moob magazine / issue no.8

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Summer Issue. 2015 © MOOB Magazine ® all rights reserved

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PhotograPhed by Carlos Khu Fashion editor & Coord: Jesus rios

groomed by amelin loKmodelled by miguel berJon @ Wu models

CoVerstory

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Editor & Creative Director_ Mattia Attanasio

Art Director_Vincenzo Del Vecchio

Fashion Editor_Luca D’Alena

Photo Editor_Giuseppe Morales

Marketing & Advertising Director_Giuseppe Granata

Graphic Studio Direction_Francesco Caricati

Editorial Cordinator_Francesco Li Volti

Editorial Content Manager_Fabrizio Pinci

Redazione

Francesco Li Volti, Fabrizio Pinci, Chiara Pizi, Vittoria Pinto, Noemi Gesuè, Andrea Di Giorgio,

Flavio Russo, Martina “Liz” De Santo, Sara Esposito, Ilaria Pesenti, Leonardo Ciccarelli.

Illustratori

Francesca Pannone, Pasquale Angerame, Vincenzo Del Vecchio

MOOBM I N D S O U T O F T H E B O X E S

Copyright © 2014 MOOB magazine inc. All rights reserved.Reproduction in whole or in part without permission is prohibited.The name MOOB magazine and the logo, there off are registred marks.

[email protected]

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GUESTLIST

DAvIDE SOL

LUCA fErrArA

GIOrGIA vILLA

ILArIA prESEnTI

jESUS rIOS

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I n D I C E

20what about?curvy vs schinnyChiara Pizi

22pitti uomo 88L’eccellenza sfila a firenze Martina Liz De Santo

24paolo Sorremtino

3226 anni di nirvanaIl 15 Giugno 1989 usciva “Bleach”, il primo album della band di Kurt Cobain.Flavio Russo

34Chiara ferragnila Cleopatra dell’impero TBSFabrizio Pinci

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28Cara,anzi,carissimaCara Delevigne in poco tempo è diventata un’icona della bellezza e della moda.

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20what about?curvy vs schinnyChiara Pizi

22pitti uomo 88L’eccellenza sfila a firenze Martina Liz De Santo

24paolo Sorremtino

3226 anni di nirvanaIl 15 Giugno 1989 usciva “Bleach”, il primo album della band di Kurt Cobain.Flavio Russo

34Chiara ferragnila Cleopatra dell’impero TBSFabrizio Pinci

38Mash-up

56jE SUIS pUSSY rIOT.La storia della band femminile che ha fatto tanto infuriare Putin.Riccardo Ciccarelli

58Da Happy Days a True Detective. L’evoluzione delle serie TVAndrea Di Giorgio

62La sartoria italiana riparte da Marinella.La classe l’eleganza e la concretezzaFrancesco Li Volti

66“ Trend of Transition“Milan Men’s Fashion week , SS16Ilaria Pesenti

#8 giu/lug/ago

92La vedova nera delle BarbadosRihannaVittoria Pinto

94Lost in the dark

110LA TECnOLOGIA nOn “rISpArMIA nESSUnO”progresso e medicinaAndrea Di Giorgio

112Lorenzo ha messo il turboNuovo disco e tour negli stadiSara Esposito

114Life in the Suburb

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uando crediamo di stare bene con noi stessi, e invece stiamo assecon-dando i gusti degli altri.“Accettati per quello che sei”.E’ il mantra con cui, quotidianamente, veniamo re-

darguiti dalla radio, dalla tv, dalle riviste. Ogni giorno ci ammonisce con innumerevoli consigli su come essere noi stessi, in un’instancabile elar-gizione di massime su come dobbiamo volerci bene, su come accrescere la fiducia in noi stessi, perché siamo unici, e nella nostra irripetibilità sta la nostra bellezza. Poi, un giorno, qualcuno decide che il trend del momento è pesare 38 kg per un metro e settanta; e, allora, la stessa radio, la stessa tv, le stesse rivi-ste cominciano frenetiche a consigliarci i migliori esercizi da fare in casa, le tisane più drenanti, la dieta ipocalorica più efficace, “sì, l’ha fatta anche quell’attrice, diamine se funziona.” E, allora, se siamo tra quelli che non perdono un etto, ci sentiamo fuori posto; e se siamo tra quelli che continuano a dimagrire, ci sentiamo soddi-

sfatti, perché il coccige sporgente è così cool que-sta primavera.Arriva così l’autunno, e sul calendario Pirelli ecco a far da padrona una modella taglia 46, messa lì a dirci che, quest’anno, le skinny mangeranno la polvere delle curvy. E rieccoci col solito vomito mediatico, tutto a magnificare le donne corpu-lente e le maniglie dell’amore del dad-body; tutto a farci pensare che, se siamo ipertiroidei, e che quindi non riusciamo a mettere peso, siamo vero-similmente la vergogna del vivere sociale.Ogni stagione, qualche ente superiore stabilisce che una determinata fetta dell’umanità può esse-re contenta della propria fisicità, e che un’altra, invece, deve vergognarsene. Forse non lo fa di

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Curvy vs skinny: l’illusione di piacersi.

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proposito; in fondo, skinny significa portare la ta-glia 40, curvy equivale ad una terza abbondante. Tuttavia, dimentica che, all’ascolto, vi sono mi-gliaia di adolescenti - e di persone di mezza età - per cui ogni concetto viene sistematicamente tolto dal contesto, estremizzato, e reso un dogma incrollabile.Eccoli lì, quindi, quasi a seguire le parole di un profeta, ognuno proteso verso quello che non è; chi si vede magro, e si vuole più robusto, chi si vede grasso e si vuole snello, chi ha saputo che skinny è il nuovo trend, e si illude che un’alimen-tazione a base di sedano e ossigeno lo renderà tale, chi ha saputo che curvy è bello, e crede che lo sia anche chi vende le probabilità di scampare un infarto in cambio dell’ennesimo cheeseburger. Chi, ogni giorno, mette mano alla sua distruzio-ne con le abitudini alimentari più malsane, con le convinzioni più nocive, forte del fatto che, se la TV ha detto che la taglia quarantadue è all’ulti-mo grido, figuriamoci la trentotto, che se gli uo-

mini preferiscono i fianchi larghi, allora al diavo-lo la cura dell’obesità. Chi si persuade di essere alla moda, e che si sta ammalando; chi crede che la bellezza, o quello che reputa tale, lo salverà dalla morte.Eppure, ci avevano detto che dovevamo accet-tarci per quello che siamo. Ma che cosa significa questa espressione? Chi l’ha stabilito che dob-biamo stare bene con noi stessi, che dobbiamo piacerci per forza? Una pianta, una mattina, si sveglia, si guarda e non si piace? No, non lo fa, perché lei è così e basta, che lo voglia o no. Cercare di piacerci a tutti i costi, ad oggi spesso non significa fare qualcosa di buono per noi, ma equivale a forzare la nostra natura per adeguarla a quello che ci illudiamo sia di nostro gradimen-to, ma che in realtà gli altri, dall’alto, hanno sta-bilito che debba piacerci.Come liberarci dall’illusione? Forse sentendoci li-beri, a volte, di piacerci, e altre di piacerci meno; ma di rendere conto solo a noi stessi.

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al 16 al 19 giugno, nella suggestiva Fortezza da Basso di Firenze, si è tenuta una delle più impor-tanti manifestazioni mondiali della moda maschile e non solo. Organizzata da Pitti Immagine, a gen-naio e a giugno, è stato l’evento più atteso per gli esperti del settore che accorrono da ogni dove per non perderselo.Ben 1178 marchi italiani e internazionali si sono riuniti e organizzati in diverse aree tematiche per presentare i loro prodotti ai compratori e alla stampa. Tema guida di quest’anno è That’s Pit-ticolor: il colore e il suo uso nella moda. Vere e proprie incursioni cromati-che anche grazie al sapiente lavoro del designer, Oliviero Baldini, che ha curato il set. Ogni anno Pitti Uomo non delude gli appassionati del settore: prestigio, eleganza e numerosi eventi lasciano piacevolmente colpiti. In merito al tema, Pitti Uomo lancia #GOLDMANIAC in una capsule limited edition dedicata, interamente, al colore oro e in vendita in un temporary store. Questa edizione non è stata da meno. La novità più interessante è lo spazio Open dedicato alle collezioni che desiderano superare il concetto di genere femminile e maschile con capi must have adatti sia per lui che per lei. Giacche elasticizzate e fodere con stampe floreali, colori ac-cesi, cravatte e foulard vestono l’uomo e la donna dello spazio Open (che poi non sembra una grande novità). Anche l’accessorio diventa unisex: le espa-drillas – riaccettate nel mondo della moda – e gli zaini multitasche la fanno da padrona. Da segna-lare: le borse di Andrea Incontri e le scarpe del-la Noitremilano – N3M – con i loro modelli dalle punte tonde e dalla numerazione completa sia per uomo che per donna.Moschino, menswear guest designer, ha presentato – passato anche in diretta streaming su Style e Fa-shion Times – nella terza giornata una collezione

che mescola, in modo sfrontato, sportwear e for-male. La prima volta in Italia per l’attuale direttore creativo Jeremy Scott è stata all’altezza dello stile – eclettico – del designer di Los Angeles: colori, forme e materiali in netto contrasto tra loro.Cosa propone Pitti Uomo 88? Quest’anno propo-ne un uomo cosmopolita, elegante e sportivo allo stesso tempo: l’eleganza diventa casual. Puntano sul classico (diciamo anche leggermente retrò) La Martina – pantaloni morbidi e la classica polo – e Circle of Gentlemen mentre Rifle reinventa il clas-sico jeans con un lavaggio col sale – salt denim – che regala al tessuto un effetto grigio/blu davvero interessante. Lardini veste l’uomo da vacanza: abi-ti in lino e giacche a righe dalle cromie molto natu-rali. Leggerissimi blazer e colori pastello anche per Gant che punta su uno slim fit poggiato su camicie a quadri vichy (che già da un po’ – in realtà – si vedono in giro). Camicie dalle stampe esclusive in denim, lino e altri filati sono il pezzo forte di Fina-more. Gli accessori più ammirati? Le elegantissime

borse Montblanc dalla linea meisterstück – masterpiece –sfumato: rigorosamente in pelle degradé per un tocco di vintage e i cappelli in paglia color sabbia o verde prato firmati Borsalino.Da segnalare il rilancio di Chucs – marchio fonda-to da Peter Finch – e che lancia una linea dedicata a uomini di stile come Robert Kennedy, Gianni Agnel-li e Steve McQueen. Pitti

Uomo non manca di lasciare spazio anche agli sti-listi emergenti con il concorso “Who is on next? Uomo” che ha come obbiettivo quello di scovare giovani designer di abbigliamento e accessori ma-schili. Per quest’anno complimenti a Vittorio Bran-chizio, un trentenne di Brescia: la sua collezione di maglieria a lasciato il segno nella giuria interna-zionale forse per le capacità tecniche e le proposte innovative dal prodotto fino al suo packaging.Ma i veri maestri di stile per Pitti Uomo 88 sono stati gli ospiti: eleganza, classe e raffinatezza mixati con accessori divertenti ed etnici, colori neutro al-ternati a gusti più audaci. Questo era il mood tra gli stand e questa è l’atmosfera che vogliamo respi-rare quest’estate. O dobbiamo aspettare trepidanti Pitti Uomo 89?

Martina Liz De Santo

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Vere e proprie incursioni cromatiche

anche grazie al sapiente lavoro del

designer, Oliviero Baldini,

che ha curato il set.

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uno sguardo sulla controversa genialita’ del regista in vista del suo ultimo film “youth”.

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ome un fulmine a ciel sereno, una supernova, un’imponente colata lavica di genio e sregola-tezza, ammantato dall’alone intellettuale e da un’aura di contorto e labirintico cinismo, il regi-sta (e scrittore) napoletano Paolo Sorrentino era piombato prepotentemente tra i comuni mortali cinefili sconvolgendo, affascinando e, c’è da dire, anche lasciando perplessi con la controversa pel-licola “La grande bellezza”, vincitrice dell’Oscar come miglior film straniero, del Golden Globe e del BAFTA nella stessa categoria nel 2014. Orgoglio italiano in una manifestazione che vede perlopiù protagonisti grandi registi hollywoo-diani, Sorrentino ha sbaragliato la concorrenza europea e transoceanica sbalordendo pubblico e critica. Il film, interpretato da un magistrale Toni

Servillo, è presto diventato anche il simbolo di rivendicazione e riscatto di una cinematografia italiana sempre più emarginata su scala interna-zionale, con la speranza di fondo di rievocare i fasti del passato. Critici ed esperti si sono letteralmente prodiga-ti in parole di ammirazione e lodi sperticate alla sublime profondità che trapelava da ogni singola fotografia della pellicola, eppure, la reazione del-lo spettatore medio, in linea di massima, ha ra-sentato quasi la perplessità. Vere e proprie guerre virtuali si sono scatenate sul campo di battaglia dei social network; da un lato chi sosteneva che il film fosse pieno di “inutili virtuosismi intellettuali. Senza trama, senza senso, noioso e pesantemente lento”, dall’altro chi ne metteva in luce la “splen-dida fotografia e la meravigliosa sceneggiatura. Per non parlare della riuscitissima intenzione del regista di trasportare quel senso di insoddisfazio-ne e squallore dalla figura di Jep Gambardella allo spettatore stesso”. Insomma, bene o male purchè se ne parli. E Paolo Sorrentino torna a far parlare di sé presentando al Festival di Cannes 2015 una nuova pellicola; “Youth-la giovinezza”.La rosa del cast è eccezionale : Rachel Weisz, Jane Fonda, Michael Caine. Si tratta del secondo film

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di Sorrentino in lingua inglese (dopo “This must be the place” con protagonista il grande Sean Penn) ed è dedicato al regista Francesco Rosi. Indipendentemente dalla riuscita del film e dalle future disquisizioni che ne nasceranno, Sorrenti-no ha di sicuro il merito di portare, anzi di espor-tare, un piccolo e prezioso pezzo di italianità nel mondo.

Nato a Napoli, (quartiere Vomero) nel 1970, or-fano di entrambi i genitori dall’età di 17 anni, si avvicina all’arte inizialmente come scrittore con il romanzo “Hanno tutti ragione” classificatosi ter-zo al Premio Strega 2010. Dopo una brevissima

carriera universitaria alla facoltà di Economia e commercio, a 25 anni si immerge definitivamen-te nel mondo del cinema e non ne riemerge. Per i primi anni dirige e co-dirige prevalentemente cortometraggi (“Un paradiso”, “Drogheria”), de-streggiandosi però anche tra il piccolo schermo e sceneggiando alcuni episodi della fiction “La squadra”. Comincia a farsi conoscere con il primo lungo-metraggio, presentato al Festival di Venezia nel 2001, “L’uomo in più”, vincitore del Nastro d’Argento e del Ciak d’oro per la migliore sce-neggiatura. Il sodalizio con l’attore Toni Servillo è significativo e peculiare nella storia della carrie-ra di Sorrentino (quasi ammicca all’idillio Bur-ton-Depp) e, di solito, anche parecchio redditizio. Intense e impeccabili sono le interpretazioni di Servillo ne “Il divo”(ispirato alla figura di Giulio Andreotti e presentato a Cannes nel 2008) e “Le conseguenze dell’amore”. Paolo Sorrentino.un italiano nel mondo.

Noemi Gesuè

“orgoglio italiano in una maniFestazione

Che Vede PerloPiu’ Pro-tagonisti grandi regi-

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“sorrentino ha sbaragliato la

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sbalordendo PubbliCo e CritiCa.”

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Cara,anzi, Carissima!C a r a D e l e v i g n e i n p o c o t e m p o è d i v e n ta ta u n ’ i c o n a d e l l a b e l l e z z a e d e l l a m o da . C h e s i a n a ta u n a s ta r ?

illustration: Vincenzo Del Vecchio

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aggio 2015. Il primo tweet del regista e produtto-re cinematografico francese, Luc Besson, parla di Cara Delevingne: sarà lei la star del suo prossimo film previsto in uscita per il 2017. Sarà un sci-fi dedicato alla graphic novel francese, “Valerian & Laureline”, che narra le avventure di due giovani a spasso nel tempo. Ad affiancare Cara ci sarà il 29enne Dane DeHaan, attore statunitense già noto per i suoi ruoli in Giovani Ribelli (2013) e in The Amazing Spider Man 2 (2014). La carrie-ra cinematografica della ventiduenne continua a crescere, e l’agenda di Cara Delevingne continua a riempirsi di ogni sorta di ingaggio, la modella riesce a realizzare il suo sogno di non essere un cliché: è ufficialmente entrata nel mondo del ci-nema dalla porta principale. “Ho sempre sognato di lavorare nel mondo del cinema” ha dichiara-to. Detto, fatto. Ma sarà stato davvero così facile come sembra?

Classe 1992, sangue blu, sguardo magnetico e fu-turo in tasca, Cara – Jocelyn - Delevingne è nata da una famiglia blasonata di Londra (la madre, Pandora, discende da una famiglia di Baroni) ed è attualmente tra le modelle più richieste al mon-do. Recentemente immortalata su numerosi tap-peti rossi e tabloid per la sua nuova storia d’amo-re con la cantante St.Vincent, Cara è sempre più gettonata ed è suo il volto più richiesto. L’attuale volto Burberry inizia la sua carriera a soli 17 anni nel 2009 per accompagnare la sorella maggiore, Poppy. L’ennesima storia di un talento scoperto per caso? Sembra proprio di si. Tutti pazzi, da subito, per la più piccola delle due Delevingne, che non tarda a prendere parte a numerose cam-pagne pubblicitarie per i più svariati brand, da Zara a Chanel passando per H&M, Pepe Jeans e a numerose sfilate per Fendi, Oscar de la Ren-ta, Stella McCartney, Moschino e altri nomi noti

dell’alta moda mondiale. Cara, visti i numerosi successi e relativi ingaggi stellari, viene premiata per ben due volte, nel 2012 e nel 2014, ai British Fashion Awards con il titolo di modella dell’an-no. Per due anni ‘angelo’ per Victoria’s Secret, di angelico Cara ha ben poco e forse è proprio questo che la rende un’icona di stile e una rarità da avere. I suoi tatuaggi (che hanno ispirato la sua nuova capsule collection per Mulberry) e le sue folte - foltissime - sopracciglia hanno stregato il mondo della moda e non solo.

Questo mondo patinato e d’apparenza, quello della moda, alla Delevingne proprio non piace. Lei stessa ha spesso dichiarato che il mondo della moda la fa sentire vuota perché ha a che vedere con l’aspetto esteriore e basta. Non c’è alcuna ri-cerca, consiste solo nel mettere in scena cose bel-le. Il sentirsi solo una “cosa bella” fa sentire Cara come “un animale in gabbia” e non tutti sanno quante difficoltà ha dovuto superare affinché ve-nisse presa sul serio e riuscisse a liberarsi da que-sta gabbia. Nessuno sembrava essere interessato alla Delevingne fuori dalla passerella, tanto meno prenderla in considerazione per un set. Ma Cara è determinata e, nel 2012, recita con un piccolo ruolo in Anna Karenina di Joe Wright. Da quel momento la carriera della Delevingne nel cinema cresce sempre di più, con cinque film all’attivo: Tulip Fever, London Fields, Paper Town, Kids in Love e Pan. Fino ad ottenere un ruolo da prota-gonista in Suicide Squad, della Warner Bros, uno dei film più attesi del prossimo anno. Con questo

M“ Classe 1992, sangue blu,

sguardo magnetico e futuro in tasca,

Cara - Jocelyn - Delevingne è nata da una famiglia blasonata di Londra è attualmente tra le modelle più richieste

al mondo.”

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Per due anni ‘angelo’ per Victoria’s Secret, di angelico Cara ha ben poco

e forse è proprio questo che larende un’icona di stile e una rarità da avere

film diretto da David Ayer, Cara potrà affinare le doti affiancando attori di primo calibro di Hol-lywood come Will Smith e Jared Leto. Cinema, moda…è tutto un Cara di qua, Cara di là e non

sembra esserci un attimo di tregua per la bella Cara. Auguri!

MartinaLizDeSanto

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emo propheta in patria. Questa locuzione na-sconde un aspetto macabro e pessimista che pur-troppo ha preso fin troppo piede nel nostro Bel Paese. Tra i tanti talenti che l’Italia ha visto andar via, senza dubbio uno dei più grandi è Chiara Ferragni, una piccola e silenziosa biondina che ad oggi è riuscita a creare un vero e proprio im-pero da 8 milioni di euro. Ma quali sono stati il percorso e le difficoltà affrontate, cos’ha avuto lei, più degli altri, da riuscire a sfondare?Nata a Cremona nel 1987, per pura passione e passatempo personale, Chiara comincia a pub-blicare foto di sé e dei propri outfits su Flickr, noto social fotografico. Le foto gliele scattava Riccardo Pozzoli, suo ragazzo dell’epoca (ritornerà nella nostra storia), mentre i due ancora frequentava-no la Bocconi.In men che non si dica, quelle immagini hanno

cominciato ad avere enorme seguito, e soprattut-to feedbacks positivi, tanto da spingere la Ferra-gni ad aprire un proprio sito personale, theblon-desalad.com. Correva l’anno 2009, e quello che prima era un passatempo è cominciato a diventa-re un vero e proprio business, grazie anche all’a-iuto di Riccardo, brillante studente di economia, che le suggeriva sempre nuove idee per sfruttare al meglio questa sua trovata.Tutto è cominciato così, con la passione e la lun-gimiranza di due ragazzi che hanno anticipato di quasi 10 anni quello che oggi è ormai quotidiano e che molto spesso annoia (si pensi alla miriade di fashion blogger che nascono ogni giorno).Nel 2011 arriva la prima visibilità internazionale. Prima ospite del Chiambretti Show, poi eletta da Teen Vogue “blogger del momento” e citata dal New York Magazine come “One of the biggest breakout street-style star of the Year”. Il suo sito raccoglieva 1 milione di visitatori unitari e 12 mi-lioni di impressioni al mese, numeri da capogiro per un blog creato soli due anni prima.Blogger, fashion designer e creative director, que-sto è oggi Chiara Ferragni. Numerose sono state negli anni le collaborazioni con le più importanti

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maison e marchi fino a consolidare la sua figura come una sicurezza nel campo della moda. Nel 2013 diventa immagine e portavoce per Guess e nello stesso anno collabora con Steve Madden per il lancio di una sua nuova collezione di scarpe nella primavera del 2014. Tra i tanti nomi che circondano la sua persona ci sono quelli di Dior, Louis Vuitton, Chanel, Tommy Hilfiger, Tod’s, Jimmy Choo. Ha inoltre disegnato una linea di scarpe per Superga e occhiali da sole per Italia Indipendent di Lapo Elkann.In Italia, purtroppo, la sua idea e il suo valore sono stati poco sostenuti. Se non nel campo della moda e dai suoi appassionati Chiara Ferragni è poco conosciuta, ed è anche per questo che ormai si è trasferita a Los Angeles. Lì ha trovato fama ed amore (la sua storia con Pozzoli si è conclusa nel 2013, ma nonostante tutto restano buoni amici

e soprattutto continuano a lavorare insieme ad uno dei progetti migliori di sempre. Ora nella sua vita c’è il fotografo americano Andrew Arthur). In America è considerata un guru e lì ha raggiun-to risultati straordinari. Forbes la inserisce nei 30 under 30 più influenti del momento, è la prima fashion blogger a finire su una cover di Vogue (Spagna 2015), e soprattutto la sua azienda viene scelta dalla Harvard Business School come caso di studio al corso di Luxury Marketing, nel quale lei e Riccardo Pozzoli (CEO di The Blonde Sa-lad) sono stati invitati a tenere un paio di lezioni. L’azienda è composta da 12 persone, tutti amici, tutti under 30 uniti dentro e fuori il contesto la-vorativo. Individui diversi ma che riescono insie-me a creare una forte sinergia per migliorarsi a vicenda sempre di più. I ragazzi si dividono in due gruppi, uno cura il sito theblondesalad.com e uno cura la collezione Chiara Ferragni shoes.La storia di Chiara Ferragni è una di quelle che fa bene a tutti noi giovani. Ha dimostrato che con creatività, visione e lavoro di squadra si può riu-scire nella vita. Un esempio per tutti.

Fabrizio Pinci

"Forbes la inserisce nei 30 under 30 più

influenti del momento"

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JE SUIS PUSSY RIOT.La storia della band femminile che ha fatto tanto infuriare Putin.

e Pussy Riot, una band punk russa(ma che di band non si tratta, poi ci torneremo), il 21 Febbraio del 2012 furono cac-ciate dalle guardie di sicurezza della Cattedrale del Cristo Sal-vatore a Mosca perché avevano cantato una preghiera punk, dopo essere salite sul presbiterio della chiesa cantando “Madon-na, liberaci da Putin”.

L’esibizione, durata una trentina di secondi, era solo l’ultima di tante altre azioni di protesta che costringevano la polizia ad intimare le ragazze di prendere i propri strumenti e andar via, solo che quella volta, in una chiesa, si trovarono di fronte all’intervento della Chiesa Ortodossa che chiese a Putin di occuparsi del caso. Poche settimane dopo furono condannate a due anni di reclusio-ne per teppismo aggravato dall’odio religioso, in un processo in cui furono denunciate irregolarità, che resero la protesta un caso mondiale. Suppor-to è arrivato tra gli altri da Madonna, dai Beastie Boys, dai System of a Down e dai Red Hot Chili Peppers. Il Bundestag ha espresso formalmente il proprio rammarico per l’arresto delle tre attiviste con una lettera sottoscritta da 120 parlamentari.Le Pussy Riot non sono quindi una band punk,

sono un movimento di attivisti ispirato al punk e alle controculture dell’Europa dell’Est e del mon-do occidentalizzato. Tutte le ragazze della band agiscono sotto strettissimo anonimato.Furono scarcerate nel 2013, per il 20esimo anni-versario della Costituzione Russa, contro il pare-re di Vladimir Putin che però è dovuto sottostare al voto unanime della Duma (il corrispondente russo della Camera dei Deputati), e pochi giorni dopo, in una conferenza, hanno dichiarato che la loro posizione contro Vladimir Putin non è cambiata e di voler iniziare un progetto di difesa dei diritti dei detenuti nelle carceri e nei campi di lavoro russi. Nell’estate scorsa hanno invece denunciato il Governo Russo alla Corte Europea dei Diritti Umani, chiedendo un risarcimento di 120.000 euro ciascuna per la loro ingiusta deten-zione e 10.000 euro per le spese legali, il tutto da devolvere in beneficenza.

Riccardo Ciccarelli

L“Dopo 2 anni di reclusione, ribadiscono la posizione su Putin”

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apoli, via Riviera di Chiaia 287. E’ qui che si respira l’eleganza della fa-miglia Marinella, una famiglia che ha fatto del Made in Italy il suo pane quotidiano, distinguendosi per la cura del dettaglio e per la maniacale attenzione alla richiesta del cliente. La sartoria Marinella apre nel 1914, poco prima della Grande Guerra, da un coraggioso giovane napoletano di nome Eugenio che ha in mente di

costruire due atelier, uno per le camicie e uno per le cravatte. Col passare degli anni il vecchio Euge-nio si convince che la sua arte della fabbricazione delle cravatte è più unica che rara. Vuoi i tessuti che provengono ancora tutt’oggi dall’Inghilter-ra, vuoi il color “bluette Marinella” apprezzato dai turisti di tutto il mondo, vuoi la passione e la cura della tradizione sartoriale napoletana, Marinella in poco tempo è diventato testimonial d’eccellenza di quel Made in Italy che in tanti ci invidiano. Entrando nella boutique sembra che il tempo non si sia mai fermato, quattro mura in un legno luccicante fanno da sfondo alle migliaia

cravatte appoggiate sulle svariate mensole. E’ qui che incontriamo il signor Maurizio Marinella, l’ultimo erede della famiglia, che ci porta a fare il tour nel laboratorio situato poco più avanti. Qui veniamo accolti dalle artiste della tradizione Marinella, le sarte, alle quali il signor Maurizio si rivolge come un fratello maggiore. Queste ci mo-strano i vari processi di lavorazione della cravatta, e dopo averci mostrato l’altro punto vendita, ec-coci pronti a scambiare due chiacchiere con il Re della cravatta. I: Qual è la giornata- tipo di Maurizio Mari-nella ? M. M. : Sveglia alle 5 e un quarto tutti i giorni dell’anno perché il negozio lo apro alle 6:30, que-sta è una antica tradizione del negozio; resto al negozio fino alla chiusura perché adoro il rappor-to con la clientela tant’è vero che ai primi clien-ti ho l’abitudine di offrire caffè e sfogliatella. Da buon napoletano. La sera vengo spesso invitato a delle cene, ma preferisco riposarmi a casa con la mia famiglia.

LA CLASSE, L’ELEGAnzA E LA COnCrETEzzA.

LA SArTOrIA ITALIAnA rIpArTE DA

MArInELLA.

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I: Quando era un bambino ho letto che suo nonno le imponeva di trascorrere qualche ora nel negozio di famiglia. Che ricordi ha di quel passa-to non troppo lontano? M. M. : Io sono stato messo al mondo per continuare questa attività e dall’età di otto anni sono in negozio per lavorare. Mio nonno mi dice-va sempre che dovevo scendere alla boutique per respirare l’atmosfera. Gli altri bambini giocavano a pallone fuori mentre io mi chiedevo cosa voles-se intendere il nonno. Solo da poco tempo l’ho capito. I: Valentino si identifica con il colore rosso, Armani per le giacche senza tasche interne, Mis-soni per le stampe e per le trame, e Marinella…? Da cosa si contraddistingue una cravatta Mari-nella? M. M. : Il bluette (o il blue Marinella) che è un blue più chiaro e che abbiamo adottato come sfondo per la comunicazione. I: Cosa è l’eleganza per Marinella? M. M. : La serenità e la voglia di indossare una bella giacca, camicia, farsi il nodo della cra-vatta…sentirsi bene con sé stessi. Mio nonno e mio padre mi dicevano : “Maurizio, anche se in-dossi sempre lo stesso vestito ma cambi la cravatta e la camicia, quel vestito risulterà diverso”.

I: Cucinelli ha dichiarato: “I nostri artigiani (sarte, rammendatrici – ndr.) li paghiamo circa il 15% in più dei nostri dipendenti e operai nor-mali, più degli amministrativi”. Marinella come tende a accaparrarsi la fiducia delle proprie arti-ste delle cravatte? M. M. : Ho imparato sin da piccolo a trattare i dipendenti e i clienti come una grande famiglia, per questo tendo a comportarmi come un fratello maggiore, a ora di pranzo arriva il cuoco che cu-cina un piatto nuovo ogni giorno, alle tre sale la pasticceria che porta i dolci a tutte le nostre sarte, come avete potuto notare anche voi, nel laborato-rio abbiamo ventidue artiste sorridenti. I: Qual è il successo e da cosa si riconosce la sartorialità napoletana nel mondo? M. M. : La genialità, i colori, la continua ricerca abbinata a una grande forza in più, la spe-culata ricerca dei tessuti. I: Cosa dovrebbe fare il Governo per incen-tivare il Made in Italy e i giovani imprenditori italiani? M. M. : Trasmettere un messaggio. Anche determinati lavori sono dignitosi e sono impor-tanti per l’economia italiana.Spesso e volentieri i giovani preferiscono lavorare nei call center piut-tosto che avvicinarsi a questo mondo.

FrancescoLiVolti

“Anche se indossi sempre lo stesso vestito ma cambi la cravatta e la camicia, quel vestito risulterà diverso”

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“Marinella in poco tempo è diventato testimonial d’eccellenza di quel Made in Italy che in tanti ci invidiano”

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” Wild Boys! ” Con queste due semplici parole, i ‘’Duran Duran’’ hanno creato un inno alla spen-sieratezza e alla libertà; ritornello così motivante e ‘’catchy’’che ha assunto un carattere identifica-tivo per l’uomo degli anni ’80, diventando, infat-ti, un vero e proprio stile di vita e di pensiero.Da giugno 2015, grazie alla recente “Milan Men’s Fashion Week”, questo motto è tornato a riecheggiare sulle passerelle di Milano city che presenta un uomo minimale, sofisticato ed elegante, dall’animo avventuriero, sfrontato e “wild” - appunto… - per la futura stagione spring/summer 2016.L’intera decade 1980 è rimasta famosa nel-la storia per la sua molteplice mescolanza di tendenze, ed è proprio così che oggi la capitale della Moda e del Gusto italiano la ripropone : le linee fluide e baggy di Giorgio Armani, MSGM, Versace, Fendi, Marcelo Burlon e Damir Doma,

contrastano forme più austere e strutturate viste sulle catwalks firmate Les Hommes, Marni e Canali.Gli orli si accorciano poco sopra o leggermente sotto il ginocchio, passando dal pantalone taglio sartoriale al caro vecchio bermuda, sfoggiato an-che in una versione sorprendentemente “short” firmata Prada.Tornano le giacche modello bomber e i “base-ball cap” con visiera rigida in puro stile 80’s, e si affermano maggiormente tendenze sul filone eclettico degli anni ’70: realistiche in Gucci e in Iceberg e con estrose stampe naturali, optical e grafiche nelle collezioni di Stella jean, Andrea Pompilio, Vivienne Westwood, Etro e Missoni. Il denim, i materiali lucidi e le trasparenze… La casacca militare con tasconi applicati e gli occhiali modello aviatore, il total look uniforme nei colori e nelle fantasie o direttamente a “tuta” (mostrata anche dal talentuoso Cristian Pelliz-zari): questi sono altri trend dei lontani 1970, diventati ormai celebri.La #MFW ha dettato i suoi nuovi “dress code” e rilanciato interpretazioni attuali di quelli passati, trasportando la moda uomo in un “ periodo di transizione”, sempre e comunque chic.

Ilaria Pesenti

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