d'annunzio la gioconda
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8/14/2019 d'Annunzio La Gioconda
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La GiocondaD'Annunzio, Gabriele
Release date: 2007-11-03
Source: Bebook
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E-text prepared by Chuck Greif, ClaudioPaganelli, and the Project GutenbergOnline Distributed Proofreading Team
(http://www.pgdp.net)
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Nota del trascrittore:
Le indicazioni di scena sono comprese
tra i caratteri =.
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Gabriele d'Annunzio
LA GIOCONDA
TRAGEDIA
_Cosa bella mortal passa, e non d'arte._LEONARDO DA VINCI.
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MILANO
FRATELLI TREVES, EDITORI
31. migliaio.
PROPRIET LETTERARIA.
_I diritti di riproduzione e di traduzionesono riservati per tutti i paesi, compresi laSvezia, la Norvegia e l'Olanda._
assolutamente proibito dirappresentare questo lavoro senza ilconsenso per iscritto dell'Autore.(_Articolo 14 del Testo unico, 17
settembre 1882_).
_Si riterr contraffatto qualunqueesemplare di quest'opera che non porti il
timbro a secco dell'autore._
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Milano, Tip. Treves--1922.
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PER ELEONORA DUSE
DALLE BELLE MANI.
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DRAMATIS PERSONAE.
LUCIO SETTALA. LORENZO GADDI.COSIMO DALBO. SILVIA SETTALA.FRANCESCA DONI. GIOCONDA DIANTI.LA PICCOLA BEATA. LA SIRENETTA.
A Firenze e su la marina di Pisa, neltempo nostro.
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ATTO PRIMO.
=Una stanza quadrata e calma, ove la
disposizione di tutte le cose rivela laricerca di un'armonia singolare, indica ilsegreto di una rispondenza profonda tra lelinee visibili e la qualit dell'animaabitatrice che le scelse e le ama. Tuttointorno sembra ordinato dalle mani di unaGrazia pensierosa. L'imagine di una vitadolce e raccolta si genera dall'aspetto delluogo.
Due grandi finestre sono aperte sulgiardino sottostante; pel vano di una siscorge sul campo sereno del cielo il
poggio di San Miniato, e la sua chiarabasilica, e il Convento, e la chiesa delCronaca, "la Bella Villanella", il pi purovaso della semplicit francescana.
Una porta mette nell'appartamento
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interno; un'altra conduce all'uscita. ilpomeriggio. Per entrambe le finestreentrano il lume, il fiato e la melodia di
Aprile.=
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Dianzi aveva gli occhi d'un bambino.
SILVIA SETTALA.
Egli ritrova tutta la sua bont, quando voigli siete accanto. Quando vi dice Maestro,la sua voce si fa cos affettuosa che il vostrogran cuore paterno ne deve palpitare.
LORENZO GADDI.
Dianzi aveva gli occhi medesimi che gli
vidi quando venne a me la prima volta e iogli misi la creta fra le mani. I suoi occhierano attoniti e dolci; ma fin da quel tempoil suo pollice era energico e rivelatore.
Conservo il suo primo abbozzo. Pensai dioffrirvelo in dono il giorno degli sponsali.Ve lo dar per augurio della nuova felicit.
SILVIA SETTALA.
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Grazie, maestro.
LORENZO GADDI.
una testa di donna coronata di lauro. Miricordo: era l una piccola modellamediocre. Lavorando, egli la guardava dirado. Talvolta pareva assorto, e talvoltaansioso. Gli usc dalle mani una specie dimaschera confusa, in cui s'intravedeva nonso qual lineamento eroico. Rimase perqualche minuto perplesso e scoraggiato, e
quasi vergognoso, dinanzi alla sua opera,non osando volgersi a me. Masubitamente, prima di tralasciare, conpochi tocchi segn intorno alla testa una
corona di lauro. Quanto mi piacque! Eglivolle coronare nella creta il suo sognoinespresso. La fine della sua giornata fu unatto d'orgoglio e di fede. Lo amai da
quell'istante, per quella corona. Io vi darl'abbozzo. Forse, guardandolo con
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attenzione, saprete scoprirvi il voltoardente di Saffo, quella figura ideale chequalche anno dopo egli seppe condurre
alla perfezione di un capolavoro.
SILVIA SETTALA, =che ascoltaavidamente.=
Sedete, sedete, maestro; rimanete ancoraun poco: vi prego! Sedete qui, accanto allafinestra. Rimanete ancora qualche minuto!Io ho mille cose da dirvi, e non sapr
dirvene una. Vorrei vincere questo tremitocontinuo che mi tiene.... Bisognacomprendere....
LORENZO GADDI.
La gioia vi fa tremare?
=Egli siede presso la finestra.= SILVIA,=poggiata le reni al davanzale, rimane
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volta verse di lui; e il suo viso campeggianell'aria cerulea dove sfonda il bel poggioreligioso.=
SILVIA SETTALA.
Non so se sia la gioia.... A volte tutto quelche fu, tutto il male, tutto il dolore, eperfino il sangue, e perfino la cicatrice,tutto dilegua, scompare, cancellatodall'oblio, nulla. A volte tutto quel che fu,tutto l'orribile peso della memoria, si
addensa, si aggrava, si fa compatto eopaco e duro come una muraglia, comeuna roccia che io non debba sormontaregiammai.... Dianzi, quando voi parlavate,
quando mi avete offerto quel donoinatteso, pensavo: "Ecco, ora prendernelle mie mani quel dono, quel pezzo dicreta dove egli gett il primo seme del suo
sogno come in una zolla feconda; io loprender nelle mie mani, andr verso di
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=Ella si sporge dal davanzalechiamando.=
Beata! Beata!
LORENZO GADDI.
La piccola nel giardino?
SILVIA SETTALA.
E l, che corre tra i rosai. folled'allegrezza.--Beata!--S' nascosta dietrouna siepe, la monella. E ride. L'uditeridere? Ah, quando ella ride, io so quale
sia la gioia dei fiori che si riempiono dirugiada fino all'orlo del calice. Cos il suoriso fresco mi colma il cuore.
LORENZO GADDI.
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Forse anche Lucio l'ascolta, e ne consolato.
SILVIA SETTALA, =grave e trepida,chinandosi verso il maestro, prendendogliuna mano.=
Voi credete dunque ch'egli sia guaritoveramente.... d'ogni piaga? Credetech'egli ritorni a me con tutta l'anima sua?Avete sentito questo, vedendolo,parlandogli? Questo vi dice il cuore?
LORENZO GADDI.
M' parso, dianzi, ch'egli avesse l'aspetto
dell'uomo che ricomincia a vivere con unsenso nuovo della vita. Colui che haveduto il volto della morte non pu nonaver veduto in un baleno anche quello
della verit. I suoi occhi sono sbendati.Egli vi riconosce intera.
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SILVIA SETTALA.
Maestro, maestro, se voi v'ingannaste, sela speranza fosse vana, che sarebbe dime? Ho consumato tutte le forze.
LORENZO GADDI.
E di che temete omai?
SILVIA SETTALA.
Egli ha voluto morire; ma l'_altra_....l'_altra_ vive, e la so implacabile.
LORENZO GADDI.
E che potrebbe ella omai?
SILVIA SETTALA.
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Tutto potrebbe, s'ella fosse ancora amata.
LORENZO GADDI.
Ancora amata? Oltre la morte?
SILVIA SETTALA.
Oltre la morte. Ah, comprendete la miaangoscia! Per lei egli ha voluto morire, inun'ora di delirio e di furore. Pensatequanto egli dovesse amarla se il pensiero
di me, se il pensiero di Beata non l'hatrattenuto.... Egli era dunque, nell'oraterribile, tutto intero la preda di lei sola;egli era al culmine della sua febbre e del
suo spasimo, e il resto del mondo eraabolito. Pensate quanto egli dovesseamarla!
=La voce della donna sommessa malacerante. Il vecchio china il capo.=
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Ora, chi pu dire quel che sia accaduto inlui, dopo il colpo, quando il buio della
morte passato su la sua anima? S' eglirisvegliato immemore? Vede egli unabisso tra la sua vita che si rinnovella e laparte di s che rimasta di l da quelbuio? Oppure.... oppure l'Imagine risortadal profondo, e rimane su l'ombra persempre, dominatrice, con un rilievoindistruttibile? Dite!
LORENZO GADDI, =perplesso.=
Chi pu dire?
SILVIA SETTALA, =con un accento didolore.=
Ah, ora voi stesso non osate pi
consolarmi! Dunque, cos? Non v'riparo?
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Care, care mani, coraggiose e belle,sicure e belle! Sono d'una straordinaria
bellezza le vostre mani, Silvia. Se troppevolte il dolore ve le ha congiunte, anche vele ha sublimate, le ha rese perfette. Sonoperfette. Ricordate la donna delVerrocchio, la donna dal mazzolino, quelladai capelli a grappoli? Ah, l!
=Egli s'accorge, dallo sguardo e dalsorriso di= SILVIA, =che una copia del
busto posata su un piccolo armario in unangolo della stanza.=
Voi avete dunque gi riconosciuta la
parentela. Quelle due mani sembranoconsanguinee delle vostre, sono dellamedesima essenza. Vivono, vero?, d'unavita cos luminosa che il resto della figura
n' oscurato.
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SILVIA SETTALA, =sorridendo.=
Oh anima sempre giovine!
LORENZO GADDI.
Quando Lucio riprender il suo lavoro,dovr il primo giorno modellare le vostremani. Io ho un pezzo di marmo antico,trovato negli Orti Oricellari. Glie lo dar,perch le scolpisca in quello e poi lesospenda come un _ex-voto_.
SILVIA SETTALA, =a cui passa un'ombrasu la fronte.=
Credete ch'egli riprender presto il suolavoro? Lo desidera? Ve ne ha parlato?
LORENZO GADDI.
S, dianzi, quando voi non eravate l.
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SILVIA SETTALA.
Che vi diceva?
LORENZO GADDI.
Cose vaghe e deliziose, imaginazioni diconvalescente. Le conosco. Sono statoanch'io malato. Ora gli sembra d'averesmarrito l'arte sua, di non aver pi alcunapotenza, d'essere divenuto estraneo alla
bellezza. Ora invece gli sembra che i suoipollici abbiano assunto una virt magica eche a un semplice tocco le forme debbanoescirgli dalla creta con la facilit dei
sogni.... Ha qualche inquietudine perl'abbandono in cui crede sia rimasto il suostudio, laggi, sul Mugnone. Mi ha pregatod'andare a vedere.... Avete voi la chiave?
SILVIA SETTALA, =turbata.=
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C' il custode.
LORENZO GADDI.
Non siete pi stata laggi, da quando?
SILVIA SETTALA.
Da quando _la cosa_ incominci.... Nonho ancora avuto il cuore di rientrarvi.Credo che vedrei da per tutto le macchie
di sangue e troverei da per tutto le traccedi colei.... Ella ancora padrona laggi.Quel luogo ancora il suo dominio.
LORENZO GADDI.
Il dominio di una statua.
SILVIA SETTALA.
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No, no.... Non sapete che una chiave rimasta nelle sue mani? Ella entra l,ancora come una padrona.... Ah, ve l'ho
detto, ve l'ho detto: ella vive, ed implacabile.
LORENZO GADDI.
Siete sicura ch'ella sia rientrata l, dopoquel che accaduto?
SILVIA SETTALA.
Sono sicura. La sua audacia non ha limiti.Ella senza piet e senza vergogna.
LORENZO GADDI.
Ed egli, Lucio, lo sa?
SILVIA SETTALA.
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S, l'ho veduta.
SILVIA SETTALA.
Fu egli che ve la mostr?
LORENZO GADDI.
S, un giorno dell'ottobre scorso. L'avevafinita allora.
=Una pausa.=
SILVIA SETTALA, =con la voce che letrema e le manca.=
meravigliosa; vero? Dite!
LORENZO GADDI.
S, bellissima.
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SILVIA SETTALA.
Per l'eternit!
=Una pausa, grave di mille coseindefinite e tuttavia ineluttabili.=
LA VOCE DI BEATA, =dal fondo delgiardino.=
Mamma! Mamma!
LORENZO GADDI.
La piccola vi chiama.
SILVIA SETTALA, =scotendosi,sporgendosi dal davanzale.=
Beata!... Ah, ecco: mia sorella Francesca
traversa il giardino; vienesu, con CosimoDalbo. Sapete? Cosimo tornato dal
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Cairo; arrivato iersera a Firenze. Luciosar molto contento di rivederlo.
LORENZO GADDI, =levandosi peraccomiatarsi.=
Dunque addio, cara Silvia: forse adomani.
SILVIA SETTALA.
Rimanete ancora un poco! Mia sorella
vorr vedervi.
LORENZO GADDI.
Bisogna ch'io vada. Sono gi in ritardo.
SILVIA SETTALA.
Quando avr il dono che mi avetepromesso?
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LORENZO GADDI.
Forse domani.
SILVIA SETTALA.
Senza forse, senza forse. Vi aspetto.Bisogna che voi veniate spesso qui, tutti igiorni. La vostra presenza un gran bene.Non mi abbandonate! Confido in voi,maestro. Ricordatevi che una minaccia
ancora sul mio capo.
LORENZO GADDI.
Non temete. In alto il cuore!
SILVIA SETTALA, =volgendosi allaporta.=
Ecco Francesca.
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SCENA SECONDA.
=Entra= FRANCESCA DONI =e s'avanza
verso la sorella per abbracciarla.=COSIMO DALBO, =che la segue, saluta=LORENZO GADDI =che sul punto diuscire.=
FRANCESCA DONI.
Vedi chi ti conduco? Ci siamo incontrati
davanti al cancello. Salute, maestro. Ve neandate quando io entro?
=Ella saluta il vecchio.=
SILVIA SETTALA, =tendendo la mano algiovine cordialmente.=
Bentornato, Dalbo. Vi aspettavamo. Lucio impaziente di rivedervi.
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sorella, il maestro e l'amico la seguono congli occhi fino alla soglia.=
FRANCESCA DONI, =con un sorrisocarezzevole.=
Povera Silvia! Sembra, da qualche giorno,che abbia le ali. Quando la guardo, in certimomenti, mi sembra che stia per spiccareil volo verso la felicit. E nessuno pi di leimerita d'esser felice; non vero, maestro?Voi la conoscete.
LORENZO GADDI.
S, ella veramente quale i vostri occhi di
sorella la vedono. Esce dal suo martirioalata. V' in lei una specie di fremitoincessante. Lo sentivo dianzi, mentre lestavo vicino. Ella veramente nello stato
di grazia. Non v' altezza ch'ella nonpotrebbe raggiungere. Lucio ha nelle sue
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mani una vita di fiamma, una forza infinita.
FRANCESCA DONI.
Siete stato a lungo con lui, oggi?
LORENZO GADDI.
S, qualche ora.
FRANCESCA DONI.
Come lo avete trovato?
LORENZO GADDI.
Traboccante di dolcezza e smarrito. Voilo vedrete fra poco, Dalbo. La suasensibilit pericolosa. Le persone che loamano possono fargli molto bene e molto
male. Una parola lo agita e lo sconvolge.Siate attento ad ogni vostra parola, voi che
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lo amate. A rivederci. Bisogna che io vada.
=Si accomiata dai due, per uscire.=
FRANCESCA DONI.
A rivederci, maestro. Forse domani virivedr qui. Spero. Voi avete orrore dellemie scale!
=Ella accompagna il vecchio sino allaporta; quindi torna verso l'amico.=
Che fuoco d'intelligenza e di bont, inquel vecchio! Quando egli entra in unastanza, sembra che porti un conforto per
tutti. Chi triste si solleva e chi lietos'infrvora.
COSIMO DALBO.
un animatore; appartiene alla pi
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nobile casta degli uomini. La sua opera una continua esaltazione della vita: ilcontinuo sforzo di comunicare una
scintilla, tanto alle sue statue quanto allecreature che egli incontra nel suocammino. Lorenzo Gaddi mi par degnod'una gloria ben pi alta di quella che gliconcedono i suoi contemporanei.
FRANCESCA DONI.
vero, vero. Se sapeste di che energia
e di che delicatezza ci ha dato prova, inquesta orribile sventura! Quando la cosaavvenne, mia sorella non era qui: era danostra madre, a Pisa, con Beata. La cosa
avvenne nello studio, l, sul Mugnone,verso sera. Soltanto il custode ud il colpo.Com'ebbe scoperta la verit, per istintocorse ad avvertire Lorenzo Gaddi prima
d'ogni altro. Nell'angoscia e nell'orrore diquella sera d'inverno, tra la confusione e
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l'incertezza, egli solo non si perse maid'animo, non ebbe mai un attimo diesitanza. Conserv sempre una strana
lucidit da cui tutti fummo dominati. Eglisolo disponeva: tutti obbedivamo. Fu egliche volle trasportato il povero Lucio quinella casa, moribondo. I medicidisperavano della salvezza. Egli soloripeteva, con una fede ostinata: "No, nonmorr, non morr, non pu morire." Io glicredetti. Ah che notte eroica, Dalbo! E poil'arrivo di Silvia, l'annunzio ch'egli stesso le
diede, il divieto ch'egli le fece di entrarenella stanza dove un soffio potevaspegnere quel barlume di vita; e la forza dilei, l'incredibile resistenza di lei alla veglia
e al disagio per intere settimane, lavigilanza fiera e silenziosa con cui ellacustodiva la soglia come per impedire ilpassaggio alla morte....
COSIMO DALBO.
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E io ero lontano, inconsapevole di tutto, abearmi d'ozio in una barca sul Nilo!
Eppure una specie di presentimento mipungeva, prima di partire. Per ci io tentaiogni mezzo di persuadere Lucio adaccompagnarmi nel viaggio che in altritempi avevamo sognato insieme. Egliaveva finito in quei giorni la sua statua; e iopensavo che nel marmo stupendo fosse lasua liberazione. Mi rispose: "Non ancora!"E, qualche mese dopo, doveva cercarla
nella morte. Ah se io non fossi partito, sefossi rimasto al suo fianco, se fossi stato pifedele, se avessi saputo difenderlo controla nemica, nulla sarebbe forse avvenuto!
FRANCESCA DONI.
Non bisogna rammaricarsi, se da tanto
male pu venir qualche bene. Chi sa inquale tristezza disperata mia sorella si
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sarebbe consunta, se il fatto violento nonl'avesse riunita a Lucio d'improvviso! Manon crediate che la nemica abbia deposto
le armi. Ella non abbandona il campo....
COSIMO DALBO.
Che? Gioconda Dianti....
FRANCESCA DONI, =facendo il segno delsilenzio, abbassando la voce.=
Non dite quel nome!
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SCENA TERZA.
=Appare su la soglia= LUCIO SETTALA
=appoggiato al braccio di= SILVIA,=pallido e scarno, con gli occhistraordinariamente ingranditi dallasofferenza, con un sorriso tenue e dolceche affina la sua bocca voluttuosa.=
LUCIO SETTALA.
Cosimo!
COSIMO DALBO, =volgendosi,accorrendo.=
Oh Lucio, caro, caro amico!
=Egli prende il convalescente fra le sue
braccia; mentre= SILVIA =si trae indisparte, si avvicina alla sorella ed esce
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con lei, piano, soffermandosi a guardarel'amato prima di scomparire.=
Tu sei guarito; vero? Tu non soffri pi; vero? Ti trovo un po' pallido, un po'dimagrato, ma non troppo.... Hai l'aria cheavevi certe volte uscendo da un periodo dilavoro febrile, quando rimanevi dodici oreal giorno dinanzi alla tua creta, divoratodalla grande fiamma. Ti ricordi?
LUCIO SETTALA, =smarrito, girando lo
sguardo per vedere se Silvia sia ancoranella stanza.=
S, s....
COSIMO DALBO.
Anche allora gli occhi ti s'ingrandivano....
LUCIO SETTALA, =con una inquietudine
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indefinibile, quasi infantile.=
E Silvia? Dov' andata Silvia? Non era qui
anche Francesca?
COSIMO DALBO.
Ci hanno lasciati soli.
LUCIO SETTALA.
Perch? Ella crede, forse.... No, io no ti
dir nulla, io non so pi nulla. Tu sai, forse.Io no; non mi ricordo, non voglioricordarmi pi.... Dimmi di te! Dimmi di te! bello il Deserto?
=Egli parla in una maniera singolare,come trasognando, con un misto diagitazione e di stupore.=
COSIMO DALBO.
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Ti dir. Ma bisogna che tu non ti affatichi.Ti racconter tutto il mio pellegrinaggio;
verr da te ogni giorno, se mi vuoi;rimarr con te quanto ti piacer, ma senzache tu ti stanchi. Siedi qui....
LUCIO SETTALA, =sorridendo.=
Tu credi che io sia tanto debole?
COSIMO DALBO.
No; tu stai gi bene, ma meglio che tunon ti stanchi. Siedi qui....
=Lo fa sedere presso la finestra; guardala collina disegnata puramente sul cielod'aprile.=
Ah, mio caro, cose meravigliose hannomirato i miei occhi e hanno bevuto una
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luce al cui paragone anche questa sembrasmorta; ma, quando rivedo una semplicelinea come quella l (guarda l San
Miniato!), mi sembra di ritrovar tutto mestesso dopo un intervallo di errore.Guarda l il poggio benedetto! Lapiramide di Chope non fa dimenticare laBella Villanella; e pi d'una volta, neigiardini di Koubbeh e di Gizeh, serbatoi dimiele, masticando un grano di resina, hopensato a uno svelto cipresso toscano sullimite di un oliveto magro.
LUCIO SETTALA, =socchiudendo gliocchi sotto l'alito primaverile.=
Si sta bene qui; vero? C' un odore diviolette.... C' forse un mazzo di violettenella stanza? Silvia ne mette da per tutto,anche sotto il mio guanciale.
COSIMO DALBO.
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Sai? Ti ho portato, tra le pagine di unCorano, le violette del Deserto. Le ho colte
nel giardino di un monastero persiano, invicinanza della Tebaide, ai fianchi delMokattam, su un'altura di sabbia. L, in unacaverna scavata nel monte, coperta ditappeti e di cuscini, i monaci offrono alvisitatore un th d'un sapore speciale, ilth arabo, profumato di violette.
LUCIO SETTALA.
E tu me le hai portate, sepolte nel libro!Tu eri felice quando le coglievi, laggi; eio avrei potuto esser teco.
COSIMO DALBO.
Tutto era oblio, laggi. Salivo per una
lunga scala di pietra, diritta, che conducedal piede della montagna alla porta dei
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Bectaschiti. Il Deserto era intorno: unaimmensa aridit allucinante dove solivivevano il palpito del vento e il tremolio
del calore. Non distinguevo qua e l, tra ledune, se non le pietre bianche dei cimiteriarabi. Udivo i gridi degli sparvieri,altissimi nel cielo. Guardavo sul Nilopassare a torme le barche dalle grandivele latine, bianche, lente, di continuo, dicontinuo, come fiocca la neve. E a poco apoco mi rapiva un'estasi che tu non puoiancora aver conosciuto: l'estasi della luce.
LUCIO SETTALA, =con una voce che parelontana.=
E io avrei potuto esser teco, oziare,obliare, sognare, inebriarmi di luce. Tu hainavigato sul Nilo, vero?, in una vecchiabarca carica di otri, di sacchi e di gabbie.
Tu sei disceso in un'isola verso sera; tu erivestito di lana bianca; tu avevi sete; tu ti
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sei dissetato a una sorgente; tu haicamminato a piedi nudi sui fiori; e l'odoreera cos forte che ti pareva di non aver pi
fame. Ah, ho pensato, ho sentito questecose, dal mio guanciale.... E anche peldeserto ti seguivo, quando la febbre erapi alta: per un deserto di sabbie rosse,tutto seminato di pietre brillanti che sisfaldavano crepitando come i sarmenti alfuoco.
=Una pausa. Egli si solleva un poco,
interrogando con un accento chiaro, adocchi aperti.=
E la Sfinge?
COSIMO DALBO.
La prima volta la vidi di notte, al lume
delle stelle, profondata nella sabbia checonservava ancora l'impronta violenta dei
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turbini. Soltanto la faccia e la groppaemergevano da quella specie di gorgoplacato, la forma umana e la bestiale. La
faccia, dove l'ombra nascondeva lemutilazioni, in quell'ora mi parvebellissima: calma, augusta e cerulea comela notte, quasi mite! Non v', Lucio, cosa almondo che sia pi sola di quella; ma la miaanima era come dinanzi a moltitudini chedormissero e su le cui ciglia cadesse larugiada. La rividi, poi, di giorno. La facciaera bestiale come la groppa; il naso e le
gote erano corrosi; il fimo degli uccellibruttava le bende. Era il pesante mostrosenz'ali imaginato dagli scavatori disepolcri, dagli imbalsamatori di cadaveri.
E mi riapparve nel sole la tua Sfingeimperiosa e pura che porta le aliimprigionate vive negli omeri.
LUCIO SETTALA, =con una commozionesubitanea.=
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La mia statua? Tu parli della mia statua?Tu la vedesti, vero, prima di partire; e ti
sembr bella.
=Egli guarda inquieto verso la porta, pertema che= SILVIA =possa udire; e abbassala voce.=
Ti sembr bella; vero?
COSIMO DALBO.
Bellissima.
=Lucio si copre gli occhi con ambo le
palme e resta per alcuni attimi intentocome par evocare una visionenell'oscurit.=
LUCIO SETTALA, =scoprendosi.=
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Non la vedo pi. Mi sfugge. Appare edispare come in un baleno, confusa. Sel'avessi ora qui davanti, mi parrebbe
nuova; gitterei un grido Io l'ho scolpita,con queste mie mani?
=Egli si guarda le mani affilate esensitive. Un'agitazione crescente loinvade.=
Non so pi, non so pi. Nella primafebbre, quando avevo ancora il piombo
nella carne e il rombo continuo dellamorte su l'anima perduta, la vedevo dirittaa pi del letto, accesa come una torcia,come se io medesimo l'avessi plasmata in
una materia incandescente. Cos per pigiorni e per pi notti io la vidi, a traversole mie palpebre. S'accendeva con la miafebbre. Quando i miei polsi bruciavano,
ella si faceva di fiamma. Pareva che salissee ribollisse in lei tutto il sangue versato ai
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suoi piedi....
COSIMO DALBO, =inquieto, guardando
anch'egli verso la porta per lo stessotimore.=
Lucio, Lucio, tu dicevi dianzi che nonsapevi pi nulla, che non volevi ricordartipi di nulla.... Lucio!
=Egli scuote dolcemente l'amico che rimasto fisso.=
LUCIO SETTALA, =riprendendosi.=
Non temere. Tutto laggi, lontano, in
fondo al mare. Anch'essa la statua sommersa con l'altre cose, dopo ilnaufragio. Per ci io non la vedo se non inconfuso, a traverso le alte acque.
COSIMO DALBO.
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Ella sola sar salvata, vivr in eterno; etanto dolore non sar stato sofferto invano,
tanto male non sar stato inutile, se ancrauna cosa bella si aggiunger all'ornamentodella vita.
LUCIO SETTALA, =sorridendo ancora delsuo sorriso tenue e parlando con la suavoce lontana.=
vero. Io penso qualche volta alla sorte
di colui che naufrag in una tempesta contutto il suo carico. In una giornata serenacome oggi, egli prese una barca e unarete; e torn sul luogo del naufragio con la
speranza di trarre dal fondo qualche cosa.E, dopo molta fatica, trasse a riva unastatua. E la statua era cos bella che, alrivederla, egli pianse di gioia; e si sedette
su la riva del mare a contemplarla, e fupago di quel bene, e non volle altro
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luce; tutte le foglie ne stillano. Le donneche passano lungo il fiume con gli otririempiuti fiammeggiano veramente come
le milizie angeliche nella Cantica, distinte"e di fulgore e d'arte".
LUCIO, =avendo scoperto su una tavola ilmazzo di violette, lo prende, e vi affondaquasi il viso per aspirarne l'odore.=
LUCIO SETTALA, =tenendo ancora ilmazzo alle nari e socchiudendo gli occhi
nella delizia.=
Sono belle le donne del Nilo?
COSIMO DALBO.
Talune, le adolescenti, hanno corpi d'unapurezza e d'una eleganza stupende. Tu che
prediligi le musculature agili e salde, unacerta acerbit nelle forme, le gambe
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lunghe e nervose, troveresti l qualchemodella incomparabile. Quante volte ti hoinvocato! Nell'isola d'Elefantina avevo
un'amica di quattordici anni: una fanciulladorata come un dattero, magra, svelta,arida, con le reni forti e arcate, le gambediritte e potenti, i ginocchi perfetti--cosararissima, come tu sai. Su tutta quellamagrezza dura, che dava imagined'un'arme da lancio precisa e fine, tre cosemi seducevano con una graziainfinitamente molle: la bocca, l'ombra dei
cigli, l'estremit delle dita. Ellas'intrecciava i capelli con le dita ch'eranorosse all'estremit come petali intinti nellaporpora; e guardarla in quell'atto, su la
soglia della casa bianca, era la gioia deimiei mattini. Avrei voluto portartela con lestatuette, con gli scarabei, con le stoffe, coltabacco, con i profumi, con le armi. Ma t'ho
portato un bell'arco, che ho comperato adAssouan e che le somiglia un poco.
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LUCIO SETTALA, =con un lieveturbamento, rovesciando indietro il capo.=
Doveva essere una creatura deliziosa!
COSIMO DALBO.
Deliziosa e inoffensiva. Ella somigliava aun bell'arco, ma le sue frecce non eranoavvelenate.
LUCIO SETTALA.
Tu l'amavi?
COSIMO DALBO.
Come amo il mio cavallo e il mio cane.
LUCIO SETTALA.
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Ah, tu eri felice laggi; la tua vita erafacile e leggera. Era dunque l'isolad'Elefantina quella dove io ti vidi
approdare, nel sogno. Avrei potuto esserteco! Ma io andr, partir. Non desideri diritornarvi? Io avr una casa bianca sul Nilo:far le mie statue col limo del fiume e lealzer in quella tua luce che me leconvertir in oro.... Silvia! Silvia!
=Egli chiama verso la porta, comeassalito da una impazienza repentina, da
una volont ansiosa di vivere.=
Sar troppo tardi?
COSIMO DALBO.
troppo tardi. Sopraggiunge la grandeestate.
LUCIO SETTALA.
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Che importa? Io amo l'estate, il calore,anche l'afa. Tutti i melagrani saranno fioriti
nei giardini, e qualche volta piover,verranno gi nell'afa quelle gocce larghe etiepide che fanno sospirare di volutt laterra....
COSIMO DALBO.
Ma il Khamsin? quando tutto il Deserto sisollever contro il Sole?
SILVIA =appare su la soglia, sorridendo,con tutta la persona mossa da una visibileanimazione. Ella ha mutato abito: vestita
d'un colore pi chiaro, primaverile; e portafra le mani un mazzo di rose fresche.=
SILVIA SETTALA.
Che dite, Dalbo, contro il Sole? M'hai
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chiamata, Lucio?
LUCIO SETTALA, =ripreso da una specie
di timidit inquieta, come d'uomo cheabbia il bisogno di abbandonarsi e nonosi.=
S, ti ho chiamata, perch non ti vedevopi tornare.... Cosimo mi raccontava tantecose belle, del suo viaggio. Volevo cheanche tu le udissi.
=Egli guarda la moglie con occhi attoniti,come se scoprisse in lei una grazianuova.=
Stavi per uscire?
SILVIA SETTALA, =arrossendo un poco.=
Ah, tu guardi il mio abito. L'ho messo perprovarlo, giacch Francesca era l.... Mia
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sorella vi fa le sue scuse a entrambi, peressersi partita senza venire a salutarvi.Aveva fretta: l'aspettano i suoi bambini.
Spera, Dalbo, che voi andiate presto avederla.
=Ella depone su una tavola il mazzo dirose.=
Pranzate con noi, stasera?
COSIMO DALBO.
Grazie. Stasera non posso. Mia madre mitiene.
SILVIA SETTALA.
giusto. Domani, allora?
COSIMO DALBO.
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Domani. Ti porter, Lucio, i miei doni.
LUCIO SETTALA, =con una curiosit
infantile.=
S, s, prtali, prtali!
SILVIA SETTALA, =sorridendo con un'ariamisteriosa.=
Anch'io domani avr un dono.
LUCIO SETTALA.
Da chi?
SILVIA SETTALA.
Dal maestro.
LUCIO SETTALA.
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Che dono?
SILVIA SETTALA.
Vedrai.
LUCIO SETTALA, =con un motod'allegrezza.=
Tu anche vedrai quante belle cose mi haportate Cosimo: stoffe, profumi, armi,scarabei....
COSIMO DALBO.
Amuleti contro ogni male, talismani per la
felicit. Sul Gebel-el-Tair, in un conventocopto, ho trovato il pi virtuoso degliscarabei. Il monaco mi narr una lungastoria di un cenobita che, al tempo delle
prime persecuzioni, essendosi rifugiato inun ipogeo, vi trov una mummia e la trasse
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fuori dal suo viluppo di balsami e larianim. E la mummia risuscitata con le suelabbra dipinte gli fece il racconto della sua
antica vita, ch'era stata un tessuto difelicit. Infine, come il cenobita volevaconvertirla, ella prefer di ricoricarsi neisuoi balsami; ma prima gli don loscarabeo preservatore. Dirvi l'uso che nefu fatto dal solitario e le vicende per cuiscese a traverso i secoli nelle mani delbuon copto, sarebbe troppo lungo. Certo,non ve n' in tutto l'Egitto uno pi virtuoso.
Eccolo. Ve l'offro; l'offro a entrambi.
=Egli presenta l'amuleto a= SILVIA, =chel'osserva attentamente e poi lo porge a=
LUCIO, =con un baleno negli occhi.=
SILVIA SETTALA.
Com' azzurro! pi splendido d'unaturchese. Guarda.
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S. Non senti?
=Entrambi tendono l'orecchio al
murmure.=
SILVIA SETTALA.
vero.
LUCIO SETTALA.
Forse l'hai portata tu, con le rose.
SILVIA SETTALA.
Queste le ha colte Beata....
LUCIO SETTALA.
L'ho sentita ridere dianzi, gi nel
giardino.
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delicatamente.=
LUCIO SETTALA, =tendendo le mani
verso di lei, come ad implorare.=
Silvia! Silvia!
SILVIA SETTALA, =accorrendo.=
Ti senti male? Diventi pi pallido.... Ah, tisei troppo affaticato oggi, sei troppostanco. Siedi qui, siedi. Vuoi un sorso di
quell'elisire? Ti senti venir meno? Di'!
LUCIO SETTALA, =prendendole le mani,con un impeto di amore.=
No, no, Silvia; non mi sono mai sentitocos bene.... Tu, tu siedi, siedi qui; e io aituoi piedi, finalmente, con tutta l'anima
mia, per adorarti, per adorarti!
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=Ella si lascia cadere sul divano ed egli inginocchio dinanzi a lei. Ella tuttasconvolta e tremante, e pone le mani su le
labbra di lui come per impedirgli diparlare. Le passano cos tra le dita l'alito ele parole.=
Finalmente! Era come una piena cheveniva di lontano, una piena di tutte lecose belle e di tutte le cose buone che tuhai versate su la mia vita da che mi ami; en'avevo il cuore gonfio, ah cos gonfio che
dianzi vacillavo sotto il peso e mancavo emorivo d'ambascia e di dolcezza, perchnon osavo dire....
SILVIA SETTALA, =bianca in viso, con lavoce spenta.=
Non dire, non dir pi!
LUCIO SETTALA.
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Ascoltami, ascoltami. Tutte le pene chehai sofferte, le ferite che hai ricevute senza
un grido, le lacrime che nascondestiperch io non avessi onta e rimorso, isorrisi di cui velavi le tue agonie, l'infinitapiet pel mio errore, il coraggioinvincibile dinanzi alla morte, la lottaaffannosa per la mia vita, la speranzatenuta sempre accesa al mio capezzale, leveglie, le cure, l'incessante palpito,l'attesa, il silenzio, la gioia, tutto quel che
v' di profondo, tutto quel che v' di dolcee d'eroico in te, tutto io conosco, tutto ioso, cara, cara anima; e, se la violenza valsa a spezzare un giogo, se il sangue
valso a riscattarmi, (oh, lasciami dire!) iobenedico la sera e l'ora che mi portaronomoribondo in questa casa del tuo martirioe della tua fede per ricevere un'altra volta
dalle tue mani,--da queste divine mani chetremano,--il dono della vita.
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=Egli preme la sua bocca convulsa nellepalme di lei; ed ella lo guarda a traverso il
pianto che le impregna le ciglia,trasfigurata dalla felicit improvvisa.=
SILVIA SETTALA, =con la voce spenta erotta.=
Non dire, non dir pi! Il cuore nonregge.... Tu mi soffochi di gioia.... Una solaparola io attendeva da te, una sola,
null'altro; e a un tratto tu m'inondi d'amore,tu mi riempii tutte le vene, tu mi sollevioltre la speranza, tu trapassi il mio sogno,tu mi di la felicit che sopra ogni
attesa.... Ah che dicevi tu delle mie pene?Che mai il dolore patito, che mai ilsilenzio costretto, e che una lacrima, eche un sorriso, al confronto di questa
piena che mi trasporta? Sento che pitardi, per te, per te, mi rammaricher di
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non avere a bastanza sofferto.... Forse nonho toccato il fondo del dolore, ma so cheho toccato ora la cima della felicit.
=Ella accarezza perdutamente il capo dilui che abbandonato su le sueginocchia.=
lzati! lzati! Vieni pi vicino al miocuore, ripsati sopra di me, abbandnatialla mia tenerezza, premi le mie mani su letue palpebre, taci, sogna, raccogli le forze
profonde della tua vita. Ah non me soltantotu dovresti amare, non me soltanto, mal'amore che io ho per te: amare questo mioamore! Io non sono bella, non sono degna
dei tuoi occhi, sono una umile creaturanell'ombra; ma il mio amore meraviglioso, in alto in alto, solo, sicuro come il giorno, pi forte della
morte, capace d'un prodigio: ti dar quelche gli chiederai. Tu potrai chiedergli
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=Tremante ella vi preme le labbra. Mutoegli tende le braccia verso l'invocatrice. Il
tramonto sembra un'aurora.=
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SCENA PRIMA.
=COSIMO DALBO seduto presso una
tavola su cui poggia il gomito sostenendocon la palma la tempia, grave epensieroso. LUCIO SETTALA in piedi,irrequieto, sconvolto: si muoveincertamente per la stanza, cedendoall'angoscia che lo preme.=
LUCIO SETTALA.
S, voglio dirtelo.... Perch dovreinascondere la verit? A te! M' giunta unalettera, l'ho aperta, l'ho letta....
COSIMO DALBO.
Della Gioconda?
LUCIO SETTALA.
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No, no, no....
COSIMO DALBO, =guardandolo in fondo
agli occhi.=
Non l'ami pi?
LUCIO SETTALA, =supplichevole.=
Oh, non mi torturare! Soffro.
COSIMO DALBO.
Ma che cosa dunque ti turba?
=Una pausa.=
LUCIO SETTALA.
Ogni giorno, all'ora ch'io so, ella
m'attende l, a pi della statua, sola.
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=Un'altra pausa. I due uomini sembra checonsiderino davanti a loro qualche cosa divivente e di forte, una Volont, evocata da
quelle parole brevi.=
COSIMO DALBO.
Ella ti attende! Dove? Nel tuo studio!Come pu entrarvi?
LUCIO SETTALA.
Ha una chiave: quella di allora.
COSIMO DALBO.
Ti attende! Crede, vuole dunque che tu leappartenga ancora.
LUCIO SETTALA.
Tu lo dici.
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COSIMO DALBO.
E che farai?
LUCIO SETTALA.
Che far?
=Una pausa.=
COSIMO DALBO.
Tu vibri come una fiamma.
LUCIO SETTALA.
Soffro.
COSIMO DALBO.
Ardi.
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LUCIO SETTALA, =con veemenza.=
No.
COSIMO DALBO.
Ascolta. Ella terribile. Non si lottacontro di lei se non da lontano. Per ci iovolevo trascinarti meco, oltremare. Tupreferisti al mare la morte. Un'altra (tu saichi, e il cuore ti si fende) un'altra ti ha
strappato alla morte. E tu non puoi vivereomai se non per questa.
LUCIO SETTALA.
vero.
COSIMO DALBO.
Bisogna partire, fuggire.
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LUCIO SETTALA.
Per sempre?
COSIMO DALBO.
Per qualche tempo.
LUCIO SETTALA.
Ella mi aspetter.
COSIMO DALBO.
Tu sarai pi forte.
LUCIO SETTALA.
Il suo potere sar cresciuto. Ella avr pi
profondamente impregnato di s il luogoche m' caro per l'opera che vi fu compita.
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Io la vedr di lontano come la custode diuna statua ove pass il pi vivo balenodell'anima mia.
COSIMO DALBO.
Tu l'ami!
LUCIO SETTALA., =disperato.=
No, non l'amo. Ma pensa: ella sarsempre la pi forte; ella sa quel che mi
vince e quel che mi lega; ella s' armatad'un fascino a cui io non potr sottrarre lamia anima se non strappandola dal miocuore. Debbo io tentare un'altra volta?
COSIMO DALBO.
Ah, tu deliri!
LUCIO SETTALA.
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Il luogo dove ho sognato, dove holavorato, dove ho pianto di gioia, dove ho
chiamata la gloria, dove ho veduta lamorte, la sua conquista. Ella sa che ionon potr starne lontano o rinunziarvi, chela parte pi preziosa della mia sostanza l diffusa; ed ella m'attende, sicura.
COSIMO DALBO.
Ma esercita dunque ella un diritto
inviolabile? Nessuno potr vietarle quellasoglia?
LUCIO SETTALA., =con una emozione
profonda.=
Farla scacciare?
COSIMO DALBO.
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No; ma vi pu essere un modo menoduro, il pi semplice: richiederle quellachiave ch'ella non ha alcun diritto di
conservare.
LUCIO SETTALA.
E chi la richiederebbe?
COSIMO DALBO.
Qualcuno di noi, io stesso,
rispettosamente, in nome della necessit.
LUCIO SETTALA.
Ella rifiuter, considerandoti come unestraneo.
COSIMO DALBO.
Tu stesso, allora.
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Una mattina la Gioconda batter allanuova porta; io le aprir; ella entrer;senza meraviglia io le dir: Benvenuta.
=Egli non contiene pi l'amarezza.=
Ah, ma tu sembri un fanciullo! Tutto per tesi riduce a una chiave. Chiama dunque unfabbro, fa mutare la toppa; e m'avraisalvato.
COSIMO DALBO, =con dolcezza e
tristezza.=
Non t'adirare. Da principio credevo chetu dovessi soltanto liberarti d'una
importuna. Riconosco, ora, che il mioconsiglio era puerile.
LUCIO SETTALA, =implorando.=
Cosimo, amico mio, fa di comprendere!
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COSIMO DALBO.
Comprendo; ma tu neghi.
LUCIO SETTALA, =lasciandosi di nuovotrasportare.=
Non nego, non nego. Vuoi tu ch'io ti gridiche l'amo?
=Si smarrisce, si guarda d'intorno
sbigottito. Si passa una mano su la fronte,con un gesto di sofferenza. Abbassa lavoce.=
Bisognava lasciarmi morire. Pensa: se ioche ero ebro di vita, se io che ero freneticodi forza e d'orgoglio, se io volli morire, certo che riconobbi una necessit
ineluttabile. Non potendo vivere n con lein senza di lei, risolsi di partirmi dal
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mondo. Pensa: io che consideravo ilmondo come il mio giardino e che avevotutte le avidit dinanzi a tutte le bellezze!
certo dunque che riconobbi una necessitineluttabile, un fato di ferro. Bisognavalasciarmi morire.
COSIMO DALBO.
Tu disconosci ora la santit d'un miracolo,crudelmente.
LUCIO SETTALA.
Non sono crudele. Per orrore dellecrudelt a cui mi trascinava la violenza del
male, per non calpestare una virt che mipareva pi che umana, per non potersostenere la dolcezza d'una piccola voceinconsapevole che interrogava, per
impedire a me stesso il peggio,comprendi?, per questo mi risolsi. E per
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orrore di ricominciare io mi rammarico,perch oggi io sono come un disperatoche abbia preso un narcotico e si svegli
dopo un sonno profondo e ritrovi al suocapezzale la stessa disperazione.
COSIMO DALBO.
La stessa! Ed ho ancora negli orecchi letue prime parole: "Non so pi nulla; non miricordo, non voglio ricordarmi pi..." Tusembravi immemore di tutto, proteso
verso un altro bene. Ho ancora negliorecchi il suono della tua voce, quandochiamasti la madre di Beata, levandoti a untratto, impaziente, come per un ardore che
non consentisse indugio. Vedo ancora iltuo sguardo su lei, quando entr palpitantecome una Speranza. E, certo, quella sera tudovesti inginocchiarti ed ella dovette
piangere ed entrambi doveste sentire labont della vita.
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Poi riconobbi che v'era qualche altra cosada abolire in me: questa forza che affluiscealle mie dita incessantemente per
riprodurre....
COSIMO DALBO.
Che intendi?
LUCIO SETTALA.
Intendo che forse sarei salvo, se avessi
dimenticato anche l'arte. In certi giorni, lnel mio letto, guardandomi le maniindebolite, mi pareva incredibile chepotessero ancora creare; mi pareva che
avessero perduto ogni virt. Mi sentivointeramente estraneo a quel mondo diforme in cui avevo vissuto.... _prima dimorire_. Pensavo: "Lucio Settala, lo
statuario, trapassato." E imaginavo difarmi giardiniere d'un piccolo giardino.
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Peccato, amico mio.
COSIMO DALBO.
Ma chi ti vieta il grande parco? Tu virientri pel viale dei cipressi, e trovi sullimite il tuo genio tutelare.
LUCIO SETTALA, =levandosi di scatto,come uno che perda di continuo lapadronanza di s.=
Tutelare! Ah, mi sembra che tu pieghi unaparola su l'altra, come fasce su filaccie, perla paura di sentir pulsare la vita. Hai tu maipremuto il dito su un'arteria messa a nudo,
su un tendine lacerato?
COSIMO DALBO.
Lucio, tu ti adiri ogni momento. V' in tequalche cosa di acre e di convulso, una
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specie di esasperazione che t'impedisce diesser giusto. Tu non sei ancora escito diconvalescenza, non sei guarito ancora. Un
urto improvviso venuto a turbare l'operadolce che la Natura compiva in te. Le tueforze che rinascevano si sono inasprite. Seil mio consiglio valesse, io vorrei che tuandassi per ora a Bocca d'Arno, comeavevi disegnato. L, tra il bosco e il mare,tu ritroverai un po' di calma perconsiderare quale debba essere la tuaattitudine; e ritroverai anche la bont che ti
dar lume...
LUCIO SETTALA.
La bont! La bont! Credi tu dunque che illume debba venirmi dalla bont e non daquell'istinto profondo che volge eprecipita il mio spirito verso le pi
superbe apparizioni della vita? Io sononato per fare le statue. Quando una forma
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sostanziale uscita dalle mie mani conl'impronta della bellezza, l'officioassegnatomi dalla Natura per me
compiuto. Io sono nella mia legge, sia puredi l dal Bene. Non forse vero? Me loconcedi?
COSIMO DALBO.
Continua.
LUCIO SETTALA, =abbassando la voce.=
Il gioco dell'illusione mi ha congiunto auna creatura che non m'era destinata. Ella un'anima d'un pregio inestimabile,
dinanzi a cui mi prostro e adoro. Ma io nonscolpisco le anime. Ella non m'eradestinata. Quando mi apparve l'altra, iopensai a tutti i blocchi di marmo contenuti
nelle cave delle montagne lontane, per lavolont di fermare in ciascuno un suo
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gesto.
COSIMO DALBO.
Ma tu hai gi obbedito al comandamentodella Natura, generando il capolavoro.Quando vidi la tua statua, pensai ch'ella tifosse liberatrice. Tu hai perpetuato in tipoideale e incorruttibile un esemplarecaduco della specie. Non sei dunquepago?
LUCIO SETTALA, =accendendosi.=
Mille statue, non una! Ella semprediversa, come una nuvola che ti appare
mutata d'attimo in attimo senza che tu laveda mutare. Ogni moto del suo corpodistrugge un'armonia e ne crea un'altra pibella. Tu la preghi che si arresti, che
rimanga immobile; e a traverso tutta la suaimmobilit passa un torrente di forze
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lo sguardo? Gli Antichi accecarono lestatue. Ora--imagina--tutto il corpo di lei come lo sguardo.
=Una pausa. Egli si guarda intornosospettoso, per tema d'essere udito. Siaccosta anche di pi all'amico, che loascolta con una emozione crescente.=
Te l'ho detto: mille statue, non una. La suabellezza vive in tutti i marmi. Questo sentii,con un'ansiet fatta di rammarico e di
fervore, un giorno a Carrara, mentre ellam'era accanto e guardavamo discenderedall'alpe quei grandi buoi aggiogati chetrascinano gi le carra dei marmi. Un
aspetto della sua perfezione era chiuso perme in ciascuno di quei massi informi. Mipareva che si partissero da lei verso ilminerale bruto mille faville animatrici
come da una torcia scossa. Dovevamoscegliere un blocco. Ricordo: era una
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giornata serena. I marmi depostirisplendevano al sole come le nevi eterne.Udivamo di tratto in tratto il rombo delle
mine che squarciavano le viscere allamontagna taciturna. Non dimentichereiquell'ora, anche se morissi un'altra volta...Ella si mise per mezzo a quell'adunazionedi cubi bianchi, soffermandosi dinanzi aciascuno. Si chinava, osservavaattentamente la grana, sembravaesplorarne le vene interiori, esitava,sorrideva, passava oltre. Ai miei occhi la
sua veste non la copriva. Una specie diaffinit divina era tra la sua carne e ilmarmo che chinandosi ella sfiorava conl'alito. Un'aspirazione confusa pareva salire
verso di lei da quella bianchezza inerte. Ilvento, il sole, la grandiosit dei monti, lelunghe file dei buoi aggiogati, e la curvaantica dei gioghi, e lo stridore dei carri, e
la nuvola che saliva dal Tirreno, e il voloaltissimo di un'aquila, tutte le apparenze
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esaltavano il mio spirito in una poesiasenza confini, lo inebriavano d'un sognoche non ebbe mai l'eguale in me.... Ah,
Cosimo, Cosimo, io ho osato gettare unavita su cui riluce la gloria d'un tal ricordo!Quando ella tese la mano sul marmo cheaveva scelto e volgendosi mi disse:"Questo", tutta l'alpe dalle radici alle cimeaspir alla bellezza.
=Un fervore straordinario riscalda la suavoce e avviva il suo gesto. Colui che lo
ascolta ne sedotto, e ne d segno.=
Ah, ora tu comprendi! Tu non michiederai pi se io sia pago. Ora tu sai
come debba essere furiosa la miaimpazienza se penso che in questomomento ella l, sola, a pi della Sfinge,che mi aspetta. Pensa: la sua statua alzata
sopra di lei, immobile, immutabile,immune d'ogni miseria; ed ella l
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affannata, e la sua vita fluisce, e qualchecosa di lei perisce di continuo nel tempo.L'indugio la morte.... Ma tu non sai, tu
non sai....
=Ha l'accento di chi confida un segreto.=
COSIMO DALBO.
Che cosa?
LUCIO SETTALA.
Tu non sai che io avevo gi cominciataun'altra statua....
COSIMO DALBO.
Un'altra?
LUCIO SETTALA.
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S: rimasta interrotta, abbozzata nellacreta. La creta si dissecca, tutto si perde.
COSIMO DALBO.
Ebbene?
LUCIO SETTALA.
La credevo perduta.
=Un sorriso irresistibile gli brilla negli
occhi. La sua voce trema.=
Non perduta: ancora viva. L'ultimotocco di pollice l, ancora vivo!
=Egli fa l'atto di plasmare,istintivamente.=
COSIMO DALBO.
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E come?
LUCIO SETTALA.
Ella sa le cose dell'arte, sa in che modo lacreta si mantenga molle. M'aiutava, untempo. Ella stessa bagnava le tele...
COSIMO DALBO.
Dunque ella pensava a tenere umida lacreta, mentre tu morivi!
LUCIO SETTALA.
Non era forse anche quello un modo di
contrastare la morte? Non era anche quelloun atto di fede, ammirabile? Ellaconservava la mia opera...
COSIMO DALBO.
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Mentre l'altra conservava la tua vita.
LUCIO SETTALA, =oscurandosi, tenendo
la fronte bassa, senza guardare l'amico,con una voce quasi dura.=
Quale delle due cose ha maggior pregio?La vita m' intollerabile, se mi fu resagravata d'un divieto. Te l'ho detto:bisognava lasciarmi morire. Qualerinunzia pu eguagliare quella che ioavevo fatta? Soltanto la morte poteva
arrestare l'impeto del desiderio checonduce fatalmente il mio essere verso ilsuo bene. Ora io rivivo: riconosco in me ilmedesimo uomo, la medesima forza. Chi
mi giudicher, se proseguo il mio destino?
COSIMO DALBO, =sgomentato,prendendolo per le braccia, come per
trattenerlo.=
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Ma che farai dunque? Hai gi risoluto?
=Percosso dallo sgomento subitaneo che
nella voce e nell'atto dell'amico, Lucio sismarrisce, vacilla.=
LUCIO SETTALA, =mettendosi nei capellile mani febrili.=
Che far? Che far? Conosci tu unatortura pi crudele? Io ho la vertigine;comprendi? Se penso ch'ella l, e
m'attende, e le ore passano, e la mia forzasi perde, e il mio ardore si consuma, lavertigine mi afferra l'anima, ed ho paurad'essere trascinato, forse stasera, forse
domani. Sai tu che sia la vertigine? Ah, sepotessi riaprirmi la ferita che mi fu chiusa!
COSIMO DALBO, =cercando di trarlo
verso la finestra.=
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Clmati, clmati, Lucio! Taci! M' parso disentire la voce....
LUCIO SETTALA, =trasalendo.=
Di Silvia?
=Si copre d'un pallore mortale.=
COSIMO DALBO.
S. Clmati! Hai la febbre.
=Gli tocca la fronte. Lucio si appoggia aldavanzale, quasi che le forze loabbandonino.=
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COSIMO DALBO.
Ha sempre molte cose da dire, troppeforse. E si stanca.
SILVIA SETTALA.
Vi ha detto che sabato andremo a Boccad'Arno?
COSIMO DALBO.
S, lo so.
FRANCESCA DONI.
Non siete mai stato a Bocca d'Arno?
COSIMO DALBO.
No, mai. Conosco la campagna pisana,
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Potremo ospitarvi.
=Ella si stacca dalla sorella e va verso ilmarito, col suo passo leggero.=
FRANCESCA DONI.
Nostra madre ha l una casa moltomodesta, ma grande: una casa bianca didentro e di fuori, in una macchia d'oleandrie di tamerici; e c' una vecchia spinetta
dell'Impero, appartenuta--imaginate achi!--a una sorella di Napoleone, alladuchessa di Lucca, a quella terribile eossuta Elisa Baciocchi: una spinetta che
qualche volte si sveglia e piange sotto ledita di Silvia; e c' anche una barca, se ilricordo napoleonico non vi seduce, unabella barca, bianca come la casa.
=SILVIA si sofferma in silenzio alle spalle
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di LUCIO, come sospesa. Egli restaassorto.=
COSIMO DALBO.
Vivere in una barca, su l'acqua, allaventura: non v' nulla che riposi di pi. Persettimane e settimane ho vissuto cos.
FRANCESCA DONI.
Bisogna mettere il convalescente in una
barca e affidarlo al buon mare.
SILVIA SETTALA, =toccando con un gestolievissimo la spalla del marito.=
Lucio!
=Egli trasale e si volge.=
Che fai? Siamo qui. C' Francesca.
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FRANCESCA DONI.
Bene. E voi, Lucio?
LUCIO SETTALA.
Bene, bene.
FRANCESCA DONI.
Si parte dunque sabato?
LUCIO SETTALA, =guardando la moglie,trasognato.=
Per dove?
FRANCESCA DONI.
Come! Per Bocca d'Arno.
LUCIO SETTALA.
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S, vado. ora.
=Egli s'accinge ad uscire.=
LUCIO SETTALA.
T'accompagno fino al cancello.
=Si muove dalla finestra verso la porta,sollecito.=
SILVIA SETTALA.
Cos, a capo scoperto?
LUCIO SETTALA.
S, ho caldo. Non senti che aria gravosa?
=Si sofferma su la soglia aspettandol'amico. Un'acuta pena d'improvviso punge
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i cuori, ammutolisce le labbra.=
COSIMO DALBO.
A rivederci.
=Saluta turbato; esce con LUCIO. SILVIAchina il capo, con le ciglia contratte, comechi consideri per risolvere. Poi sembrache un'onda subitanea di energia le sollevila persona.=
FRANCESCA DONI.
Hai veduto il Gaddi?
SILVIA SETTALA.
Non ancora. Oggi non venuto.
FRANCESCA DONI.
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Allora non sai....
SILVIA SETTALA.
Che cosa?
FRANCESCA DONI.
Quel che ha fatto.
SILVIA SETTALA.
No.
FRANCESCA DONI.
andato dalla Dianti.
SILVIA SETTALA, =con una emozionecontenuta.=
Da colei! Quando?
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FRANCESCA DONI.
Ieri.
SILVIA SETTALA.
E tu l'hai veduto?
FRANCESCA DONI.
S, l'ho incontrato. Mi ha detto....
SILVIA SETTALA.
Parla dunque!
FRANCESCA DONI.
And da lei ieri, verso le tre. Si fece
annunziare. Fu ricevuto subito. Ella aveval'aria sorridente; s'inchin, non disse una
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parola, rest in piedi, aspett che ilvecchio parlasse; l'ascolt con rispetto,tranquilla. Tu imagini quel che egli pot
dire per persuaderla a restituire la chiave,a smettere ogni altro tentativo, a non volerpi turbare una pace ricuperata colsangue, e con quanto dolore! Ella non glichiese alla fine se non questo: " LucioSettala che vi manda a me?" Alla rispostanegativa, soggiunse con un tonofermissimo: "Vogliate perdonarmi, ma ionon posso riconoscere se non a lui il diritto
di chiedere quel che voi mi chiedete."
SILVIA SETTALA, =impallidendo edergendosi come per affrontare la lotta.=
Ah, la sua ultima parola? Ebbene, c'un'altra persona che ha un diritto eguale elo far valere. Vedremo.
FRANCESCA DONI, =sbigottita.=
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Che pensi di fare, Silvia?
SILVIA SETTALA.
Quel che necessario.
FRANCESCA DONI.
Che, dunque?
SILVIA SETTALA.
Vederla, mettermi di fronte a lei nelluogo stesso dov'ella un'intrusa. Intendi?
FRANCESCA DONI.
Tu vuoi andare l!
SILVIA SETTALA.
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S, voglio andare l. So la sua ora. Tustessa la sai. L'aspetter. Ella verr.Finalmente ci guarderemo in viso.
FRANCESCA DONI.
Ma non farai questo.
SILVIA SETTALA.
Come no? Credi tu che mi manchi ilcoraggio?
FRANCESCA DONI.
Ti supplico, Silvia!
SILVIA SETTALA.
Credi tu che io tremi?
FRANCESCA DONI.
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Ti supplico!
SILVIA SETTALA.
Oh, sii pur sicura che non io abbassergli occhi, non io verr meno. Tu dovresticonoscermi omai, per pi d'una prova.
FRANCESCA DONI.
Lo so, lo so. Nulla ti vince. Ma pensa:
trovarti l dopo tanto, nel luogo stessodove avvenne l'orribile cosa, l, sola, difronte a quella donna che ti ha fatto tantomale....
SILVIA SETTALA.
Ebbene? Che importa? Ho forse una volta
sola--una volta sola, Francesca!--evitato dicompiere quel che m' parso necessario?
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SILVIA SETTALA.
Non temo di lei. Quel che ella fa basso.
Perch mi crede sommessa e debole, ellasi mostra cos audace; perch tanto temposono rimasta in silenzio e in disparte, ellapensa di potermi sopraffare anche unavolta. Ma s'inganna. Allora il mio bene eraperduto, ogni difesa era inutile. Ora l'horicuperato, e lo difendo.
FRANCESCA DONI.
Mio Dio! Tu ti getti in una lotta a corpo acorpo. E se ella resiste?
SILVIA SETTALA.
Resiste come? Ho il mio diritto. Saprscacciarla.
FRANCESCA DONI.
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Silvia, Silvia, sorella mia, ti supplico:indugia ancora qualche giorno, rifletti
ancora un poco, prima di far questo! Nonprecipitare!
SILVIA SETTALA.
Ah, parli bene tu, tu che sei felice, tu chesei sicura, tu che hai la vita serena enessuna minaccia su la tua pace.Indugiare, riflettere! Ma sai tu a quale
estremit io mi ritrovi oggi? Sai tu perquale difesa io mi batta? Per il mio capo eper quello di Beata, per l'esistenza, per laluce degli occhi. Intendi? Non si
ricomincia un supplizio dove gi tutti inervi furono lacerati, dove gi furonosperimentati tutti gli strazii. Ho dato aldolore tutto quel che potevo dare: ho
sentito il ferro duro su la mia nuca e ai mieipolsi; alla fine della mia giornata il mio
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sonno era preso dall'orrore della giornataseguente in cui bisognava pur vivere e,per vivere, seguitare a spremere il cuore
che pareva esausto. Ah tu parli bene, tu!Quando tu sorridi nella tua casa, il tuosorriso medesimo ritorna a te in centoraggi come se tu vivessi nel cristallo. Perme il sorriso era una pena di pi; sotto, identi si serravano; ma Beata non ha vistouna mia lacrima. Per mantenere lapromessa che nel suo nome, quando nonv'era fibra in me che non si torcesse, le
mie mani verso di lei avevano semprequalche fiore.... Non saprei piricominciare. Vorrei piuttosto andarmene,alla mia volta: trovare laggi un po' di
spiaggia deserta e coricarmi con Beataperch il mare ci prendesse.
FRANCESCA DONI, =gettando le braccia
al collo della sorella, baciandola in viso.=
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Che dici? Che dici? Tu non devi pitemere di nulla. Non ti ama? Non hairiavuto tutto il suo amore? Questo soltanto
vale; e il resto nulla.
=SILVIA chiude gli occhi per alcuniistanti, e l'illusione le illumina la faccia.=
SILVIA SETTALA.
S, s, ho riavuto il suo amore.... Sembra....Come potrei dubitare di quella voce?
Quando non sono l, mi chiama, mi cerca;ha bisogno di me; sembra che io debbaguidare i suoi passi....
=Si scuote; si scioglie dalle braccia dellasorella; ripresa dall'ansiet.=
Ma oggi.... L'hai veduto? l'hai guardato?...
Oggi non pi come ieri; diverso.... Unmutamento subitaneo.... L'hai guardato tu
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quando egli era l alla finestra, chino suldavanzale? Hai udito il suono delle sueparole? Hai veduto come gli tremava il
braccio quando l'ha steso fuori? Ah dimmiche anche tu hai sentito che qualche cosaaccade, che qualche cosa lo sconvolge.
FRANCESCA DONI.
convalescente ancora. Pensa: un nullapu turbarlo, l'aria, il tempo...
SILVIA SETTALA.
No, no; non questo. E non hai veduto?Anche Cosimo Dalbo pareva che facesse
uno sforzo per nascondere un'ombra.... Imiei occhi non fallano.
FRANCESCA DONI.
No, non pareva. Ha parlato con me.
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SILVIA SETTALA, =sempre pi agitata.=
Ma Lucio disceso ad accompagnarlo enon risalito ancora. O forse passatodall'altra parte.
=Va alla finestra, spia tra le cortine.=
Ah, ancora l, al cancello, che parla,che parla... Sembra fuori di s....
=Alza gli occhi al nuvolo.=
Ora vien gi lo scroscio.
=Spia di nuovo, intentissima.=
FRANCESCA DONI.
Chiamalo!
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FRANCESCA DONI.
Tu l'imagini.
SILVIA SETTALA.
Lo sento; ne sono certa.
FRANCESCA DONI.
Ma come?
SILVIA SETTALA.
Ma bisognava pure che questo avvenisse;
bisognava pure che un giorno ellatrovasse il modo. Come? Forse unalettera.... Egli ha ricevuto una lettera.
FRANCESCA DONI.
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E tu non vigili!
SILVIA SETTALA, =con un atto di
disdegno.=
Anche questo?
FRANCESCA DONI.
Ma forse t'inganni.
SILVIA SETTALA.
Non m'inganno. Dopo la visita delvecchio, ella ha scritto. L'indugio omai non pi possibile, neppure d'un giorno,
neppure d'un'ora. Tu comprendi ilpericolo. Sia anche tornato a me con tuttal'anima sua, si sia anche distaccato da leiinteramente, si sia anche volto a un'altra
vita, a un altro bene, non senti tu qualepossa ancora essere il fascino di una
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donna che gli dice, ostinata e sicura: "Sonoqui; aspetto?" Sapere ch'ella l, che nonun giorno manca alla sua attesa, che nulla
pu sconfidarla.... Comprendi il pericolo?Se Lucio ha saputo stamani ch'ella loaspetta, bisogna ch'egli sappia stasera--edalla mia bocca medesima--ch'ella non loaspetta pi.
=Un'energia indomabile afforza ed elevatutta la sua persona =.
Questo sapr stasera; glie lo prometto.
=Ella tende la mano verso la finestra, colgesto di chi giura.=
Vuoi accompagnarmi?
FRANCESCA DONI, =sbigottita,
supplichevole=.
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Silvia, Silvia, rifletti ancora un minuto!Pensa a quel che fai!
SILVIA SETTALA.
Non ti chiedo aiuto. Ti chiedo che tum'accompagni soltanto fino alla porta. Peril resto, basto io sola; necessario anzi cheio rimanga sola. Vuoi? Che ora ?
=Si volge per guardar l'ora; va verso latavola.=
FRANCESCA DONI, =arrestandola=.
Ti supplico! Dammi ascolto, Silvia! Il
cuore mi dice che non pu venir bene daquel che vuoi fare. D ascolto alla tuasorella! Ti supplico!
SILVIA SETTALA, =con un gestod'insofferenza=.
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Ma non hai dunque ancora compresoquel ch'io gioco in questo momento?
Lasciami. Vado sola.
=Si china su la tavola, guarda l'ora.=
Sono le quattro. Non ho un minuto daperdere. Hai una vettura, gi?
=La pioggia scroscia subitamente su glialberi del giardino.=
FRANCESCA DONI.
Non senti che rovescio d'acqua? Non
uscire! Rimanda tutto a domani. Vieni,ascolta.
=Cerca di attirarla.=
Aspetta almeno che spiova.
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SILVIA SETTALA.
Non ho un minuto da perdere. Bisognache io sia l, prima di lei; bisogna ch'ellami trovi l come nella mia casa. Intendi?Lasciami. Sbito il cappello, il mantello, iguanti... Giovanna!
=Ella passa nella stanza attiguachiamando la sua donna. FRANCESCADONI, presa dallo sgomento, va verso la
finestra dove scroscia la pioggia.=
FRANCESCA DONI.
Mio Dio! Mio Dio!
=Guarda nel giardino; chiama.=
Lucio! Lucio!
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=Torna verso la porta d'ond' scomparsala sorella=.
SILVIA SETTALA, =riapparendo,ansante.=
Eccomi pronta. Ho lasciato l Beata chepiange. Voleva uscire con me. Tu rimani, tiprego: va a consolarla. Io esco sola.Prendo la tua vettura. A rivederci.
=Fa l'atto di baciare la sorella.=
FRANCESCA DONI.
Tu vai, dunque? risoluto?
SILVIA SETTALA.
Vado.
FRANCESCA DONI.
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T'accompagno.
SILVIA SETTALA.
Andiamo.
=Involontariamente, ella si sofferma evolge gli occhi in giro come perabbracciare con uno sguardo tutte le cosepredilette. Le cortine palpitano; la pioggiascroscia. Ella aspira la fragranza umida
che entra per le finestre. Solo per unattimo, l'arco teso della sua volont siallenta.=
L'odore della terra...
=Trasale vedendo apparire d'improvviso,su la soglia ond'ella sta per uscire, Lucio
febricitante, a capo scoperto, con i capellie gli abiti molli di pioggia. Si guardano. Un
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intervallo di silenzio gravissimo.=
LUCIO SETTALA, =con la voce rotta.=
Tu esci?
SILVIA SETTALA.
S, esco.
LUCIO SETTALA.
Come sei pallida!
SILVIA =si passa una mano su la gota.=
Dove vai? S' aperto il cielo.
=Egli si tocca i capelli stillanti.=
SILVIA SETTALA.
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Bisogna ch'io esca. Non tarder molto aritornare. C' Beata di l, che piangeperch voleva venire con me. Va a
consolarla; dille che le porter forse unacosa bella.
LUCIO =con un atto repentino la prendeper le mani e la guarda fissamente negliocchi.=
SILVIA SETTALA, =padrona della suaforza, con un accento chiaro e fermo.=
Che hai, Lucio?
=Egli abbassa le palpebre. Ella libera le
mani, scotendole forte come per un saluto.La tempra della sua volont squilla nellasua voce vivida.=
A rivederci! Andiamo, Francesca. ora.
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=Esce rapidamente, seguita dalla sorella.LUCIO SETTALA rimane a capo chino,vacillante, sotto un pensiero che lo
folgora.=
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ATTO TERZO.
=Una stanza alta e spaziosa, illuminata da
un lucernario, coperta di tappezzeriecupe. Nella parete del fondo un'aperturarettangolare, assai pi larga di una porta,che mette nello studio attiguo delloscultore. Su l'architrave sono fissi alcuniframmenti del fregio fidiaco dellePanatenaiche; contro i due stipiti sonoerette due grandi figure alate "vestite divento": la Nike di Samotracia e quella
scolpita da Ponios per il tempio dorico diOlimpia consacrato a Zeus; occupa il vanouna cortina rossa.=
=Nella parete destra, una porta nascosta da una portiera pesante e ricca;nella sinistra, un uscioletto a muro dissimulato dalla tappezzeria. Amplissimi
divani, coperti di drappi e di cuscini,ricorrono in torno. Le figure sono disposte
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ad arte, per secondare la meditazione e ilsogno: un fascio di spighe in un raso dirame sta innanzi al bassorilievo eleusino di
Demeter; un piccolo Pegaso di bronzo suuno stelo di verde antico sta innanzi allaMedusa Ludovisia.=
=Il sentimento espresso dall'aspetto delluogo diversissimo da quello cheaddolcisce la stanza dell'altra casa in vistadel poggio mistico. La scelta e le analogiedi tutte le forme rivelano qui l'aspirazione
verso una vita carnale, vittoriosa ecreatrice. Le due Messaggere divinesembrano agitare e ampliareincessantemente l'aria chiusa con la foga
del loro volo immenso.=
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SCENA PRIMA.
SILVIA SETTALA = nel mezzo della
stanza, in piedi, avendo gi deposto ilcappello, il mantello, i guanti. Sembrach'ella cerchi di riconoscere le cose, quasidi rendersele novamente familiari, diristabilire una comunione con esse, di nonsentirsi estranea. Ella domina la suaangoscia, sotto gli occhi della sorella.FRANCESCA DONI s' seduta, perch leginocchia le tremano e il cuore le batte
troppo forte.=
SILVIA SETTALA, =guardando intorno.=
strano: sembra pi grande....
FRANCESCA DONI.
Che cosa?
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SILVIA SETTALA.
La stanza. Non sembra pi la stessa....
=Ella guarda intorno, con l'aspetto di chirespiri un'aria insolita. Un intervallo disilenzio.=
FRANCESCA DONI, =vigilante.=
Hai chiusa la porta?
SILVIA SETTALA.
S, l'ho chiusa.
FRANCESCA DONI.
Si sentir aprire....
SILVIA SETTALA.
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FRANCESCA DONI.
Abbi piet di me! Morrei d'ambascia.
SILVIA SETTALA.
Attendi. Ci dev'essere l un'uscitasegreta.
=Seguendo il ricordo, va verso il murodov' l'uscio dissimulato; cerca, trova,
apre. Un'onda di luce la investe.=
Vedi? Si passa di qui nella stanza deimodelli, poi in un corridoio. In fondo al
corridoio v' una porta che mette sulMugnone. Vuoi passare di qui?
FRANCESCA DONI.
S; ma lascia chi'io rimanga nella stanza o
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Non piove pi. Guarda quante primaveresu l'argine!
SILVIA SETTALA.
Va ad aspettarmi su l'argine, all'ariaaperta; va.
FRANCESCA DONI.
C' un povero cavallo malato, con le
gambe nell'acqua. Vedi? E le rondinivolano rasente... Penso una cosa.
=Ella trasale e si volge subitamente
indietro spiando le pieghe immobili dellaportiera.=
SILVIA SETTALA.
Che hai?
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FRANCESCA DONI.
Mi pareva d'aver sentito...
=Entrambe tendono l'orecchio.=
SILVIA SETTALA.
No, t'inganni. ancora presto. E poi, laporta della scala fa un gran rumorequando si richiude... Non hai sentito
dianzi? Le mura tremavano.
FRANCESCA DONI, =implorando.=
Silvia!
SILVIA SETTALA.
Che hai, ora?
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met dal riflesso vivo. SILVIA d qualchepasso nella stanza. Un intervallo disilenzio.=
Tutto sembra pi grande, pi alto, pioscuro...
FRANCESCA DONI.
l'ombra che t'illude. C' poca luce.Bisogna tirare la tenda del lucernario.
SILVIA SETTALA.
No; meglio cos.
=Ella seguita a guardare per ogni angolo,come cercando una traccia.=
Dimmi...
=L'emozione le tronca la voce.=
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Quella sera ti vennero a chiamare, tuaccorresti. Tu ti trovasti qui, nella prima
ora...
=Esita.=
Dove fu? Ti ricordi in che posto?
FRANCESCA DONI.
Di l, nello studio, sotto la statua.... No,
non andare!
=SILVIA si volge verso la cortina rossache pende tra le due Vittorie. Ai suoi
piedi, come una linea divisiva, si allunga lasottile zona di sole.=
SILVIA SETTALA, =sommessamente.=
La statua l.
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FRANCESCA DONI.
Non andare!
=Silvia rimane per alcuni attimi immobilee muta davanti alla cortina chiusa, da cui lasepara la zona lucente.=
Non andare!
=SILVIA fa un passo, di l dai raggi, quasi
con impeto, come per varcare un ostacolo;con un gesto rapido solleva un lembo,s'insinua tra le pieghe, sparisce. La cortinasi richiude dietro di lei, grave e folta.
Alcuni attimi di silenzio, in cui non s'ode senon il respiro affannato della sorella.D'improvviso, per entro al cupo colore diporpora, riappare la faccia pallidissima
dell'eroina, che sembra irradiata dal lumedell'opera sovrana. Anche le sue mani
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ignude, che separano i lembi, sembranorisplendere sul cupo colore. I suoi occhirestano intenti, allargati dalla meraviglia,
abbagliati non da una visione di morte mada una imagine di vita perfetta. Tremanelle orbite l'indizio d'un'onda saliente.Due meravigliose lacrime si formano apoco a poco nel cavo, brillano, sgorgano,solcano le gote. Prima che giungano allabocca, ella le arresta con le dita, lediffonde su la faccia, quasi per lavarsenecome d'una rugiada lustrale; poich non
dal ricordo o dalla traccia del sanguinosofatto umano ella commossa madall'apparizione dell'opera bella, immunee sola. Ella ha ricevuto il benefizio sommo
della Bellezza: la tregua della suaangoscia, la pausa dei suoi timori. Lafolgore sublime della gioia ha traversata lasua anima sanandola per qualche attimo,
rendendola cristallina come le lacrime.Non sono queste sue lacrime se non
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l'offerta ardente e muta dell'anima alCAPOLAVORO.=
Silvia, Silvia, tu piangi!
SILVIA SETTALA, =sommessamente, colsegno del silenzio.=
Taci.
=Ella si distacca dalla cortina. Interrogasommessamente.=
L'hai veduta? L'hai veduta?
FRANCESCA DONI, =frantendendo, con
un sussulto.=
Chi? lei? l?
SILVIA SETTALA.
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No; la statua....
=La sorella accenna di s. Ella fa un gesto
che esprime il suo abbagliamento. S'ode ilrumore d'una porta pesante che sirichiude. Entrambe sobbalzano.=
Eccola! Vattene, vattene.
FRANCESCA DONI, =tendendo le bracciaverso di lei con un'ultima implorazioneangosciosa.=
Oh, sorella mia!
=Silvia Settala, ritrovando l'energia
primitiva.=
Vattene! Non temere.
=Ella sospinge la sorella per l'apertura;richiude l'uscio. La zona di sole sparisce; la
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stanza torna nell'ombra eguale.=
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SCENA SECONDA.
SILVIA SETTALA =si tiene in piedi, con la
faccia rivolta verso la porta, con losguardo fisso, quasi irrigiditanell'aspettazione. In mezzo all'alto silenzios'ode distintamente stridere la chiave cheapre. L'aspettante non muta attitudine. Unamano solleva la portiera. EntraGIOCONDA DIANTI, richiudendo la portadietro di s. Da prima, ella non scorgel'avversaria, poich viene dalla luce
nell'ombra e un velo denso le nascondetutto il viso. Quando la scorge, s'arrestacon un grido soffocato. Entramberimangono per alcuni attimi l'una di fronte
all'altra, senza parlare.=
SILVIA SETTALA, =con un accento fermo
e chiaro, ma scevro di risentimento o diminaccia.=
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Io sono Silvia Settala.
=La rivale tace, sempre velata. Unapausa.=
Voi?
GIOCONDA DIANTI, =a voce bassa.=
Non lo sapete, signora?
SILVIA SETTALA, =semprecontenendosi.=
So soltanto che voi siete entrata qui come
in un luogo che vi appartenga. Mi trovatequi sicura come nella mia casa. Una di noidue usurpa, dunque, il diritto dell'altra;una di noi due l'intrusa. Quale?
=Una pausa.=
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Io, forse?
GIOCONDA DIANTI, =sempre chiusa nelvelo e a voce bassa, come per attenuare lasua audacia.=
Forse.
=SILVIA SETTALA si fa anche pi pallida evacilla un poco, come chi riceva un colpo adentro.=
SILVIA SETTALA, =risollevandosi,vibrante di sdegno.=
Ebbene, v' una donna che ha attirato unuomo nella sua rete con le peggiorilusinghe; che lo ha strappato alla pacedella casa, alla nobilt dell'arte, alla
gentilezza di un sogno da lui nutrito peranni col fiore della sua forza; che lo ha
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travolto in un delirio torbido e violentodov'egli ha smarrito ogni senso di bont edi giustizia; che gli ha inflitto i tormenti pi
acuti che possa mai inventare la crudeltd'un carnefice malato di tedio; che lo haesausto e inaridito tenendogli accesa dicontinuo nelle vene una febbre perversa;che gli ha resa intollerabile la vita, che gliha armata la mano, che lo ha spinto auccidersi; che infine lo ha saputomoribondo per giorni e giorni sopra unletto lontano, intorno a cui si combatteva
una lotta senza tregua contro la morte; eche non ha avuto rimorso, non piet, nonvergogna, ma rientrata nel luogo sinistroprima che il sangue fosse lavato,
meditando di riattaccarsi alla preda,aspettandola di nuovo al varco, calcolandoa uno a uno gli effetti della sua temerit edella sua tenacia, promettendosi il piacere
di una nuova ruina. V' una donna che hafatto questo; che ha detto:--Una forte e
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nobile vita fioriva liberamente nel mondo:io l'ho abbrancata, l'ho piegata, l'hoabbassata, poi l'ho troncata d'un colpo. Ho
creduto di averla distrutta per sempre. Edecco che essa rigermoglia, si rinnova, sirialza, pu rifiorire! Ecco che intorno a leile ferite si chiudono, il dolore si calma, lasperanza risorge, pu sorridere la gioia!Patir io un tal sopruso? Mi lascer io cosdeludere? No. Io ricomincer, ritenter,avr ragione d'ogni resistenza, sarimplacabile.--V' una donna che ha
promesso questo a s medesima, che haimpugnata la sua volont come una scure,che pronta a vibrare i nuovi colpisorridendo. La conoscete voi? Ella
entrata qui col viso coperto, ha parlato conuna voce sorda, ha proferito dianzi unaparola gelida, calcolando pur sempre su lasua audacia e su l'altrui remissione. La
conoscete?
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GIOCONDA DIANTI, =senza mutare ilmodo.=
Quella che io conosco diversa. Soltantoperch triste dinanzi a voi, ella parla avoce bassa. Rispetta il grande e dolorosoamore che vi fa vivere; ammira la virt chev'inalza. Mentre parlavate, comprendevabene che soltanto per consolareun'indicibile disperazione la vostra parolafigurava un'imagine cos diversa dellapersona vera. Non v' nulla d'implacabile
in lei; ma ella stessa obbedisce a unapotenza che pu essere implacabile.
SILVIA SETTALA, =amara e altiera.=
So che siete esperta in tutti i linguaggi.
GIOCONDA DIANTI.
Che giova questa durezza? Le vostre
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prime parole avevano un altro suono; epareva, quando voi mi avete rivolta unadomanda, che voleste conoscere
semplicemente la verit.
SILVIA SETTALA.
E quale dunque la vostra verit?
GIOCONDA DIANTI.
La verit che vale, dinanzi a noi, una
sola: verit d'amore. Voi lo sapete. Matemo di ferire.
SILVIA SETTALA.
Non temete di ferire.
GIOCONDA DIANTI.
La donna, a cui faceste tante accuse, fu
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ardentemente amata e--soffrite ch'io lodica!--d'un glorioso amore. Ella nonabbass ma esalt una vita forte. E poich
l'ultima voce ch'ella ud, poche ore primache si compiesse l'atto terribile, l'ultima fudi amore, ella crede d'essere ancoraamata. E questa la verit che vale.
SILVIA SETTALA, =perdutamente.=
S'inganna, s'inganna.... V'ingannate! Eglinon vi ama pi, non vi ama pi; forse non
vi ha amata mai. Non fu amore il suo maattossicazione, ma servit atroce, demenzae arsura. Quando egli soffriva sul suoguanciale, il ricordo gli passava di tratto in
tratto negli occhi come un baleno diterrore. Piangendo ai miei piedi, egli habenedetto il sangue che valso ariscattarlo.... Non vi ama, non vi ama!
GIOCONDA DIANTI.
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Il vostro amore grida come un naufrago.
SILVIA SETTALA.
Non vi ama! Siete stata per lui comel'assillo, l'avete reso furente, l'avete spintoalla morte....
GIOCONDA DIANTI.
Non io, non io l'ho spinto alla morte; ma
voi stessa. S, per riscattarsi da un vincoloegli ha voluto morire, ma non da quelloche mi legava a lui: da un altro, dal vostro,da quello che gli imponeva la vostra virt
o la vostra legge e che lo faceva soffrireintollerabilmente.
SILVIA SETTALA.
Ah, non v' nulla che voi non osiate
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invincibile....
SILVIA SETTALA.
No, no! Mentite.
GIOCONDA DIANTI.
Per sfuggire a quell'angoscia, una serache tutto gli parve pi triste e pi muto,egli cerc la morte....
SILVIA SETTALA.
Mentite! Mentite! Io ero lontana.
GIOCONDA DIANTI.
E voi mi accusate d'avergli inflitto untormento infame, d'essere stata il suo
carnefice! Ah, le vostre mani soltanto, levostre mani di bont e di perdono, gli
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preparavano ogni sera un letto di spineove egli non volle pi distendersi. Ma,quando egli entrava qui dove io
l'attendeva come si attende il dio che crea,era trasfigurato. Egli ritrovava dinanzi allasua opera la forza, la gioia, la fede. S, unafebbre continua gli ardeva il sangue,tenuta accesa da me (e questo tutto il mioorgoglio); ma al fuoco di quella febbreegli ha foggiato un capolavoro.
=Indica col gesto la sua statua che la
cortina nasconde.=
SILVIA SETTALA.
Non il primo; non sar l'ultimo.
GIOCONDA DIANTI.
Certo, non sar l'ultimo; poich un altro pronto a balzare dal suo viluppo di creta,
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un altro ha palpitato gi sotto il polliceanimatore, un altro l semivivo, eattende d'attimo in attimo che il miracolo
dell'arte lo tragga intero alla luce. Ah voinon potete comprendere questaimpazienza della materia a cui fu promessoil dono della vita perfetta!
=SILVIA SETTALA si volge verso lacortina; fa qualche passo, lentamente, conl'apparenza d'un atto involontario, quasiche obbedisca a un'attrazione misteriosa.=
l; la creta l. Quel primo spiracoloch'egli vi aveva infuso, io l'ho conservatodi giorno in giorno come si bagna il solco
dov' il seme profondo. Non l'ho lasciatoperire. L'impronta l, intatta. L'ultimotocco, che vi pose la sua mano febrilenell'ultima ora, l visibile, energico e
fresco come di ieri, tanto potente che lamia speranza in mezzo alla frenesia del
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dolore vi si affis come a un suggello divita e ne prese forza.
=SILVIA SETTALA s'arresta dinanzi allacortina, come la prima volta; e vi rimaneimmobile e muta.=
S, vero, voi eravate intanto al capezzaledel moribondo, protesa in una lotta senzatregua per strapparlo alla morte; e perquesto foste invidiata, e per questo siatelodata in eterno. Voi avevate la lotta,
l'agitazione, lo sforzo: avevate dacompiere qualche cosa che vi parevasovrumana e che vi dava l'ebrezza. Io,sotto il divieto, nella lontananza e nella
solitudine, non potevo se non raccoglieree stringere--con tutta la volontcontratta--il mio dolore in un vto. La miafede era pari alla vostra; certo, si colleg
con la vostra c