natalizumab, in termini di disabilità e controllo della malattia.
Secondo studi recenti, il rischio di riattivazione della malattia e peggioramento della disabilità alla sospensione di natalizumab sarebbe più alto nei pazienti la cui situa-zione era maggiormente critica prima del trattamento: SM molto attiva, numerose ricadute e punteggio EDSS elevato [12-15]. È interessante notare che questi stessi fattori sono anche predittivi di una minore risposta al trattamento con natalizumab (Fig. 5) [2,16].
all’inizio del trattamento e ≥1 lesione captante gadolinio). In questo sottogruppo di pazienti, il 67% dei pazienti tratta-ti con natalizumab ha raggiunto lo status NEDA dopo due anni, sebbene sia risultata significativa solo la differenza tra natalizumab e i farmaci iniettivi, probabilmente a causa del-la bassa numerosità campionaria.
Sospensione del trattamento: una questione apertaIl fenomeno definito rebound consiste nella comparsa o ricomparsa di sintomi (spesso di gravità accentuata), che erano assenti o ben controllati in corso di trattamento. Il ter-mine rebound è stato utilizzato anche per contraddistinguere l’attività infiammatoria che si verifica in alcuni pazienti alla sospensione di natalizumab, ma più opportunamente si do-vrebbe parlare di riattivazione di malattia.
Infatti, in corso di SM, esiste un rischio di riattivazio-ne della malattia alla sospensione di qualsiasi trattamento disease-modifying (ad esempio dopo interruzione di IFN-beta) o perfino dopo la gravidanza [9-11], suggerendo che
0
Percentuale libera da ricadute
Numero di pazienti a rischio
0 12Tempo (mesi)
24
407 151 24171
NatalizumabFingolimod
NatalizumabFingolimod
NatalizumabFingolimod
NatalizumabFingolimod
288113
672153 8
HR 1,5; IC 95% 1,1-2,2p=0,02
NatalizumabFingolimod
81%63%
77%52%
20
60
40
80
100
Pazie
nti (
%)
0
Tasso di ricadute a 6 mesi
Numero di pazienti a rischio
0-6 12-18Tempo (mesi)
18-24
407 236 48171
12460110 24
0,2
0,4
0,6
Rica
dute
(num
ero)
6-12
p=0,04
p=0,01
p=0,005
p=0,004
70
Peggioramento della disabilità
Numero di pazienti a rischio
0 12Tempo (mesi)
24
407 167 26171
304127
732666 8
p=0,3
NatalizumabFingolimod
90%94%
89%87%
80
90
100
Pazie
nti (
%)
0
Riduzione della disabilità
Numero di pazienti a rischio
0 12Tempo (mesi)
24
407 149 20171
294127
592966 12
HR 2,8; IC 95% 1,7-4,6p<0,001
16%9%
20%11%
10
20
30
Pazie
nti (
%)
Figura 4 Confronto dell’efficacia di natalizumab e fingolimod in pazienti non-responder al trattamento di prima linea. (Mod. da [7])
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Conclusioni• Natalizumab è, al momento, la migliore opzione tera-
peutica in termini di efficacia• Il trattamento con natalizumab dovrebbe essere mante-
nuto il più a lungo possibile per assicurare uno status NEDA e un recupero funzionale di lunga durata
• La riattivazione della malattia post-natalizumab è un fe-nomeno che si verifica soprattutto nei pazienti con SM più aggressiva all’inizio del trattamento
• La riattivazione della malattia è un fenomeno autolimi-tante, tuttavia può determinare un’importante disabilità, soprattutto nei pazienti già compromessi
• Ciò implica che migliorare i criteri di selezione dei pa-zienti possa essere di utilità per garantire un trattamento efficace il più a lungo possibile.
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0
Ricadute nell’annoprecedente
Punteggio EDSSal basale
Precedenti DMT
<31773n=
0,27
≥33024
≤11713
>13106
0437
12213
≥22171
0,05
0,25
0,15
0,35
0,45
0,20
0,10
0,30
0,400,33
0,23
0,38
0,18 0,22
0,31
0
Ricadute al basale e storia di DMT
1 ricaduta+ 0 DMT
0,16
1 ricaduta+ 1 DMT
1 ricaduta+ 2 DMT
≥2 ricadute+ 0 DMT
≥2 ricadute+ 1 DMT
≥2 ricadute+ 2 DMT
0,40
0,23
p<0,0001p<0,0001p<0,0001p<0,0001
DMT=disease-modifying therapy
0,240,28
0,18
0,10
0,30
0,20
0,40
0,50
Tass
o an
nual
izzat
o m
edio
di r
icad
ute
in te
rapi
a
0,05
0,25
0,15
0,35
0,45
n=126 n=767 n=773 n=308 n=1424 n=1376
Figura 5 Fattori predittivi al basale di risposta a natalizumab (Mod. da [2])
Questa pubblicazione è stata realizzata grazie al contributo educazionale non condizionato di Biogen