Download - Soul Running #3 - Luglio 2012
Soul
RUNNING
The Soul Experience:Basilicata Coast to Coast
Jonathan Wyatt Marco Gazzola
Marco Olmo Enzo Jandoli
Daniele Baranzini Marco Tomasello
Katia FiginiAndrea Bellotti
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Inguaribile sindrome da Voyeurismo del runner.Formentera
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PO
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Dove: formenteraCliCk: DIno bonellI
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Punto di fuga direttamente nello spazio. Le linee aride e spaccate si intrecciano cercando di confondere il runner. La ripetitività allontanea la mente dal corpo. La fatica svanisce.Messico
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Punto di fuga direttamente nello spazio. Le linee aride e spaccate si intrecciano cercando di confondere il runner. La ripetitività allontanea la mente dal corpo. La fatica svanisce.Messico
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Le plaisir. Il grano, la luce, il calore, la corsa di due uomini nel sole.Ecco! Questo è l’inizio!Basilicata - regione dei calanchi
Dove: basIlIcataCliCk: anDrea valsecchI
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Le plaisir. Il grano, la luce, il calore, la corsa di due uomini nel sole.Ecco! Questo è l’inizio!Basilicata - regione dei calanchi
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ed itor i a le
OLTRE
Amo ciò che faccio. Amo smisuratamente la sensazione che mi regalo ogni qual
volta supero le mie barriere mentali.
Amo OLTREmodo correre da solo, senza musica.
La musica sono io. Cuore che batte, respiro che si confonde con il vento. Pum
pum, pum pum, pum pum all’infinito.
Questo è il ritmo della mia musica. Soul.
Sono felice. Questo episodio della saga di Soul Running mi sta facendo godere. L’ho
visto crescere, formarsi, prendere quasi spontaneamente forma.
Sono felice. Incontro persone. Runners.
Donne e uomini da cui continuo ad imparare. Lo spazio sulle pagine si crea da solo
quando sulla strada o fuori ci si imbatte, OLTRE il caso, in storie d’eccezione come quelle
che ho il
privilegio di potervi raccontare con il mio lavoro.
Andiamo insieme a Marco, Katia, Daniele, Jonathan, Enzo, Marco II e Andrea. Ci porte-
ranno OLTRE la gara.
OLTRE il dolore, OLTRE la coscienza, OLTRE il sogno ed ancora OLTRE fino ad OLTRE la
vita.
OLTRE è la consapevolezza di non essere mai arrivati.
OLTRE è la costante voglia di scoperta.
OLTRE è questo numero di Soul Running che tira dritto di
fronte ai fachiri, ai saltimbanchi, ai giocolieri, ai giullari della corte dei miracoli che un
certo tipo di editoria italiana
continua ad essere. Si perché Soul Running è l’UNICO
magazine venduto in edicola in Italia interamente dedicato al trail running. E questo è
un fatto.
Chiudo gli occhi davanti ai millantatori e corro OLTRE.
Photo di copertina by Dino Bonelli
Davide Orlandi
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Vertical K è la calzatura da Mountain Running iper leggera (200 grammi
al mezzo paio) pensata per le competizioni in verticale. Ogni dettaglio è
stato pensato per ridurre al minimo il peso: dalla tomaia realizzata con
ghetta aerodinamica elasticizzata in spandex, al sistema suola/intersuola
derivato dalla tecnologia Morpho Dynamic. Quanto ogni grammo conta,
Vertical K è la risposta.
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RUBRICHE
16 Run for Free - Andrea Pizzi18 Soul book100 Testati per voi
RUBRICHE
16 Run for Free - Andrea Pizzi18 Soul book100 Testati per voi
EXTRA
90 Iddu e i suoi fratelli 92 Calanchi & Co 96 The North Face Lavaredo Ultra Trail 97 Indoor Trail
SOUL EXPERIENCES
38 Basilicata Coast to Coast52 Marco Olmo - Soul man86 Il Signore della Apuane - Andrea Bellotti98 Soul running Test Team
SOMMAR IO
OUR FRIENDS
20 Jonathan Wyatt - Genesi di un mountain runner26 Marco Gazzola - Valle del Mustang, il regno proibito 58 Enzo Jandoli - Sotto zero, Tha Polar Circle Marathon63 Daniele Baranzini - Ultramaggiore Concept Run72 Marco Tomasello - Mai sentiti così vivi78 Katia Figini - La rosa di Atacama
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SOMMAR IO
SCOTT ITALIA SRL – Via Provinciale 110 – 24021 Albino (BG) - Tel. +39 035 756000 Fax +39 035 756122 - [email protected]
Oltre la fatica, oltre il dolore, oltre il rischio, oltre la ragione. Quante volte
abbiamo letto e sentito storie affascinanti e coinvolgenti di sportivi che
sono andati oltre. nelle storie che leggerete su questo numero ci sono mol-
ti esempi. spesso l’andare oltre viene sfruttato e a volte enfatizzato per
rendere ancor più interessante una storia, un personaggio, un’avventura.
Io sono dell’idea che non sia necessario trovarsi a 8000 metri di
altezza o in un deserto per andare oltre. certo in quelle condizioni le
probabilità crescono in modo esponenziale ma credo che anche nel
nostro quotidiano molto spesso si superino delle soglie, degli osta-
coli e delle situazioni che non avevamo programmato. correre si-
gnifica già spingersi oltre ad ogni passo. a volte non si ha voglia di
allenarsi ma sentiamo il bisogno di farlo lo
stesso, non tanto per la forma ma quanto
per staccare la testa dalla vita di tutti i giorni.
In queste occasioni trovare la voglia di cam-
biarsi e indossare la scarpe è un andare oltre.
Il trail running è una disciplina che porta il
corpo a un continuo adattamento: tempera-
tura, ritmo, pendenza, velocità...non è come
correre su strada, in piano, lo sappiamo
benissimo. Il trail runner tutte le volte che
inizia una corsa deve per forza mettere in conto il doversi adattare
a situazioni differenti, che mutano passo dopo passo. vogliamo par-
lare di tutti i vari dolorini, a volte semplicemente di “assestamento”,
che ci accompagnano durante le nostre uscite? e noi cosa faccia-
mo? semplicemente li ignoriamo, andiamo oltre. allora il fastidio si
sposta, dalla caviglia al ginocchio, poi all’anca per tornare nuovamente
al piede: se non ci prestiamo attenzione il corpo si scoraggia e cambia
strategia. Prova a fermarci, a farci rallentare, ma noi sappiamo come
funziona e allora non ci pensiamo. sarà giusto? cerchiamo di farlo
il più possibile, il più a lungo possibile, fino quasi alla stupidità, fino
a farci del male. e’ il caso dell’infortunio, quando siamo costretti ad
ammettere che si è andati troppo oltre e il fisico dice basta. e’ l’istinto,
quello di sopravvivenza, che allora deve prendere il sopravvento.
e se il corpo avesse ragione? e se la corsa facesse male?
ecco, ci sto pensando anche adesso: quan-
do non si è motivati basta un niente a cui
aggrapparsi per smettere di fare fatica.
motivazione, questa forse è la parola chiave e
non sono il primo a pensarlo, tanto meno
a scriverlo. correre per oltre 220 chilo-
metri il basilicata coast to coast non è da
tutti ma si può fare, è tutta questione di
motivazione. correre nel Deserto dell’ataca-
ma, nella valle del mustang senza un vero
sentiero da seguire, o anche solo partire
per una di queste avventure è già un andare oltre, oltre il nor-
male, oltre il pensiero comune circa un’impresa di questo tipo.
In basilicata siamo andati spesso oltre, con il senno di poi ci
siamo resi conto che abbiamo risolto e superato situazioni che
seduti a un tavolo avremmo tranquillamente rifiutato di affrontare.
non abbiamo fatto nulla di estremo e di incredibile, non abbiamo con-
quistato nulla, sicuramente abbiamo “battuto la traccia” in un posto
che vale la pena conoscere alla velocità giusta, quella del trail running.
nel nostro piccolo, quello da ordinary runner, siamo andati davvero oltre.
INTROSPETTIVA- MENTE Di Andrea Pizzi
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INTROSPETTIVA- MENTE
Tor des Géants – racconto fotografico di Stefano Torrione – Sime Books
Una gara lungo le alte vie della valle d’aosta. Un anello capace di abbracciare tutta la regione, al
cospetto delle montagne più alte delle alpi. Un percorso tra “giganti” come il monte bianco, il monte
rosa, il Gran Paradiso, il cervino, ma anche un percorso per “giganti”. Perché decidere di imbarcarsi in
questa avventura - comunque la si voglia affrontare - oltre all’allenamento richiede grande forza interiore
e grande capacità di sopportazione. Di qui il nome: tor des Géants. non è francese e non è italiano, ma
patois. Per ribadire la forte identità locale di quella che non è solo una competizione ma un’esperienza di
vita. Una raccolta di immagini e storie per emozionarsi, rivivere la gara e conoscere al valle d’aosta.
240 pagine – 38 euro
Anche gli atleti meditano...seppur “di corsa” - Cristina Savoldi, Selene Calloni Williams, Andrea Re e
Maurizio Dallocchio – edizioni Mediterranee
nello sport, come nella meditazione, c’è un momento in cui il corpo si trova in armonia con la mente.
si tratta di uno stato di semi alterazione della coscienza nel quale le percezioni si dilatano, le sinapsi si allungano,
i sensi sono rivolti verso l’interno. Uno stato di semi trance che consente di vincere la fatica fisica.
come quando si oltrepassa la soglia della fatica e si “entra” nel dolore per annientarlo, superarlo, sino a
dileguarlo del tutto. molti possono essere i modi di correre, molti gli stati d’animo e le motivazioni.
si può correre verso una meta o correre per allontanarsi da essa, si può correre con gioia o con rabbia, in modo
ossessivo, con eccitazione, con disperazione... correre per ascoltare se stessi o per entrare in relazione con il
tutto. Un libro che attraversa l’insieme di questi temi attraverso una narrazione aneddotica e distaccata assieme.
restituendo alla corsa la dimensione di mezzo verso un oltre del tutto unico e personale. 140 pagine – 15 euro
Se ti abbraccio non aver paura – Fulvio Ervas – Marcos y Marcos
Il verdetto di un medico ha ribaltato il mondo. la malattia di andrea è un uragano: l’autismo l’ha fatto prigioniero
e franco è diventato un cavaliere che combatte per suo figlio. Un cavaliere che non si arrende e continua a
sognare. Per anni hanno viaggiato inseguendo terapie: tradizionali, sperimentali, spirituali. adesso partono per
un viaggio diverso, senza bussola e senza meta. Insieme, padre e figlio, uniti nel tempo sospeso della strada.
tagliano l’america in moto, si perdono nelle foreste del Guatemala. Per tre mesi la normalità è abolita, e non si
sa più chi è diverso, per tre mesi è andrea a insegnare a suo padre ad abbandonarsi alla vita. andrea che acca-
rezza coccodrilli, abbraccia cameriere e sciamani e semina pezzetti di carta lungo il tragitto, tenero Pollicino che
prepara il ritorno mentre suo padre vorrebbe rimanere in viaggio per sempre. 320 pagine – 17 euro
rapida che porta da sé a sé. La
corsa scava, svuota, prosciu-
ga e restituisce in leggerezza
quanto ha rapinato di morbi-
do e sinuoso. La corsa è sot-
trazione del meraviglioso su-
perfluo che anni di benessere
ci hanno regalato. E produce
ogni giorno eroi sconosciuti,
che si aggiungonoSoul book
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rapida che porta da sé a sé. La
corsa scava, svuota, prosciu-
ga e restituisce in leggerezza
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trazione del meraviglioso su-
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Jetproductions.co.nz
Di Jonathan Wyatt
GENESI DI UN MOUNTAIN RUNNER
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senza averne consapevolezza penso di essere sempre stato, almeno
dentro di me, un mountain runner. non ci ho mai pensato mentre cre-
scevo anche se mi è sempre piaciuto correre in montagna schivando
alberi, piuttosto che sulle strade schivando automobili. In famiglia era-
vamo soliti segnare un percorso sulla sabbia delimitandolo con dei ra-
metti e fare delle gare ad ostacoli. era divertente e mi stimolava a spin-
germi al limite delle mie capacità di bimbo di sette anni, questo per me
è stato probabilmente il primo approccio alla corsa su sterrato. anni di
gare su strada e in pista mi hanno preparato bene alla corsa in salita.
anche se bisogna ammetterlo, non c’è nulla che possa permettere di
crescere, di prepararsi al mountain running se non allenarsi proprio fra
le montagne. e’ stata la libertà di correre fuori, all’aperto, in mezzo alla
natura che mi ha fatto innamorare della corsa fuori strada, per questo
ho sempre preferito correre su e giù per le colline dove abitavamo a
maungaraki (hutt valley in nuova Zelanda): niente automobili e quasi
nessun essere vivente, anche se qualche volta sono stato attaccato da
tori locali e uccelli chiamati magpies… Per tornare a casa preferivo
scegliere di salire per 30 minuti in più su per una collina invece di
fare pianura. così le colline e le montagne dove vivevamo sono state il
mio “campo giochi”, il mio luogo di allenamento. tuttavia non ho mai
pensato seriamente di gareggiare in montagna.
era una bollente serata del 1997 quando per me si chiuse il capitolo
“corsa su strada” e si aprì la porta del mountain munning e dei trail:
stavo correndo una gara di 5000 m su pista per cercare di qualificarmi
alla finale del campionato del mondo ad atene. la verità è che ero
“cotto”. troppe gare dure e troppi lunghi viaggi in giro per l’europa
(oltretutto senza nessun ritorno economico…) mi avevano ridotto ad
essere troppo stanco anche solo per terminare quella gara. sono par-
tito da solo per il vecchio continente, la mia prima volta dall’altra parte
del mondo, ed ero ormai in viaggio da tre mesi. avevo con me il mio
enorme borsone e le mie scarpe da corsa. viaggiavo attratto anche
dall’altra mia grande passione: l’architettura, cercando di visitare il più
possibile in poco tempo.
e’ stato meraviglioso vedere roma, firenze, Parigi, helsinki, londra e
nel frattempo anche migliorare i miei tempi di gara, ma tutto ciò mi ha
veramente distrutto, sono stato sul punto di ritirarmi dall’attività. la
svolta è stata tornare a casa e partecipare alla new Zealand mountain
running champs, questo nuovo stimolo, la gara in montagna, mi ha
di nuovo motivato. Decisi quindi di partire per st. Denis, sull’isola di
reunion nel mezzo dell’oceano Indiano, un’isola tropicale che ha però Ph. Gernot Gleis
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montagne che superano i 3000 mt di altezza: sarebbe stata la mia
prima gara internazionale di mountain running. Wow, che posto eso-
tico! camaleonti che cambiavano colore, formiche grandi come il mio
mignolo, fiori di dimensioni pazzesche e il profumo delle piante di va-
niglia, canne da zucchero e spettacolari piogge a metà pomeriggio.
fu un lungo e faticoso viaggio, avevo prenotato un motel dove una
settimana più tardi sarebbero arrivati tutti gli altri partecipanti. tro-
vai un passaggio da un indigeno che dietro un cospicuo esborso di
franchi francesi mi condusse a destinazione. Questa era la mia prima
gara internazionale di mountain running per la quale ero veramente
preparato. temevo questa prova, ero nervoso e per questo mi ero al-
lenato moltissimo e appositamente per questo tipo di gara, o almeno
per quello che pensavo potesse essere! noleggiai una vecchia renault
5, decisamente a buon mercato, e andai a studiare il percorso di gara:
ho guidato su una strada che si snoda sul versante della montagna e
scott markowitz
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che conta 420 tornanti in 40 km, molti dei quali a 180°. Impiegai tre
giorni per visionare e studiare il percorso. reunion è davvero un posto
meraviglioso per correre: l’arrivo della gara era sulle alture dell’isola
e finiva letteralmente su un angolo a taglio della montagna, con una
vista su uno strapiombo di 500 m su una valle vulcanica. era vicino
alla cima più alta, il Piton de neiges, anche se la neve su quella cima
probabilmente non c’è mai stata. Qui ho fatto una delle mie corse più
memorabili in un luogo che per essere sulla terra ha comunque molto
del paesaggio lunare. Pezzi di lava rotti, sbuffi di vapore e rivoli di mag-
ma rosso fuoco, erano proprio lì sotto ai miei piedi. c’erano ovunque
segnali che invitavano a non abbandonare il tracciato e mettevano in
guardia dalle famose e temibili nebbie che si presentano all’improvviso
e che riducono la visibilità a meno di 15 metri. Perdersi è molto facile in
questi territori. essere in cima ad un vulcano, vedere scorrere fiumi di
magma sotto di sé, è un’esperienza spirituale e fa emergere un estre-
mo rispetto nei confronti della forza della natura. correre in montagna
ti da la possibilità di vedere e “vivere” questi luoghi.
e venne il giorno della gara. Il numero uno, il favorito, l’uomo da battere
era antonio mollinari. Io ero solo un atleta del team neozelandese, sen-
za una vera a propria esperienza in questo tipo di gare. mi dissero di
non partire troppo forte, come ero abituato a fare nei 1500 o nei 5000
m, di lasciare sfogare gli atleti africani e poi di tenere d’occhio gli ita-
liani. Davanti c’era antonio, quando raggiungemmo un tratto più ampio
constatai che il suo vantaggio poteva essere di circa 30 secondi. non
volevo rimanere fuori ed ero angosciato dal dover incrementare il mio
ritmo per ridurre la distanza. faceva anche un gran caldo e il rischio
di incappare in “the wall”, come lo si definisce in gergo, cioè sentire le
gambe così tanto appesantite dall’acido lattico da dover per forza solo
camminare, era molto alto. ero riuscito ad avvicinarmi parecchio poi
però iniziò un tratto completamente esposto al sole senza il riparo della
vegetazione, antonio prese un grande vantaggio. sentivo il mio respiro
affannoso e il mio passo non era più così incisivo. a circa metà gara
c’era un punto di ristoro con la possibilità di dissetarsi e di fare scorta
d’acqua. ho preso due borracce ed un gel, dimenticato su un tavolo
da un altro runner. e’ stato il punto di svolta della gara, il gel, l’acqua,
compresa quella che mi sono versato sulla testa….oK, c’ero! antonio
era sempre in testa, troppo lontano per riuscire a vederlo, forse a più di
un minuto e continuava a correre veloce. nessun concorrente mi supe-
rava, anche se la sensazione era quella di avere sempre qualcuno alle
calcagna pronto a passarmi. sentivo solo il rumore del mio respiro e
ben presto si rientrò nella giungla: era molto fitta, il sentiero era visibile
solo per due metri davanti ai nostri piedi. avevo paura di perdermi, di
sbagliare strada, possibilità assai probabile in quelle condizioni.
cercai di stare calmo, di concentrami sul mio respiro e sul mio ritmo
di salita. ero passato in quei luoghi solo una settimana prima in perlu-
strazione, ma era difficile tenere lontani dalla mente i dubbi. salendo
la temperatura scese un pò, ma era comunque ancora caldo e sudavo
molto, riuscivo però a correre ad un ritmo più elevato. Girai un angolo
e vidi davanti a me una figura, una maglietta azzurra chiara: antonio!
ci volle ancora molto per raggiungerlo e quando ci riuscii mancavano
meno di due chilometri all’arrivo. la psicologia della corsa dice che
il corridore che raggiunge il primo è decisamente avvantaggiato, po-
chissimi runner raggiunti a pochi metri dall’arrivo riescono a reagire
e a vincere. In effetti fu così ed inoltre gli ultimi 1500 metri erano
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praticamente in piano, il mio pane, giù la testa “martellai” fino alla linea di traguardo. arrivai alzando le braccia al cielo. Il mio primo World trophy
mountain vinto, riuscire a fare ciò da completo sconosciuto e neofita di questa disciplina, mi diede una sensazione che non dimenticherò mai. mi
sentivo letteralmente sul tetto del mondo in questa magnifica isola francese. avere battagliato in questo tratto finale contro il runner più quotato
rendeva tutto più grande ed incredibile. antonio ed io da quel giorno siamo diventati buoni amici. Di solito non ripenso molto alle gare alle quali ho
partecipato, questa però ha cambiato la mia vita da corridore, da quel giorno sono diventato un mountain runner.
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Valle deL Mustang,il regno proibito
La valle del Mustang è rinomata per la conformità particolare della roccia dovuto all’erosione e le grotte troglodite.
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Valle deL Mustang,il regno proibito
Dal 5 al 23 aprile ho avuto l’imperdibile occasione di ritornare in Nepal sempre nella regione dell’Annapurna ma non come nel 2011 correndogli attorno ma nella Valle del Mustang con 10 tappe in 12 giorni per un totale di 200 km e 11’000 metri.
Dal 5 al 23 aprile ho avuto l’imperdibile occasione diritornare in Nepal, semprenella regione dell’Annapurna ma non come nel 2011,correndogli attorno, ma nella Valle del Mustang per correre 10 tappe in 12 giorni con un totale di 200 km e 11.000 metri D+.
Di Marco Gazzola
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Particolarità della Valle del Mustang, in entrata e uscita di ogni villaggio sono costruiti 3 chorten (nero-bianco-rosso).
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Questa valle al confine con il tibet é un angolo del nostro mondo ancora poco frequentata grazie ai pochi permessi rilasciati.
e’ denominato il “regno proibito” visto che tutt’oggi a lo mantang vive il re e la valle é stata aperta al turismo solo alcuni decenni fà.
sono stato “catapultato” in una realtà magica, dove la natura la fà da padrone, ci si sente veramente molto molto piccoli al cospetto di
tutto quanto é intorno a noi. la particolarità del mustang sono le rocce, erose dal vento e dall’acqua. che formano delle forme spetta-
colari: pinnacoli, cupole, buchi e grotte che lasciano spazio all’immaginazione personale.
fin dalla prima tappa mi sono trovato a mio agio correndo e arrivando spesso con gli atleti nepalesi Phudorjee e Upendra che in salita mi
seguivano come delle ombre e in discesa mi lasciavano sul posto con un’agilità e facilità impressionante.
nei villaggi ospitanti di traguardo di tappa ho avuto l’opportunità ed il piacere di poter “vivere” in case private; i lodges sono pochi e
possono ospitare solo una decina di persone così venivano lasciati a disposizione di chi arrivava dopo di noi, sicuramente più stanco.
le prime 7 tappe sono state relativamente “corte” e ci hanno dato l’opportunità di visitare nel pomeriggio i villaggi, le vicine
grotte monasteri tibetani.
l’ottava tappa, da tangee a muktinath, é stata una sorpresa su più fronti: i km previsti erano 35 con 1500 metri D+
e 1000 metri D-. ma dal momento che questa regione é molto poco frequentata le guide nepalesi non avevano la
certezza della percorribilità dei sentieri. Dopo quattro ore in compagnia di Phu e Upendra, durante un mio pit-
stop, hanno deciso di recuperare i minuti di svantaggio nei miei confronti proseguendo soli: così dopo otto
giorni mi sono ritrovato solo nella valle del mustang, che emozione! controllando l’altimetro mi sono
reso conto che da più di tre ore non scendevo sotto i 4000 metri: passo dopo passo, attraversando
una vallata dopo l’altra, valicando un colle dopo l’altro, il tempo passava. Più volte mi sono
chiesto se non avessi sbagliato sentiero, a inizio pomeriggio l’acqua dei riali era di un
colore molto poco invitante e le borracce erano vuote da tempo. nel nulla incontro
un pastore, mi scruta incuriosito, gli chiedo di muktinath e con sorpresa mi
indica con le dite un tre e l’ennesimo colle…cosa vorrà dire: tre ore?
tre altri colli? mah, meglio non chiedere e continuare. mi chiedo
se i nepalesi sono davanti e così cerco come un segugio delle
impronte di scarpe, per caso riconosco l’orma di Phu che
calza la mia stessa marca, bene dovrei essere giusto.
Dopo il terzo colle, quasi sette ore di cammino, contento
ed assetato finalmente muktinath; ma quanti km era-
no?…45 km, 2’700 metri D+ e 2’300 D-, cinque
ore sopra i 4000 metri di quota bevendo due litri
di acqua e mangiando un po’ di cioccolato, deci-
samente troppo poco. Phu e Upendra sono arrivati
circa 20 minuti prima, non é poi andata così male,
pensavo peggio. erano le 15.00 e il pensiero andava
agli altri, a che ora saebbero arriverati? a partire dalle
16.30 uno alla volta, o a gruppetti hanno incominciato
ad arrivare, ma per l’ora di cena alcuni erano ancora sul
percorso. si decide di annullare la tappa del giorno dopo
anche per il fatto che tre atleti sono stati visti prendere un
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L’amico e atleta NepalesePhu Dorjee Lama Sherpa, che sarà il vincitore dell’Annapurna Mandala Trail Mustang 2012.
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sentiero diverso. I tre “dispersi” arriveranno alle 13.00 del giorno se-
guente hanno dovuto accamparsi all’apert visto che il sentiero da loro
scelto finiva in un canyon.
la stessa sera il tempo è peggiorato, da pioggia in neve e quindi altro
cambiamento di programma: visto che il versante nord del passo ti-
licho a 5200 metri é invalicabile, si opta per una tappa da muktinath
(3750m) al passo thorung-la (5416m.) e rientro, 21 km con 1650
D+ e 1650 D-. Phu e Upendra partono come delle molle, hanno de-
ciso di mettere le cose in chiaro, arriveranno al colle in 2h e 4’, dopo
5 minuti sono arrivato io, felicissimo di aver fatto la salita in così poco
tempo e a quella quota. si riparte assieme per affrontare la discesa
e ben presto mi lasciano sul posto di nuovo, arriveranno in 45 minuti.
Il mio obiettivo personale erano le 3 ore andata e ritorno, ce l’ho fatta!
Ultima tappa con arrivo a Jomson: una felicità immensa e un po’ di ma-
linconica. Dopo dodici giorni di corsa si chiude il “cerchio”; la selvaggia,
desertica, erosa valle del mustang é un ricordo che rimarrà indelebile nei
miei pensieri. Una valle che spero rimanga così ancora per tanti tanti anni,
incontaminata e non accessibile dai moderni mezzi di trasporto ma solo
con le proprie gambe, il proprio fiato e con il proprio spirito…libero, soul.
Namasté.
In ogni villaggioi bambini incurio- siti erano i primi
a salutarci dandoci il loro benvenuto.
La 9° tappa con passaggio alThorung-La Pass a 5’416m., tappa “mazzafiato”.
31
L’entrata nella Valle del Mustang e il letto del fiumeMustang Khola (Kali Gandaki) che nasce al confine con il Tibet.
32
Consigli pratici per affrontare l’Annapurna Mandala Trail
la gara in nepal si svolge tutti gli anni nel periodo aprile-maggio su di un percorso di circa 250 km
suddiviso in una decina di tappe nella regione dell’annapurna. Per poter partecipare bisogna attestare di
aver esperienza in corse a tappe (gestire lo sforzo su più giorni), attitudine all’orientamento (il percorso
non é segnalato ma bisogna orientarsi tramite la cartina fornita dall’organizzazione, altimetro e bussola)
e aver già affrontato delle quote al di sopra dei 4000 metri. In questo tipo di competizione ognuno
porta con sé tutto il materiale personale facendo afidamento soltanto al contenuto del suo zaino
e senza l’ausilio di portatori.
la propria “casetta-zaino” dovrà contenere durante tutte le tappe il materiale obbliga-
torio (zaino con borracce o camel-bag, completo Gore-tex, medicamenti, sacco a
pelo, fischietto, telo termico e specchietto, pila frontale con batterie di ricambio,
ramponi, 3 metri di corda e moschettone, razione di soccorso da 2000 Kcal)
e il materiale che reputa importante per affrontare le variazioni di tem-
perature (piumino, indumenti termici, berretto e guanti) come pure
il materiale personale (igiene, ciabatte post-tappa, macchina
fotografica, ago e filo, coltellino e accendino).
Il tutto può variare, tra i diversi partecipanti, dai
4.5 kg (il mio caso) e i 9-10 kg in base al
tipo di materiale scelto e del “confort”
che ognuno gradisce. consiglio di
scegliere molto bene il proprio
materiale personale al fine di
non portare con sé peso inu-
tile (più materiale si porta,
più grande sarà lo zaino e
più ci si stanca, soprattutto
a f - frontando le alte quote).
ri- cordarsi che in caso di
freddo ci si può coprire
con più strati usando tutto
quanto si ha disposizione.
E assolutamente da non dimen-
ticare la macchina fotografica!!!
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L’organizzazione fornisce l’ospitalità in mezza pensione (pernottamento in lodge o case private, cena e colazione),
gli altri pasti (durante la corsa e pranzo) sono a piacimento di ogni singolo.
I r i forn iment i durante le tappe s i svo lgono individualmente acquistando nel lodge di partenza alcuni
viveri (biscotti, cioccolato) oppure al passaggio nei vari villaggi.
E’ meglio partire con almeno 1.5 litri di acqua, tenendo sempre pronte le pastiglie di Micropur per “di-
sinfettare” l’acqua raccolta, ricordandosi di attendere almeno 1 ora prima di bere.
Con 10 Euro al giorno si possono acquistare i viveri per la tappa, una rigenerante minestra o il tipico
piatto Nepalese dal-bat (riso, crema di lenticchie e verdure) e godersi anche una buona e meritata birra.
Durante la 8° tappa abbiamo vallicato 5 grandi collisopra i 4’000m. senza incrociare villaggi.
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Durante il cammino spesso si vedono degli stupa (in tibetano chorten) monumento spirituale che rappresenta il corpo di Buddha.
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L’emozionante attraversamento delle vallateé garantito da ponti tibetani.
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BRESAOLE DEL ZOPPOVia delle Industrie, 2
23010 Buglio in Monte (SO)tel. 0342 620019 - fax 0342 620030
e-mail:[email protected]
Bresaola della Valtellina IGP
BASILICATAcoast to coast
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TheItalianJob
Essere in Basilicata.
Essere nel senso di trovarsi , con sé ,con gli altri e con la terra , nuova. Essere nel senso di RI-trovarsi.
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essere dentro un’avventura, scappando, anche un po’ incoscientemente, dal lavoro che incombe, da un magazine
che chiede di essere terminato, ma che ha troppe belle idee sul tavolo perché questo avvenga. e allora lo tieni
aperto come se fosse un laboratorio, notte e giorno, con la grafica che ti odia (ma un po’ ti ama perché con te final-
mente fa il suo lavoro), con lo stampatore che incontri con le riviste nel baule a brescia est perché sei sempre all’ultimo
minuto, e con il distributore che ancora non capisce che lavoro fai veramente, perché gli spodesti tutti i suoi canoni di
periodicità con la tua teoria folle: “si esce solo se c’è qualcosa da raccontare!”
E qui da raccontare c’è tanto!
Per tanti questa è follia, per me è quantomeno lucida. mi pervade, mi
conquista, mi spinge a raggiungere i miei obiettivi, anche per vie tortuo-
se, che spesso passano dove a priori mai avresti detto.
e’ così che mi sono ritrovato, in tutti i sensi, in una regione di cui la
maggior parte di noi conosce solo tre o quattro cose e spesso per sentito
dire come i sassi di matera, maratea e il suo mare, l’aglianico, vino
Doc, ed il moliterno, formaggio DoP: noi lo conosciamo così ma in realtà
gli hanno pure rubato il nome dato che quello che a noi vendono con
quell’appellativo non è altro che una normale formaggella, non stagiona-
ta nel fondaco come dovrebbe prevedere la tradizione. ma noi in questo
pezzo faremo finta che nulla sparisca dalla basilicata e l’ottimo latticino
dop fatto a moliterno si può quindi chiamare moliterno….appunto….
se credessi al caso mi sarei ritrovato per questo motivo in basilicata
e tutto sarebbe più semplice con una bella impresa di trail, una bella
scrollata di spalle, un articolo scritto su una bella regione e via. ma per
fortuna (il caso….appunto) c’è sempre quella voglia, quella sensazione
che non ti lascia mai in pace e che mi ha fatto adottare dalla basilicata,
dai suoi appassionati abitanti e dalle sue appassionate vicende.
come successe tanto tempo fa in un viaggio in nepal, l’obiettivo finale
è passato in secondo piano. In effetti non so cosa scrivere sulla mia
avventura di running e lo lascerò fare ad andrea. Io ho la testa piena
di emozioni, gli occhi pieni di immagini che non se ne vanno, il cuore
pieno di affetto per chi me ne ha da dato. tanto in così poco tempo.
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I ragazzi della pro loco di moliterno con la loro ironia ed allegria,
Gaetano con la usa cultura su viggiano e generosità, Don Pierino di alia-
no con le sue scorciatoie, francesco scalviello di Policoro con la sua
magnifica ospitalità, andrea che ci è venuto ad incontrare in the middle of
nowhere, michele con la sua amicizia, antonio (raI) con la sua simpatia e
antonio con la sua immediata voglia di realizzare qualcosa per la sua terra.
essere in viaggio. Questa è la sensazione costante con cui si torna a casa
dalla basilicata. terra per chi ama viaggiare, per chi conosce la differenza
tra vacanza e viaggio, tra guardare e osservare, tra sentire ed ascoltare.
essere in viaggio è fonte di vita, di gioia, di speranza.
Il viaggio ti fa sentire parte di un costante movimento. quasi una grande
migrazione. In fondo la vita stanziale ti raggira, ti fa pensare che l’immobi-
lità sia una scelta matura e responsabile.
mi sono chiesto: “Quando un’idea diventa un fatto? “
beh innanzitutto quando è buona. e poi quando si incontrano persone che
hanno voglia di fare. Persone che hanno obiettivi comuni.
fare un progetto insieme è un po’ come sposarsi, non si sa se è per sem-
pre ma i presupposti devono far si che ci si creda come se lo fosse, e che
ci si creda in due.
la basilicata è una sposa fedele. Grazie!
Davide Orlandi
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nel frattempo spingo un po’ di più sui pedali della mia bici da corsa nei dintorni di milano e ogni tanto mi fer-
mo con la macchina fotografica in mano a cogliere scatti, statici, belli, ma….. dove sono Davide e andrea?
senza di loro qualsiasi magnifico scorcio sembra banale, sono il loro movimento, la sofferenza e il traguardo
in riva allo Ionio che rendono il paesaggio indimenticabile, la lucania. bisogna andare avanti...sempre, e
io a piccoli scatti in avanti con loro. Devo precederli...devo raggiungerli, dietro al prossimo calanco cosa ci
sarà? che figata ragazzi!
Da troppo pochi anni dedico una parte dei miei pensieri a vivere spazi e libertà che non avevo frequen-
tato in precedenza, colpa mia si intende e di scelte di vita divertenti e facili che non rimpiango,
ma che risultano ormai lontane alla luce delle sensazioni attuali che provo spingendo una bici da corsa.
alla prossima allora. Andrea Valsecchi
solo quattro anni di bicicletta con una passione sor-
prendente e qualche migliaio di chilometri non fanno
né un biker né un vero sportivo, forse un semplice
amatore, ma che ha detto si agli amici di soul run-
ning per ritrarre il “basilicata coast to coast” in sella ad
una mountain bike scott con pedalata assistita e che
ora sente per questo genere di avventura un’attrazione
irresistibile.
a quando la prossima traversata di dorsali appennini-
che? a quando il prossimo bosco di conifere da espu-
gnare usando la mountainbike per aprire ai runners
una via percorribile? a quando le prossime sferzate di
maestrale sui profili di colline punteggiate di macchie
rosse e gialle e animate dagli ondeggiamenti verdi e
argentati delle spighe? spero presto.
PICCOLI SCATTI
IN AVANTI
Percorrere 220 chilometri fino a qualche tempo fa non mi avrebbe
spaventato, da ciclista non sarebbe stato un gran problema, al mas-
simo un po’ di male al fondo schiena...ma farli di corsa...questo sì
che avrebbe dovuto spaventami. Per uno che corre regolarmente da
meno di un anno, regolarmente fino a un certo punto perché dedico
al trail solo qualche ora nel fine settimana, forse una distanza del ge-
nere avrebbe dovuto rappresentare una bella incognita, sicuramente
una bella sfida. Un’incognita accompagnata fin da subito però da
una sensazione di consapevole incoscienza: sapevo di non essere
allenato per un corsa del genere ma ho sempre creduto di poterla
affrontare e di portarla a termine. a tavolino, valutando dislivelli e
distanze, senza però conoscere le difficoltà che avremmo incontrato
sul terreno, abbiamo deciso le tappe: la prima, con in suoi 57 km
e oltre 2000 mt D+, rappresentava un inizio per niente semplice,
diciamo anche una “bella botta”. non ci siamo imposti tempi o ritmi,
sapevamo di dover partire presto e che in un modo o nell’altro do-
vevamo arrivare a destinazione. si corre, si cammina, ci si ferma ai
rifornimenti. Insomma tutto sta nel gestire forze ed energie fisiche
ma sopratutto mentali: per questo non serve un allenamento, basta
conoscersi e ascoltarsi (e questo non sempre risulta facile!). non c’è
la prestazione atletica, ce la potevo fare. Di questo ero, e lo sono
ancora, davvero convinto. ansia? non userei questo termine per
descrivere cosa provavo nei giorni precedenti quando con Davide
raccontavamo cosa stavamo per fare. tutti ci chiedevano, ovviamen-
Una consapevole
incoscienza
Una consapevole
incoscienza
te, se fossimo allenati, molti dopo averci scrutati bene dall’alto verso
il basso, cercando di capire se sotto gli abiti si nascondesse il tipico
fisico asciutto dell’ultra runner. niente di più sbagliato, amiamo la
tavola e le bollicine, non siamo per niente “tirati”, ci servono muscoli
e anche le giuste riserve di grasso da consumare correndo a ritmo
blando. siamo due persone normali, semplicemente, con un’idea un
po’ pazza in testa. Questo sì.
I preparativi sono stati frenetici, non tanto per la corsa ma sopratutto
per organizzare il lavoro in vista di una settimana di assenza: scadenze,
telefonate, mail...sono arrivato al giorno della partenza di nuovo con-
sapevolmente incosciente di quanto avrei dovuto fare da lì a un paio di
giorni: 220 km di corsa. l’unico vero punto di domanda, purtroppo, era
posizionato sul mio ginocchio sinistro che non ha retto due allenamenti
di oltre 45 km, fatti forse troppo ravvicinati tra loro...insomma si è infiam-
mato, sono stato fermo più di 10 giorni e il timore che potesse tornare a
far male era l’unica cosa che mi spaventava. non tanto per me, ma per
il fatto che saremmo partiti in due, avremmo dovuto correre insieme...
il rischio di poter diventare una zavorra, l’anello debole del team, questo
si che mi inquietava. non tanto per il risultato visto che non eravamo lì
per fare un record, dovevamo “solo” fare qualcosa che nessuno aveva
mai fatto prima, ma piuttosto perché l’avventura era nostra, è nostra, e
bisognava viverla fino in fondo.
In cuor mio sapevo che sarebbe successo, ho cercato il più possibile di
BASILICATAcoast to coast
Soul RUNNING
spingere in un angolo della mia mente il pensiero di dovermi fermare
ma a un certo punto ti trovi costretto a mettere sui piatti della bilancia
i pro e i contro. non voglio soffermarmi sulla cronaca, semplicemente
a malincuore non sono riuscito ad accompagnare Davide per tutto il
percorso. sono riuscito a correre una porzione di ogni tappa, fin dove
mi è stato possibile, all’incirca un centinaio di chilometri. fallimento?
non l’ho mai visto in questo modo, forse perché guidando la macchina
seguendo la traccia sul Garmin per incrociare Davide, sempre seguito
da andrea che a bordo della sua mountainbike fotografava e filmava,
per raggiungere il percorso nei punti stabiliti è stato comunque una
forma di partecipazione all’impresa, non ho abbandonato il campo e
con qualche antidolorifico sono sempre riuscito ad agganciarmi per
correre le fasi iniziali o finali di ogni tappa. Quei 30 chilometri del terzo
giorno, con la salita finale ad aliano dove siamo arrivati davvero esausti
ma con uno grande cambio di ritmo negli ultimi chilometri, rimarrà un
ricordo indelebile. così come l’arrivo, che ho potuto solo filmare, sulla
spiaggia di Policoro, sferzata dal maestrale e con quei colori caldi che
solo il tardo pomeriggio può regalarti. Il team ha portato a casa un
viaggio unico che molti hanno seguito e sicuramente qualcuno ci ha
invidiato. Grazie Davide, andrea, marcella e michele.
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Un lungo viaggio in auto carico di aspettative quel-
lo che ci ha portato da milano a maratea.
Un giorno di maggio, l’unico del mese, pieno di sole,
di luce. attraversando il nostro paese da nord a sud.
si viaggiava in pianura, passando per l’emilia,
forte e sincera, non sapevamo ancora che que-
ste sue caratteristiche sarebbero state messe a
dura prova dal terremoto di li a poco. Poi giù verso
le colline della val di chiana, morbide, vellutate.
Passando in un lazio che ad un milanese sembra
irreale. a dieci chilometri da roma vedi greggi di
pecore, campagne a perdita d’occhio, colline di
tufo che contrastano con il verde dei campi, viali di
cipressi. Incredibile! Quando esci da milano incon-
tri solo fabbriche e stabilimenti, orribili a vedersi,
almeno fino a brescia.
lentamente il verde acceso ha lasciato spazio
a prati con rocce bianche affioranti, l’abbazia di
monte cassino ci guardava passare mentre ci ab-
bassavamo verso napoli e l’incombente vesuvio.
Prati, vegetazione rada e bassa, rocce. Questo
pensavamo di incontrare in basilicata. niente di
più sbagliato. maratea ci ha accolto in una serata
scura per i temporali, percorrendo una strada, ab-
barbicata alla scogliera di oltre 400 metri di altez-
za. le montagna alle nostre spalle si immergevano
a picco nel mare blu scuro ed il profilo del golfo di
Policastro ci indicava la direzione da percorrere.
Un sole piccolo sulla linea dell’orizzonte che sem-
brava più che altro un effetto di fata morgana da
bucanieri del XvI secolo.
maratea ci accoglie così. Una splendida cena di pe-
sce “pied dans l’eau” e profumi di mare e pitosforo.
Prendersi qualche giorno per camminare nei vicoli
verticali di quest’antica comunità è un obbligo per
chi, come noi, decide di avventurarsi in questa re-
gione. maratea stupisce per il suo fascino, la sua
storia, la sua azzardata ed acrobatica architettura.
Basilicata
La terra come
dovrebbe essere
(francis ford coppola)
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coccola i suoi ospiti con cibi deliziosi, un artigianato di classe e prodotti tipici da rapinare e portare a casa. ancora
inebriati da tutto ciò, ci troviamo sulla spiaggia di fiumicello, 400 metri sotto maratea, spiaggia solitamente abituata
a vedere ozi, giochi e amori estivi e che oggi diventa teatro alle 6 del mattino della partenza del nostro coast to
coast by running. 215 km di corsa, dalla costa tirrenica alla costa ionica attraversando buona parte del territorio
lucano inseguendo un film il cui fil rouge è godi fino in fondo la tua vita, agisci perché lo vuoi, fallo perché ti piace.
attraversa la tua terra, conoscila, se vuoi amala per arrivare dove volevi…..magari a riposarti. Insomma il nostro
modo di interpretare il running: soUl!
Il percorso è tortuoso ed unico, passa dal cuore storico di maratea, trecchina paese dal pane più buono di tutta la
lucania, lauria, passando per boschi splendidi, vecchie chiese e passi di vera montagna con un libeccio umido e
freddo che sferza noi runner e fa subito capire chi comanda in questa regione: madre natura!
Inoltrandosi nel parco del monte serino ci troviamo dove meno ci aspettavamo d’essere. trenta chilometri di crinale
tra boschi infinti che, man mano che si sale, lasciano spazio a cespugli di ginestre. Giallo intenso. Profumi. Isolamen-
to vero, altro che le alpi. meraviglioso.
moliterno. D’ora in avanti per me sarà sinonimo di accoglienza, amicizia, storia ed ottima cucina. Paese arroccato sulla cima
scoscesa di una collina in posizione dominante. storia di cultura, di voglia di farsi conoscere, di lavorare perché la propria
terra possa essere apprezzata. così com’è. vera e verace. Grazie per l’insegnamento Daniele & c. by Pro loco di moliterno!
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tramutola. silente, calma, con un’antica signora in ginocchio
al lavatoio in piazza a sciacquare i panni a mano, circondata
dalle oche. Un’immagine da vecchia stampa trovata in un
mercatino dell’antiquariato. l’ospitalità della casina rossa
dove tutto è curato. Dove ti senti del posto.
viggiano. che fa da cappello al monte su cui è appoggiata.
che è ricca di storia e d’arte, dove la massoneria nei secoli
ha lasciato tracce e culture, Dove la madonna nera, protettrice
della basilicata ha trovato casa. Paese di grandi tradizioni.
Infinito. nulla. Quello che viene dopo, da viggiano ad aliano,
è questo. cinquanta chilometri di natura. Prima selvaggia
verde, ingombrante, poi secca, aspra con profili di argilla
inaspettati che all’improvviso incorniciano panorami di ca-
lanchi, spazzati da un maestrale che finalmente squarcia il
cielo, riempiendo di colori il nostro passaggio.
aliano. terra d’esilio di carlo levi. Poesia su mattoni. case
costruite al confine tra aria e sabbia che guardano il mondo
da tutte le angolazioni. lo sguardo vola altissimo da aliano.
ti conquista. e Don Pierino, indiscusso leader del paese, sa
tutto ed aiuta tutti. favola.
canyon e vallate di argilla, prima altissimi e severi, profon-
di. Poi più bassi, docili, morbidi che fanno spazio a distese di
papaveri e grano. così fino a craco. spettro di se stessa. mo-
numentale. Poi laghi verdeazzurri circondati da distese di fiori
rossi, viola e gialli, spruzzi di vernice fresca.
ed ancora l’infinito greto del fiume sinni che disseta distese di
aranci e pruni.
si sale ancora. non finisce più. I chilometri si allungano.
miraggio. blu. mare.
Policoro. Gentilezza. accoglienza. attenzione.
l’arrivo, l’agognata meta del coast to coast. ma è anche la
fine, in fondo non la voglio. stavo bene, anzi meglio! correvo!
basilicata mon amour. Grazie. a presto. Davide Orlandi
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Soul
man
Inedito, inusuale, inusitato,inaspettato, imprevisto,incredibile, impossibile,impacciato, questo per tantio per tutti potrebbe essereMarco Olmo in smoking.Elegante, rilassato, naturale,affascinante (è diventato anche un regalo di compleanno umano.... per signore-runners!!!),estremamente “gorgeus”, unico, questo è stato Marco per SR e per l’obiettivo di Dino Bonelli(photo/guest star) e Andrea Pizzi.
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ti ritrovi a robilante, in una cava, anzi non in Una cava, ma ne
la cava dove marco ha lavorato una vita. e’ diventata famosa
la sua robilante, la sua cava, la sua vita e la sua gente. noi si
voleva immortalare marco, elegante, vero signore rispettoso del
suo lavoro. Poi sulla strada rifletti: “come al solito siamo partiti
sulla scia dell’entusiasmo, rincorrendo un’idea, un’immagine.....e
poi? faremo un’ intervista? ma cosa chiediamo a marco? tanto è
stato detto, scritto, filmato. Io amo ciò che non si è ancora visto.
beh ho già lo smoking nel baule è questo è davvero inedito. e
allora, come al solito, mi viene facile, ho spento il cervello ed ho
continuato a sonnecchiare in macchina, tanto guida andrea the
sItUatIon Pizzi, meglio di così.
In cava arrivano in tanti. vecchi amici e colleghi di fatiche. ruspe
giganti, scavatrici che sembrano t rex e tutto è un pò surreale....
ma fantastico. c’è voglia di ridere. siamo tutti rilassati. Gli scatti
sono tanti. ci sarà l’imbarazzo nello scegliere. meglio.
In piazza a robilante, alla “stuzzicheria”. chiacchiere a tavola
e giochiamo a “nick hornby”. Gioco stupidissimo e quindi
intelligentissimo, estrapolato da “alta fedeltà”, il capolavoro del
grande romanziere anglosassone.
Giochiamo, quindi, a “le 5 cose che”. liste, classifiche di se stessi,
di ciò che abbiamo dentro, dei nostri gusti. Pezzi della nostra
personalità buttati sul tavolo tra amici. Per riflettere, conoscersi,
ridere, discutere.
come piccoli “post it” ve li regaliamo, con il placet della nostra
grande star internazionale: marco olmo.- Grazie!
Davide orlandi
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eD eCColi i “5 Di marCo”:
“I cinque brani/cantanti che ami”
1 vangelis2 the final countdown (perfetta per la mia veglia funebre)3 roxette4 vasco ex equo ligabue5 gli 883 – primo album
“I cinque film di sempre”1 macom x2 lord of war3 Io spero che me la cavo4 the truman show5 milion dollar baby
“I cinque sport più esaltanti”1 motocross2 automobilismo3 bmX4 trial5 skateboard“si va a cercare le cose che non si riesce a fare”
“1 cinque posti dove vorresti vivere”
1 robilante
“I tuoi cinque più grandi difetti e pregi”
difetti pregi
1 musone 1 non so mentire
2 mento malissimo 2 ironia
3 polemico 3 polemico
per proseguire abbiamo chiamato la moglie.....
non ha risposto
“per chiudere incredibilmente parliamo di running.
I 5 deserti più belli”1 akakus2 Giordania3 marocco4 sinai5 namibia
“Il povero sa fare economia. Il ricco sa fare
economia”
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APPROACH SOLE
conosco marco olmo dall’autunno del 2007, quando reduce dal secondo successo consecutivo all’Ultra trail du mont blanc, accetta di incontrarmi a casa sua per un intervista. a chamonix, un mese prima, fui forse l’unico fotografo/giornalista italiano accreditato a godere, immortalare e scrivere del suo più grande successo, lo storico bis nella gara regina, alla veneranda età di 59 anni. sbucò
trotterellando e sorridente da un muro di persone che assiepavano l’arrivo, ultimi 150 metri di gloria osannato da uno speaker in delirio ed applaudito da migliaia di francesi (caso più unico che raro per un italiano). la sua sagoma filiforme ulteriormente dimagrita dallo sforzo delle ultime vent’un ore, unitamente al suo sorriso genuino ben incorniciato da una barbetta grigia che ne descrive l’età la dove il risultato agonistico lo immaginava un ventennio più giovane, aveva conquistato tutti, me compreso. Da allora con marco ho avuto un rapporto costante e privilegiato, sia come professionista che come amico. abbiamo condiviso viaggi e gare, interviste e premiazioni, pranzi e cene, voli aerei e camere d’albergo, lunghe camminate e simpatici foto-session, ma mai mi era capitato di vederlo in smoking.. l’occasione è la realizzazione di un idea nata in redazione, io mi accodo agli ideatori all’ultimo momento, più per vedermi l’amico-atleta nelle insolite vesti che per immortalarlo, poi, l’ambiente a lui caro, la cava di robilante (cn) in cui ha lavorato per tutta la vita come scavatorista, e l’insolito abbigliamento creano un qualcosa di magico a cui il mio occhio non riesce a resistere e presa la mia canon incomincio anche io a scattare.l’eleganza di marco si esalta e la naturalezza con cui posa lo accosta più ad un James bond che ad un runner. le scarpe da corsa con lacci tanto casualmente quanto rigorosamente in tinta con la ruspa retrostante, sono il tocco artistico che identifica l’atleta. lo smoking vuole rendere omaggio alla grandezza di questo uomo che tanto a dato al nostro sport.
Dino bonelli, 45 anni, fotografo freelance specializzato in sport outdoor e viaggi, vive a Prato nevoso (cn) dove ha anche uno snowboard shop (www.surfshoppratonevoso.com) maratoneta da 2h56 e più volte Ironman finisher, organizza tra l’altro anche i trai a tappe di sardegna (www.sardiniatrail.com), Islanda(www.runiceland.org) e mexico (www.carreradebaja.com)
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SOTTO ZERO - The Polar Circle Marathon Ci sono cose che si fanno per motivi estrinsechi, altre no. Le seconde sono le più vere.
di enzo Jandoli - photo di albatros-travel.com
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SOTTO ZERO - The Polar Circle Marathon Ci sono cose che si fanno per motivi estrinsechi, altre no. Le seconde sono le più vere.
PREQUEL
3 maggio 2009.
scendo le scale di casa dei genitori di Ily a belfast, non riuscendo a
farlo con le gambe, per il ginocchio dolorante, mi trascino appoggian-
domi al corrimano.”e’ l’ultima. Giuro, domani sarà l’ultima!”. l’ho fatta.
male, ma l’ho finita. la maratona di belfast non e’ stata la più sem-
plice. sali e scendi dall’ottavo miglio in poi. e, sfinito, ho mantenuto la
promessa: “mai più!” ho quindi mentito a me stesso per 24 mesi, fin
quando simona mi ha mandato via email un indirizzo, www.polarmara-
thon.com, con una foto di due che correvano in un deserto di ghiaccio e
neve. me l’ero sempre detto, correndo in montagna d’inverno: certo, fare
una maratona al freddo...... e cosi’ ho “convinto” prima Ily a darmi l’ok
(qualcuno direbbe imposto), poi marco e luca a venire, gli stessi compa-
gni della saharamarathon. Devo dire che con loro non e’ stato difficile.
UN VECCHIO MONDO NUOVO
20 ottobre 2011, arrivo in Groenlandia. atterraggio a Kangerlassuaq (per i raffinati, si pronuncia “Gagerlussac”), 523 abitanti. e’ un ex aeroporto
militare americano, creato all’inizio della seconda guerra mondiale, poi donato nel 1992 al governo danese. Immagino che d’estate sia un posto
piacevole e accogliente. Usciti dall’aeroporto ho visto poche case simili a caserme di camp americani, la maggior parte sono palafitte, in mezzo
al deserto collinoso artico. sensi di colpa per aver mollato tutti e quattro a casa (niccolo’ con la febbre), per andare, sei giorni, “in the middle of
no-where”, come dicono i compagni di corsa provenienti da molti altri paesi: francia, spagna, Danimarca, Inghilterra, estonia, Germania, norvegia,
australia, nuova Zelanda, Uruguay, canada, Irlanda, svezia, belgio. svizzera, lussemburgo, Usa. Dall’Italia siamo in nove, meno di settanta gli
iscritti in totale. la sera abbiamo cenato in un ristorante molto carino, vicino a un lago, ovviamente ghiacciato: dopo aver visto di giorno dei buoi
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muschiati in cattività (musk oax, li chiamano), ne abbiamo mangiato uno. fa un certo effetto scriverlo, cosi’ crudemente, ma era buono e poi era
politically correct (rientra nel programma di regolamentazione caccia del governo locale). la sera l’organizzatore bjorn ci ha parlato della sua terra,
molti di noi non ne sapevamo molto, neppure ne conoscevamo la bandiera. 54mila abitanti su un territorio di oltre 2 milioni di km quadrati, grande
più o meno come gli Usa. la capitale nuuk ha circa 15mila anime. a Kangerlassuaq per due mesi durante l’inverno non appare mai il sole e si
hanno al massimo tre ore di pallido chiarore, simile al crepuscolo. Il 21 ottobre, il giorno prima della maratona, e’ stato dedicato alla perlustrazione
del percorso della gara con una sorta di camion militare. Dicono che sia molto utile, per me no: sapere che in camion si impiegano due ore per fare
tutto il percorso a ritroso e vedere tutti quei continui saliscendi mi ha angosciato. le previsioni per il giorno dopo davano da -23° c, di mattina,
a -13° c nella giornata. nell’inverno pieno arriva a -50° c. Quindi domani, ci hanno detto, sarà quasi caldo e, coni d’ombra a parte, avremmo
dovuto considerarci fortunati. Durante il tour abbiamo visto due renne, forse madre e figlio, accoccolati nella neve (oddio, a dire il vero abbiamo
mangiato anche loro la sera prima, sempre ad essere politically correct).
I TANTI DUBBI E LE POCHE CERTEZZE
luca ci ha chiesto: “ragazzi, ma se domani uno ha un crampo, si blocca e non riesce a camminare fino al riforni-
mento, che fa?”- “e che fa?” gli ho risposto, perché sudati e a -20°, bloccati.....”che te lo dico a fare luca, ... pensa
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ad altro... Pensa alle renne!”. siamo così arrivati alla calotta di ghiaccio: è un paesaggio lunare unico, un vero deserto di dune di neve. abbiamo
provato i ramponi da ghiaccio, c’era la tentazione di usarli per diversi chilometri, oltre che per la calotta. la notte prima aveva nevicato e in diversi
punti si affondava nella neve. “ma con i ramponi e’ meglio”, ho detto, con un’approssimativa certezza a Giulio, un italiano decisamente preparato
(sarebbe arrivato terzo), con felpa della 150 km di boavista, che ha vinto. senza degnarmi di uno sguardo ha esclamato: “sono le gambe che fanno
l’attrezzatura non l’attrezzatura che fa le gambe”, ed e’ andato a scaldarsi con una corsetta, ovviamente senza ramponi. c’era anche massimo, ha corso
diverse maratone impegnative: namibia (a tappe 100 km), senegal ed altre, ha il diabete e invece di fare sistematicamente iniezioni di insulina ha un
microinfusore fisso al corpo, che caricato di insulina, la rilascia nei tempi scadenzati. Questo gli consente di fare sport, anche estremi, invece di star fermo.
THE POLARCIRCLEMARATHON
colpo di fucile da caccia e si parte. ci si inerpica su una salita tra i ghiacci, in uno scenario unico, per circa tre chilometri e mezzo che ti portano sulla
calotta polare. verso la meta’ della salita ha iniziato a tirare un vento contrario fortissimo che ci ha accompagnato, più corretto dire “trattenuto”, per
tutta la calotta, ancora più bella del giorno prima, se possibile. forse perché tutta la salita l’abbiamo fatta all’ombra fin quando, con un’esplosione di
sole, siamo arrivati a goderci queste dune di neve e ghiaccio assolutamente ineguagliabili. ho messo i ramponi, sicuramente ho perso del tempo, ma
non mi sono fidato a correre senza su lastre di ghiaccio trasparente. e ne e’ valsa la pena. I dolori sono arrivati quando si affondava all’improvviso
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UltraMaggiorefino al ginocchio nella neve fresca. siamo poi ridiscesi per tornare al
punto della partenza: 10 km erano fatti. ce ne aspettavano ancora 32 di
saliscendi per arrivare a Kangerlassuaq, il tutto in uno scenario irreale
e imbiancato: il percorso costeggiava nevi millenarie, laghi ghiacciati e
capitava di imbattersi in qualche renna o bue muschiato. Il terreno non
era dei più semplici: una strada, penso sterrata, ricoperta di neve battuta
dal passaggio delle macchine dell’organizzazione e da chi mi anticipava,
rendeva il fondo davvero sconnesso. ci dicevano che correre così equi-
vale a quasi una maratona e mezza. Io non ci credo ma effettivamente
non e’ stato facile. e infatti, chi ha vinto, ha impiegato più di tre ore! Gli
italiani si sono fatti valere: Giulio terzo, il nostro marco sorprendentemen-
te quinto. Io sono arrivato sotto il tempo (prudentemente) stimato, pas-
sando il traguardo, stringendo tra i denti la goccia che mi aveva regalato
annie prima di partire, che avevo messo al collo, e con qualche lacrima,
un po’ per il dolore del ginocchio un po’ per avercela fatta.
SEQUEL
oggi fa caldo. Dicevano che avrebbe dovuto piovere qui a milano.
macchè! mi collego sul sito della Polar circle marathon e rivedo
le foto della maratona. noi sulla calotta. Quando ero lì e dovevo
combattere con il freddo e con il vento che batteva ripetutamente
sul mio maledetto fazzoletto ghiacciato che mi graffiava, sapevo
che un giorno avrei rimpianto quei momenti e desiderato rivivere
quelle immagini. Per questo mentre correvo mi dicevo: succhia
tutto quello che ti è attorno perché è vita e sarà un ricordo, il tuo
ricordo, e non importa se non potrai spiegarlo agli altri con la
stessa intensità con cui lo stai vivendo ora.
ha funzionato. ma non a suggestionarmi per tirar dritto, ma a
viverla con felicità allora come adesso.
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UltraMaggiore“La corsa necessita di un messaggio,
che quando non viene scritto prima di partire, viene spesso scritto dopo”
Prefazione:L’ultramaggiore è una concept run, cioè una corsa senza pettorale. Una corsa libera che si definisce e si progetta una sola volta, irripetibile. Questa specifica concept run si inserisce nelle corse “no-rest run”. Significa che non sono previste soste per riposarsi, magiare o bere, tranne che per esigenze fisiologiche inderogabi-li. L’Ultramaggiore è stata corsa con una singola interruzione di 39 secondi per motivi fisiologici, il passaggio alle dogane Italia-Svizzera ha necessitato di un rallentamento a passo svelto. Ho corso 173km e 900 metri in 17 ore 14 minuti e 56 secondi. (Daniele Baranzini, ultradistance runner)
09:54, Sabato 18 Febbraio 2012
oggi mi sono svegliato, ho guardato fuori dalla finestra, mi sono detto che sarà un giorno normale, ...sarà un giorno normale, ho pensato a chi corre ho pensato a chi lavora ho pensato alla mia famiglia ho pensato a me stesso mi sono chiesto cosa faccio, mi sono lasciato trasportare dall’immaginazione... oggi è un giornata bella per tutti, dovrebbe esserlo, oggi vedo me stesso che corre, vedo tutti correre, vedo la corsa vedo le gambe il corpo e le braccia... oggi è un giorno speciale come speciale è ogni giorno normale oggi come tutte le mattine guarderò dentro di me per non perdere tempo Siamo nati per pensare, allora immaginiamo.Siamo nati per camminare, allora corriamo…lontano
E oggi corro senza fermarmi, attorno al mio lago amico. Il Lago Maggiore.
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10:49, Sabato 18 Febbraio 2012
Mi sento come da bimbo mentre aspetto che papà e mamma ci carichino in macchina di notte per andare al mare tutti assieme…io, mio fratello e mio cugino. Fingiamo di dormire perché aspettiamo solo che ci chiamino…Eppure la sensazione mi nasce dentro ancora adesso, a quarant’anni…
Il segno bianco per partire (0 km, l’orizzonte degli eventi)
Sono le 21.00 e traccio una sottile linea con un gesso sulla strada, di fronte a me. Questa linea di gesso mi ha aperto la porta sulla strada che percorrerò, l’Ultramaggiore. Lascerò correre la linea bianca fatta con un gesso ma scandita dalle dita e da un pensiero.
Alla partenza c’è molta gente. Alcuni non capiscono, altri sono affascinati, molti sono solo incuriositi. C’è la televisione, ci sono quattro macchine che mi seguiranno. Una macchina è stata attrezzata con una telecamera professionale. Marco, Doriano e Filippo mi riprenderanno per tutta la corsa. La seconda macchina è quella del San Raffaele di Milano. Lara, Ferdinando e Andrea mi controlleranno l’accumulo dell’ acido lattico e la percezione di fatica. La terza macchina è quella di Sky Sport con Biagio e il cineoperatore.
Infine mi seguirà il furgoncino della mia società di atletica, la mitica Atletica 3V, capitanata da Vit-torio. Ci saranno molti amici e atleti dalle 3V, che mi faranno da angeli per tutta la corsa. In fondo si corre perché si torna indietro e si riscopre di essere cambiati. Questa sensazione di stupirsi del cambiamento è tanto affascinante come quanto lo è correre. È il risultato della corsa che conta.E’ la riscoperta di se stessi alla fine del viaggio che spiega la corsa.
Luci nell’ombra (da 0 a 5km)
Le luci sull’altra sponda, in movimento, rappresentano distanze siderali…è come essere sparato nello spazio e vedere di fronte il profilo enorme di una galassia…galleggiante e fluttuante… “come potevo farcela? Come?” Era come correre tentando di raggiungere l’infinito…e l’infinito è una del-le tentazioni umane più irresistibili.
Avevo appena iniziato a correre e le luci nella notte dall’altra parte del lago mi stavano già incutendo timore reverenziale. Era come se il lago volesse indicarmi nei primi chilometri che questa corsa era veramente un concetto dentro di me…e le luci erano piccole lanterne indaffarate ad aiutarmi a non perdere la via, la ragione forse. Se volete comprendere questo concetto, venite sul Lago Maggiore, ovunque. Veniteci d’inverno e sedetevi su di una panchina da dove potete vedere l’altra sponda e le luci, di notte. Guardate bene le distanze e le luci che si rifletteranno nel lago…bene, avrete un brivido lungo la schiena pensando a correre per quelle distanze….
Il mio corpo in moto si muoveva quasi sondando il terreno, la mia vera corsa doveva ancora inco-minciare…e sarebbe iniziata molti chilometri più tardi….il mio passo era esagerato per 170km: 4’20’’ al km. Ero già in pericolo.
Verso Laveno “raffreddando” la testa (20km circa)
I miei occhi scorrono veloci, ovattati nella notte. È la sensazione che ho sempre quando corro di notte con la lampada sulla fronte per farmi strada. Le scarpe vanno bene, le gambe rispondono, le
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braccia accompagnano, il busto c’è. La mente si libera, lenta. Cerco di rilassarla senza pensare e immaginare troppi km in avanti. La testa è il fattore più rilevante di tutti. La testa entra nei piedi e in tutto il corpo. “La testa decide tutto”, ho pensato costantemente nei primi 20km verso Laveno. Di fatto mi sono allenato per molti giorni a “rilassare” la mia corsa iniziando con il “rilassare” il modo di ragionare durante una corsa. Correre per molte ore, intendo almeno oltre le 12 ore (o cor-rere per 24 ore….o per dei giorni di fila!), significa che la sorgente delle tua voglia di correre debba essere sempre protetta. Protetta e mantenuta fresca. Il concetto è quello del raffreddamento delle barre radioattive di una centrale nucleare…non puoi lasciarle fuori dall’acqua! Perché poi, surriscaldate, la reazione nucleare è inarrestabile. La corsa perderà la sua forma di sostentamento primaria, la men-te. Una volta persa quella, non c’è fisico allenato e capace di sopportare l’insopportabile. La corsa si spegnerà come una candela nel vento.
Sono a Laveno, i ragazzi della mia società di atletica, la 3V, si uniscono dietro di me…in religioso rispetto. Ci rendiamo tutti conto che questa corsa è molto importante e simbolica.
Sono ancora troppo veloce.
A luino (48km)
Entro a Luino passando due rotonde. Questa cittadina la ricordo bene di giorno, ma di notte assume tutto un altro significato. Sono sul lungo lago, alcune persone guardano e non capiscono…un folle? Un idiota? “Chi è quel deficiente che corre a quest’ora?”, sento qualcuno che mi sfotte mentre beve una birra affacciato dalla ringhiera di un bar. Non ci penso, cerco di concentrarmi sul ritmo e sul passo. Le luci e i colori si mischiano nella mia mente, certi ricordi affiorano. Venivo in moto spesso a Luino, venivo a fumarmi una sigaretta e bere un vino…proprio come il ragazzo di prima. Il pano-rama è il lago, che incomincia ad assumere una forma diversa. Non sembra più neanche il mio lago. Incomincio…a vederlo diversamente. Non lo riconosco più bene. Che cos’è questo lago? … il mio passo scende a 6’ al km.
Primo miraggio nella notte (50km circa)
Sono in un tunnel, dietro a me ci sono i ragazzi della 3V. Sto soffrendo pesantemente. Ho una vera crisi e non riesco a tenere più il ritmo. È veramente presto per affrontare una crisi, ma purtroppo è li con me. Poi ad un tratto l’emozione si impossessa della mia concentrazione e barcollo!...sento un boato! Ma cosa diavolo succede! Ho letteralmente percepito un terremoto sotto i miei piedi…era come se il lago si fosse finalmente presentato…nella mia corsa. La voce del lago mi aveva investito con un fragore e una allucinazione assurda, tutt’ora incomprensibile.
Dogana per la Svizzera (54km)
E’ il vero primo traguardo…è leggermente in salita e segna la dogana con la Svizzera, alcuni ragazzi della 3V mi salutano. Hanno compiuto il loro lavoro, mi hanno portato sano e salvo al confine. “Grazie ragaz-zi… è stato un onore per me”, ci congediamo e senza smettere di correre tiro dritto verso la dogana…
L’aria resta fredda e umida. Dovremmo essere a qualche grado sotto zero (in fondo è metà febbraio!). Non gli do troppa importanza e poi sono solo a circa 60km corsi, neanche la metà del viaggio.Sebbene fossi passato qualche giorno prima per avvisare alle dogane del mio passaggio mi rendevo conto
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che non potevo correre in dogana. Solleverei eccessiva attenzione e sospetto da parte dei doganieri. Quin-di riduco l’andatura ad un passo da marcia…sperando di non essere interrotto. E fortunatamente al mio saluto corrisponde un saluto da parte dei doganieri, sia nella parte italiana che in quella svizzera. Appena passo l’edificio della dogana la mia marcia si trasforma di nuovo in corsa. Sorrido conten-to…tengo i 5’30’’ al km.
L’altra parte del Lago (70km)
Mentre guardo alla mia sinistra vedo per la prima volta l’altra parte del lago, la sponda lombarda. Mi trovo nella posizione opposta a quella che spaventato guardavo nei primi chilometri di corsa. Era tut-to li, il mio mondo della corsa, io ero passato dall’altra parte del lago… e adesso guardavo da lontano quelle luci sulle sponde che mi illuminavano la strada diverse ore prima. Ero incredulo, mi trovavo a correre nei punti che pensavo non avrei raggiunto facilmente. Mi metto a piangere come un bambi-no. Nella mia mente e nel mio cuore si sta creando un ciclone di emozioni cosi radicali che non sento più le gambe ne altre parti del corpo. In quel preciso istante era come se non stessi correndo. Sono tutto nella mia testa, compreso il mio corpo. Sono al caldo, coccolato da quel turbine di sensazioni e di luci della sponda lombarda del lago. Il mio pianto si fa veloce, intenso, e incomincio a gridare, incomincio a urlare di un piacere onirico, mistico. Sto correndo oltre le mie gambe. Da dietro, una voce di donna (un altro angelo della 3V) mi parla decisa: “va bene Daniele?... Tutto bene?..stai calmo…va tutto bene”. Ero in una crisi, ma non negativa, ero ad un bivio tra la mente e le gambe.
Smettendo di piangere non avevo più la sensazione che stessi correndo da ore senza alcuna sosta. Incredibilmente avevo la netta sensazione che avessi iniziato a correre solo in quel momento. La mia corsa attorno al lago stava iniziando proprio verso i 70km, ero emozionato e incredibilmente felice.
A locarno (86km)
Hanno strane forme, per lo più tutti animali a grandezza d’uomo. Ovviamente per la strada non ci sono animali del genere! C’è un coniglio enorme, umano…cerco di strizzare gli occhi e mantengo il passo a circa 5’30’’ al km. Non posso crederci, ovviamente sono allucinato ancora! Vicino al co-niglio c’è un altro pupazzo. E’ tutto colorato d’argento, sembra più una specie di pantera, sembra femminile…anzi penso lo sia. Sono preoccupato ma procedo…non lo so. Forse sono arrivato al mio limite?...cerco di razionalizzare: è notte, sono stanco, ma non esageratamente stanco, forse devo aver combinato troppe cose assieme…Poi, da dietro una voce, “è carnevale…in Svizzera oggi è carneva-le!!”. Incomincio a riprendermi. “E’solo carnevale…è solo carnevale”, ripeto ancora.Per un attimo penso che correre per circa novanta chilometri, e ritrovarsi nel bel mezzo di un carne-vale di notte, per di più in Svizzera, sia una situazione di per sè onirica, o da idioti (dipende dai punti di vista). Penso alla casualità degli eventi e penso di essere molto fortunato. Mi lascio alle spalle l’ultimo pupazzo, un ragazzo vestito da leone con la coda. E Lungo un rettilineo scuro noto che una macchina della polizia si è fermata.
A Locarno, la polizia (86km)
Trottando capisco che la polizia ci ha notato e che non sembriamo festeggiare il carnevale come gli altri. Non che sia un problema, ma potrebbe diventarlo. Ho programmato di correre per un piccolo tratto su una strada che immette in una galleria, giusto fuori Locarno. Diciamo che non conoscendo altre strade da quelle parti era la naturale conseguenza scegliere questo passaggio, ovviamente discutibile in termini di sicurezza. Infatti, questo breve tratto è l’imbocco di una superstrada. La polizia lo sa, io lo so, tutti dietro
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di me lo sanno.Non rallento il passo, ma controllo bene dove va la polizia. La macchina si sposta duecento metri avanti procedendo molto lenta. “Perché dovrebbe fermarci?”, mi chiedo. Poi mi viene in mente che c’è una intera carovana di macchine e persone dietro di me. Tra l’altro la macchina che mi sta facendo le riprese da certamente nell’occhio! E infatti, mentre corro verso l’imbocco della strada che mi porterebbe alla galleria, la macchina della polizia arriva e ci affianca. “Questi mi fermano adesso!”.
Un ragazzo della 3V si scosta dalla mia scia e va verso la polizia. Non mi giro ma grido solo “Cosa devo fare! Io vado verso la galleria! Cosa faccio?”…Ovviamente a circa 90km di corsa tendi a perdere l’inibi-zione e parlare molto diretto…non hai forza per controllare ogni cosa e limitarla nei pensieri…la esterni come se un bicchiere si rovesciasse sulla tavola.Ci viene chiesto di “cambiare” strada. E ci accompagnano loro per un’altra direzione. Mentre continua-vo ad un ritmo di 6’30’’ al km adesso, percepivo che la situazione era sotto controllo, ma non sapevo se avremmo allungato o accorciato il tragitto…ora sudavo freddo e caldo allo stesso tempo.
Una rotonda (86km)
L’euforia mi tocca quando capisco che l’ “inconveniente polizia” allunga il percorso di pochi chi-lometri (3km e 900metri). Sono felice e alla prima rotonda fingo di sbagliare direzione e traggo in inganno un ragazzo della 3V dietro di me. Euforia e follia allo stesso tempo.
A locarno, le vetrine (88km)
Assecondando la polizia mi dirigo all’interno di un’isola pedonale. Loro ci seguono ancora mentre tutte le nostre macchine proseguono sulla strada principale. Non posso lamentarmi di questo “fa-vore” da parte delle autorità elvetiche. Quello che percepisco sono una serie sterminata di riflessi oblunghi. Uno sguardo a sinistra che si riflette in uno specchio scuro e uno sguardo a destra incontra la vetrina di un negozio d’abbigliamento. Sono le indistinte vetrine di Locarno, piene di meraviglia. L’isola pedonale si riempie di vetrine e negozi di cui non distinguo nulla perché la corsa fa perdere ogni struttura e lascia dentro un mondo di sfumature e impressioni nascoste. So che lì, mentre corro sul pavè dell’isola pedonale, ci sono ricchezza e benessere. Mentre io come una caldaia ambulante disperdo energia ad ogni passo.
Le vetrine a Locarno sono piene di bandierine e coltellini svizzeri. Che dolce visione mentre cerco di accelerare il passo ancora una volta…
Carica! (90km)
Sono euforico, le mie gambe non sembrano sentire fatica. Non ho dolori e mentre accelero un po’ guardo il lago con circa 90 km corsi senza mai fermarmi. Mi sento trasportare mentalmente dall’aria frizzante attorno. Totalmente disinibito accelero e carico letteralmente la macchina, una 600, che mi sta riprendendo. Colpisco violentemente il bagagliaio. Dentro la macchina vedo solo occhi fuori dalle orbite! Loro non sanno cosa fare, io si!...sono come un animale braccato che carica i cacciatori!...sono in preda ad una forma di follia. In quel momento rido e mi guardo dietro. La strada è libera, allora sor-passo la macchina. In quell’istante so cosa pensano… “è andato!...fa saltare la corsa cosi!!”.
Mi ritrovo a correre a 18kmh per un breve spazio, non più di 70 metri (registrato alla lettura del Gar-min), poi torno alla mia andatura a 6’ al km e chiedo scusa ai ragazzi dietro che non hanno capito e si
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sono spaventati per me. Razionalmente è come se avessi tentato di liberarmi di tutto e di tutti in quel momento. E’ stato un momento magico, tragico e personale. Il lago mi ha fatto fare una cavalcata…e io non mi sono tirato indietro.
Il guard rail si chiude (95km circa)
Corro verso la dogana a Brissago. Sono sul bordo a sinistra, quello che costeggia il lago. Una leggera curva mi toglie l’attenzione e in un momento mi trovo in una situazione difficile: la strada si restrin-ge e i guard rails laterali convergono e si riuniscono a 20 metri da me. “cosa faccio adesso?”, “mi fermo?, torno indietro per trovare una uscita che ho chiaramente mancato?”. Ma ovvio che fermarsi resta una parola vuota nelle mie circostanze.
La scelta arriva rapida. Penso solo un secondo e mentre i ragazzi al mio fianco restano sbigottiti appoggio le mani sul guard rail a destra e lo salto di corsa senza nessuna sosta. In volo sono già con-vinto che quando metterò i piedi a terra la mia schiena andrà in frantumi. Ma non faccio in tempo a pensarlo che in quell’istante sono già dall’altra parte del guard rail. Salvo, in corsa, ancora.
Gli uccellini al mattino (100km)
Non ho settato il garmin per vedere l’ora, non ho mai saputo che ore fossero per tutto il tempo. Ho avuto solo un segnale che la mattina di domenica 19 Febbraio stava iniziando: ho sentito degli uc-cellini cantare mentre incominciava a schiarire
Ironia della sorte (110km)
Correre in senso antiorario mi ha dato la sensazione di indietreggiare, di tornare indietro nel tempo. Quando sono arrivato verso Intra, circa 110km corsi, sono stato colto da ricordi e sensazioni molto profonde, oniriche. Erano i ricordi di quando scrivevo per me stesso, tanto.
Vittorio (120km)
Sono a Stresa, circa 120km in corsa…non mi fermo. Vittorio è li, passo nei miei passi, presente come una spada nelle mie mani. Veloce quanto me nel capire che quello che sta succedendo succede a tutti noi…dentro la stradaLa sua espressione, come in un quadro maturo, mi si riflette addosso, mi riempie l’anima come un pennello imbratta una tela e la colora delle forme più belle. Il suo viso mi illumina, mi guarda dentro e io guardo dentro lui…Lui è il mio mentore padre di questa corsa,…lui sa….Vittorio è dentro le mie scarpe leggere. Serio, solenne mi richiama all’attenzione che serve per an-dare avanti e non fermarsi…
Macchine buone e cattive (oltre i 130km)Oltre i 130km, è la mattina di domenica 19 febbraio, sto correndo ininterrottamente da 12 ore circa. Le macchine sfrecciano veloci, poi rallentano vicino a me con una certa frequenza. Ma la cosa par-ticolare è l’effetto fumetto. Sembra di essere nei fumetti, le macchine hanno tutte colori sgargianti e luminosi. Sono veloci, potenti, sono come cavalli imbrigliati da persone più o meno cattive, più o meno buone. Alcune sfrecciano veloci suonandomi contro. Conducenti più o meno intelligenti, buoni, cattivi e ignoranti. Altre macchine sono incuriosite. O meglio, i loro conducenti sono incuriositi da quella nuvola di luci e persone che si sposta sul ciglio della strada come un baraccone delle giostre.
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Angeli attorno (145km)
I ragazzi e le ragazze dell’Atletica 3V creano le onde del lago con me, la scia dell’Ultramaggiore. Li sento parlare, sorridere, sbuffare, organizzarsi, scrivere o fotografare. Li sento ovunque. Li sento dentro di me, come se fossimo una sola cosa, ogni tanto mi cullo nei loro ritmi, nelle cadenze dei loro passi per sentirmi meglio e riposare. Non chiedo loro nulla, ma loro mi danno tutto, mi hanno permesso di sollevare l’onda del lago, la più bella.
A circa 145km la mia corsa si è fatta pesante, i piedi non mi fanno male ma le gambe le sento che incominciano a stancarsi. Mi spruzzo due bombolette intere di ghiaccio spray sulle gambe.
Sensazioni (150km)
Conto a ritroso partendo da 500 e poi riconto. Parlo in inglese modificando una poesia “tiger tiger burning bright in the forest of the night”. Ripeto come una filastrocca: “io non sto correndo…io non sono qui…io non sto correndo”. Cerco il modo di depistare la mente, cerco tutto quello che può ser-vire a mantenermi razionale. Il senso di ubriachezza, ubriaco di stanchezza, è una sensazione molto chiara però. È la condizione in cui sei lucido ma annebbiato allo stesso tempo. È li dove ci si perde più facilemte…procedo a 7’30’’ al km…mi sto trasfomrmando in una zattera alla deriva…
Mi passano acqua e mangiare (per tutti i 173,900km)
Quello che ho effettivamente mangiato nell’Ultramaggiore è stato tutto registrato. I ricercatori del San Raffaele mi avevano chiesto di registrare tutto quello che avrei assorbito durante la corsa. Tutto quello che mi ero portato dietro, distribuito nelle macchine di supporto. Due alimenti sono rimasti in frigor a casa: 10 limoni e una confezione da sei di Actimel. Penso adesso che avrebbero potuto servire, ma non ne ho la certezza. Quello che segue è la lista degli alimenti che ho bevuto e mangiato durante la corsa
Daniele Baranzini - BEVUTO in Ultramaggiore 20122 bottiglie di Coca Cola da 500ml3 lattine di Coca Cola da 330ml5 bottliglie di acqua con Polase Sport (1 busta x bottiglia) da 500ml5 bottiglie di acqua naturale da 500ml1 bottiglia d’acqua con 25 goccie CELL FOOD (base) – (assunta a circa 80km)1 borraccia da 170ml di acqua con 35 goccie Diet Switch (prodotto CELL FOOD) – (assunta a circa 100km)6 spruzzi sublinguali di CELL FOOD MultiVitamin spray (mi pare di averlo assunto a 70km)3 spruzzi sublinguali CELL FOOD DNA RNA spray (mi pare di averlo assunto sui 90km)3 Guarana shot della Multipower (25ml x pezzo). Assunti dall’ 80km in avanti4 Magnesio liquido della Multipower (25ml x pezzo). Assunti sempre dall’ 80km in avanti
Daniele Baranzini - MANGIATO in Ultramaggiore 20121 ananas intero90 grammi di scamorza fresca1 etto di cotto gran biscotto4 fette di salame milano2 fette di crudo nazionale4 Gel ENERVITENE (2 addizionati caffeina)8 Cheer pack ENERVITENE (2 addizionati caffeina)
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Gli ultimi 15km
Negli ultimi 15km sono diventato un’onda immensa…Vittorio, Elena, Daniele, Stefania e molti altri atleti…bloccano la strada per me.
Sono in affanno, ma non penso minimamente a mollare. Il problema è che ora ogni chilometro sem-bra cento volte più grande e più lungo. Capisco, arrivando a Castelletto Ticino che gli ultimi 10km saranno infiniti. Incomincio a contare in avanti “ uno, due, tre…”. Sarà il modo ancora di salvarsi e non fermarsi. Conterò fino a 500 e poi conterò indietro come aveva fatto ore prima. Ogni passo di-venta l’obbiettivo principale. Ho la vista leggermente annebbiata, mi sento di nuovo sbronzo lucido. Anche i rumori sono tutti compressi, ovattati, mi sento quasi in un altro mondo rispetto a chi mi è vicino. Ogni km che faccio in più degli ultimi 10km paradossalmente mi allontana dal traguardo. Sembra un controsenso, ma in realtà la mente gioca con me e le percezioni mi danno falsi segnali spesso e volentieri.
L’arrivo (173km e 900metri)
Entro ad Angera…Arrivo sulla strada, pieno di emozioni radicate dentro come germogli nuovi.È una primavera fatta di sorrisi, gambe stanche piegate come salici piangenti.Inconsapevole affronto l’ultima curva e intravedo una folla.Corro con un ultimo guizzo verso le mie due figlie e mia moglie che hanno in mano, sul lati della strada, una fettuccia bianca posta proprio sopra il segno in gesso che ho tracciato sull’asfalto 17h14’56’’ prima.arrivato…e non sono più lo stesso uomo
Daniele Baranzini,Ultradistance runner
Biografia dell’autoreDaniele Baranzini, 41 anni di Angera (Va).Psicologo e ultrarunner ha voluto onorare il Lago Maggiore, compagno di tanti suoi allenamenti, con una corsa unica ed emozionante. 173 km in 17 ore e 14’ con partenza da Angera di notte, per poter avere il sole sul viso il giorno successivo.Da sempre appassionato di corsa sulle lunghe distanze in questo 2012 ha conquistato l’argento nei Campionati Italiani Master 24 ore percorrendo oltre 221 km.L’esperienza raccontata in queste pagine fa parte di una collana di racconti delle sue concept run che sarà pubblicata nel corso del 2013.
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maI sentItI cosI’ vIvIlava rossa come Il sanGUe. cavIta’, atrI e ventrIcolI che PUlsano.
correre, ansImare, fatIcare, “solo” Per sbIrcIare Dentro Il cratere
DI Un vUlcano attIvo, “solo” Per sentIre Il resPIro, la terra vIva.
INDONESIA 2012
Photo Marco Tomasello, Matteo Calcamuggi
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INDONESIA 2012
Photo Marco Tomasello, Matteo Calcamuggi
senza parole sin palabras without words sans paroles senza parole sin palabras without words sans parolessenza parole sin palabras without words sans paroles
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marco, matteo, Davide, cristiano.
Grazie dal più prfondo della terra.
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La rosa di
Atacama78
Di Katia figini
La rosa di
Atacama79
Di Katia figini
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Prendete tutte le emozioni che si possono avere in uno o più anni di
vita, fatto? bene. ora schiacciatele tutte e cercate di farle stare in una
valigetta della grandezza di 15 giorni. otterrete così una gara di corsa
nel deserto di atacama, cile. Perché così tante emozioni? Date un oc-
chio alle foto per avere un millesimo di quello che si prova ad essere
in un posto così, a 4000 mt di altezza, correndo sentendosi vicino a
Dio. e anche se non si crede a un Dio si capisce che c’è qualcosa di
inspiegabile che ha creato tanta bellezza. Questa gara colpisce in tutti
i sensi. come prima cosa correre tra i 3600 e i 4400 è davvero dura. I
battiti salgono a una velocità pazzesca e ci si trova immediatamente in
affanno, i muscoli si stancano facilmente e la voglia di fermarsi aumen-
ta ad ogni metro percorso. manca il fiato, manca l’acqua (è il deserto
più arido del mondo), mancano le forze ma non mancano le sensazioni
fantastiche. avevo un bel punto di domanda in merito a questa gara:
come ci si sente sopra i 4000? e correre a 4000? l’ho presa come una
cosa nuova da assaporare, una cosa che non poteva essere prevista e
che, come tale, non giustificava pensieri e preoccupazioni. se non c’è
soluzione ad un problema è stupido farsi venire il fegato amaro giorni
e giorni prima, giusto? sta di fatto che mi chiedevo come avrei reagito
all’altitudine, che sensazioni avrei provato, se ce l’avrei fatta a fare 230
km tra i 2800 e i 4400. Purtroppo la risposta è arrivata dopo la prima
tappa: mal di testa, nausea e vomito che mi hanno portato dritta alla
camera iperbarica. non è una bellissima esperienza ma almeno dopo si
sta un po’ meglio. Qualcosa non andava. In quell’ambiente cambiano i
parametri, in peggio però: 3 km reali da percorrere appaiono 20 ed ogni
micro salita diventa un everest. non mi restava che trovare una soluzione
e subito: ho così ritrovato l’amica umiltà che mi ha suggerito di cammi-
nare e di capire che non potevo comportarmi come avevo sempre fatto.
In uno dei video dico che “mi sembra di non correre da anni” tanto an-
davo piano e avevo il fiatone. ma tutta questa fatica era appagata da due
cose: il posto spettacolare e la voglia di portare a casa la mia terza tappa
del progetto rUn for Women. non potevo mollare proprio a metà, ave-
vo un compito, lo facevo certo per me stessa, ma anche per dimostrare
a tutte le donne che se si vuole davvero si può fare qualsiasi cosa. tutti
questi pensieri mi hanno aiutato molto. ho rivisto recentemente alcune
riprese video che ho fatto mentre ero in tenda, moribonda e cotta come
un capitone a natale. cercavo di fare dell’ironia (mai perderla, nemmeno
nei momenti più difficili) dicendo che io dovevo correre e non andare su
verso il cielo, verso Dio. Io non ne avevo bisogno, stavo così bene al livel-
lo del mare... ridevo e mi chiedevo: ma perché ho deciso di fare questa
gara? ma chi me l’ha fatto fare? ho pensato di tutto ma mai ho pensato
ad abbandonare. Il giorno dopo (solo la seconda tappa) mi aspettavano
40km, il terzo giorno mi è venuta la dissenteria, il quarto mi chiedevo
cos’altro ancora potesse capitarmi. In realtà il corpo lentamente si abitua
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82
e si “plasma” a quello che è l’ambiente intorno. Questa è una delle
sensazioni che più adoro di queste gare che durano giorni e che molti
non hanno la fortuna di conoscere.
Un giorno un giornalista mi ha chiesto cosa fosse per me il “limite”.
la mia risposta è stata che il limite è il confine tra la propria fatica più
grande e la stupidità. Detto questo non credo di essere mai arrivata a
un limite perché fortunatamente esiste ancora in me la paura. se non
ci fosse questa sensazione credo ci saremmo già estinti. la paura in
queste gare ti porta ad avere saggezza e a cercare di ponderare rischi
ed energie creando un cocktail vincente. saggezza vuol dire, a volte,
anche perdere una gara ammettendo che chi ci sta sorpassando è più
forte e più allenato e, per questo, merita di vincere. credo che una gara
a tappe, paragonata a una gara di un solo giorno, porti ad un’analisi
di se stessi, del proprio oltre e, perché no, della propria vita in modo
più completo. attraversare un deserto e viverlo per una settimana in
modo così intenso non allena solo le gambe, ma permette un percorso
mentale e di vita che è sempre molto raro fare in altre occasioni. non
è un andare “oltre” come molti dicono, non è una cosa così estrema, è
un mettersi davanti a uno specchio e guardarsi in modo approfondito,
senza maschere. Un viaggio introspettivo oltre quello che è l’apparenza e
l’ipocrisia di “raccontarsela su”. ognuno ha il suo oltre. ognuno nel suo
oltre trova una gratificazione. alcuni chiedono perché lo fai? ma chi te lo
fa fare? credo che anche mettere al mondo e crescere un figlio sia fati-
coso, molto più di 8 tappe a 4400 metri. Perché allora non ci si pone mai
il problema? tutto sta nei parametri che si usano per dare un giudizio. In
questi momenti si capisce che le dita della nostra mano sono un ottimo
abaco per contare le cose davvero importanti. ogni dito è una persona
cara, una cosa importante da fare, un sogno da perseguire. sulle dita
non c’è posto per cose futili o finte gioie. Devo dire che in atacama ho
dovuto usare il mio abaco personale parecchie volte. e’ stata una delle
gare più dure in assoluto perché mi sono resa conto che era necessario
cambiare immediatamente tutti i parametri e le aspettative.
credo anche che correre in un deserto non sia una cosa così “impos-
sibile” e “per pochi”, come molti descrivono. basta volerlo, come tutte
le cose. basta avere un desiderio, un sogno e alzarsi tutte le mattine
con la voglia di farlo avverare. come dico sempre siamo nati tutti allo
stesso modo, è dopo che si decide cosa fare di noi stessi e quale per-
corso decidere di… correre. 83
“Cesar corre con passo sicuro, in scioltezza, sui nevai d’alta quota del Chopicalqui - gruppo Huascaran”
Perdere non significa fallire.
Fallire vuol dire smettere di sognare.
(Katia)
la sfida più grande (2010/2011)
cinque gare e una sfida che una donna non
aveva mai superato.
Katia figini è arrivata alla fine del suo
progetto RUN FOR WOMEN lo scorso agosto:
correre in 5 continenti entro un anno per un
totale di 1000km per dire
NO alla violenza sulla donne.
Informazioni al sito:
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Krissy Moehl esplora le lisce cupole del Northeastern Utah. Krissy Moehl esplora le lisce cupole del Northeastern Utah. FREDRIK MARMSATER
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protezione di lungo raggio
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IL SIGNORE DELLE APUANE
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andrea bellotti
12 luglio 1971
massarosa (lu)
Perdutamente innamorato delle sue montagne,
dedica il record al suo babbo
IL RECORD
47 km in 7h 02’
3370 D+, 3992 D-,
quota massima raggiunta 1853 mt
andr
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alse
cchiIL SIGNORE DELLE APUANE
SR: “mai fatto gare?”AB: “no, ho paura che poi diventi un lavoro...”
87
stef
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Petro
cchi
SR: “il momento più duro?”AB: “ad Arni. Avevano rubato le farfalline del rubinetto!”
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soul running e andrea ringraziano
il cai di forte dei marmi e angelo simone del
negozio maratonando di viareggio (lu)
veronica Pierotti
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“Lo sguardo emblematico di Marco Gazzola rimarrà il simbolodi questa incredibile edizione del Tor des Géants”
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IDDU e I sUoI fratellI
lafuma volcano trail 2012
Photo by marco tomasello e stefano marta
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calanchI & co
a cUra Del soUlrUnnInG team
foto di andrea valsecchi
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tornare in basilicata, un mese dopo il nostro coast to coast, è sta-
to quasi come vederla per la prima volta. Percorrendo la bassa valle
dell’agri, in macchina questa volta, man mano riconoscevamo i posti
attraversati di corsa ma qualcosa sembrava cambiato: in poco più di un
mese i colori erano diversi, i campi di grano erano diventati più gialli,
il cielo era sgombro dalle nuvole e la temperatura era salita vertigino-
samente, a sfiorare i 40 gradi, una bella differenza rispetto ai giorni
di vento e pioggia durante la traversata. Il sole “picchiava” davvero in
quel finale di giugno, un caldo a cui però non eravamo ancora abituati.
tutto ciò però non ci ha fermato, i calanchi di montalbano Jonico ci
chiamavano, dovevamo provare a correrci sopra, durante la traversata
questa digressione non era prevista. Detto fatto: in un caldissimo tardo
pomeriggio eccoci pronti per calpestare la dura terra dei calanchi e
raccogliere qualche scatto per il nostro archivio fotografico. abbiamo
scelto di correre con abbigliamento ed accessori bv sport che si sono
rivelati molto efficaci con le alte temperature. In particolare la maglia
anatomical shirt che indossata diventa una vera e propria seconda
pelle: la particolare fibra che ricalca la struttura trabecolare dell’osso
migliora lo scambio termico (3 volte più efficace del cotone e 2 rispetto
al poliammide).
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stesso discorso per i pantaloni anatomical tight, aderenti ma confortevoli e che non danno mai la sensazione di
essere troppo pesanti e caldi. sia la maglia che i pantaloni sono studiati per contenere la muscolatura, migliorarne
la tonicità ed evitare vibrazioni che comportano dispendio di energie e possibili microlesioni. non poteva mancare
il booster, prodotto di punta per bv sport: contiene e protegge i muscoli del polpaccio migliorandone allo stesso
tempo l’afflusso di sangue e l’ossigenazione.
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The North FaceLavaredo Ultra Trail
Metti un venerdì sera in piazzetta a Cortina...non per prendere un
aperitivo in stile “Vacanze di Natale” ma per partire per una della
gare più belle, una delle più dure, sicuramente una delle più affa-
scinanti competizione di trail al mondo.
Stiamo parlando della The North Face Lavaredo Ultra Trail, 120 km
e quasi 6.000 mt D+, ultra maratona che ha visto al via 502 partenti
provenienti da ben 25 paesi. Partire alle 22.00 di sera con un pub-
blico che ci ha accompagnato lungo tutta la prima salita, alla luce
della lampade frontali, è stata un’emozione unica che ogni runner
prima o poi dovrebbe provare. Incredibile il lavoro dei volontari che
hanno trascorso tutta la notte nei boschi per indicare la strada,
incitare e rinfocillare gli atleti: dei veri angeli custodi.
Grazie!
Che dire poi dell’alba che ha accolto i runner quando si trovava-
no sotto le Tre cime di Lavaredo, icona di un angolo di Alpi co-
nosciuto in tutto il mondo e patrimonio dell’Unesco. Insomma un
evento che grazie al brand The North Face è diventato una della
ultra trail più affascinanti e seguite d’Europa e che, anche per que-
sto, merita di essere vissuta in prima persona. Per la cronaca a
vincere è stato lo spagnolo Iker Karrera in 12h 26’ (quasi 10 km/h
di media!) davanti al francese Sebastien Chaigneau, distaccato
di 16’, terzo l’ungherese Nemeth Csaba. Grande prestazione per
Francesca Canepa che ha vinto tra le donne giungendo al traguardo
in 15h58’ e in 10a posizione assoluta distaccando di mezz’ora la bra-
siliana Fernanda Maciel. Terzo gradino per un’altra italiana: Katia Fori.
Arrivederci al prossimo anno!
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Portare il trail in un percorso indoor? Perché no? sci, free climbing e surf sono discipline che
grazie agli eventi indoor, ospitati nei grandi palazzetti o negli stadi, sono riusciti a raggiungere il
grande pubblico, a non essere più considerati sport di nicchia, difficili da vivere come spettatori
perché spesso confinati in luoghi poco raggiungibili dalle masse. Il trail è una delle discipline ou-
tdoor più giovani ma che per interesse e partecipazione sta davvero bruciando le tappe tanto che
per il prossimo 24 novembre avrà il suo debutto indoor in occasione del superenduro (motocross)
di Genova. su un anello di 650 metri preparato con terra, rocce, tronchi e guadi i runner si sfideranno
sulla distanza di 10 km (15 giri) dove sarà necessaria non solo resistenza ma anche tecnica e tattica.
numero chiuso a 60 concorrenti che si qualificheranno partecipando a 10 diverse gare di trail sul territorio nazionale.
Previsto il pubblico delle grandi occasioni (6-8 mila persone) che in attesa di vedere sfrecciare le moto potranno applaudi-
re i trailer impegnati in gara. Un segnale positivo, indice che anche il nostro sport si sta guadagnando uno spazio tra le più
seguite discipline outdoor. regolamento, programma e gare di qualificazione sono consultabili sul sito www.indoortrail.it
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Il primo expo B2B dedicato al running dove le aziende incontreranno i negozianti per presentare e far testare i prodotti della stagione 2013.
Saranno presenti i nostri otto tester d’eccezione, la Redazione di Soul running e tre amator scelti tra i tanti Curriculum Runner inviati
grazie a un’operazione di recruiting sulla pagina Facebook del magazine. Incominceremo tutti insieme la lavorazione del Trade Maga-
zine 2013, la guida all’acquisto dove verranno realmente testati e presentati tutti i prodotto (calzature, abbigliamento e accessori) per
il trail e il running tradizionale.
ALBERTO BRESCIANI
40 anni, laureato di chimica e tecnologia
farmaceutica e informatore medico scientifico.
Amante della corsa in solitudine, l’unica che gli
permette di provare emozioni vere, un alter-
nanza di sofferenza e di scariche di adrenalina
tipiche del trail running. La montagna è il
terreno che esalta e gli fa apprezzare il suo
essere runner.
ALESSANDRO ROVELLI
30 anni, laureato si Scienze Motorie e
Personal trainer. Per Alex “correre soul”
è correre zen: nella propria dimensione
di pace personale, vivendo un rapporto
profondo e intenso con quello che ci sta
attorno, sentiero, natura e persone.
Il suo essere runner è:
LIBERTA’, VITA, AVVENTURA.
DAVIDE ZANETTI
43 anni, perito informatico e direttore
commerciale di una societfinanziaria.
Corre spinto dalla passione e il rispetto nei confronti
della natura, grande appassionato di montagna e
trekking prima e quindi passato definitivamente al trail.
Ama definirsi un Lupo runner quando si avventura nei
boschi dell’altopiano di Asiago.
la “selecao”di Soul running
2012
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ALEX BALDACCINI
Specialità: corsa in montagna, campestre, corsa con ciaspole
Vittorie e titoli più importanti: Campione europeo e mondiale a squadre di corsa in montagna nel 2011, Campione italiano Ju-
nior e Under23 di corsa in montagna rispettivamente nel 2007 e 2010, bronzo europeo e mondiale 2007, 1° al Criterium Interna-
zionale Under23 nel 2009. Vincitore quest’anno della Racchettinvalle di Pragelato e 3° alla famosa Ciaspolada della Val di Non.
FRANCESCO “CHECCO” GALANZINO
Specialità: ultratrail su qualsiasi tipo di terreno. Vittorie e piazzamenti più importanti: primo al Trail dei Balcani e al Neandertal
Trail, migliore italiano al Verdon Trail Adventure e al Raid del Sahara, secondo al trail delle Rocky Mountains, nel Kymberli
Desert, al Polo Sud e alla North Pole Marathon. E’ stato tra i tedofori alle Olimpiadi di Torino 2006.
ALICE MODIGNANI
Specialità: maratone e corse nel deserto
Vittorie e piazzamenti più importanti: debutta nel mondo della corsa con la 100 km del Sahara nel 2009,
classificandosi sesta. Per tre volte vincitrice della Chott Marathon Extrem, vincitrice della 100 km del Sahara 2012, della
Boa Vista Ultramarathon 2010 e della 100 km Madrid-Segovia nel 2011. All’attivo 43 maratone e ultramaratone.
MARCO GAZZOLA
Specialità: ultratrail. Vittorie e piazzamenti più importanti: primo arrivato, con 5 ore di vantaggio, nell’edizione 2011
del Tor des Géants, in seguito squalificato per non essere passato all’ultimo controllo. Terzo alla Lavaredo ultratrail
2011, secondo all’Annapurna Mandala Trail (primo non nepalese), vincitore della Kentavros Trail (Grecia), primo alla
Akakus Prehistoric Trail in Libia, 13° alla mitica Marathon des Sables nel 2007.
KATIA FIGINI
Specialità: corse nel deserto Conosce il mondo della corsa nel 2002, inizia le gare di trail nel 2008.
Vittorie più importanti: ha percorso per il progetto Run for Woman 5 deserti in 5 continenti per un totale di 962 km. Vincitrice
nel Deserto di Atacama, per due volte alla Desert Oman Raid, nel Deserto del Sahara, al Gran Raid del Sahara, al Trail delle
Terre Rosse, del Trail dei Balcani e del Trail della Merla.
TESTER
MARIO POLETTI
Specialità: skyrunning
Vittorie e piazzamenti più importanti: detentore del record sul Sentiero delle Orobie, 84 km in 8h52’, della Zagama Aitzkorri Ma-
rathon, al Trofeo Davide-Sentiero 4 luglio, al Trofeo Scaccabarozzi-Sentiero delle Grigne, alla Bavegno-Sentiero delle Orobie, alla
Colle-Maratona delle Orobie e alla Monza Resegone. Vincitore di 14 prestigiose gare di Skyrunning tra il 1999 e il 2007.
MARIO SCANU
Specialità: sci alpinismo e corsa in montagna
Vittorie e piazzamenti più importanti: numerosissimi successi durante la stagione invernale nello sci alpinismo.
Nello skyrunning Mario detiene il record di percorrenza dell’Alta Via n°7 (solitamente percorsa con un trekking di 3 giorni) in
6h10’ percorrendo 45km con 3600 metri di dislivello positivo.
DANIELE “ORSETTO” ROSSITTO,
Specialità: maratona, trail e triathlon Vittorie e piazzamenti più importanti: si avvicina alla corsa a 28 anni e decide di
dedicarsi alle maratone e successivamente ai trail (Cro Magnon e Cime di Lavaredo). Poi nasce l’amore per il Triathlon
che lo porta a chiudere 7 Ironman con un personal best di 9h45’ oltre a moltissime gare di lunghe distanze.
E’ stato vice campione italiano di specialità.
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borraccino da 200 ml, utile per conservare un integratore.Entrambe sono ben chiuse all ’interno dei loro alloggiamenti, a prova
di qualsiasi discesa. La tasca centrale è capiente e può contenerefacilmente barrette e una giacca antivento, è ancge comprimibile gra-zie a un apposito laccio. La cintura ha la giusta larghezza e accoglie
un’ulteriore piccola tasca per gel o cellulare.
Mountain Hardwear Ghost Whisperer AnorakUn peso piuma dalle grandi capacità: solo 53 grammi e una volta ripiegato lo si può mettere davvero in qualsiasi tasca, anche in quella dei pantalon-cini da running. Un materiale quasi impalpabile ma che in caso di vento o pioggia garantisce una protezione davvero incredibile, molto più di quanto
si possa pensare appena indossato. E non è finita: c’è una zip per la ven-tilazione, inserti riflettenti e bordi elasticizzati. Da non dimenticare mai
quando si esce...ma bisogna ricordarsi di averlo in tasca quando serve!
VIVOBAREFOOTUn modo completamente diverso di intendere la calzatura da running. Tutto nasce dalla naturale biomeccanica del piede e dal lavoro delle
articolazioni durante la corsa: l ’allungamento dinamico del piede, l ’allargamento delle dita, il lavoro dell’arco plantare come ammortizzatore naturale e quello della caviglia sono resi possibili dal particolare disegno di queste scarpe. Quando le si calzano si avvertono sensazioni completamente diverse dalle scarpe a cui siamo abituati, bisogna rivedere il proprio modo di correre per tornare a far lavorare i nostri piedi e tutte le articolazioni
in modo ottimale e soprattutto naturale. VIVOBAREFOOT dedica grande energia ed attenzione all’educazione al Barefoot ed ad essa è dedicato un intero programma chiamato VIVOBAREFOOT Training Clinc che potete trovare on line all’indirizzo http://trainingclinic.vivobarefoot.com
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fuoriuscita dell ’acqua, in caso di pioggia o di guadi, per tenere il più possibile il piede asciutto. La diffe-renza tra tallone e avampiede è di 10 mm, dato che si apprezza soprattutto in discesa dove si controlla molto bene il passo, anche sulle pendenze più importanti. Ottimo grip su ogni terreno (ci è mancata solo la neve durante il test), funzionale la rete sopra la linguetta per non far entrare lo sporco, così come la
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la parte alta del tallone sono ben protetti da morbidi inserti così come la zona del collo del piede. La fibra Meryl Skinlife® ha un’azione antibatterica e mantiene intatto il naturale equilibrio biologico della pelle. Le cuciture extrapiatte eseguite a mano evitano qualsiasi attrito e la calzata è anatomica.
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scolpitura che ricordano i pneumatici lamellari, la rendono ottima per terreni bagnati e scivolosi dove il grip risulta davvero notevole. La copertura elasticizzata sulle stringhe contribuisce a tenere fuori l ’acqua. Plantare e intersuola in Eva e profilo concavo UltraRide.
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caratteristica aggiuntiva rispetto alle normali fotografie digitali: le immagini sono georeferenziate, ovvero acquisiscono in modo
automatico le coordinate geografiche del luogo dove è stata scattata ogni singola foto. In questo modo sarà ancor più facile risalire al way point
che avremo memorizzato. Importante l ’introduzione di una bussola elettronica a tre assi con autocompensazione dell ’inclinazione che permette un accurato dato di direzione magnetica anche quando
lo strumento viene tenuto in posizione verticale.
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posteriore in gomma morbida, facilita e velocizza le operazioni di calzata.
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Sulla nostra Guida all’acquisto uscita lo scorso aprile, nella sezione dedicata alle scarpe, abbiamo scritto in modo errato il nome del marchio, quello corretto è VIVOBAREFOOT. Ci scusiamo con Ferrino Spa, distributore per l’Italia del brand.
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