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IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) Anno 3, numero 3, Settembre 2011 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - CB FIRENZE Prezzo: Italia 12,50. Estero 15 Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini Gli Infermieri dei Bambini ISSN: 2036-2218 SOCIETA’ SOCIETA’ SOCIETA’ ITALIANA ITALIANA ITALIANA di SCIENZE di SCIENZE di SCIENZE INFERMIERISTICHE INFERMIERISTICHE INFERMIERISTICHE PEDIATRICHE PEDIATRICHE PEDIATRICHE Children’s Nurses Children’s Nurses Children’s Nurses Children’s Nurses Italian Journal of Pediatric Nursing Science Italian Journal of Pediatric Nursing Science Italian Journal of Pediatric Nursing Science Italian Journal of Pediatric Nursing Science

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IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Anno 3, numero 3, Settembre 2011 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - CB FIRENZE Prezzo: Italia € 12,50. Estero € 15

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ini ISSN: 2036-2218

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Children’s NursesChildren’s NursesChildren’s NursesChildren’s Nurses Italian Journal of Pediatric Nursing ScienceItalian Journal of Pediatric Nursing ScienceItalian Journal of Pediatric Nursing ScienceItalian Journal of Pediatric Nursing Science

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Direttore Responsabile: Filippo Festini Segretaria di Redazione: Sofia Bisogni Redazione: Sofia Bisogni, Maria Francesca Reali, Daniele Ciofi, Erica Ramazzotti Società Italiana di Scienze Infermieristiche Pediatriche Via Borgognoni 7/C, 51100 Pistoia email: [email protected] Registrazione Tribunale di Firenze n. 5619 del 20/12/2007 Finito di stampare nel mese di Ottobre 2011

Gli Infermieri dei BambiniGli Infermieri dei BambiniGli Infermieri dei BambiniGli Infermieri dei Bambini Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche PediatricheGiornale Italiano di Scienze Infermieristiche PediatricheGiornale Italiano di Scienze Infermieristiche PediatricheGiornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche

Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing ScienceChildren’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing ScienceChildren’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing ScienceChildren’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science

Editor in Chief: Filippo Festini (University of Florence)

Scientific Committe:

− Pierluigi Badon (University of Padua)

− Antonella Baggiani (Meyer Children Hospital, Florence)

− Elena Bernabei (Aversa, Italy)

− Elena Bezze (University of Milan)

− Teresa Bordone (University of Eastern Piedmont, Novara)

− Rosamaria Bortoluzzi (Burlo Garofolo Children Hospital, Trieste)

− Hicran Cavusoglu (Hace)epe University, Ankara)

− Franca Creva+n (Burlo Garofolo Children Hospital, Trieste)

− Philip Darbyshire (Adelaide, Australia)

− Giuliana D'Elpidio (University of Rome “Tor Vergata”, Bambino Gesù Children Hospital)

− Laura Fornoni (University of Genoa, Gaslini Hospital for Sick Children

− Susan Gennaro (Boston College)

− Edward Alan Glasper (University of Suthampton)

− Mariagrazia Greco (University of Neaples “Federico II”)

− Susan Madge (Royal Brompton Hospital, London)

− Anna Persico (University of Turin)

− Denis Pisano (Cagliari)

− Simona Pizzi (Milan)

− Jim Richardson (University of Glamorgan, Wales)

− Mariangela Roccu (University of Rome “La Sapienza”)

− Loredana Sasso (University of Genoa)

− Fiona Smith (Royal College of Nursing, London)

− Karen Spowart (London)

− Alessandra Zampieron (University of Padua)

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ISSN 2036-2218

Stampa: Litotecnica Srl, Calenzano, FI Printed on acid-free paper © Copyright Società Italiana di Scienze Infermieristiche Pediatriche. Testi, fotografie, disegni: riproduzione vietata I dati personali forniti per l’indirizzario sono usati esclusivamente per l’invio della pubblicazione e non vengono ceduti a terzi per nessun motivo (DLgs 196/2003) Copertina: Shutterstock

Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science Children’s Nurses. Italian Journal of Pediatric Nursing Science is indexed by the following bibliographic databases:

Cumula�ve Index to Nursing and Allied Health Literature - CINAHL

EMCare - Elsevier

Indice della Le�eratura Infermieris�ca Scien�fica Italiana - ILISI EBSCO Host

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

In questo numero:

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Cure atraumaticheCure atraumaticheCure atraumaticheCure atraumatiche

R. Del Mondo. R. Del Mondo. R. Del Mondo. R. Del Mondo. L’ infermiere pediatrico attraverso gli occhi e le parole dei bambini: una fotografia delle loro aspettative

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Cure di fine vitaCure di fine vitaCure di fine vitaCure di fine vita

D. Tirelli D. Tirelli D. Tirelli D. Tirelli et al. Esperienze di lutto negli Infermieri di terapia intensiva neonatale dell’azienda ospedaliera di Padova: uno studio esplorativo

80

Educazione sanitariaEducazione sanitariaEducazione sanitariaEducazione sanitaria

A. Rossini A. Rossini A. Rossini A. Rossini et al. Il ruolo dell’infermiere pediatrico nell’informazione e nella promozione della donazione del cordone ombelicale

87

RicercaRicercaRicercaRicerca

S. Macchi S. Macchi S. Macchi S. Macchi et al. Validazione trans-culturale del “Pain Experience History”. Proposta di metodo per l’anamnesi dell’esperienza di dolore in ambito pediatrico

91

Cure atraumaticheCure atraumaticheCure atraumaticheCure atraumatiche

A. Auriglietti A. Auriglietti A. Auriglietti A. Auriglietti et al. Gestione del dolore pediatrico e utilizzo di tecniche non farmacologiche: studio trasversale multicentrico

95

Esperienze professionaliEsperienze professionaliEsperienze professionaliEsperienze professionali

M. Di Paola M. Di Paola M. Di Paola M. Di Paola et al. La scheda di documentazione infermieristica per pazienti sub-intensivi in ambito pediatrico. Indagine pre e post sperimentazione nel Comprensorio Sanitario di Bolzano-Bozen

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Diritti dei BambiniDiritti dei BambiniDiritti dei BambiniDiritti dei Bambini

Arriva il “bollino di qualità” per valutare l’umanizzazione delle Pediatrie. 106

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

razione;xpochi studi sono sta+ effe)ua+ sulle loro aspe)a+ve in quanto spesso i genitori agiscono come loro delega+. Per essere un buon infermiere risultano fondamentali alcune cara)eris+che: la comunicazione, la professionalità, la sicurezza, l’apparenza e le aBtudini personali, quali l’essere gen+le, amichevole, rassicurante, sincero, rispe)oso e disposto ad ascoltare. (3)

Obie�vo

L’obieBvo della ricerca è conoscere le opinioni dei bambini ospedalizza+ riguardo la figura professionale dell’infermiere pediatrico e alcuni aspeB dell’ospedale, cercando di cogliere le differenze dei loro pensieri a seconda dell’età, per poi confrontarle. In par+colare lo studio si propone di analizzare le aspe)a+ve dei bambini in diverse fasce di età e in determinate condizioni a)raverso un’intervista semi-stru)urata con 18 domande divise in qua)ro temi: comunicazione, gioco, interven+ infermieris+ci e ambiente.

Materiali e metodi

Il lavoro è iniziato effe)uando una ricerca bibliografica sull’archivio scien+fico PubMed; sono sta+ presi in esame gli ar+coli dal 2000 al 2010. In seguito è stato formulato un ques+onario composto da 2 domande di cara)ere generale, 14 suddivise in qua)o temi e per concludere, da 2 domande a risposta aperta.

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Introduzione

Per aiutare i bambini è fondamentale rivolgere l’a)enzione proprio a loro, par+re dalle loro idee, cogliere i loro sta+ d’animo e le loro impressioni. Per poter svolgere al meglio il lavoro di infermiere pediatrico occorre creare tra paziente e operatore un rapporto di fiducia fondamentale per fa sì che l’esperienza in ospedale risul+ il meno trauma+ca possibile. E’ inoltre molto importante che il personale infermieris+co riconosca paure e bisogni del bambino ospedalizzato. Il bambino ha, infaB, bisogni cara)eris+ci dell’età evolu+va e diversi da quelli dell’adulto; in ospedale, l’infermiere pediatrico fornisce le cure ada)e che riducono lo stress e le paure dei bambini proprio perché accerta i loro bisogni specifici, che differiscono per età, livello di sviluppo e cara)eris+che personali. (1) Le paure più ricorren+ individuate nel bambino in ospedale sono la separazione dai genitori, il dover trascorrere del tempo lontano da casa ed il doversi so)oporre a procedure mediche (spaventano in par+colare i prelievi e le punture). Alcuni bambini hanno paura dell’alterazione che il proprio corpo può subire a causa di interven+ o cicatrici; l’apparenza per gli adolescen+ è molto importante e l’essere diversi dai coetanei, per una modificazione della propria immagine, può essere vista come una punizione per tu)a la vita. (2)

Chi è il bravo infermiere secondo i bambini?

La parola dei bambini e le loro idee sulla figura dell’infermiere raramente vengono prese in conside-

L’ infermiere pediatrico attraverso L’ infermiere pediatrico attraverso L’ infermiere pediatrico attraverso L’ infermiere pediatrico attraverso gli occhi e le parole dei bambini: gli occhi e le parole dei bambini: gli occhi e le parole dei bambini: gli occhi e le parole dei bambini:

una fotografia delle loro aspettativeuna fotografia delle loro aspettativeuna fotografia delle loro aspettativeuna fotografia delle loro aspettative Abstract

Introduzione. L’infermiere pediatrico è responsabile dell’assistenza al sogge�o in età evolu�va, specializzato nell’individuare le paure e i

bisogni dei bambini e delle loro famiglie.

Materiali e metodi. L’obie)vo dello studio è analizzare le aspe�a�ve dei bambini sull’infermiere pediatrico e su alcuni aspe) dell’ospedale in

diverse fasce d’età a�raverso un’intervista semi-stru�urata somministrata a bambini dagli 8 ai 16 anni, affe) da patologie acute, ricovera�

in tre ospedali di Torino e provincia.

Risulta�. Sono sta� intervista� 45 bambini, 20 per ciascuna delle prime due fasce d’età (8-11 anni e 12-14 anni) e 5 della fascia 15-16 anni.

I bambini della 1ª fascia pensano che la divisa infermieris�ca dovrebbe essere bianca (70%) contrariamente alla 2ª e 3ª fascia che

preferirebbe una divisa colorata. Il 55% della popolazione coinvolta ri�ene che l’infermiere dovrebbe usare un linguaggio semplice. Il 69% del

campione ha risposto che è importan�ssimo l’aiuto e la partecipazione dei genitori alle cure. Per comba�ere la solitudine, 30 intervista� su 45

vorrebbero condividere la stanza con altri bambini.

Conclusione. Vi è stata ampia disponibilità e adesione da parte dei bambini, dei genitori e del personale sanitario.

Rossella Del Mondo Università degli Studi di Torino

[email protected]

The paediatric nurse seen through children’s eyes and words: a picture of their expectationsThe paediatric nurse seen through children’s eyes and words: a picture of their expectationsThe paediatric nurse seen through children’s eyes and words: a picture of their expectationsThe paediatric nurse seen through children’s eyes and words: a picture of their expectations Introduc�on. Pediatric nurses are accountable for the care of people in developmental age. They are specialized in understanding the fears

and needs expressed by children and their families.

Materials and methods. The aim of this study is to explore what are the expecta�ons children of different ages have regarding pediatric

nurses and some aspects of hospital. A semi-structured interview was administered in three hospital of the city of Turin, Italy to children aged

8 to 16, with acute health problems.

Results. 45 children were interviewed: 20 from age 8 to 11, 20 from age 12 to 14 and five aged 15 to 16.

Children 8 to 11 year old think that nursing uniform should be white (70%); the others prefer a colored a)re. 55% of the sample believe that

pediatric nurses should use a simple language. 69% of children said that parents’ help and par�cipa�on in care is very important. In order to

face the loneliness, 30 children would share their room with other children.

Conclusion. Children gave an interes�ng picture of how pediatric nurses should be and of their expecta�ons about them

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Cure atraumatiche

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La prima domanda del ques+onario è stata formulata per capire se i bambini preferiscono, durante il ricovero, essere segui+ sempre dallo stesso infermiere ed avere così una maggiore con+nuità delle cure e giorno dopo giorno più confidenza e sicurezza (nella persona che si occupa di loro) o vogliano incontrare sempre nuovi operatori. La seconda domanda riguardava la divisa infermieris+ca; storicamente le infermiere hanno sempre indossato una divisa bianca che facilitava la dis+nzione dei ruoli e dava un’immagine di purezza, igiene, conoscenza, professionalità e competenza. (4) L’uniforme rappresenta anche un elemento importante della comunicazione non verbale tra le figure professionali e il bambino: potenzialmente una divisa colorata migliora la percezione che i piccoli pazien+ hanno dell’infermiere e può contribuire a rendere meno trauma+che le cure e l’assistenza creando un’atmosfera più amichevole, diminuendo il disagio e il livello d’ansia. (5,6) Le altre domande dell’intervista sono state divise in argomen+ in base alle diverse aree su cui si è voluto porre l’a)enzione per conoscere le opinioni dei bambini.

Tema 1: Comunicazione E’ di primaria importanza il primo incontro e conta)o che l’operatore riesce ad instaurare con il bambino e la sua famiglia e da ques+ due fa)ori dipende la fiducia che il bambino riesce ad avere verso il professionista ma per il bambino in che modo la comunicazione dovrebbe avvenire? Il bambino è interessato a trascorrere del tempo a parlare con l’infermiere? Quale linguaggio dovrebbe usare un infermiere? Preceden+ studi hanno documentato come per i pazien+ sia importante il tono di voce, il linguaggio del corpo come per esempio me)ersi allo stesso livello, e l’uso di parole semplici appropriate all’età senza ricorrere all’uso di termini medici che creano confusione. (1,3)

Tema 2: Gioco Per il bambino il gioco è essenziale, avendo una valenza cogni+va, affeBva e relazionale indispensabile e insos+tuibile per la sua crescita, che non si arresta con il sopraggiungere di una malaBa. L’ospedale è uno di quei luoghi in cui il bambino ha maggior bisogno di giocare, per esternare e provare a dominare tu)e quelle paure e insicurezze che il malessere e il ricovero gli hanno procurato; in ogni stru)ura sanitaria per l’aBvità di gioco sono previs+ spazi adegua+, materiale ludico e personale di assistenza. I bambini ritengono sia importante avere in ospedale giochi o oggeB personali porta+ da casa, se possibile, in quanto fonte di sicurezza sopra)u)o quando non sono accompagna+ dai genitori e vengono lascia+ da soli. (7)

Tema 3: Interven+ infermieris+ci In questa parte dell’intervista le domande erano formulate per comprendere quali siano le preferenze dei pazien+ e dei genitori sulle aBvità tecniche svolte dall’infermiere pediatrico nei confron+ di entrambi. In par+colare, si è indagato sulla volontà dei bambini di collaborare con il professionista, qualora ce ne fosse l’opportunità, e su quale sia la partecipazione dei genitori nel prendere decisioni e nell’esecuzione delle cure. Una mancanza di coinvolgimento del bambino nel percorso di cura fa sorgere sen+men+ di rabbia, tristezza, perdita di autos+ma e di determinazione. Il coinvolgimento nelle decisioni che li riguardano in prima persona è un passo fondamentale per la socializzazione dei bambini e dei ragazzi per prepararli all’ indipendenza futura e all’autonomia nelle scelte della vita. (8)

Tema 4: Ambiente L’ospedale è sempre visto come un ambiente triste e pauroso. Agli occhi di un bambino è trauma+co non essere più a casa propria con i giochi personali e gli oggeB che tuB i giorni “ci fanno sen+re a casa”. Oggi mol+ repar+ vengono arreda+ a misura di bambino rendendo le camere più allegre e più confortevoli, ma è sufficiente o si può fare altro per rendere meno trauma+ca l’ospedalizzazione? Ascol+amo le parole dei bambini: preferiscono stare in camera da soli, con altri bambini coetanei o è indifferente? Cosa potrebbe essere d’aiuto in una camera di degenza? Per esempio l’u+lità della televisione, sopra)u)o nei casi di isolamento e di alle)amento del piccolo paziente, è indubbia: per il bambino e per l’adulto che gli sta accanto il televisore è uno strumento familiare e quo+diano in grado di dare un tono più “domes+co” alla stanza di degenza. (9)

Le ul+me due domande rivolte ai bambini tendevano ad approfondire le loro aspe)a+ve sul personale infermieris+co: i piccoli pazien+ sono sta+ invita+ ad elencare tre qualità che secondo loro dovrebbe avere un infermiere pediatrico ed a so)olineare quali siano le aBvità per cui egli dovrebbe essere d’ aiuto durante il periodo del ricovero ospedaliero. Infine, veniva offerta la possibilità, a piacere, di realizzare in disegno o scrivere un racconto.

Le domande dell’intervista sono state esaminate da una psicologa, la quale ha valutato l’e+cità del ques+onario e la possibilità di essere u+lizzato in ospedale.

Sono state inviate le)ere di richiesta di autorizzazione al Dire)ore Sanitario e al Dire)ore Generale delle tre stru)ure ospedaliere scelte e ai coordinatori infermieris+ci delle stru)ure semplici ai quali è stata anche consegnata personalmente un’ulteriore le)era di presentazione e di autorizzazione per l’inizio dello studio.

Ai genitori dei bambini, in seguito ad una presentazione verbale, è stato consegnato un consenso scri)o da leggere e firmare mentre ai bambini è stato chiesto un consenso orale. E’ stato a)uato un test pilota, cioè una pre-somministra-zione del ques+onario al fine di valutare la comprensibilità, la chiarezza delle domande o per evidenziare eventuali espressioni o parole ambigue. Il test pilota è stato somministrato a 30 bambini di età compresa tra 8 e 16 anni, non ospedalizza+, ma ricovera+ in passato almeno una volta (di cui avessero memoria) per una patologia acuta in un’unità di pediatria di qualsiasi ospedale.

Le interviste finali, per l’elaborazione dei da+, sono stata effe)uate a 45 bambini ospedalizza+, 20 appartenen+ alle prime due fasce d’età (8-11 anni e 12-14 anni) e 5 appartenen+ alla terza fascia d’età, cioè 15-16 anni. Sono sta+ esclusi dallo studio i pazien+ affeB da patologie croniche; sono sta+ intervista+ alcuni bambini stranieri con una buona padronanza della lingua italiana. I pazien+ sono sta+ seleziona+, in base ai requisi+ ricerca+, su indicazione dei coordinatori infermieris+ci o degli infermieri in servizio. Acquisita l’autorizzazione dei genitori, le domande sono state effe)uate nella stanza di degenza o in sala giochi con o senza genitore, per libera scelta. Lo studio è stato effe)uato dal 10 luglio al 25 agosto 2010 presso l’ospedale infan+le Regina Margherita di Torino e le unità di pediatria dell’ospedale Mar+ni di Torino e dell’ospedale Santa Croce di Moncalieri. Per garan+re l’anonimato degli intervista+, ai pazien+ è stata chiesta

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Cure atraumatiche

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Per comba)ere la solitudine, 30 bambini su 45 vorrebbero condividere la stanza con altri, sia coetanei sia di altre età. I bambini tra i 12 e i 14 anni sono quelli che maggiormente preferiscono stare in camera da soli mentre gli adolescen+ hanno risposto che vorrebbero avere come compagni di stanza loro coetanei. Il 60% del campione ri+ene importante la presenza di disegni in camera, e per gli intervista+ tra gli 8 e i 14 anni dovrebbero essere opera dei bambini stessi.

Tra le qualità, analizzate in le)eratura, che i bambini vorrebbero trovare in un infermiere pediatrico, alcune sono state confermate: simpa+co, gen+le, paziente e bravo. La tabella 1 riporta le qualità che deve possedere l’infermiere pediatrico secondo i bambini delle diverse fasce d’età. Secondo i bambini, l’infermiere pediatrico dovrebbe aiutare

soltanto l’età (necessaria ai fini dell’elaborazione dei da+) senza fare alcun riferimento a sesso, nome e cognome, ospedale, reparto di degenza e patologia. Risulta� e discussione

I bambini tra gli 8 e 11 anni preferiscono essere segui+ sempre dallo stesso infermiere mentre i bambini delle altre fasce d’età non hanno mostrato par+colari preferenze. Il 70% dei bambini tra gli 8 gli 11 anni preferisce la divisa infermieris+ca bianca e soltanto il 25% quella colorata; nella seconda fascia, al contrario, la maggioranza sceglie la divisa colorata così come i ragazzi di 15 e 16 anni. Dieci bambini su 45 hanno espresso la preferenza per il colore: l’arancione (n=2), il giallo (n=2), il blu (n=2), il rosso (n=1) e il verde chiaro (n=1).

Tema 1: Comunicazione Il 55% della popolazione coinvolta ri+ene che l’infermiere dovrebbe usare un linguaggio semplice, di immediata comprensione ponendosi allo stesso livello del paziente (51%); alcuni bambini dagli 8 agli 11 anni (7 su 20) e dai 12 ai 14 (6 su 20) sono curiosi di conoscere termini tecnici a pa)o che siano accompagna+ da una spiegazione. Gli intervista+ hanno inoltre mostrato un interesse medio – alto a trascorrere del tempo a parlare con un infermiere sia in generale sia entrando nello specifico della situazione del momento, della persona e chiacchierando di sport e amici.

Tema 2: Gioco

E’ stato confermato il bisogno di gioco e di aBvità. Mol+ bambini (il 90% di quelli appartenen+ alla 1ª fascia d’età) hanno espresso la volontà di fare giochi di gruppo e di trascorrere del tempo piacevole a giocare con l’infermiere. L’ 87% ha manifestato il desiderio di avere con sé degli oggeB personali affrontando così la paura di dover trascorrere del tempo lontano da casa. Il 53% della popolazione ha de)o che, in ospedale, preferirebbe giocare con altri bambini, per conoscere persone con una situazione simile alla propria.

Tema 3: Interven� infermieris�ci In diversi studi è stata dimostrata l’importanza della partecipazione dei pazien+ al percorso di cura e alle decisioni sulla propria salute. A conferma di ciò, i risulta+ di questa indagine evidenziano che il 49% dei bambini vorrebbe che l’infermiere, quando è necessario prendere delle decisioni, parlasse con loro ma solamente dopo aver coinvolto con i genitori; 12 intervista+ su 45 preferirebbero essere i primi ad essere presi in considerazione ma nessun paziente intervistato ha escluso i genitori, confermando il bisogno di avere i genitori accanto durante il ricovero. Il 69% della popolazione (adolescen+ inclusi) ha so)olineato l’importanza fondamentale dell’aiuto e della partecipazione di mamma o papà alle cure. Il 60% dei bambini tra gli 8 e i 14 anni ha affermato che piacerebbe loro collaborare con un’infermiere, vedendo in lui una figura che può fornire aiuto e sostegno per affrontare la malaBa; 3 bambini su 5 (di età compresa tra i 15 e i 16 anni) si sono deB dispos+ a collaborare solamente in determinate situazioni.

Tema 4: Ambiente Il 69% della popolazione ha espresso il piacere di avere in camera la televisione, per il bisogno di rivivere la quo+dianità e di sen+rsi a casa; i bambini più piccoli vorrebbero dei giochi in camera mentre per gli adolescen+ è di aiuto il personal computer. Solo 4 bambini su 45 hanno manifestato il desiderio di poter ascoltare della musica.

8-11 ANNI 12-14 ANNI 15-16 ANNI

gen+le (n=7) simpa+co (n=9) simpa+co (n=2) bravo (n=5) gen+le (n=6) allegro (n=2) simpa+co (n=4) paziente (n=6) gen+le (n=2) paziente (n=2) disponibile (n=4) paziente (n=2)

a)ento (n=2) bravo (n=2) rispe)oso (n=1)

allegro (n=1) allegro (n=1) spiritoso (n=1) carino (n=1) socievole (n=1) scherzoso (n=1) veloce (n=1) informato (n=1) comprensivo (n=1) dolce (n=1) intelligente (n=1) preciso (n=1) chiacchierone (n=1) chiacchierone (n=1) professionale (n=1) generoso (n=1) didaBco (n=1) responsabile (n=1) umoris+co (n=1) buono (n=1) comprensivo (n=1) divertente (n=1) carino (n=1) ves+to bene (n=1) deve far piano (n=1)

deve parlare con mamma (n=1)

Tab.1: cara+eris�che che deve possedere l’infermiere

loro a guarire, a curare, a far passare il dolore e a far passare il tempo. La tabella 2 riporta le risposte dei bambini alla domanda “L’infermiere dovrebbe aiutarmi a …” Discussione

Il primo risultato posi+vo rilevato è stato l’ ampia adesione, disponibilità e interesse allo studio sia da parte dei genitori

8-11 ANNI 12-14 ANNI 15-16 ANNI

a guarire (n=5)

a passare il tempo (n=2)

a farmi sen+re meglio (n=1)

a curarmi (=2)

a farmi passare il dolore (n=2)

a passare il tempo, a diver+rmi (n=1)

a giocare (n=2)

a guarire (n=1)

a +rarmi su il morale quando non ce la faccio più a stare qui (n=1)

quando i miei genitori non ci sono ad alzar-mi, a mangiare (n=1)

a non star da solo e non stare in un ambiente triste (n=1)

ad aver più fiducia in me stessa se qualcosa mi fa paura (n=1)

a spiegarmi delle cose che non so fare (n=1)

a non farmi pensare a quello che ho (n=1)

a superare i problemi, aiutarmi non solo con le medicine ma anche parlando (n=1)

sulla situazione in cui mi trovo (n=1)

nel problema che ho (n=1)

a migliorare il mio problema (n=1)

a stare meglio (n=1)

quando sto male (n=1)

a mangiare (n=1)

a rime)ermi in forma (n=1)

a ritornare a casa (n=1)

a superare il mio problema (n=1)

l’ infermiere dovrebbe essere più presente (n=1)

l’ infermiere dovrebbe passare a controllare ogni tanto (n=1)

Tab.2: l’infermiere deve aiutarmi a...

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

che dei bambini intervista+, oltre che del personale sanitario incontrato durante il percorso. E’ stato, inoltre, importante coinvolgere diverse stru)ure ospedaliere e unità opera+ve poiché ha permesso di indagare aspe)a+ve di bambini venu+ a conta)o con diversi infermieri, +pologie di lavoro, organizzazione e ambien+. Dai risulta+ è emerso un buon livello di conoscenza della figura professionale dell’infermiere pediatrico. Le maggiori difficoltà incontrate sono state cogliere il momento opportuno per effe)uare le interviste, tenendo conto della disponibilità del personale, della presenza dei genitori (in loro assenza non era possibile chiedere l’autorizzazione e quindi somministrare il ques+onario) ma sopra)u)o dei bambini, col+ spesso nella situazione di non poter rispondere per le aBvità di rou+ne quo+diana (igiene, alimentazione, riposo) o perché impegna+ nel percorso di cura. Un limite dello studio è da individuarsi nella disomogeneità del campione per le 3 fasce d’età individuate, in quanto per le prime due sono sta+ intervista+ 20 bambini mentre per l’ul+ma solo 5; questo è in parte dovuto all’ assistenza pediatrica che, in mol+ ospedali e repar+, prevede il ricovero di pazien+ fino ai 14-15 anni escludendo pazien+ di 16 anni. In futuro lo studio potrà essere replicato ed ampliato,

Cure atraumatiche

79

estendendo il campione anche ai bambini affeB da patologie croniche e prevendendo interviste anche ai genitori per conoscerne bisogni, le paure di fronte all’ ospedalizzazione del proprio figlio e le aspe)a+ve sul personale sanitario.

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IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 80

trovano a conta)o con la morte dei bambini, nella maggioranza dei casi non hanno a disposizione un adeguato supporto dall’azienda di impiego (3).

Obie�vi

Lo scopo di questo studio è quello di descrivere l’esperienza ed elaborazione del lu)o da parte degli infermieri di una Terapia Intensiva Pediatrica presso un ospedale di terzo livello del nord Italia, in seguito al processo di morte ed alla morte dei propri pazien+ e le conseguenze per i professionis+ sul piano personale, sociale e professionale. La ricerca si prefigge di rispondere ai seguen+ quesi+: Quali emozioni e sensazioni provano gli infermieri di fronte al processo di morte ed alla morte dei loro pazien+ in età neonatale e pediatrica? Quali sono le conseguenze a livello personale, sociale e professionale di queste esperienze vissute in ambito lavora+vo ? Come vengono ges+te dall’infermiere le emozioni e le eventuali conseguenze nega+ve?

Cure di fine vita

Introduzione

Gli infermieri che lavorano in repar+ di terapia intensiva pediatrica o neonatale sono espos+ quo+dianamente al conta)o con la sofferenza e la morte dei pazien+ ed al dolore dei loro genitori. Ques+ professionis+ possono vivere, alla morte del paziente, un processo di lu)o più o meno intenso, che si rifle)e sulla vita personale, sociale e professionale. Quanto più lungo è stato il rapporto assistenziale, tanto più si è instaurato un profondo legame emozionale con il bambino, e tanto più si presenta difficile l’elaborazione del lu)o, con sintomi e sofferenza più intensi(1). Mol+ infermieri negano le conseguenze derivan+ dalle esperienze di morte dei pazien+, forse con un intento di autoprotezione, o nella convinzione che l’infermiere debba avere un a)eggiamento tecnico, freddo e distaccato nei confron+ della morte, e non debba essere emo+vamente coinvolto (1). Nonostante questo, la situazione emozionale spesso diviene intensa fino ad essere insostenibile, i meccanismi possono divenire disfunzionali ed incidere sulla qualità dell’assistenza, sull’alleanza terapeu+ca e sulla capacità di sostegno ai familiari (2). Gli infermieri che si

Esperienze di lutto negli Infermieri Esperienze di lutto negli Infermieri Esperienze di lutto negli Infermieri Esperienze di lutto negli Infermieri di terapia intensiva neonatale di terapia intensiva neonatale di terapia intensiva neonatale di terapia intensiva neonatale

dell’azienda ospedaliera di Padova: dell’azienda ospedaliera di Padova: dell’azienda ospedaliera di Padova: dell’azienda ospedaliera di Padova: uno studio esplorativouno studio esplorativouno studio esplorativouno studio esplorativo

Abstract

Background: Gli infermieri entrano in conta�o quo�dianamente con la sofferenza e la morte dei loro pazien�. Spesso il carico emozionale può

diventare insostenibile, con risposte disfunzionali che si rifle�ono nega�vamente sulla qualità dell'assistenza al paziente.

Obie)vo: Indagine sulle conseguenze personali, sociali e professionali vissute dagli infermieri in seguito alla morte dei pazien� assis�� in una

terapia intensiva pediatrica.

Metodi: Studio esplora�vo. Sono sta� inclusi tu) gli infermieri che prestano assistenza dire�a ai pazien�, ai quali è stato presentato un

ques�onario a risposte aperte e stru�urate.

Risulta�: In seguito alla morte dei pazien� assis�� gli infermieri affermano di riscontrare cambiamen� nella sfera emo�va, nella modalità di

rapporto con i pazien�, nella relazione coi propri familiari e con i colleghi, in ambito fisico e nelle prestazioni professionali. I professionis� si

avvalgono di fon� di supporto informali, ma affermano che farebbero uso di suppor� specialis�ci, se resi disponibili. Alcuni infermieri hanno

dimostrato la capacità di tradurre in significa� posi�vi le esperienze vissute.

Conclusioni: Le sensazioni vissute e le conseguenze della morte dei bambini assis�� cos�tuiscono un peso importante per gli infermieri,

rifle�endosi sulla sfera personale, sociale, professionale e fisica. I risulta� della ricerca suggeriscono la necessità dell’a)vazione di suppor�

stru�ura� e specialis�ci, per il mantenimento di una elevata qualità dell’assistenza, la capacità di instaurare una efficace relazione terapeu�ca

col paziente e fornire un adeguato supporto ai familiari, minimizzando al contempo le conseguenze nega�ve per gli infermieri.

Daniela Tirelli1, Ilaria de Barbieri

2, Cris�na Zaggia

2

1- Emodialisi, Casa di Cura "Ci�à di Udine", Udine

2- Terapia Intensiva Pediatrica, Azienda Ospedaliera di Padova

daniela.�relli@�scali.it

Experiences of grief by pediatric intensive care nurses in Padua University Hospital: an exploratory studyExperiences of grief by pediatric intensive care nurses in Padua University Hospital: an exploratory studyExperiences of grief by pediatric intensive care nurses in Padua University Hospital: an exploratory studyExperiences of grief by pediatric intensive care nurses in Padua University Hospital: an exploratory study Background: Nurses in Pediatric Intensive Care Units (PICU) are daily exposed to the suffering and death of their pa�ents. ORen the emo�onal

burden may become unbearable, dysfunc�onal responses may arise and reflect nega�vely on pa�ents’ care.

Aim: To explore emo�ons and personal, social and professional consequences experienced by nurses working in a PICU. Support currently

available and the need for specialist support were examined, together with possible posi�ve outcomes.

Methods: Exploratory approach. All nurses providing direct care to pa�ents in PICU were included and asked to fill a ques�onnaire about

feelings and consequences regarding the pa�ents’ death, and open-ended ques�ons.

Results: Results show nurses changes in their emo�onal state, their rela�onships with pa�ents and with own partner/children, with colleagues

and in their personal health. Nurses report crying, diminished energy, troubled sleep, headache, difficult concentra�on, physical exhaus�on,

changes in appe�te. Nurses use informal support, but they would use specialist help if available. Among the posi�ve outcomes, an enhanced

meaning in life and a more intense caring for pa�ent towards a dignified death.

Conclusions: Caring for dying babies is a heavy burden for nurses, leading to personal and social consequences on health and work. There is a

strong need for specific support to maintain a high quality of care, the ability to establish a therapeu�c rela�onship with pa�ents, providing

support to pa�ent’s family members and minimize nega�ve consequences for nurses.

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

infermieri ritengono significa+vi nella elaborazione delle esperienze di lu)o vissute in ambito professionale. Erano inoltre presen+ quesi+ a risposta mul+pla, per l’indagine dei meccanismi di ges+one delle conseguenze del lu)o, dei suppor+ messi in a)o o richies+, degli eventuali significa+ posi+vi derivan+ da queste esperienze. Ogni domanda con risposta stru)urata prevedeva una opzione di personalizzazione delle risposte. Lo strumento conteneva anche una parte di rilevazione anagrafica del campione (età, sesso, stato civile ed eventuale ruolo genitoriale) ed una parte rela+va alla formazione ed alla soddisfazione professionale. Analisi dei da�

I da+ o)enu+ rispe)o alle variabili con modalità di risposta stru)urata sono sta+ elabora+ con il so\ware Microso\ Excel® 2003. L’analisi delle risposte ai quesi+ aper+ è stata eseguita u+lizzando il metodo di Van Kaam con lo scopo di individuare i temi che si ripetevano con più frequenza. Questo metodo prevede la partecipazione alla ricerca di persone che hanno vissuto l’esperienza so)oposta a studio, a)raverso una sua descrizione scri)a (5).

Risulta�

Su 25 ques+onari consegna+, ne sono sta+ res+tui+ 15, con un’adesione del 60% sul totale della popolazione interessata. La fascia di età maggiormente rappresentata (9 infermieri) è quella dai 22 ai 35 anni. Sei persone hanno dai 36 ai 45 anni. Dieci sono di sesso femminile, cinque di sesso maschile. I professionis+ sanitari nubili o celibi sono dieci, e cinque sono coniuga+ o conviven+, cinque persone hanno figli. Cinque soggeB svolgono la professione infermieris+ca da un tempo minore o pari a 5 anni, sei da un periodo tra i 6 ed i 9 anni; qua)ro soggeB da 10 o più anni. Per quanto riguarda l’impiego nell’unità opera+va, se)e infermieri vi hanno lavorato per un periodo da zero a 5 anni, cinque soggeB da 6 a 9 anni, tre persone da 10 o più anni. 1. Cambiamen� riscontra� in seguito alla morte dei pazien�

assis��.

In seguito alla morte dei pazien+ in età neonatale e pediatrica 14 infermieri su 15 affermano di avere riscontrato cambiamen+ nella sfera emozionale. La variazione di modalità di rapporto con i pazien+ raccoglie un totale di 11 risposte, mentre 8 infermieri riscontrano cambiamen+ nell’ambito della relazione con i propri familiari. Le relazioni con i colleghi sono affe)e dalle conseguenze del lu)o in ambito professionale per 6 infermieri; le prestazioni professionali e l’ambito fisico sono le aree toccate in misura minore da cambiamen+ conseguen+ la morte dei pazien+, evidenziate invece da 3 infermieri. Sono emerse incoerenze nelle risposte fornite, che sono state esaminate nel capitolo dedicato alla discussione (Figura1). 2.Emozioni e sensazioni vissute dagli infermieri in seguito alla

81

Cure di fine vita Quali sono i fa)ori implica+ nella elaborazione più o meno efficace del lu)o vissuto in ambito professionale, e quali rendono più gravoso questo processo? Quali suppor+ emo+vi sono previs+ e messi in a)o, e come possono essere eventualmente implementa+? Gli infermieri riescono a tradurre in significa+ posi+vi le esperienze di morte dei loro pazien+? Rispondendo ai quesi+ di questo studio si potrà ampliare la conoscenza professionale e documentare le esperienze evidenziate dagli infermieri che si occupano di assistenza a neona+ e bambini moren+. Si potrà anche iden+ficare e suggerire l’implementazione di interven+ che siano u+li ai professionis+ nel processo di ges+one delle emozioni e delle conseguenze vissute alla morte dei loro pazien+. Il numero esiguo di ricerche presen+ in le)eratura sull’argomento del lu)o in ambito professionale evidenzia come questa tema+ca non sia riconosciuta a livello sociale ma non ci sia nemmeno autoconsapevolezza da parte degli stessi infermieri. Il riconoscimento e la ges+one dei sintomi disfunzionali può dare un aiuto nella risoluzione degli stessi, con un esito posi+vo sulla qualità dell’assistenza al paziente ed un migliore supporto ai suoi familiari.

Materiali e metodi Studio esplora+vo quali-quan+ta+vo. Il campionamento ha previsto l’inclusione di tu)o il personale infermieris+co che presta assistenza dire)a ai pazien+, impiegato presso la Terapia Intensiva Pediatrica del Dipar+mento di Pediatria dell’Azienda Ospedaliera di Padova. La ricerca è stata autorizzata dal Dire)ore Generale dell’Azienda e dal Dire)ore del Dipar+mento di Pediatria. La distribuzione dei ques+onari agli infermieri e successiva res+tuzione è avvenuta nell’arco di un mese. È stato garan+to l’anonimato a ciascun sogge)o rispe)o ai da+ o)enu+, ed ogni ques+onario è stato dotato di busta richiudibile per preservare la confidenzialità. Una le)era di accompagnamento ha illustrato i termini e le mo+vazioni dello studio. Strumento di rilevazione e modalità di raccolta da�

Lo strumento u+lizzato si rifà alla metodologia u+lizzata nello studio di Rickerson et al (4). Nel presente studio sono sta+ effe)ua+ un riada)amento ed una contestualizzazione degli items all’ambito pediatrico; ques+ due processi sono sostenu+ dai risulta+ della revisione della le)eratura di riferimento. Lo strumento prevede diverse sezioni; è stato innanzitu)o presentato un elenco di sensazioni, emozioni e conseguenze esperite di fronte al processo di morte ed alla morte dei pazien+. Agli infermieri è stato chiesto di indicare gli items ritenu+ dire)amente imputabili alla morte dei pazien+ da loro assis++. È stato preferito questo +po di approccio in quanto mol+ degli items che riguardano il processo di elaborazione del lu)o sono non specifici (ad esempio i sen+men+ di tristezza o le alterazioni del sonno). E’ stato chiesto anche con quale frequenza e per quanto tempo dopo l’evento si presentassero queste manifestazioni. Gli items sono sta+ traB da revisione della le)eratura, includendo sia risposte di natura psicologica che di +po fisico alla morte dei pazien+. Ai partecipan+ è stato chiesto quale fosse la vicinanza relazionale-emo+va con l’ul+mo paziente al quale avessero prestato assistenza durante il processo di morte; è stato poi chiesto agli infermieri in quali ambi+ avessero riscontrato, nella loro esperienza, qualsiasi cambiamento in seguito alla morte dei pazien+, e con quale frequenza si fosse eventualmente presentato. Data la natura qualita+va dei da+ in esame, lo strumento prevedeva anche quesi+ a risposta aperta per me)ere in luce i fa)ori che gli

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

Emozioni

Modalità di rapporto con i pazienti

Relazione con i propri familiari

Relazione con i colleghi

Salute fisica

Prestazioni professionali

Figura 1: Cambiamen� riscontra� in seguito alla morte dei pazien�, suddivisi

per ambi�

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Cure di fine vita

82

morte dei pazien� assis��.

L’esplorazione delle emozioni vede una prevalenza assoluta dei sen+men+ di tristezza (15 risposte su 15), segui+ con 13 risposte da delusione, pensieri ricorren+ su un paziente deceduto, sofferenza. Dodici infermieri affermano di provare senso di impotenza, ingius+zia, inquietudine, rabbia e senso di sconfi)a. Sollievo e percezione di mancanza di senso nella morte di un bambino vedono 11 risposte. In 10 risposte gli infermieri esprimono ansia, frustrazione e pensieri proieBvi sulla morte dei propri cari. Nove infermieri dichiarano di provare percezioni di vulnerabilità. La paura della morte, distacco emozionale, incredulità e stato di irritabilità raccolgono 7 risposte. Sen+men+ di non acce)azione della morte del paziente, pensieri sulla propria morte e di quella dei propri figli, senso di peso e vuoto interiore vedono un totale di 6 risposte. Per cinque infermieri vengono percepi+ senso di responsabilità e sensazione di irrealtà riguardo alla morte del paziente. Il senso di smarrimento è segnalato da qua)ro infermieri del campione, seguito da 3 risposte assegnate alla sensazione di perdita di controllo e da un infermiere che esterna di aver percepito senso di colpa in seguito alla morte del/i paziente/i. L’analisi dei da+ raccol+ in base al sesso degli infermieri evidenzia una differenziazione nella presentazione delle emozioni. Per i professionis+ di sesso maschile, la totalità delle risposte afferma+ve vede i sen+men+ di delusione, percezione di mancanza di senso nella morte di un bambino, sofferenza e tristezza . Tu)e le professioniste di sesso femminile affermano di provare sensazioni di tristezza e di inquietudine. Gli infermieri che sono genitori concordano pienamente fra loro nell’esternazione di senso di impotenza e di ingius+zia, inquietudine, pensieri ricorren+ su un paziente deceduto, rabbia, sconfi)a, sofferenza e tristezza. La variabile che si intendeva esaminare con maggiore a)enzione in questo frangente, i pensieri proieBvi sulla morte dei propri figli, ha raccolto 4 risposte su un totale di 5 professionis+ che hanno figli. (Figura 2). 3.Conseguenze a livello personale, sociale e professionale

della morte dei pazien� assis��

13 infermieri su 15 definiscono il pianto come la reazione più frequente alla morte dei bambini e neona+ assis++. Seguono condizioni di minore energia (12 infermieri), a)eggiamento ipercri+co ed alterazioni del sonno (11 risposte). Cefalea, difficoltà di concentrazione, umore instabile ed esaurimento fisico raccolgono 8 risposte. La mancata realizzazione personale è percepita da 6 infermieri. Isolamento sociale e minore autos+ma professionale sono sta+ espressi da 5 infermieri del campione. Alterazioni dell’appe+to e sintomi depressivi emergono in 4 risposte. Un aumento di

susceBbilità personale allo sviluppo di malaBe, oltre a dolenzia muscolare raccolgono 3 risposte. Sintomi di nausea sono evidenzia+ da 2 infermieri, ed un professionista dichiara in una occasione l’astensione dal lavoro per malaBa. E’ da so)olineare che gli infermieri accusano spesso alterazioni del sonno, pianto e minore autos+ma sul piano professionale in 2 risposte, mentre affermano di soffrire sempre di difficoltà nella concentrazione oltre che esaurimento fisico in un caso. La maggior parte degli infermieri (9 risposte) afferma come il susseguirsi con+nuo dell’ evento della morte dei pazien+ abbia un effe)o cumula+vo, fino ad essere pressochè costante nel tempo, sulle sensazioni e sulle conseguenze esperite. (Figura 3). 4. Ges�one delle emozioni e delle eventuali conseguenze

nega�ve della morte dei pazien�:

Nove infermieri su quindici indicano come l’autoriflessione sulle esperienze vissute in ambito lavora+vo sia di aiuto nella ges+one delle conseguenze del lu)o per la morte dei pazien+. La maggior cura di sé stessi a)raverso l’a)uazione di comportamen+ quali lo svolgimento di esercizio fisico, aBvità distraBve, l’assunzione di un regime alimentare bilanciato e salutare, ore di sonno adeguate, e tempo libero per sé, ha raccolto 2 risposte. Anche il fa)o di “venire a paB” con la morte del bambino o neonato è ritenuto u+le da due professionis+. La separazione dell’aBvità lavora+va dalla vita personale e la presa di distanza emozionale abituale dall’evento sono modi per affrontare il vissuto lavora+vo in una risposta per ognuno di ques+ ul+mi items. (Figura 4) 5. Fa�ori implica� nella elaborazione del lu�o vissuto in

ambito professionale

La vicinanza emo+va verso l’ul�mo neonato o bambino assis+to durante il processo di morte è stata elevata in 6 infermieri su 15 e di livello medio in due risposte; 6 infermieri dichiarano a)eggiamen+ di distacco emo+vo, dei quali 3 esprimono un esplicito intento difensivo. Il ricordo dei bambini assis++ nell’accompagnamento alla morte è stre)amente legato alla sofferenza vissuta dai piccoli pazien+, ma vede una parte significa+va nell’empa+a verso la sofferenza manifestata dai genitori e, nonostante l’apparente distacco, viene presentato come inevitabile l’essere travol+ dalle emozioni trasmesse dai familiari dei pazien+. Questo comporta un carico di sofferenza per l’operatore, nonostante l’apparenza di un basso coinvolgimento emo+vo (2 risposte). La patologia ad insorgenza e decorso rapidi, la morte improvvisa del paziente, o “l’assurdità dell’evento che l’ha causata”, non perme)e agli infermieri di metabolizzare questo evento trauma+co (3 risposte). Un infermiere definisce con parole commoven+ come un bambino sia stato “strappato alla vita”

0 2 4 6 8 10 12 14 16

Tristezza

Delusione

Pensieri ricorrenti su un pz deceduto

Sofferenza

Impotenza

Ingiustizia

Inquietudine

Rabbia

Sconfitta

Mancanza di senso nella morte di un pz

Sollievo

Ansia

Frustrazione

Pensieri sulla morte dei propri cari

Vulnerabilità

0 2 4 6 8 10 12 14

Pianto

Atteggiamento ipercritico

Cefalea

Esaurimento fisico

Mancata realizzazione personale

Minore autostima professionale

Depressione

Dolenzia muscolare

Astensione dal lavoro per malattia

Figura 2: Sensazioni percepite dagli infermieri in seguito alla morte dei

pazien� assis��

Figura 3: Conseguenze che gli infermieri avvertono in seguito alla morte dei

pazien� assis��

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Cure di fine vita

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per meglio illustrare il suo percepito in questo caso. Situazioni familiari del bambino par+colarmente difficili, già gravate da preceden+ luB, hanno lasciato una forte impronta emozionale in un altro infermiere. Negli ul+mi istan+ di vita del paziente gli infermieri favoriscono ed incen+vano il conta)o genitori-bambino; l’intera unità opera+va promuove questa vicinanza, assumendola a pra+ca nella filosofia della Terapia Intensiva Pediatrica. Due infermieri ricordano le cure fisiche ed igieniche prestate assieme ai genitori ai bambini nei momen+ preceden+ l’espianto degli organi per la donazione. L’accompagnamento ad una morte serena e dignitosa di un bambino con prognosi infausta viene ricordato con emozione da un’infermiera ed è un conce)o di importanza fondamentale per chi svolge la professione infermieris+ca. Un altro professionista afferma di avere ancora impresso nella mente il primo bambino da lui assis+to durante il processo di morte. Anche la solarità ed il sorriso del paziente nei momen+ in cui non è sedato ed è libero dal dolore incidono sui ricordi di un professionista sanitario. Un infermiere racconta di ricordare molto bene un bambino assis+to molto tempo prima, di essere rimasto sconvolto dalla sua vicenda umana e talvolta di sognarlo ancora. Le emozioni legate all’evento sono ricordate anche a distanza di tempo (10 infermieri). Le stesse emozioni sono definite in un solo caso come quasi sempre simili per ogni paziente morente, mentre per i restan+ 14 infermieri le percezioni sono sempre diverse. Questa parte del campione delinea vari fa)ori che concorrono a diverse conseguenze della morte dei pazien+ sugli infermieri. Il grado di vicinanza emo+va instaurato con i genitori dei bambini assis++ influenza in modo importante (6 risposte) le percezioni degli infermieri. L’età del paziente influisce sul vissuto dei professionis+ sanitari (5 risposte) in quanto, aggiunge un infermiere, indica la presenza di un legame già instaurato tra il bambino ed i membri della sua famiglia: la morte di un paziente in età pediatrica determina percezioni e conseguenze più significa+ve rispe)o alla morte di un neonato. Il +po di patologia del paziente; decorso e gravità, la reale aspe)a+va di vita del bambino e le cause della morte hanno o)enuto 4 risposte. Sono sta+ espressi altri fa)ori condizionan+: il tempo di permanenza in reparto (3 risposte), la presa in carico assistenziale dire)a, il rapporto con il paziente e la conoscenza più o meno approfondita del bambino (4 risposte); la sua storia e la durata della sua sofferenza (1 risposta). L’esperienza personale e professionale dell’infermiere è iden+ficata come un fa)ore determinante sulle diverse percezioni e capacità di elaborazione del lu)o vissuto in ambito professionale (3 infermieri); dalle risposte fornite una parte del campione afferma di essere

emo+vamente più coinvolto nel caso in cui il paziente abbia la stessa età dei bambini con i quali abbia un rapporto affeBvo (2 infermieri). Due infermieri infine esprimono difficoltà nel delineare i fa)ori che incidono sulle diverse percezioni e conseguenze della morte dei pazien+ assis++. 6. Suppor� emo�vi

A questa domanda stru)urata era stata concessa la possibilità di fornire più risposte oppure una risposta aperta. I suppor+ informali messi in a)o dai professionis+ sanitari a seguito di esperienze di lu)o vissuto in ambito professionale sono per la maggior parte cos+tui+ da conversazioni con colleghi (5 risposte), segui+ da conversazioni con i familiari (4 risposte) o con il partner (3 risposte). Gli amici sono coinvol+ nel sostegno emo+vo per 2 infermieri, mentre il supporto religioso o la frequentazione di gruppi spirituali sono preferi+ in un caso. Gli infermieri indicano, nella preferenza di suppor+ formali qualora fossero resi disponibili, la partecipazione a sessioni di gruppi di supporto (10 risposte). La psicoterapia e la creazione di seminari specifici crea+ appositamente per infermieri di area cri+ca pediatrica raccolgono la preferenza di 3 operatori. La scelta di interven+ suppor+vi all’elaborazione del lu)o a livello aziendale ha o)enuto 2 risposte. Stesso numero di risposte per l’implementazione educa+va durante la formazione e l’aggiornamento professionale. Gli interven+ di counselling individuale hanno raccolto il favore di un professionista. (Figura 5). 7. Significa� posi�vi derivan� dalle esperienze di assistenza a

pazien� moren�

A questa domanda stru)urata era stata concessa la possibilità di fornire più risposte oppure una risposta aperta. In 8 risposte gli infermieri hanno affermato di me)ere in a)o una ricerca personale di significato della morte e della malaBa di un bambino. La consapevolezza di un maggiore significato della vita, dopo le tris+ esperienze vissute ha o)enuto la preferenza di 6 infermieri. Risulta+ di crescita personale sono sta+ espressi da 3 professionis+, mentre una maggiore a)enzione prestata ad altre persone per loro significa+ve figura in 2 risposte. Un esito di rafforzamento dei valori spirituali personali è stato evidenziato in una risposta. L’a)enzione all’accompagnamento di un paziente ad una morte serena e dignitosa, so)olineata da un’infermiera, assume un importante significato posi+vo per l’assistenza infermieris+ca.

Discussione

I pun+ salien+ nei risulta+ di questo studio esplora+vo possono essere così riassun+: - L’ambito emozionale risente delle esperienze di assistenza a bambini moren+ per 14 infermieri su 15. - Le ripercussioni di queste esperienze si rifle)ono sulle modalità di rapporto con i pazien+, sulle relazioni con i propri

0 2 4 6 8 10

Auto riflessione

Maggior cura di sé stessi

Venire a patti con la morte del bambino

Distanza emozionale

Separazione lavoro/vita personale

0 2 4 6 8 10 12

Gruppi di supporto

Psicoterapia

Seminari per infermieri di unità critica pediatrica

Supporti aziendali per l’elaborazione del lutto

Aggiornamento professionale mirato

Interventi di counselling individuale

Figura 4: Come vengono ges�te dagli infermieri le emozioni e le

conseguenze della morte dei pazien� Figura 5: Fon� di supporto formale che gli infermieri userebbero qualora

fossero rese disponibili

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

familiari e colleghi, sulla sfera fisica degli infermieri e sulle prestazioni professionali. - I fa)ori implica+ nell’elaborazione del lu)o vissuto in ambito professionale riguardano principalmente il grado di vicinanza emo+va instaurata con il paziente e con i suoi genitori, la presa in carico assistenziale dire)a, la durata della degenza, la storia e il grado di sofferenza del paziente e della sua famiglia. - Gli infermieri ges+scono le conseguenze dei vissu+ lavora+vi prevalentemente a)raverso a)eggiamen+ di autoriflessione. - Gli infermieri della Terapia Intensiva Pediatrica non ricevono un supporto stru)urato specialis+co per area cri+ca pediatrica da parte dell’azienda di impiego ma si affidano a fon+ di supporto informali. I professionis+ dell’assistenza si sono rivela+ interessa+ a fon+ di supporto specialis+che, qualora rese disponibili dall’azienda; 6 infermieri su 15 hanno espresso più preferenze. L’aBvazione di gruppi di supporto ha visto la maggioranza delle risposte, seguita da sessioni di psicoterapia e seminari crea+ appositamente per il supporto ad infermieri dell’area cri+ca pediatrica. I principali significa+ posi+vi emersi sono la ricerca personale di un senso nella morte e nella malaBa di un bambino e la sensazione di un più alto significato della vita, ma viene posta anche a)enzione all’accompagnamento del paziente morente verso una morte serena e dignitosa. L’adesione allo studio è stata del 60% sul totale degli infermieri del reparto di Terapia Intensiva Pediatrica. Alcuni infermieri dell’unità opera+va si sono rivela+ interessa+ alla presente ricerca, con alcuni di essi sono state intavolate interessan+ discussioni ed approfondimen+ sull’argomento in esame. Altri infermieri invece hanno so)olineato una notevole difficoltà di compilazione del ques+onario, mo+vandola con l’alto impegno emo+vo richiesto dalle risposte. Emerge quindi una riflessione su quanto debba essere difficoltosa l’elaborazione, o la rielaborazione, delle delicate esperienze vissute in questo ambito lavora+vo. I risulta+ o)enu+ dal presente studio esplora+vo confermano sostanzialmente quelli riporta+ dalla le)eratura di riferimento. La sfera emozionale risente delle conseguenze del lu)o vissuto in ambito professionale per la quasi totalità dei professionis+; a queste si accompagnano cambiamen+ nella modalità di relazione verso i pazien+. Quest’ul+mo aspe)o non può essere ignorato in quanto potrebbe condurre ad una diminuita qualità dell’assistenza erogata e del supporto fornito ai genitori dei piccoli pazien+. Calamandrei (6) affermava, commentando il precedente Codice Deontologico (1999), che l’infermiere che assiste un paziente in fase terminale può vivere egli stesso un processo di lu)o più o meno intenso, col rischio di una grande sofferenza personale ed un sostegno poco efficace al morente ed alle persone che gli stanno accanto. Gli operatori sanitari che si occupano di pazien+ moren+ sono defini+ da Doka (7) come ”disenfranchised grievers”. Questa locuzione definisce coloro ai quali non è legiBmato esternare espressioni di lu)o. Le regole sociali indicano chi può manifestare il lu)o (in genere i familiari streB) ed anche la modalità con cui ci si aspe)a che questo avvenga. Questo stato di delegiBmazione nell’espressione del cordoglio per una perdita è riconosciuto come uno dei fa)ori che può portare ad una complicazione del lu)o (8), accentuata dal fa)o che le fon+ di supporto sono precluse o rido)e. Le reazioni emo+ve, in ques+ casi, sono più intense (7). La relazione degli infermieri con i propri familiari risente delle esperienze vissute in ambito lavora+vo, suggerendo come queste possano avere sui professionis+ un impa)o tale da non perme)ere una separazione del lavoro dalla vita personale.

Le prestazioni professionali e la salute fisica sono aree toccate in misura minore da cambiamen+, tu)avia 3 risposte su 15 possono essere considerate significa+ve per due ambi+ così rilevan+. Sebbene i restan+ 12 professionis+ abbiano dichiarato di non percepire variazioni nelle proprie prestazioni professionali e nella salute in seguito alla morte dei pazien+, sono emerse delle incoerenze nelle risposte da loro fornite ad altre domande. Negli stessi documen+ sono state infaB date una o più risposte afferma+ve per alterazioni del sonno e dell’appe+to, cefalea, esaurimento fisico, dolenzia muscolare, minore energia, depressione, difficoltà di concentrazione, aumentata susceBbilità a malaBe, astensione dal lavoro per malaBa a)ribuibili dai professionis+ a conseguenze della morte dei pazien+ assis++. Lo stesso fenomeno era stato evidenziato da Casadio (9) in una ricerca condo)a su infermieri che assistono pazien+ adul+ moren+. Anche Dixon (10) aveva evidenziato problema+che simili nella loro ricerca. Emergono quesi+ sulla consapevolezza ed il riconoscimento da parte degli infermieri delle ripercussioni delle esperienze vissute durante lo svolgimento del loro mandato professionale. Le emozioni e le sensazioni vissute dagli infermieri partecipan+ a questo studio rispecchiano quanto evidenziato dalla le)eratura. Vengono espresse principalmente tristezza, pensieri ricorren+ su un paziente deceduto, senso di sofferenza personale, di impotenza, rabbia e sconfi)a. In questo studio il senso di colpa per la morte del paziente è stato percepito in misura molto bassa, diversamente da quanto indicato da Costa (1). A differenza di altre ricerche, la presente analizza anche le emozioni vissute in base al sesso ed al ruolo genitoriale degli infermieri, per cui non ci sono da+ confrontabili. Gli infermieri di sesso maschile hanno dato, in proporzione, meno risposte afferma+ve riguardan+ le emozioni e le conseguenze personali, sociali e professionali del lu)o. Fa)ori sociali e culturali possono essere implica+ nelle risposte o)enute. La totalità degli stessi professionis+ maschi ha partecipato però allo studio e risposto generalmente a tu)e le domande, mentre l’adesione alla ricerca da parte delle infermiere dell’unità opera+va è stata del 50%. Le conseguenze personali, sociali e professionali emerse sono in linea con quanto riportato in le)eratura, ad eccezione dell’astensione dal lavoro per malaBa, come evidenziato da Costa (1) e Downey (11), che nello studio a)uale è un problema espresso da un solo infermiere. La ges+one delle emozioni vede, quale metodo più usato, l’autoriflessione sulle esperienze vissute nell’assistenza a pazien+ moren+, come riportato anche dallo studio di Rasho)e (12). I fa)ori emersi in questo studio che sono implica+ nell’elaborazione del lu)o, ma non sono sta+ evidenzia+ da preceden+ ricerche, sono il ricordo della storia dei piccoli pazien+, ma anche la solarità ed il sorriso dei bambini assis++ quando erano liberi dal dolore, l’età del bambino, il pensiero verso bambini della stessa età con i quali ci sia un rapporto affeBvo, il precedente vissuto personale dell’infermiere e il ricordo del conta)o tra bambini e genitori negli ul+mi istan+ di vita del piccolo prima dell’espianto per la donazione degli organi. Me)ere in luce queste esperienze, anche se non modificabili, può dare un aiuto per una migliore comprensione dei vissu+ e delle mo+vazioni alla base della sofferenza dei professionis+ sanitari. Come riportato anche da due studi preceden+ (1, 13) gli infermieri partecipan+ a questa ricerca non ritengono sufficiente la preparazione ricevuta durante il percorso forma+vo di base sul lu)o e la sua elaborazione; le conseguenze si possono rifle)ere sia sul vissuto del professionista sanitario che sulla qualità del

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supporto fornito ai familiari dei pazien+. Gli infermieri si avvalgono di suppor+ informali, da+ dal confronto con colleghi, conversazioni con familiari, partner, amici e religiosi; gli studi che tra)ano il supporto emozionale riportano l’uso di queste metodiche (2-4,9-13,16), anche se l’efficacia è a volte ritenuta controversa (2,4). In le)eratura si indica la necessità di fornire agli infermieri la disponibilità di diverse fon+ di supporto, secondo richieste specifiche dei professionis+ sanitari (10, 14-16). Non è possibile fare un confronto sulle fon+ di supporto fornite poiché gli infermieri dell’unità opera+va coinvolta al momento dello svolgimento dello studio non stavano usufruendo di nessun supporto stru)urato specifico e con+nua+vo per l’area cri+ca pediatrica da parte dell’azienda di impiego. Sei infermieri su quindici in questo studio hanno optato per la scelta di più possibilità suppor+ve, qualora fossero messe a disposizione; tu)avia, quella che ha o)enuto un maggior favore è stata la richiesta di aBvazione di sessioni di gruppi di supporto, diversamente da quanto indicato dagli studi preceden+. “La condivisione estemporanea”, afferma Biondi, “facilita la possibilità di “svuotarsi” dal carico emo+vo e condividere le emozioni, ma l’elaborazione all’interno del gruppo terapeu+co perme)e piu)osto la loro trasformazione in pensieri aB a mentalizzare l’esperienza vissuta” (2). Si può realizzare in questo modo un’integrazione tra la parte emo+va, inconscia, e quella razionale, conscia. Il presente studio ha indagato specificamente i significa+ posi+vi emersi per gli infermieri in seguito alla morte dei pazien+; non esiste un’analisi simile nelle altre ricerche esaminate, ad eccezione di un lavoro nell’ambito delle scienze sociali che si riferisce a sviluppi teorici recen+ (17). Nella maggior parte delle risposte gli infermieri hanno espresso, come risultato posi+vo derivante dalle esperienze di assistenza a pazien+ moren+, una ricerca personale di significato della morte e della malaBa. Secondariamente emergono una più alta consapevolezza del valore della vita e l’espressione di un risultato di crescita personale, che sono in linea con lo studio di Taubman (17). L’a)enzione all’accompagnamento di un paziente verso una morte serena e dignitosa assume un significato posi+vo anche alla luce di quanto affermava Virginia Henderson, fra le prime teoriche ad includere aspeB spirituali nell’assistenza infermieris+ca (18). La soddisfazione professionale espressa corrisponde ad una media di 3,6 pun+ su una scala da 0 a 5, con una mediana pari a 4. Questo valore è probabilmente associato alle due principali mo+vazioni espresse per la scelta dell’area lavora+va: l’amore per i bambini e lo s+molo professionale offerto dall’impiego in area cri+ca.

Conclusioni

L’assistenza a bambini moren+ solleva comprensibilmente

ques+oni emo+ve ed e+che ma anche organizza+ve. La possibilità dell’abbandono della professione o la richiesta di cambiare area clinica sono conseguenze da non so)ovalutare, con ripercussioni sui cos+ aziendali per la formazione di nuovo personale. Gli studi reperi+ nella le)eratura internazionale su questo argomento sono pochi; non sono sta+ trova+ studi italiani analoghi in ambito pediatrico. La presenza di un numero esiguo di lavori in le)eratura è un dato che so)olinea come il tema del lu)o vissuto dagli infermieri in ambito professionale sia un problema non completamente riconosciuto; non c’è consapevolezza e riconoscimento sociale del fenomeno, ed a volte anche l’autoconsapevolezza da parte degli stessi infermieri non è completa. La presente ricerca evidenzia le effeBve esperienze di sofferenza degli infermieri che si occupano di neona+ e bambini moren+. Le conseguenze si rifle)ono sul piano personale, sociale e sulla sfera della salute degli infermieri, con ripercussioni sulla loro professionalità. La maggior parte degli infermieri del campione (9 risposte) afferma che il susseguirsi con+nuo dell’ evento della morte dei pazien+ ha un effe)o cumula+vo sulle sensazioni e sulle conseguenze esperite fino ad essere pressochè costante nel tempo. Le esperienze di lu)o per la morte dei pazien+ e le conseguenze a carico degli infermieri sono indubbiamente so)ovalutate, ma non dovrebbero essere trascurate. I professionis+ fanno emergere, con le loro risposte a questa ricerca, un forte suggerimento della necessità di aBvazione di suppor+ specialis+ci per gli infermieri di area cri+ca pediatrica da parte dell’azienda di impiego. Come riportato anche da altri studi, (7, 14-16) si vuole so)olineare l’importanza della disponibilità di più risorse di supporto per rispondere alle specifiche necessità degli infermieri; le stesse dovrebbero essere a disposizione in qualsiasi momento e non solamente in casi di grave ed urgente necessità. Le fon+ di supporto dovrebbero cos+tuire parte integrante dell’unità opera+va, per il perseguimento ed il mantenimento della più elevata qualità assistenziale al paziente ed ai familiari. Si potrà così conservare la capacità di instaurare una efficace relazione terapeu+ca con tuB i pazien+, fornire un sostegno efficace ai loro familiari, minimizzando nel contempo le conseguenze nega+ve per gli infermieri. In seguito a questo studio e sulla base dei risulta+ emersi è stato aBvato dall’anno 2010 un servizio di supporto per gli infermieri del reparto di Terapia Intensiva Pediatrica. Il servizio, del quale gli infermieri possono avvalersi in caso di necessità personale, è moderato da una psicologa clinica e consiste in incontri di gruppo con svolgimento a cadenza regolare. Si so)olinea come sia di fondamentale importanza l’autoconsapevolezza dei professionis+ e la capacità di riconoscere i sintomi disfunzionali e la necessità di un aiuto specialis+co. Limi+ dello studio e indicazioni per future ricerche: i limi+ di questo studio consistono nella bassa numerosità del campione e nella sua applicazione ad una sola unità opera+va di area cri+ca pediatrica. Sarebbe interessante ampliare il campione proponendo la ricerca in altre terapie intensive pediatriche italiane. Il supporto emozionale prestato agli infermieri che si occupano di pazien+ pediatrici moren+ e la conseguente verifica della sua efficacia sono i temi propos+ per future ricerche.

Ringraziamen�

Si ringraziano gli infermieri della Terapia Intensiva Pediatrica dell'Azienda Ospedaliera di Padova per la preziosa

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IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

7- Doka K.J., Disenfranchised grief in historical and cultural perspec�ve. In: M.S Stroebe,

R.O. Hansson, H. Shut, W. Stroebe, Handbook of bereavement research and prac�ce.

Advances in theory and interven�ons Washington, DC: American Psychological

Associa�on (2008) pp. 223-240

8- Rando T.A. Treatment of complicated mourning. Champaign, IL: Research Press., 1993.

9- Casadio, G. Il sen�mento del lu�o nell’infermiere (Tesi di Laurea) Ferrara, 2006

10- Dixon D., Vodde R., Freeman M., Higdon T., Mathiesen S.G. Mechanisms of support:

coping with loss in a major children's hospital. Soc Work Health Care 2005; 41(1):73-89

11- Downey V., Bengiamin M., Heuer L., Juhl N. Dying babies and associated stress in

NICU nurses. Neonatal Netw 1995; 14(1):41-6

12- Rasho�e J., Fothergill-Bourbonnais F., Chamberlain M. Pediatric intensive care nurses

and their grief experiences: a phenomenological study. Heart Lung 1997;26(5):372-86

13- Lee K.J., Dupree C.Y. Staff experiences with end-of-life care in the pediatric intensive

care unit. J Palliat Med 2008;11(7):986-90

14- Yam B.M., Rossiter J.C., Cheung K.Y. Caring for dying infants: experiences of neonatal

intensive care nurses in Hong Kong. J Clin Nurs 2001;10(5):651-9

15- Ewing A.E.,Carter B.S. Once again, Vanderbilt NICU in Nashville leads the way in 16-

nurses' emo�onal support. Pediatr Nurs 2004;30(6):471-2

16- Meadors P., Lamson A. Compassion fa�gue and secondary trauma�za�on: provider

self care on intensive care units for children. J Pediatr Health Care 2008; 22(1):24-34

17- Taubman-Ben-Ari O.& Weintroub A. Meaning in life and personal growth among

pediatric physicians and nurses. Death Stud 2008; 32(7):621-45

18- Henderson V. Principi fondamentali dell’assistenza infermieris�ca, edizione curata dal

Consiglio Internazionale delle Infermiere (ICN), Ginevra Edizione (1973)

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disponibilità e collaborazione.

Il presente lavoro è stato presentato come comunicazione

orale al III Congresso della European Academy of Paediatric

Socie�es, Copenhagen, Danimarca, 23-26 O�obre 2010.

Menzione speciale "Premio di laurea Charles West" SISIP 2009

Bibliografia 1- Costa J.C., Lima R.A. Team mourning: revela�ons of nursing professionals on the care

provided to children/adolescents in the process of death/dying. Rev. La�no-Am

Enfermagem 2005; 13(2):151-7

2- Biondi G, Tabarini P. Gli operatori sanitari e il lu�o tra acuzie e cronicità. Il processo di

elaborazione. In: Sgarro M. (a cura di). Il lu�o in psicologia clinica e psicoterapia. Torino:

Centro Scien�fico Editore, 2008; pp. 117-125

3- Contro N.A., Larson J., Scofield S., Sourkes B., Cohen H.J. Hospital staff and family

perspec�ves regarding quality of pediatric pallia�ve care. Pediatrics 2004;114:1248-1252

4- Rickerson E.M., Somers C., Allen C.M., Lewis B., Strumpf N., Casare� D.J. How well are

we caring for caregivers? Prevalence of grief-related symptoms and need for

bereavement support among long-term care staff. J Pain Symptom Manage 2005;30

(3):227-33

5- Fain, J.A. La ricerca infermieris�ca. Leggerla, comprenderla e applicarla. Milano: Mc

Graw-Hill, 2004

6- Calamandrei C., D’Addio L. Commentario al nuovo codice deontologico dell’infermiere.

Milano: Mc Graw-Hill 1999.

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Introduzione

La cellula staminale emopoie+ca (CSE) è una cellula non ancora differenziata, pluripotente, capos+pite di tuB gli elemen+ fondamentali del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Le CSE sono contenute in prevalenza nell'interno del midollo osseo, ma possono essere presen+ anche nel sangue periferico e nel sangue del cordone ombelicale al momento della nascita. Il trapianto di cellule staminali emopoie+che rappresenta, a)ualmente, la terapia di elezione per il tra)amento di numerose malaBe ematologiche e non ematologiche (leucemie, linfomi, mielomi, tumori solidi, malaBe congenite del metabolismo, immunodeficienze e malaBe autoimmuni). L'obieBvo del trapianto di CSE è quello di fornire al ricevente una popolazione di cellule staminali sane che si differenzino in cellule ema+che per rimpiazzare gli elemen+ cellulari deficitari e/o patologici dell'ospite. Il cordone ombelicale con+ene una significa+va quota di CSE mul+poten+, in grado di produrre un completo ripopolamento midollare e di avviare un’emopoiesi a lungo termine in pazien+ pediatrici. Le cellule staminali cordonali sono di maggiore uso nel paziente pediatrico in quanto esiste un giusto rapporto tra cellularità del campione prelevato e peso del paziente. Il sangue del cordone ombelicale consente,

quindi, di impiegare con beneficio un elemento ritenuto “a perdere”. La donazione di sangue cordonale, che è sicura e indolore sia per la madre che per il nascituro, può essere di tre +pi: Donazione pubblica (allogenica): questa modalità prevede fini solidaris+ci, secondo i quali il cordone prelevato viene conservato in banche pubbliche per essere u+lizzato da chiunque ne avesse bisogno. La donazione per uso allogenico è volontaria, gratuita e anonima; Donazione privata (autologa): prevede la conservazione del sangue cordonale ad uso esclusivo del bambino da cui è stato prelevato, qualora ne avesse bisogno. Tale procedura in Italia non è consen+ta dalla legge: qualora una donna volesse effe)uare questo +po di donazione deve farlo in banche estere e completamente a spese proprie; “Donazione dedicata”: il cordone viene conservato per uso autologo qualora tra i consanguinei del nascituro sia presente una patologia per la quale è riconosciuto clinicamente valido e appropriato l’uso terapeu+co delle cellule staminali cordonali. Obie�vi dello studio

Vista l’importanza in campo medico-sanitario della donazione del sangue cordonale, si è voluto effe)uare uno studio che

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Alice Rossini, M. Eleonora Basso, Rosy Di Bella, Teresa Bordone, Gianni Bona Università degli Studi Amedeo Avogadro, Corso di Laurea in Scienze Infermieris�che Pediatriche, Novara

[email protected]

Il ruolo dell’infermiere pediatrico Il ruolo dell’infermiere pediatrico Il ruolo dell’infermiere pediatrico Il ruolo dell’infermiere pediatrico nell’informazione e nella promozione della nell’informazione e nella promozione della nell’informazione e nella promozione della nell’informazione e nella promozione della

donazione del cordone ombelicaledonazione del cordone ombelicaledonazione del cordone ombelicaledonazione del cordone ombelicale Abstract

Il trapianto di cellule staminali emopoie�che rappresenta, a�ualmente, la terapia di elezione per il tra�amento di numerose mala)e

ematologiche e non ematologiche. Il cordone ombelicale con�ene una significa�va quota di cellule staminali emopoie�che mul�poten�, in

grado di produrre un completo ripopolamento midollare e di avviare un’emopoiesi a lungo termine in pazien� pediatrici.

Obie)vi dello studio: Valutare la conoscenza delle donne riguardo la donazione del cordone ombelicale e valutare l’aderenza alla donazione

del cordone ombelicale.

Campione dello studio: due popolazioni dis�nte, raccolte nell’ Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità di Novara e nell’Ospedale Sant’Anna

di Torino.

Materiali e metodi: u�lizzo di un ques�onario scri�o, anonimo, a risposta mul�pla.

Risulta�: la conoscenza riguardo la donazione cordonale risulta incompleta e poco precisa. Dall’analisi emerge una scarsa informazione

proveniente dal personale medico-sanitario competente, alla quale consegue una conoscenza superficiale e poco scien�fica riguardo

l’argomento.

Conclusioni: I risulta� dello studio fanno rifle�ere sul potenziale impa�o che noi operatori sanitari possiamo avere nell’informazione e

promozione della donazione del cordone ombelicale. L’informazione, l’educazione e la promozione della donazione cordonale è di nostra

competenza in quanto operatori sanitari in campo pediatrico, sopra�u�o in contes� in cui si ha ancora scarsa conoscenza a riguardo. Per

ques� mo�vi, si propone un libre�o informa�vo da so�oporre nei pun� nascita e des�nato alle donne in gravidanza.

The role of Children's Nurses in promoting the umbilical cord donationThe role of Children's Nurses in promoting the umbilical cord donationThe role of Children's Nurses in promoting the umbilical cord donationThe role of Children's Nurses in promoting the umbilical cord donation Hematopoie�c stem cells transplanta�on is currently the elec�ve treatment for several blood diseases. The umbilical cord contains a

significant amount of hematopoie�c stem cells which can determine a complete repopula�on of bone marrow and start a long term

hematopoiesis in children.

Goals: to evaluate the awareness of a popula�on of Italian women regarding umbilical cord dona�on and their par�cipa�on to it.

Materials and methods: cross-sec�onal study, carried out using anonym ques�onnaires on a popula�on of women who recently delivered in

two Hospitals of the provinces of Turin and Novara, Italy.

Results: the knowledge Italian women have about the umbilical cord dona�on is largely incomplete and inaccurate. Informa�on given by

healthcare professionals is insufficient and fragmentary.

Conclusions: the results of this study suggest that healthcare professionals should have a greater role in giving informa�on about and

promo�ng umbilical cord dona�on. In par�cular Children's Nurses have a specific commitment to pa�ent health educa�on. An informa�on

leaflet on umbilical cord dona�on is proposed, to be distributed in maternity wards.

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avesse i seguen+ obieBvi: - Valutare la conoscenza delle donne riguardo la donazione del cordone ombelicale. Con tale obieBvo si vuole sondare l’en+tà e la qualità delle informazioni riguardo a tale argomento, che giungono all’a)enzione delle donne in prossimità del parto. - Valutare l’aderenza alla donazione del cordone ombelicale.

Materiali , sogge� e metodi

Per effe)uare lo studio, si è scelto di lavorare su due popolazioni dis+nte: Popolazione 1: composta da 126 donne italiane afferen+ al corso pre-parto per la loro prima gravidanza; Popolazione 2: composta da 121 donne italiane primipare nell’immediato post-parto. Le due popolazioni si sono ricercate nei corsi pre-parto e nei repar+ di Ostetricia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità di Novara e dell’Azienda Ospedaliera Sant’Anna di Torino. Sul totale della popolazione, composta da 247 donne, 144 provengono da Novara e 103 da Torino. La scelta di studiare due popolazioni dis+nte ha lo scopo di confrontare le due casis+che ed individuare il ruolo del corso pre-parto nell’informazione riguardo la donazione: si ri+ene, infaB, che tale corso rappresen+ un momento topico dal punto di vista informa+vo/sicien+fico. Inoltre la scelta di studiare un campione di donne italiane non vuole essere un approccio discriminatorio verso gli stranieri, ma ha il significato di una maggiore possibilità di comprensione rispe)o a una problema+ca che si apre ad ampi dibaB+ e+ci. Come strumento dello studio si è scelto di u+lizzare due ques+onari dis+n+ per le due popolazioni. Entrambi i ques+onari sono sta+ formula+ in forma scri)a e a risposta mul+pla: si è scelta tale modalità per garan+re l’anonimato della donna che partecipa allo studio. Precedentemente alla somministrazione di ques+ strumen+ alla popolazione in esame, è stata richiesta l’autorizzazione alla Direzione Sanitaria dei due Ospedali coinvol+. O)enuto il permesso di effe)uare questo studio, si sono poi informa+ e coinvol+ i Responsabili dell’organizzazione dei corsi pre-parto e dei repar+ di Ostetricia di entrambi gli ospedali. Inoltre, è stato chiesto un consenso verbale ad ogni donna che compilava il ques+onario, informandola sulle modalità e le finalità dello studio. Il ques+onario formulato per la Popolazione 1 (donne afferen+ al corso pre-parto) è formato da: - tre domande introduBve su alcuni da+ personali rela+vi alla donna che partecipa allo studio (età, professione, preceden+ abor+ spontanei); - alcune domande per valutare la conoscenza generale della donna riguardo alla donazione del cordone e per individuare la fonte da cui sono pervenute alla donna le informazioni su tale argomento: “Ha già sen�to parlare della donazione del

cordone ombelicale?” “Se si, da quale fonte?” “E’ a

conoscenza della modalità con cui avviene la donazione del

cordone ombelicale e dei centri in cui si può effe�uare?”

- due domande per sondare la consapevolezza della donna riguardo alle problema+che e+che legate alla donazione di cellule staminali cordonali: “Ha già sen�to parlare delle

implicazioni e�che riguardo alla donazione del cordone

ombelicale?” “In Italia è possibile effe�uare la donazione

pubblica (gratuita e volontaria), grazie alla quale il cordone

della donatrice viene conservato in Banche pubbliche per

l’u�lizzo di chi ne avesse bisogno. A�ualmente, però, la

donazione privata (grazie alla quale la donna donatrice, può

conservare il cordone ombelicale nel caso in cui suo figlio ne

avesse bisogno) è a spese della donna donatrice. Ri�ene

giusta l’a�uale situazione in Italia?” - una domanda finale per individuare un’opinione personale della donna che partecipa allo studio riguardo alla donazione pubblica di sangue cordonale: “Ri�ene che sia u�le la

donazione pubblica del cordone ombelicale?” “Se No,

perché?”. Il ques+onario formulato per la Popolazione 2 (donne nel post-parto) è analogo al primo ques+onario, con l’aggiunta di una sola domanda, con la quale si vuole studiare l’aderenza alla donazione del cordone ombelicale nella popolazione in esame: “Al momento del parto, ha effe�uato la donazione del

cordone ombelicale?” L’applicazione di ques+ due strumen+ è avvenuta nel periodo 16 aprile 2010 - 31 maggio 2010 negli ospedali scel+.

Risulta�

Come prima considerazione, si è constatata una buona partecipazione allo studio da parte delle donne delle popolazioni in esame. Tu)e le donne a cui è stato somministrato il ques+onario hanno acce)ato di rispondere con un discreto interesse. Questo risultato è stato favorito indubbiamente dalla scelta di assicurare l’anonimato della donna partecipante allo studio e dalla velocità e semplicità di compilazione dei ques+onari. Dall’analisi dei risulta+ della prima domanda, è emerso che l’età delle donne partecipan+ allo studio è discretamente elevata: circa il 60% delle donne partecipan+ allo studio ha un’età compresa tra 31 e 40 anni. Avendo scelto come campione le donne alla prima gravidanza, il risultato o)enuto dalla prima domanda rispecchia chiaramente l’a)uale aumento dell’età media in cui una donna intraprende la sua prima gravidanza. È risultato, inoltre, che la maggior parte delle donne partecipan+ allo studio appar+ene a un livello socio-culturale medio. Dai risulta+ della terza domanda dei ques+onari si nota che il 15% delle donne della popolazione in esame ha avuto abor+ spontanei. Si so)olinea che una delle mo+vazioni per porre questa domanda era quella di verificare se queste donne fossero più informate in termini scien+fici, in quanto, avendo avuto abor+ spontanei, si erano so)oposte durante la gravidanza a valutazioni di secondo livello. Ai fini dello studio, si vuole evidenziare che nella Popolazione 1 (donne afferen+ al corso pre-parto) le donne che dichiarano di non aver mai sen+to parlare della donazione cordonale sono il 9,5% a Novara e solo l’1,9% a Torino (Tabella 1). Tu)avia, dalla tabella 1 emerge un dato che so)olinea una conoscenza superficiale del problema donazione, abbastanza diffusa nella popolazione. InfaB le donne che a)estano di essere “ben informate” riguardo all’argomento sono solamente il 27% nella casis+ca di Novara e il 25% nella casis+ca di Torino. Questo secondo risultato ci suggerisce la presenza di un’informazione non così completa e precisa riguardo alla donazione del cordone ombelicale. A conferma di ciò, si nota che la percentuale di donne nella Popolazione 1 che conoscono la modalità della donazione e i centri in cui si può effe)uare è solo il 24,6% nella casis+ca di Novara e il 28,8% nella casis+ca di Torino. La fonte informa+va più segnalata dalle partecipan+ allo studio si rivela essere internet con una percentuale di 23,8% per la casis+ca di Novara e di 23,9% per la casis+ca di Torino.

Novara Torino

Si, sono ben informata 27% 25% Si, vagamente 63,5% 73,1%

No, mai 9,5% 1,9%

Tabella 1: conoscenza della donazione di cordone

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Educazione sanitaria

89

specificato dall’ar+colo 40, si ripresenta anche nella donazione di sangue, tessu+ e organi, riguardo alla quale l’Infermiere deve favorire l’informazione e l’educazione “quale a�o di solidarietà”, e “sostenere le persone coinvolte

nel donare e nel ricevere”. Come già so)olineato in precedenza, la donazione delle cellule staminali cordonali, rappresenta oggi un’importante fron+era per la cura di alcune gravi patologie nel bambino. L’informazione, l’educazione e la promozione di tale pra+ca sono di nostra competenza in quanto operatori sanitari in campo pediatrico, sopra)u)o in contes+ in cui ci sia ancora scarsa conoscenza al riguardo. È difficile pensare che una donna acceB di effe)uare una donazione, non conoscendo le modalità di esecuzione della stessa. Per questo mo+vo è necessaria una divulgazione di informazioni complete ed esaus+ve ad opera del personale sanitario interessato all’argomento, tra cui l’Infermiere Pediatrico. Fondamentale per la diffusione della cultura della donazione cordonale è creare la consapevolezza che tale procedura non comporta alcun effe)o nega+vo né sulla madre né sul nuovo nato: questa educazione aiuterebbe ad a)enuare una delle paure che più frena i genitori ad acce)are il prelievo del sangue cordonale. Ugualmente importante nella società odierna risulta essere la divulgazione dell’aspe)o e+co legato alla donazione delle cellule staminali cordonali. InfaB, qualora tu)e le donne, corre)amente informate, donassero il cordone tramite la donazione pubblica, sarebbe inu+le farne una donazione privata e personalizzata. La donazione pubblica diffusa in tu)a la popolazione garan+rebbe un numero di cordoni conserva+ tale da assicurare la possibilità di cure a un campione molto più esteso di bambini mala+. La donazione privata, invece, porterebbe a conservare dei cordoni personalizza+ a spese della donatrice, a fronte di un rischio comunque rela+vamente basso di presentare una patologia che lo richieda come cura. La divulgazione della donazione pubblica inoltre s+molerebbe in modo generale la popolazione ad un approccio solidaris+co invece che individualis+co, proprio perché è encomiabile che nel nostro Sistema Sanitario Nazionale la “SALUTE” sia ancora considerabile e considerato un bene comune e pubblico.

Per rendere concreto quanto de)o sull’importanza del ruolo informa+vo dell’Infermiere Pediatrico, si è scelto di creare un opuscolo illustra+vo sulla donazione del cordone ombelicale (vedi Immagine 4). InfaB, oltre alla partecipazione dire)a dell’Infermiere Pediatrico a campagne informa+ve - divulga+ve sulla donazione, l’ideazione di libreB informa+vi sull’argomento potrebbe essere un esempio di aBvità educa+va di questa Professione. Il lavoro ha gli obieBvi di: − Elargire nozioni complete e precise sulla donazione, sulla

modalità di esecuzione e sui rischi-benefici della stessa; − Suscitare interesse alla donazione, eliminando paure

ingius+ficate e so)olineando il valore terapeu+co delle cellule staminali cordonali;

− Sensibilizzare alla donazione pubblica come gesto con fini solidaris+ci.

Il libre)o illustra+vo sarà indirizzato ai genitori in a)esa di una nuova nascita: si pensa infaB che la divulgazione di informazioni sulla donazione dovrebbe essere effe)uata proprio in questa fase della vita da genitori, cioè quando maggiormente potrebbero essere coinvol+ e interessa+ dall’argomento. Nella stesura dell’opuscolo le nozioni sono state volutamente espresse con un linguaggio semplice per renderle comprensibili a una popolazione di le)ori vasta, che include

Risulta ovvio, però, che tale fonte spesso non è considerabile scien+ficamente a)endibile nell’erogazione di informazioni complete ed esa)e riguardo alla donazione cordonale. Tra le fon+ informa+ve citate dalla domanda del ques+onario, le più degne dal punto di vista medico-scien+fico sono il medico curante e il corso pre-parto. Tu)avia, le donne che si informano a)raverso tali fon+ sono solo il 4,7% nella casis+ca di Novara e il 18,2% nella casis+ca di Torino. Nel Grafico 3 si possono osservare le percentuali dis+nte per “medico curante” e “corso pre-parto” nei due capoluoghi. I da+ sopra cita+ fanno pensare a una scarsa informazione proveniente dal personale medico-sanitario competente, alla quale consegue una conoscenza superficiale e poco scien+fica riguardo alla donazione cordonale. Dallo studio si deduce, poi, che un sistema di promozione e divulgazione poco omogeneo può essere una causa importante della percentuale di donne che dichiarano di non aver mai sen+to parlare della donazione cordonale. Tu)avia anche coloro che ne vengono a conoscenza ricevono spesso un’informazione poco specifica e completa. Questo inevitabilmente influisce in modo nega+vo sul numero di donne che acce)ano di donare. A conferma di ciò, dallo studio è emerso che hanno effe)uato la donazione cordonale solo il 2,9% a Novara e il 5,9% a Torino. È doveroso, infine, so)oporre all’a)enzione un altro dato par+colarmente interessante emerso dallo studio. In entrambe le popolazioni, le donne che esercitano una professione medico-sanitaria si sono rilevate essere circa il 4% del totale. Si è voluto ricercare, nello specifico per questa area professionale, che +po di informazione avessero e quante di queste donne abbiano effeBvamente donato il cordone ombelicale. Si evince dai risulta+ che il 72,2% di questo gruppo di donne (il calcolo è stato eseguito complessivamente per le due popolazioni) dichiara di essere ben informata sulla donazione cordonale. Le fon+ informa+ve da loro citate sono in maggioranza i libreB informa+vi (37,5%) e il passaparola da altre persone (37,5%). Si presume inoltre che professionis+ che operano in ambito medico-sanitario debbano avere una conoscenza di base, proveniente dalla formazione universitaria o da corsi di aggiornamento, riguardo alle nuove opportunità di cura, come può essere la donazione del cordone ombelicale. Nonostante ciò le donne che operano in ambito medico-sanitario che hanno effe)uato la donazione cordonale è risultata essere dello 0%, sia nella casis+ca di Novara che nella casis+ca di Torino. Dato l’ambito in cui queste donne operano, ci si sarebbe aspe)ato invece che esse fossero più sensibili alla donazione cordonale come nuova fron+era di cura in campo pediatrico.

Conclusioni

I risulta+ sopra analizza+ fanno rifle)ere sul potenziale impa)o che noi operatori sanitari possiamo avere nell’informazione e promozione della donazione del cordone ombelicale. Compito dell’Infermiere Pediatrico, come ne so)olinea il Profilo Professionale (Profilo Professionale

dell’Infermiere Pediatrico, Decreto 17 gennaio 1997, n.70 del

Ministero della Sanità, art.1 comma 2 e 3), non è solo l’assistenza tecnica e la capacità relazionale, ma anche il costante impegno all’educazione sanitaria e alla promozione della salute nell’ambito sia della famiglia che della comunità. Questo importante aspe)o della nostra Professione è citato anche nel Codice Deontologico dell’Infermiere (Decreto n.

1/09 del 10 gennaio 2009) all’ar+colo 19, nel quale si a)ribuisce all’Infermiere il compito di promuovere, a)raverso l’informazione e l’educazione, s+li di vita sani e di diffondere il “valore della cultura della salute”. Tale ruolo, come

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 90

anche famiglie con livello socio-culturale più basso. Gli argomen+ tra)a+ nell’opuscolo sono i seguen+: − Il cordone ombelicale è un elemento importante per la vita

del feto all’interno dell’utero. Quando il bambino nasce, tale elemento perde la sua u+lità per il neonato stesso ed è la madre a provvedere al suo sostentamento.

− Il sangue cordonale è una sede di cellule staminali emopoie+che. Esse hanno un importante valore terapeu+co per alcune patologie in par+colar modo in campo pediatrico.

− La donazione cordonale è sicura e indolore. Ogni donna, salvo poche eccezioni, al momento del parto può diventare donatrice.

− I vari +pi di donazione (donazione pubblica, donazione dedicata, donazione privata).

− Come avviene la donazione pubblica: spiegazione del consenso informato che la madre deve firmare per effe)uare la donazione, della modalità di prelievo e conservazione dell’unità di sangue prelevato.

− Promozione della donazione pubblica. (figura 1) Questo opuscolo vuole essere il fru)o finale di questo studio, come proposta, seppur modesta, di impegno nell’ambito della promozione e divulgazione della donazione cordonale.

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Educazione sanitaria

Figura 1: alcune pagine dell’opuscolo proposto

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 91

Introduzione

“Non farmi male” è la frase più comunemente espressa dai bambini che hanno già avuto esperienze dolorose.(1) InfaB, il ricordo del dolore risulta essere un’esperienza comune nei bambini ospedalizza+ che vengono so)opos+ a procedure diagnos+che o terapeu+che e che, se non ges+te adeguatamente, risultano essere alquanto stressan+ (2) tanto che possono creare effeB nega+vi sia a breve che a lungo termine come ad esempio la nausea o il vomito an+cipatori, problemi di insonnia e di alimentazione.(3-4) Inoltre l’inadeguato controllo del dolore in ospedale è associato ad inaBvità e un prolungato riposo a le)o, (5) dimissioni tardive (6) e sviluppo di dolore cronico. (7) Gli sta+ d’ansia e i momen+ dolorosi vissu+ dal bambino in ospedale sono lega+ in modo par+colare alle procedure invasive che richiedono l’u+lizzo di aghi, tanto da essere considerate come uno degli aspeB più trauma+ci del ricovero ospedaliero, (8-10) in virtù del fa)o che sono tecniche u+lizzate più volte. (11) Due definizioni sul dolore sono divenute par+colarmente influen+ per gli operatori sanitari, gli educatori ed i ricercatori. La prima è quella offerta da McCaffery all’inizio degli anni 70 il quale ha proposto che “il dolore è qualsiasi cosa la persona

che lo prova dice che è ed esiste ogni qual volta la persona dice che c’è”. (12) La seconda è stata s+lata dall’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) nel 1973 proponendo che “Il dolore è una sgradevole esperienza sensoriale ed emozionale associata a reale o potenziale danno tessutale, o descri)a in termini di tale danno. Il dolore è sempre soggeBvo. Ogni individuo impara ad a)ribuire delle parole a)raverso le esperienze legate a traumi, sin dalle età precoci.” (13) Entrambe le definizioni so)olineano il fa)o che il dolore è molto più del danno tessutale che innesca una risposta da parte del sistema nervoso ed inoltre che l'esperienza del dolore è un fenomeno sia soggeBvo che individuale. Nel 2001 IASP ha colmato una lacuna che fino ad allora era presente nelle proprie definizioni, ovvero l’esclusione di tu)e quelle persone che non sono in grado di comunicare verbalmente, compresi neona+, bambini piccoli e disabili, dichiarando che “l’incapacità di comunicare verbalmente non nega la possibilità che un individuo s+a vivendo una situazione dolorosa e ha bisogno di un adeguato tra)amento an+dolorifico.” (14) La principale difficoltà incontrata nella ricerca di

Ricerca

Simone Macchi1, Laura Rondalli

2

1- Fondazione IRCCS Is�tuto Nazionale dei Tumori Milano, Pediatria.

2- Corso di Laurea in Infermieris�ca Pediatrica, Università degli Studi di Milano.

simone.macchi@is�tutotumori.mi.it

Validazione transValidazione transValidazione transValidazione trans----culturale del culturale del culturale del culturale del “Pain Experience History”. “Pain Experience History”. “Pain Experience History”. “Pain Experience History”.

Proposta di metodo per l’anamnesi Proposta di metodo per l’anamnesi Proposta di metodo per l’anamnesi Proposta di metodo per l’anamnesi

dell’esperienza di dolore in ambito dell’esperienza di dolore in ambito dell’esperienza di dolore in ambito dell’esperienza di dolore in ambito pediatricopediatricopediatricopediatrico Abstract

Premessa: Una accurata valutazione è essenziale per un appropriato e corre�o management del dolore in ambito pediatrico. La raccolta

dell’anamnesi dell’esperienza di dolore è il primo passo da compiere quando si tra�a il dolore nei bambini, in modo da avere un profilo preciso

riguardo le preceden� esperienze, di iden�ficare la comprensione del bambino sul sintomo ed capire le preferenze per il tra�amento.

L’obie)vo di questo studio è quello di sviluppare la versione italiana del Pain Esperienze History di Hester e Barcus 1986, testandone la validità

linguis�ca e culturale.

Metodo: La versione originale del “Pain Experience History” è stata trado�a e validata in lingua italiana tramite le linee guida proposte da

Guillemin e colleghi per la traduzione e ada�amento trans-culturale di strumen� sulla qualità della vita. La versione così o�enuta è stata

so�oposta ad un gruppo di esper� tra cui medici, pediatri, psicologi clinici, che hanno fornito il controllo di qualità dichiarando la

comprensibilità e chiarezza delle domande nonché della sua validità in ambito clinico-assistenziale.

Conclusioni: Il Pain Experience History è uno strumento semplice da somministrare, flessibile e comprensibile in grado di aiutare l’operatore

sanitario ad impostare un dialogo comprensivo sul dolore con il bambino e i suoi genitori, che perme�e di o�enere un profilo delle preceden�

esperienze dolorose, di iden�ficare la comprensione del bambino circa il dolore e di cogliere le preferenze per il tra�amento.

Transcultural validation of the “Pain Experience History” for ItalianTranscultural validation of the “Pain Experience History” for ItalianTranscultural validation of the “Pain Experience History” for ItalianTranscultural validation of the “Pain Experience History” for Italian----speaking children and parentsspeaking children and parentsspeaking children and parentsspeaking children and parents An accurate evalua�on is key for a correct and appropriate management of pain symptoms in children. Having a clear profile of previous pain

experiences, iden�fying children's understanding of pain and recognizing their preferences regarding pain treatment is necessary to act

effec�vely against pain.

The goal of this study was to develop the Italian version of the "Pain Experience History" by Hester & Barcus (1986), tes�ng its linguis�c and

cultural validity.

Methods: the original version of the "Pain Experience History" was translated and validated in Italian following the method suggested by

Guillemin et al. (1993). ARerwards, it was evaluated by a mul�disciplinary group (pediatricians, psychologists, pediatric nurses) for

understandability, clarity and clinical validity.

Conclusion: the Pain Experience History is a simple tool to administer, flexible and understandable. It can help healthcare providers to

establish a comprehensive dialogue about pain with children and their parents, to obtain a profile of previous pain experiences, to iden�fy

children's comprehension of pain and to understand their preferences about treatment

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

una definizione soddisfacente per il dolore, consiste nel fa)o che può essere considerato sia da un approccio fisiologico che psicologico. Qualsiasi considerazione del dolore vista da un solo criterio, senza tener conto dell’altro, risulta essere incompleta. (15) L'evoluzione del conce)o di esperienza di dolore da semplice sensazione ad esperienza globale, mul+dimensionale ed olis+ca ha aperto nuove prospeBve nella valutazione, ges+one e studio del dolore. (16) Nonostante negli ul+mi decenni sia stata sviluppata una fi)a rete di conoscenze sul dolore, dalla quale sono state sviluppate precise linee guida (17) ancor oggi la sua ges+one nel bambino è inadeguata, (18-19) tanto che il dolore non tra)ato rimane ancora presente durante il ricovero. (20-21) Possibili spiegazioni del mo+vo per cui il dolore dei bambini non è ancora ges+to in modo efficace sono la carenza di conoscenza, le credenze errate o non aggiornate sul dolore e la sua ges+one, le strategie decisionali u+lizzate e la cultura organizza+va, (22) e la paura riguardo l’u+lizzo di farmaci analgesici. (23) L’importanza di “partecipare” al dolore è evidenziato da direBve internazionali che lo considerano come il “quinto

segno vitale” (insieme a temperatura corporea, frequenza cardiaca, respirazione e pressione sanguigna) e che viene controllato nelle cure mediche di rou+ne.(24) Sia la IASP che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) hanno dichiarato che “il sollievo dal dolore deve essere considerato come un diri)o umano”, (25) in par+colar modo nella realtà pediatrica ciò rappresenta un diri)o fondamentale del bambino al fine di realizzare un’efficace ges+one del dolore. (26) Le differenze linguis+che e culturali esisten+ tra i bambini e gli operatori sanitari richiedono valutazioni specifiche ed aggiun+ve. Nel caso in cui i pazien+ non sono in grado di riferire il dolore provato, la valutazione si può o)enere in modo credibile dai genitori o da un’altra persona che conosce bene il bambino. Nonostante l’a)enzione che in ques+ anni si è sviluppata a)orno a questo problema rimane la tendenza a so)ovalutare l’esperienza del dolore altrui.(27) La valutazione del dolore ha inizio con la registrazione della storia del dolore, un metodo approvato dalle autorità sul dolore nel bambino, raccomandato nella guida di riferimento di pra+ca clinica nel management del dolore acuto,(28-29-30-31) e consigliato in tes+ scien+fici del se)ore, (32-33-34) con lo scopo di o)enere un profilo de)agliato circa le preceden+ esperienze dolorose, di iden+ficare la comprensione del bambino circa il dolore e di cogliere le preferenze per il tra)amento. (35) L’obieBvo di questa ricerca è di sviluppare la versione italiana del ques+onario “Pain Experience History” (29), testandone la validità linguis+ca e culturale al fine di o)enere uno strumento a)raverso il quale sarà possibile familiarizzare con il bambino ed i genitori migliorando l’esa)ezza nella valutazione del sintomo.

Materiali e metodi Il “Pain Experience History” (29) è composto da due sezioni: una per il bambino e l’altra per i genitori. La parte per il bambino, des+nata alla fascia di età verbale generalmente dopo i qua)ro anni, si sviluppa in 8 domande aperte, rela+ve alla comprensione circa la parola “dolore” e le preceden+ esperienze dolorose, la modalità u+lizzata per comunicare il proprio dolore e le preferenze per il tra)amento da u+lizzare. La parte per i genitori include 9 domande che traggono le prospeBve (percezione e conoscenza circa il dolore del proprio bambino) dei genitori. O)o domande sono parallele

a quelle della sezione per i bambini, la domanda esclusiva cerca di capire le informazioni che i genitori desiderano sapere quando il proprio figlio ha dolore. Parlare con i genitori delle esperienze dolorose passate e delle reazioni del loro bambino può aiutarli a migliorare la loro capacità di cogliere le manifestazione di dolore, (36) dando modo di aumentare la sensibilità verso i bisogni e le sofferenze del figlio coinvolgendoli aBvamente nel processo di cura. Le informazioni fornite dai genitori, par+colarmente importan+ per il bambino pre-verbale, aumentano le no+zie ricevute dal bambino verbale. Anche familiari diversi , tra cui nonni fratelli e sorelle, possono essere un valido aiuto considerando il fa)o che non sempre sono i genitori a prendersi maggiormente cura del bambino. La prima domanda del ques+onario è fondamentale per capire se il bambino comprende la parola dolore, problema+ca che si è evoluta in due studi (37-38) che hanno documentato come i bambini ospedalizza+ spesso non comprendono appieno questo termine. Inoltre conoscere l’esa)a parola u+lizzata da ogni bambino riguardo il dolore fornisce all’operatore sanitario il termine da u+lizzare quando discute con il bambino, in modo da poter impostare un dialogo comprensivo sul dolore, in par+colare durante la misurazione tramite strumen+. Le altre domande vertono ad indagare le preceden+ esperienze dolorose del bambino, le modalità di comunicazione del sintomo e le preferenze espresse in merito alla sua ges+one. Nello specifico l’importanza di analizzare se il sintomo doloroso viene effeBvamente espresso verbalmente, specificando a chi, deriva dall’esistenza di “barriere del dolore”, (39) che possono trarre in inganno sia i genitori che l’operatore sanitario. Documentare il personale approccio al dolore aiuta l’infermiere ad interpretare le possibili strategie di coping messe in a)o dal bambino per dissimulare il sintomo percepito. La validità di questo strumento è stata testata in uno studio condo)o da Hester e colleghi presso due stru)ure di pediatria, una generale l’altra oncologica. Gli infermieri che hanno preso parte allo studio hanno dichiarato che lo strumento è semplice da somministrare, flessibile e comprensibile. (40)

Procedura di traduzione e di ada+amento trans-culturale

La procedura u+lizzata per sviluppare la versione italiana del “Pain Experience History” è quella proposta da Guillemin e colleghi (41) per la traduzione e ada)amento trans-culturale di strumen+ sulla qualità della vita. Il primo obieBvo è stato quello di tradurre la versione originale del ques+onario dall’inglese all’italiano da parte di due tradu)ori, uno con esperienza medica, terapista del dolore, in modo da avere maggior equivalenza dal punto di vista clinico, l’altro specializzato in traduzioni medico-scien+fiche in modo da avere maggior equivalenza per l’aspe)o culturale-seman+co. I due professionis+ hanno trado)o il ques+onario separatamente. (transla+on). Le due versioni sono state analizzate in modo da annotare eventuali disuguaglianze, così da elaborare una versione in italiano che rispecchia in modo univoco l’originale creando così una versione comune. Il secondo obieBvo è stato quello di tradurre la versione italiana del ques+onario nella lingua originale. Anche in questo caso ci si è avvalsi di due tradu)ori madrelingua inglese (back - transla+on), uno medico, anestesista, e uno

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IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

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non medico, che non hanno mai visionato il ques+onario originale. Si tra)a di una validità di controllo del processo in modo da assicurarsi che la versione trado)a rifle)a lo stesso contenuto di quella originale. Il terzo obieBvo, accertato che la versione italiana rispecchia quella originale, un gruppo di esper+ tra cui medici, pediatri, psicologi clinici, ha fornito il controllo di qualità dichiarando l’esa)ezza del lavoro svolto nonché della sua validità in ambito clinico-assistenziale.

Risulta�

La figura 1 riporta la versione italiana del Pain Experience History.

Discussione

Un’accurata valutazione è essenziale per un appropriato e corre)o management del dolore nei bambini. (35) L’a)enta e completa raccolta delle informazioni sul dolore provato ne facilita la diagnosi e di conseguenza dà maggiori possibilità di riuscita al tra)amento. E’ quindi importante consen+re al paziente, per quanto possibile in base a età e condizioni cliniche, e/o ai suoi familiari, di narrare l’esperienza dolorosa vissuta. (42) La maggior parte degli strumen+ sulla valutazione del dolore focalizzano l’a)enzione solo sulla misurazione dell’intensità del dolore (34) tralasciando altri importan+ aspeB. InfaB la valutazione del dolore è un conce)o allargato che misura e coinvolge il giudizio clinico basando la propria a)enzione sull’osservazione della natura, del significato e del contesto dell’esperienza del bambino; mentre la misurazione descrive in generale la quan+ficazione dell'intensità del dolore.(43) Quando si valuta il dolore in età pediatrica è fondamentale iniziare dalla raccolta dell’anamnesi dell’esperienza di dolore. In le)eratura sono presen+ tre ques+onari che indagano questo conce)o: il “Pain Experience History”, (29) il “Pain History”, (31) e l’”Oncology-Acute Pain assessment Intake Informa+on”. (30) I primi due sono molto simili tra di loro, entrambi sono brevi e i da+ raccol+ sono facilmente verificabili, focalizzano l’a)enzione sulle descrizioni delle preceden+ esperienze di dolore e sul modo in cui il sintomo è stato ges+to. Il terzo è impostato su una raccolta da+ molto più lunga e de)agliata che può essere u+le per i bambini con problema+che complesse di dolore.

Sezione bambino Sezione genitore

Dimmi che cos'è il dolore. Quale (i) parola (e) u+lizza il vostro bambino per descrivere il dolore?

Raccontami del male che hai avuto in precedenza. Descrivere le esperienze di dolore che il vostro bambino ha avuto in precedenza.

Quando hai male lo dici agli altri? Se sì, a chi? Quando vostro figlio ha male lo dice a voi o ad altri?

Cosa fai per te stesso quando hai male? Come sapete quando vostro figlio ha male?

Che cosa vuoi che gli altri facciano per te quando hai male? Solitamente come reagisce al dolore il vostro bambino?

Che cosa non vuoi che gli altri facciano per te quando hai male?

Cosa fate per il vostro bambino quando lui / lei ha male?

Qual'è la cosa che + aiuta di più a far andare via il male? Che cosa fa vostro figlio per se stesso quando ha male?

C'è qualcosa di speciale che vuoi che io sappia su di te quando hai male? (Se sì, chiedere al bambino di descrivere.)

Che cosa funziona meglio per diminuire o togliere il dolore di vostro figlio?

C'è qualcosa in par+colare che vorreste che io sappia sul vostro bambino e sul dolore? (Se sì, descrivere).

Figura 1: versione italiana del Pain Experience History

In virtù di questo abbiamo deciso di fornire la traduzione trans-culturale del “Pain Experience History” in modo da offrire agli operatori sanitari uno strumento che gli perme)a di eseguire un’approfondita anamnesi del bambino che sarà u+le nella scelta dello strumento da u+lizzare per la valutazione e ges+one della sintomatologia dolorosa in modo rigoroso e personalizzato per le esigenze di ogni singolo bambino. InfaB sono mol+ gli strumen+ a disposizione del professionista, ma nessuno di ques+ è valido in assoluto per tu)a l’età pediatrica. La scelta varia in rapporto a fa)ori diversi quali età, fase di sviluppo cogni+vo, comportamentale e relazionale, situazione clinica, emozionale e logis+ca, nonché culturale e sociale, ed avere ben chiare queste situazioni, grazie all’u+lizzo di questo ques+onario, perme)erà di raccogliere le informazioni che potenzialmente possono migliorare l’esa)ezza della valutazione e ges+one del dolore nell’oBca del rispe)o, delle necessità, delle esigenze, dei tempi e delle aspe)a+ve espresse dal bambino o dai suoi familiari. Il ques+onario dovrebbe essere u+lizzato al primo ricovero in ospedale, in modo da iden+ficare sin dall’inizio il quadro generale di come vive, comunica e ges+sce il dolore il bambino e/o la sua famiglia. Bisogna anche so)olineare che alcune situazioni, come ad esempio una diagnosi di tumore, non perme)e di compiere questa raccolta da+ nell’immediato in quanto , come riportato in uno studio di Ljungman, (44) la situazione familiare in ques+ momen+ è piu)osto cao+ca, e questo non renderebbe l’anamnesi precisa. Per riuscire a comunicare con un bambino in modo soddisfacente bisogna conoscere le capacità intelleBve e le preoccupazioni dei vari gruppi di età, riconoscendo l’importanza che ha il gioco come strumento di comunicazione. Anche quando il bambino non è ancora in grado di parlare è importante rivolgergli la parola così da trasme)ergli almeno la sensazione di aver a)enzione per lui. Inoltre la capacità del bambino di comprendere quello che gli viene de)o è quasi sempre più grande della capacità di comunicare verbalmente. (45) La comunicazione non verbale è da considerarsi, così come alcune forme di gioco o di conta)o fisico, una fondamentale forma di relazione col bambino di qualsiasi età. Nella comunicazione con il bambino è importante farlo sen+re a suo agio, evitare approcci rapidi o improvvisi, iniziare a

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discutere con i genitori qualora il figlio ha paura, parlare con voce tranquilla u+lizzando parole semplici, cercare un ambiente confortevole privo di rumori fas+diosi, offrire l’eventualità del conta)o fisico, dare la possibilità al bambino di esprimere le sue preoccupazioni e di porre domande. (46)

Conclusioni

Questo studio ha descri)o lo sviluppo della versione italiana del Pain Experience History tramite la validazione linguis+co culturale. Il ques+onario risulta essere di facile u+lizzo e comprensione, e può essere un importante inizio nel management del dolore nel bambino. Un’accurata valutazione può essere raggiunta con l’u+lizzo intenzionale e sistema+co di un metodo che contribuirà a raggiungere gli obieBvi per occuparsi dei bambini con dolore, grazie anche alla collaborazione tra operatori sanitari, bambini e genitori. Discutere circa le preceden+ esperienze di dolore può creare questa condizione sin dal primo ingresso in ospedale dando l’opportunità di aver un profilo preciso degli interven+ da apportare al paziente per raggiungere gli obieBvi per l’eliminazione del dolore. Ques+ obieBvi sono l’aumento del confort del bambino, promuovere il recupero appena possibile, migliorare la condizione funzionale ed impedire gli effeB nega+vi del dolore non tra)ato. (35)

Ringraziamen�

Gli autori ringraziano la do).ssa Maura Massimino (dire)ore della S.C. di pediatria dell’Is+tuto Nazionale dei Tumori di Milano) per averli sostenu+ nella realizzazione dell’ar+colo; il do). Carlo Clerici (psicologo clinico), la Do).ssa Daniela Polastri (S.C. Pediatria INT) e la Do).ssa Franca Benini (Terapia antalgica e Cure pallia+ve pediatriche, Clinica Pediatrica dell’Università di Padova ) per i preziosi consigli; il Do). Augusto Caraceni (dire)ore S.C. Cure Pallia+ve INT) ed il Do). Alberto Mineo (tradu)ore) per la traduzione del ques+onario il lingua italiana; il Do). Edward Haeusler ( S.C. Anestesia e Rianimazione INT) e la Do).ssa Frances Coburn (tradu)rice) per la back transla+on.

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Introduzione

Secondo l’Interna+onal Associa+on for the Study of Pain (IASP) il dolore è “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno +ssutale in a)o o potenziale o descri)a in termini di danno”(1). Nello specifico, il dolore acuto è un “dolore di recente inizio e di natura limitata, solitamente ha un'iden+ficazione temporale e causale in relazione al danno o alla lesione” (2). In ambito pediatrico il dolore, in par+colare quello acuto, è un sintomo di frequente riscontro ed è quello che più in+morisce il bambino e la sua famiglia(1). In genere la risposta fisiologica dell'organismo a questo +po di dolore è rapida e dipende dall’intensità dello s+molo dannoso e dal livello d'ansia espresso, configurandosi come il risultato di una complessa interazione fra stru)ure e fenomeni diversi di +po biologico, affeBvo, relazionale, esperienziale e culturale inseparabili fra loro e che modulano sia l’ampiezza che la qualità della percezione (3). Il dolore, più che un fenomeno dire)amente osservabile o misurabile, è un'esperienza soggeBva e mul+fa)oriale e in quanto tale la maggior parte delle sue modalità di misurazione si basa

95

Cure atraumatiche

sull'autovalutazione, il che nello specifico richiede il coinvolgimento dire)o del bambino (4). Il sintomo si può manifestare in relazione a traumi, interven+ chirurgici, procedure mediche, sta+ acu+ di malaBa. Il dolore procedurale deriva da procedure invasive diagnos+che e terapeu+che, è prevedibile e perciò prevenibile; spesso si accompagna a un notevole impa)o emo+vo (ansia, paura, stress) (3), ed è una componente della pra+ca medica frequente e stressante per il bambino, per la sua famiglia e per lo staff di cura (5) . In presenza di procedure dolorose ripetute, il livello di dolore e la memoria di quanto accaduto nel primo evento influiscono sia sulla percezione dolorifica (6) che sul livello di stress manifestato durante gli even+ successivi (7), quindi in tale contesto lo scopo della ges+one del sintomo è quello di minimizzarne la percezione e il rischio d’insorgenza dell’ansia an+cipatoria senza comprome)ere la sicurezza del bambino. La scelta della tecnica di ges+one (analgesici, sedazione, anestesia generale, tra)amen+ non farmacologici) è in funzione dell'età e delle preceden+

Alessia Auriglie�1, Luca Re

2, Elena Bezze

1

1- Corso di Laurea in Infermieris�ca Pediatrica, Università degli Studi di Milano, IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico 2- Corso di Laurea in Infermieris�ca, Università degli Studi di Milano, IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico [email protected]

Gestione del dolore pediatrico e utilizzo Gestione del dolore pediatrico e utilizzo Gestione del dolore pediatrico e utilizzo Gestione del dolore pediatrico e utilizzo di tecniche non farmacologiche: di tecniche non farmacologiche: di tecniche non farmacologiche: di tecniche non farmacologiche: studio trasversale multicentricostudio trasversale multicentricostudio trasversale multicentricostudio trasversale multicentrico

Abstract

Background. Nonostante la presenza di un patrimonio consolidato di conoscenze che consente una diffusa pra�ca dell’analgesia, il controllo

del dolore nel bambino è un problema ancora presente. Le tecniche non farmacologiche, insieme ai tra�amen� farmacologici e al

coinvolgimento genitoriale, riducono l’impa�o di fa�ori ansiogeni che possono aggravare il sintomo.

Obie)vo. Iden�ficare conoscenze e competenze di infermieri ed infermieri pediatrici sull’u�lizzo di tecniche non farmacologiche per la

ges�one del dolore pediatrico nella fascia di età 2÷12 anni.

Materiali e metodi. Lo studio, trasversale mul�centrico, ha come popolazione target 185 sogge) di 11 U.O. di Pediatria e Chirurgia pediatrica

afferen� ad 8 ospedali di Milano e hinterland. Lo strumento u�lizzato è un ques�onario organizzato in 5 macroaree (da� generali, dolore

pediatrico, Family Centered Care, tecniche non farmacologiche, protocolli di ges�one del dolore pediatrico).

Risulta�. La percentuale dei partecipan� è stata pari al 90% (N=166). Non tu) i sogge) consentono la presenza dei genitori durante una

procedura dolorosa (89%) o la scelta al bambino della tecnica non farmacologica più opportuna (70%) e ado�ano la tecnica più idonea per

bambini di età prescolare (70%) o scolare (84%). 4 UU.OO. (36%) possiedono un protocollo di ges�one del dolore; 22 sogge) (36%) ad esse

afferen� ne riferiscono l’applicazione e le cara�eris�che.

Discussione. E’ auspicabile un maggior coinvolgimento dei genitori e del bambino sulla scelta della tecnica non farmacologica più opportuna

per il controllo del dolore sopra�u�o se in età prescolare e una maggiore disseminazione di protocolli di ges�one del dolore pediatrico.

Management of procedural pediatric pain and use of nonManagement of procedural pediatric pain and use of nonManagement of procedural pediatric pain and use of nonManagement of procedural pediatric pain and use of non----pharmacologic techniques: a multicenter, crosspharmacologic techniques: a multicenter, crosspharmacologic techniques: a multicenter, crosspharmacologic techniques: a multicenter, cross----sectional studysectional studysectional studysectional study Notwithstanding the huge amount of exis�ng evidence regarding the nega�ve effects of untreated pain on children and about the

effec�veness of many measures to prevent procedural pain, pain preven�on and control in children is s�ll a problem as the implementa�on

of best prac�ces seems scarce.

Goal: to iden�fy the knowledge of a popula�on of Children's Nurses regarding the use of non-pharmacological techniques for procedural

pain preven�on in children aged 2 to 12.

Materials and methods. Mul�center, cross-sec�onal study. The popula�on of the study was represented by all the nurses working in 11

Pediatrics and Pediatric Surgery wards of 8 Hospitals of the province of Milan, Italy. A ques�onnaire was administered with ques�ons

regarding 5 subjects: personal data, pediatric pain, Family Centered Care, non-pharmacological techniques, children's pain management

policies.

Results: 166 out of 185 nurses par�cipated. 89% of nurses allow parents to be present during a child's painful procedure. Only 70% allow

children to chose the preferred pain control technique. Age-appropriate methods of pain control are used by nurses in 70% of pre-school

children and 84% of school-age children. Only 36% of wards have a wri�en pain control policy.

Discussion. A higher level of involvement of parent and of children in the choice of a non-pharmacological technique to prevent procedural

pain is needed, in par�cular in pre-school age. Wri�en pain control policies should be adopted in all pediatric wards.

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 96

Cure atraumatiche da parte del bambino, la maggiore efficacia in età pediatrica, l’indubbia economicità e la facile a)uabilità (3). La scelta delle tecniche non farmacologiche più idonee deve tenere conto di fa)ori quali l’età, la condizione clinica, la +pologia di dolore, la capacità e volontà di collaborazione, le risorse e le competenze disponibili (3). In sintesi, esse si suddividono in tre +pologie di tecniche (di supporto e relazione, cogni+vo comportamentali, di +po fisico) (3). Le tecniche di supporto e relazione sono volte a promuovere, tramite un approccio centrato sul bambino e sulla sua famiglia, un adeguato contesto di supporto e sostegno facendo ruotare intorno ad essi l’organizzazione, l’ambiente e il contesto di lavoro.

I metodi cogni+vi deviano l’a)enzione dal dolore focalizzandola seleBvamente su s+moli diversi o incompa+bili con esso, rallentando o inibendo il progredire delle componen+ sensoriale ed affeBva del dolore; i metodi comportamentali modificano alcuni fa)ori emozionali, comportamentali, familiari o situazionali che interferiscono nega+vamente con la qualità ed en+tà della risposta allo s+molo doloroso.

Le tecniche di +po fisico hanno lo scopo di modificare e alterare la dimensione sensoriale del dolore (es. posizionamento corporeo e conta)o corporeo, impacchi caldo-freddo).

Obie�vi

L’obieBvo primario dello studio è quello di individuare le conoscenze e le competenze di infermieri ed infermieri pediatrici operan+ in U.O. di Pediatria in ordine alle tecniche non farmacologiche u+li al controllo del dolore da procedura e post operatorio in bambini di una fascia d’età compresa fra i 2 e i 12 anni. A completamento dell’obieBvo principale, sono sta+ prefissa+ anche due obieBvi secondari, finalizza+ a iden+ficare le conoscenze e le competenze in merito al conce)o di dolore pediatrico e di Family Centered Care e a verificare l’esistenza e le cara)eris+che in ambito opera+vo di strumen+ (protocolli di U.O. o aziendali) idonei per una corre)a e completa ges+one del dolore pediatrico.

Materiali e metodi

Lo studio, di +po trasversale mul+centrico, ha coinvolto infermieri ed infermieri pediatrici di 11 U.O. di Pediatria e Chirurgia Pediatrica afferen+ a 8 stru)ure ospedaliere di Milano ed hinterland.

L’indagine è stato svolta con un apposito ques+onario, composto da 27 items a risposta dicotomica o mul+pla, stru)urato in base a quanto suggerito dalle raccomandazioni delle più recen+ linee guida disponibili in le)eratura (3,9) in merito alla ges+one del dolore pediatrico, ed organizzato secondo una mappa conce)uale in 5 macroaree: informazioni generali sul campione in studio, conce)o di dolore in età pediatrica, conce)o di Family Centered Care, conoscenza ed applicazione delle tecniche non farmacologiche, presenza e cara)eris+che di protocolli di ges+one del dolore pediatrico. La distribuzione degli items nel ques+onario non è avvenuta stre)amente (a parte la macroarea introduBva) per blocchi, cioè consequenziali l’uno all’altro e ad esaurimento di ogni singola macroarea: ciò per evitare che il sogge)o partecipante comprendesse, entro lo stesso blocco, la logica di risposta corre)a soggiacente e fosse così indirizzato alla scelta intui+vamente più per+nente, a)raverso un mero processo decisionale di +po meccanicis+co. Per tracciare il ruolo di appartenenza anche dei non partecipan+ allo studio è stato loro (o, nel caso, alla coordinatrice di U.O.) richiesto di dichiarare l’appartenenza al

esperienze vissute, del +po di procedura, dell'intensità e durata del dolore a)eso, del contesto e delle risorse necessarie allo scopo (8). Il dolore post-operatorio è definito come un “dolore iniziato o causato da una lesione primaria o una disfunzione nel sistema nervoso” (1); spesso si associa al dolore neuropa+co acuto quale frequente conseguenza di un intervento chirurgico ed anch’esso è prevedibile e prevenibile nella pra+ca assistenziale, quindi tra)abile tempes+vamente (9). Alla base di un tra)amento efficace del dolore nel bambino vi è la necessità di misurarlo, quindi di renderlo quan+ficabile con l’u+lizzo di strumen+ adegua+, al fine di valutare il livello di dolore a)uale, analizzarne l’andamento nel tempo, scegliere l’approccio analgesico migliore e monitorarne gli effeB. Gli strumen+ di misura a disposizione sono molteplici ma nessuno può ritenersi valido in assoluto per ogni fascia d’età pediatrica e quindi devono poter variare in rapporto alla par+colare fase di sviluppo cogni+vo, comportamentale e relazionale oltre che al contesto clinico, emozionale, logis+co, culturale e sociale (3). La misurazione e la valutazione del dolore sono fondamentali nel processo di assistenza infermieris+ca pediatrica in quanto consentono di effe)uare una diagnosi e di iden+ficarne la causa, selezionando così la terapia analgesica più appropriata, valutandone gli effeB ed eventualmente modificandola in base alla risposta o)enuta (9) e la loro importanza deve essere riconosciuta a prescindere dall’incapacità o impossibilità da parte del bambino di poter comunicare con un appropriato linguaggio verbale la propria sintomatologia dolorosa (9). Secondo gli standard riconosciu+ dalla Joint Commission on Accredita+on of Healthcare Organiza+on, il dolore rappresenta il quinto segno vitale, la cui misurazione, valutazione e registrazione deve essere eseguita regolarmente in tuB i pazien+, indipendentemente dalle loro condizioni cliniche (10), e ad opportuni intervalli di tempo usando strumen+ o scale valide ed a)endibili (4). Le raccomandazioni suggeriscono che la valutazione del dolore pediatrico andrebbe effe)uata quando la situazione clinica può far insorgere il sintomo, quando il bambino riferisce di sen+re dolore, ad ogni prima ammissione, almeno giornalmente, prima e dopo procedure che arrecano dolore, durante la somministrazione e dopo la sospensione della terapia antalgica (3).

A)ualmente in ambito pediatrico molteplici sono gli strumen+ di misurazione e valutazione del dolore in funzione dell’età e dello stadio cogni+vo, e i tra)amen+ antalgici sicuri ed efficaci sono fru)o di un patrimonio consolidato di conoscenze, così da poter consen+re una pra+ca diffusa dell’analgesia. Purtroppo nella realtà clinico assistenziale il controllo del dolore nel bambino è un problema ancora non sempre affrontato in modo sistema+co ed adeguato (3). Fra le opzioni di tra)amento possibili, le tecniche non farmacologiche trovano un loro razionale e un’efficacia ormai riconosciu+ ampiamente dalla le)eratura scien+fica. Hanno l’obieBvo di intervenire su quei fa)ori che incrementano o fanno vivere come più angosciante e dramma+ca la sensazione dolorosa (3) riducendo il livello d’ansia e paura associato alla pra+ca dolorosa. L’u+lizzo di queste tecniche, a complemento ed integrazione dell’intervento di +po farmacologico (3), non può prescindere da un adeguato coinvolgimento aBvo oltre che del bambino anche delle figure genitoriali, secondo quanto suggerito dalla Family Centered Care, per potenziarne l’efficacia e produrre un più soddisfacente esito; inoltre il loro ruolo assume rilevanza nel contesto pediatrico perché offrono una serie di vantaggi, fra cui la migliore predisposizione all’apprendimento ed u+lizzo

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 97

FCC

Informazione

98

Famiglia Bambino

Coinvolgimento Discrezionalità

Informa�vo

99

Tecnica

70

Opera�vo

89

Contesto

86

Per il 30% dei soggeB il bambino non può scegliere la tecnica preferita per alleviare il dolore

Il 14% eseguirebbe una procedura dolorosa anche negli spazi riserva+ al gioco

Per l’11% è bene che i genitori non assistano il figlio durante la procedura dolorosa

Care”, le percentuali di risposte corre)e sono generalmente elevate; le meno brillan+ si registrano in merito alla necessità di conferire un potere discrezionale al bambino per poter decidere la tecnica preferita per la ges+one del proprio dolore (70%), al bisogno di coinvolgere la componente genitoriale durante l’esecuzione di procedure dolorose (89%) e alla non opportunità di eseguire tali pra+che quando il bambino si trova nell’area giochi dell’U.O. (86%) (Figura 1). Per quanto concerne gli items ascrivibili alla macroarea “Tecniche non farmacologiche” le percentuali di risposte corre)e sono più elevate riguardo all’appropriato u+lizzo delle tecniche idonee per bambini di età scolare (84%) più che per quelli di età prescolare (70%), mentre più bassa è la percentuale riferibile all’uso di tecniche che risul+no adeguate per l’intera fascia di età considerata (2÷12 anni); inoltre non tuB i soggeB (89%) assegnano un ruolo di complementarietà e non di esclusività alle tecniche non farmacologiche. La tecnica più ado)ata in età prescolare fra coloro che hanno risposto corre)amente è cos+tuita da parole di conforto (32%) o dal conta)o fisico -carezze, abbracci– (28%), in età scolare da strategie di coinvolgimento del bambino sull’esecuzione della procedura (48%) e per l’intera fascia di età considerata nello studio dall’u+lizzo di gioca)oli o giochi (28%) o dal racconto di una storia (25%) (Figura 2). Per quanto riguarda gli items rela+vi alla macroarea “Protocolli di ges+one del dolore pediatrico”,

su 11 U.O. prese in esame 4 (36%) sono dotate di un protocolli per la ges+one del dolore pediatrico conformi a quanto suggerito dalle raccomandazioni delle linee guida; dei 73 soggeB partecipan+ all’indagine e afferen+ a tali U.O. 22 (31%) sono a conoscenza dell’esistenza del protocollo, ne dichiarano l’applicazione e ne riportano corre)amente sia la tripar+zione delle aree di intervento (misurazione, valutazione e tra)amento) che la sussistenza di tecniche di tra)amento del dolore pediatrico di +po farmacologico e non farmacologico. L’implementazione di un modello di regressione logis+ca mul+pla ha evidenziato come il ruolo professionale sia significa+vamente associato (p < 0,05) alla variabile di esito (numero di risposte corre)e): gli infermieri pediatrici hanno totalizzato una percentuale di risposte corre)e superiore rispe)o a quella degli infermieri.

Figura 1: diagramma della macroarea Family-centered care

gruppo infermieri o infermieri pediatrici: questo approccio ha consen+to di verificare il grado di comparabilità del campione rispe)o alla popolazione target so)oponibile ad indagine. La modalità prescelta per la compilazione del ques+onario (in forma anonima) è stata l’autosomministrazione con res+tuzione immediata. Per ogni ques+onario compilato è stato conteggiato il numero di risposte corre)e. Durante lo studio i da+ raccol+ sono sta+ inseri+ in un database a matrice e i risulta+ o)enu+ sono sta+ organizza+ in diagrammi suddivisi per macroaree. Per ogni sogge)o sono state raccolte le seguen+ informazioni: stru)ura ospedaliera e U.O. di appartenenza, ruolo, anzianità di servizio (espressa in anni) presso UU.OO. pediatriche, +tolo di studio, formazione post base (master o corsi di perfezionamento in area pediatrica), presenza di protocolli, numero di risposte corre)e al ques+onario. L’elaborazione sta+s+ca è stata sviluppata tramite l’u+lizzo del test chi quadrato per valutare la rappresenta+vità del campione rispe)o alla popolazione target in termini di ruolo professionale e a)raverso un modello di regressione logis+ca mul+pla per esaminare l’eventuale associazione fra i predi)ori sopra cita+ ed il numero di risposte corre)e o)enute dai soggeB. Risulta�

Alla popolazione target, rappresentata da 185 soggeB (93 infermieri e 92 infermieri pediatrici), è corrisposto un campione di 166 soggeB consenzien+ (87 infermieri e 79 infermieri pediatrici), con una percentuale di partecipazione di circa il 90%. I due so)ogruppi infermieri e infermieri pediatrici hanno avuto una numerosità campionaria paragonabile a quella originaria (p > 0,05). In termini di anzianità di servizio, i soggeB che lavorano in U.O. di Pediatria da 1 a 5 anni (37%) o da più di 15 anni (37%) rappresentano quasi i tre quar+ del campione, che in una percentuale del 10% ha partecipato a master o corsi di perfezionamento in area pediatrica. La percentuale di risposte corre)e sugli items riferibili alla macroarea “Dolore pediatrico”, pure elevata, non mostra una diffusione unanime sul conce)o di misurazione del dolore pediatrico quale prima forma di tra)amento (85%). Per quanto per+ene agli items rela+vi alla macroarea “Family Centered

Figura 2: diagramma macroarea Tecniche non farmacologiche

Poco più del 50% dichiara l’uso di 1 o

più tecniche appropriate per la

fascia d’età considerata.

Tra chi ha risposto corre�amente, quasi la metà propone un

gioca�olo o un gioco

TNF

Ruolo

91

Età scolare

84

1 sogge�o su 4 ri�ene che possano anche

sos�tuire le tecniche

Non esclusività Età 2-12 a.

59

Quasi 1 su 3 non usa la tecnica idonea. Fra chi ha risposto corre�amente, 1

su 4 fa uso di parole di conforto e conta�o fisico

Età prescolare

70

Fra chi ha risposto corre�amente sulle

tecniche da usare, 1 su 2 ado�a strategie per

coinvolgere il bambino

Cure atraumatiche

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 98

Cure atraumatiche

La rivista "Infermieri dei Bambini -GISIP" prende volentieri in considerazione per la pubblicazione contributi originali su argomenti di infermieristica pediatrica e neonatologica. I lavori possono essere sotto forma di articoli di ricerca originale, revisioni della letteratura, esperienze professionali, lettere alla redazione ed ogni altro tipo di lavoro originale che fornisca un contributo utile per la pratica clinica degli Infermieri di area pediatrica. I manoscritti devono essere preparati seguendo le norme per gli Autori pubblicate di seguito, che sono conformi agli Uniform Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Editors editi a cura dell’International Committee of Medical Journal Editors (Ann Intern Med 1997;126:36-47). La redazione mette a disposizione il proprio supporto per la corretta preparazione dei manoscritti. Per contattare la redazione e riocevere informazioni al riguardo, inviare una email a [email protected]. I lavori devono essere preparati in italiano ed inviati per posta elettronica all'indirizzo email

[email protected] Il testo dovrà essere preparato in formato .doc o .rtf. I lavori sottoposti a "Infermieri dei Bambini -GISIP" verranno inviati per la valutazione ad esperti esterni. Gli autori riceveranno una notifica di ricevimento dell'articolo e, non appena disponibile, il giudizio dei revisori e la decisione dell'editore. I manoscritti sottoposti a "Infermieri dei Bambini -GISIP" non devono essere già stati pubblicati e, se accettati, non dovranno essere pubblicati altrove né integralmente né in parte. Tutto il materiale iconografico deve essere originale. L’iconografia tratta da altre pubblicazioni deve essere corredata dal permesso dell’editore. La rivista recepisce i principi della Dichiarazione di Helsinki e tutte le ricerche sottoposte alla redazione che coinvolgano esseri umani devono essere state condotte in conformità ad essi. Dopo l'accettazione tutti gli autori dovranno inviare alla redazione la seguente dichiarazione: "I sottoscritti autori trasferiscono la proprietà dei diritti di autore alla rivista Infermieri dei Bambini -GISIP, nella eventualità che il loro lavoro sia pubblicato sulla stessa rivista. Essi dichiarano che l’articolo è originale, non è stato inviato per la pubblicazione ad altra rivista, e non è stato già pubblicato. Essi dichiarano di essere responsabili della ricerca, che hanno progettato e condotto e di aver partecipato alla stesura e alla revisione del manoscritto presentato, di cui approvano i contenuti. Dichiarano inoltre che la ricerca riportata nel loro lavoro è stata eseguita nel rispetto della Dichiarazione di Helsinki". I manoscritti dovranno essere redatti con spaziatura doppia in carattere 12, non dovrà superare le 20 cartelle e non dovrà contenere più di 60 citazioni bibliografiche. L’articolo deve essere di norma suddiviso nelle sezioni: introduzione, materiali e metodi, risultati, discussione, conclusioni. Nell’introduzione sintetizzare chiaramente lo scopo dello studio. Nella sezione dei materiali e metodi descrivere in sequenza logica come è stato impostato e portato avanti lo studio. Nella sezione dei risultati dare le risposte alle domande poste nell’introduzione. I risultati devono essere presentati in modo completo, chiaro, conciso eventualmente correlati di figure, grafici e tabelle. Nella sezione discussione riassumere i risultati principali, analizzare criticamente i metodi utilizzati, confrontare i risultati ottenuti con gli altri dati della letteratura, discutere le implicazioni dei risultati. Le revisioni devono trattare un argomento di attualità ed interesse, presentare lo stato delle conoscenze sull’argomento, analizzare le differenti opinioni sul problema trattato, essere aggiornato con gli ultimi dati della letteratura. Ogni manoscritto dovrà includere, nella pagina iniziale, l'indicazione del nome e cognome di tutti gli autori, dell'istituzione di appartenenza, il nome, indirizzo, numero telefonico e e-mail dell’autore al quale dovranno essere inviate la corrispondenza, riferimenti di eventuali Congressi ai quali il lavoro sia già stato presentato, menzione di eventuali finanziamenti ricevuti, ringraziamenti. Dovrà essere anche preparato un riassunto di circa 200 parole contenente gli elementi più importanti del lavoro presentato. La bibliografia deve comprendere i soli lavori citati nel testo. Va numerata con numeri arabi in ordine consecutivo di prima citazione nel testo. Il richiamo delle voci bibliografiche nel testo deve essere fatto con numeri arabi posti tra parentesi. La bibliografia deve essere citata nello stile standardizzato approvato dall’International Committee of Medical Journals Editors. Per ogni voce bibliografica si devono riportare il cognome e l’iniziale del nome degli Autori (elencare tutti gli Autori fino a sei, se sette o più elencare solo i primi sei nomi seguiti da: et al.), il titolo originale dell’articolo, il titolo della rivista (attenendosi alle abbreviazioni usate dall’Index Medicus), l’anno di pubblicazione, il numero del volume, il numero di pagina iniziale e finale. Nelle citazioni bibliografiche seguire attentamente la punteggiatura standard internazionale come esemplificato di seguito: Esempio: Palese A, Lamanna F, Di Monte C, Calligaris S, Doretto M, Criveller M. Quality of life in patients with right- or left-sided brain tumours: literature review. J Clin Nurs 2008;17:1403-10.

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senza dolore” anche per quanto concerne l’ambito pediatrico.

Bibliografia 1. Merskey H, Bogduk Classifica�on of Chronic Pain. IASP Task Force on Taxonomy.

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10.JCAHO, NPCPain: Current Understanding of Assessment, Management and

Treatments, 2001; 5: 77-8

Conclusioni

Lo studio, per limi+ logis+ci e temporali, non ha potuto prendere in considerazione i professionis+ delle UU.OO. di Pediatria e Chirurgia Pediatrica di tu)e le stru)ure ospedaliere di Milano ed hinterland esisten+. Da quanto rilevato in precedenza è desumibile che un non oBmale livello di coinvolgimento dell’intero nucleo familiare nella ges+one del dolore pediatrico acuto da procedura e postoperatorio può avere come effe)o da parte dei professionis+ l’u+lizzo di tecniche non farmacologiche non sempre adeguate allo sviluppo cogni+vo e di linguaggio, alle preferenze e al vissuto del bambino, e questo sembra più evidente per i bambini in età prescolare e quando la tecnica deve dimostrarsi idonea per tu)a la fascia di età compresa fra 2 e 12 anni. Inoltre, la non capillare presenza di protocolli conformi a quanto raccomandato dalle linee guida nazionali e internazionali può condizionare la possibilità di produrre e disseminare conoscenze e comportamen+ di comprovata efficacia e quindi di formalizzare il conce)o di “ospedale

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Esperienze Professionali

99

Michela Di Paola, Maria Luisa Cavada, Laura Dalsass, Cris�na Zaggia Ospedale Regionale del Comprensorio Sanitario di Bolzano

[email protected]

La scheda di documentazione La scheda di documentazione La scheda di documentazione La scheda di documentazione infermieristica per pazienti subinfermieristica per pazienti subinfermieristica per pazienti subinfermieristica per pazienti sub----intensivi intensivi intensivi intensivi

in ambito pediatrico. Indagine pre e post in ambito pediatrico. Indagine pre e post in ambito pediatrico. Indagine pre e post in ambito pediatrico. Indagine pre e post sperimentazione nel Comprensorio sperimentazione nel Comprensorio sperimentazione nel Comprensorio sperimentazione nel Comprensorio

Sanitario di BolzanoSanitario di BolzanoSanitario di BolzanoSanitario di Bolzano----BozenBozenBozenBozen Abstract

Obie)vo. Iden�ficare, a�raverso la revisione della le�eratura e un’indagine descri)va, i requisi� di contenuto della scheda infermieris�ca per

l’assistenza ai pazien� sub-intensivi pediatrici ed elaborare una scheda infermieris�ca per la documentazione dei pazien� sub-intensivi

pediatrici.

Materiali e metodi. E’ stata svolta una revisione della le�eratura e confronto tra schede infermieris�che u�lizzate presso il Dipar�mento

Pediatrico dell'AOU di Padova; sono state effe�uate interviste semi-stru�urate pre-sperimentazione al personale infermieris�co dell’U.O. di

Pediatra del Comprensorio Sanitario di Bolzano-Bozen. E’ stata poi elaborata una scheda di documentazione infermieris�ca per pazien� sub-

intensivi pediatrici. La scheda elaborata è stata sperimentata con l’u�lizzo di un diario come strumento per la raccolta da�. Successivamente

sono state condo�e interviste semi-stru�urate post sperimentazione. Ed è stata elaborata una nuova scheda.

Risulta�. Interviste pre-sperimentazione: lo strumento u�lizzato risulta frammentario, poco stru�urato e poco per�nente, incompleto, non

accurato alla �pologia di paziente preso in carico.

Interviste post-sperimentazione: la scheda elaborata risulta più ordinata, stru�urata, ogge)va, uniforme ed orientata al bambino. Si è notata

una riduzione della tempis�ca per la stesura ed il passaggio della consegna.

Conclusioni e implicazioni per la pra�ca. La scheda elaborata sembra favorire la con�nuità e la personalizzazione dell’assistenza

infermieris�ca. Perme�e di documentare in maniera uniforme l’assistenza erogata dagli infermieri ai pazien� presi in carico, evidenziando

specificità opera�ve ed ambi� di responsabilità dei professionis�; fornisce una traccia delle a)vità assistenziali, riducendo i tempi di consegna

in quanto non tu�e le informazioni registrate devono essere riportate verbalmente. Alla luce dei risulta� o�enu� si è deciso di implementare

la scheda infermieris�ca elaborata per i pazien� sub-intensivi pediatrici nell’U.O. di Pediatria presso cui è stato eseguito lo studio pilota.

Introduzione

Documentare significa registrare informazioni aggregate, in modo organizzato e finalizzato, al fine di rendere esplicito ciò che è stato fa)o; non rappresenta solo l’adempiere a un dovere, ma un momento fondamentale di espressione del lavoro professionale e perme)e di fornire un valido contributo alla crescita personale e professionale di ogni infermiere. Negli ul+mi decenni, la documentazione infermieris+ca, intesa come a)o pubblico di fede privilegiata (1), la cui adozione è riconosciuta nel DPR 384/1990, è sempre stata considerata per gli infermieri incarica+ di pubblico servizio, di problema+ca adozione nella storia professionale (2,3). Nello stesso Codice Deontologico dell’Infermiere del 2009, è evidenziata l’importanza di assicurare e tutelare la riservatezza dei da+, la raccolta e ges+one dei medesimi (Art. 26), garantendo la con+nuità assistenziale e la ges+one degli strumen+ informa+vi stessi (Art. 27), rispe)ando il segreto professionale non solo per obbligo giuridico, ma per in+ma

convinzione e come espressione concreta del rapporto di fiducia con l’assis+to (Art. 28). La Legge 42/1999 considera la cartella infermieris+ca come strumento di raccolta, organizzata e finalizzata, di da+ che riguardano la persona assis+ta. Essa non consente solo una valutazione oggeBva dell’operato ai fini del miglioramento della qualità e dell’elevato standard assistenziale, della con+nuità e della personalizzazione dell’assistenza infermieris+ca, ma garan+sce inoltre la trasmissione delle conoscenze: solo se si documenta ciò che viene fa)o è possibile studiare e valutare i risulta+ dell’aBvità infermieris+ca e quindi sos+tuire, abbandonare, o introdurre nuove tecniche, aBvità ed approcci al fine di migliorare l’assistenza del paziente. Tu)e le informazioni registrate in tale documentazione sono a supporto delle decisioni assistenziali rela+ve alla persona (diari, registri, schede) e delle decisioni tecnico-opera+ve ricorren+ nell’organizzazione (protocolli, procedure, linee guida) (2): tali informazioni devono integrarsi in un sistema

Nursing charts in a pediatric subNursing charts in a pediatric subNursing charts in a pediatric subNursing charts in a pediatric sub----intensive care unit. An implementation study in the Health District of Bolzanointensive care unit. An implementation study in the Health District of Bolzanointensive care unit. An implementation study in the Health District of Bolzanointensive care unit. An implementation study in the Health District of Bolzano----BozenBozenBozenBozen The goal of this study was to iden�fy the requisites of nursing documenta�on in pediatric sub-intensive care, through a literature review.

Subsequently, to create a chart set for nursing care documenta�on in a pediatric sub-intensive care unit.

Materials and methods. We performed a literature review on the subject and an analysis of nursing charts used in the pediatric Hospital of

Padua. Nurses of the Pediatric ward of the Bolzano-Bozen Health district were interviewed. A set of nursing charts for sub-intensive

pediatric pa�ents was created and then implemented. Nurses who used the charts kept a diary where they noted down any observa�on or

remark about them. Post-implementa�on interviews were eventually performed and a final version of the chart set created.

Results. The new nursing charts resulted more orderly, be�er structured and child-oriented. Less �me was required for hnurses’ and-over.

Conclusions and implica�ons for prac�ce. The new charts seem to facilitate the con�nuity and pa�ent-centeredness of nursing care, to

allow nurses to be�er document the care they delivered and to reduce nurses’ hand-over �mes.

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 100

Esperienze professionali orientato alla persona. Le domande che hanno indirizzato questo lavoro sono: Quali sono i parametri necessari per eseguire una valutazione globale dello stato di salute del bambino, in par+colare di quello sub-intensivo? Le schede infermieris+che u+lizzate presso l’U.O. di Pediatria rispondono a tali requisi+? Possono essere migliorate? Vi è uniformità di compilazione al loro interno? La scheda infermieris+ca u+lizzata risponde ai criteri di accuratezza, chiarezza, completezza, per+nenza, rintracciabilità e veridicità suggeri+ dalla le)eratura, cara)eris+ci di ogni cartella infermieris+ca? Che cosa pensano gli infermieri a tale riguardo?

Materiali e metodi

La revisione della le)eratura e la ricerca bibliografica condo)a a)raverso la banca da+ PubMed e la Cochrane Library, ha individuato 13 pubblicazioni scien+fiche e 2 revisioni della le)eratura che rispondevano ai requisi+ di ricerca. Le parole chiave u+lizzate sono: “sanitary documenta+on”, “nursing documenta+on”, “clinical record”, “vital sign in emergency department”, “children’s vital signs”, “recording vital signs”. Con l’obieBvo d’iden+ficate i pun+ di forza e di debolezza della scheda infermieris+ca in uso presso l’U.O. di Pediatria di Bolzano, nel mese di giugno 2010 viene iden+ficato, previo o)enimento del consenso informato, un campione proposi+vo di 8 infermiere di sesso femminile, al quale è stata fa)a un’intervista semi stru)urata pre sperimentazione. Ogni risposta o)enuta è stata classificata all’interno di sei categorie d’indagine, definite in precedenza, rappresentan+ i requisi+ di qualità e legalità della cartella clinica (2,8,9): accuratezza, chiarezza, completezza, per+nenza, rintracciabilità e veridicità. Frasi e da+ che potevano alludere ad una duplice interpretazione sono state riportate più volte all’interno delle categorie d’indagine. È stato in seguito eseguito un confronto tra due schede infermieris+che u+lizzate rispeBvamente presso l’U.O. di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) e Pediatrica (TIPED) del Dipar+mento Pediatrico dell'AOU di Padova; i criteri suggeri+ dalla le)eratura per il confronto e la valutazione delle schede sono: la presentazione e veste grafica (formato del foglio, +po e dimensione del cara)ere u+lizzato, formato delle tabelle, uso dei colori, disegni e loghi), i contenu+ tra)a+ (parametri vitali contenu+ all’interno della scheda) e la modalità e tempis+ca di compilazione (10): sono state prese in considerazione le istruzioni opera+ve fornite al personale infermieris+co delle due U.O. e la modalità di rintracciabilità delle azioni a)raverso la firma o la sigla dell’operatore. Sono state poi elaborate due schede infermieris+che per l’U.O. di Pediatria di Bolzano-Bozen: una delle schede elaborate è finalizzata a documentare i parametri vitali dei pazien+ sub-intensivi ed una a documentare la ges+one e la medicazione degli accessi invasivi. La scheda è stata poi ado)ata sperimentalmente per 3 mesi a par+re dal luglio 2010. I criteri stabili+ per l’u+lizzo della scheda erano l’alterazione di almeno uno dei parametri fisiologici, l’instabilità clinica, la necessità di un monitoraggio con+nuo centralizzato e/o la necessità di eseguire il bilancio idrico del paziente. Durante la sperimentazione è stato messo a disposizione un diario, come strumento di raccolta di indicazioni ed osservazioni concernen+ lo studio pilota. Per valutare i pun+ di forza e debolezza della scheda sperimentata ed eventuali suggerimen+, è stata eseguita nel mese di o)obre 2010 un’intervista semi stru)urata post sperimentazione al medesimo campione proposi+vo. In base

informa+vo efficace, che garan+sca una corre)a documentazione dell’aBvità svolta, una con+nuità assistenziale alla persona e che ne consenta la valutazione ai fini di una efficiente pianificazione assistenziale in relazione ai cambiamen+ dello stato di salute del paziente Si tra)a purtroppo, ancora oggi, di strumen+ informa+vi che, per la loro stessa natura, sono frammentari, poco stru)ura+ ed offrono un’ampia gamma di possibilità interpreta+ve, poiché la raccolta delle osservazioni e dei commen+ è lasciata alla soggeBvità di chi effe)ua le osservazioni stesse (2). Le difficoltà di una corre)a e valida documentazione crescono (3) sopra)u)o per quanto concerne quei pazien+ sub-intensivi che sono, più di altri, soggeB a repen+ne alterazioni delle condizioni cliniche e che richiedono un ampio impiego di risorse umane e tecnologiche per la loro stabilizzazione (2,4). La funzione dell’area sub-intensiva, con par+colare a)enzione a quella pediatrica è (5), quella di fornire un monitoraggio clinico e strumentale con+nuo per il tra)amento di tuB quegli uten+ con compromissione di almeno uno o più parametri fisiologici o a rischio d’instabilità. È un’area riservata a pazien+ che richiedono un’assistenza infermieris+ca inferiore a quella fornita in terapia intensiva, ma ne)amente superiore a quella erogata da una divisione di cure generali e prevede la presenza di alcuni suppor+ quali, per esempio, leB ar+cola+, monitor con strumentazione centralizzata, carrello urgenza con addestramento P-BLS e P-ALS del personale, conoscenza del defibrillatore bifasico, presenza di assistenza ven+latoria non invasiva, ossigeno, vuoto e aria compressa al le)o del paziente. In tali condizioni, la documentazione delle aBvità infermieris+che, del piano assistenziale e delle condizioni cliniche cri+che del paziente viene talora vissuta dalla maggior parte degli infermieri come un carico di lavoro extra, un’aBvità amministra+va con valore di natura pre)amente giuridica (6) e non come parte integrante della presa in carico dell’assis+to (7); essa dovrebbe invece rispondere a precisi scopi, defini+ in le)eratura (2), quali quelli di favorire la con+nuità e la personalizzazione dell’assistenza infermieris+ca migliorando di conseguenza la qualità della medesima, di rappresentare uno strumento informa+vo di +po orizzontale a sostegno dell’integrazione fra professionis+, di documentare l’assistenza fornita dagli infermieri alle persone prese in carico, di accorciare i tempi delle consegne, di fornire una traccia delle aBvità assistenziali, che può rappresentare una “banca da+” per ricerche sull’assistenza infermieris+ca, di evidenziare le specificità opera+ve e gli ambi+ di responsabilità degli infermieri e di risultare a supporto dell’evidenza nelle controversie legali. A tal proposito tu)e le informazioni reda)e all’interno della documentazione clinico - infermieris+ca devono inoltre rispondere ai requisi+ di qualità e legalità quali l’accuratezza, la chiarezza, la completezza, la per+nenza, la rintracciabilità e la veridicità, indica+ in le)eratura (2,8,9).

Obie�vo

L’obieBvo di questo lavoro è di valutare, a)raverso una revisione della le)eratura e un’indagine descriBva, l’a)uale scheda infermieris+ca u+lizzata per la documentazione dei pazien+ sub-intensivi ricovera+ presso l’Unità Opera+va di Pediatria del Comprensorio Sanitario di Bolzano. Scopo aggiun+vo è migliorare l’approccio degli infermieri nell’aBvità stessa del documentare in modo da produrre un miglioramento dell’assistenza alla persona, ridurre la discrezionalità e la soggeBvità di chi esegue le osservazioni, introducendo una metodologia uniforme per la compilazione e rendendo tale strumento più oggeBvo, ordinato ed

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

ai risulta+ o)enu+ dalle interviste, sono state poi apportate modifiche della scheda.

Risulta�

Interviste pre-sperimentazione

Il range d’età dei soggeB intervista+ è compreso tra i 25 ed i 43 anni d’età mentre il range di esperienza lavora+va all’interno del contesto opera+vo preso in esame è compreso tra i 3 e i 21 anni di servizio. Cinque intervistate su o)o possiedono la Laurea di Primo Livello, mentre le altre possiedono il Diploma Professionale appartenente al vecchio ordinamento. La durata media delle interviste è stata di 15 minu+: i colloqui sono sta+ registra+ e le risposte o)enute trascri)e ed analizzate qualita+vamente. I da+ e le osservazioni o)enu+ dalle interviste sono sta+ interpreta+ da un punto di vista quan+ta+vo e raccol+ in una tabella suddivisa nelle sei categorie d’indagine stabilite in precedenza (2,8,9,): in termini di chiarezza è emersa per se)e volte, come elemento di forza, la possibilità di documentare in maniera comprensibile e leggibile i parametri vitali essenziali (FC, FR, PA e SatO2), il bilancio idrico, la terapia e le osservazioni; per il layout e la modalità di compilazione dei medesimi solo per 2 volte è stata so)olineata la facilità d’uso della grafica stessa. Il totale del campione ha invece evidenziato più volte la mancanza di chiarezza della scheda, sia per le dimensioni troppo ristre)e per la quan+tà dei da+ che andrebbero documenta+, sia per la molteplicità d’interpretazioni che possono derivare dalle informazioni trascri)e: per o)o volte è emersa infaB la difficoltà di “…scrivere e interpretare i da+ osserva+ dalla singola infermiera, perché scri)e in maniera non adeguata per mancanza di spazi…”; è stata so)olineata sempre la necessità di “…dover u+lizzare sempre mol+ fogli per una stessa giornata, perdendo così la visione delle condizioni e dello stato clinico del bambino…”. I suggerimen+ propos+ da tu)e le intervistate per il miglioramento della chiarezza della scheda sono sta+ quelli di “…aumentare le dimensioni della scheda, stabilendo dei criteri di compilazioni uniformi per tu)e le colleghe…” e creare un unico foglio, magari colorato, stru)urato su 24 ore, per rendere più chiari e visibili i singoli parametri, nonché la situazione globale del bambino. La minuziosità e me+colosità dei da+ rileva+ e trascriB nella scheda infermieris+ca, defini+ nei requisi+ di accuratezza della cartella, sono sta+ iden+fica+ due volte come elemen+ posi+vi e pun+ di forza della medesima poiché “…c’è lo spazio per osservare immediatamente i parametri vitali essenziali, il bilancio e le terapie…”; come aspe)o nega+vo e punto di debolezza è emersa per cinque volte la mancanza di accuratezza in termini di rilevazione dei da+, poiché “…si tende a tralasciare alcune valutazioni importan+ perché non contemplate dalla scheda o per mancanza di spazi…” e per o)o volte in termini di trascrizione vera e propria, per la mancanza di elemen+ valuta+vi fondamentali per l’inquadramento dello stato clinico del bambino, come per esempio “…il colorito della cute, la qualità del respiro, la qualità delle secrezioni, il dolore e la Glasgow Coma Scale…”; la mancanza di tali elemen+ presuppone la necessità di dover riportare i da+ all’interno della consegna infermieris+ca aumentando il rischio di errori, dimen+canze e perdendo tempo prezioso per l’assistenza della persona presa in carico. I suggerimen+ emersi a tale proposito sono sta+ per o)o volte quelli di “…introdurre tu)e le voci mancan+ per la valutazione globale del bambino…” e di “…poter trascrivere tu)o su un'unica grafica senza rischiare errori di trascrizione o dimen+canze…”. Con il termine di completezza, è contemplata sia la

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registrazione dei da+ obieBvi, sia la fotografia dell’evolversi della malaBa; come aspe)o posi+vo della registrazione obieBva dei da+ è emersa per qua)ro volte “…la possibilità di registrare in maniera veloce e precisa i parametri vitali, le terapie ed il bilancio idrico del bambino …”, mentre per solo due volte viene so)olineata la possibilità di “…osservare l’andamento clinico immediato…”; come punto di debolezza viene so)olineata per o)o volte, sia la difficoltà di rilevare da+ obieBvi fondamentali, come per esempio quelli rela+vi alla ges+one e medicazione degli accessi invasivi, sia la difficoltà di “…evidenziare adeguatamente su un unico foglio gli even+ acu+ del paziente per avere una visione quo+diana globale sullo stato di salute del bambino da confrontare coi giorni passa+…”. Come suggerimen+ per ovviare a queste difficoltà è stata proposta per se)e volte l’introduzione di uno spazio adeguato specifico, per la documentazione della ges+one e medicazione degli accessi invasivi, per o)o volte l’introduzione di spazi idonei ad evidenziare in maniera immediata eventuali alterazioni/peggioramen+ dello stato clinico e per sei volte l’inserimento delle voci mancan+ alla scheda u+lizzata a)ualmente.

Per quanto concerne il requisito della per+nenza, inteso come appropriatezza dei contenu+ e dei da+ rileva+, è emerso per tre volte l’elemento posi+vo di poter documentare i parametri vitali essenziali del bambino (Fc, Fr, Pa, Tc, SatO2), ma per o)o volte la mancanza di poter documentare altri da+ importan+, come quelli riguardan+ gli accessi invasivi e il colorito cutaneo. Per rispondere a tale mancanza è stata suggerita, per se)e volte, l’introduzione di quei da+ mancan+ all’interno della scheda in uso.

Con il conce)o di rintracciabilità, inteso in termini d’iden+ficabilità delle aBvità e degli esecutori, è stato riscontrato per tre volte il punto di forza della scheda di riuscire a risalire ai faB oggeBvi riscontra+; non sono state definite alcune opinioni al riguardo intese come elemen+ nega+vi o in termini di suggerimen+ eventuali. La veridicità della scheda, intesa come registrazione oggeBva di da+, contestuale al suo verificarsi è stata marcata soltanto una volta come elemento di forza e posi+vo della scheda, mentre per sei volte come elemento nega+vo da migliorare: “…non avendo abbastanza spazio per documentare gli even+ acu+ e il peggioramento dello stato clinico del bambino, molto spesso sei costre)o a documentare al momento solo i da+ contempla+ dalla scheda, mentre gli altri parametri valuta+ nell’accadimento sono documenta+ a posteriori in consegna, poiché richiedono molto più tempo per la documentazione…; vi è spesso il rischio di dimen+canza o di errore di registrazione del dato…”. Per ovviare a tale problema non è stato espresso alcun suggerimento da parte degli intervista+.

Quanto emerso dalle interviste è confermato dalla le)eratura (2,3), dove si so)olinea purtroppo, ancora ad oggi, la frammentarietà degli strumen+ informa+vi che per loro stessa natura risultano spesso poco stru)ura+ ed offrono una troppo ampia gamma di possibilità interpreta+ve, poiché la raccolta dei da+ è lasciata alla soggeBvità di chi effe)ua le osservazioni. Elaborazione della scheda infermieris�ca

Nel mese di giugno 2010 è stata elaborata la scheda infermieris+ca sperimentale per la rilevazione dei parametri vitali di pazien+ sub-intensivi dell’U.O. Pediatrica del Comprensorio Sanitario di Bolzano e la scheda infermieris+ca per la ges+one e medicazione degli accessi invasivi. La scheda elaborata è composta di un unico foglio, stampato a colori fronte-retro, in formato A3, da compilare all’ingresso

Esperienze professionali

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 102

Esperienze professionali di ogni paziente sub-intensivo che richiede un monitoraggio clinico con+nuo per la compromissione di una delle sue funzioni vitali o perché instabile: essa perme)e di documentare in maniera ordinata e stru)urata i da+ del paziente. Le giornate sono suddivise in tre sezioni temporali, corrisponden+ ai tre turni lavora+vi, dove l’infermiere che prende in carico il paziente è obbligato a porre nella fascia oraria corrispondente la sua firma per esteso, assumendosi la responsabilità di ogni dato trascri)o (8). Nella parte superiore è possibile registrare i da+ anagrafici del paziente, la data e il numero progressivo del foglio; nella parte centrale, composta di una tabella avente rispeBvamente 44 righe e 26 colonne, è possibile documentare lo stato clinico del paziente tramite la rilevazione dei qua)ro parametri vitali standard (11-15), frequenza cardiaca (Fc), frequenza respiratoria (Fr), pressione arteriosa (Pa) e temperatura corporea (Tc) con l’aggiunta di quelli che vengono considera+ ad oggi, secondo la le)eratura, il quinto ed il sesto parametro vitale, ossia la saturazione di ossigeno (Sat02) (16) ed il dolore (16,17). Nella parte dedicata alla rilevazione dei parametri vitali vi è la possibilità di registrare lo stato neurologico del paziente a)raverso la Glasgow Coma Scale (GCS) neonatale e pediatrica, le crisi convulsive e le condizioni cliniche all’ingresso in reparto (peso, glicemia, qualità del respiro, quan+tà e consistenza delle secrezioni). La parte dedicata alla documentazione delle entrate ed uscite del bambino perme)e una valutazione del bilancio idrico parziale e/o totale del paziente in tempo reale e comprende la parte di entrate per via endovenosa, entrate liquide e solide, e le uscite comprensive di diuresi, alvo, ristagni gastrici, vomi+ e drenaggi (18). La parte inferiore della scheda è dedicata alla documentazione della terapia farmacologica con rela+va modalità e tempis+ca di somministrazione della medesima, alla nutrizione parenterale ed enterale e al calcolo del bilancio delle ul+me 24 ore; vi è inoltre la presenza di una figura s+lizzata umana che ha la valenza di perme)ere di riportare la rilevazione della pressione arteriosa su tuB e qua)ro gli ar+ e di documentare in maniera schema+ca il luogo del posizionamento dell’accesso invasivo del paziente. Per rendere uniforme, oggeBva e schema+ca la modalità di compilazione della scheda sono sta+ elabora+ dei codici rappresentan+ le cara)eris+che specifiche delle singole voci, che perme)ono di documentare a)raverso dei numeri le condizioni cliniche del bambino: i codici numerici sono sta+ ordina+ in ordine crescente, partendo dalla condizione di completa normalità del bambino, fino alla condizione di maggior cri+cità dello stesso (19). Per facilitare la compilazione sono state inoltre suddivise le zone secondo fasce di colore: i parametri vitali sono verdi, lo stato neurologico, il peso e glicemia sono arancioni, le entrate viole e le uscite sono blu. Tali colori sono mantenu+ nella parte posteriore della scheda dove è stata schema+zzata e rappresentata la legenda dei codici numerici di riferimento; in aiuto al personale infermieris+co sono state inoltre riportate nella parte posteriore della scheda, una schema+zzazione della GCS neonatale e pediatrica (20) e delle scale di dolore di riferimento (20): fra le molte a disposizione sono state individuate tre scale algometriche, che per efficacia, efficienza ed applicabilità risultano le più indicate per la valutazione del dolore dai 0 ai 18 anni (17); per i neona+ ed i bambini in età preverbale al di so)o dei tre anni di età è indicata la scala FLACC (“face”, “legs”, “ac+vity”, “cry”, “consolability”); per il bambino di età maggiore dei tre anni è indicata la scala di Wong anche conosciuta come scala delle facce e per il bambino di età maggiore o uguale agli o)o anni, la scala

numerica e/o quella verbale (17). Un dato rilevante, emerso dalle interviste pre sperimentazione, è stato quello rela+vo alla quasi totale mancanza di documentazione per quanto concerne la ges+one e medicazione degli accessi invasivi, in par+colare cateteri venosi periferici (CVP), con qualche eccezione per quanto concerne i cateteri venosi centrali (CVC) dove la documentazione risultava il più delle volte adeguata: a tale proposito è stata elaborata una seconda scheda infermieris+ca in formato A4 fronte-retro che perme)e di registrare in maniera schema+ca e veloce tuB i da+ di posizionamento, ges+one, sos+tuzione, rimozione e medicazione di catetere venoso periferico (CVP) (21,22), catetere venoso centrale (CVC) (23,24), sondino naso- o oro-gastrico (SNG, SOG) (25), gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) (26), tracheostomia (27,28), catetere vescicale (29) e eventuale drenaggio. Per ogni accesso invasivo preso in esame sono state revisionate le linee guida per la frequenza dei lavaggi, dei cambi circuito, del +po e frequenza di medicazione e ges+one (21-29). Con l’obieBvo di facilitare la compilazione delle schede infermieris+che elaborate, di ridurre la discrezionalità opera+va delle diverse figure professionali e rendere la modalità compilatoria uniforme è stato elaborato un documento di guida alla compilazione a supporto del personale infermieris+co dell’Unità Opera+va; tale documento è stato consegnato personalmente alle 16 turniste operan+ a tempo pieno all’interno dell’U.O. di Pediatria e alle 5 infermiere che prestano servizio no)urno come part-+me al 50% presso l’ambulatorio di pronto soccorso dell’U.O. in occasione della presentazione dei due suppor+ elabora+, avvenuta durante una riunione di reparto inde)a dalla Coordinatrice Infermieris+ca. In tale occasione è stata spiegata la modalità compilatoria delle schede e sono sta+ chiari+ eventuali dubbi al riguardo; è stata inoltre effe)uata una breve presentazione delle schede infermieris+che anche al personale medico del servizio, in quanto coinvolto secondariamente all’interno della sperimentazione. Durante l'u+lizzo sperimentale della nuova documentazione, sono state u+lizzate 259 schede, per 46 pazien+ sub-intensivi. La figura 1 mostra la Scheda infermieris+ca u+lizzata per il controllo dei parametri vitali (fronte e retro). La figura 2

mostra la Scheda infermieris+ca per la ges+one e la medicazione degli accessi invasivi. Interviste post-sperimentazione

Sono sta+ intervista+ gli stessi soggeB intervista+ nella prima fase. La durata media delle interviste è stata di 11 minu+ e le risposte sono state raccolte nelle categorie d’indagine. Nelle tabelle proposte di seguito sono sta+ classifica+ i risulta+ o)enu+ dalle interviste post sperimentazione: le tre tabelle rappresentano i pun+ di forza (Tabella 1), i pun+ di debolezza (Tabella 2) ed i suggerimen+ (Tabella 3) classifica+ secondo le sei categorie d’indagine (4). Modifiche alla scheda

In base ai riscontri o)enu+ in fase di sperimentazione, per la scheda di ges+one e medicazione degli accessi invasivi non sono state apportate correzioni, mentre per la scheda di rilevazione dei parametri vitali sono state compiute delle minime modifiche: sono sta+ crea+ dei toni di colore più tenui ed è stata alternata una colonna chiara e una scura, per evitare di trascrivere i parametri nella colonna sbagliata. È stata aggiunta una colonna per le osservazioni e sono sta+ lascia+ gli spazi degli orari vuo+ affinché l’infermiere che prende in carico il paziente possa scrivere con assoluta

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Esperienze Professionali

103

Conclusioni

La documentazione dell’assistenza infermieris+ca rappre-senta, nella realtà odierna, il mezzo più adeguato affinché la pianificazione del lavoro nelle unità opera+ve segua percorsi di qualità e l’operare infermieris+co possa essere misurato, valutato, confrontato e modificato nel perseguimento di principi quali efficacia, efficienza ed appropriatezza delle cure (30). La condizione indispensabile perché questo avvenga risiede in un corre)o u+lizzo ed una corre)a conoscenza da parte del personale infermieris+co di tuB gli strumen+ che compongono tale documentazione. Spesso, infaB, nella rou+ne della realtà opera+va provvedere alla documentazione risulta difficoltoso, non solo per il pesante carico di lavoro o l’instabilità di pazien+ sub-intensivi (6,7), ma anche a causa di strumen+ tradizionali poco adegua+ alle esigenze degli infermieri, che non favoriscono l’accuratezza, la chiarezza, la completezza e la tempes+vità delle informazioni (2): i da+ riporta+ sono spesso vaghi, non per+nen+ e solo parzialmente u+lizzabili e rintracciabili. Questo è tes+moniato anche dai risulta+ o)enu+ dall’indagine svolta sulla documentazione u+lizzata presso l’Unità Opera+va di Pediatria del Comprensorio Sanitario di Bolzano-Bozen, dove la scheda per la rilevazione dei parametri vitali per i pazien+ sub-intensivi e la tradizionale “consegna”, tu)ora u+lizzata, appaiono uno strumento obsoleto non solo per la parzialità e la mancanza di uniformità delle informazioni documentabili, ma anche per la mancanza di per+nenza, tempes+vità ed accuratezza delle medesime. La scheda elaborata sembra aver migliorato l’approccio degli infermieri nell’aBvità stessa del documentare, favorendo la con+nuità e la personalizzazione dell’assistenza infermieris+ca, perme)endo di documentare in maniera

Figura 1: Scheda infermieris�ca per il controllo dei parametri vitali: fronte e retro

precisione, l’orario effeBvo di rilevazione del parametro o dell’evento acuto contestualmente al suo verificarsi.

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 104

uniforme l’assistenza erogata dagli infermieri ai pazien+ presi in carico, evidenziando specificità opera+ve ed ambi+ di responsabilità dei professionis+ (2). I soggeB intervista+ hanno definito tale azione più ordinata, stru)urata, uniforme, oggeBva ed orientata al bambino ed hanno so)olineato più volte la riduzione dei tempi di stesura della consegna. La scheda sperimentata sembra inoltre aver favorito la rintracciabilità delle aBvità assistenziali, che spesso non venivano documentate per l’inadeguatezza del supporto o per dimen+canze e ha rido)o di fa)o i tempi per la stesura ed il passaggio di consegna, con conseguente riduzione dello stress (2). Oltre ad uniformità di compilazione delle schede elaborate, è emersa uniformità organizza+va per quanto riguarda la ges+one e la medicazione degli accessi invasivi del paziente ed un conseguente miglioramento in termini di qualità ed efficacia dell’assistenza. Sembrano pertanto raggiun+ gli obieBvi prefissa+ all'inizio del lavoro in riferimento ad aspeB legali e giuridici (30,31) e ad aspeB ges+onali, di efficacia e qualità d’assistenza (32). Considera+ i risulta+ o)enu+ dalla sperimentazione delle schede di documentazione infermieris+ca elaborate, si è deciso di implementarle a par+re dal mese di marzo 2011 all’interno del contesto presso cui è stato svolto lo studio pilota. Bibliografia 1. Corte di Cassazione. IV sezione, sentenza n. 9872; giugno1975.

2. Casa� M. La documentazione infermieris�ca. Milano: McGraw-Hill; O�obre 1999.

3. Urguahart C,Currel R, Grant MJ, Hardiker NR.Nursing record systems: effects on

nursing prac�ce and health care outcomes. Cochrane Database Syst Rev; 2009, I1.

Figura 2: Scheda infermieris�ca per la ges�one degli accessi invasivi

Esperienze professionali

4. Eggland ET, Heinemann DS. Nursing documenta�on: char�ng, recording and

repor�ng. Philadelphia: Lippinco� Williams & Wilkins; 1994.

5. Royal college of nursing. Defining staffing levels for children’s and young

people’s services. RCN guidance for clinical professionals and service

managers. September 2003.

Requisi� della scheda n. Risposte degli infermieri

Accu

ratezza

Rilevazione da+ 8

"… si vede andamento clinico immedia-to: le colonne con tu) i parametri già stampa� � perme�ono di valutare alcune cose che magari precedente-mente dimen�cavi …"

Trascrizione da+ 8 "… scrivendo in questa grafica si nota subito il miglioramento o peggioramen-to della situazione clinica…"

Ch

iarezzza

Layout e compilazione 7

"… ben visibile e di dimensioni adegua-te…" "… molto u�le e veloce il sistema dei codici numerici…" "… molto u�le e veloce la compilazione a croce�e della scheda per la ges�one e medicazione degli accessi venosi..."

Leggibilità e comprensione 7

"… tu�o ben visibile: i codici numerici colora� perme�ono una compilazione uniforme tra colleghe…"

Co

mp

letezza

Registrazione degli obieBvi 4

"… sono state introdo�e delle voci che prima mancavano e dimen�cavi di osservare…" (Dolore, Glasgow)

Evoluzione stato clinico 8

"… si nota immediatamente il migliora-mento o peggioramento dello stato del paziente e si documenta subito la situa-zione globale del paziente..”

Per+

nen

za

Appropriatezza contenu+ 6

"… a differenza della scheda preceden-te, questa può essere u�lizzata per ogni �pologia di paziente e non si deve u�liz-zare una grafica diversa ogni volta…"

Rin

tracciabilità

Iden+ficabilità aBvità 5

"… la scheda degli accessi invasivi per-me�e un'organizzazione uniforme del lavoro tra colleghe e si nota subito quello che è stato fa�o o manca..."

Iden+ficabilità esecutori 0

Verid

icità

Registrazione da+ oggeBva 0

Registrazione da+ in tempo reale

7 "… i tempi per la stesura della consegna si sono rido), poiché mol� da� compa-rivano sulle schede e non vi era perdita di tempo nel trascriverli..”"

Requisi� della scheda n. Risposte degli infermieri

Accu

ratezza

Rilevazione da+ 5 “… secondo me, avendo gli orari fissi pre-stampa�, si fa�ca a documentare in modo preciso e accurato l'orario di un evento acu-to …”

Trascrizione da+ 3 “… poca abitudine nel calcolare e scrivere i ml/h infusi, poiché eravamo abitua� a ba-sarci sempre sulle quan�tà totali registrate dalle nostre pompe infusive Abbo� …”.

Ch

iarezzza

Layout e compilazione 1

“… vi sono troppe caselle per le infusioni, in proporzione a quelle che abbiamo abitual-mente…”

Leggibilità e comprensione 0

Co

mp

letezza

Registrazione degli obieBvi 3

"… manca lo spazio per scrivere Mx ad ogni minzione, la Pa media e un eventuale spazio vuoto per le osservazioni…"

Evoluzione stato clinico 0

Per+

nen

za

Appropriatezza contenu+ 1

"… sono presen� fin troppe voci all'interno della grafica ed è un peccato doverla u�liz-zare quanto il paziente ha solo un saturime-tro e nulla più; va molto bene per i pazien� cri�ci e complessi…"

Rin

tracciabilità

Iden+ficabilità aBvità 5

"… ho difficoltà a documentare alcuni para-metri che vengono presi più frequentemente avuto all'interno di una stessa ora (Pa ogni 15 minu�)..."

Iden+ficabilità esecutori 0

Verid

icità

Registrazione da+ oggeBva 0

Registrazione da+ in tempo reale 1

"… in questo modo non è documentata l'ora precisa di un par�colare evento acuto (desaturazione, apnea), ma si iden�fica solo l'ora approssima�va all'interno della quale è avvenuto a…"

Tabella 1: Aspe� posi�vi della scheda sperimentata

Tabella 2: Aspe� nega�vi della scheda sperimentata

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 105

Esperienze professionali

Rinnovo delle iscrizioni

La segreteria ricorda che l’iscrizione annua alla SISIP dura 365 giorni dall’accettazione ed invita quindi tutti i soci il cui periodo annuale di iscrizione è in scadenza ad effettuare il versamento di Euro 30 (Euro 15 per gli studenti) sul c/c postale 92171925 intestato a SISIP, via Borgognoni 7C, Pistoia, indicando nella causale “Rinnovo quota iscrizione annuale”

Requisi� della scheda n. Risposte degli infermieri

Accu

ratezza

Rilevazione da+ 5

"… secondo me si dovrebbe lasciare vuoto lo spazio dell'orario per documentare esa�a-mente eventuali even� acu� o parametri vitali che devono essere presi più frequente-mente all'interno di una stessa ora…"

Trascrizione da+ 2

“… per evitare errori e di scrivere sbagliato all'interno delle colonne e righe sarebbe u�le marcare in grasse�o alcune righe di confine tra alcuni parametri e alternare il colore delle colonne, chiaro e scuro…”

Ch

iarezzza

Layout e compilazione 2

“… per evitare errori e di scrivere sbagliato all'interno delle colonne e righe sarebbe u�le marcare in grasse�o alcune righe di confine tra alcuni parametri e alternare il colore delle colonne, chiaro e scuro…”

Leggibilità e comprensione 4

"… per noi sarebbe più semplice invece che nominare le infusioni con le le�ere, nomi-narle secondo la loro nomenclatura (Abboth, Pompa siringa) e affidarci un po-chino di più al conteggio automa�co delle stesse, magari facendo i controlli più spesso, invece che contare ogni ora i ml/h infusi..." C

om

pletezza

Registrazione degli obieBvi 0

Evoluzione stato clinico 0

Per+

nen

za

Appropriatezza contenu+ 6

"… si potrebbero togliere le colonne della Glasgow e delle apnee per risparmiare un pochino di spazio…” "... lasciare un piccolo spazio libero per le osservazioni che potrebbero essere non contemplate in grafica, ma importan� per l'interpretazione dei da� documenta� (sveglio, dorme, mangia, soporoso, lamen-toso)..."

Rin

tracciabilità

Iden+ficabilità aBvità 5

"… secondo me si dovrebbe lasciare vuoto lo spazio dell'orario per documentare esa�a-mente eventuali even� acu� o parametri vitali che devono essere presi più frequente-mente all'interno di una stessa ora…"

Iden+ficabilità esecutori 0

Verid

icità

Registrazione da+ oggeBva 0

Registrazione da+ in tempo reale 5

“… secondo me si dovrebbe lasciare vuoto lo spazio dell'orario per documentare esa�a-mente eventuali even� acu� o parametri vitali che devono essere presi più frequente-mente all'interno di una stessa ora…"

Tabella 3: consigli e suggerimen� in merito ala scheda sperimentata 8. Benci L. Aspe) giuridici della professione infermieris�ca – elemen� di legislazione

sanitaria. 4° edizione. Milano:Mc Graw-Hill; Giugno 2005.

9. Chiari P. Proge�o Penelope. Direzione servizio infermieris�co e tecnico del S.Orsola

Malpighi. Bologna; 2006.

10.Arthur VA. Wri�en pa�ent informa�on: a review of le�erature. J Adv Nurs 1995;

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11.Armstrong B, Walthall H, Clancy M, Muller M. Recording on vital signs in a district

general hospital emergency department. Emerg Med J. 2008; 25(12):799-802.

12.Bayne CG. Vital Signs: are we monitoring the right parameters? Nurse Management.

1997; 28(5):74-6.

13.Castedine G. The importance of measuring and recording vital signs correctly. Br J

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department. J Emerg Nurs. 1998; 24(2):189-192.

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16.Evans D, Hodgkinson B, Berry J. Vital signs in hospital pa�ents: a systema�c review.

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17.Franca Benini. Il dolore nel bambino - Il gruppo terapeu�co con i genitori, esperienza

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Simeup Lazio. Roma; 2008.

22.Ponzio C, Da Ros L. Dossier InFad: informazioni dalla le�eratura scien�fica per una

buona pra�ca infermieris�ca. Ges�one del catetere venoso periferico. Editore Zadig.

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24.Ponzio C, Da Ros L. Dossier InFad: informazioni dalla le�eratura scien�fica per una

buona pra�ca infermieris�ca. Ges�one del catetere venoso centrale. Editore Zadig.

Milano: 2007; 2 (19).

25.Catenacci P, Secchi M, Orlandi C. Dossier InFad: informazioni dalla le�eratura

scien�fica per una buona pra�ca infermieris�ca. Sondino naso gastrico. Editore Zadig.

Milano:2007; 2 (26).

26.Campagna S. Dossier InFad: informazioni dalla le�eratura scien�fica per una buona

pra�ca infermieris�ca. Gastrostomia endoscopica percutanea. Editore Zadig. Milano:

2007; 2 (20).

27.Vacchelli R, Campagna S. Dossier InFad: informazioni dalla le�eratura scien�fica per

una buona pra�ca infermieris�ca. Aspirazione tracheo-bronchiale. Editore Zadig

Milano: 2007; 2 (16).

28.Onofri D. Dossier InFad: informazioni dalla le�eratura scien�fica per una buona

pra�ca infermieris�ca. Ges�one del paziente tracheostomizzato. Editore Zadig Milano:

2007; 2 (24).

29.Urbani L. Dossier InFad: informazioni dalla le�eratura scien�fica per una buona

pra�ca infermieris�ca. Ges�one del catetere vescicale. Editore Zadig Milano: 2007; 2

(22).

30.Decreto Legisla�vo nr. 502. Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma

dell’ar�colo 1 della Legge del 23 o�obre 1992, n.421. Gazze�a Ufficiale del 30

dicembre 1992, n. 305, S.O.

31.Bucci O. La cartella clinica – Profili strumentali, ges�onali, giuridici ed archivis�ci.

Rimini: Maggioli Editore; 1999.

32.Linee Guida Evidence Based Nursing sulla documentazione infermieris�ca, Policlinico

S.Orsola Malpighi, Azienda Ospedaliera di Bologna.

6. NHS Care Records Service. Guidance for the NHS about accessing pa�ent

informa�on in new and different ways and what this means for pa�ent

confiden�ality. NHS Connec�ng for health; 2006.

7. Nursing and Midwifery Council. Record keeping. Nursing and Midwifery Council. UK;

2008.

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3) 106

Diritti dei Bambini

Arriva il “bollino di qualità” per valutare Arriva il “bollino di qualità” per valutare Arriva il “bollino di qualità” per valutare Arriva il “bollino di qualità” per valutare l’umanizzazione delle Pediatrie.l’umanizzazione delle Pediatrie.l’umanizzazione delle Pediatrie.l’umanizzazione delle Pediatrie.

ABIO e SIP realizzano il Manuale per la certificazione della Carta dei Diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale.

sull’a)uale situazione italiana e sulla trentennale presenza di ABIO nelle pediatrie: evidenzia l’importanza di passare dal conce)o di curare a quello di “prendersi cura”, cioè accogliere il bambino e l’adolescente ammalato, tenendo sempre conto dei suoi bisogno emo+vi, affeBvi, culturali. Siamo soddisfaB di questo risultato e ci auguriamo che il proge)o sia condiviso dalle is+tuzioni e da tuB i repar+ di pediatria italiani.” “Con questa inizia+va si passa dalle parole ai faB”- afferma il

Presidente della SIP Alberto G. Ugazio - .”I decaloghi non sono sufficien+ a rendere a misura di bambino e della sua famiglia il ricovero in ospedale. Solo alcune stru)ure infaB danno concreta applicazione alla Carta dei DiriB. Ecco perché all’enunciazione dei principi deve seguire un percorso aBvo. Questo obieBvo viene finalmente realizzato con il Manuale e con l’accreditamento. Tant’è che ci s+amo a)rezzando per formare 30 valutatori che faranno le ispezioni presso le stru)ure ospedaliere che lo richiederanno e verificheranno così quali sono davvero a

misura di bambino e quali passi debbono compiere gli altri per diventarlo.”.

Già diversi ospedali in tu)a Italia hanno segnalato il loro interesse a partecipare: in caso di valutazione posi+va, riceveranno il bollino “Ospedale all’altezza dei bambini”. Nulla di tu)o questo può essere fa)o senza il coinvolgimento pieno e l’impegno di coloro che operano nelle stru)ure sanitarie: il percorso di valutazione è una sfida, un’occasione per migliorare la qualità dei servizi offer+; si tra)a di uno strumento di chiarezza e di sicurezza: interna, dal punto di vista delle stru)ure sanitarie, ma anche esterna, poiché consente agli uten+ (genitori, bambini, adolescen+) di individuare gli ospedali in cui tali principi sono applica+. L’impegno richiesto agli ospedali nell’a)uare queste pra+che viene parallelamente chiesto agli uten+: è compito di tuB essere consapevoli dei propri diriB e di collaborare con le stru)ure sanitarie nel processo di miglioramento dei servizi di cura.

per informazioni:

Regina Sironi, Fondazione ABIO, tel. 02 45497494

sito web: www.abio.org email: [email protected]

Arriva il bollino di qualità per le Pediatrie “a misura di bambino”: una cer+ficazione che consen+rà di misurare “l’umanizzazione” dei repar+ e di verificare in quali stru)ure del Paese trovano concreta applicazione i principi sanci+ dalla Carta dei DiriB dei Bambini e degli Adolescen+ in Ospedale. È quanto prevede l’accordo siglato tra Fondazione ABIO Italia

Onlus - per il Bambino in Ospedale e Società Italiana di

Pediatria (SIP) che ha portato alla realizzazione di uno strumento concreto e trasparente per valutare ed accrescere la qualità delle pediatrie italiane, a tutela dei diriB dei bambini, degli adolescen+, dei genitori che affrontano l’esperienza dell’ospedale. Fondazione ABIO Italia e la SIP, insieme a PROGEA/Joint Commission Interna+onal, hanno esaminato i 10 pun+ della Carta dei DiriB dei Bambini e degli Adolescen+ in Ospedale e li hanno raggruppa+ in qua)ro aree: accoglienza e supporto; diriB dei bambini, degli adolescen+, dei familiari e informazioni; con+nuità delle cure e integrazione; specificità delle cure. Per ciascuna area il gruppo scien+fico ha individuato degli standard di riferimento concre+ e misurabili, che perme)ono di definire i livelli di qualità ed i comportamen+ che i repar+ di Pediatria devono rispe)are nell’erogazione dei servizi di diagnosi e cura. Gli standard, le indicazioni sui livelli di qualità, la valutazione dei livelli di rispe)o dei principi della Carta dei DiriB, sono sta+ riporta+ nel Manuale. Esso sarà u+lizzato come strumento trasparente per proporre agli ospedali un percorso di valutazione e di cer+ficazione dei loro repar+ di Pediatria, realizzato a)raverso la visita di esper+ specializza+ che misureranno concretamente l’aBnenza del reparto agli standard fissa+ dal Manuale. L’esito posi+vo del percorso perme)erà di o)enere la cer+ficazione ABIO/SIP, dedicata ai repar+ di pediatria che rispe)ano l’applicazione della Carta dei DiriB dei Bambini e degli Adolescen+ in Ospedale. “La realizzazione del Manuale - scrive Regina Sironi, segretario generale di Fondazione ABIO Italia - è un ulteriore passo avan+ verso il nostro obieBvo di sempre, l’umanizzazione dell’ospedale. Nel 2008, in collaborazione con SIP, abbiamo reda)o e diffuso la Carta dei DiriB dei Bambini e degli Adolescen+ in Ospedale. Il documento si basa

ABIO, Associazione per il Bambino in Ospedale ONLUS, è stata fondata nel 1978 per promuovere l’umanizzazione

dell’ospedale.

I volontari ABIO si occupano di sostenere e accogliere, in collaborazione con medici e operatori sanitari, bambini e famiglie

che entrano in conta�o con la stru�ura ospedaliera.

Fondazione ABIO Italia Onlus coordina e promuove, sul territorio nazionale, l’a)vità delle Associazioni ABIO locali che con i

loro 5.000 volontari, presen� in oltre 200 repar�, offrono un valido e costante supporto ai bambini, agli adolescen� e alle

loro famiglie.

Scopo di Fondazione ABIO Italia è sostenere le realtà pubbliche e private che promuovono l’umanizzazione dell’ospedale e

l’accoglienza del bambino e della sua famiglia al fine di a�enuare i fa�ori di rischio derivan� dall’ospedalizzazione.

Gli obie)vi di Fondazione ABIO Italia Onlus:

− Coordinare e sostenere le 63 Associazioni ABIO locali a�ualmente esisten�, in modo da assicurare omogeneità e qualità

del servizio;

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

Università degli Studi di FirenzeUniversità degli Studi di FirenzeUniversità degli Studi di FirenzeUniversità degli Studi di Firenze Corso di Perfezionamento post-laurea “Ferite difficili nel paziente adulto e

pediatrico: ges�one avanzata interdisciplinare”

La Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Firenze, propone il corso di perfezionamento con durata annuale “Ferite difficili” nel paziente adulto e pediatrico: ges+one avanzata interdisciplinare”. Il Wound Care è divenuto uno dei se)ori trainan+ nell'assistenza infermieris+ca nel paziente adulto. Anche in ambito pediatrico l’interesse da parte dei personale sanitario coinvolto nella ges+one dei piccoli pazien+ risulta sempre più elevato. Il mantenimento dell'integrità della cute è stato definito come una priorità della ricerca infermieris+ca ed un indicatore di qualità dell'assistenza. La formazione è rivolta ai diversi profili professionali: medici, infermieri, infermieri pediatrici, fisioterapis+ e le altre figure professionali sanitarie coinvolte nella ges+one intra ed extraospedaliera del paziente adulto e pediatrico con “ferite difficili”. La formazione è finalizzata all’acquisizione e alla implementazione di conoscenze rela+ve l’inquadramento e il tra)amento delle “ferite difficili” ed in par+colare le tema+che tra)ate nel corso saranno: La cute sana e la cute lesa, Epidemiologia e ricerca, Protocolli di prevenzione, Ulcere da pressione, Ferite chirurgiche e trauma+che, Il piede diabe+co, Lesioni vascolari, Lesioni cutanee nel bambino, Lesioni cutanee nel neonato, La nutrizione, La fisioterapia, Tra)amento delle Us+oni, Medicazioni avanzate, Tessu+ bioingegnerizza+, ABvità ambulatoriale Par+colare a)enzione viene posta all’insegnamento delle lesioni che interessano la cute del neonato e del bambino. l programma del Corso è ar+colato in 120 ore, distribuite in lezioni frontali, esercitazioni, seminari. Il Corso avrà inizio a Marzo 2012 e terminerà il 30 O)obre 2012. Tali date sono susceBbili di pur limitate variazioni. Al Corso sono ammessi coloro i quali siano in possesso di Lauree di classe SNT/1 (lauree in professioni sanitarie infermieris+che e professione sanitaria ostetrica) ed equipollen+ ex L. 1/2002, delle classi SNT/2, SNT/2, SNT/3 e SNT/4 e della laurea magistrale in Medicina e Chirurgia Numero massimo degli iscriB: 36. Dire)ore: Prof. Antonio Messineo Sede delle aBvità didaBche: Dipar+mento di Scienze per la Salute della Donna e del Bambino, Viale Pieraccini 24, Firenze e Ospedale di Careggi, Largo Brambilla 3, Firenze Quota di iscrizione: € 500 Per informazioni: [email protected], h)p://www.polobiotec.unifi.it

Diritti dei Bambini − favorire l’apertura di nuove Sedi ABIO;

− a)vare le risorse di ABIO nel maggior numero di aree pediatriche sul territorio nazionale, per far sì che ogni bambino e ogni famiglia

possano contare sul sostegno qualificato dei volontari ABIO;

− promuovere proge) e interven� prepos� a ridurre l’impa�o emo�vamente stressante e trauma�co dell’ospedalizzazione, anche a�raverso

la trasformazione degli spazi fisici adibi� alla permanenza del bambino e della sua famiglia;

− realizzare camere o repar� di degenza secondo schemi e modalità in sintonia con i bisogni emo�vi e affe)vi dei bambini e degli

adolescen�;

− proge�are e alles�re sale gioco;

− sviluppare tra operatori ed opinione pubblica una crescente a�enzione alle indicazioni previste dalla Carta dei Diri) dei Bambini e degli

Adolescen� in Ospedale.

L’obie)vo primario di ABIO è quello di ridurre al minimo il potenziale rischio di trauma che ogni ricovero presenta, collaborando con le

diverse figure operan� in ospedale per a�uare, ciascuno nel proprio ruolo, una strategia di a)va promozione del benessere del bambino.

L’a)vità dei volontari si rivolge al bambino e ai suoi genitori.

Ogni anno ABIO realizza grazie ai suoi 5.000 volontari:

650.000 ore di servizio di volontariato presso le pediatrie degli ospedali;

3.000 ore di formazione per gli aspiran� volontari e aggiornamento per quelli in servizio;

fornitura di gioca�oli e materiale ludico/ricrea�vo in tu) i repar�;

cos�tuzione di nuovi gruppi ABIO.

IdB - Giornale Italiano di Scienze Infermieristiche Pediatriche 2011; 3 (3)

SSSS IIII SSSS IIII PPPP

Congresso Nazionale della SISIP Roma, 14 ottobre 2011

nell’ambito del

5 credi� ECM

per Infermieri ed Infermieri Pediatrici