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LA NOBILTÀ CIVICA A GENOVA E IN LIGURIADAL COMUNE CONSOLAREALLA REPUBBLICA ARISTOCRATICA

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    Andrea Lercari

    LA NOBILT CIVICA A GENOVA E IN LIGURIADAL COMUNE CONSOLARE

    ALLA REPUBBLICA ARISTOCRATICA 1

    Ogni studioso che si trovi ad affrontare un tema afferente allastoria genovese, sia questo di taglio politico, sia economico, siaancora storico-artistico o architettonico o urbanistico, deve confron-tarsi con il composito e complesso ceto dirigente che ebbe il control-lo politico e sociale della citt dalle origini del Comune, nel XIIsecolo, a tutta la durata della Repubblica aristocratica, nata nel 1528e caduta nel 1797. Attraverso unevoluzione continua e articolata, il

    gruppo di potere, diviso nelle fazioni cittadine dei guelfi e ghibellini,prima, e dei nobiles e populares, poi, con la riforma costituzionaledel 1528 si organizz in un vero e proprio patriziato sovrano, nelquale confluirono coloro che avevano gi acquisito il diritto di parte-cipare allamministrazione della cosa pubblica. Si era trattato insostanza di unoperazione di riordino del ceto dirigente cittadino nel quale erano gi riscontrabili tutte le caratteristiche di una vera epropria nobilt civica ispirata dalla necessit di porre fine alle lottedi fazione per il controllo della citt.

    1 Desidero esprimere un sentito ringraziamento per aver favorito la mia partecipazione alconvegnoLe aristocrazie cittadine. Evoluzione dei ceti dirigenti urbani nei secoli XV-XVIIIallamico Saverio Simi de Burgis, il quale come discendente di una delle famiglie compo-nenti la nobilt genovese sin dalle sue origini, i Di Negro, condivide linteresse per le vicen-de del ceto dirigente dellantica Repubblica di Genova, e a Marino Zorzi e Girolamo Mar-cello del Majno membri del comitato organizzatore del convegno. Per i preziosi consigli ele fruttuose conversazioni sul tema nel corso di anni di studio e di ricerca ringrazio gli amiciEnrico Basso, Barbara Bernab, Josepha Costa Restagno, Stefano Grillo di Ricaldone,Silvio Goffredo Martelli, Riccardo Musso, Giustina Olgiati e Carlo Taviani.

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    La Soprintendenza Archivistica per la Liguria ha avviato sin dal

    2005 la creazione di unRepertorio di Fonti sul Patriziato genovese,con lambizioso fine di schedare le oltre seicentoquaranta famiglieche ottennero lascrizione alLiber Civilitatis, poiLiber Nobilitatis,genovese tra il 1528 e il 1797 2. Piace qui ricordare la felice e frut-tuosa esperienza di studio sulla nobilt in Liguria rappresentata daiConvegni sui Ceti dirigenti nelle istituzioni della Repubblica di Ge-nova, ideati, promossi e organizzati per dodici anni consecutivi daCesare Cattaneo Mallone di Novi, i cui atti furono da lui non a casointitolatiLa Storia dei Genovesi a voler rimarcare il ruolo prevalen-

    te dei clan e dei singoli loro espressione nella vicenda storica geno-vese. A Cattaneo Mallone dobbiamo anche la pubblicazione delprimo Liber Civilitatis redatto nel 1528, conservato presso lArchi-vio Storico del Comune di Genova, e dei successivi decreti dascri-zione emanati dal governo genovese sino al 1600, con uno studio checostituisce ancora un contributo fondamentale alla comprensionedelle dinamiche che portarono alla formazione del patriziato genove-se 3. Questa importanza viene daltronde confermata dalle ricerchecondotte per la redazione delDizionario Biografico dei Liguri 4, ove

    attraverso le biografie di numerosissimi personaggi che fecero partedella classe dominante a Genova e in Liguria, dalle origini ai nostrigiorni, studiosi italiani e stranieri contribuiscono a restituire la cono-scenza dei molteplici aspetti che caratterizzarono questo singolaregruppo di potere.

    Lampiezza e la complessit del tema affrontato non possonocertamente trovare completa trattazione in questo studio, che si pre-

    2 Repertorio di fonti sul Patriziato genovese, a cura di Andrea Lercari, SoprintendenzaArchivistica per la Liguria, http//www.archivi.beniculturali.it/SAGE/Attivit.html. Il pro-getto stato presentato ufficialmente al pubblico in occasione del Convegno da cui nascequesto volume datti. Desidero rivolgere una particolare espressione di gratitudine alla so-printendente Elisabetta Arioti, alla cui volont e sensibilit devo la possibilit di avviarequesto ampio e ambizioso progetto. Un sentito ringraziamento devo anche a Francesca Im-periale, funzionaria della stessa Soprintendenza, per la continua e fattiva collaborazione concui ha sostenuto liniziativa.3 CESARE CATTANEO MALLONE DI NOVI, I politici del Medioevo genovese. Il LiberCivilitatis del 1528, Genova 1987.4 Dizionario Biografico dei Liguri. Dalle origini ai nostri giorni, fondato da William

    Piastra (dora in poiDBL), I-VII, Genova, Consulta Ligure, 1992-2008.

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    figge di fornire al lettore le linee principali per la conoscenza delle

    nobilt civiche esistite in territorio ligure, sul quale la prevalenzapolitica ed economica di Genova non imped il fiorire di patriziatilocali, in alcuni casi antichi e di formazione analoga a quello geno-vese, per consentire un approccio al tema e confrontarne le peculia-rit con quelle delle altre nobilt civiche presentate in questo volumedi atti. Si cercher quindi di fornire una generale descrizione dei mu-tamenti politici istituzionali avvicendatisi in Genova, quale espres-sione diretta dellevoluzione del ceto dirigente cittadino, di quei clano alberghi che si contesero il governo della citt e del suo dominio,

    rimandando per ogni epoca alla copiosissima bibliografia specifica.In particolare, per il contesto socio-politico medioevale, si fa riferi-mento agli studi di Giovanna Petti Balbi sui molteplici aspetti delgoverno cittadino, recentemente riuniti in un unico volume 5, e suSimone Boccanegra, primo doge popolare di Genova 6, e a quelli diRiccardo Musso sul dualismo Adorno-Fregoso 7, sulla dominazionemilanese a Genova 8 e sulle fazioni che dalla Dominante si esten-devano nelle Riviere nel corso del Quattrocento 9. La Genova cinque-centesca di Andrea Doria, con la riforma costituzionale del 1528 che

    port alla nascita della Repubblica aristocratica e al suo inserimentonellEuropa asburgica, trovano ampia trattazione negli studi di Artu-ro Pacini 10, ma anche una specifica analisi legislativa negli studi di

    5 GIOVANNA PETTI BALBI, Governare la citt. Pratiche sociali e linguaggi politici aGenova in et medievale, Reti Medievali E-Book. Monografie, 4, Firenze 2007. AncheEADEM, Tra dogato e principato: il Tre e il Quattrocento, in Storia di Genova.Mediterraneo, Europa, Atlantico, a cura di Dino Puncuh, Genova 2003, pp. 233-324.

    6 EADEM, Boccanegra, Simone, inDizionario Biografico degli Italiani, 11, Roma 1969,pp. 37-40; EADEM, Simone Boccanegra e la Genova del 300, Genova 1991.7 RICCARDO MUSSO,Lo Stato Cappellazzo. Genova tra Adorno e Fregoso (1436-1464),Stud di Storia Medioevale e di Diplomatica, 17, 1998, pp. 223-288.8 IDEM, El Stato nostro de Zenoa. Aspetti istituzionali della prima dominazione sforze-sca su Genova (1464-78), in Societ e Istituzioni del Medioevo genovese, Serta Antiqua etMediaevalia, V, Roma 2001, pp. 199-236.9 IDEM,I colori delle Riviere: fazioni politiche e familiari a Genova e nel suo dominiotra XV e XVI secolo, in Guelfi e ghibellini nellItalia del Rinascimento, a cura di MarcoGentile, Roma 2005, pp. 523-561.10 ARTURO PACINI,I presupposti politici del secolo dei genovesi. La riforma del 1528,

    Atti della Societ Ligure di Storia Patria, XXX, 1990, n.s., pp. 261-262 e 317; IDEM,La

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    Rodolfo Savelli 11. Per una conoscenza approfondita delle dinamiche

    politiche in seno al patriziato genovese costituiscono poi un riferi-mento fondamentale gli studi dello stesso Savelli, in collaborazionecon Giorgio Doria 12, e di Carlo Bitossi sul governo dei magnificitra Cinque e Seicento 13 e sulle dinamiche in seno al patriziato nelcorso del Settecento sino alla caduta della Repubblica 14. Preme quisottolineare, senza inoltrarsi nel dibattito culturale che vede confron-tarsi illustri studiosi, divisi tra coloro che evidenziano lunicit del si-stema genovese, quali Gian Giacomo Musso 15 ed Edoardo Grendi 16,e coloro, come Pacini e Savelli, che lo riconducono a modelli legisla-

    tivi comuni ad altre entit statuali, lindiscutibile preminenza deigrandi clan familiari in ogni episodio della storia genovese e lintrec-ciarsi dei loro interessi particolari con quelli dello Stato, nella Do-minante come nel Dominio di Terraferma, nelle sue colonie del Me-diterraneo orientale e nella Corsica, tanto che la comprensione delledinamiche interne al ceto, o meglio per il periodo anteriore al 1528ai ceti, di potere risulta un elemento imprescindibile per indagare gliaccadimenti genovesi. La frequente disattenzione alle norme legi-slative e il loro adattamento alle necessit di quei privati cittadini

    partecipi della vita pubblica, ci consentono di affermare che la nobil-t civica genovese (intesa nelle sue componenti dei nobiles epopu-

    Genova di Andrea Doria nellImpero di Carlo V, in LOfficina dello Storico, 5, Firenze1999; IDEM,Doria, Andrea, inDBL, VI, Genova 2007, pp. 409-435.11 RODOLFO SAVELLI,La repubblica oligarchica. Legislazione, istituzioni e ceti a Genovanel Cinquecento, Milano, 1981; IDEM, Repertorio degli Statuti della Liguria (sec. XII-XVIII), Fonti per la Storia della Liguria, XIX, Genova 2003.12 GIORGIO DORIA - RODOLFO SAVELLI, Cittadini di governo a Genova: ricchezza e poteretra Cinque e Seicento, Materiali per una storia della cultura giuridica, X, 1980, pp. 277-355.13 CARLO BITOSSI, Il governo dei magnifici. Patriziato e politica a Genova fra Cinque eSeicento, Genova 1990.14 IDEM, La Repubblica vecchia. Patriziato e governo a Genova nel secondo Sette-cento, Roma 1995.15 GIAN GIACOMO MUSSO,La cultura genovese tra il Quattro e il Cinquecento, Miscellanadi storia ligure, I, 1958, pp. 121-187 (riedito in IDEM, La cultura genovese nellet del-lumanesimo, Genova 1985, pp. 7-46); IDEM, Politica e cultura in Genova alla met delQuattrocento, inMiscellanea di storia ligure in onore di Giorgio Falco, a cura di AlessandraSisto, Milano 1962, pp. 317-343.16 EDOARDO GRENDI,Il Cervo e la Repubblica. Il modello ligure di antico regime, Torino1993.

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    lares, prima della riforma del 1528, e nel patriziato sovrano, succes-

    sivamente), ebbe in Genova lassoluta regia di ogni aspetto peculia-re della lunga vicenda storica compresa tra la nascita del Comuneconsolare e la caduta della Repubblica aristocratica: basti rifletteresul fatto che le signorie di sovrani stranieri a cui la citt fu assogget-tata con discontinuit fra Trecento e Quattrocento nacquero general-mente dalliniziativa di qualche doge che, non riuscendo a contrasta-re gli avversari interni, ritenne pi utile trasformarsi in un governa-tore, ora per il re di Francia, ora per il Duca di Milano, e che in ognicaso i sovrani stranieri rispettarono sostanzialmente le consuetudini

    e lassetto sociale, politico ed economico propri di Genova.

    La struttura familiare genovese: lalbergo

    La conoscenza della peculiare struttura familiare genovese, lal-bergo, ente di natura privata ma riconosciuto dalla legislazione geno-vese, costituisce una chiave di lettura fondamentale senza la qualesarebbe difficile comprendere larga parte dei mutamenti politici e

    istituzionali intercorsi fra Due e Quattrocento. Daltra parte, lesamedella storia istituzionale di Genova non sarebbe sufficiente a com-prendere le dinamiche e levoluzione del ceto dirigente cittadino.Solo attraverso il raffronto delle fonti ufficiali del Comune con la con-temporanea, ricchissima, documentazione notarile, che riguarda lasfera privata dei componenti i clan genovesi, ma dalla quale assaifrequentemente traspaiono finalit e orientamenti di politici, possia-mo cercare di avvicinarci alla comprensione del quadro dinsieme.

    Quella dellalbergo era una struttura familiare orizzontale, fon-

    data sulla condivisione del potere e sulla gestione di beni comuni 17.

    17 IDEM, Profilo storico degli alberghi genovesi, Mlanges de lcole Franaise deRome, LXXXVII/I, 1975, pp. 241-302; GIOVANNA PETTI BALBI, Strutture familiari nellaLiguria medioevale, inI liguri dallArno allEbro, Rivista di studi liguri, L, 1985, pp. 68-91; JACQUES HEERS, Consorterie e alberghi a Gnes: la ville et la campagne, inLa Storiadei Genovesi, IX,Atti del Convegno di studi sui ceti dirigenti nelle istituzioni della Repub-blica di Genova (Genova, 7-10 giugno 1988), a cura di Gaetano Ferro, Genova 1989, pp.45-63; CESARE CATTANEO MALLONE DI NOVI,La famiglia medioevale a Genova e in Liguria,inLa Storia dei Genovesi, X,Atti del Convegno di studi sui ceti dirigenti nelle istituzionidella Repubblica di Genova (Genova, 23-26 maggio 1989), Genova 1990, pp. 459-475.

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    Questa singolare aggregazione, attraverso la quale pi famiglie si

    consorziavano in un unico clan garantendosi maggiori possibilit dioccupazione delle cariche pubbliche, era stata favorita dalla forteconflittualit allinterno del gruppo di potere genovese che costituuna costante di tutta lepoca comunale. Bisogna anche considerareche tutta la feudalit presente sul territorio ligure anteriormenteallaffermazione dei Comuni, che in parte avrebbe mantenuto signi-ficativi possedimenti feudali nel corso dei secoli successivi, nonconosceva la primogenitura, ma seguiva un sistema di condivisionedel potere e di ereditariet tra tutti i figli maschi del feudatario. Tale

    concezione doveva quindi appartenere ai piccoli signori che, tra X eXIII secolo, si erano inurbati concorrendo a comporre lordine deicives nobiles genuenses. Analogamente i domini acquisiti dai nobiligenovesi erano generalmente ripartiti equamente tra tutti i maschi di-scendenti dal primo signore. Quindi nella logica di una nobilt civi-ca e mercantile quale quella genovese, ove risultava fondamentalepoter disporre di quanti pi rappresentanti possibili, sia per ricoprirele cariche pubbliche, sia per dedicarsi ai commerci internazionali nelMediterraneo e in tutta Europa, il consolidamento della struttura

    familiare orizzontale divenne lo strumento migliore per affermarsinella vita pubblica. Nellorganizzazione degli alberghi poteva acca-dere che famiglie minori fossero assorbite da una maggiore, assu-mendone il cognome e lo stemma, o che tutte, con pari dignit, assu-messero un cognome ex novo. A questa seconda tipologia apparten-gono ai primi anni del Trecento alcuni dei principali alberghi nobili:quello dei Cattaneo, nato dallunione di due famiglie consolari origi-nariamente di colore politico differente, i ghibellini Della Volta e iguelfi Mallone, unite tuttavia dalla contiguit delle proprie abitazio-

    ni in citt; quello degli Imperiale, nato da un gruppo di famiglie ghi-belline nel 1311, in occasione dellarrivo in citt dellimperatoreArrigo VII. Anche ipopulares assunsero ben presto lo stesso model-lo familiare, come nei casi dei grandi alberghi popolari dei De Fran-chi e dei Giustiniani. I membri dellalbergo avevano lobbligo dirisiedere nella stessa contrada, ove si affacciavano le torri, la domusmagna, la loggia, il fondaco e spesso la chiesa privata della famiglia,che avrebbe poi dato vita nel corso del XVI secolo a unaltra istitu-zione peculiare genovese: la parrocchia gentilizia, con giurisdizione

    personale e non territoriale, emblematica dellimportanza dei grandi

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    casati patrizi 18. La chiesa gentilizia sembrerebbe costituire, anterior-

    mente al 1528, una prerogativa dellordine dei nobili, perch quelledocumentate sono sempre riferite esclusivamente a famiglie-albergosempre qualificate tra i nobiles genovesi 19. La collocazione urbani-stica risulta fondamentale, tanto da dare vita ad alberghi distinti qualigli Spinola di Luccoli e di San Luca, i Di Negro di Banchi edi San Lorenzo, i De Mari di Luccoli e di Platea Marmorea odi Banchi 20. Daltra parte, in vaste porzioni del dominio o in quel-le aree controllate da signorie leggere, come fu quella dei Fieschi,agli alberghi cittadini corrispose la struttura familiare della paren-

    tella, che in alcune valli, del Ponente come del Levante, costitu unelemento intermedio tra il potere politico, spesso lontano, e il tessu-to sociale ed economico del territorio, come gli alberghi protagoni-ste di aspre lotte tra loro e rappresentanti in loco le fazioni dellaDominante 21.

    Lepoca comunale

    La nobilt civica genovese, intesa come gruppo di potere i cui

    esponenti si avvicendano in modo ereditario ed esclusivamente nel-

    18 MATTIA MORESCO,Le parrocchie gentilizie genovesi, Rivista italiana per le scienze giu-ridiche, 31/I, 1901, pp. 163-204 (ristampato in Scritti in onore di Mattia Moresco, Milano1959, pp. 1-28); IDEM,Note sulla fondazione della chiesa gentilizia degli Spinola nel 1188in Genova, in Studi di storia e di diritto in onore di Enrico Besta, Milano 1937-39, IV, pp.397-412 (ristampato in Scritti in onore di Mattia Moresco, pp. 397-412); LAZZARO MARIADE BERNARDIS,Le parrocchie gentilizie di Genova, inLa Storia dei Genovesi, II, Atti delConvegno di studi sui ceti dirigenti nelle istituzioni della Repubblica di Genova (Genova,6-8 novembre 1981), Genova 1982, pp. 199-217.19 Sono infatti documentate le chiese gentilizie di Santa Maria in Via Lata dei Fieschi, SanTorpete dei Cattaneo Della Volta, San Paolo dei deCamilla, San Raffaele dei rami diBanchi dei Di Negro e dei De Mari, San Matteo dei Doria, San Luca degli Spinola di SanLuca e dei Grimaldi, San Pancrazio dei Pallavicino, Calvi, Ricci e Falamonica.20 LUCIANO GROSSI BIANCHI - ENNIO POLEGGI, Una citt portuale del Medioevo: Genovanei secoli X-XVI, Genova 19872.21 GIOVANNI LAJOLO, La parentella nella media Valle Argentina, inLa Storia dei Genovesi,XI,Atti del Convegno di studi sui ceti dirigenti nelle istituzioni della Repubblica di Genova(Genova, 30 maggio-1 giugno 1990), Genova 1991, pp. 481-504; IDEM, La parentella aTaggia e nel ponente genovese, inLa Storia dei Genovesi, XII/I,Atti del Convegno di studisui ceti dirigenti nelle istituzioni della Repubblica di Genova (Genova, 11-14 giugno 1991),Genova 1994, pp. 275-297.

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    lesercizio delle pubbliche cariche, cominci a formarsi nel corso del

    XII secolo, con laffermazione del Comune di Genova, affiancandoe sopravanzando lantico potere vescovile. Secondo un processo ana-logo alle altre citt del periodo, questo ceto dominante era costituitoda esponenti della piccola nobilt viscontile, inurbatasi con il decli-no economico e politico del feudalesimo nel corso dellXI secolo, edei funzionari e dei milites che avevano composto lentourage delvescovo-conte, che in quanto gi esperti di amministrazione e fisca-lit e detentori di cultura e conoscenze sufficienti, erano naturalmen-te i pi idonei a sedere tra i Consoli del Comune, ai quali era deman-

    dato il governo della citt e del suo dominio, e i Consoli dei Placiti,amministratori della Giustizia. Generalmente dediti ai traffici mer-cantili e protagonisti dellespansione comunale in terraferma e nelMediterraneo, questi consoli avevano dato origine alla maggior partedelle famiglie componenti lOrdine nobile, i cui membri continuaro-no a rivestire di diritto le cariche pubbliche nei secoli successivi, ade-guando la loro presenza sulla scena pubblica ai molteplici mutamen-ti istituzionali che contraddistinsero il lungo percorso che avrebbeportato alla costituzione della Repubblica di Genova, quando proprio

    i rappresentanti di questa antica nobilt sarebbero stati in larga partei protagonisti della nuova svolta istituzionale. Lavanzata del Comu-ne nella Riviera port, fra XII e XIII secolo, anche molti signori,costretti a stipulare convenzioni con il Comune e a giurare fedelt, atrasferirsi in citt e a confluire a poco a poco nel gruppo di potere trai cives nobiles. Contemporaneamente, le principali famiglie della no-bilt cittadina genovese fra Due e Trecento consolidarono ampi pos-sedimenti territoriali sui quali instaurarono col tempo signorie difatto, esercitandovi la giurisdizione senza aver ricevuto alcuna inve-

    stitura da parte di un potere sovrano superiore, o ricevettero investi-ture feudali da parte dellImpero e dei Marchesi di Monferrato. Il ter-ritorio sul quale i Genovesi estesero il proprio Dominio o comunquela propria influenza attraverso un sistema di convenzioni a partire dalXII secolo, da Monaco a Lerici sulla costa, spingendosi a montenellOltregiogo, nonostante la limitata estensione contava numeroserealt istituzionali: nella Riviera di Ponente sorgevano ben quattrocitt vescovili, Savona, Noli, Albenga e Ventimiglia, poste sotto ildominio genovese, e numerosi borghi che andarono aumentando la

    propria valenza politica come Porto Maurizio e San Remo, interval-

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    lati da antiche realt signorili, quali i feudi imperiali dei marchesi

    Del Carretto (Finale, Millesimo, Zuccarello, Balestrino) o le signo-rie dei genovesi Doria a Loano, Oneglia e Dolceacqua. Nella Rivieradi Levante, invece, non si trovavano citt ma borghi, economicamen-te e socialmente importanti, Recco, Rapallo, Chiavari, Moneglia, Le-vanto, La Spezia, sino alla citt di Sarzana, che aveva ereditato la sedevescovile dellantica Luni, mentre sullAppennino si estendevano ifeudi dei Fieschi e in Lunigiana persistevano gli antichi feudi impe-riali dei marchesi Malaspina. In molti di questi centri rivieraschi iceti dirigenti locali si erano strutturati analogamente a quello geno-

    vese, dando origine ora a vere e proprie nobilt civiche, ora a notabi-lati, nei quali erano confluiti i membri di antichi gruppi parentalisignorili ed esponenti del nuovo ceto mercantile. Le nobilt e i nota-bilati del Dominio aspirarono costantemente a inserirsi nel ceto diri-gente della Dominante, mentre a loro volta i grandi clan genovesi,tra XIV e XV secolo, mentre in citt si susseguivano guerre civili,dogati popolari e dominazioni straniere, perseguirono costantementelobiettivo di legare a s le principali famiglie rivierasche, che pro-prio per lo stretto rapporto col territorio potevano influire sugli scon-

    tri tra le fazioni che dalla Dominante si estendevano e talvolta sidecidevano nelle Riviere. Cos come con la riforma costituzionaledel 1528, che nel dare vita alla Repubblica aristocratica si prefigge-va di portare ordine e compattezza in quel ceto dirigente sino ad allo-ra estremamente composito e conflittuale, si era reso necessariocooptare i rappresentanti di tali famiglie tra gli ascritti alLiber Civi-litatis redatto in quello stesso anno, distribuiti in ventotto alberghi,per garantire unit e compattezza al Dominio.

    Alla grande affermazione politica ed economica del Comune di

    Genova nel panorama internazionale, nel XIII secolo corrisposelinasprirsi delle rivalit tra le fazioni interne dei Guelfi e dei Ghi-bellini e il nuovo ruolo assunto dalla fazione popolare arrivata al po-tere la prima volta nel 1257 con Guglielmo Boccanegra che, attornia-tosi di un consiglio di trentadue Anziani tuttipopulares, cacci mo-mentaneamente dal governo i nobiles, discendenti dei Consoli cheavevano retto il governo cittadino nella prima fase comunale e cheavevano poi continuato a governare la citt sino a quel momento, af-fiancando il podest forestiero nella magistratura definita, appunto, il

    Consiglio degli otto nobili. Con la caduta di Guglielmo nel 1262, do-

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    po un breve periodo di ricostituzione del regime podestarile, dal 1270

    si afferm definitivamente il nuovo sistema dei capitani del popolo,guidato dagli esponenti della nobilt: cos si succedettero le diarchiedei Doria e degli Spinola, antichi capi della fazione ghibellina, e deiFieschi e dei Grimaldi, da tempo a capo di quella guelfa, affiancatida un abate del popolo tutore degli interessi dei Popolari.

    Dogati popolari e signorie straniere

    Il perdurare dellinstabilit politica, senza che una fazione riu-scisse a sovrastare laltra, ma anzi con una frammentazione dei tra-dizionali partiti, spinse il ceto dirigente genovese a sottoporsi a do-minazioni straniere. Cos nel 1311 i Genovesi si posero per ventan-ni sotto la signoria dellimperatore Arrigo VII di Lussemburgo, go-verno che ebbe per breve durata per la prematura scomparsa del so-vrano (1313). Dopo un tentativo di mantenere il controllo della citt,i ghibellini furono cacciati dai guelfi, che nel 1318 posero la citt sot-to la signoria decennale di papa Giovanni XXII e di Roberto dAn-

    gi, re di Napoli e conte di Provenza. Furono aboliti i capitani e ilpodest, ma rimase la carica dellabate del popolo che affiancava ilvero detentore del potere, il vicario o capitano regio. Segu un perio-do di permanente stato di guerra civile 22, finch nel 1331 i Guelfi ei Ghibellini inviarono a Napoli dodici rappresentanti per parte che,equamente divisi tra nobili e popolari, il 2 settembre, al cospetto dire Roberto, stipularono la pace e consegnarono la citt al sovranoangioino, che govern attraverso un capitano affiancato da otto abatipopolari e da otto nobili sino al 1334. Nel 1335 si instaur una nuova

    diarchia Doria-Spinola, nella quale i capitani del popolo eranoaffiancati da un podest e da un abate del popolo, ma il tentativo diricostituire il precedente ordinamento risult fallimentare: ormai itempi e gli equilibri interni al ceto dirigente erano mutati e i popola-ri avevano arricchito il proprio potenziale economico e numerico.Nel settembre del 1339, approfittando di una rivolta dei popolari

    22 GIOVANNA PETTI BALBI,Lassedio di Genova degli anni 1317-1331: maligna et duransdiscordia inter gibellinos et guelfos de Ianua, Reti Medioevali. Rivista, VIII, 2007.

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    savonesi, quelli genovesi si sollevarono, chiedendo di poter eleggere

    il proprio abate come in passato e, il 23 settembre, quella che dovevaessere lelezione di un nuovo abate del popolo si trasform nellele-zione del primo doge popolare, Simone Boccanegra, nipote del pre-detto Guglielmo, affiancato dal Consiglio degli Anziani interamentecomposto di esponenti deipopulares. Da questo momento la fazionepopolare avrebbe sempre condiviso il potere con lantica nobilt,addirittura sopravanzandola, perch ad essa solamente le leggi geno-vesi riservavano il dogato. La massima carica, teoricamente a vita mageneralmente di pi o meno breve durata per i continui sconvolgi-

    menti politici a cui la vita genovese fu sottoposta, fu inizialmenteappannaggio di quattro grandi famiglie popolari: i Guarco, i Mon-taldo, i Fregoso (de Campofregoso) e gli Adorno, poi dei soli Adornoe Fregoso. Fu eletto, talvolta, qualche autorevole esponente dellealtre principali famiglie popolari. Fra Tre e Quattrocento la vita poli-tica genovese fu tra le pi travagliate per le aspre controversie tra lefazioni che causarono lalternarsi in citt di dogati cosiddetti perpe-tui e signorie straniere. In questo contesto lantica nobilt, ad esclu-sione delle grandi famiglie dei Fieschi, Doria e Spinola, capi fazione

    nelle Riviere e quindi in grado di interloquire e contrattare posti dicomando con i principali popolari, vide un ruolo politico progressi-vamente emarginato, anche se non vennero mai meno la dignitsociale e il ruolo pubblico garantito dai posti nelle magistrature,prima fra tutte quella degli Anziani che affiancavano ora il doge orail governatore.

    Nel 1344 Simone, pressato dallavanzata delle truppe dei Grimal-di, Spinola, Doria e Fieschi, finalmente uniti per spodestare il doge,tent di allearsi con i nobili residenti in citt, concedendo loro met

    dei posti nel consiglio degli Anziani e negli Uffici, ma il 23 dicem-bre, vedendo precipitare la situazione, abbandon volontariamenteGenova con i suoi familiari e si rifugi a Pisa. Seguirono due doga-ti: quello di Giovanni de Murta (1344-1350) e quello di Giovanni deValente (1350-1353), dopodich si afferm una nuova signoria stra-niera, quella dei Visconti di Milano. Nel 1356 Boccanegra rientr aGenova scacciando i Milanesi con lappoggio delle truppe ghibellinetoscane: il 14 novembre la citt era insorta per volere dei nobili conlappoggio di parte dei popolari, ma immediatamente la litigiosit tra

    le fazioni cittadine aveva trasformato la battaglia per scacciare la

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    signoria straniera in guerra civile. Boccanegra tenne il potere sino

    alla misteriosa morte, avvenuta improvvisamente il 13 marzo 1363,dopo un banchetto offerto dal nobile Pietro Malocello in onore delRe di Cipro, Pietro di Lusignano, in visita al Doge. Gli successe ilsuo vicario, il potente Gabriele Adorno, che promulg una nuovariforma legislativa, le famoseRegulae Communis Januae, fortemen-te antinobiliari, che stabilirono la nomina di dodici Anziani tuttipopolari, sei mercanti e sei artefici, in carica per quattro mesi. LeRegulae del 1363, corpus legislativo che costituzionalizz le orga-nizzazioni politiche deiNobiles e dei Populares e che rimase in vigo-

    re, pressoch immutato, fino al 1528, dimostrano come anteriormen-te a tale epoca i nobili genovesi aventi diritto a esercitare le pubbli-che cariche, come pure i popolari, fossero iscritti in un appositoLiber che doveva essere aggiornato dai due vicedogi, anchessi diparte popolare, al fine di consentire al Doge, ai Consiglieri e agli Uf-ficiali del Comune di eleggere i prescelti alle cariche pubbliche 23.

    Al dogato di Gabriele Adorno successe quello di Domenico Fre-goso che prese il potere nel 1370 con un Consiglio interamente com-posto di esponenti dei popolari. Alla caduta di Domenico nel 1378,

    attraverso convulsi avvenimenti politici, si avvicendarono i dogati diAntoniotto Adorno (1378), Nicol Guarco (1378-1382), LeonardoMontaldo (1382-1384), ancora Antoniotto Adorno (1384-1390), Gia-como Fregoso (1390-1391), nuovamente Antoniotto Adorno (1391-1392), Antonio Montaldo (1392-1393), Pietro Fregoso (1393), Cle-mente Promontorio (1393), Francesco Giustiniani (1393), ancora

    238 ANDREA LERCARI

    23 Il capo IX, De Viceducibus et eius officio, prescriveva infatti, Teneantur autem ipsiviceduces, semper in principio sui ufficii, infra quintadecimam diem post iuramento eorum,renovari facere per notarium eorum librum conestagiorum et hominum omnium, tam nobi-lum quam popularium, civitatis et suburbiorum, mictendo pro conestabilis et principalibusde alberghis nobilium, quibus imponant, sub illa pena de qua sibi videbitur, quod infra ter-minum de quo sibi videbitur debeant esse cum aliquibus de conestagiis et albergis eorum,et in scriptis ponere et sibi presentare nomina singulorum de conestagiis et albergis ipso-rum armigerorum et qui ad negotia comunis apti sunt et fuerint, tunc signando illos quiabsentes erunt; de quibus fieri faciat seu semper habeat unusquisque vicedux libros spacio-sos duos et bene compositos, de quibus copia fieri valeat tam domino duci et consilio quamelectoribus officialium comunis et aliis officialibus comunis, prout occurrerit opportunum.Et hoc facere teneantur sub pena librarum quinque pro qualibet vice qua ut supra factumnon fuerit, obmissum vel neglectum; que exigi debeat per syndacatores, sub pena eadem.C. CATTANEO MALLONE DI NOVI,I politici, p. 109.

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    Antonio Montaldo (1393), Nicol Zoagli (1394), Antonio Guarco

    (1394) e finalmente Antoniotto Adorno (1394-1396), sino allaffer-mazione della signoria di Carlo VI di Francia sulla citt tra 1396 e il1409. La signoria francese rappresent un periodo di riforme, soprat-tutto durante il governatorato di Jean Le Maingre detto Boucicault,sotto il cui reggimento fu istituito il Banco di San Giorgio (1407).Alla signoria francese, dopo una rivolta popolare, successe quella diTeodoro di Monferrato (1409-1413), dopo la quale si avvicendaronoper tutto il Quattrocento i dogati degli Adorno e dei Fregoso, rimastigli unici a contendersi la massima carica, alternati alle signorie stra-

    niere, milanese e francese. Il Quattrocento fu un secolo caotico inGenova per linstabilit politica generata dal dualismo Adorno-Fregoso e dallavvicendarsi delle signorie straniere milanese e fran-cese.

    Col dogato di Giorgio Adorno (1413-1415) furono promulgate leRegulae Reipublicae Genuensis, che stabilirono la definitiva riparti-zione dei posti nel Consiglio degli Anziani e nelle altre magistraturetra nobili e popolari, a loro volta ripartiti in mercanti e artefici, tuttidivisi tra guelfi e ghibellini, colori che col tempo avevano perduto

    sempre pi il loro significato originario. Al dogato di Giorgio Adornoseguirono quello brevissimo di Barnaba de Goano (1415) e quello diTomaso Fregoso (1415-1421), deposto dallavvento della signoriadel duca di Milano, Filippo Maria Visconti (1421-1435), poi destitui-ta da una rivolta popolare che nomin otto Capitani di Libert,(1435), ai quali successero, dopo il brevissimo dogato di IsnardoGuarco (1436), quelli di Tomaso Fregoso (1436-1442), RaffaeleAdorno (1443-1447), Giano (1447-1448), Ludovico (1448-1450) ePietro (1450-1458) Fregoso, infine una nuova signoria francese

    (1458-1461). Nel 1461 i Francesi furono nuovamente cacciati da unarivolta popolare che diede avvio a nuovi brevi dogati di ProsperoAdorno (1461), Spinetta (1461), Ludovico (1461-1462), Paolo(1462) Fregoso, di nuovo Ludovico (1462-1463) e Paolo (1463-1464) Fregoso. Si afferm quindi una nuova signoria sforzesca(1464-1478), seguita dal ritorno dei dogi (1478-1487), poi di nuovodagli Sforza (1487-1499). Dal 1499, con lannessione del Ducato diMilano ai domini di Luigi XII re di Francia, anche Genova e il suoterritorio passarono sotto la signoria del sovrano francese, che sareb-

    be durata a lungo e che nei primi anni avrebbe riscosso il consenso

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    della fazione nobiliare favorita dal nuovo governo. La lunga signoria

    di Luigi XII su Genova fu segnata dalla celebre rivolta popolare del1506-1507 durante la quale la fazione popolare riusc per un breveperiodo a prendere il sopravvento in citt scacciandone i nobili, sinoad allora favoriti dal sovrano francese. Il governo francese fu caccia-to nel 1512 da una nuova rivolta, che questa volta vide unite tutte leclassi componenti la societ genovese. Si successero quindi ancora ildogato di Giano Maria Fregoso (1512-1513), il breve governo fran-cese di Antoniotto Adorno (1513), il dogato di Ottaviano Fregoso(1513-1515), poi nuovamente governatore per il re di Francia (1515-

    1522). Il sacco della citt condotto nel 1522 dagli Spagnoli port aldogato di Antoniotto Adorno (1522-1527). La caduta dellAdorno adopera delle truppe di Cesare Fregoso e di Andrea Doria appoggiatidai Francesi diede vita allultimo governo straniero sulla citt, quel-lo francese affidato al governatore Teodoro Trivulzio, sotto il qualefu avviata la riforma costituzionale poi compiuta da Andrea Doria.Nel 1528, infatti, Doria abbandon il fronte francese per passareallalleanza con Carlo V, che garant la libert e la sovranit diGenova: il 12 settembre del 1528 nasceva la Repubblica aristocrati-

    ca, che sarebbe stata governata nei successivi due secoli dal patrizia-to sovrano costituito prevalentemente dai membri di quelle famiglieche avevano a vario titolo partecipato alla vita pubblica genovese neisecoli precedenti.

    La nobilt dei populares

    Per comprendere meglio questo ceto dirigente occorre esamina-

    re a fondo la sua componente pi complessa e di pi difficile sche-matizzazione, quella dei populares. La fazione popolare genoveseera stata in realt un gruppo composito, diviso tra mercanti e artefi-ci, a loro volta divisi in bianchi e neri, comprendente persone e fami-glie assai differenti per cultura e tenore di vita, tutti accomunati ini-zialmente dal desiderio di partecipare al governo della cosa pubblicain contrapposizione ai nobili. In realt, ben presto si era formata unanetta distinzione tra le grandi famiglie a capo della fazione popolaree parte consistente degli aderenti alla stessa fazione. Nel corso del

    Quattrocento, oltre ai menzionati Adorno, Fregoso, Guarco e Mon-

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    taldo, che si contendono il dogato, le grandi famiglie popolari, quali

    i De Franchi, i De Fornari, i Promontorio, i Sauli e appunto i Giu-stiniani, avevano fatto proprie tutte le prerogative della nobilt: qua-lificati come mercanti, dove il termine identificava i banchieri e iprotagonisti dei grandi traffici internazionali, attivit consuete ancheper i nobili, essi avevano ormai ben poco in comune con gli arteficie i piccoli commercianti. Anche le loro residenze e le molte cappel-le di giuspatronato nelle principali chiese genovesi, fatta eccezioneper la gi evidenziata mancanza di proprie chiese gentilizie, almenodocumentate, non si differenziavano da quelle dei nobili, rendendo

    sempre pi sottile la distinzione tra i due ceti di potere. A questefamiglie, che spesso godevano fuori dal Dominio genovese di vere eproprie signorie feudali e che si imparentavano abitualmente con lefamiglie dellantica nobilt cittadina e sovente con stirpi signorililiguri e italiane, appartennero giureconsulti, medici, cavalieri, altiprelati e uomini di cultura. La disomogeneit del ceto dirigente geno-vese favor, in un continuo scambio tra la Citt, le Riviere e lOltre-giogo, linserimento al suo interno di famiglie che, provenienti dalDominio e dalle regioni limitrofe attirate dal polo economico rappre-

    sentato da Genova, ne acquisirono spesso la cittadinanza inserendo-si gradualmente anche nel suo tessuto sociale e politico. General-mente i nobili e i notabili provenienti dalle Riviere che nel corso delQuattrocento si inserirono in citt si collocarono tra le fila dei popo-lari. Elemento che contribuisce ulteriormente a rendere complessalidentificazione di questa fazione la collocazione al suo interno dimolti discendenti delle stirpi signorili rivierasche, i quali, da tempoprivi di effettive giurisdizioni territoriali ma costantemente ricono-sciuti dal governo genovese in quelle esenzioni e immunit fiscali

    concesse loro dal Comune in cambio della cessione degli antichidomini, si erano generalmente insediati nei borghi costieri entrandoa far parte dei notabilati locali, mentre in Genova aderivano general-mente alla fazione popolare. Tali i numerosi casi di discendenti deiconti di Lavagna, quali i Conti di Rapallo, i Ravaschieri e gli Scorza,dei signori di Passano e di quelli di Cogorno. Ci corrisponde inqualche modo al fatto che spesso essi esercitassero arti, ma pareanche una scelta di convenienza politica.

    Se si pu affermare con certezza che i discendenti da famiglie

    appartenenti in Genova allOrdine dei nobili anteriormente alla rifor-

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    ma del 1528 e che per le pi svariate ragioni non avessero avuto

    ascrizione al patriziato della Repubblica costituitasi in quellannoavrebbero diritto al riconoscimento del titolo di nobile di Genova,non altrettanto facile stabilire i diritti di eventuali discendenti da fa-miglie popolari. Su questi temi si soffermato Stefano Grillo di Ri-caldone con uno studio sulla nobilt civica genovese esaminata congli strumenti del diritto nobiliare 24, esposto in occasione di un re-cente convegno sui Giustiniani di Genova, che costituiscono uno deicasi emblematici di famiglia popolare in Genova e detentrice diindubbia nobilt. Si tratta di una grande famiglia albergo i cui mem-

    bri condividevano lamministrazione economica delle risorse e lasignoria politica dellisola di Chio, che nel 1413 ricevette la nobiltdel Sacro Romano Impero: Francesco Giustiniani olim Campi, infat-ti, inviato a Sigismondo, ricevette dal sovrano il titolo ereditario diconte palatino per s e per la propria discendenza e la nobilt del-lImpero, col privilegio di apporre sullo stemma laquila imperialeper tutto l albergo 25. Altri casi significativi di nobilitazione di gran-di esponenti di famiglie popolari genovesi sono ad esempio quelli delgiureconsulto Leonardo Montaldo, creato conte palatino da Carlo IV

    nel 1358, molti anni prima di diventare doge 26, o di Melchione DeFranchi Luxardo, che ricevette analogo privilegio da Federico III nel

    242 ANDREA LERCARI

    24 STEFANO GRILLO DI RICALDONE, I Giustiniani: cives e reges. Le distinzioni nobilia-ri del ceto dirigente genovese dallet comunale ai riconoscimenti della Regia ConsultaAraldica, inDai Giustiniani allUnione Europea: un percorso continuo, Atti del Convegno,Bassano Romano, 17 aprile 2004, a cura di Enrico Giustiniani, Roma 2005, pp. 29-41.25 ANDREA LERCARI,La vicenda storica dellalbergo Giustiniani: dalla fazione popolareal patriziato sovrano della Repubblica di Genova, inDai Giustiniani allUnione Europea:un percorso continuo, pp. 43-155.26 Il privilegio menzionato in alcuni atti nei quali i figli di Leonardo agivano in veste diconti palatini. Il 2 dicembre 1421 lo spectabilis et egregius vir dominus Batista de Mon-taldo quondam bone memorie domini Leonardi de Montaldo comitis palatini crea notaioBattista Gioffredo di San Remo fu Peroto (GENOVA,Archivio di Stato, Notai Antichi, 549,notaio Giovanni Labaino, doc. 148). Il 31 gennaio 1427, invece, lo spectabilis dominusRaffael de Montaldo quondam recolende memorie domini Leonardi de Montaldo comitispalatini legittima Caterinetta figlia di Pellegro di San Biagio cittadino genovese (GENOVA,Archivio di Stato, Notai Antichi, 553/I, notaio Giovanni Labaino, doc. 33). In entrambi gliatti il notaio trascura, come sovente accade, di trascrivere integralmente il privilegio conces-so in data 21 agosto 1358, ma in quello del 1427 viene riportata linscriptio nella quale ilsovrano si rivolge al nobili Leonardo de Montaldo, legisperito, civi Ianue, sacri imperia-lis palacii comiti nostro et Sacri Imperii fideli dilecto.

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    1482 27. Questi elementi sono significativi dello stato sociale e delle

    consuetudini di questa parte importante deipopulares, una parte checertamente troverebbe riconoscimento di una nobilt goduta ricevu-ta da poteri sovrani; in questa sede si vorrebbe comprendere se siariscontrabile in tali famiglie la nobilt civica, derivante dallesercizioereditario del potere in Genova. Nella documentazione notarile pro-dotta in Genova nel corso del Quattrocento, quando sembra potersidefinire una codificazione dei titoli attribuiti ai soggetti che trovanomenzione negli atti, i popolari vennero qualificati con gli appellatividi dominus, magnificus, spectabilis, generosus, a seconda della di-

    gnit professionale o sociale rivestita, ma mai con quello di nobilis,riservato appunto esclusivamente agli appartenenti allordine deinobili, sostituito per loro da quello di egregius. Quando troviamomenzionati i componenti di entrambe le parti, sono qualificati comenobiles et egregi viri. In qualche rarissimo caso, poi, troviamo la qua-lifica di patrizio genovese in atti notarili o lapidi sepolcrali. Per tuttila qualifica pi importante era certamente quella di cittadino genove-se, garante di diritti e di privilegi fiscali. Le famiglie dei grandi popo-lari compaiono sulla scena pubblica dalla prima met del Trecento e

    i loro membri si trovano costantemente, seppure qualificati tra ipopulares, investiti di pubbliche cariche sino al 1528, quando vengo-no a far parte del patriziato e in cinque casi sono posti a capo deinuovi alberghi. Occorre qui notare come atti prodotti da poteri sovra-ni stranieri qualifichino sovente come nobili gli esponenti dei grandicasati popolari e che i discendenti di queste famiglie ebbero semprericonosciuta lantica nobilt goduta anteriormente al 1528 anche daparte dei discendenti delle famiglie dellordine nobile genovese. Aquesto proposito un utile punto di osservazione del ceto dirigente

    genovese costituito dallesame delle ricezioni dei cavalieri genove-

    27 Il privilegio, concesso in Vienna il 20 gennaio 1482 al nobili Melchioni de Franchiscivi ianuensi, sacri lateranensis palatii comiti nec non nostro et Imperii Sacri fideli dilec-to, riportato integralmente in un atto particolarmente interessante datato 6 febbraio 1495,col quale lo stesso Melchione legittimava il figlio naturale di un membro del proprio alber-go. Si trattava di Benedettino, di circa otto anni, nato a Chio dal defunto Giovanni BattistaDe Franchi de Turri fu Benedetto e da una donna non sposata. Il bambino, che si trovavaancora nellisola greca, veniva legittimato su richiesta dellava paterna, Pietra figlia del fuGiovanni De Franchi de Luxoro e vedova del fu Benedetto de Turri. GENOVA,Archivio diStato, Notai Antichi, 829, notaio Andrea de Cairo, doc. 32.

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    si nellOrdine di San Giovanni di Gerusalemme: per gli Adorno si

    registra lammissione del popolare Gianotto, fratello del doge Ga-briele, nel 1367, mentre quella di Giorgio dei signori di Silvano e Ca-stelletto dOrba, figlio di Prospero gi doge di Genova e di Ilaria DelCarretto dei Marchesi di Finale, nel 1513. In epoca successiva al1528 i cavalieri discendenti dalle grandi famiglie popolari furonoammessi come detentori dantica nobilt. Diversamente le ricezionidi discendenti da famiglie ascritte ma appartenenti anteriormente allariforma agli artifices furono spesso rifiutate dallOrdine, trovandoanche lopposizione da parte della nobilt genovese: il caso meglio

    documentato in tal senso quello di Giovanni Francesco Airolo, lacui ricezione nel 1652 suscit asprissime polemiche, pur appartenen-do egli a una delle famiglie emergenti del patriziato, ascritta comun-que sin dal 1528. Nei memoriali prodotti per contrastare le opposi-zioni si dimostr come coloro che erano stati assunti alla nobilt almomento della riforma fossero gi nobili, esercitando comunementele cariche pubbliche. Giovanni Francesco fu quindi ammesso, san-cendo la ormai avvenuta parificazione allinterno del patriziato fravecchi e nuovi, che lasciava spazio a diversificazioni nel senso del

    censo e delle cariche governative di potere 28. Si potrebbe forse rite-nere che i mercatores siano detentori di una nobilt anteriore, men-tre non altrettanto varrebbe per gli artifices, anche se sembra diffici-le potersi codificare definitivamente tale conclusione.

    In questo esame appare estremamente interessante un decretogovernativo del 27 marzo 1478 col quale Prospero Adorno, un espo-nente di primo piano di una delle grandi famiglie popolari, gi dogee allepoca governatore di Genova per il Duca di Milano, e il Con-siglio degli Anziani conferivano la cittadinanza originaria e la nobil-

    t ereditaria genovese a due esponenti della famiglia savonese deiDella Rovere, famiglia a sua volta di origine popolare nobilitata dal-lassunzione al soglio pontificio di un proprio esponente, il cardina-le Francesco Della Rovere, creato papa col nome di Sisto IV nel

    28 ANDREA LERCARI, Ceto dirigente e Ordine di San Giovanni a Genova. Ruolo generaledei Cavalieri gerosolimitani liguri, in Cavalieri di San Giovanni in Liguria e nellItalia set-tentrionale. Quadri generali, uomini e documenti, Atti del Convegno, Genova, 30 settem-bre-2 ottobre 2004, a cura di Josepha Costa Restagno, in corso di stampa.

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    1471. Con questo atto il governo genovese conferiva la cittadinanza

    ai nobili Tiberio ed Enrico Della Rovere, figli del defunto Leonardo,ricordato nellatto come prefetto di Roma, e nipoti di Sisto IV, con laseguente formula:

    in cives nostros et nostre civitatis assumimus et facimus, constituimus et creamus

    nostramque civitatem donamus et in nobili genere ac cetu et dignitate nobilium

    admittimus, cum omnibus posteris suis per rectam lineam, maribus et feminis, ex

    legitimo matrimonio descendentibus, ita ut ipsi posterique sui ut dictum est per

    infinitas series in perpetuum tanquam cives nostri ac nobiles et nostre civitatis ac

    nobilis cetus consortes, et pro civibus nostris et ex nobili genere in perpetuum

    habeantur et tenentur ac reputentur, gaudereque uti ac frui debeant et possintomnibus aliis honoribus, dignitatibus, privillegiis, gratiis, commodis, utilitatibus,

    immunitatibus, exemptionibus, beneficiis, iuribus, favoribus, emolumentis ac pre-

    rogativis, apud nos et in quacumque mondi parte, quibus gaudent et utuntur ac

    fruuntur et seu gaudere, uti, frui solent ac possunt ceteri cives nostri originarii ex

    nobili genere orti 29.

    Si trattava di un atto di diplomazia e di cortesia verso il pontefi-ce e i suoi pi prossimi parenti, un atto rivolto alla scena politica in-ternazionale e non a quella interna e quindi non avrebbe avuto senso

    ascrivere i privilegiati allOrdine popolare, accreditandoli invece co-me nobili genovesi (dignit che evidentemente aveva un peso nelleCorti europee) e rafforzandone ulteriormente lo stato sociale acqui-sito.

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    29 GENOVA,Archivio di Stato, Archivio Segreto, 2833,Nobilitatis, doc. 1 (27 marzo 1478).Contestualmente il governatore Prospero Adorno e gli Anziani, con lapprovazione dellUf-ficio di Moneta, dichiaravano immuni i Della Rovere dagli obblighi fiscali ai quali come cit-tadini genovesi potessero essere stati soggetti. Il documento stato gi edito in: CESARE

    CATTANEO MALLONE DI NOVI,La nobilt genovese dal Boccanegra alla riforma di AndreaDoria, inLa Storia dei Genovesi, IV,Atti del Convegno di studi sui ceti dirigenti nelle isti-tuzioni della Repubblica di Genova (Genova, 28-30 aprile 1983), Genova 1984, pp. 138-139. Secondo quanto scrive Gian Vincenzo Verzellino, Tiberio Della Rovere era figlio natu-rale di Leonardo (nipote di Sisto IV in quanto figlio del fratello Bartolomeo), sposato a unafiglia di Ferrante dAragona re di Napoli, il quale gli aveva assegnato per dote il ducato diSora e di Arce, il marchesato dArpino e il titolo di Gran Conestabile del Regno. LeonardoDella Rovere era morto nel 1475. GIAN VINCENZO VERZELLINO,Delle memorie particolari,e specialmente degluomini illustri della citt di Savona, I, Savona 1891 (ristampa anasta-tica: Bologna 1974), pp. 349-350. Tiberio, legittimato da Sisto IV nel 1479 (I. CLOULAS,Giulio II, Roma-Salerno, 1993, p. 16), nel 1481 ottenne dagli Anziani di Savona franchi-gia ed immunit dalle avarie e dagli uffici pubblici per s e i suoi discendenti (G. V.

    VERZELLINO,Delle memorie particolari, I, p. 364).

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    Le marcate differenze esistenti in seno ai popolari si rivelarono

    pienamente proprio durante la citata rivolta popolare del 1506, recen-temente studiata, dopo approfondite ricerche darchivio, da CarloTaviani 30. La rivolta costituisce un episodio storico fondamentale percomprendere levoluzione del ceto dirigente genovese e le contraddi-zioni che si erano verificate al suo interno. La tradizione vuole chefosse stata suscitata dal favore accordato dal governo del sovranofrancese ai nobili e particolarmente a Gian Luigi Fieschi, grande si-gnore feudale il cui stile e comportamenti dovevano risultare pi vi-cini allidea di nobilt vigente alla Corte francese, che aveva conti-

    nuato a considerare Genova ville de France, come ha recentemen-te spiegato Fabien Levy 31. Poich non si registrano mutamenti nellemodalit con cui erano occupate le cariche pubbliche e le ripartizio-ni tra nobili, mercanti e artefici risultano invariate negli anni dellasignoria francese, pare probabile che il favore avesse riguardato ilcerimoniale e fosse questione in bilico tra pubblico e privato. Daltraparte gi nel 1502, in occasione della visita di Luigi XII in citt, sierano verificate aspre rivalit fra nobili e popolari, poich i primi pre-tendevano la precedenza sui secondi nel cerimoniale daccoglienza

    del sovrano, come vivacemente ricordato da Agostino Giustiniani, eanche se il governatore francese, Filippo de Clves, aveva saggia-mente spento ogni polemica mantenendo le precedenze per anziani-t dei soggetti, secondo luso sino allora praticato, negli otto giornidi permanenza in citt il Re aveva soggiornato nel palazzo di GianLuigi Fieschi 32. La fase iniziale della rivolta, diretta contro la nobil-

    30 CARLO TAVIANI, Superba discordia. Guerra, rivolta e pacificazione nella Genova di

    primo Cinquecento, Roma 2008.31 FABIEN LEVY, Gnes ville de France? Aspects juridiques de la domination franaise aGnes, Atti della Societ Ligure di Storia Patria, N.S., XLVII/I, 2007, pp. 329-356.32 Giustiniani cos narra questo episodio: accadette in la recettione del Re controversia tranobili et populari, perch i nobili dicevano che il luogo pi degno tocava a loro. Et per con-tra i populari dicevano che il luogo pi degno era dovuto ai pi antichi di et et che questosi servava nei magistrati della citt et si era sempre servato anticamente in ogni civile attio-ne, ma i nobili non accettavano questa risposta et dicevano che la precedentia pertineva aloro, perch erano di migliore et pi degno sangue et li fu risposto da alquanti vecchi popu-lari, quali dissero motteggiando, se la precedentia si debbe dare a cui ha miglior sangue, iporci, il sangue de quali pi saporito, deveno precedere in dignit tutti li altri animali. IlGovernatore, come prudente, misse fine alla contentione et giudic che i pi antichi doves-sero precedere. Dominava ne gli animi de nobili et populari un certo intrinseco odio et una

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    t ma non contro la sovranit francese, aveva visto la partecipazione

    attiva delle grandi famiglie popolari dei Giustiniani e dei Sauli, rara-mente partecipi delle frequenti guerre di fazione che avevano carat-terizzato la vita cittadina, ma quando la parte popolana dei piccoliartigiani e della plebe aveva preso il sopravvento con lelezione adoge di Paolo da Novi, queste famiglie ne avevano subito preso le di-stanze, avendo in realt poco in comune con i rivoltosi. Questa diffe-renza veniva evidenziata ancora nel 1575 dal patrizio Marco Gentilequando, in occasione della guerra civile che vedeva contrapposti inobili vecchi ai nuovi, nel proprio Diario sottolineava come le

    cinque grandi famiglie dei Giustiniani, Sauli, De Franchi, De Fornarie Promontorio, nobili nuovi, avessero ancora una volta, come ginel 1506 appunto, commesso lerrore di schierarsi con personaggi lecui istanze e origini erano profondamente differenti dalle loro 33.

    Anche nellambito della fazione dei nobili, che appare pi defi-nita e omogenea, si verificarono inserimenti esterni e aggregazioni.Sono documentati svariati casi di famiglie piemontesi e lombardeche stabilitesi a Genova si collocarono in seno allantica nobilt, ge-neralmente favorite da legami parentali: tali sono ad esempio i de Ri-

    tiliario aggregati allalbergo Di Negro di San Lorenzo 34, i de Re-gibus dAsti signori di Pedrasco in Monferrato 35, gliAimari di Villa-franca 36, i milanesi deGradi e Panigarola, i pavesi de Cattaneis o icatalani de Pedralbes, tutte famiglie i cui rappresentanti avrebberopoi trovato posto nel patriziato sancito dalla riforma del 1528 venen-do ascritti alLiber Civilitatis e aggregati ai nuovi alberghi 37.

    certa intrinseca passione, la quale produceva tali contentioni et tali effetti di cattiva natura.

    AGOSTINO GIUSTINIANI, Castigatissimi annali con la loro copiosa tavola della eccelsa e illu-strissima Republica di Genoa, Genova 1537, cc. CCLVII v.-CCLVIII r.33 GENOVA,Biblioteca Giuridica Paolo Emilio Bensa, MARCO GENTILE,Diario, mano-scritto cartaceo del XVI secolo, segnatura 92.4.10, pp. 242, 325-343, 369, 393.34 ANDREA LERCARI,Di Negro, Bartolomeo, inDBL, VI, Genova 2007, pp. 89-101.35 IDEM, Il Catalogo del Monferrato di Evandro Baronino e i feudi monferrini dellanobilt genovese, inI Paleologi di Monferrato: una grande dinastia europea nel Piemontetardo medioevale, Atti del Convegno, Trisobbio, 20 settembre 2006, a cura di Enrico Bassoe di Roberto Maestri, Acqui Terme 2008, pp. 108-116.36 IDEM, Aimari, in Repertorio di Fonti sul Patriziato Genovese, presso SoprintendenzaArchivistica per la Liguria, http//www.archivi.beniculturali.it/SAGE/Attivit.html.37 C. CATTANEO MALLONE DI NOVI,I politici,passim.

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    Il patriziato sovrano

    La riforma costituzionale compiuta nel 1528 sotto legida diAndrea Doria con lappoggio della Spagna di Carlo V, nel dare vitaalla Repubblica aristocratica poneva fine allinstabilit nata dallefaide tra le fazioni interne che avevano segnato la vita politica geno-vese dei secoli precedenti, riordinando e unificando il ceto dirigenteche sino a quel momento si era conteso il controllo politico di Geno-va. Per dare finalmente ordine al composito ceto dirigente genovese,gli aventi diritto a partecipare al governo erano stati distribuiti in ven-

    totto alberghi, trasformando quella che era stata unaggregazione fa-miliare di carattere privato in uno strumento costituzionale. La Re-pubblica sarebbe stata dora in poi governata da un unico Ordine dinobili, nato dalla fusione delle vecchie fazioni nobile e popolare, inomi dei quali, distribuiti nei suddetti alberghi, dei quali ogni aggre-gato avrebbe dovuto assumere il cognome, abbandonando le origina-rie distinzioni di nobili e popolari, guelfi e ghibellini, neri e bianchi,sarebbero stati posti nelLiber Civilitatis. Solo gli ascritti, ai quali erafatto divieto di esercitare arti meccaniche, sarebbero stati dora in poi

    gli unici legittimati a governare e ad aspirare alle cariche di governo,prima fra tutte quella biennale di Doge, affiancato da otto Senatori oGovernatori e dai Procuratori, e il Consiglio Maggiore composto diquattrocento cittadini dal quale era estratto il Minore, quello politi-camente pi autorevole di duecento. Ai patrizi ascritti erano riserva-te le magistrature e molti uffici di giusdicenti del Dominio. Le fami-glie poste a capo dei ventotto alberghi dovevano avere almeno seicase aperte in citt, ovvero sei rami della famiglia, anche se furonofatte delle eccezioni estromettendo gli Adorno e i Fregoso, conside-

    rati ancora troppo pericolosi per il mantenimento della pace, e inclu-dendo i Fieschi e i Cybo, che nonostante il numero contenuto deiloro rappresentanti costituivano due famiglie troppo potenti, non sololocalmente, per essere emarginate dal nuovo ordinamento. Le fami-glie capo albergo furono cos ventotto, ventitre dellantica nobilt:Salvago, Cattaneo, De Marini, Cicala, Fieschi, Lercari, Di Negro,Usodimare, Doria, Interiano, Imperiale, Grillo, Vivaldi, Negrone, Vi-valdi, Grimaldi, Spinola, Gentile, Pinelli, Pallavicino, Calvi, Centu-rione, Lomellini e Cybo, e le principali cinque famiglie albergo del-

    lOrdine popolare: Giustiniani, De Franchi, Promontorio, De Fornari

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    e Sauli. Non sono chiari i criteri daggregazione, in molti casi per

    ebbe spazio la parentela con le famiglie capo albergo o la contiguitdelle residenze, ma in molti altri sembrano del tutto casuali. Il nuovoordine fu splendidamente rappresentato dal patrizio AgostinoFranzoni del fu Tomaso, colto e facoltoso esponente della nobiltnuova, il quale nel 1636 diede alle stampe unopera di elevatissimolivello artistico recante gli stemmi delle famiglie componenti i ven-totto alberghi e di quelle ascritte nel periodo successivo alla riformadel 1576, che come vedremo abol gli alberghi, sino alla data dellapubblicazione 38. Unopera che unisce lalta qualit artistica a unac-

    curata indagine storica anche se le tavole non sono supportate da testiscritti. Si nota che nelle tavole relative ai ventotto alberghi gli stem-mi che vi sono distribuiti con gusto artistico sono in realt posizio-nati con una gerarchia ben precisa: lo stemma (o in qualche caso ledue o tre versioni dello stemma) della famiglia capo albergo, af-fiancato dagli stemmi delle famiglie componenti lantico albergoanteriormente al 1528, e nella fascia pi esterna quelli delle famiglieaggregate invece dopo la riforma costituzionale. Una fonte preziosa,quindi, anche per lassenza di trattatistica araldica genovese e di do-

    cumentazione attestante concessioni di stemmi o altri provvedimen-ti relativi da parte del Comune, prima, e della Repubblica, poi, chefornirebbe un importante supporto allo studio del patriziato in Geno-va e in Liguria 39. La legislazione e le conseguenti procedure applica-te nelle ascrizioni al patriziato genovese, con tutte le modifiche suc-cedutesi tra XVI e XVIII secolo, sono state oggetto di un esameaccurato e organico da parte di Maria Nicora, in uno studio risalenteal 1961 che rimane opera fondamentale di riferimento 40. In questasede ci limiteremo ad evidenziare gli elementi pi significativi per la

    comprensione del patriziato che resse la Repubblica aristocratica. Lariforma del 1528 prevedeva che al compimento del diciottesimo annodet i figli degli ascritti sarebbero stati presentati al Doge e ai Go-

    38 AGOSTINO FRANZONI,Nobilt di Genova, Genova 1636.39 ANDREA LERCARI, La universit delle insegne ligustiche di Giovanni Andrea Musso elaraldica nellantica Repubblica di Genova, La Berio, XLV, n. 2, luglio-dicembre 2005,pp. 65-96.40 MARIA NICORA,La nobilt genovese dal 1528 al 1700, Miscellanea Storica Ligure, II,1961, pp. 217-310.

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    vernatori e avrebbero avuto di diritto lascrizione, inoltre, con criteri

    meritocratici, era previsto che ogni anno potessero essere ascrittidieci nuovi soggetti degni di tale onore, sette della citt di Genova etre delle Riviere, disposti a risiedere in Genova, i quali sarebberostati aggregati agli alberghi. Per gli aspiranti alle ascrizioni annualiera esplicitamente richiesta la legittimit dei natali e la proibizionedesercitare arti meccaniche, condizione questultima evidentementesottintesa come osservato da Cattaneo Mallone per coloro cheerano stati chiamati a comporre il patriziato sin dalla costituzione 41.

    Piace qui riportare alcuni brani della descrizione di Genova fatta

    pochi anni dopo la riforma costituzionale da Monsignor AgostinoGiustiniani, vescovo di Nebbio in Corsica e appartenente a una dellegrandi famiglie popolari genovesi, personalit eminente che avevavissuto da una posizione privilegiata gli anni di transizione dal vec-chio al nuovo ordinamento politico e che ben conosceva il ceto diri-gente di Genova. Pur in unottica celebrativa della bellezza e poten-za della Dominante, nella Descrittione della Lyguria inserita neisuoi Castigatissimi annali... editi nel 1537, infatti, Giustiniani ci for-nisce unimportante testimonianza dellambiente sociale, economico

    e culturale genovese del suo tempo. Illustrando minuziosamente lacitt, divisa in trenta parrocchie, descrivendone i palazzi, i monaste-ri, le confraternite e gli ospedali, e i suoi suburbi con le molte ville,Giustiniani ricordava fra laltro come le case genovesi

    sono edificate molto richamente et sono dotate di grandissime comodit per il vive-re humano, di bagno, di forno, di cantine sotterranee, di horti pensili nominate ter-racie, di sale, di risale, di camere, di ricamere, di mezzani et rimezzani, gnieceo etandroniti, et la larghezza in fori non che desiderare in quelle, advegna che in que-sti giorni ciascaduno si diletti di edificare largo et con cortile, se possibile, et noncredo che si trovi citt alcuna nella quale siano universalmente le case edificate intanta bellezza et ripiene di supelettile et masseritie s riche et preciose, tal chLudovico re di Francia duodecimo esprobr a cittadini che le case loro erano piriche che la sua.

    41 C. CATTANEO MALLONE DI NOVI,I politici, pp. 90-91.

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    A lato. Stemmi delle famiglie componenti lalbergo Doria del 1528 (GENOVA,Bi-blioteca Civica Berio, Sezione di Conservazione: AGOSTINO FRANZONI,Nobilt

    di Genova, Genova, Pietro Giovanni Calenzani e Gio. Maria Farroni, 1636, m. r.RARI.C.33).

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    Proseguiva poi scrivendo:

    Laria (della citt) bonissima, dal ch procede che la generatione multiplica, etchi vorr bene considerare i Cittadini Genovesi, quali sono continuamente in tuttele parti del mondo, trover che fanno grandissimo numero.

    Passava quindi a descrivere lambiente sociale genovese dicendo:

    Il vestir de gli huomini et delle donne honorato et rico, il quotidiano anchor man-giare opulente senza superfluit et parco senza avaritia, tutte le famiglie della citthanno una stanza publica nominata loggia, dove si riducono di giorno et di notte

    per varii usi, il populo diviso in nobilit et plebe et anchor ch siano tutti merca-danti o artefici, nondimeno vi ne sono assai quali possedono signorie, ville, terreet castelle, capitani di guerra, cos in terra come in mare, et del tratto della mercan-tia non bisogna parlare, perch la palma di questa cosa sempre stata data aGenovesi et somigliantemente della navigatione la citt sempre stata regina.

    Riprendendo poi quanto scritto da Gio. Maria Cattaneo in unopuscolo intitolato Genua, scriveva:

    Il populo libero, governato da ottimati patritii che sono dicissette, un Duce, quale

    al presente nominato Christofforo Grimaldo Roso, di professione medico et phi-losopho, dico al presente perch il principato suo solamente di doi anni ...Insieme col Duce sono otto Governatori et otto Procuratori, appresso de i quali tutto il regimento et dominio della citt 42.

    La nuova oligarchia, proprio perch costituita sostanzialmentedai rappresentanti ed eredi delle vecchie componenti del ceto diri-gente genovese, conservava in realt marcate differenze al suo inter-no, trovandosi di fatto divisa nei due schieramenti dei nobili vecchi

    e dei nobili nuovi, questi ultimi corrispondenti agli antichi popola-ri e che continuavano a loro volta a presentare marcate differenze traloro. Molti antichi artefici, inoltre, continuarono a esercitare le pro-prie arti contrariamente alle proibizioni imposte in tal senso dallanuova costituzione e sovente gli atti notarili degli anni compresi trail 1528 e il 1576 ci mostrano patrizi qualificati come artefici. La tra-dizionale mobilit dei componenti del ceto dirigente genovese e laloro eterogeneit comportarono notevoli difficolt ed errori nel-

    42 A. GIUSTINIANI, Castigatissimi annali, cc. XI r.-XV r.

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    lascrivere tutti gli aventi diritto al Liber Civilitatis, tanto che il 25

    luglio 1530 fu emanato dal Senato un decreto intitolato Deliberatioadscribendi omnes oblitos ex albergis antiqui, teso a sanare le di-menticanze avvenute nel 1528 e inserire nel ceto di governo gli aven-ti diritto, anche se gi defunti in modo da garantire ai loro discenden-ti la possibilit di essere ascritti 43. Negli anni immediatamente suc-cessivi risultano numerose le ascrizioni effettuate in base alla leggesuper oblitos. Si verificarono anche errori nella trascrizione dei nomidegli ascritti nelLibercompilato nel 1528, tanto che il 7 settembre1531 il governo genovese decret che fossero trascritti nel Liber

    Civilitatis, distribuiti nei rispettivi alberghi, i nomi di quarantasettesoggetti, tutti appartenenti a famiglie aggregate e generalmente col-locate anteriormente alla riforma tra gli artifices, dei quali ben tren-tasette gi defunti, avendone verificato la mancata trascrizione almomento dellaggregazione alla nobilt in nova reformatione dumper duodecim reformatores fuit constituita et facta universalis elec-tio totius Nobilitatis Reipublice. Il provvedimento era emanato atutela e garanzia dei diritti dei loro discendenti, precisando che ilDoge e i Governatori

    declaverunt et declarant singulos quosque ex infrascriptis in et pro civibus nobili-

    bus debuisse et debere haberi quorum quidem omnium nati eodem privilegio civi-

    litatis seu nobilitatis pro ceterorum cura filii perfruuntur servatis legibus uti pos-

    sint in numeroque nobilium civium connumerari 44.

    Gli errori talvolta si perpetuarono per nella copia autenticaredatta dopo la nuova riforma del 1576, causando notevoli difficoltai discendenti che desideravano ottenere lascrizione, come accadu-

    to ad esempio agli Staglieno, una famiglia della nobilt nuova chenel 1528 era stata ascritta alLiber Civilitatis e aggregata allalbergodei Pinelli nella persona di Francesco Staglieno fu David. Nel trascri-verne materialmente il nome nelLiber, lo scriba aveva erroneamen-te scritto de Castiliano, mentre nelLiber Nobilitatis del 1576 si erascritto de Castiliono. Il nipote ex filio del primo ascritto, CamilloStaglieno, figlio dei defunti David fu Francesco e Tomasina Pelle-

    43 C. CATTANEO MALLONE DI NOVI,I politici, pp. 50 e 157 nota 138.44 IDEM,La nobilt genovese dal Boccanegra alla riforma di Andrea Doria, pp. 140-141.

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    rano fu messerBartolomeo, dovendo conseguire la propria ascrizio-

    ne come figlio di nobile secondo la dispositione delle Leggi siappell al Senato, perch

    lerrore del scrittor non pu preiudicare alla verit, anci si deve corregere sicomesi fatto in altri errori seguiti nel medesimo Libro, come si pu per esso vedere, eche questo sia errore evidentissimo, lo prova per uno memoriale quale presentaa Vostre Signorie Serenissime dove si pu vedere lerrore chiaramente, perch oltrele lettere e scritture autentiche che nominano il quondam David della famigliaPinella e li testimoni che fanno fede della qualit del quondam Francesco e casasua et oltra le prove che non vi fu mai tal nome in casa Castiliona, si vede che nel

    primo Libro sottoscritto da canzeleri chiamato de Castiliano e che quello istesso il nome transcritto nellultimo autenticho che dice de Castiliono, e che nelmanuale ritrovato nellarchivio il detto nome scritto de Staliano e ciascuno di essi nello stesso loco et albergo et appresso delli istessi nomi, se bene ve ne manca-no alcuni quali restano scritti nelli approvati e levati dalli approbandi come nelprimo libro sottoscritto da canzeleri si pu vedere e s come pi distintamente restaspecificato nel memoriale sopra ci fatto.

    Ascoltata la supplica, il Senato affid lesame della questione aquattro illustri giureconsulti genovesi, Ansaldo Giustiniani, Giovanni

    Battista Lomellini, Francesco Tagliacarne e Davide Vacc, tutti ap-partenenti al patriziato della Repubblica. Furono prodotte le testimo-nianze dei patrizi Benedetto Canevari fu Cristoforo, Antonio Casti-glione fu Giacomo, Paolo Spinola fu Stefano e Giuseppe Castiglionedi Antonio e del notaio Lorenzo Martignone, parente del defuntoFrancesco Staglieno, fatte raccogliere da Camillo sin dal 22 febbra-io 1577. Tutti avevano confermato come nel 1528 tra gli ascrittiallalbergo Pinelli fosse stato posto anche Francesco Staglieno, ilquale era cittadino di honesta condicione, mercadante e tale desser

    ammesso a magistrati et carrichi publici, e che sia lui sia il figlioDavid si fossero abitualmente cognominati in citt Pinelli Staglieno.In particolare, i Castiglione certificarono non esservi mai stato nes-sun Francesco fu David nella loro famiglie e non esservi nessuna fa-miglia nobile in Genova di cognome Castigliana. Il 10 e il 18 ottobrefu quindi decretata la correzione delLiber Nobilitatis e lascrizione diCamillo come discendente dellavo paterno Francesco 45. Un altro

    45 GENOVA,Archivio di Stato, Sala Senarega, 1453,Atti del Senato, doc. 227 (18 ottobre

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    Stemmi delle famiglie componenti lalbergo Fieschi del 1528 (GENOVA,Biblioteca

    Civica Berio, Sezione di Conservazione: AGOSTINO FRANZONI,Nobilt di Geno-va, Genova, Pietro Giovanni Calenzani e Gio. Maria Farroni, 1636, m. r. RARI.C.33).

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    esempio dei possibili errori avvenuti nelle trascrizioni nel Libro della

    Nobilt riguarda una famiglia della nobilt vecchia, i Galleano, fami-glia originaria di Nizza e legata da parentela al principe AndreaDoria, il quale aveva avuto nel capitano Erasmo Doria Galleano unodei pi fidati collaboratori nelle imprese guerresche 46. Nel 1528erano stati ascritti al Liber Civilitatis e aggregati allalbergo Doria.Dopo il 1576 i loro nomi erano stati iscritti unitamente a quelli deiGalliani, nobile famiglia originaria di Ventimiglia che era stata inve-ce aggregata allalbergo Fieschi, cos quando nel 1588 il giurecon-sulto Ottaviano Doria Galleano fu Erasmo chiese lascrizione al

    patriziato produsse le testimonianze e la documentazione dimostran-ti come, a seguito della riforma costituzionale del 1576 e dellaboli-zione degli alberghi, i nomi del padre Erasmo, dello zio Opizzo edellavo Giovanni fossero stati erroneamente ascritti nella famigliaGaliana, differente dalla loro, non solo per nome ma per arme,significato e per origine. Produceva quindi il testamento del propriofratello Marcello Doria, che nel 1581 aveva ordinato ai maschi dellafamiglia di sposarsi in Genova e di cognominare il loro primogenitoGaleano. Le varie testimonianze presentate asserirono come i Gal-

    leano fossero di origine nizzarda e avessero per insegna uno stemmaa barre bianche e rosse con leone rosso in campo doro, differentedagli omonimi di Genova. Una fede rilasciata dal Senato il 23 marzo1590 attestava che in Libro Civilitatis Nobilium huius SerenissimeReipublice condito anno de 1528 scripti fuerunt anno de 1543 ma-gnifici Hospitius et Erasmus fratres Galiani in familia magnificorumde Auria. Ottaviano ottenne lascrizione, ma i nomi dei suoi prede-cessori furono trasferiti dalla famiglia Galiana alla Galleana solo nel1616, in occasione dellascrizione del nipote ex fratre Marcello del

    fu Marcello 47.Nei decenni immediatamente successivi alla riforma la forza del-

    la nuova pacificazione e il carisma di Andrea Doria appoggiato daCarlo V riuscirono a sopire le divergenze con una perfetta alternanzanelle cariche, soprattutto quella dogale, tra nobili vecchi e nuovi.

    1581); 1455,Atti del Senato, doc. 137 (21 agosto-10 ottobre 1581).46 ANDREA LERCARI,Doria Galleano, Erasmo, inDBL, VII, Genova 2008, pp. 637-644.47 IDEM,Doria Galleano, Ottaviano, inDBL, VII, Genova 2008, pp. 661-668.

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    Dal momento che la legge del 1528 prevedeva la creazione annuale

    di nuovi nobili scelti tra i soggetti della citt e delle Riviere distinti-si tra il popolo per merito o per ricchezza, si venne ben presto a deli-neare la componente del patriziato degli aggregati, come li defini-va con disprezzo il gi menzionato Marco Gentile, esponente dellapi antica nobilt genovese, nel suoDiario degli anni 1573-1575 48.Alle divisioni politiche corrispose anche una divisione culturale, chefondava le sue motivazioni nellevoluzione del concetto di nobilt: inuno scritto satirico sulle contrapposizioni tra nobili vecchi e nuovi,veniva evidenziato con toni accesi e irriverenti come la sola ammis-

    sione allesercizio delle cariche pubbliche non potesse equiparare idiscendenti da famiglie dantica nobilt a quelli che avevano eserci-tato, o ancora esercitavano, arti meccaniche. Contemporaneamenteveniva per anche evidenziato come molti nobili vecchi si mante-nessero esercitando le stesse arti considerate improprie al patriziato 49.Non ci soffermeremo in questa sede nellesame dellarticolato dibat-tito culturale, iniziato proprio nella seconda met del Cinquecento ematurato nei due secoli seguenti, volto dapprima a definire lidentitdel patrizio genovese con finalit politiche ed economiche prevalen-

    ti su quelle sociali, come emerge dagli scritti di patrizi dantica nobil-t quali Ansaldo Ceb o Andrea Spinola 50, sino alla produzione set-tecentesca finalizzata alle celebrazioni familiari pi elaborate e tal-volta fantasiose 51.

    La nobilt nuova manteneva quella difformit che aveva con-traddistinto lantica fazione popolare allinterno della quale coesiste-

    48 M. GENTILE,Diario.49

    GENOVA,Biblioteca Civica Berio, Sezione di Conservazione,I Vecchi contra i Nuovi.I Nuovi contra i Vecchi, manoscritto cartaceo del XVI secolo, segnatura m.r.II.1.21. RODOL-FO SAVELLI,La pubblicistica politica genovese durante le guerre civili del 1575, Atti dellaSociet Ligure di Storia patria, n. s., XX, 1980, pp. 82-10550 CARLO BITOSSI,Andrea Spinola. Lelaborazione di un manuale per la classe dirigen-te, in Dibattito politico e problemi di Governo a Genova nella prima met del Seicento,Miscellanea Storica Ligure, VII/2, 1975; IDEM, Andrea Spinola. Scritti scelti, Genova1981; G. DORIA-R. SAVELLI, Cittadini di governo a Genova; C. BITOSSI,Il governo deimagnifici, pp. 198-203.51 BARBARA BERNAB,Lerudizione araldica e genealogica, inErudizione e storiografiasettecentesche in Liguria, Atti del Convegno (Genova, 14-15 novembre 2003), a cura diCarlo Bitossi, Accademia Ligure di Scienze e Lettere-Collana di Studi e Ricerche, XXX,2004, pp. 484-519.

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    vano famiglie e gruppi di diverso tenore di vita e di interessi non

    sempre coincidenti: le famiglie pi o meno nuove dal Due al Cinque-cento si erano riunite sotto il Portico di San Pietro, mentre quelle piantiche si radunavano sotto il Portico di San Luca. Agli ascritti eranoriservate le magistrature dello Stato e la maggior parte dei posti digiusdicente nelle localit de Dominio, tutti i governatorati e i capita-nati e gran parte delle podesterie, tuttavia non mancavano nellappa-rato pubblico le cariche ricopribili dai non ascritti, come le podeste-rie minori e i vicariati, spesso appannaggio di notai e giureconsulti.Il patriziato genovese fu spesso poco incline allesercizio delle cari-

    che pubbliche minori che, poco redditizie, sottraevano per periodilunghi dalle proprie attivit finanziarie, un obbligo dal quale con dif-ficolt ci si poteva esimere e solo dietro il pagamento di altissimeimposizioni.

    Nel gennaio 1547 una congiura ordita dai Fieschi contro il prin-cipe Andrea Doria per riportare Genova nellorbita francese scosselordine imposto dalla riforma del 1528, evidenziando come i malu-mori e le fratture allinterno del ceto dirigente genovese non si fos-sero mai del tutto sopiti. I congiurati, appartenenti a quella che era

    stata una delle pi nobili famiglie non solo liguri ma italiane, deten-tori ancora di grandi possedimenti feudali nellarco appenninico,avevano trovato appoggio e aderenti proprio tra le fila della nobiltnuova e del popolo, cos, fallita la congiura per la morte del conteGian Luigi Fieschi e per il mancato seguito ai suoi fratelli, Doriaimpose nel 1547 la legge del Garibetto. Dal crescere del malcon-tento e dei dissapori in seno al ceto di governo nei ventanni seguen-ti sarebbe scaturita quella vera e propria guerra civile, lultima dellatumultuosa storia cittadina, che mise a rischio la Repubblica. Nello

    stesso tempo, a questa spaccatura di carattere politico si sovrappone-vano altre di carattere sociale e patrimoniale, in particolare la dispu-ta sulla fruizione delle rendite spettanti ai discendenti degli antichialberghi. Le antiche famiglie fecero redigere alberi genealogici da

    258 ANDREA LERCARI

    A lato.Stemmi delle famiglie componenti lalbergo Spinola del 1528 (GENOVA,BibliotecaCivica Berio, Sezione di Conservazione: AGOSTINO FRANZONI,Nobilt di Geno-va, Genova, Pietro Giovanni Calenzani e Gio. Maria Farroni, 1636, m. r. RARI.C.33).

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    notai con lo scopo di dimostrare legalmente quali fossero i discen-

    denti aventi diritto a fruire dei patrimoni degli istitutori delle rendite,e ci contribu ad esasperare ulteriormente i contrasti in seno al patri-ziato. In particolare suscit grande clamore e malcontento la verten-za in seno allalbergo dei Lomellini per alcuni problemi di spartizio-ne degli utili derivanti dalle somme depositate al Banco di SanGiorgio. Questi problemi colpivano prevalentemente coloro che nonprovenivano dalla stirpe dei Lomellini, bench fossero aggregati alloro albergo, poich la famiglia pretendeva la loro esclusione daqualsiasi beneficio. Le tensioni in citt crebbero per tutto il corso del

    1574 ma la situazione precipit definitivamente dopo che, il 15 mar-zo 1575, i nuovi dichiararono abolita la legge del Garibetto e deli-berarono lascrizione di trecento nuovi soggetti, che fu poi attuatasolo parzialmente: i vecchi abbandonarono la citt, alcuni si rifu-giarono nei propri feudi dOltregiogo, altri trovarono ospitalit nelleRiviere, soprattutto a Finale, controllata dalla Corona spagnola, e aOneglia, feudo di Gerolamo Doria, nel Ponente, e a Massa, ospiti delprincipe Alberico Cibo Malaspina, dantica stirpe genovese, nel Le-vante. Ognuno dei due portici cerc allora di procurarsi il favore del

    popolo che si mostr pi incline a sostenere i nobili nuovi piuttostoche quelli di San Luca. La mediazione dei rappresentanti di Spagna,Impero e Papato, dopo varie difficolt, scatur nella Pace di Casalecon la pubblicazione delle Leges Novae. Con queste la Repubblicaaristocratica raggiungeva il suo definitivo equilibrio istituzionaleche, con alcune lievi innovazioni legislative, sarebbe durato sino allacaduta del 1797 con lavanzata rivoluzionaria. Le nuove leggi stabi-lirono labolizione dei Portici e degli alberghi, ordinando che ognifamiglia abbandonasse il cognome degli alberghi imposto nel 1528.

    Anche in questo caso si verificarono per eccezioni come il caso deiMoneglia Giustiniani 52, i quali mantennero il cognome e lapparte-nenza al nuovo albergo e Giovanni Battista Castagnola figlio di To-maso e di Angela De Marini fu Luchino, che, ascritto al patriziato ge-novese il 18 marzo 1577, il 5 marzo dellanno seguente fu aggrega-to privatamente alla famiglia De Marini 53. LeLeges Novae definiro-

    260 ANDREA LERCARI

    52 JRME MUNIGLIA,I Moneglia, ricerche darchivio di Andrea Lercari, Genova 2005, pp.

    89-103.53 ANDREA LERCARI,De Marini, Giovanni Battista, inDBL, V, Genova 1999, pp. 363-366.

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    no le differenti modalit daccesso al patriziato: si confermarono

    lascrizione spettante ai figli nati da cittadini ascritti e quelle annua-li dei dieci soggetti, sempre distinti in sette cittadini e tre rivieraschie del Dominio. Era inoltre prevista la possibilit di essere ascritto peri segretari della Repubblica che avessero esercitato lodevolmentelincarico per dieci anni. Infine, avrebbero potuto effettuarsi ascrizio-ni straordinarie, per motivi politici e diplomatici. Le nuove normefurono ancora pi esplicite sul divieto agli ascritti di esercitare artimeccaniche, ordinando che quanti fossero impiegati in tali eserciziabbandonassero lattivit entro il 1578. Ma questo termine dovette

    essere prorogato pi volte sino a quando, l11 dicembre 1602, il Se-nato e il Minor Consiglio emanarono un decreto, pubblicato in Geno-va il 20 gennaio 1603, finalizzato a sanare la situazione senza com-promettere le risorse di una parte della nobilt, nel cui testo si trovasintetizzata gran parte dellidentit della nobilt genovese. Decre-tarono, infatti, che

    A ciascuno di quelli cittadini nobili li quali adesso esercitano o in altri tempi hannoesercitato alcune arti, o vero essercitii interdetti e prohibiti e non concessi a nobi-

    li, si consenta che possa senza detrimento della sua nobilt continuare o di nuovoessercitare quellarte, o vero essercitio, stato gi da lui essercitato, purch quelli diloro che vorranno valersi di questa concessione se saranno nella citt infra il ter-mine di mesi sei hoggi cominciati, e se saranno absenti infra il termine di mesi seida cominciare il giorno che saranno ritornati alla patria, faccino nel Libro delliConservatori delle Leggi scrivere che vogliono continuare, o di nuovo essercitare,le loro arti, o sian essercitii, et altrimenti facendo questa concessione non li giovi,con la conditione che mentre esserciteranno esse arti non possino esser ammessiad alcun Magistrato, n alli Consigli Maggiore e Minore della Republica, condichiaratione che doppo che con effetto haveranno lasciato fare le sodette arti, osiano assercitii, possano esser eletti alli Magistrati e Consigli quando per saranno

    passati quelli tempi che dalle nostre Leggi sono stati statuiti a coloro che possonoesser eletti alle cure publiche poi dessersi astenuti dallarti interdete alli nobili. Sidichiara lessercitio del sensale essere dellarte et essercitii interdetti alla nobilt eta essa repugnante. Si permetta che quelli cittadini nobili li quali comprano cabel-le, o vero sono nel numero delli governatori di esse, possano, senza derrogare allanobilt loro, scrivere nelli libri e rivedere li gi scritti e li conti et altre scritture diesse cabelle da loro governate et anco essere da chi haver lauttorit eletti in com-missarii per li luoghi del Dominio della Republica ad intendere, vedere, conosce-re se li ministri loro usano le dovute diligenze nelle sue cure et gli sia lecito in talmodo essercitare detto commissariato. La militia et essercitio marinaresco sono

    stati da tutte le nationi et in ogni tempo stimati essercitii nobili et essercitati dahuomini di splendore e se alcuna citt o gente deve tenere la navigatione e li navi-

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    ganti in reputatione et honore, la nostra pi dogni altra tenuta a farlo, cos per la

    necessit che ne ha como per il commodo che ne riceve et essendo con luso dellascienza del navigare pervenuta alla grandezza e magnificenza nella quale hora siritrova, et perci si dichiara che non solo non repugnino alla nobilt, ma che a per-sone honorate et illustri conveniente et honorevole essercitarle 54.

    Nei decenni successivi la proibizione di esercitare arti meccani-che sarebbe per divenuta regola inderogabile, allorigine di quelfenomeno sociale che nel corso del XVIII secolo avrebbe rappresen-tato un grave problema in seno al patriziato: i nobili poveri.

    Allunificazione del ceto di governo tendeva anche il decreto del

    16 novembre 1581 col quale i Serenissimi Collegi stabilirono che inobili cittadini nanti al Senato e Magistrati si nominano col titolo dimagnifico 55, proibendo luso di qualsiasi altro titolo nella Repub-blica. Un titolo proprio del patriziato, che eliminava ogni distinzionetra i detentori di feudi, gran parte delle maggiori famiglie, e chi nonne era investito, ma anche e soprattutto faceva dimenticare il rap-porto di vassallaggio con Corti straniere di quei patrizi destinati arivestire tutte le principali cariche di governo sino a quella supremadi doge. Quello di magnifico sarebbe rimasto lunico titolo ufficiale

    attribuito ai patrizi genovesi, anche se dal tardo Seicento e, soprattut-to, nel corso del Settecento essi si qualificarono abitualmente conquello di illustrissimo, uso comune anche ai patriziati delle citt diAlbenga, Savona e Sarzana, mentre sempre pi spesso i rappresen-tanti del ceto non ascritto utilizzarono quello di magnifico, anchesenza aver ricevuto alcun privilegio ufficiale in tal senso. Contem-poraneamente si consolid anche luso di far seguire al nome propriola qualifica di patrizio (talvolta gentiluomo o, molto pi raramente,cavaliere) genovese, ripreso anche in questo caso dai patriziati dellecitt del Dominio.

    Con la riforma del 1576 il ceto di governo assunse quindi unafisionomia definitiva, sancendo labbandono di ogni antica distinzio-ne tra nobili vecchi e nuovi. Nella realt, per, tra gli ascritti alLiber Civilitatis della Repubblica di Genova, chiamato oraLiber No-

    54 GENOVA,Archivio di Stato, Sala Senarega, 25, Collegii Diversorum, doc. 8-20 gennaio1603.55 C. CATTANEO MALLONE DI NOVI,I politici, p. 101.

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    Stemmi delle famiglie componenti lalbergo Grimaldi del 1528 (GENOVA,Biblioteca

    Civica Berio, Sezione di Conservazione: AGOSTINO

    FRANZONI

    ,Nobilt di Geno-va, Genova, Pietro Giovanni Calenzani e Gio. Maria Farroni, 1636, m. r. RARI.C.33).

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    bilitatis Genuensis, e dal XVIII secoloLibro dOro, si venne ben pre-

    sto definendo una distinzione data dal censo e dallinfluenza politi-ca, che sarebbe sfociata nel XVIII secolo in un vero e proprio feno-meno so