dispense di fisica e tecnologia del vuoto -...

79
Corso di Laboratorio di Termodinamica per le lauree triennali in Fisica Fisica e Astrofisica Tecnologie Fisiche e dell’Informazione Dispense di Fisica e Tecnologia del Vuoto Vuoto Fulvio Ricci Dipartimento di Fisica, Università di Roma La Sapienza, Roma, Italia

Upload: lydien

Post on 06-Nov-2018

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Corso di Laboratorio di Termodinamicaper le lauree triennali in

Fisica Fisica e Astrofisica

Tecnologie Fisiche e dell’Informazione

Dispense di Fisica e Tecnologia delV u o t oV u o t o

Fulvio Ricci

Dipartimento di Fisica,Università di Roma La Sapienza, Roma, Italia

2

INDICE

Introduzione

I PARTE - I FONDAMENTI DEL VUOTO

Richiami di teoria cinetica dei gasLa distribuzione statistica delle velocità di un gas idealeFlusso di materia e cammino libero medioViscosità, conducibilità termica e diffusione di un fluidoIl trasporto di un fluidoCalcolo di alcune conduttanzeGli effetti di superficie: adsorbimento, condensazione, assorbimento e rilascioVelocità di pompaggio e portataAndamento nel tempo della pressione durante la fase di pompaggioLa velocità di pompaggio efficaceMetodi di misura della velocità di pompaggioUn esempio di calcolo di un sistema da vuoto

II PARTE - LA MISURA DELLA PRESSIONE NEGLI IMPIANTI DA VUOTO

BarometriMisuratori di basse pressioniManometri a diaframmaManometri differenzialiVacuometri di Mc Leodl vacuometri a conducibilità termicaVacuometro a scaricaVacuometri a ionizzazione

III PARTE - LE POMPE DA VUOTO

Le pompe rotativeLe pompe a diffusioneLe pompe turbomolecolariLe pompe a getter e ionicheLe pompe criogeniche

IV PARTE – LA RICERCA DI PERDITE IN UN IMPIANTO DA VUOTO

La tecnica delle bolle.Prove basate sull’osservazione del decadimento di pressione.Prove di risalita di pressione.Lo spettrometro magnetico di massa.Uso del cercafughe a spettrometro magnetico di massa per elio.Lo spettrometro di massa a quadrupolo.

Bibliografia

3

INTRODUZIONE

Il termine "vuoto" è riferito alla situazione fisica che occorre in un ambienteove la pressione gassosa è minore di quella atmosferica. A seconda che la pressione Ëpoco o molto inferiore a quell’atmosferica, i fenomeni che occorrono possono essereassai diversi, come assai diversi possono essere i mezzi per ottenere e misurare quellapressione.Nel Sistema Internazionale di unità di misura (abbreviato con l’acronimo SI), lapressione è misurata in Pascal (Pa) e rappresenta la pressione esercita dalla forza di unNewton su 1 m2 di superficie ( 1 Pa = 1 N/m2).

Spesso però nell’ambito delle misure di pressione, si usano altre unità di misuraquali

- il millibar (mbar), pari a 101.325 Pa. Tale unità di misura è utilizzata soventedai metereologi, Notiamo che 1 atmosfera =1 103 mbar ~ 105 Pa.

- il mm Hg o torr, pari 133.32 Pa, utilizzata ad esempio per misure di pressionesanguigna. 1 atmosfera =1 103 mbar =760 mm Hg

- il kg/cm2 pari a 9.81 104 Pa ~ 1 Atmosfera. Si tratta di una unità molto amatadagli ingegneri del continente europeo.

- il psi (pound per square inch2 ‡ libbra inglese/pollice2), 1 psi è pari ~6.89473 103 Pa, è utilizzata dagli ingegneri anglosassoni: essa appare in moltidei manuali di provenienza anglosassone, come ad esempio quelli dell’agenziaspaziale americana N.A.S.A.

È uso distinguere diversi tipi di vuoto in relazione al relativo intervallo dipressione interessato:

Il vuoto può esistere in natura e può essere prodotto per scopi scientifici otecnici. Nello spazio extraterrestre siamo in condizioni di vuoto: ad esempiol’atmosfera lunare è essenzialmente costituita da gas del tipo H2, He, Ne, Ar ad unapressione totale intorno a 10-6 Pa. Nello spazio interstellare ed intergalattico lapressione diventa ancora più piccola, tanto che si preferisce parlare in termini didensità delle particelle gassose (numero d’atomi o molecole contenute nell’unità divolume) invece di pressione. Nello spazio interstellare, entro il nostro sistemagalattico, si ha una densità di particelle gassose (principalmente idrogeno) dell’ordinedi un atomo in un cm3; nello spazio intergalattico questa densità è molto minore, manon nulla e, secondo le migliori stime, corrisponde ad un atomo d’ idrogeno in un m3.

Per quanto riguarda l’atmosfera terrestre osserviamo come la pressionediminuisce alzandosi dal livello del mare. La variazione della densità atmosferica conl’altezza è stata determinata con precisione grazie all’uso dei satelliti artificiali. Nellatabella seguente sono riportate la pressione, la temperatura e la densità rilevate allevarie altezze rispetto al livello del mare.

Basso vuoto 105 — 102 PaVuoto medio 102 — 10-2 PaAlto vuoto 10-2 —10-6 PaUltra-alto vuoto < 10-6 PaVuoto estremo < 10-10 Pa

4

Variazione della pressione atmosferica e della densità di particelle in funzionedelle diverse altezze rispetto il livello dei mare

Il vuoto è indispensabile per molte applicazioni ed è quindi necessarioprodurlo a Terra in ambienti o recipienti adatti attraverso opportuni dispositivi.Negli ultimi decenni grandissimi progressi sono stati compiuti nell’ottenimento enella misura di vuoti sempre più spinti. Oggi, si raggiungono pressioni anche inferioria 10-10 Pa in ambienti quali parti di macchine acceleratrici di particelle.Gli obiettivi scientifici più ambiziosi richiedono un costante miglioramento delletecniche di vuoto e portano a grandiose realizzazioni, impensabili sino a qualche annofa’. Attualmente i più grandi impianti d’ultra alto vuoto al mondo sono senza dubbiogli interferometri per la rivelazione delle onde Gravitazionali installati in Italia e negliUSA. Si tratta di tubi da vuoto di diametro superiore al metro e di lunghezza di alcunichilometri a pressioni inferiori a 10-6 Pa.

Il tubo da vuoto da 3 km in direzione Nord dell’interferometro per la rivelazionedelle onde gravitazionali installato a Cascina (Pisa –Italia).

La forte spinta migliorativa è derivata non solo da esigenze puramente scientifiche maanche da precise richieste d’alcuni settori della tecnologia. La tecnica di produzionedel vuoto si applica quindi ad un gran numero d’impianti con necessità di livello divuoto anche molto diverse come appare, a titolo d’esempio, nella tabella 3.

Altezza dal livellodel mare [km]

Pressione [Pa] Temperatura [K] Densità diparticelle [cm-3]

0 1,01325 x 105 288 2,58 x1019

10 3,6 x 104 217 4,10 x 1018

50 85,3 276 2,20 x 1016

100 0,33 x 10-1 207 8,9 x 1012

500 1,3 x 10-5 1550 5 x 107

1000 0,99x10-8 1600 5x105

5

Le molteplici ragioni per cui si desidera produrre il vuoto sono legate allanatura dell’applicazione considerata possono essere:- Impedire processi chimico-fisici causati dall’azione dei gas atmosferici (per es.durante la fusione di particolari metalli reattivi, come il Ti; in tubi termoionici perpermettere un elevato cammino medio degli elettroni, evitare scariche nel gas ereazioni chimiche sul filamento caldo).- Per rallentare i processi di decomposizione organica dovuti ad agenti aerobici (sistemi di imballaggio del materiale organico sotto vuoto)- Accrescere notevolmente il libero cammino medio delle molecole di gas o vaporionde permettere a date molecole, atomi o ioni di raggiungere una superficie o unbersaglio opportuno, senza urti con molecole estranee (ad es. nel processo dimetallizzazione sotto vuoto e nelle macchine acceleratrici di particelle).- Ridurre la frequenza di collisione di molecole e atomi che compongono il gas con lesuperfici per allungare i tempi di contaminazione delle superfici stesse (studi distruttura e composizione di superfici solide, preparazione di film sottili)- Favorire l’isolamento termico eliminando il trasporto di calore per convezione (peres. nei dewars, i contenitori dei liquidi freddi).- Eliminare i gas disciolti contenuti in un dato materiale (per es. degasaggio di oli eliofilizzazione), o i gas adsorbiti su una superficie (per es. "pulizia" di tubi elettronicie acceleratori di particelle).- Ridurre la concentrazione di uno o più gas particolari al di sotto di un livello critico(per es. riduzioni di O2, H2O e idrocarburi in tubi elettronici o in sistemi in cui sistudia la scarica nei gas).-Simulare particolari situazioni fisiche come quelle che occorrono nello spazioplanetario (camere di simulazione spaziale per prove su satelliti e navi spaziali).

Visto l’ampio campo d’applicazione si ritiene importante nell’ambito delcorso di studi in Fisica fornire allo studente alcune nozioni fondamentali di fisica delvuoto e delle tecniche associate.

Nei paragrafi che seguono richiameremo alcuni concetti fondamentali di teoriacinetica dei gas ed introdurremo le grandezze utili a caratterizzare i processi ditrasporto. Quindi illustreremo i principi di funzionamento degli strumenti di misuradel vuoto e degli apparati necessari alla sua produzione.

Applicazione Pressione (Pa)Simulazione spaziale 105 – 10-4

Preparazione di film sottili 10-1 – 10-8

Tubi elettronici (cinescopi,valvole termoioniche, collettori solari) 10-1 – 10-6

Metallurgia (fusioni e leghe sotto vuoto, metallizzazione, ecc.) 105 - 10-1

Macchine acceleratrici di particelle 10-4 – 10-11

Fisica dei plasmi e macchine per fusione nucleare 10-5 - 10-8

Studio di superficie (struttura, composizione) 10-4 – 10-9

Liofilizzazione 101 - 10-1

Isolamento termico 10-1- 10-3

6

Parte IParte I

I FONDAMENTI DEL VUOTO

7

Richiami di teoria cinetica dei gas.

La densità delle particelle di un gas reale (numero di particelle per unità divolume) ed il numero di collisioni per unità di tempo sono in linea di principioparametri utili per descrivere il livello di vuoto di un sistema. Allo scopo di fareprevisioni quantitative su tali grandezze, è necessario sviluppare dei modelli chedescrivano lo stato dinamico dell’insieme di particelle costituenti il gas. La trattazionestatistica di un sistema reale presenta considerevoli difficoltà dovute alla complessitàdei modelli d’interazione tra particelle e tra loro e le pareti del recipiente. Si pensi adesempio al fatto che lo stato delle superfici del recipiente tende a cambiare nel tempo(esso è ad esempio funzione della temperatura); quindi cambia anche la natura delleinterazioni particella-superficie che gioca un ruolo primario nei sistemi da vuoto.Tuttavia, quando si studiano gli stati stazionari di un tipico sistema sotto vuoto, sigiunge alla conclusione che il gas reale residuo ha un comportamento che non sidiscosta in modo sensibile da quello di un gas ideale. In queste condizioni latrattazione statistica dei problemi di trasporto del gas nell’ambito della teoria cineticaè grandemente semplificata.Ricordiamo che l’approssimazione di gas ideale è corretta soltanto quando.- il libero cammino mediol delle molecole del gasdefinito come- la media statistica della distanza che intercorre tra due successive collisioni di unaparticella del gasè molto maggiore delle dimensioni del recipiente che lo contiene. l è quindi uno deiprincipali parametri di riferimento che dovremo considerare per valutare lacorrettezza di tale approssimazione.

La distribuzione statistica delle velocità di un gas ideale.

La distribuzione statistica delle velocità per un gas ideale è nota comefunzione di distribuzione di Maxwell-Boltzmann.Essa, moltiplicata per l’infinitesimo dv, esprime la probabilità di avere una particellacon il modulo della velocità compreso tra v e v+dv.Questa funzione densità di probabilità è stata ricavata esplicitamente nel corso diTermodinamica (vedi ad esempio la trattazione riportata nel C. Mencuccini, V.Silvestrini, parte seconda Cap. VI, par. 3 pag. 638). Ricordiamo qui che taletrattazione è tesa a ricavare le proprietà statistiche di un sistema di particelle libereSupporremo che le particelle siano- indipendenti,- distribuite uniformemente nello spazio- in equilibrio termico- interagiscono tra loro tramite urti elastici (assenza di dissipazioni).

A tali ipotesi è aggiunta quella d’isotropia delle proprietà del gas: in altre parole ladistribuzione statistica delle velocità delle particelle è assunta essere la stessaqualunque sia la direzione dello spazio considerata.L’ipotesi d’isotropia semplifica la trattazione. Poiché il vettore velocità hacomponenti (vx, vy vz) che possono variare con continuità tra –∞ e +∞, per copriretutto il dominio tridimensionale dei possibili valori del vettore velocità, inveced’integrare sul volume d’elemento infinitesimo dvx dvy dvz , potremo utilizzare le

8

coordinate sferiche ed integrare sulla corona sferica infinitesima 4 p v2 dv. L’isotropiaci garantisce che la densità di probabilità non dipende dalle variabili angolari dellecoordinate sferiche.Inoltre la probabilità associata allo stato dinamico della particella deve dipenderesoltanto dal modulo della velocità ovvero dalla sola energia cinetica.

Consideriamo ora due particelle indipendenti d’energia cinetica E1 ed E2. Sequeste interagiscono urtandosi in modo elastico, poiché l’energia complessiva si deveconservare, allora esisterà un nuovo stato caratterizzato da particelle d’energia E1 + Xed E2 – X, dove X è la quantità d’energia scambiata.Essendo il sistema all’equilibrio, gli stati prima e dopo l’urto devono essereequiprobabili. Poiché la probabilità di avere due particelle indipendenti nello statoiniziale caratterizzato da energie E1 ed E2, è p(E1) p(E2) ne segue che la probabilità pdeve verificare la condizione

p(E1) p(E2) = p(E1+X) p(E2-X) Una funzione p(E) che verifica tale uguaglianza per qualunque coppia di valorid’energia è della forma

p(E) =exp(a E) = exp[a (1/2 M v2)]Per convincersi di ciò basta osservare che

exp(a E1) exp(a E2) = exp[a( E1+X)] exp[a( E2-X)]Boltzmann dimostrò inoltre che tale soluzione del problema è unica, ma noi qui nonpresentiamo tale dimostrazione.

La funzione densità di probabilità relativa ai moduli delle velocità dipendequindi dalla funzione esponenziale

f(v) = A exp(a E)Per individuare le due costanti a e A procediamo osservando che- se integriamo su tutti i possibili valori di v la funzione f(v), dobbiamo ottenere lacertezza di individuare la particella, ovvero f(v) deve verificare la condizione dinormalizzazione

4p f (v) v 2dv0

Ú =1- inoltre l’espressione esplicita di f(v) deve ricondurci al risultato (già ottenuto nelcorso di Termodinamica) che l’energia media delle particelle di un gas perfettomonoatomico è connessa alla temperatura del gas

12

M v 2 f (v) 4p v 2dv0

Ú =32

k T

Verificheremo alla fine di questo paragrafo che l’espressione di f(v) così ottenutaconsente di dedurre l’equazione di stato dei gas perfetti. Qui con il simbolo k abbiamoindicato la costante di Boltzmann k= 1.38 10-23 J/K, T è la temperatura del gasespressa in gradi kelvin e M la massa della singola particella costituente il gas (adesempio per l’idrogeno atomico avremo M~1.6 10-27 kg).

Se moltiplichiamo la funzione f(v) per il numero di particelle per unità divolume del gas N otteniamo la densità di volume delle particelle dn=4pNn f(v) v2 dvcon il modulo della velocità compreso tra v e v+dv:

dn = 4 p N f(v) v2 dv = 2 N ( M3 / 2p k3 T3) 1/2 exp[-(v2/vo2) ] v2 dv

dove vo è la velocità per cui è massima la funzione v2f(v)

vo= (2k T/M)1/2

9

Questa è l’espressione della distribuzione delle velocità di Maxwell. In figura èriportato il grafico della funzione di Maxwell-Boltzmann nel caso particolaredell’idrogeno atomico (M=1.6 10-27 kg) per T pari a 100, 300 e 600 K.

0

5 1025

1 1026

1.5 1026

2 1026

2.5 1026

3 1026

3.5 1026

4 1026

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000

dist

ribuz

ione

del

la d

ensit

à [

m-4

s]]

velocità [m/s]

T= 600 K

T= 300 K

T= 100 K

La velocità statistica media vm si ottiene calcolando l’integrale di non semplicerisoluzione di cui qui riportiamo soltanto il risultato finale

vm = v f (v) 4pv 2dv0

Ú = ( 2p

)vo = (8kTpM

)1/ 2

Infine il valore quadratico medio della velocità vrms è pari a

vrms = v 2 f (v) 4pv 2dv0

Ú = (3kTM

)1/ 2

Abbiamo detto che la funzione di distribuzione di Maxwell-Boltzmann èrelativa al modulo delle velocità delle particelle. È importante anche ricordarel’esistenza della funzione densità di probabilità relativa alle componenti delle velocitàlungo gli assi del sistema di riferimento cartesiano (vx, vy ,vz). Per passare da f(v)all’espressione della fx(v) è sufficiente osservare che

-•

Ú-•

Ú fx (v) fy (v) f z(v)dvx-•

Ú dvydvz = f (v) 4pv 2dv0

ÚEsplicitiamo allora l’espressione della probabilità infinitesima

f(v) 4p v2 dv = 2 ( M3 / 2p k3 T3) 1/2 exp[-(v2/vo2) ] v2 dv

Innanzitutto osserviamo che nell’espressione sopra riportata il fattore 4pv2dvrappresenta il volume infinitesimo dello spazio delle velocità espresso in coordinatesferiche (l’ipotesi di isotropia fa si che non vi sia una esplicita dipendenza dallecoordinate angolari). In coordinate cartesiane il volume infinitesimo dello spazio dellevelocità è dato da (dvx dvy dvz ).Notiamo inoltre che la funzione esponenziale dipende dal quadrato del modulo dellavelocità v2=(vx

2 + vx2 +vx

2) e può essere riscritta come il prodotto di tre funzioniesponenziali ciascuna dipendente da una componente del vettore velocità. Ne segue

10

allora che l’integrale in dv si può riscrivere in termini dell’integrale triplo in dvx dvydvz d’argomento

(1/2p) ( M3 / 2p k3 T3) 1/2 exp(-vx2/vo

2 ) exp(- vx2 /vo

2) exp(-vx2/vo

2)

Basterà allora integrare in dvy dvz per ottenere l’espressione esplicita della fx(vx) (edagire in modo simile per ottenere le altre funzioni). Riportiamo qui l’espressione delladensità di particelle per la generica componente cartesiana

dni = N fi(vi) dvi = N ( M /2 p k T) 1/2 exp[-(vi2/vo

2) ] dvi

con i=x, y, z.Vediamo ora di sfruttare questa funzione di distribuzione per ricavare in modo

semplice alcune importanti relazioni.Consideriamo l’interazione delle particelle del gas ideale con le pareti di un

recipiente che per semplicità ipotizzeremo di forma cubica. L’approssimazione di gasideale ci porta ad assumere che nella collisione tra le pareti del recipiente contenenteil gas e le particelle, l’urto è perfettamente elastico e che la variazione di quantità dimoto della particella sia pari a 2 M vi.Sia hi il numero d’urti nell’unità di tempo contro un’area unitaria nella direzione i.Essendo nota la funzione densità di probabilità fi possiamo dedurre esplicitamente hi.Infatti, è sufficiente calcolare il numero di particelle con componente della velocitàcompresa tra vi e vi+dvi contenute in un volume di sezione unitaria ed altezza pari a vi

vi d ni = vi N fi(vi) d vi

e poi integrare su tutti i possibili valori di vi

hi = N vi f i(vi) dvi0

Ú = [N /(2 p )] (2kTM

)1/ 2 = (1/4)Nvm

Con un ragionamento analogo deduciamo ora la pressione esercitata dal gas.Abbiamo osservato che l’impulso trasferito dalla particella alla parete in ciascun urtoè pari a 2Mvi e che le N molecole per unità di volume si muovono isotropicamente intutte le direzioni urtando contro le 6 facce di un ideale recipiente cubico d’areaunitaria. La forza per unità di superficie esercita dal gas contro le pareti del cubo èdedotta calcolando l’impulso totale trasferito nell’unità di tempo alla superficieunitaria dall’insieme delle particelle:

p = (2Mvi) vi dni0

Ú = 2NM vi2 f i(vi) dvi

0

Ú

Dopo un laborioso sviluppo algebrico otteniamo questa semplice espressione dellapressione dipendente dal valore quadratico medio di v

p = 1/3 M N vrms2

avendo utilizzato l’espressione vrms = (3kT/M)1/2 dedotta dalla distribuzione dei modulidelle velocità di Maxwell. Esplicitando la dipendenza della pressione dalla

11

temperatura tramite questa definizione di vrms, riscriviamo l’equazione precedentenella classica forma

p =N k T

Questa è l’equazione dei gas perfetti, (N= n/V è per definizione il numero diparticelle nell’unità di volume). La formula scritta in questa forma è molto utile: inessa è esplicitata la dipendenza da N, dalla pressione e dalla temperatura.

Osservando quest’equazione concludiamo, come d’altronde aveva già fattoAvogadro nel 1811, che qualunque gas che occupa un volume assegnato V, a parità dipressione e temperatura contiene un uguale numero di molecole.Inoltre, nel caso di una miscela di gas che occupa il volume V ed è costituito da n1, n2,…nn particelle di tipo diverso, è possibile separare il contributo di ciascuncomponente della miscela alla pressione totale del gas. Ciò si ottiene definendo lapressione parziale pk associata a ciascun costituente

pk =Nk k T La pressione totale p della miscela è la somma di tutte le pressioni parziali

p=Sk pk= Sk Nk k T

Flusso di materia e cammino libero medio

Per analizzare e discutere le proprietà di trasporto dei gas occorre introdurrealcuni concetti fondamentali quale il flusso F ed il cammino libero medio l delleparticelle.

Consideriamo una superficie S su cui incidono le particelle del gas. Definiamoil flusso F incidente su tale superficie come il numero di particelle per unità di tempoche incidono su essa. In generale definiamo il flusso del campo vettoriale di velocitàdelle particelle come

F(r v ) = N r v ¥ r n SÚ dS

dove

r v è la velocità delle particelle ed

r n è la normale alla superficie nel puntogenerico.

Calcoliamo il flusso delle particelle in un caso specifico. Supponiamo diconsiderare una superficie chiusa S immersa in un gas ideale a distribuzione isotropa.Nel paragrafo precedente, tenendo conto della distribuzione statistica delle velocità edell’ipotesi d’isotropia, noi siamo giunti all’importante conclusione che il numerod’urti delle particelle del gas a pressione p e temperatura T contro una superficieunitaria disposta ortogonalmente all’i-esima direzione è

hi = (1/4) N vm = p / (2 p k T M)1/2

Poiché il flusso è il prodotto della superficie S per il numero di collisioni cheavvengono perpendicolarmente ad essa, giungiamo all’importante risultato,originariamente derivato da Meyer, che

F= (1/4) N S vm = (2 p1/2)-1 N S (2 k T / M)1/2

12

Vediamo ore di valutare il cammino libero medio l , che abbiamo già definitonell’introduzione come la media statistica della distanza che la generica particelladel gas percorre tra una collisione e la successiva.

Indichiamo con w il numero medio di collisioni nell’unità di tempo edosserviamo nel tempo dt come cambia il numero di particelle n che viaggiano tuttelungo la stessa direzione. Per effetto di wdt collisioni il numero delle particelle siriduce di una quantità |dn| proporzionale al numero di collisioni stesse ed al numero diparticelle viaggianti n

-dn = n wdtQuesta è una semplice equazione ai differenziali che possiamo integrare perseparazione di variabile, ottenendo l’andamento del numero di particelle che neltempo t non hanno subito urti:

n=no exp(-wt) = no exp(-wl/v’) = no exp(-l/l)

dove l è lo spazio percorso in assenza di collisione, connesso al tempo t dallasemplice espressione l=v’ t.Volendo dare un’interpretazione probabilistica (in senso “frequentista” ) al rapporton/no, diremo che il prodotto

A exp(-l/l)) dl

rappresenta la probabilità di percorrere un tratto dl in assenza di collisioni.La costante A è esplicitabile imponendo la condizione di normalizzazione dellaprobabilità

A exp(-l /l)dlo

Ú =1

Calcolando l’integrale, deduciamo A= 1/ l. La funzione densità di probabilità del percorso privo di collisioni l è quindi unadistribuzione esponenziale. Il suo valor medio è il parametro l ,il cammino libero medio delle particelle. A puro titolo di verifica si può applicare ladefinizione di valore medio statistico e si ottiene:

1l

lexp(-l /l)dlo

Ú = l

Vediamo ora però di correlare l ai parametri microscopici (massa, diametromolecolare…..) e macroscopici (temperatura, pressione...) del sistema gassoso. Aquesto scopo riferiamoci al modello di gas ideale costituito da particelle sfericheperfettamente elastiche.

Sia D il diametro della particella in movimento. Dovrebbe essere evidente chei centri di due particelle sferiche non possono trovarsi ad una distanza inferiore a Dsenza collidere. Allora tracciamo idealmente nell’unità di tempo un volume dicollisione rappresentato da un cilindro avente come base un cerchio di diametro 2D edaltezza pari alla velocità media delle particelle vm (spazio percorso in media da unaparticella nell’unità di tempo).

13

nm

2 D

Il numero di particelle che cadono in questo volume, rappresenta il numero dicollisioni che avvengono in media nell’unità di tempo: esso è pari a (N vm p D2), epoiché vm è la distanza media percorsa nell’unità di tempo, allora

l = (N p D2)-1

è la distanza percorsa in media dalle particelle tra due collisioni successive.Il suo inverso rappresenta il numero di collisioni. Notiamo che il cammino liberomedio dipende quadraticamente dall’inverso del diametro molecolare D.In realtà questa è una valutazione rozza di l, valida in condizioni d’assolutastazionarietà, supponendo in altre parole che la distribuzione delle molecole del tubonon cambi, o più precisamente che il flusso di molecole entranti ed uscenti dalcilindro sopra considerato non cambi. Inoltre non si tiene propriamente conto delladistribuzione statistica delle velocità. Uno studio più approfondito riducel’espressione data per l di un fattore numerico pari 21/2

l = ( 21/2 N p D2)-1

Tale fattore numerico è diverso se invece di avere molecole con velocità distribuitacasualmente, si hanno particelle tutte con la stessa velocità. Questo è il tipico modelloapplicato al caso di un fluido che scorre in un condotto. In tal caso si ha:

l = 3 / (4 N p D2)

Si noti che tali espressioni variano tra loro per fattori numerici che nonalterano l’ordine di grandezza di l e la sua dipendenza esplicita dai parametri N e D .Poichè nel paragrafo precedente abbiamo dimostrato come N possa essere espresso intermini delle grandezza macroscopiche p e T

N=p/kT

sostituiamo allora N nelle precedenti relazioni ed osserviamo che il cammino liberomedio decresce linearmente con la pressione e cresce con la temperatura

l = ( 21/2p D2)-1 (kT / p)

Nel caso di una miscela di gas definiamo per ciascun componente un camminolibero medio che dipende, ad esempio per una miscela a due componenti,dall’interazione della particella di tipo “1 “ con i membri della sua specie edall’interazione del tipo “2” con l’altra specie:

14

l12 = (1+M1

M2

)1/ 2 N2p4

(D1 + D2)2È

Î Í

˘

˚ ˙

-1

Per una miscela con molti componenti si pu "ò dimostrare che l’inverso del camminolibero medio totale di una componente è ottenibile sommando gli inversi dei singolicammini liberi medi rispetto alle altre specie di gas

1l1t

=1l1ii

Â

Riportiamo in Tabella i valori dei parametri molecolari per alcuni gas. Da questi dati èpossibile quindi dedurre il prodotto della pressione p per il cammino libero medio l .

L’aria è una miscela in cui sono preponderanti l’azoto e l’ossigeno. Per essa avremo

T= 300 K vm ~ 468 m/s ‡ l p ~ 7 10-3 m Pa.

Notiamo che per pressioni più basse di 10-3 - 10-2 Pa, valori per ottenere i quali ènecessario produrre il vuoto, il cammino libero medio è superiore al metro: esso èquindi maggiore o uguale alle tipiche dimensioni di un recipiente da laboratorio. Intali condizioni l’interazione tra particelle diviene rara e meno probabile dellecollisioni tra particelle e pareti del recipiente

Viscosità, conducibilità termica e diffusione di un fluido

Nel trattare i problemi di trasporto dei fluidi non è possibile trascurare ifenomeni dissipativi che accompagnano il moto. Dobbiamo quindi introdurre nelsemplice modello cinetico di gas sinora considerato anche gli effetti d’attrito tra i varistrati di gas e tra quest’ultimi e le pareti del condotto lungo cui avviene il moto delfluido.

La viscosità

Ogni strato di fluido che si muove lungo un condotto esercita sullo stratoadiacente una forza tangente allo strato adiacente. Questa forza tende a decrescere lavelocità dello strato che si muove più velocemente e tende ad aumentare quella dellostrato che si muove più lentamente. Concentriamo la nostra attenzione su una

T i p o d iMolecola

Peso Molecolare Diametro D(nm)

vm (m/s) T= 300 K

l p (m Pa) T= 300 K

H2 - Idrogeno 2.106 0.27 1706 1.23 10-2

He - Elio 4.002 0.22 1255 1.96 10-2

H2O - Acqua 18.02 0.46 592 4.40 10-3

N2 - Azoto 28.02 0.38 475 6.66 10-3

O2 - Ossigeno 32.00 0.36 443 7.20 10-3

Ar - Argon 39.94 0.40 397 7.07 10-3

15

qualunque sezione del condotto e notiamo che la velocità di trascinamento del fluidou cambia in modulo lungo tale sezione. Esiste quindi un gradiente di tale velocitàlungo la direzione trasversa del condotto. Noi supporremo, come fece Newton, chequesta forza riferita all’unità di superficie dello strato sia proporzionale a talegradiente trasversale du/dr

Ft= - h du/dr

dove h è il coefficiente di viscosità che in genere si misura in Poise (gr cm-1 s-1 ) unitàdel sistema c.g.s. Si noti che Ft è più propriamente uno sforzo di taglio perchè sitratta del rapporto tra la forza e la superficie tangente alla forza.

Proviamo ora ad estendere il nostro modello cinetico di fluido al fine dicorrelare il parametro macroscopico h al cammino libero medio l. Consideriamo unfluido che si muove lungo un condotto con velocità di trascinamento u. In altre paroleu si somma vettorialmente alla velocità v dovuta al moto casuale d’agitazione termicadelle particelle del gas. Il vettore u è costante in direzione e verso, ma cambia inmodulo da un punto all’alto di una sezione del condotto. Supponiamo di dividereidealmente il fluido in tanti strati paralleli alla direzione di u il cui spessore è pari alcammino libero medio l.

Facciamo riferimento alla figura. Le molecole che provengono dalla superficie AB edarrivano a CD, in prima approssimazione non subiscono urti, avendo lo strato unadimensione caratteristica pari al cammino libero medio delle particelle. Ciò è veroanche per quelle particelle che arrivano a CD partendo da EF.

Tuttavia, per effetto della viscosità alle molecole dei due strati adiacenticompete in media una diversa quantità di moto. Ad esempio la molecola provenienteda AB ha una quantità di moto pari a [ M (u+v)], mentre quella proveniente da EFche viaggia in senso opposto ha [-M (u+v + 2 l du/dr)].Osserviamo allora che la variazione di quantità di moto nel passaggio da uno stratoall’altro di una molecola è

-2 M l du/dr Per dedurre lo sforzo viscoso dobbiamo considerare quante molecole, provenienti dauna delle due superfici (AB o EF), incidono in media nell’unità di tempo sullasuperficie CD che assumeremo d’estensione unitaria.Supponendo che la velocità di trascinamento del fluido u sia piccola rispetto allavelocità termica delle molecole v, e che sia quindi piccola la perturbazione allo statod’isotropia del moto casuale del fluido, noi possiamo valutare il numerod’attraversamenti per unità di tempo per unità di superficie considerando che lungouna direzione si muovono in media 1/3 N vm particelle contenute nel volume unitarioattraversato nell’unità di tempo. Quindi, se selezioniamo un verso di percorrenza delladirezione scelta, avremo

16

1/6 N vmConcludiamo che

Ft= -h du/dr =- (1/6 N vm) (2 M l du/dr)la viscosità h è pari a

h = 1/3 N M vml

Utilizzando le espressioni esplicite di l = ( 21/2 N p D2)-1 e di vm = (8 k T / p M)1/2

otteniamo

h =23

1p D2

M k Tp

Concludiamo che h è indipendente dalla pressione del gas e cresce con la radicequadrata della temperatura. In effetti, l’andamento linearmente crescente della densitàdi particelle N con la pressione è esattamente compensata dalla dipendenza lineareinversa di l da p.La formula della viscosità che abbiamo ricavato ci suggerisce anche che da misuremacroscopiche di h a temperatura controllata è possibile ricavare il parametromicroscopico D (il diametro molecolare).

Un modello più completo dal punto di vista statistico fu sviluppato dallostesso Boltzmann nel 1881 che ricavò per la viscosità la relazione

h = 0,3502 N M vml

che differisce dalla quella da noi ricavata soltanto per il fattore numerico senzaalterare la dipendenza sia dai parametri macroscopici che da quelli microscopici delfluido.Infine ricordiamo che O. E. Meyer nel suo testo ‘Kinetic Theory of Gases” usa undifferente metodo cinetico di calcolo giungendo ad un’analoga relazione che quiriportiamo

h = 0,3097 N M vml

La conducibilità termica

Con un ragionamento analogo a quello sviluppato per la viscosità possiamo dedurresulla base del modello cinetico la dipendenza della conducibilità termica di un gas daisuoi parametri macro e micro-scopici.Di nuovo consideriamo un gas che, in condizioni stazionarie, è sottoposto ad ungradiente termico spaziale. Supponiamo per semplicità che tale gradiente è uni-dimensionale. Allora immaginiamo il gas diviso in tanti strati di spessore l aciascuno dei quali è associata una differente temperatura. Ne segue che è diversa dazero la derivata della temperatura lungo la direzione perpendicolare al piano deglistrati.

17

Le molecole che partono da EF e traversano CD avranno un’energia cinetica mediapiù bassa di quella associata alle particelle che viaggiano da AB verso CD. Ladifferenza d’energia trasportata nell’unità di tempo attraverso CD è quindi pari alsalto di temperatura

(2 l dT/dz)moltiplicato per la capacità termica associata alle particelle che attraversano lasuperficie (assunta unitaria) nell’unità di tempo

(M cv) (1/6 N vm)Diremo allora che il fluido trasmette attraverso la superficie S una potenza caloricadQ/dt pari a

(1/S) dQ/dt = K dT/dzdove la conducibilità termica del fluido K è pari a

K = 1/3 M N vm l cv

Ricordando l’espressione ottenuta in precedenza per la viscosità, h = 1/3 N M l vm

concludiamo cheK= h cv

Si noti che in questa trattazione abbiamo fatto uso di risultati basati sull’ipotesi ditrattare un sistema all’equilibrio termico. Questo è in contrasto con l’esistenza dipunti nel sistema a diversa temperatura, condizione che abbiamo dovutonecessariamente imporre per ricavare la potenza calorica trasmessa. Questo calcolo ciconsente ricavare la dipendenza di K dalle grandezze micro e macroscopiche delsistema, ma è lungi da essere una trattazione rigorosa.In generale si deduce che

K= e h cv

dove e è un coefficiente che dipende dal fluido considerato. Si noti che in questoregime viscoso K è indipendente dalla pressione del gas.

In regime di flusso molecolare, la viscosità non gioca più alcun ruolo el’interazione dominante è la collisione delle particelle con le pareti del recipiente. InLe molecole, collidendo con pareti a temperatura diversa, trasportano il calore da unpunto all’altro del recipiente. Ne segue che la conducibilità aumenta al crescere delnumero di molecole presenti in quel contenitore e quindi dipende dalla pressione p delgas. Nel paragrafo sui vacuometri a conducibilità termica, nella parte dedicata aglistrumenti di misura di pressione, discuteremo più in dettaglio questo punto.

18

La diffusione

In presenza di un gradiente spaziale stazionario di densità del gas, le particelletenderanno a migrare dalla zona a maggiore verso quella a minore densità. Talefenomeno di migrazione è indicato con il termine d’auto-diffusione.Supponiamo allora di studiare il caso semplice in cui Ë diversa da zero la derivatadella densità delle particelle lungo un’asse ad esempio z, quindi dN/dz

≠ 0.Il numero di molecole che attraversano nell’unità di tempo la superficie infinitesimadx dy perpendicolare all’asse z è espressa dalla relazione.

dn = -ddNdz

dxdy

dove d è il coefficiente d’auto-diffusione che si misura in m2/s.

Ricaviamo ora d utilizzando il modello cinetico di gas e ragionando in modo del tuttoanalogo ai casi trattati per la conducibilità termica e la viscosità.Dal punto di vista statistico, in condizioni stazionarie vi è una preponderanza diparticelle che transitano attraverso la superficie CD dall’alto verso il basso rispetto alviceversa. Andando da EF a CD il numero di particelle che transitano è

1/6 N vmmentre da AB a CD abbiamo

-1/6 (N +2l dN/dz) vm

Avremo quindi che il flusso netto di particelle è

dn = -ddNdz

dxdy = -13

vmldNdz

Per cui, ricordando che h= (1/3) N vm l M deduciamo che

d =13

lvm =h

MN

ovvero, poiché vm=(8 k T/p M)1/2, l = ( 21/2 N p D2)-1 e N=p/kT

d =43

1p

1p D2

(kT)3

p M

Concludiamo che la diffusione è inversamente proporzionale alla pressione p e crescecon la temperatura T.

19

In conclusione abbiamo ricavato le tre grandezze macroscopiche

h = (1/3) N vm l M K= (1/3) N vm l M cv d= (1/3) vm l

che indicano come da misure di conducibilità termica, viscosità e diffusione siapossibile dedurre parametri microscopici quali il cammino libero medio l, checaratterizzano il comportamento cinetico del gas.

Il trasporto di un fluido

Nei sistemi in cui si pratica il vuoto, tipicamente s’instaura una condizione diregime dinamico in cui da un lato vi è continua immissione di gas dovutoall’esistenza di microperdite nel recipiente e/o dal distacco di molecole dalle pareti(fenomeno di degasaggio) e dall’altro un’evacuazione continua da parte delle pompeda vuoto connesse al recipiente.Questo stato stazionario è descritto utilizzando due quantità:

- la portata volumetrica S misurata in (m3 s-1), detta anche velocità dipompaggio

S = dV/dt

che rappresenta il volume di materia che attraversa una superficie nell’unità di tempo- la portata Q, misurata in (m3 Pa s-1 ) ed espressa dalla relazione

Q = d (p V) / dt

Essa è direttamente connessa con il flusso di materia nel recipiente a pressione p.Infatti, ricordando che p=N k T ed in condizioni di isotermia del sistema, si ha

Q = d (NkT V) /dt = kT d(NV/dt) = kT dn/dt

dove dn/dt rappresenta il numero di molecole che attraversano la superficie nell’unitàdi tempo. Quindi, poiché kT è l’energia associata alle particelle, la portata Q, indicatoin inglese con il termine “Gas Throughput”, dà una misura della potenza associata alprocesso di trasporto, ovvero al moto di trascinamento delle molecole del gas. Sinoti che l’unità di misura del sistema MKS (Pa m3 s –1) coincide con il Watt.

Consideriamo stati stazionari del gas nel sistema da vuoto. Per definizione lacondizione di stazionarietà di un fluido implica che il flusso totale attraverso unaqualunque superficie chiusa SC che racchiude il gas sia nullo

FT (Nr v ) = N r v ¥ r n Sc

Ú dS = 0

ovvero considerando un tubo di flusso lungo la parete laterale del quale non si hatrasporto di materia, deve accadere che il flusso di materia entrante da una base deltubo è pari a quello uscente dall’altra base.

20

S1 Slaterale S2

S1 + S2 + Slaterale = SC

Ne consegue che il numero di particelle che attraversano nell’unità di tempo unaqualunque sezione di un tubo di flusso, è costante ed indipendente dall’estensionedella sezione considerata

dn/dt = costante

Se l’impianto da vuoto è a temperatura uniforme ed indipendente dal tempo, allora laportata Q è costante in tutto l’impianto

Q = kT dn/dt = costante

Supponiamo di avere un condotto che collega due recipienti alle pressioni p1 ep2 rispettivamente. In condizioni stazionarie osserveremo che il trasporto dellemolecole del fluido avviene dalla zona a pressione più alta a quella a pressione piùbassa.

Regimi di trasporto e relazioni che esprimono la portata Q in funzione delsalto di pressione

In generale il regime di trasporto è classificato in tre diverse classi sulla basedel valore del rapporto tra il cammino libero medio delle particelle e la dimensionelineare caratteristica del recipiente: ad esempio per un condotto a sezione cilindrica siconfronterà l con il raggio a del condotto.Questo rapporto è denominato numero di Knudsen

Kn = l / a

La classificazione dei vari regimi è la seguente:

- Kn < 0.01 regime viscoso- Kn > 1.0 regime di flusso molecolare- 0.1<Kn<1.0 regime intermedio o regime di transizione

21

Il regime viscoso

A pressioni sufficientemente elevate il meccanismo d’interazione dominante èdato dalle collisioni con le altre molecole: in tal caso si ha il regime di flusso viscoso,e la viscosità del fluido h gioca un ruolo dominante. Tale regime prevaleprincipalmente nella regione del basso vuoto. La difficoltà di modellarematematicamente il problema del trasporto in queste condizioni cresce in presenza divortici nel flusso di materia (regime viscoso turbolento).

La quantità caratteristica che distingue il regime turbolento dal laminare, è ilnumero di Reynolds Re

Re = vm r d / hdove r è la densità del fluido e d il diametro del tubo cilindrico. Generalmente si hache per Re >2200 il regime è turbolento, altrimenti le condizioni di flusso sonolaminari (Re <2200).

In assenza di vortici, vale a dire in condizioni di regime viscoso laminare,quando il profilo dei vettori velocità delle particelle avanzanti in un tubo cilindrico èparabolico, allora il problema del trasporto è trattato sulla base della legge diPoiseuille. Questa legge è ricavata in molti testi di Fisica Generale e Meccanica deifluidi, quindi qui riportiamo solo la relazione che esprime la portata Q:

Q= (pa4/8hL)Pm (p2 –p1)

a è il raggio del condotto di lunghezza L tra i cui estremi è misurato il salto dipressione (p2 –p1). Pm =(p1+p2)/2 è la pressione media nel condotto eh la viscosità del fluido. Concludiamo quindi che in condizioni di flusso viscoso laminare il coefficiente checonnette il salto di pressione (p2 – p1) alla portata Q è una funzione della pressionenel condotto Pm.

Il regime di flusso molecolare.

A bassi valori di pressione, dove il cammino libero medio è più grande delledimensioni del condotto a ( regime molecolare Kn >1) le collisioni delle molecole conle pareti sono assolutamente prevalenti di quelle tra molecola e molecola. Alla lucedella trattazione riportata nel paragrafo precedente, relativa all’interpretazionecinematica della viscosità dei gas, è possibile intuire come quest’ultima quantità nongiochi più un ruolo fondamentale nel trasporto del gas.Infatti, in queste condizioni Knudsen ha dimostrato che la portata Q dipende dallageometria del condotto e dalla differenza di pressione p2 – p1

22

Q = C ( p2 – p1 )

Il coefficiente C prende il nome di conduttanza: essa dipende soltanto dallageometria del condotto e dalla natura del gas che lo attraversa e ha le stessedimensioni della portata volumetrica S (m3/s). L’inverso della conduttanza Z=C-1 èdenominato impedenza del condotto. Tale legge è verificata in regime di flussomolecolare ed è nota come la legge di Ohm della fluidodinamica per la somiglianzaformale con la legge che lega la differenza di potenziale applicata ai capi di unaresistenza elettrica e la corrente che vi scorre. Riassumiamo in tabella l’equivalenzatra grandezze elettriche e grandezze della fluidodinamica.

Discutiamo in dettaglio le ragioni che portaro Knudsen a tale conclusione. Ladimostrazione della legge di Ohm della fluidodinamica è basata sull’ipotesi che ilprocesso d’urto contro le pareti del recipiente sia governato dal caso. Nell’interazionemolecole-superficie in pratica tutto va come se le particelle fossero adsorbite eriemesse in una direzione casuale rispetto a quella di provenienza. Riassumiamoallora le ipotesi statistiche formulate da Knudsen:

- la velocità delle molecole del gas rarefatto sia distribuita secondo la legge diMaxwell-Boltzmann

- la direzione della particella dopo l’urto contro le pareti del recipiente siaindipendente dalla direzione di incidenza

- in particolare egli ipotizza che la probabilità che una molecola dopo l’urtolasci la superficie muovendosi in una delle direzioni contenute in un cono diampiezza q, è espressa da una legge del tipo dP =C sin q dq.

Le molecole che fluiscono nel tubo sono tutte sottoposte ad un moto di trascinamentoche avviene con velocità vT. A questo moto è sovrapposto il moto casualed’agitazione termica. Consideriamo allora gli urti delle molecole contro un’areaunitaria della parete del tubo. Se in ogni urto la direzione delle molecole divienecasuale, allora a ciò è associato un trasferimento d’impulso dal fluido (in moto ditrascinamento) alla parete del tubo. Il numero delle molecole che, a causa dell’agitazione termica, in media nell’unità ditempo urtano contro la parete d’area unitaria, è 1/4 N vm .Allora per valutare l’impulso perso in media dal fluido (DQ) a causa delle collisionicontro la parete del tubo, è necessario moltiplicare

- il numero di collisioni nell’unità di tempo (1/4 N vm )- per la superficie laterale del tubo che, se il tubo è cilindrico, è pari a 2 p R L- per la velocità di trascinamento del fluido (vT)- per la massa della singola molecola (M)

DQ = 1/2 M N p R L vT vm

Differenza di pressione agli estremi di un condotto ‡ differenzadi potenziale ai poli di R

Dp ‡ DV

Portata ‡ corrente elettrica Q ‡ IConduttanza ‡ inverso della resistenza elettrica C ‡ 1/R

23

Questa variazione d’impulso è pari alla differenza delle forze di pressione fluidoesercitata contro le sezioni iniziali e finali del tubo lungo L :

DQ = p R2 (p1 – p2) = 1/2 M N p R L vT vm

Poiché il numero di particelle che passano nell’unità di tempo nel tubo è

dn/dt= N p R2 L vT

la precedente relazione può essere riscritta nella forma

p R3 (p1 – p2) = 1/2 M dn/dt L vm

dn/dt è esprimibile in termini della portata QQ =k T dn/dt

e ricordando cheKT = (p M/8) vm

2

deduciamo l’espressione che lega Q al salto di pressione (p2 – p1)

Q = (p R3 /16 L) vm (p2 – p1)

Calcolo di alcune conduttanze

Il regime molecolare è dominante nei sistemi a vuoto medio-alto ed ultraalto; in queste condizioni quindi la conduttanza è una quantità indipendente dallapressione ed è deducibile in modo esplicito nel caso di geometrie del condottorelativamente semplici.Riportiamo qui l’esempio più semplice di calcolo di conduttanza, ovvero il caso di unrecipiente separato in due scomparti da una parete sottile nella quale è praticato unforo d’area A.Sull’area A provenienti dai due scomparti incidono rispettivamente

dn1 /dt = 1/4 N1 vm A dn2 /dt = 1/4 N2 vm A

A

p1 p2

Il flusso netto è allora

dn/dt = 1/4 (N2 - N1 )vm A

24

Poichè il numero di particelle nell’unità di tempo che attraversa l’area A èdirettamente connesso con la portata Q dalla relazione già citata,

dn/dt = Q / k T

e ricordano al solito che NkT =p, avremo allora

Q= 1/4 (p2 - p1 ) vm A

Quindi la conduttanza C in questo caso è

C= 1/4 vm A

Per geometrie più complesse il calcolo di C è certamente più complicato. Perun tubo lungo di lunghezza L a sezione variabile Knudsen ha dedotto la seguenterelazione per la conduttanza C:

C =43

vm1

h(x)S2(x)

dx0

L

Ú

dove S ed h sono rispettivamente la sezione ed il perimetro della conduttura nelpunto x .Nel seguito riportiamo alcune relazioni a condotti di forma comune. Si abbia adesempio

a) un condotto di sezione costante A e lunghezza L. Sia h il perimetro di tale sezioneA (ad esempio per un tubo cilindrico di raggio R si ha A= p R2, h=2 p R )

Ctubo a sezione costante = [1/4 vm A] [ 1+ (3 L h)/(16 A)]-1

b) un condotto a forma di tronco di cono di lunghezza L, avente le basi circolari diraggi R1 e R2

Ctronco di cono = [4 p R1 2 R2 2 vm] [ 3 L ( R1 + R2 ) )]-1

In generale nei sistemi da vuoto vi è un susseguirsi di elementi di connessione,ciascuno con la sua conduttanza caratteristica. In regime di flusso molecolare leconduttanze di tali elementi, se posti uno di seguito all’altro (elementi in serie), sono

C1 C2 C3p1 p2

25

equivalenti a considerare un’unica conduttanza tale che

Ceq-1 = C1

-1+ C2-1+………+ Cn

-1

Questa relazione ha senso fisico soltanto quando ciascuno degli elementi in seriedetermina una significativa perturbazione alla traiettoria delle particelle del fluido.Consideriamo il caso di due aperture identiche, praticate in pareti sottili l’una moltovicino all’altra rispetto alle dimensioni del recipiente; in questo caso la conduttanzatotale è quella dell’apertura singola.

A1 A2

p1 p2

A1 = A2

Ceq ~ C1 ~ C2

Se poi si connettono due recipienti con due o più condotti posti l’uno in“parallelo” all’altro, abbiamo C1

p1 p2

C2

Ceq = C1 + C2 +……….+ Cn

Gli effetti di superficie: adsorbimento, condensazione, assorbimento e rilascio

La quantità di gas rilasciata dalle pareti può determinare la pressione finale dilavoro a partire da condizioni di vuoto medio. Ad esempio, supponiamo di avere unacamera mantenuta sotto vuoto a 10-4 Pa da una pompa: questo significa avere unadensità di molecole allo stato gassoso di 3 1016 molecole/m3. Un monostrato dimolecole depositato sulla parete della camera contiene circa 5 1018 molecole/m2.In genere il rapporto superficie/volume di un impianto da vuoto può variare da 10-3 m-

1 ad 1 m-1; se supponiamo di avere un rapporto unitario, possiamo notare come ildistacco di un centesimo delle molecole distribuite su 1 m2 di superficie avvenuto

26

nell’unità di tempo, può portare al raddoppio della pressione nella camera o meglio adun rilascio pari al doppio della portata della pompa.Non ci sorprende allora che a questi valori di pressione il pompaggio delle cameresubisce un rallentamento in virtù delle molecole rilasciate dalle pareti e chequest’ultimo fenomeno limiti poi la pressione finale.Tra tutte le molecole che urtano la superficie di una camera da vuoto solo unafrazione vi aderisce concorrendo a formare un monostrato di ricopertura. Diremoallora che le molecole che vi aderiscono sono adsorbite. In generale non tutta lasuperficie è soggetta all’adsorbimento. S’introduce quindi un parametro q, il “gradodi ricopertura”, che rappresenta la frazione di superficie ricoperta.

Nel caso d’adsorbimento le molecole del gas sono intrappolate in una buca dipotenziale prodotta da molecole di natura diversa (quelle della parete). Le molecoledel gas possono legarsi poi debolmente con le molecole della stessa specie giàadsorbite, creando altri strati depositati sulla parete: parleremo in tal caso di fenomenodi condensazione. In pratica si ha un cambiamento di fase dallo stato gassoso alliquido o solido ed ovviamente in tale processo gioca un ruolo fondamentale latemperatura della superficie.

Infine, se le molecole del gas diffondono all’interno della matrice cristallinadella parete o penetrano nelle sue porosità a tal punto da essere occluse, alloraparleremo di fenomeno di absorbimento (o più semplicemente assorbimento). Laquantità di gas che può essere assorbita da una parete dipende dal coefficiente disolubilità e dalla costante di diffusione del gas nel solido. In realtà pochi gasdiffondono significativamente nei materiali solidi, fatta eccezione per l’idrogeno el’elio. Torniamo ora a discutere in maggior dettaglio dell’adsorbimento.

Le molecole allo stato gassoso che si avvicinano alla parete del recipiente avuoto dell’impianto, possono essere attratte o respinte secondo la distanza r a cui sitrovano. La molecola che aderisce alla superficie si trova in uno stato corrispondenteal minimo d’energia potenziale. Possiamo classificare il processo d’adsorbimentosulla base del valore di distanza a cui cade questo minimo:

- adsorbimento chimico rmin= 0.1–0.3 nm- adsorbimento fisico rmin= 0.4 nm

Inoltre, se facciamo riferimento al grafico dell’energia potenziale U della molecolanei due casi, notiamo che, nel caso di adsorbimento chimico, il minimo corrisponde avalori di energia potenziale sensibilmente più bassi.

U Adsorbimento chimicoAdsorbimento fisico

r

27

Nel caso d’adsorbimento chimico (chemisorzione) l’adesione della molecolaalla parete è il frutto della formazione di un legame chimico che implica quindi lamessa in comune degli elettroni di valenza dei costituenti del gas e della parete. Taleprocesso è selettivo, nel senso che dipende fortemente dalla natura del gas e dellepareti con cui interagisce. Inoltre l’adsorbimento chimico è responsabile dellaformazione di uno strato monomolecolare soltanto, poiché esso può aver luogo sino ache vi siano legami di valenza disponibili. È per questo motivo che lo stato legato ècaratterizzato da una buca di potenziale più profonda rispetto al casodell’adsorbimento fisico (fisisorzione).La chemisorzione è spesso accompagnata da rotture di legami chimici conconseguente dissociazione molecolare: a tale processo è associata un’energiad’attivazione Ea. La forma del legame chimico che s’instaura dipende dalla strutturadell’elemento adsorbente e da quello adsorbito e dalla disponibilità di sitid’assorbimento. A titolo d’esempio riportiamo in figura varie possibili formed’adsorbimento chimico nel caso di una molecola di CO sul reticolo metallico M.

O O || || C C O C=O C || || || | | / \

-M-M-M-M- -M-M-M-M- -M-M-M-M- -M-M-M-M-a) b) c) d)

Nel primo caso da sinistra a) la molecola di CO occupa un sito d’adsorbimento, neglialtri casi due siti. Nel caso b) abbiamo poi un esempio di dissociazione molecolare.

L’ adsorbimento fisico (detto anche di Van der Waals) è determinato dall’azionedi forze d’interazione più deboli quali

a) interazioni tra i dipoli elettrici permanenti delle molecole adsorbite,b) forze di polarizzazione, legate alla distorsione della distribuzione di carica

nelle molecole adsorbitec) forze repulsive a corto raggio: esse nascono quando si ha compenetrazione

delle nuvole elettroniche degli atomi interagenti. Per questo sono repulsive edhanno un ruolo rilevante solo a corta distanza

d) forze di dispersione che traggono origine dai momenti elettrici indotti dallenuvole elettroniche delle molecole o degli ioni adiacenti in movimento.

Le forze del tipo c) e d) sono sempre presenti. Alle forze di dispersione è associataun’energia potenziale che, secondo il modello di London, ha un andamento con ladistanza del tipo

UA= - c / r6

dove c è una costante che dipende dalle proprietà fisiche degli atomi, quali la loropolarizzabilità.Le forze repulsive a corto raggio sono rappresentate dalla relazione empirica

UC= b / r12

28

dove b è una costante caratteristica del sistema interagente.Sommando Uc e U A otteniamo la funzione potenziale complessiva che rende contodell’esistenza di un valor minimo Uo in corrispondenza della distanza ro. In generalela funzione potenziale viene riscritta nella forma nota come potenziale di Lenard-Jones

UC=Uo [ ( ro / r)12 - 2 ( ro / r)6]

L’esistenza di questo minimo nel potenziale implica che gli atomi (o molecole)adsorbiti perdono il grado di libertà traslazionale verticale alla superficie, ma in lineadi principio possono ancora traslare parallelamente ad essa. Il loro insieme è quindimodellabile come un gas bidimensionale. In realtà questo è vero se il gas adsorbito haancora sufficiente energia termica da poter scorrere lungo la parete adsorbente. Abassa temperatura questo non è più vero e quindi gli atomi (o molecole) mantengonosolo i gradi di libertà vibrazionali, in altre parole oscillano attorno ai loro rispettivi sitid’adsorbimento.

Queste considerazioni ci portano a concludere che l’adsorbimento (sia chimicoche fisico) comporta una riduzione dei gradi di libertà delle particelle del gas. Questoimplica da un punto di vista macroscopico, che a parità di temperatura si ha unavariazione negativa dell’entropia S. Se ne deduce che l’adsorbimento è accompagnatoda una variazione negativa d’entalpia DH (DH rappresenta il calore scambiato dal gascon la parete). Ciò significa che quando una molecola passa dalla fase gassosa aquella adsorbita viene liberato calore. In altre parole il processo d’adsorbimento èesotermico. Il fenomeno opposto, ovvero il rilascio di molecole dalle pareti, dettodesorbimento o rilascio, avviene con assorbimento di calore da parte del gas.La probabilità d’adsorbimento pa è esprimibile dal rapporto

pa = (ua /N’)

dove ua è il numero di molecole adsorbite nell’unità di tempo, N’ è il numero d’urtinell’unita di tempo contro la parete

N’ = p / (2 p M k T )1/2,

Il valore della probabilità è molto diverso se si considera il caso d’adsorbimento fisicoa bassa temperatura dove si ha pa ~ 1, o d’adsorbimento chimico dove possiamoavere valori anche molto minori dell’unità nel caso in cui ci sia già un’accentuataricopertura delle pareti con conseguente saturazione dei siti d’adsorbimento. In questocaso la probabilità è una complessa funzione del parametro di ricopertura q e dipendedall’eventuale energia d’attivazione Ea necessaria alla formazione dei nuovi legamichimici. Essa è esprimibile in termini delle grandezze fisiche sinora introdotte nellaforma

pa = fa(q) exp(-Ea / R T)

dove con R= 8.3146 J K-1 mole-1 abbiamo indicato la costante di Reydelberg dei gas.fa(q) assume forme diverse a seconda della mobilità dell’adsorbato e del tipod’adsorbimento. I vari modelli d’adsorbimento sono basati su ipotesi concernenti la

29

struttura analitica di questa funzione. Sulla base di queste ipotesi su fa(q) si calcolal’andamento velocità d’adsorbimento ua,

ua = [ p / (2 p M k T)1/2] fa(q) exp(-Ea /RT)

essendo tale quantità direttamente confrontabile con i dati sperimentali.Le molecole o gli atomi adsorbiti possono ritornare nella fase gassosa. Esiste quindiun tempo t di permanenza caratteristico dell’adsorbato sulla superficie. Esso è legatoal calore liberato nel processo e viene espresso tramite l’equazione di Frenkel

t = to exp(-DHa /R T)

to è il periodo d’oscillazione caratteristica dell’atomo (o molecola) attorno al sitod’adsorbimento (in pratica si assume pari al tempo di vibrazione caratteristicodell’atomo adsorbente, 10-14 – 10-12 s). t dipende esponenzialmente da DHa, quindivariazioni di un ordine di grandezza nell’entalpia si riflettono in cambiamenti enorminel tempo di permanenza dell’atomo nel sito d’adsorbimento. Ad esempio a T=298K, assumendo to ~10-13 s, i t ottenuti nel caso in cui si ha DHa 1 = -4.19 102 J/mole eDHa 2 = -1.25 105 J/mole è

t1 ~ 10-13 s t2 ~ 109 s ~ 100 anni

I siti di adsorbimento che diventano liberi sono poi disponibili ad accogliere nuoveparticelle del gas. In condizioni stazionarie s’instaura un equilibrio dinamico traparticelle adsorbite e quelle rilasciate che determina la pressione limite raggiuntanell’impianto a vuoto.

Il rilascio o desorbimento è caratterizzato da un’energia d’attivazione Ed datada

Ed=-DHa+ Ea

dove Ea è l’energia d’attivazione della chemisorzione. Il tempo di permanenzadell’atomo sul sito è allora dato da

t = to exp[-(Ea -DHa) /R T]

e la velocità di rilascio ha una forma analoga a quella della velocità d’adsorbimento

ud = K fd(q) exp(-Ed /RT)

dove fd(q) rappresenta la frazione di siti disponili al rilascio e K è una costante diveloci"tà.

30

Tabella 4Calori d’adsorbimento di gas su metalli in forma di film evaporati. Il fattore di ricoprimento èassunto q = 0.

Dalle considerazioni fatte in precedenza è evidente che, per accelerare ilrilascio delle molecole adsorbite occorre fornire energia alle pareti. Ciò è fatto neimodi più disparati, quali il bombardamento della superficie tramite particelle caricheo radiazione elettromagnetica. Il modo più semplice, suggerito da tutte le relazioniscritte in precedenza ed applicato sistematicamente nei sistemi d’alto vuoto, è ilriscaldamento delle pareti dell’impianto. Questa operazione è indicata con il terminetecnico di “degasaggio” (ottenuto storpiando la parola inglese degassing). Negliimpianti d’alto vuoto tale operazione è ritenuta indispensabile ed è attuata riscaldandol’impianto tra i 200 oC e i 450 oC per ore o addirittura per diversi giorni secondo lapressione finale d’esercizio dell’impianto. In genere ciascuna parte dell’impianto ètrattata separatamente prima dell’assemblaggio; inoltre la scelta dei materiali, lo statodelle superfici ed il tipo di guarnizioni giocano un ruolo decisivo nel limitare ifenomeni d’adsorbimento e assorbimento facilitando il degasaggio.Tuttavia, se da un lato l’adsorbimento costituisce un aspetto negativo per ilraggiungimento di un alto vuoto, dall’altro esso è abilmente sfruttato in alcuni casifondamentali.L’adsorbimernto fisico è alla base delle pompe chiamate comunemente criogeniche.Quando bisogna evitare l’utilizzo di pompe che lasciano negli impianti tracced’idrocarburi (back stream dell’olio utilizzato dalle pompe), allora si opta per questisistemi basati sull’uso di polveri o granuli di materiale raffreddati a bassa temperaturaSono materiali porosi che hanno un alto rapporto superficie/volume. Ad esempio leZeoliti sono portate a 77 K (temperatura d’ebollizione di N2 a pressione atmosferica),mentre le temperature d’esercizio delle pompe a carbone attivo sono tipicamente piùbasse (da 4 a 20 K).L’uso delle basse temperature è cruciale perché come abbiamo visto i legami dovutialle forze di Van der Walls della fisisorzione sono deboli e quindi l’energia termica

Gas Metallo ( film sottile) - DHa (J/mole)Idrogeno molecolare H2 Tantalio Ta 1.9 105

Idrogeno molecolare H2 Molibdeno Mo 1.7 105

Idrogeno molecolare H2 Tungsteno W 2.2 105

Ossigeno molecolare O2 Titanio Ti 9.9 105

Ossigeno molecolare O2 Niobio Nb 8.7 105

Ossigeno molecolare O2 Tantalio Ta 8.9 105

Ossigeno molecolare O2 Molibdeno Mo 7.2 105

Ossigeno molecolare O2 Tungsteno W 8.1 105

Azoto molecolare N2 Tantalio Ta 5.9 105

Azoto molecolare N2 Tungsteno W 3.8 105

Ossido di carbonio CO Oro Au 3.8 104

Ossido di carbonio CO Ferro Fe 1.3 105

Ossido di carbonio CO Nichel Ni 1.5 105

Etilene C2 H4 Tantalio Ta 5.8 105

Etilene C2 H4 Tungsteno W 4.3 105

31

delle molecole deve essere ridotta in modo da consentire l’intrappolamento nella bucadi potenziale del sito d’adsorzione.

L’adsorbimento chimico trova applicazione in diversi tipi di pompe dette“getter”, la cui utilità è notevole soprattutto se i gas da adsorbire sono attivi. Talipompe sono costituite da sottilissimi strati di metallo quali Ti, Ba, Zr, Ta o leghecome Zr-Al, Ti-Zr che sono portate ad una temperatura d’esercizio tra i 20 oC e 400oC. Il titanio (Ti) è impiegato spesso in sistemi che sono destinati a sopportarenumerosi cicli di pressione tra la condizione di vuoto e quella di pressioneatmosferica, mentre il bario (Ba) lo troviamo depositato all’interno di piccoli sistemida vuoto, come le valvole elettroniche e i tubi a raggi catodici dei cinescopi che, unavolta costruiti, restano sotto vuoto tutta la loro vita.

Infine ricordiamo che l’adsorbimento chimico è un processo selettivo e questaproprietà è sfruttata nel processo di purificazione dei gas rari. Questi ultimi sonogeneralmente i gas nobili che non reagiscono con i “getter” che al contrario adsorbonole impurezze presenti nel gas.

Velocità di pompaggio e portata.

In precedenza abbiamo definito le due quantità S e Q. Tuttavia, dopol’introduzione del concetto di conduttanza C che apparentemente ha le stessedimensioni di S, è bene far notare che si tratta di concetti ben diversi. La velocità dipompaggio Sp associata ad una macchina che produce il vuoto è definitaoperativamente misurando il volume di gas che transita nell’unità di tempoattraverso la sezione che delimita l’imbocco della pompa. Lungo i punti di quellasuperficie la pressione pp è definita in modo univoco e ne consegue l’espressionedefinente Sp in funzione della portata Q

Sp = Q/pp

Si noti allora la differenza concettuale con la definizione di conduttanza C: in questocaso stiamo considerando un condotto ai capi del quale è applicata una differenza dipressione Dp. C è definita come il rapporto tra la portata Q ed il salto di pressione aicapi del condotto.

In realtà, quando una pompa è connessa ad una camera da vuotare, la suavelocità effettiva d’aspirazione non è costante.

Infatti, alla portata Q associata al trasporto delle molecole del gas aspirato via dalrecipiente verso la pompa occorre

- sommare la portata Qo il trasporto di materia “entrante” nel recipiente, dovutoal fenomeno di degassamente delle pareti e

- sottrarre l’inevitabile flusso all’indietro (back stream) dalla pompa verso ilrecipiente Q b.s, la cui entità dipende dalla tensione di vapore dei fluidipresenti nella pompa.

Qb.s.

32

Vediamo allora come si modifica Sp tenendo conto di questi effetti. La portatacomplessiva, misurata all’imbocco della pompa, è

Q + Qo – Qb.s.= p Sp

Ponendo

Q = p Sp(tot) Qo - Q b.s= plimSp

dove plim è la pressione limite della pompa, otteniamo l’effettiva velocità dipompaggio:

Sp(tot) = Sp ( 1 - plim / p )

Andamento nel tempo della pressione durante la fase di pompaggio.

Vediamo ora di ricavare qual è l’andamento nel tempo della pressione di unrecipiente di volume V, quando ad esso è attaccata una pompa avente una velocità dipompaggio nominale indipendente dal tempo Sp.Supporremo il gas contenuto nel recipiente in condizioni isoterme, quindi

kT dn/dt = d(pV) / dt = p dV/dt + V dp / dt = V dp /dt

L’ultimo passaggio di questa sequenza deriva dall’aver osservato che il gas occupasempre il volume V del recipiente in qualunque momento del pompaggio.Le molecole del gas che nell’unità di tempo abbandonano il recipiente (- dn), entranonella pompa di portata Q alla pressione p, per questo formalmente scriveremo:

Q = p Sp = kT dnp /dt = - kT dn/dt = - V dp/dt

avendo indicato con dnp il numero di molecole estratte dalla pompa ed avendoassunto per ovvie ragioni di conservazione della materia dnp = - dn.Ne segue che

p Sp = - V dp/dt

Nell’ipotesi Sp =costante, questa equazione è risolvibile per separazione di variabiliottenendo

p(t) = p(0) exp(-t/t)

dove t = V/ Sp è il tempo caratteristico di svuotamento e p(0) il valore dellapressione all’istante iniziale.

Se si tiene conto dell’effetto di degassamento del recipiente e dell’esistenzadi una pressione limite plim, allora dovremmo modificare la relazione precedenteimponendo che

p Sp (tot) = - V dp/dt = p Sp ( 1- plim / p)

33

che sviluppata porta all’equazione a variabili separate

dp / ( p- plim) = - ( V / Sp) dt

che ammette come soluzione

p(t) – plim = [p(0) - plim] exp (-t/t) ~ p(0) exp (-t/t)

essendo tipicamente p(0) >> plim.

La velocità di pompaggio efficace

In genere le specifiche pubblicate dai costruttori di pompe da vuoto indicanol’andamento della velocità di pompaggio in funzione la pressione nella condizione incui la pompa è opera chiusa su se stessa. In fase di reale utilizzo dell’oggetto, occorrestudiare in modo accorto le limitazioni introdotte dai condotti di connessione perprevedere in modo corretto quale Ë il tempo di svuotamento caratteristico del sistemae la pressione a cui si riesce a portare la camera da vuoto.È allora molto pratico utilizzare il concetto di portata volumetrica efficace Sef f (ovelocità di pompaggio efficace) che consente di includere nella velocità di pompaggiodella pompa anche l’effetto della presenza delle conduttanze dei tubi di connessionealla camera da vuoto. Definiamo ora questa nuova quantità e ricaviamo la suadipendenza da Ctot e S p. In condizioni stazionarie del sistema pompa – camera davuoto la portata Q assume ovunque lo stesso valore. Sia p la pressione nella camera epo la pressione all’imbocco della pompa.Definiamo la velocità di pompaggio efficace Seff

Seff =Q / p

Trattiamo ora il problema del trasporto del fluido nel modo in cui abbiamo imparato afare in precedenza e scriviamo che

po Sp = Q = Ctot (p-po) = p Seff

Sostituendo po = p (Seff / S p) otteniamo

Ctot [1-(Seff / Sp )] = Seff

da cui

Seff-1= Ctot

-1 + Sp-1

Questa formula consente di valutare quanto la conduttanza della connessionecondiziona la portata efficace della pompa.

34

Metodi di misura della velocità di pompaggio.

Riportiamo brevemente i metodi usuali per la determinazione della velocitàd’aspirazione delle pompe.

Metodo a volume costante.

Questo metodo è applicabile per misurare piccole velocità d’aspirazione. Inquesto caso la pompa è collegata ad un gran recipiente di volume V e si osserva ladiminuzione esponenziale di pressione nel tempo durante la fase di svuotamento.In realtà la velocità misurata è quella effettiva, quindi l’andamento p(t) è

p(t) ~ p(0) exp (-t/t) + plim

Inoltre, se la conduttanza di collegamento ha un valore C comparabile alla velocità dipompaggio allora il tempo caratteristico misurato, è

t = V Seff-1=V ( C-1 + Sp

-1)

Conoscendo V e C si deduce Sp dalla misura del tempo caratteristico t.

Metodo a pressione costante.

Per grandi velocità d’aspirazione la variazione di pressione nel tempo ètroppo rapida e difficilmente si riesce a dedurre l'andamento esponenziale dellafunzione p(t). In tal caso si presta bene il metodo indicato in Figura. In essa èdisegnato un recipiente di volume V connesso alla pompa di cui si deve misurare lavelocità di pompaggio.

La camera da vuoto V è connessa ad un tubicino di vetro tramite una valvola adapertura micrometrica (valvola a spillo). La valvola consente di regolare lapressione della camera ad un valore costante. Il tubicino di vetro contiene una gocciadi mercurio. In fase di pompaggio, l’aria aspirata muove la goccia. Monitorandoquesto movimento si deduce la velocità del fluido aspirato dalla pompa.

Un esempio di calcolo di un sistema da vuoto.

Supponiamo di avere a disposizione una pompa da vuoto che, alla pressione po=10-6 mbar ha una portata volumetrica (indicata spesso dai costruttori di pompe davuoto come velocità di pompaggio) S =100 l/s. La pompa è connessa ad una cameraa vuoto tramite, un tronco di cono e due condotti cilindrici disposti a L . Ledimensioni dei condotti sono riportate in figura. Vogliamo dedurre qual è lapressione finale p1 a cui si porta la camera da vuoto a regime.

35

Si noti l’uso d’unità di misura diverse da quelle del sistema internazionale. Si trattadell’usuale problema in cui il fisico si trova ad operare partendo da dati forniti dagliingegneri delle case costruttrici di materiale da vuoto.

c b

Pompa po R1

a

R2= 2 R1 = 3 cm p1 2 R2

a = b = 30 cm c= 10 cm Camera da vuoto

Calcoliamo innanzitutto la conduttanza equivalente del condotto, comesomma delle conduttanze dei due cilindri e del tronco di cono. Assumiamo che il gaspompato sia aria a 300 K (vm= 468 m/s) abbiamo C cilindro = 0.070 m3/s, Ccono = 0.088m3/s e quindi

Cequivalnete = (2 Ccilindro-1 + Ccono –1)-1 = 0.025 m3/s = 25 l/s

Facciamo notare come in questo caso il valore della conduttanza è più basso dellavelocità di pompaggio della pompa a disposizione. Questo, come vedremo dal valorefinale di p1, si riflette in modo significato sullo stato d’equilibrio dinamico delsistema.La portata della pompa per po = 10-6 mbar = 10-4 Pa è

Q = po S =1 10-4 mbar l/s

Ne segue che

p1= po +Q/Cequivalente = 5 10-6 mbar = 5 10-4 Pa

Questo semplice esempio c’insegna immediatamente che non conviene connettere lacamera da vuoto ad una pompa avente S >> Cequivalente, perché il costo della pompacresce al crescere di S e con queste connessioni di pompaggio non usufruiremo dellasua elevata portata volumetrica. Va detto altresì che il precedente calcolo dellaconduttanza totale del sistema è stato semplificato: non abbiamo tenuto conto dellaconfigurazione a “gomito” dei due tubi cilindrici che sono montati in forma di L“rovesciata”. Noi abbiamo calcolato la conduttanza come se fosse la serie di due tubicilindrici messi in linea: in realtà, nel caso del gomito, le molecole del gas devonourtare almeno una volta la parete del tubo per poter percorrere tutto il condotto. Uncalcolo più accurato in cui si tiene conto dell’effettiva dinamica del fluido nei tubi ad

36

L, porta ad un aumento della conduttanza complessiva. In pratica tutto va come se idue tubi fossero ancora in linea uno rispetto all’altro, ma ad essi è associata unalunghezza equivalente Leq pari a

Leq = L+(8/3) R

dove R è il raggio interno dei tubi cilindrici.

Vediamo allora di concludere questo paragrafo affrontando in concreto laquestione del degassamento della camera da vuoto. Riferiamoci di nuovo all’esempiocitato in precedenza della camera da vuoto con 5 1014 molecole/cm2 depositate sullasuperficie delle pareti ed avente un rapporto volume/superficie dell’ordine di 1. Ilflusso di particelle rilasciato da uno strato di molecole N adsorbite per unità disuperficie è proporzionale a N ed inversamente proporzionale al tempo caratteristicodi rilascio t.

In generale il flusso specifico [(d N /dt) (1/ N)] è esprimibile come

(d N /dt) (1/ N) ~ [ to exp(Ed /RT)]-1

Assumendo to~ 10-13 s (valore di riferimento per un ampio numero di sistemi), e Ed ~|DHa| ~ 1 105 (J/mole), il flusso specifico è dell’ordine di 10-4, che corrisponde,tenuto conto del rapporto unitario volume/superficie del contenitore da vuoto, adun’immissione nella camera di ~ 5 1010 molecole cm-3 s-1. Supponendo di avere unacamera di 1 m3, la portata associata è

Q = k T dn/dt ~ 2 10-4 Pa m3/s

essendo n il numero di molecole che fluiscono nella camera.Tale flusso di materia deve essere compensato dalla pompa che aspira il fluido, quindiconverrà evacuare i gas desorbiti a pressioni di 10-3 - 10-4 Pa per non utilizzare lecostose pompe con alte velocità di pompaggio S = Q/p.

37

Parte IIParte II

LA MISURA DELLA PRESSIONE NEGLI IMPIANTI DA VUOTO.

38

Esistono decine di metodi e di dispositivi atti a misurare la pressione residuama soltanto pochi di questi sono largamente utilizzati. Gli strumenti che misurano lapressione sono detti manometri. Essi possono distinguersi in strumenti atti a misurareil valore assoluto della pressione, manometri assoluti, o la differenza di pressione tradue punti o due ambienti specifici, manometri differenziali.

Vediamo innanzitutto di presentare i manometri assoluti che misurano lapressione nell’intorno di quella tipica dell’atmosfera terrestre: tali strumenti sono dettibarometri.

Barometri

Il barometro più semplice è mostrato in figura. In linea di principio èsufficiente rovesciare un tubo pieno di liquido in modo che la sua apertura siaimmersa nel liquido del contenitore a più gran sezione. L’altezza del liquido nel tuborovesciato è una misura della pressione p esercitata dal gas sulla superficie delcontenitore più grande. Infatti, per la legge di Stevino la pressione è proporzionaleall’altezza h del liquido

p = rgh

dove r è la densità del liquido la sua altezza e g l’accelerazione di gravità.

h

Affinché si possa dedurre p dalla misura di h , occorre conoscere g er. Si noti che queste quantità non sono costanti: la prima varia con la latitudinementre la seconda è funzione della temperatura. Inoltre in linea di principio occorrecorreggere le misure per l’effetto della pressione residua di gas intrappolato nellaparte alta del tubo rovesciato.

Il manometro assoluto meccanico più comune è il barometro aneroide: ilprincipio su cui si basa è quello di contrapporre una forza elastica alle forze dipressione. Nella sua versione più semplice (vedi figura) è una scatola d’acciaio (S)sottile in cui si è praticato il vuoto. Si tratta di un cilindro basso a base larga ed apareti ondulate onde aumentare la superficie esposta. Una robusta molla (R) connessaal cilindro evita che quest’ultimo si schiacci per effetto della forza dovuta allapressione atmosferica. Una base della scatola è fissata al supporto dello strumento(A), cosi che ad ogni variazione della pressione atmosferica la scatola si espande o sicontrae. Un sistema di leve (C) amplifica tali variazioni dimensionali e le trasforma inrotazioni di un indice su una scala graduata.

39

Sebbene barometri di concezione simile fossero stati proposti in precedenza, ilbarometro aneroide di tipo classico fu messo a punto dal francese Lucien Vidie (1805-1866) negli anni quaranta del XIX secolo.

Lo strumento va tarato mediante confronto con un barometro assoluto a liquido dimercurio, ponendo ambedue i barometri sotto una campana da vuoto in cui si varia lapressione con l’ausilio di una pompa. La sensibilità può essere di 10 Pa (~ 0.1mmHg), ma la precisione arriva raramente a 100 Pa (~1 mmHg). I barometri possonoanche servire per misurare l’altezza sul livello dei mare (altimetri) poiché la pressioneatmosferica varia con l’altezza. Riportiamo anche la foto di un barometro assolutobasato su questo principio: si tratta di un misuratore particolarmente diffuso incommercio reperibile nei negozi che vendono articoli inerenti alla meteorologia.

Misuratori di basse pressioni

Gli strumenti che misurano pressioni inferiori a quell’atmosferica, sonodenominati vacuometri. Per le applicazioni concernenti il vuoto, si tratta di coprire unvastissimo intervallo di pressioni da 105 a 10-9 Pa. Occorre allora concepire strumentidi natura diversa, basati in altre parole su differenti proprietà dei gas rarefatti, percoprire un intervallo di quattordici ordini di grandezza. Generalmente possiamoaffermare che lo strumento di misura è tanto più complesso quanto più il gas è

40

rarefatto. Tipicamente esso è utilizzato in uno specifico intervallo di pressione al difuori del quale lo strumento non fornisce valori significativi.

I vari tipi di vacuometri possono essere raggruppati sia sulla basedell’intervallo di pressione in cui operano, sia secondo il criterio del principio fisicosu cui si basa lo strumento. Noi abbiamo già presentato i barometri, misuratori dipressione basati sulla misura diretta della forza di pressione. Esistono, in effetti,analoghi vacuometri basati sullo stesso principio. Altri strumenti determinano lapressione mediante la misura d’alcune proprietà fisiche dei gas residui nel recipientein cui è praticato il vuoto, come la viscosità, la conducibilità elettrica, o mediantel’applicazione dell’equazione caratteristica dei gas. Infine, per intervalli di pressioneparticolarmente bassi, esistono strumenti basati sulla misura delle correnti elettricheassociate al gas residuo ionizzato.Vediamo allora una tabella riassunta di vacuometri, classificati secondo il principiofisico alla base del loro funzionamento.

Vacuometri basati sullamisura di una forza

Vacuometri aconducibilità termica

Vacuometri a ionizazzione

Manometro a tubo ad UVacuometro McLeodVacuometro BourbonManometro capacitivo

Manometro piezo-resistivo

PiraniTermocoppia

Vacuometri a scaricaVacuometri a catodo caldo

Vacuometri a catodofreddo

Questa tabella è ben lontana dall’essere esaustiva dei tipi di vacuometri esistenti,tuttavia cerca di racchiudere quelli più comunemente utilizzati. Descriviamo nelseguito il principio di funzionamento della maggior parte di questi strumenti.

Vacuometri a diaframma

I misuratori di pressione, basati sull’effetto di deformazione meccanica dellaparete sottile di un recipiente a tenuta d’aria, hanno subito un’evoluzione legata allosviluppo della tecnologia. Il vacuometro capacitivo a diaframma è basato sullo stessoprincipio del barometro aneroide ed in aggiunta sfrutta la variazione di capacitàelettrica di un condensatore per misurare gli spostamenti della parete sottile dellascatola (diaframma) che si deforma quando la pressione esterna alla scatola a tenuta èdiversa da quell’interna.

Il manometro Bourbon è costituito da un involucro a tenuta di vuoto con unaparete costruita di materiale trasparente che consente di traguardare una scalagraduata ed un indice. L’elemento fondamentale dello strumento è un tubicino di

41

materiale metallico che si deforma elasticamente sotto l’azione della differenza dipressione che si viene a creare tra l’interno del tubo e il recipiente a tenuta che locontiene. Il tubetto è curvo ed uno dei suoi estremi è connesso, tramite un sistema dileve, all’indice che scorre sulla scala graduata. Sotto l’effetto della differenza dipressione tra l’esterno e l’interno del tubo, il tubo si deforma e la deflessione della suaparte terminale è trasformata in moto di rotazione dell’indice dall’apposito sistema dileve. I manometri Bourbon sono molto utilizzati in ragione del loro basso costo.

Una variante del manometro Bourbon è quello di Blondelle dove il tubicino ècorrugato per aumentare l’elasticità e la superficie che risente della differenza dipressione, e quindi la sensibilità dello strumento.Esistono dei Bourbon piccoli, con il diametro della scatola cilindrica esternadell’ordine di 5 cm, che possono funzionare da pressione atmosferica (105 Pa) sino a10 mbar (103 Pa). Quelli più grandi e più costosi, hanno un diametro dell’ordine di 25cm ed arrivano a coprire sino ad 1 mbar (102 Pa).

Infine dobbiamo necessariamente ricordare che con l’avvento dellaminiaturizzazione sono stati sviluppati dei sensori piezo-resistivi robusti ed a bassocosto. Un piccolo volume pressurizzato a bassa pressione è chiuso a tenuta da undiaframma; su esso è depositato il materiale piezo-resistivo in modo da formare unponte di Wheatstone di resistenze (vedi oltre quando parleremo dei vacuometriPirani).

Il materiale piezo-resistivo ha la proprietà che, se sottoposto a sforzo meccanico,cambia la sua resistività elettrica. Con le tecniche di costruzione dei componentielettronici si riesce allora ad integrare in un solo chip questo piccolo sensore dipressione con l’elettronica di rivelazione, ottenendo uno strumento robusto ed a bassocosto.

42

Manometri differenziali a tubo ad U.

Un esempio di manometro differenziale è il manometro ad aria libera. Essomisura la differenza di pressione fra un determinato ambiente e l’atmosfera. Sirappresenta schematicamente con un tubo ad U riempito di un liquido di densità nota(ad es. mercurio), i cui estremi sono uno in comunicazione con l’ambiente a pressioneincognita e l’altro con l’aria. La differenza di pressione è proporzionale al dislivello hdel liquido fra i due rami.

Dp = rgh

Vacuometri di Mc Leod

Nella figura I riportiamo lo schema generale del vacuometro di Mc Leod;nella figura accanto (II) vi è un doppio ingrandimento della parte dello strumentocruciale ai fini della misura. Questo vacuometro viene in genere adoperato per lamisura assoluta di basse pressioni. Il principio di funzionamento dello strumento èmolto semplice: esso si basa sulla compressione isoterma di un dato volume di gasche da una pressione p1 ed un volume V1 iniziali passa ad una pressione p2 ed unvolume V2 finali. Dalla conoscenza della pressione finale e dei volumi in gioco èpossibile ricavare, mediante la legge di Boyle, la pressione incognita.

Fig. I Fig. II

43

Il sistema è costruito in vetro e si biforca nel punto M (vedi figura I ) in duerami. Uno di questi porta ad un bulbo V, di volume noto, a cui è saldato un capillareK di sezione costante chiuso alla "sommità. L’altro ramo è costituito da un tubo C checomunica attraverso R col recipiente nel quale si vuole misurare la pressione. Al tuboC è saldato in parallelo un capillare A affiancato al primo (K) d’uguale diametro percompensare nella lettura (vedi oltre) gli effetti di differenza di pressione cheinsorgono alla superficie di un liquido per effetto della capillarità.La parte sotto M è collegata, per mezzo di un tubo flessibile T ad un recipiente Gcontenente mercurio.

Per eseguire una misura di pressione si procede come segue:a) Inizialmente il recipiente G è abbassato in modo che il mercurio sia sotto M.L’altezza B del mercurio è circa 760 mm. Il gas in V è alla stessa pressione delrecipiente in cui si vuole misurare la pressione.b) Il livello del recipiente G è poi alzato. In tal modo il mercurio sale, supera il puntoM e invade i due rami isolando il gas che si trovava in V.c) Continuiamo ad alzare G finché il mercurio non abbia invaso tutto il volume V enon sia salito parzialmente anche nel capillare K comprimendo in esso il gas. Aquesto punto la pressione dei gas nel capillare K è sufficientemente elevata perprodurre una sensibile differenza di altezza fra i due menischi di mercurio nei duecapillari A e K. Il rapporto tra il volume del gas che occupava inizialmente il bulbo Ve quando è confinato nel capillare è in genere dell’ordine di 105; questo corrispondead un pari aumento di pressione nel capillare.

Si può ora procedere alla misura in due modi diversi.1) Vediamo ora il primo metodo.

Si alza G fino a che il mercurio salga in K fino ad un livello L prestabilito (vedi figuraII a). Sia p1 la pressione iniziale del gas in V (p1 è la pressione che si vuol misurare) eV1 il volume del bulbo e del capillare; siano poi p2 e V2 la pressione ed il volumefinali del gas. Applicando la legge di Boyle, otteniamo

p1 V1 = p2 V2

La pressione p2 è

p2 = p1 + r g H

dove H è il dislivello fra le altezze del mercurio nei capillari A e K, r è la densità delmercurio e g l’accelerazione di gravità. Notiamo come alla quantità (r g H) siaggiunga p1 perché questa è la pressione sopra il mercurio in A. Se h è l’altezza delcapillare K non invasa dal mercurio e s la sua sezione, il volume V2 è

V2 = h s

Essendo p1<< r g H, si può inoltre porre:

p2 ~ r g H

Risulta quindi

p1 = r g H h [s / V1]

44

2) Il secondo metodo per eseguire la misura consiste nell’a1zare G fino a che ilmercurio salga in A al livello che corrisponde all’estremo superiore dei capillare K(vedi figura II b). Si misura quindi il valore H della differenza d’altezza fra i duemenischi. Applicando ancora la legge di Boyle

p1 V1 = H s ( p1 + r g H)

se p1 << r g H si ottiene:

p1 = r g H 2 [s / V1]

Se il vacuometro è usato nel primo modo la pressione, come si vedefacilmente della relazione ricavata precedentemente ha un andamento lineare in H.Nel secondo modo la pressione ha un andamento quadratico in H; ne risulta una scalanotevolmente dilatata al decrescere della pressione. Quindi è certamente piùconveniente applicare il secondo metodo quando si devono misurare basse pressioni.In entrambi i casi, il fattore da cui dipende l’intervallo di pressioni entro cui ildispositivo può eseguire misure è (s / V1). (Valori tipici per V e per i diametri deicapillari A e K sono ~500 cm3 e ~ 0.5 mm).Il vacuometro di Mc Leod è uno strumento assoluto. Il suo uso è particolarmentedelicato e si possono introdurre errori sistematici nella misura. Vediamo di elencarealcuni di questi problemi:1) Nel recipiente in cui si vuoi misurare la pressione sono immessi vapori di mercuriola cui pressione può falsare la misura2) Il vacuometro non misura correttamente la pressione dei vapori che nonobbediscono alla legge di Boyle.3) Nell’uso di questo vacuometro occorre prestare particolare attenzione a non alzareG troppo in fretta alterando così la condizione d’isotermia della trasformazione delgas. (Si tenga conto anche che un’operazione troppo rapida può causare la rottura delbulbo contenente il mercurio).4) Si deve evitare di introdurre aria nel sistema da vuoto se il mercurio non ècompletamente uscito da V: l’introduzione d’aria avrebbe lo stesso risultato di untroppo brusco innalzamento del serbatoio.

I vacuometri a conducibilità termica.

I risultati ottenuti mediante l’applicazione della teoria cinetica dei gasmostrano che la conducibilità termica K dei gas (tipicamente espressa in W cm-1 K-1) apressioni superiori di 100 Pa (~1 mmHg), è indipendente dalla pressione del gas. Essaè

K = e h cV

in cui e è un coefficiente compreso tra 1 e 1,25 caratteristico del gas, cV è il calorespecifico a volume costante e h è il coefficiente di viscosità.

In regime di flusso molecolare, ovvero quando la pressione dei gas è inferioread 100 Pa, la conducibilità termica diminuisce linearmente con la pressione. In questecondizioni Knudsen ha ricavato la quantità di calore per unità di superficie W

45

(W/cm2) che passa per conduzione molecolare attraverso un gas a pressione p postotra due superfici unitarie a temperatura T2 e T1, con T2 >T1 :

W = (a/4) ( 2 R/ p M)1/2 [(g +1) / (g -1)] { (T2-T1) / T11/2} p

dove g = cp /cV è il rapporto tra i calori specifici a pressione costante cp ed a volumecostante cV del gas, R è la costante dei gas, M il peso molecolare dei gas ed a unacostante che dipende dalla geometria del sistema.Dalla relazione precedente si rileva come le perdite di calore per conduzionemolecolare nei gas dipendono dalla loro natura (M) e dalla pressione p. Questacircostanza permette di costruire vacuometri in cui la variazione di una grandezzamisurabile direttamente, legata alla conducibilità termica dei gas, può essere correlataalla variazione di pressione.

Il vacuometro a conducibilità termica è costituito da un contenitore foggiato inmodo che possa essere collegato al sistema in cui si vuole misurare la pressione. Inesso è posto un filamento di metallo avente un elevato coefficiente di temperatura perla resistenza elettrica (in genere si usa platino o tungsteno). Il filamento è attraversatoda una corrente opportuna e si scalda per effetto Joule, ma non è portatoall’incandescenza per mantenere trascurabili le perdite di calore per irraggiamento.Per questa ragione occorre mantenere bassa la temperatura del filamento (~100°C).Trascurato l’irraggiamento, il calore si può trasmettere attraverso i conduttorinecessari al collegamento elettrico ed attraverso il gas. Per minimizzare la primacausa citata di trasmissione del calore si utilizzano conduttori sottili; in tal modo latemperatura del filamento dipende essenzialmente dalla quantità di calore che èscambiata con il gas. La temperatura di regime del filamento e quindi la sua resistenzaelettrica, dipendono dalle perdite di calore del filamento stesso. In questo modo lamisura della pressione è ottenibile sia da una misura diretta della temperatura delfilamento che dalla misura della variazione della sua resistenza elettrica.

Lo strumento concettualmente più semplice basato sulla misura dellaconducibilità termica del gas è il vacuometro a termocoppia. Un filamento elettrico èposto in un recipiente da vuoto ed in esso è fatta scorrere una corrente elettricamantenuta costante nel tempo. Una termocoppia, oggetto atto a misurare latemperatura, è saldata in un punto del filamento. Non appena la pressione del gas nelrecipiente varia, cambia anche il numero di molecole che urta contro il filamento e neconsegue un cambiamento di temperatura direttamente misurato dalla termocoppia.Poiché l’efficienza dello scambio termico tra molecole del gas e filamento dipendedalla natura del gas, la risposta di questo tipo di strumento cambia in funzione del tipodi gas considerato.

46

In figura è riportato un disegno artistico di un vacuometro a termocoppia e lo schemache riassume il principio di funzionamento con il relativo circuito di controllo. Questovacuometro funziona correttamente nell’intervallo di pressioni che va da 1 sino a 10-3

mbar ( 100 - 10-1 Pa). Si tratta di strumenti largamente usati in ambito industriale,grazie al loro basso costo, alle piccole dimensioni e alla facilità d’installazione. Il lorolimite è rappresentato dal lento tempo di risposta del sensore alle variazioni dipressione. Questo li rende inadatti ad essere utilizzati nei sistemi di controllo in lineadei recipienti da vuoto.

Nel caso del vacuometro Pirani il filamento è inserito in un ponte diWheatstone, che può essere configurato nei seguenti due modi:1) si fa passare nel filamento una corrente costante,2) si mantiene costante la resistenza del filamento.

La figura mostra lo schema di montaggio del Pirani nel primo modo come ramo ABdi un ponte di Wheatstone. Nel ramo adiacente BC viene montata un contenitoreidentico chiuso in precedenza a pressione bassissima ( 10-4 Pa).Lo scopo di questo secondo filamento è quello di ottenere a basse pressioni,resistenze approssimativamente uguali nei rami adiacenti AB e BG in modo chequesto lavori in condizioni di massima sensibilità.La resistenza variabile nel ramo AD serve all’azzeramento del ponte che è effettuatoad un valore di pressione di riferimento (per esempio 10-4 Pa). Quando la pressioneaumenta la resistenza dei filamento diminuisce, il ponte si sbilancia ed ilgalvanometro sul ramo centrale misura una corrente diversa da zero. Mediante laresistenza variabile R2 si può agire in modo di mantenere costante la corrente checircola nel ramo AB (filamento del Pirani). Allora la deviazione del galvanometrorisulterà univocamente legata alla variazione di resistenza del filamento per effettodella variazione di pressione. Si può poi tarare la scala del galvanometro adoperandoper confronto il vacuometro di Mc Leod.

Il modo d’impiego nel caso 2) è illustrato nella figura successiva.

47

R1, R2, R3 sono tre resistenze il cui valore non varia sensibilmente al variare dellacorrente che le attraversa, la quale peraltro è sempre dell’ordine d’alcune decine dimilliampere. Una di esse, per esempio R2, consente di azzerare il ponte incorrispondenza ad un’opportuna condizione di riferimento e in seguito non va pi "ùvariata. Mediante il potenziometro B si può variare la differenza di potenzialeelettrico (d.d.p.) applicata al ponte in modo che la temperatura del filamento delPirani e quindi la sua resistenza, si mantenga sempre costante. Se l’equilibrio delponte si verifica in corrispondenza ad una certa pressione p del gas e ad un certovalore della d.d.p. letta sul voltmetro V, la potenza P dissipata nel filamento del Piraniè data da

P = a V2= b T + c p

in cui a, b, c sono costanti opportune. Il termine b T tiene conto dell’energia dissipatanell’unità di tempo dal filamento a temperatura T attraverso i collegamenti elettrici.

Supponendo ora di azzerare il ponte agendo su R, a pressione estremamentebassa per cui il termine c p sia trascurabile, l’energia dissipata risulta:

Po = a Vo 2= b T

Combinando le due equazioni precedenti otteniamo

(V2 - Vo2)/Vo

2 = c p /b TNotiamo che il rapporto (V2 - Vo

2)/Vo2, nei limiti di pressione indicati

precedentemente, risulta una funzione lineare di p. Anche in questo caso il Pirani vacalibrato con un Mc Leod.

Il vacuometro Pirani presenta alcuni vantaggi tra cui la leggerezza e lapraticità d’impiego, ma la sua precisione in genere non è superiore al 5% e va taratoper ogni gas.

Vacuometro a scarica

Un metodo molto approssimativo per stimare la pressione di un gas è quello diesaminare la forma ed il colore di una scarica prodotta attraverso il gas nel recipientein misura nelle vicinanze di una parete trasparente. A tale scopo si usa una bobina diTesla: si tratta di un trasformatore avente un secondario formato da una bobina con unnumero notevole di spire. Il primario è accoppiata ad una bobina nella quale lacorrente fornita da un generatore è ritmicamente interrotta. In maniera analoga aquanto accade in un rocchetto di Ruhm-korff, ai capi della bobina di Tesla si hannodelle tensioni impulsive di valore elevato (10.000 Volt) e di alta frequenza. Uno deicapi è messo a massa, l’altro è connesso con una punta P che è disposta vicino allaparete non elettricamente conduttrice del recipiente. Il campo elettrico nel gasrarefatto produce una scarica nel recipiente con differenti tipologie secondo il valoredella pressione. Questo è riassunto nella tabella seguente.

48

I vacuometri a ionizzazione

I vacuometri a ionizzazione sono costruiti basandosi sul fatto che se un gas èopportunamente ionizzato, il numero di ioni positivi prodotti nel gas dipende dalnumero di molecole presenti e quindi dalla pressione del gas considerato. In figurariportiamo un vecchio tipo di vacuometro a ionizzazione il cui funzionamento è di piùimmediata comprensione. Esso è costituito da un’ampolla di vetro (la versionemoderna prevede l’uso di contenitori metallici) che si può collegare opportunamenteal recipiente in cui si deve misurare la pressione. Nell’ampolla vi sono tre elettrodi:un filamento, il collettore di ioni ed il collettore d’elettroni.

Gli elettroni sono emessi dal filamento incandescente e sono accelerati verso ilcorrispondente elettrodo collettore (anodo) sotto l’azione di una differenza dipotenziale opportuna. Alcuni elettroni urtano le molecole dei gas e, se hanno energiasufficiente, le ionizzano: così è possibile raccogliere gli ioni positivi prodotti perionizzazione del gas sul collettore polarizzato negativamente. La corrente raccolta daquest’ultimo elettrodo è proporzionale al numero di molecole presenti per unità divolume, vale a dire alla pressione nel recipiente.Anche qui riportiamo due metodi per eseguire la misura della pressione schematizzatinelle parti a) e b).Nel primo (a) la griglia è resa negativa rispetto al catodo e l’anodo è ad un potenzialepositivo. Nel secondo (b) le polarità della griglia e dell’anodo sono invertite. Nelprimo caso la pressione p è data dalla seguente formula empirica:

p = K c (ig/ia)

dove K è una costante che dipende dalla forma dell’ampolla, c è una costante chedipende dalla probabilità di ionizzazione del gas ed ig, ia sono la corrente di griglia ela corrente anodica rispettivamente.

Aspetto della scarica Pressione (Pa)Non si ha scarica > 2000Scarica a forma di sottili filamenti luminosi chesi allargano al diminuire della pressione 100 - 2000La scarica riempie la sezione del tubo <100La scarica diventa sempre più debole e si hafluorescenza alle pareti del tubo 10Non si ha scarica < 10-1

49

L’energia degli elettroni è regolata scegliendo opportunamente la differenza dipotenziale fra catodo emettitore ed elettrodo acceleratore.Nel secondo caso

p = K c (ia /ig)

Misurando le correnti ia e ig si deduce la pressione p. Si definisce sensibilità delvacuometro la quantità

S = (1/p) (ig /ia) (nel primo caso)

S = (1/p) (ia /ig) (nel secondo caso)

dove S ha le dimensioni del reciproco di una pressione.I vacuometri a ionizzazione non possono essere usati tutte le volte che i gas di cui sivuole misurare la pressione, attaccano chimicamente il catodo. L’intervallo normaledi funzionamento è fra 10-1 e 10-4 Pa. A pressioni superiori a 10-1 Pa, la correnteionica in sostanza non varia più con la pressione. Questo comportamento è dovuto adiversi effetti. In particolare a pressioni elevate (maggiori di 10-1 Pa) il numero deglielettroni che prende parte alla ionizzazione aumenta: un elettrone può ionizzare piùvolte così che la corrente aumenta sensibilmente e non è più proporzionale allapressione. Il limite inferiore d’impiego di un vacuometro a ionizzazione è posto dalledifficoltà di misurare con precisione basse correnti ioniche. Infatti, per pressioniinferiori a 10-4 Pa, la probabilità di collisione atomo del gas - elettrone emesso dalfilamento nel percorso dal filamento all’anodo è molto bassa e quindi la corrente èsempre più piccola. A pressioni inferiori a 10-6 Pa, si nota una corrente residua alcollettore degli ioni che è completamente indipendente dalla pressione. Questacorrente è causata dall’emissione di fotoelettroni estratti dal collettore degli ioni.Questi fotoelettroni sono emessi per effetto dell’arrivo di raggi X molli, prodotti aloro volta nell’urto degli elettroni del catodo che colpiscono l’anodo.La corrente prodotta dall’emissione dei fotoelettroni dal collettore degli ioni ha lostesso segno di quella prodotta dalla raccolta degli ioni positivi e quindi non èdistinguibile. Essa determina il limite inferiore di sensibilità dello strumento.Questo limite è ridotto ulteriormente nel vacuometro Bayard-Alpert mostrato nellafigura.

Come si vede, in questo vacuometro il filamento è posto all’esterno di una grigliacilindrica (la spirale disegnata in figura) che costituisce il collettore d’elettroni; ilcollettore degli ioni, consistente in un filo molto sottile, è sistemato all’interno dellagriglia. Gli elettroni emessi dal filamento sono accelerati dalla griglia (positiva) e

50

ionizzano nello spazio da essa delimitato. Una larga frazione degli ioni così formatisono raccolti dal filo centrale (negativo). Con questa disposizione il collettore degliioni intercetta solo una piccola frazione dei raggi X prodotti alla griglia. La piccolasuperficie del filo presenta un angolo solido ai raggi X che è varie centinaia di voltepiù piccolo che nel caso dei vacuometri a ionizzazione convenzionali.

Il vacuometro più diffuso per misure di pressione nell’ intervallo 10-3 – 10-6 Pa èsenza dubbio il Penning, detto anche vacuometro a catodo freddo (cold-cathodegauge). Esso è molto più semplice rispetto ai vacuometri a ionizzazione già descritti enon presenta gli inconvenienti dovuti alle eventuali reazioni dei gas col filamentoincandescente. Il vacuometro Penning va tarato con un Mc Leod. Di nuovo perragioni di semplicità nella presentazione, riportiamo in figura lo schema di unPenning ad ampolla di vetro ormai desueto. Il principio di funzionamento dei Penningmoderni, di cui mostreremo uno schema alla fine del paragrafo, è però assolutamenteidentico.

Nell’ampolla sono sistemati due elettrodi (anodo e catodo) di materiale a bassopotenziale d’estrazione (zirconio, torio, etc...) alimentati con una differenza dipotenziale d’alcune migliaia di volt. Il catodo è costituito da due piastre connesseelettricamente, mentre l’anodo è costituito da un piccolo telaio opportunamentesagomato. L'ampolla è collegata al recipiente sotto vuoto.

Se il vuoto è tale che il libero cammino medio delle molecole del gas è ugualeall'incirca alle dimensioni lineari dell'ampolla, gli ioni presenti in esso (prodotti adesempio dall’azione ionizzante dei raggi cosmici, di radiazioni elettromagnetiche odaltri agenti ionizzanti naturali) migrano verso gli elettrodi ed ivi strappano deglielettroni, che, accelerati dal campo, possono produrre altri ioni e quindi determinareuna corrente circa proporzionale al numero delle molecole presenti nel vacuometro.Tale corrente è misurata mediante un microamperometro inserito nel circuito. Peraumentare l’intensità di corrente in modo che la misura possa essere eseguita piùfacilmente e con più elevata sensibilità, si utilizza un magnete permanente cheproduce un campo d’alcune centinaia di Oersted e le cui espansioni polari sonomostrate in figura. In virtù della particolare configurazione degli elettrodi e delladisposizione del magnete, il campo elettrico ha in ogni punto una componenteortogonale al campo magnetico. In pratica le linee di forza del campo elettrico e diquello magnetico s’intersecano e quindi le forze di natura elettrica e magneticaapplicate agli elettroni determinano la traiettoria a forma di una spirale degli elettroni.Il percorso che essi compiono, aumenta di un centinaio di volte rispetto a ciò cheavverrebbe in assenza di campo magnetico (come nel caso del vacuometro afilamento incandescente). Aumenta così la probabilità di collisione tra gli elettroni ele molecole del gas ed è prodotto un numero maggiore di ioni a parità di pressione.I grandi vantaggi del Penning sono una maggiore robustezza rispetto agli strumenti a“catodo caldo”, giacché questo tipo di vacuometri puÚ sopportare le bruschevariazioni di pressione che al contrario provocano la rottura dei filamenti prossimiall’incandescenza degli altri tipi di vacuometri. Riportiamo infine in figura lo schemadi un Penning moderno detto a magnetron inverso, in cui gli elettrodi sono asimmetria cilindrica ed il magnete toriodale li circonda.

51

Infine mostriamo la foto di un moderno sensore dell’ALCATEL: nello stessocontenitore metallico sono stati integrati un Pirani ed un Penning a magnetroninverso.

Nella tabella conclusiva sono riportati gli intervalli di funzionamento dei vari tipi divacuometri, di cui pero soltanto per alcuni abbiamo illustrato il principio difunzionamento.

52

53

Parte IIIParte III

LE POMPE DA VUOTO.

54

Esistono diversi tipi di pompe di vuoto che coprono differenti intervalli dipressione. Ogni tipo di pompa è caratterizzato dal valore della portata volumetrica S(indicata anche con il nome di velocità di pompaggio) e mediante il valore dellaminima pressione raggiunta (pressione limite).Nella prima parte di queste dispense abbiamo già discusso perché l’effettiva velocitàdi pompaggio dipende dalla pressione all’ingresso della pompa e presenta unandamento decrescente al diminuire della pressione di lavoro. La pressione limite,misurata nel punto d’ingresso della pompa, tende a diminuire lentamente nel tempo,poiché si riduce il flusso di molecole distaccate dalle pareti del recipiente a vuoto. Siassume allora come valore di pressione limite quello misurato quando ogni successivariduzione di pressione nel tempo è trascurabile.Ricordiamo ancora qui che la pressione finale pf di un impianto a vuoto non coincidecon la pressione limite della pompa pl. La conduttanza dei tubi che connettono ilsistema alla pompa a vuoto influenzano la pressione limite nel sistema secondo larelazione già discussa in precedenza

Q = C( pl - pf )

In ogni caso la misura della pressione limite di una pompa, ottenuta mettendo incomunicazione diretta un piccolo volume con la bocca della pompa, non presentaparticolari problemi. Al contrario la misura della velocità di pompaggio è piùcomplessa ed è influenzata da effetti di riflusso del gas dalla pompa verso il recipiente(back stream), dall’esistenza di eventuali perdite nell’impianto a vuoto e/o dalprocesso di degasaggio.Nei paragrafi successivi illustreremo il principio di funzionamento e le caratteristichegenerali delle pompe da vuoto più diffuse.

Le pompe rotative

Tra i vari tipi di pompe meccaniche che producono il vuoto primario (basso emedio vuoto) noi ci soffermeremo su due tipi di pompe rotative comunemente usate:le pompe a palette e le pompe a pistone rotante.

Iniziamo col discutere il principio di funzionamento delle rotative a palette. Nellafigura che segue, sul suo lato sinistro, sono riportate le varie fasi di funzionamento diuna pompa a palette; discuteremo più tardi la parte destra della figura.

Il corpo centrale di una pompa rotativa a palette è costituito da una cavitàcilindrica entro la quale ruota, attorno ad un’asse traslato rispetto all’asse della cavità(eccentrico), un rotore che ha una scanalutara lungo una direzione diametrale. In lei visono alloggiate due palette che aderiscono alla parete della cavità cilindrica in virtùdell’azione della molla compressa tra le due palette.Qui abbiamo schematizzato l’azione della pompa dividendola in tre fasi successive:

(a1) Il gas dell’impianto da vuotare è aspirato nella zona punteggiata.(a2) Il gas è quindi trascinato in rotazione e compresso.(a3) Esso è quindi espulso attraverso la valvola.

55

In generale nelle pompe meccaniche, la lubrificazione delle parti in moto e latenuta da vuoto del sistema è assicurata da oli speciali (a bassa tensione di. vapore).

La pressione di scarico dei gas compressi deve essere più elevata della pressioneatmosferica, per cui sono necessari rapporti di compressione molto grandi (dell'ordinedi 105) per ottenere una pressione finale di 1 Pa all’ingresso della pompa. Lapressione finale delle pompe rotative ricade tipicamente nell'intervallo che si estendeda 1 Pa (per le pompe di piccola portata volumetrica S < < 50 m3/h) a 10-1 Pa (per lepompe con velocità di pompaggio più elevata). Tale limite non è determinato dalmeccanismo di pompaggio, ma è imposto dalla solubilità dei gas nell'olio lubrificante.L'olio, espulso attraverso la valvola di scarico e saturo dei vapori che si sono discioltiin esso durante la fase di compressione, ritorna nel serbatoio e poi è immesso dinuovo nella cavità cilindrica. Lì rilascia parte dei gas o vapori disciolti nell’olio ed inquesto processo si possono determinare le condizioni per un sensibile peggioramentodelle prestazioni della pompa. In particolare, quando i gas aspirati sono in prevalenzavapori che si condensano nella fase di compressione (ad esempio vapori d’acqua), perevitare il verificarsi di questa circostanza si ricorre ad un particolare accorgimento:zavorrare la pompa con l'aria dell'ambiente (apertura del gas ballast). Questo èpossibile perchè la pompa rotativa presenta un’entrata supplementare posta incomunicazione con l’ambiente: in pratica vi è una valvola manuale V ad aperturaregolabile dall'operatore. Durante la rotazione del pistone, quando il recipiente daevacuare è isolato dal vano d’aspirazione e di compressione della pompa, si apre la

56

valvola V ed il vano si riempie d’aria addizionale (la zavorra). In questo modo lapressione di scarico è raggiunta molto prima che possa aver luogo la condensazionedei vapori e quindi la pompa espelle contemporaneamente i gas ed i vapori. Occorreperò notare che in condizioni di gas ballast aperto la pompa perde d’efficienza. Ilfunzionamento della pompa dotata di gas ballast è riportato sul lato sinistro dellafigura.

Per aumentare la velocità di pompaggio e diminuire la pressione limite, sono staterealizzate pompe rotative a doppio stadio. Riportiamo qui uno schema semplificato ditali pompe.

Per avere pompe meccaniche con velocità di pompaggio ancora più elevata inquesti intervalli di pressione, è stato concepito un secondo metodo che illustriamonella figura seguente.

57

Questa pompa è denominata a pistone rotante; in essa l’albero di rotazione delrotore è coassiale rispetto alla cavità cilindrica mentre il corpo del rotore (camma) èeccentrico rispetto all'albero.

(1) Un pistone cavo trascinato dalla camma eccentrica pone in comunicazione ilrecipiente da evacuare con la cavità cilindrica.

(2) La camma nella sua rotazione fa sì che il pistone scorra con moto oscillantenella sua sede e metta alternativamente in comunicazione la camera dicompressione con il recipiente da evacuare oppure la isoli.

(3) Il rotore durante il suo moto comprime i gas fino ad espellerli nell'atmosferaattraverso la valvola di scarico.

Notiamo infine che le pompe a pistone rotante per le loro caratteristichecostruttive sono più adatte delle pompe a palette per le grandi portate volumetriche (S= 50 – 500 m3/h).

Le pompe a diffusione

Le pompe a diffusione non possono immettere i gas aspirati direttamentenell'atmosfera come nel caso delle pompe rotative, perchè la loro pressione di lavorosi estende da qualche 10-1 a 10-8 Pa per tutti i gas. Occorre prevedere allora che ilrecipiente da vuotare sia inizialmente connesso ad una pompa meccanica (pompaprimaria) che porti il vuoto a valori tali da cadere nell’intervallo operativo dellapompa a diffusione.

Nelle pompe a diffusione si utilizza un getto di vapore ad alta velocità che ha lafunzione di trasferire per urto quantità di moto alle molecole del gas da evacuare indirezione della bocca di pompaggio. Le prime pompe erano a vapori di mercurio, oggisi utilizzano oli speciali con tensioni di vapore a temperatura ambiente di 5 10-7 - 10-8

Pa. In figura è mostrato lo schema di funzionamento del getto molecolare.

Le molecole di vapore, provenienti dal liquido in ebollizione localizzato alla basedella pompa, passando attraverso una strozzatura anulare (a forma di becco),acquistano velocità di alcune centinaia di m/s dirette verso il basso, dove si trova labocca di aspirazione connessa alla pompa meccanica che assicura il pre-vuoto, e versola parete fredda della pompa. Le molecole del gas che arrivano alla bocca della pompaa diffusione, sono trascinate nel getto di vapore ed acquistano una quantità di motodiretta verso il basso. Quando le molecole di vapore del getto incidono sulla parete

58

fredda, sono condensate e ritornano sotto forma di liquido nel bagno che sta alla basedella pompa, assicurando la continuità del meccanismo di pompaggio.

Il trasferimento di quantità di moto alle molecole del gas che attraversano ilgetto, si traduce in una differenza di densità e quindi di pressione tra le due regioniseparate dal getto di vapore. Il rapporto tra i valori di pressione nelle due regioni èespresso approssimativamente dalla seguente relazione:

p2/p1 = ervL/D

dove r è la densità del vapore, v la sua velocità, L lo spessore del getto. D è uncoefficiente che dipende dai pesi molecolari delle molecole di gas e delle molecole divapore secondo la relazione

D = k {( M1 + M2) / (M1 M2)}1/2

Il peso molecolare degli oli impiegati (M1 = 400 - 500 masse atomiche) ènotevolmente superiore al peso molecolare dei gas residui. Da ciò e dalle formuleprecedenti segue immediatamente che il rapporto p2/p1 è tanto più piccolo quanto èpiù basso M2, quindi questo tipo di pompa è meno efficiente per i gas leggeri comel'idrogeno e l'elio.Mostriamo ora un tipico schema di pompa a diffusione a più stadi.

Essa consiste di un cilindro con una flangia superiore per il collegamento al recipienteda evacuare e con un fondo contenente una resistenza da fornello elettrico perprodurre i vapori del fluido di pompaggio (negli attuali sistemi commerciali piùdiffusi si tratta d’olio minerale particolare). La camicia esterna della pompa èraffreddata per circa due terzi della sua altezza con una serpentina in cui circolaacqua. Una bocca d'uscita posta in prossimità del fondo permette di scaricare i gas apressione più elevata verso la pompa rotativa.Sulla bocca di connessione al recipiente da vuotare sul condotto con la pompameccanica sono poste trappole ben raffreddate ad acqua o con freon o azoto liquido.Questo serve ad evitare la diffusione dei vapori d'olio nel recipiente da evacuare (back

59

stream) e nella pompa meccanica che assicura il prevuoto. Notiamo infine che lapressione finale è determinata principalmente dalla tensione di vapore del fluido dipompaggio e più specificatamente dai prodotti che si formano attraverso il processo dirottura delle grandi molecole del fluido stesso ("cracking").

Le pompe turbomolecolari

In questi tipi di pompe le molecole dei gas sono trascinate verso la bocca dievacuazione da un sistema di palette poste in rapida rotazione. Nelle pompeturbomolecolari, disponibili commercialmente solo verso la fine degli anni 50,l’azione di trascinamento sulle molecole dei gas è esercitata da un sistema di paletteopportunamente distanziate ed inclinate (rispetto alla direzione di moto) e poste inrapida rotazione all'interno di un corpo cavo cilindrico. Per il loro funzionamento ènecessario avere una pompa meccanica primaria che mantiene una pressione di 10–1

Pa nella regione a pressione più elevata. Si ottengono pressioni finali dell'ordine di 10-

7 Pa e la velocità di pompaggio presenta un andamento costante in tutto l'intervallooperativo.

Le molecole che si trovano nelle due regioni di spazio, separate dal sistema dipalette in moto, hanno probabilità diverse di diffondere nei due sensi, ciò provocadensità molecolari differenti nelle due regioni e quindi un gradiente di pressione. Ci sipuò rendere facilmente conto di questo se si considera il caso limite in cui la velocitàvp delle palette è notevolmente superiore alla velocità vm delle molecole. In taleipotesi, si possono studiare i processi di diffusione delle molecole considerando lepalette ferme e le molecole in moto relativo rispetto alle palette . Per renderci meglioconto di ciò, facciamo riferimento alla figura.

Osserviamo lo schema di sinistra (a). Le molecole provenienti dalla regione Aincidono sulla superficie delle palette in prossimità dello spigolo C (vp > vm).Le molecole, dopo l’urto con la parete delle palette sono diffuse in maniera omogeneain tutte le direzioni senza subire cioè una riflessione speculare. Quelle riemessenell'angolo a1 ritornano nella regione A di provenienza, quelle riemesse nell'angoloa2 passano nella regione B, mentre quelle riemesse nell'angolo a3 si ripartiscono tra ledue regioni A e B in maniera simmetrica. Nella parte di sinistra della figura (b)osserviamo come le molecole che provengono dalla regione B incidono sullasuperficie delle palette in prossimità dello spigolo D, cosicché quelle riemessenell'angolo b2 ritornano nella regione di provenienza, quelle riemesse nell'angolo b1

passano nella regione A e quelle riemesse nell'angolo b 3 si ripartisconosimmetricamente nelle due regioni. Da un confronto degli angoli si ricava che il

60

processo, in cui le molecole provenienti dalla regione A passano nella regione B, hauna probabilità più elevata del processo inverso.Proviamo a ricavare in che relazione sono le pressioni nelle due regioni ed il flusso dimolecole con le probabilità di diffusione da un lato all’altro del sistema di palette inmoto. S’indichi con fAB la probabilità che una molecola proveniente dalla regione Aarrivi nella regione B ed analogamente con fBA la probabilità del processo inverso.Siano poi NA e NB i flussi di molecole incidenti sulle palette dalle due regioni A e B.Sia inoltre W il rapporto tra il flusso di molecole dalla regione A alla regione B ed ilflusso incidente NA. Si potrà scrivere:

NAW = NA fAB - NB fBAda cui si ricava:

NB / NA = ( fAB / fBA) – (W / fBA)

Il rapporto (NB / NA) è uguale al rapporto tra le densità molecolari nelle due regioni equindi uguale al rapporto tra le pressioni pB e pA nelle due regioni. Questa relazioneassume allora la forma:

pB / pA = ( fAB / fBA) – (W / fBA)

Notiamo che il rapporto tra le pressioni decresce linearmente al crescere del flussomolecolare W. Per un flusso nullo (W = 0) il rapporto tra le pressioni è dato da

pB / pA = ( fAB / fBA)

e per una differenza di pressione nulla (pB = pA) il flusso di molecole è dato da:

W = fAB - fBA

Per avere un rapporto di pressione elevato ed un flusso netto elevato (requisiti baseper una pompa da vuoto) è necessario massimizzare fAB e minimizzare fBA. Ciò èottenibile agendo sull'angolo d’inclinazione delle palette e sul rapporto tra la distanzatra due palette successive h e la loro larghezza d. Guardando la figura si può intuireche fAB (proporzionale al rapporto a 2/al) aumenta al crescere di q , angolod’inclinazione delle palette, e del rapporto h/d mentre fBA (proporzionale a b1/b2)diminuisce al diminuire dell'angolo q e del rapporto h/d. Le due condizioni sono traloro discordanti ed è quindi necessario trovare un compromesso sulla geometria dellepalette.Nelle pompe turbomolecolari moderne la velocità di rotazione delle palette èdell'ordine di 104 giri al minuto e la velocità periferica raggiunge le centinaia di metrial secondo (tipicamente 300 - 400 m/s); disponendo più sistemi di palette in cascata siottengono rapporti di pressione sino a 106.In figura è mostrato lo spaccato di una pompa turbo. Si tratta di un modello di pompaper applicazioni ove occorre assicurare l’assoluta assenza di agenti inquinanti delvuoto. Questo è ottenuto sospendendo l’asse di rotazione della pompa con cuscinettimagnetici che limitano l’attrito ed eliminano allo stesso tempo la necessità dilubrificazione.

61

Le pompe a getter e ioniche

Queste pompe sono state sviluppate e commercializzate agli inizi degli anni60. Esse sfruttano due processi distinti per evacuare le varie specie di gas presenti inun impianto a vuoto: l'adsorbimento chimico per i gas reattivi (ad esempio H2, N2, 02,H20, CO, CO2) e l'assorbimento per i gas nobili o poco reattivi (He, Ne, Ar, CH4... ).

Noi abbiamo già parlato nei paragrafi precedenti di “Adsorbimento chimico”dei gas reattivi (gettering). Ricordiamo ora che alcuni materiali come il titanio, lozirconio ed il tantalio hanno notevoli capacità d’adsorbimento chimico a temperaturaambiente nei confronti dei gas reattivi presenti nell'atmosfera. Il titanio è statopreferito per le applicazioni del vuoto a causa della relativamente alta tensione divapore e della sua alta reattività chimica con una gran varietà di gas.In una pompa a getter una sorgente di titanio è riscaldata sino alla temperatura disublimazione (1500 oC) in maniera che produca un deposito (film) di titanio altamentereattivo sulle pareti che circondano la sorgente. Le molecole dei gas attivi cheincidono sul film di titanio, reagiscono chimicamente formando composti stabili qualiossidi, idruri e nitruri di titanio: si ha cosi un’efficace azione di pompaggio neiconfronti di tali gas. Riportiamo in Tabella le reazioni chimiche per i vari gas dimaggiore interesse per il vuoto.

62

Si noti che Tabella la reazione dell'idrogeno con il titanio è indicata come reversibile(fl‡ ) perchè il composto TiH2 è termicamente instabile. Gli idruri di titanio devonotrovarsi ad una temperatura minore o uguale di quella ambiente per limitare a valoriaccettabili le pressioni d’equilibrio per il processo di dissociazione.Negli impianti a vuoto il film di titanio è in grado di pompare i gas attivi per un tempolimitato (sino a quando la superficie dei film non è saturata) e quindi si rendononecessarie frequenti deposizioni e, se la portata dei gas è elevata, è richiesta unadeposizione continua di titanio.Una stima della velocità di pompaggio, nel caso di film di titanio depositato concontinuità, è data dalla relazione:

S= s A C [1+ (s A C B G p /R)]-1

dove s è il coefficiente di cattura per il gas in esame, A l’area coperta dal film dititanio (in cm2), B il numero d’atomi di titanio consumati per adsorbire la molecola inesame, p la pressione parziale dei gas, R il numero di atomi di titanio depositati persecondo sulla superficie, C e G sono rispettivamente dati da:

C = 3.64 (T/M)1/2

G = 9.63 1021(1/T)

essendo M il peso molecolare del gas adsorbito e T la temperatura assoluta dei film dititanio. Ad esempio per H2 avremo valori di

M=2 B=1 s=0,04 a 77 K s=0.06 a 300 K ,

mentre per il CO

M=28 B=1 s = 0.95 a 77 K s=0.7 a 300 K.

A pressioni sufficientemente alte (p > 10-3 Pa), il secondo termine neldenominatore della precedente espressione di S è molto più grande di 1, quindi si ha

S ~ R/ (B G p)

da cui risulta che la velocità di pompaggio cresce al diminuire della pressione.A pressioni sufficientemente basse (p < 10-5 Pa) il termine (s A C B G p /R) è

molto minore di 1, perciò la velocità di pompaggio tende al valore limite S l,indipendente dalla pressione,

Sl = s A C

Reazioni chimiche di gas con il TitanioH2 + Ti fl‡ TiH2

N2 + 2Ti ‡ 2 TiNO2 + Ti ‡ TiO2

H2O+ 2Ti ‡ TiO+H2O +Ti ‡ TiO+TiH2

CO +Ti ‡ TiCOCO2 +Ti ‡ TiCO2

63

In alcune di queste pompe, dette ioniche, il pompaggio dei gas nobili e dei gasmeno reattivi (ad esempio il metano) è attuato mediante ionizzazione delle molecolecon un fascio di elettroni. Gli ioni del gas nobile, prodotti per ionizzazione, sonoindirizzati da intensi campi elettrici sul film di titanio dove sono intrappolati e poiricoperti dal deposito di nuovi strati di titanio. Il fascio d’elettroni, prodotto con unprocedimento analogo a quello utilizzato nei triodi di potenza e nelle valvole adionizzazione, ha un’efficienza di ionizzazione piuttosto limitata. Per questa ragione siè preferito adottare un procedimento analogo a quello descritto per il vacuometro ditipo Penning che aumenta l’efficienza di ionizzazione del gas.La pompa ionica in questo caso è costituita da un sistema di celle Penning adiacentied immerse in un campo magnetico diretto assialmente d’intensità. 0.1 - 0.2 T. Ledifferenze di potenziale tra la struttura anodica e quella catodica possono variare tra 2e 10 kV. La scarica si auto-sostiene attraverso la ionizzazione multipla del gas residuoe attraverso l’estrazione d’elettroni dal catodo freddo bombardato dagli ioni prodottinella scarica stessa.Gli ioni che incidono sul catodo con energie di parecchie decine di eV, possonoliberare, oltre agli elettroni, anche gli atomi superficiali del materiale (effetto“sputtering”) e penetrare in profondità rimanendo intrappolati nel reticolo cristallinodel catodo. Costruendo il catodo in titanio si ottiene, oltre all’assorbimento dei gasnobili ionizzati, la formazione continua di un film di titanio che provvedeall’adsorbimento chimico dei gas reattivi.II processo d’assorbimento dei gas nobili è in realtà più complesso in quanto, a causadello sputtering che erode progressivamente il catodo, gli atomi imprigionati nelreticolo possono essere rimessi in circolazione. In pratica si studiano forme deglielettrodi e del catodo tali da ottimizzare il processo d’assorbimento degli ioni.Prima di concludere dobbiamo sottolineare che le pompe ioniche hanno bisogno diuna pompa ausiliaria che produca un vuoto primario compreso tra 1 e 10-1 Pa, cosi daconsentire alle pompe ioniche di arrivare a vuoti dell’ordine di 10-7 Pa.

Uno dei successi più spettacolari delle pompe a getter è rappresentato dalraggiungimento delle condizioni di vuoto estremo nella ciambella di 27 km dilunghezza della macchina acceleratice di particelle LEP (acronimo di Large ElectronPositron collider) sita presso il CERN di Ginevra. In questo caso sono state usatedelle pompe getter denominate NEG ( Non Evaporated Getter). Si tratta di strisce diZrAl (zirconio-alluminio) che formano composti stabili con i prodotti desorbiti dallepareti d’alluminio della lunga camera da vuoto di LEP.

64

Quando la superficie del getter è satura, può essere rigenerata scaldando il materialecosì da consentire la diffusione del composto stabile all’interno della matrice solidadel getter.

Per dare un‘idea del modo d’utilizzo di tali pompe, mostriamo infine loschema in sezione della camera da vuoto di LEP ( la ciambella di 27 km) e la foto diun settore della macchina acceleratrice completamente equipaggiata.

65

Le pompe criogeniche

Come abbiamo già discusso nei paragrafi iniziali, una parete fredda esplicaun’azione di pompaggio nei confronti di quei vapori o gas che hanno un’elevatatemperatura d’ebollizione e presentano quindi una piccola tensione di vapore allatemperatura della parete fredda. Osserviamo il grafico in cui è riportato il logaritmo inbase 10 delle tensioni di vapore di vari elementi in funzione della temperatura T.

L’acqua ed il CO2 hanno valori inferiori a 10-9 torr (10-7 Pa) a 77 K, mentre per ilmetano (CH4), l’argon (Ar), l’azoto (N2) e l’ossido di carbonio (CO) occorre arrivaresino a 20 K per avere simili valori della tensione di vapore. Per il Neon (Ne) ciò èottenuto a T~7 K, mentre l’idrogeno (H2) e l’elio (He) rappresentano il maggiorproblema.L’idrogeno solidifica a temperature inferiori a quella d’ebollizione dell’elio liquido equindi il suo crio-assorbimento è ottenuto abbassando la temperatura della paretefredda sotto 4 K o sfruttando particolari meccanismi quali l’intrappolamentocriogenico (cryotrapping) e l'assorbimento criogenico (cryosorption).La solidificazione dell’elio non è osservabile scendendo semplicemente intemperatura e quindi la percentuale d’elio negli impianti deve essere abbassatautilizzando altri metodi.

È importante osservare che con le pompe criogeniche la pressione ultima di ungas è sempre superiore alla tensione di vapore saturo dei gas alla temperatura dellaparete fredda. Indichiamo con aC il coefficiente di condensazione delle molecolesulla parete fredda (in altre parole la percentuale di molecole incidenti che rimanevincolata per condensazione alla parete fredda). Il flusso di molecole catturatesull'area A della parete fredda a temperatura Tr è dato da

66

FC=dNC /dt =(1/4) aC A n vm = (aC A pr /4kTr )(8kTr/p M)1/2

essendo n = pr/kTr la densità numerica delle molecole, vm la velocità media dellemolecole del gas, p la pressione del gas nel recipiente, M il suo peso molecolare e k lacostante di Boltzmann. Si può dimostrare che, in condizioni stazionarie, il flusso dimolecole del gas, evaporate da un’area A della parete fredda, è dato da un’espressioneanaloga

Fe=dNe/dt = (aCA ps/4kTp )(8kTp/p M)1/2

essendo Tp la temperatura assoluta della parete fredda, ps la tensione di vapore saturoalla temperatura Tp. La pressione ultima pf del gas in esame è raggiunta quando ilflusso delle molecole catturate FC è pari al flusso di quelle evaporate, Fe. Allora,ponendo FC = Fe, si ricava dalle relazioni precedenti la pressione finale

pf=ps (Tr / Tp)1/2

Poiché le pareti della camera a vuoto si trovano ad una temperatura Tr piùelevata della temperatura Tp della parete fredda, la pressione ultima è sempre piùelevata della tensione di vapore saturo del gas condensato. Assumendo Tr = 300 K,per le diverse temperature della parete fredda la pressione ultima è

pf ~ 2 ps (77 K )

pf ~ 4 ps (20 K )

pf ~ 8.5 ps (4.2 K )

Per determinare la velocità di pompaggio di una pompa criogenica è sufficientetener presente che il flusso di molecole catturate effettivamente dalla parete fredda èdato da:

Ft= Ft(1- Fe / Ft) =(1/4) aC A n vm) [1- (ps / pf ) (Tr / Tp)1/2 ]

La velocità di pompaggio (S = dV/dt = Ftt/n) è quindi espressa da:

S = (aC A /4 ) (8kTr /p M)1/2 [1- (ps / pf ) (Tr / Tp)1/2 ]

La velocità di pompaggio tende a zero quando la pressione nella camera a vuotosi avvicina alla pressione ultima. Riportiamo qui alcuni valori di velocità dipompaggio massima per unità di superficie fredda a 77 K, ottenibili aspirando varigas.

67

In realtà, per valutare la velocità effettiva di pompaggio nel caso di pompeoperanti alla temperatura dell'elio liquido, bisogna tener conto della presenza di uneventuale schermo termico. Quest’ultimo è normalmente raffreddato con azotoliquido ed ha la funzione di ridurre la potenza d’irraggiamento termico incidente sullaparete fredda e di ridurre quindi la potenza refrigerante necessaria a mantenere freddala parete. Tale schermo riduce la velocità effettiva di pompaggio sia attraverso unadiminuzione della conduttanza sia attraverso una riduzione della velocità media dellemolecole e quindi del loro flusso.

La quantità di gas che può essere pompata da una parete fredda è limitata dalfatto che lo spessore di solido depositato sulla parete riduce progressivamentel'efficacia di pompaggio. Per comprendere come ciò si produca è sufficiente tenerpresente che la temperatura della superficie libera del solido si discosta sempre di piùda quella della parete fredda al crescere dello spessore della sostanza condensata.Questo è dovuto al fatto che il calore che viene trasmesso alla superficie libera delsolido, per effetto dell’irraggiamento da parte delle pareti del recipiente e dell’energiatermica delle molecole catturate, deve essere portato via attraverso lo strato solido chepossiede una bassa conducibilità termica.

Per questa ragione la pompa criogenica deve essere attivata soltanto dopo averfatto un pre-vuoto nel recipiente (tipicamente 10-1 Pa) con un'altra pompa e deveessere periodicamente rigenerata. La rigenerazione consiste nell’isolare la pompa dalrecipiente da evacuare e nel portare la superficie fredda a temperatura ambiente inmaniera che lo strato solido evapori ed i vapori siano evacuati dalla pompa meccanicaausiliaria.

La pompa criogenica può essere realizzata utilizzando come elementorefrigerante un bagno di liquido (N2, H2, He) oppure un gas freddo (in genere He) cheè fatto circolare in maniera continua. Una pompa a bagno è semplice da realizzare epoco costosa. In pratica si costruisce un criostato ad elio liquido in cui la parete delrecipiente più interno serve come superficie di condensazione.Per limitare il consumo d’elio liquido, il recipiente è circondato da uno schermoraffreddato con azoto liquido che riduce, come si è detto in precedenza, la velocità dipompaggio ma agisce come pompa criogenica dei gas o vapori che hanno un’elevatatemperatura d’ebollizione (ad esempio CO2).Nelle pompe a flusso continuo di gas, la superficie fredda è uno scambiatore di calorein cui evapora tipicamente dell’elio liquido pompato continuamente in esso.In anni recenti si sono diffuse le criopompe in cui la parete fredda è realizzatasfruttando la potenza refrigerante prodotta da criogeneratori. La gran parte di essesono macchine termiche che funzionano secondo un ciclo di Stirling semplificato cheviene chiamato Gifford-McMahon. Hanno bisogno di un robusto compressore d’elioche può arrivare a pressioni dell’ordine di decine d’atmosfere, connesso alla macchina

Gas S /A [l s-1 m-2]H2 2.3 105

N2 6.0 104

Ar 5.1 104

O2 5.6 104

H2O 7.5 104

CO2 4.8 104

CH4 8.0 104

Hg 2.3 104

68

termica tramite conduttanze flessibili d’acciaio inox.Per talune applicazioni il limite principale di questa soluzione è rappresentato dallevibrazioni associate al compressore. In figura riportiamo lo spaccato di una modernapompa criogenica della ditta americana CTI che utilizza un refrigeratore Gifford-McMahon. Nella parte alta si vede una serie di dischi sovrapposti. Questi fungono daparete fredda che adsorbe il gas. Infatti, i dischi sono connessi meccanicamente etermicamente con il punto freddo del refrigeratore, rappresentato dalla cima del tubocentrale di colore avana.

I vantaggi offerti da una pompa criogenica sono rappresentati da elevatevelocità di pompaggio (alcune migliaia di l/s) ottenute con dimensioni della pompaabbastanza contenute. Esse sono particolarmente adatte a produrre il vuoto in ambentiin cui occorre ridurre i prodotti contaminanti (assenza dell’effetto di back streamtipico delle pompe a diffusione). Inoltre, nel caso delle pompe criogeniche a bagno èpossibile disegnare la superficie di condensazione secondo le esigenze sperimentali eridurre drasticamente il livello di vibrazioni.Gli svantaggi sono rappresentati dalla scarsa attitudine a pompare l'idrogeno,dall'impossibilità di pompare l'elio e dalla ridotta autonomia (necessità di rigenerare lasuperficie fredda in maniera periodica).

Punto freddodelrefrigeratore

Scambiatorefreddo

69

Parte IVParte IV

LA RICERCA DI PERDITE IN UN IMPIANTO DA VUOTO.

70

La minimizzazione delle perdite è condizione necessaria per il correttofunzionamento di un impianto da vuoto. La perdita è il flusso di massa che si haattraverso un foro o una cricca dell’impianto da vuoto. Essa corrisponde quindi alvolume di materiale che è trasferito nell’unità di tempo dall’ambiente al recipiente aduna determinata pressione. L’entità della perdita è dedotta misurando la portata Q nelpunto ove fluisce fuori il gas. Era consuetudine esprimere la perdita in lusec (mmHglitri/s), unità di misura che differisce di circa il 25% da quella oggi più in voga, mbarlitri/s i cui valori numerici risultano a loro volta molto vicini a quelli espressi inatmosfere cm3 /s.Notiamo infine che l’unità di misura del sistema SI (Pa m3/s = Watt) è ancora pocodiffusa.Riportiamo qui per comodità i vari fattori di conversione:

Q =1 mbar lt/s = 0.1 W =1.01323 atm. cm3 /s =0.75007 lusec

Sono state sviluppate svariate tecniche per la ricerca e la localizzazione diperdite. Qui esamineremo solo alcuni metodi non distruttivi illustrandone il principioed i limiti di sensibilità.

La tecnica delle bolle.

La prova delle bolle è il metodo più antico per la verifica delle perdite. Essoconsiste nell’immergere in una vasca un pezzo riempito con un gas ad una pressionepiù elevata di quella atmosferica. Un operatore quindi osserva attentamente ilcomponente e conta le eventuali bolle: più esse sono grandi e frequenti, maggiorisono le perdite.

Il metodo presenta però il limite che il pezzo va posto a pressione e quindi sele sue condizioni d’impiego prevedono al contrario il vuoto al suo interno, il testsolleciterà il pezzo ed i suoi punti di tenuta in maniera opposta.

La limitazione principale di questo test, oltre alla difficoltà di renderloquantitativo, è la bassa sensibilità, ovvero il basso valore della perdita minimarilevabile.Assumiamo che si forma soltanto una bolla di forma sferica in un tempo tipico Dt, aduna pressione p prossima a quella atmosferica. Il volume di gas fuggito attraverso laperdita nel tempo D t è pari al volume della bolla e quindi la portata della perdita Q è

Q= (4/3 π r3) p / D t

dove r è il raggio della bolla.In assenza di un sofisticato sistema di rivelazione di bolle tipicamente la più piccolabolla che riesce ad identificare un operatore, ha un raggio dell’ordine di 1 mm a cuicorrisponde un volume di circa 4 10

-3 cm

3. Il tempo di formazione della bolla è la

variabile critica che determina la sensibilità del metodo; anche qui considerazioni dibuon senso legato all’osservazione dei tempi caratteristici delle normali attivitàumane, rendono ragionevole assumere che al massimo siano osservabili bolle che siformano in D t ~ 30 s. Dalla formula sopra riportata deduciamo che l’ordine digrandezza della perdita minima rilevabile è

71

Qmin ~ 1 x 10-3 atm cm3/s

.

Questa sensibilità è poi influenzata da fattori difficilmente quantificabili quali laposizione del pezzo, la sua illuminazione, la trasparenza ed il moto dell’acqua stessa.Tutto ciò concorre ad abbassare la sensibilità che, sulla base di considerazionistatistiche, è attestarsi al meglio attorno a valori dell’ordine di

Qmin ~ 5 x 10-3 atm cm3/s

Questo metodo, applicato per la ricerca di grosse perdite negli impianti davuoto, è ben noto a tutti i riparatori di pneumatici ed è quindi gioco forza applicarequeste definizioni all’esempio in cui una camera d’aria per bicicletta si sgonfiaimmettendo nell’atmosfera 1 litro di gas in 8 ore.Questo corrisponde ad una perdita Q ~ 3,5 10

-2 atm cm3/s che dovrebbe essere

localizzabile con la tecnica delle bolle poiché può indurre la formazione di 8 bolle alsecondo del diametro di 2 mm.

Prove basate sull’osservazione del decadimento di pressione.

La ricerca di fughe a decadimento di pressione consiste nell’innalzare lapressione del gas contenuta nel pezzo da vuoto sotto osservazione. Quindi, dopoaverlo isolato rispetto alla fonte di pressione e collegato ad un manometro, si studial’andamento della variazione di pressione ∆p nell’intervallo di tempo ∆t.In questo caso la perdita Q (leak rate) si deduce calcolando la quantità

Q = (∆p VR ) / ∆t

dove il volume VR è costante e pari a quello del pezzo da vuoto in osservazione.Il test è notevolmente influenzato da fattori esterni, quali la temperatura e le

deformazioni meccaniche del pezzo, mentre la sua sensibilità è determinatadall’accuratezza del manometro e da quella della misura degli intervalli di tempo,oltre che dal tempo d’osservazione complessivo del decadimento del valore dipressione interno al pezzo.Ad esempio

a) se il manometro è tale che siamo in grado di apprezzare 1 mbar,b) osserviamo il fenomeno per un tempo pari a 60 s,c) il recipiente ha un volume interno pari ad 1 lt,

la perdita minima rilevabile è pari a 1,67 x 10-2

mbar lt/s.In pratica questo test è impiegato per mettere in luce l’esistenza di perdite prossime a10

-2 mbar lt/s in grossi serbatoi o grandi linee di pompaggio. Per localizzare la

perdita, spesso il test è accoppiato al metodo a bolle insaponando le zone sospette perprodurre più facilmente le bolle.

Prova di risalita della pressione.

72

La prova di risalita di pressione sfrutta il principio opposto del decadimento dipressione. In questo caso il pezzo da provare è posto sotto vuoto e quindi collegato adun misuratore di pressione con cui si misura p ad istanti di tempo successivi. Glistrumenti di misura di pressione che operano molto al di sotto della pressioneatmosferica, possono apprezzare anche lievi variazioni di p e quindi il test può essereadatto anche per rilevare piccole perdite. In realtà già con un vuoto inferiore a 10

-2

mbar si manifestano fenomeni di degasaggio all’interno del pezzo che possonorendere il test del tutto inattendibile. Ad esempio la presenza di pochi grammi d’acquaall’interno di un pezzo limita la pressione a valori dell’ordine della sua tensione divapore (a temperatura ambiente è ~20 mbar). Eliminata l’acqua, al di sotto di 10

-4

mbar il degassamento delle impurezze adsorbite sulle pareti può divenire l’effettodominante: le particelle intrappolate sulla superficie esterna del pezzo tendono astaccarsi determinando un aumento di pressione che non dipende dalla presenza dellaperdita.

Lo spettrometro magnetico di massa.

Lo spettrometro di massa per la ricerca delle fughe fu sviluppato più di 40anni fa per eseguire prove di laboratorio per le quali era richiesta un’estremasensibilità. Poco tempo dopo esso trovò spazio anche nell’industria ed è oggi inseritocome elemento in una linea di produzione.

Generalmente lo spettrometro di massa è costruito per rivelare ioni d’elio. Laprova di tenuta con elio

è la soluzione migliore per diverse ragioni: l’elio è un gas

inerte che non reagisce con il prodotto e non inquina l’ambiente, è sicuro e le perditepossono essere localizzate e misurate con un alto livello di precisione.

Il cercafughe ad elio è costituito da un gruppo per alto vuoto e da unanalizzatore di pressione parziale dell’elio. Questa ultima è una cella costituente lospettrometro di massa costruita per rivelare ioni d’elio. Facendo ferimento alla figuraseguente, è più semplice capire il principio di funzionamento.

73

Un filamento in tungsteno a 1600 K genera elettroni che, accelerati da uncampo elettrico, bombardano le poche (siamo a valori di pressione di 10

-4 mbar)

molecole di gas presenti nella cella formando diversi tipi di ioni. La separazione deivari tipi di ioni avviene per effetto del campo magnetico presente nello spazio dellacella. Infatti, la forza di Lorentz FL, applicata agli ioni di carica elettrica q, massa M,aventi velocità v ed accelerazione a, dipende dal campo d’induzione magnetica Bgenerato da un magnete permanente posto attorno alla cella:

FL= q v x B = M a

Essendo tale forza sempre perpendicolare al vettore velocità v della particella,eserciterà su di essa un’azione centripeta; allora la proiezione delle traiettorie dellevarie particelle sul piano perpendicolare alla direzione di B è una circonferenza, ilcui raggio di curvatura rC varia secondo il peso molecolare degli ioni. Se ci limitiamoad osservare il moto nel piano perpendicolare a B e indichiamo con vp la componentedella velocità della particella su questo piano, dalla relazione precedente avremo

q vp B = M vp2 / rC

e quindi

rC = (M/q) (vp / B)

In conclusione, collocando nella posizione opportuna la fessura di raccolta degli ionia 180°, con massa M=4 e carica q=1, solo gli ioni d’elio vi passeranno attraverso. Ladebole corrente dovuta al passaggio dell’elio ionizzato è amplificata e poi misuratadirettamente.Il gruppo di pompaggio ha il compito principale di mantenere la cella spettrometricaad un vuoto inferiore a 10-4 mbar e può essere impiegato anche per evacuare il pezzoda provare. L’elio filtrato nel cercafughe, è convogliato dalle pompe da vuotoall’interno della cella spettrometrica dove è misurata la sua pressione parziale. Laperdita QHe è calcolata come prodotto di pHe, la pressione parziale dell’elio, per SHela velocità di pompaggio

74

QHe = pHe SHe.

La velocità di pompaggio per l’elio è una caratteristica tecnica generalmentenota dell’apparato; dunque dalla misura di pHe, ovvero dalla misura della corrente diioni d’elio che raggiungono il catodo della cella, si è in grado di dedurre la perditaQHe. Dai primi cercafughe, ancorché robusti ma lenti, delicati e con procedure dicalibrazione complicate, la strumentazione impiegata oggi ha beneficiato di notevoliprogressi tecnici.

L’uso di pompe turbomolecolari che producono l’alto vuoto e non richiedonol’utilizzo di trappole di N2 liquido, della microelettronica e del software di controllo,hanno trasformato questi delicati strumenti di misura in sistemi robusti, compatti ecompletamente automatici.

Infine ricordiamo che sono stati sviluppati anche cercafughe basati sullarivelazione d’idrogeno molecolare H2 o di He3, il ben più raro isotopo dell’elio. Sitratta di strumenti poco diffusi, basati sullo stesso principio di funzionamento dellospettrometro magnetico per He4.

Uso del cercafughe a spettrometro magnetico di massa per elio.

I metodi principali per misurare una perdita con uno spettrometro adeflessione magnetica sono due. Nel primo il sistema da provare è pressurizzato conl’elio, nel secondo è messo sotto vuoto.

Nel primo metodo, dopo aver introdotto nel sistema elio ad una pressionesuperiore ad 1 atmosfera, si collega al cercafughe una sonda detta annusatore(sniffer). Si tratta in pratica di un capillare connesso al sistema da vuoto delcercafughe attraverso il quale è aspirato l’elio che fugge via dal punto del pezzo(mantenuto in pressione) dove è localizzata la perdita.

75

Se non siamo interessati alla localizzazione della perdita, possiamo procedereponendo il sistema, sempre pressurizzato con elio, in una camera da vuoto piùgrande. Questa ultima, dopo essere stata ben chiusa, è posta sotto vuoto per mezzo delcercafughe stesso. In tal modo si possono analizzare le molecole di gas residuopresenti nella camera più esterna. Se il componente presenta perdite, il cercafughe dàla misura totale dell’entità della perdita senza fornire alcuna informazione della sualocalizzazione (metodo globale).

Esiste poi il secondo metodo che consente di localizzare perdite sino a 10-12

mbar lt/s. Il sistema da provare è posto sotto vuoto tramite il cercafughe mentre l’elioè spruzzato esternamente tramite un diffusore. Tale metodo è chiamato in gergo lospraying test. Discutiamo ora più in dettaglio questi metodi.

Lo sniffing test.

L’attrezzatura richiesta per il test con l’annusatore è un cercafughe dotatodello sniffer. Lo sniffer è collegato da un lato alla pompa del cercafughe, mentre laparte sensibile è aperta verso l’atmosfera attraverso un orifizio calibrato che consenteun flusso d’aria (e d’elio) nella sonda. La quantità di gas che passa nello sniffer èdeterminata dalle dimensioni della bocca dell’orifizio.Dopo che il pezzo da testare è stato messo in pressione con elio, lo sniffer è spostatointorno alla zona in cui potrebbero essere delle perdite. L’aria dell’ambientecircostante e l’elio uscito dalla perdita sono attirati attraverso lo sniffer e raggiungonoil cercafughe attraverso il tubetto di collegamento.La sensibilità di questo metodo è limitata dalla concentrazione di elio presentenell’atmosfera pari a 5 ppm (parti per milione). Deduciamo la pressione parzialedell’elio moltiplicando la pressione atmosferica p per la concentrazione

pHe = 5 10-6 pIl flusso entrante nello sniffer dipende dalla velocità di pompaggio efficace per l’elioSHe. Nel caso in cui si ha SHe = 1 cm

3/s, il valore del rumore di fondo dello strumento

è

QHe = PHe SHe = 5x10-6 mbar lt/s

Notiamo inoltre che l’impiego di un annusatore con un orifizio di sezione prefissatagarantisce che il rumore di fondo sia stazionario e che il tempo di risposta sia fissato.La sensibilità è proporzionale alla velocità di pompaggio, ma scegliendo un valore piùbasso di SHe si allunga il tempo di risposta dello strumento perché l’elio raggiunge piùlentamente la cella spettrometrica all’interno del cercafughe.L’intervallo di tempo necessario per avere un segnale di misura dal cercafughe dopoche l’elio è entrato in uno sniffer standard con un tubetto di collegamento di qualchemetro, è dell’ordine del secondo. La velocità con cui l’annusatore è spostato intorno alpezzo in prova, la distanza dal pezzo stesso sono aspetti critici del test. Più la sonda èvicina alla perdita, maggiore è la quantità d’elio che entra nel cercafughe. Viceversa,più veloce è il movimento dell’operatore, più piccola sarà la quantità d’elio aspirata.Ciò significa che lo sniffing test mal si presta per prove quantitative, ma è in gradosolamente di segnalare localmente una perdita. Se ci limita a verificare che la perditacomplessiva della parte da esaminare deve essere al di sotto di un valore di soglia bendeterminato (vincolante per la sua funzionalità), è necessario utilizzare un metodo di

76

test globale. Questo perché il pezzo potrebbe perdere in più punti e la perdita totale,somma delle fughe locali, potrebbe superare il valore di soglia impostato.

Metodo globale (global hard vacuum test)

Nel metodo in vuoto il pezzo, pressurizzato con elio, è posto in una camera atenuta di vuoto, che è quindi evacuata. Una volta raggiunto il valore di vuotodesiderato, la valvola d’ingresso del cercafughe è aperta ed ogni molecola d’elio chesfugge dal pezzo è convogliata e misurata nel cercafughe. Al contrario dello sniffingtest, l’hard-vacuum test è un metodo globale, che definisce quantitativamente laperdita totale del pezzo, ma che non ne determina la posizione. In molte applicazioniindustriali, per raggiungere in tempi accettabili il livello di vuoto nella camera di test,è necessario l’impiego di un gruppo per vuoto ausiliario. Il dimensionamento delgruppo per vuoto è funzione di diversi parametri, quali l’entità della perdita, ledimensioni del pezzo da testare ed il tempo di ciclo d’ogni test. Per eseguirecorrettamente un test con questo metodo sono necessari dunque tre elementi: ilcercafughe, la camera di test, il gruppo vuoto ausiliario. Questi pezzi devono esserecollegati tra loro e costituiscono un impianto di collaudo. In funzione dellacomplessità del test e del grado d’automazione richiesto, possono essere realizzatidifferenti impianti di collaudo dai più semplici ai più elaborati. Lo sniffing testrichiede soltanto un cercafughe e l’abilità dell’operatore, l’hard-vacuum test richiedeattrezzature più complesse e costose ma limita enormemente l’incidenza del fattoreumano.

Se la parte da provare è molto piccola od è impossibile realizzare unaconnessione per introdurre l’elio, il test di tenuta deve prevedere una fase preventivadetta bombing. In questa fase, il pezzo è posto in una camera opportuna nella quale sirealizza un’alta pressione d’elio. In questo modo le particelle d’elio, se vi è unaperdita, entrano nel pezzo che in una fase immediatamente successiva sarà quinditrasferito in una camera di test del tutto analoga al caso precedente. La fase ditrasferimento richiede una certa attenzione perché va evitato che l’elio presente ingran quantità nella camera di bombing possa “inquinare” la camera di test, inoltre ilpezzo non deve avere una geometria tale da intrappolare elio in cavità o parti che nondevono essere verificate.

Metodo ad accumulo.

Il metodo ad accumulo è un sistema per utilizzare lo sniffer per determinareuna misura globale e quantitativa della perdita di un pezzo. Questo metodo consistenel pressurizzare con elio un pezzo e nel disporlo in seguito in un contenitore a tenutad’aria. Noto il volume d’accumulo (il volume libero tra contenitore e pezzo),attraverso lo sniffer si convoglierà la quantità d’elio somma delle diverse perdite delpezzo ed il cercafughe ne darà una misura globale. Sebbene il pezzo sia in uncontenitore a tenuta d’aria, l’aria che occupa il volume d’accumulo rimane a pressioneatmosferica, (non si deve fare il vuoto nello spazio libero). Questo metodo ha peròdiversi limiti ed in pratica s’impiega in applicazioni particolari in cui si devonorilevare grosse perdite (ad esempio in pezzi di fusione) o perdite medie in piccolicomponenti (ad esempio le valvole per liquidi). I fattori penalizzanti sono il volumed’accumulo e l’entità della fuga. Più grande è il volume d’accumulo, maggiore è iltempo per verificare e misurare la perdita. L’entità della perdita e la sensibilità

77

dipendono dal volume libero e dal tempo disponibile per il test ed il limite di talemetodo è deducibile dalla seguente formula

∆pHe = (QHe ∆tacc)/V,

dove ∆pHe è l’incremento della pressione parziale dell’elio, QHe è la portata d'elio cheesce dal pezzo in pressione, ∆tacc è il tempo di accumulo e V è il volume libero.

Spraying Test

Questo metodo consente di individuare con buona approssimazione la zonadella fuga del pezzo da testare. E’ l’unico metodo in cui il pezzo è messo sotto vuotoe collegato direttamente al cercafughe, mentre l’elio è spruzzato nel suo intorno conun diffusore. Questo tipo di test è impiegato laddove è necessario localizzare perditeanche molto piccole, QHe > 10-12 atm. cm3 /s, perché non presenta il limite disensibilità del test con sniffer dovuto alla presenza dell’elio nell’atmosfera. Presentaperò un limite di tipo operativo, in quanto l’ambiente di lavoro, se non è ben ventilato,tende a saturarsi di elio e quindi risulta difficile localizzare la perdita (la prova sitrasforma quasi in un test globale). È comunque un tipo di test che trova moltiimpieghi nel settore della ricerca, ma molto meno nel settore industriale dove vannoeseguiti controlli in serie o su linee di montaggio.

Lo spettrometro di massa a quadrupolo

Una soluzione alternativa allo spettrometro descritto sinora è uno strumentoche separa gli ioni in virtù della presenza di un campo elettrico a geometriaquadrupolare (spettrometro di massa a quadrupolo). Esso ha il vantaggio di rilevareanche altri gas, ma è nettamente più costoso rispetto alla cella spettrometrica adeflessione magnetica.Questo analizzatore è costituito da quattro barre metalliche parallele, due caricateelettricamente a potenziale positivo e due a potenziale negativo (il quadrupolo) comeschematizzato qui di seguito. Ad esse è applicato un potenziale

+ UDC + Vo cos(w t)

dove UDC e' una tensione continua a cui si somma una tensione sinusoidale di

ampiezza Vo e pulsazione w (la frequenza tipica w/2 p è dell'ordine di 100 MHz).Gli ioni provenienti dallo ionizzatore attraversano il quadrupolo parallelamente allebarre con una traiettoria oscillante e per un dato valore dei potenziali solo gli ioni conun singolo valore del rapporto M/q raggiungono il rivelatore (ioni in risonanza), tutti

78

gli altri ioni, aventi valori maggiori o minori di M/q, vanno a collidere sulle barre(ioni fuori risonanza). La scansione di uno spettro di massa si ottiene facendo variaresimultaneamente VDC e Vo , mantenendo costante il loro rapporto.

79

BIBLIOGRAFIA

1) M. W. Zemansky, Calore e Termodinamica, Zanichelli (1970)

2) E. Fermi, Termodinamica, Boringhieri (1972)

3) P. Fleury, J. P. Mathieu Calore, Termodinamica Stati della Materia, Zanichelli(1968)

4) C. Mencuccini, V. Silvestrini, Fisica I - Meccanica e Termodinamica , LiguoriEditore – Napoli ( 1987)

5) A. Roth, Vacuum technology, Elsevier North Holland Inc. (1978)

6) A. Guthrie, Vacuum Technology, John Wiley & Sons (1963)

7) M. Bertolotti, T. Papa, D. Sette, Metodi d’Osservazione e Misure, Virgilio VeschiEditore - Roma (1968)

8) E. Acerbi, Metodi e Strumenti di Misura, CittàStudi Edizioni s.r.l. – Milano (1999)

9) B. Ferrario, Introduzione alla Tecnologia del Vuoto, edizione riveduta da A.Calcatelli, Patron Editore – Bologna (1999)